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Venezia, 22 settembre 2016– Il Presidente della Biennale di Venezia, “ Paolo Baratta “ , accompagnato dalla Curatrice della 57. Esposizione Internazionale d’Arte, Christine Macel , ha incontrato oggi a Ca’ Giustinian i rappresentanti di 57 Paesi. La 57. Esposizione si svolgerà dal 13 maggio al 26 novembre 2017 (vernice 10, 11 e 12 maggio) ai Giardini e all’ Arsenale nonché in vari luoghi di Venezia.
Il tema scelto da Christine Macel per la Biennale Arte 2017 è: “ VIVA ARTE VIVA “ Christine Macel ha presentato i temi della prossima edizione con questa dichiarazione: «L’arte di oggi, di fronte ai conflitti e ai sussulti del mondo, testimonia la parte più preziosa dell’umano in un momento in cui l’umanesimo è seriamente in pericolo. È il luogo per eccellenza della riflessione, dell’espressione individuale e della libertà, così come dei fondamentali interrogativi. È un “sì” alla vita, a cui certamente spesso segue un “ma”. Più che mai, il ruolo, la voce e la responsabilità dell’artista appaiono dunque cruciali nell’ambito dei dibattiti contemporanei.”
“ Viva Arte Viva “ è quindi un’esclamazione, un’espressione della passione per l’arte e per la figura dell’artista. “ Viva Arte Viva “ è una Biennale con gli artisti, degli artisti e per gli artisti, sulle forme che essi propongono, gli interrogativi che pongono, le pratiche che sviluppano, i modi di vivere che scelgono.
La Mostra si sviluppa secondo una linea organica piuttosto che tematica, in una sequenza di padiglioni, di stanze che si susseguono come “stanze” di una poesia e propongono allo spettatore l’esperienza di un viaggio dall’interiorità all’infinito.
Questi padiglioni o “ Trans-padiglioni “ , che riuniscono artisti di ogni generazione e provenienza, si succedono tra loro senza soluzione di continuità, come i capitoli di un libro. Dal “Padiglione degli artisti e dei libri” al “Padiglione del tempo e dell’infinito”, si presentano come una dozzina di universi che propongono un racconto, spesso discorsivo e talvolta paradossale sulla complessità del mondo e la molteplicità di pratiche e
posizioni.
La Mostra vuole perciò essere un’esperienza che disegna un movimento di estroversione, dal sé verso l’altro, verso lo spazio comune e le dimensioni meno definibili, aprendo così alla possibilità di un neoumanesimo.
Ogni settimana, durante i sei mesi della Mostra, un artista terrà una “ Tavola Aperta “ in cui pranzerà con il pubblico, creando così un occasione di dialogo in cui possa raccontare il suo lavoro.
Nelle settimane precedenti l’apertura della Mostra, ogni giorno sarà pubblicato un video online sul sito della Biennale, dando la possibilità di conoscere gli artisti prima dell’Esposizione».
Da parte sua il Presidente Paolo Baratta ha dichiarato: «In gennaio, nell'annunciare la nomina di Christine Macel ebbi a dire che “la Biennale trova in lei una curatrice protesa a valorizzare il grande ruolo che
gli artisti hanno nell’inventare i loro universi e nel riverberare generosa vitalità nel mondo che viviamo."
Ispirata a una visione "umanistica", con l'attenzione concentrata sull'atto creativo dell'artista, la Mostra svilupperà anche, in misura nuova e più intensa, il dialogo tra i visitatori e molti degli artisti le cui opere
saranno esposte, con un programma di incontri appositamente concepito in spazi dedicati».
La “ 57. Esposizione Internazionale d’Arte “ della Biennale di Venezia presenterà, come di consueto, le “ Partecipazioni nazionali “ , con proprie mostre nei Padiglioni ai Giardini e all’Arsenale, oltre che nel centro storico di Venezia.
Anche per questa edizione si prevedono selezionati “ Eventi Collaterali, “ proposti da enti e istituzioni internazionali, che allestiranno le loro mostre e le loro iniziative a Venezia in concomitanza con la 57. Esposizione.
Per ulteriori informazioni
Ufficio Stampa Arti Visive
La Biennale di Venezia
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Risale a pochi giorni fa la notizia della morte di don Gabriele Amorth, sacerdote paolino e uno degli esorcisti più famosi al mondo, ed ecco che il 29 Settembre arriva nelle sale Liberami, il film documentario di Federica Di Giacomo che segna il ritorno dell’esorcismo nel mondo contemporaneo. Il nostro mondo.
Vincitore del Premio Orizzonti per il miglior film alla 73esima Mostra del Cinema di Venezia, da un soggetto della stessa Di Giacomo e Andrea Zvetkov Sanguigni, la pellicola vede protagonista Padre Cataldo, 77 anni, un veterano, tra gli esorcisti più ricercati in Sicilia e non solo, famoso per il suo temperamento combattivo e instancabile. Ogni anno sono in aumento le persone che chiamano “possessione” il loro malessere,
Federica Di Giacomo |
in Italia, in Europa e nel mondo. Dal canto suo la Chiesa risponde all’emergenza spirituale nominando un numero sempre crescente di preti esorcisti ed organizzando corsi di formazione. Ogni martedì Gloria, Enrico, Anna e Giulia seguono, insieme a tante altre persone comuni affetti da disagi di varia natura, la messa di liberazione di padre Cataldo e cercano la cura ad un disturbo che non trova altrove risposte né etichette. Da qui una serie di interrogativi: fino a dove ognuno di noi, credente o meno, può spingersi affinché qualcuno riconosca il nostro male? Cosa siamo disposti a fare per essere liberati qui ed ora? La pratica esorcista incontra il quotidiano, dove i contrasti tra antico e contemporaneo, sacro e profano, risultano a tratti inquietanti e a tratti esilaranti. Un film non sulla religione, ma su come la religione può essere vissuta.
Come spiega Federica Di Giacomo: “La domanda fondamentale non è tanto se Satana esista o no, ma piuttosto come sia possibile che la pratica dell’esorcismo diventi un appuntamento settimanale, con aspetti inquietanti, ma integrabile da ognuno, con le proprie strategie, nella vita di tutti i giorni. La possessione e la liberazione raccontati come qualcosa in cui si può entrare e uscire continuamente”.
“Ho scelto di raccontare questa storia – continua la regista – dal punto di vista di chi la vive ogni giorno. I preti che vestono i panni di questo incarico, che non scelgono di essere esorcisti ma vengono nominati dai vescovi e la loro vita si trasforma completamente, assediati giorno e notte. Padre Cataldo è il simbolo di una dedizione assoluta unita ad una spontaneità e schiettezza disarmanti. E i cosiddetti posseduti, che non sono fanatici ipercattolici, ma persone comuni che si avvicinano alla Chiesa in un momento particolarmente difficile della loro vita. La loro esperienza si emancipa, quindi, dall’immaginario horror e acquista un’inedita complessità fatta di dubbi, inciampi, sbagli di interpretazione ma anche di un’inesauribile autoironia”.
La figura dell’esorcista ha sempre avuto attorno un alone di fascino e mistero che ha ispirato libri, film e serie tv. Un fenomeno in continua espansione, un tema inquietante, l’eterna lotta tra bene e male, visto da una prospettiva diversa, originale, scevra da giudizi, un racconto a tratti ironico e paradossale, lontano dagli schemi del cinema horror, che vede l’esorcismo un evento eccezionale, qui diventa una pratica quotidiana. Un viaggio fatto di interrogativi, di immagini forti, una lunga osservazione, senza interviste e senza una voce narrante, dove la telecamera segue con discrezione la scorrere della narrazione. Un film che sicuramente aiuta a liberarsi dagli stereotipi ormai entrati a far parte del pensiero comune.
Liberami è una produzione MIR CINEMATOGRAFICA con RAI CINEMA, in coproduzione con OPERA FILMS, con FRANCE 3 VIA STELLA, e il sostegno di SICILIA FILM COMMISSION - PROCIREP ANGOA – CNC. Film riconosciuto di interesse culturale dal MINISTERO dei BENI e DELLE ATTIVITÀ CULTURALI e del TURISMO - DIREZIONE GENERALE CINEM, distribuito da ITALIA I WONDER PICTURES.
Vi ricordate Cristiano Tomei, il giovane chef delle prime puntate della “prova del cuoco”, la ormai storica trasmissione di Antonella Clerici? Le prime sfide tra chef emergenti in Tv?
Di alcuni ne abbiamo perse le tracce. Di altri ne sentiamo parlare vuoi per i locali “stellati” da loro stessi gestiti, vuoi per la loro cucina sempre in evoluzione, all’avanguardia.
I ludi fescennini |
Cristiano Tomei invece ha fatto della sua vita professionale un’avventura costante, incessante.
Dall’Imbuto, locale cult nel centro di Viareggio, all’Imbuto trasferito in un Palazzo cinquecentesco nel centro di Lucca, senza affaccio sulla strada, senza insegna ne menù esposto. Il Ristorante si trova all’interno del Center Contemporary Art, tra mostre di arte contemporanea che risaltano la sua cucina creativa o l’esattamente opposto. Non una unica sala ma varie salette e ambienti sotterranei.
Cena al Museo, immersi nell’Arte a 360 gradi; l’avventura diversa, fuori dagli schemi.
Ma la ricerca continua del nuovo, del diverso, lo ha portato a dar vita ad un progetto unico, di incredibile impatto: Satura.
Leggo nella mia ricerca:” Satura, variante dotta. Di canto, suono e danza, detto satura e posto in relazione, forse già da Varrone, con satur, pieno, ricolmo e con lanx satura, il piatto di varie primizie offerto agli Dei”.
Non è poco sviluppare un progetto partendo dal significato della parola Satura, sconosciuta ai più.
Cristiano Tomei affiancato da altrettanti “vulcanici” personaggi come Lido Vannucchi, fotografo e non solo e Michelangelo Masoni, il “beccaio” per eccellenza, ha voluto
Il locale |
estendere la straordinaria eccellente “trovata” degli ultimi tempi: SATURA intesa come una idea originale, una pensata, ma anche bizzarria, estrosità.
Parlo con lui mentre visito il capannone industriale dismesso e trasformato in locale nella prima periferia di Lucca. Le sue parole sono, come sempre, semplici e dirette.
Un breve riferimento storico a Marco Terenzio Varrone (1° sec. a.C.), letterato, filosofo e a Livio, altro personaggio storico dell’antica Roma. Il mix di fescennini (canti popolari), dramma, versi e satira come riferimento “culturale” e poi, trovato il “titolo accattivante” (Satura appunto), uscendo dalle “fantasie” classiche, il ritorno alla quotidianità, al vero progetto, al fare.
“Prendi un Mercato delle cose buone, un’Osteria con i tavoli-conviviali, posizioni il tutto in un grande Spazio accogliente nella giusta misura, unisci mercato, musica, canti, prosa, forme eterogenee di aggregazione: questa è e vuol essere SATURA”. Non riesco ad esprimere il concetto? Guardati intorno, aspetta un po’ e capirai”.
da sinistra a destra Michelangelo Masoni (il nobile beccaio), |
In fretta ho ricercato, con la Treccani on-line, la parte storica di Varrone e Livio, devo dire dal sottoscritto un po’ dimenticati. Ma è bastato semplicemente aspettare per vedere, capire, assistendo all’assalto da parte di giovani e non solo e vivere una serata diversa tra acquisti di verdure ed ortaggi, prodotti delle eccellenze locali come i “dolci” della Pasticceria Patalani di Viareggio, le conserve, confetture della Maestà della Formica, le carni delle Macellerie Masoni. Contadini, pescatori, macellai, cercatori d’erbe, pasticceri, tutti chiamati e riuniti nel Capannone Satura.
E lui, Cristiano Tomei a dirigere, a caratterizzare gli spazi, ad ideare quei 4/5 piatti giornalieri sempre diversi per rendere l’aggregazione riuscita una lanx satura, ovvero intorno a piatti di varie primizie da offrire a noi stessi e non agli dei.
Il futuro? La parte superiore del Capannone. Circa 600 mq da destinare a….
Ancora è un segreto, un’altra storia da scrivere. Parola di Cristiano Tomei.
“Ha vinto l’Italia, hanno vinto gli italiani di tutte le religioni e di tutte le provenienze, i cristiani, i musulmani e i laici che credono nell’apertura, non nella chiusura. E siamo stati uniti per abbattere il muro del silenzio, dell’indifferenza e della confusione, sviluppando il dialogo interreligioso e interculturale, e facendo crollare qualsiasi strumentalizzazione del mondo arabo e islamico”
Dottor Foad Aodi
Dopo i recenti attentati dell'integralismo islamico in Europa, 3 milioni di persone, complessivamente, hanno partecipato alla grande manifestazione "Cristiani in moschea" dell'11 e 12 settembre: esattamente simmetrica a quella di domenica 31 luglio, che, dopo lo stillicidio degli attentati un po' in tutta Europa, vide circa 23.000 mussulmani entrare nelle chiese italiane, manifestando solidarietà all' Occidente colpito. Contemporaneamente, in varie regioni d'Italia molte associazioni islamiche e moschee hanno aperto le porte a visitatori di tutte le fedi, liberi credenti e laici; organizzando, sempre in quest'ultimo fine settimana, migliaia di cene di fraternità (2.000 solo a Roma).
Piu' dettagliatamente - precisa la Co-mai, Comunità del Mondo Arabo in Italia, tra gli organizzatori della manifestazione - a "Cristiani in moschea" hanno aderito 2300 comunità, associazioni e federazioni, su base nazionale e internazionale; e, su 1.400 associazioni e centri musulmani contattati, circa 1.200 hanno risposto. In pratica, il 93% del mondo arabo in Italia; e il 93% di tutte le comunità straniere (non solo arabe, cioè) esistenti in Italia. Mentre è 3 milioni circa, di cui un milione e mezzo di musulmani (in Italia ci sono complessivamente, 2 milioni di credenti islamici), il numero complessivo dei partecipanti a questa manifestazione dell'11- 12 settembre".
Un potente messaggio di pace, la cui data non è stata scelta a caso: l’11 settembre infatti, come tutti ricordiamo, cadeva il 15esimo anniversario dell’attentato alle Torri gemelle, mentre il giorno dopo era la festività musulmana di Eid Al Adha, che celebra i valori di fede e sottomissione a Dio, fondamentali nell’Islam. Festività, per la prima volta nella storia, onorata insieme a cristiani, laici, rappresentanti della Croce rossa, cittadini stranieri e rappresentanti delle istituzioni in numerosi luoghi d’Italia: dal parco di Dora di Torino alla Piazza d’armi di Como, dal Varco di san Giuliano a Mestre fino a Corciano in Perugia, passando per Piazza Garibaldi a Napoli, nel padiglione della fiera del Levante a Bari, nel centro sportivo di via Zurria a Catania, a Ladispoli (con l’intervento del presidente della comunità palestinese di Roma e del Lazio, l’imam Salameh Ashour), sul lungomare Garibaldi di Milazzo e in vari luoghi di Roma.
Nella Capitale, in particolare, le manifestazioni di pace si sono svolte in luoghi pubblici come Largo Preneste, Torpignattara (in cui è presente una numerosa comunità islamica), Piazza Vittorio (ormai vera icona dell’integrazione multi etnica) e in varie moschee, specialmente nella El Fath di via della Magliana.
“Con questa iniziativa, ispirata a princìpi e metodi di un’integrazione "porta a porta", che parte letteralmente dal pianerottolo di casa, per mettere in moto un movimento popolare”, ha commentato il dottor Foad Aodi, fisiatra, presidente di Co-Mai (Comunità del mondo arabo in Italia) e del movimento internazionale "Uniti per unire", oltre che punto di riferimento per l’integrazione, in Italia, per l’Alleanza delle civiltà (UNAoC), organismo ONU, “Abbiamo voluto dare scacco matto al terrorismo, in nome dei valori essenziali di democrazia, libertà, laicità, reciproco rispetto nei rapporti tra Stato, Islam e altre confessioni religiose. Ma anche all’individualismo e alla smania di protagonismo che spesso, purtroppo, hanno rovinato l’Islam italiano".
Altrettanto sincero l’intervento di Mohamed Hanout: “È stata, questa, un’iniziativa importante, per dare a tutto il mondo il messaggio che le moschee sono sempre aperte a tutti...” ha commentato infatti il membro del Consiglio direttivo della moschea El Fath e della Lega degli egiziani in Italia “...e che noi musulmani non abbiamo nulla da nascondere. E che, anzi, la nostra religione, se correttamente intesa senza strumentalizzazioni politiche o per interessi economici, permette di convivere pienamente con tutte le altre, senza incitamento all’odio o alla violenza. Voglio ricordare, poi, quel versetto del Corano che dice precisamente che, se qualcuno uccide un uomo, è come se uccidesse l’umanità intera (sura 5, Al-Māida, versetto 32, Nd E.F.Caruso). Versetto praticamente simmetrico a quello del Levitico, secondo cui chi salva una vita, è come se salvasse l’intera umanità.
La moschea El Fath della Magliana ha visto anche la partecipazione importante di Carmelo Barbagallo, segretario generale del sindacato UIL (Unione Italiana del Lavoro). “Da laico sinceramente non molto credente, penso però che tutti abbiano il diritto di esercitare pienamente la libertà di coscienza e di culto” ha commentato Barbagallo “Volevamo organizzare, con CISL, CGIL e i leader delle varie comunità religiose, un primo maggio interreligioso. Non ci siamo riusciti, ma senz’altro entro la fine dell’anno organizzeremo un’iniziativa interreligiosa”.
Sempre dai sindacati, anche la segretaria nazionale di CGIL, Gianna Fracassi, ha dichiarato “Come hanno giocato un ruolo importante, tanti anni fa, nella sconfitta del terrorismo rosso e nero, così le organizzazioni sindacali devono fare, oggi, contro il terrorismo su base etnico-religiosa, per l’abbattimento dei muri in tutti i sensi”.
Nell’occasione la presidente del Centro contro la violenza sulle donne del quartiere Tor Bella Monaca di Roma “Marie Anne Erize”, ha sottolineato l’importanza, oggi, di una vera “Rivoluzione culturale” in tutti i rapporti tra nazioni, popoli e sessi.
Sono intervenuti, inoltre, l’ambasciatrice di Malta in Italia Vanessa Frazier, il rappresentante della Lega araba, il presidente onorario di AVIS Roma, il pastore anglicano e segretario generale dell’Università Anglicano-Cattolica “San Paolo apostolo” padre Mauro Contili, altri esponenti di associazioni ed enti locali, tra cui i comuni di Ladispoli e Cerveteri, comunità come quella di Sant’Egidio e varie Ong italiane, arabe, straniere e su base internazionale.
Rinasceranno al Colosseo le tre città colpite dal terrorismo islamico: è stata presentata ieri presso la Sala Stampa Estera a Roma, la mostra che, dal 7 ottobre all’11 dicembre 2016, sarà allestita nel consueto spazio dedicato alle mostre temporanee, nel secondo anello del Colosseo.
Intitolata Rinascere dalle distruzioni. Ebla, Nimrud e Palmira, presenterà le ricostruzioni in scala 1:1 del Toro androcefalo alato di Nimrud distrutto dall’ISIS nel 2015; dell’Archivio di Stato di Ebla, ritrovamento determinante per la scrittura cuneiforme di documenti a partire dal 2300 a.C. avvenuto tra il 1974 e il 1976, attualmente il sito è in un preoccupante stato di degrado e di metà del soffitto del Tempio di Bel a Palmira, distrutto dall’ISIS sempre nel 2015.
Numerose, variegate e di non facile risposta le questioni aperte in merito all’iniziativa.
Dal punto di vista tecnico, uno studio preparatorio: documentario, storico e archeologico, è stato seguito dalla realizzazione, con moderne tecnologie, quali la stampante 3D. Un materiale leggero come il polistirolo ha fornito la base alla copertura di superficie, realizzata con polveri di marmo per rendere, in modo mimetico, la realtà dell’originale. Tre le aziende italiane, una per ognuna delle opere, assistite da un team di esperti e studiosi.
I problemi realizzativi, legati soprattutto alla sperimentazione di nuovi mezzi, erano forse quelli più semplici a cui dare risposta, diversamente da quelli più teorici e di difficile risoluzione quali l’opportunità della ricostruzione. É lecito ricostruire qualcosa di totalmente distrutto, creando una sorta di falso storico? É giusto che delle opere, patrimonio dell’umanità, vengano distrutte e non si faccia nulla per riempire il vuoto che lasciano? É giusto compensare il vuoto culturale di un popolo, frutto di una violenza unilaterale, con delle copie?
A queste domande cerca di rispondere la mostra in oggetto. Ci si è appellati alle ricostruzioni di intere città a seguito delle distruzioni della Seconda Guerra Mondiale, un esempio per tutte, Dresda. Proprio le esperienze di guerra hanno portato alla redazione di carte e all’istituzione di organismi mondiali, volti alla protezione del patrimonio culturale, come l’Unesco, che patrocina la mostra.
Paolo Matthiae, l’archeologo “scopritore” di Ebla e curatore della mostra, ha ribadito la volontà di non forzare la ricostruzione dall’esterno, con spinte politiche, ma che è dall’interno che deve partire la spinta e il recupero. L’Europa, ha ribadito Francesco Rutelli, Presidente dell’Associazione Incontro di Civiltà, promotrice dell’iniziativa, realizzata con il contributo economico della Fondazione Terzo Pilastro-Italia e Mediterraneo, presieduta da Emmanuele F.M. Emanuele, avendo già subito più volte nei secoli distruzioni dello stesso genere, può fornire l’esempio e l’incoraggiamento alla ricostruzione.
Sky Arte HD sta realizzando il documentario che accompagna la mostra e illustra il processo di realizzazione delle ricostruzioni.
Le opere ricostruite non andranno a sostituire gli originali perduti, ma saranno protagoniste in altri eventi espositivi. La mostra si presenta anche come opera di denuncia e come mezzo per attirare l’attenzione su problemi ed eventi non a sufficienza comunicati, come la morte degli archeologi che stanno cercando di opporsi alla distruzione.
Quando in televisione si parla di alimentazione non convenzionale, esperto di turno è l’onnipresente professor Calabrese il quale, sentendosi depositario della verità scientifica in fatto nutrizionale, usa trattare con
sufficienza, se non commiserazione, ogni interlocutore che non preveda nella sua dieta l’illuminante formula “Mangiare un po’ di tutto”. Quel mangiare un pò di tutto che già fanno tutti, da sempre, e che è stato ed è la rovina fisica, mentale e morale della specie umana. Occorre si mangiare un pò di tutto, ma di tutto ciò che è compatibile con la nostra natura.
Per il prof Calabrese le argomentazioni che non siano figlie della scienza ufficiale sono esternazioni improvvisate senza alcun valore, non degne di considerazione: di persone che parlano di problemi di cui non hanno conoscenza.
Ma da dove viene il sapere del prof Calabrese se non dalla medesima procedura di molti che, senza cercare riconoscimenti ufficiali, cercano, nella letteratura di scienziati e ricercatori indipendenti, i meccanismi della vera salute? Ma probabilmente il professore Calabrese snobba l’immensa letteratura dell’igienismo scientifico che ha come rappresentanti gente dal calibro di H. Shelton, B. Benner, H. Diamond, M.C. Latham, H. Chittenden, A. D’Elia, L. Costacurta, G. Tallarico, A.I.Mosseri, B. Commoner ecc. Tilden, Trall, Bircher ecc.
“Chi non prevede prodotti animali nella dieta diffonde concetti pericolosi per la salute delle persone”. Noi riteniamo che l’alimentazione carnea appartiene all’era dell’uomo delle caverne, a contesti naturali non più
giustificabili. Pericolosi quanto irresponsabili sono invece gli inviti a consumare prodotti di cui è ampiamente dimostrata la dannosità per la salute umana. Un genitore ragionevole, informato, che ama i propri figli non dà da mangiare animali ai suoi bambini.
A quale scienza si appella il prof calabrese? Alla scienza che fino al secolo scorso proibiva alla gente il consumo di frutta e verdura cruda ritenendola causa di malattie? Alla scienza della FDA che negli anni 70 prevedeva 300 grammi di proteine al giorno e che negli anni 80 erano calate a 250, negli anni 90 a 200, nel 2000 erano state ulteriormente decurtate a 150 e portate attualmente a 75? Alla scienza dell’alimentazione onnivora che ha prodotto più morti di tutte le guerre che ci hanno preceduto? Alla scienza che va avanti per tentativi e che quello che oggi afferma domani smentisce? Alla scienza degli ospedali e delle cliniche che come in gironi danteschi traboccano di gente in cerca di cure? (non c’è mai stata una generazione più ammalata dell’attuale, più precaria nella salute, più bisognosa di assistenza sanitaria). Alla scienza che assorbe sostanze economiche ed umane inimmaginabili e che non è in grado di debellare il raffreddore e assiste impotente ai mille casi di tumore che si aggiungono ogni giorno solo in Italia? Alla scienza che tramite la vergogna della pratica vivisettoria cerca nelle viscere dei topi la soluzione alle malattie umane e che col Talidomite fu la causa di diecimila bambini focomelici?
Che razza di scienza è quella medica che sa tutto di malattia e nulla di salute? Che parla di calorie, proteine e grassi e mai di digeribilità e assimilabilità degli alimenti o di impatto acidificante o di leucocitosi digestiva, che calcola al grammo i nutrienti e trascura l’unicità dell’entità umana?
C’è una scienza più alta, più profonda e più vasta della scienza nutrizionale convenzionale: quella immutabile, perfetta che viene dall’ordine naturale delle cose, di Madre Natura che ha stabilito per ogni organismo vivente un suo alimento elettivo. La scienza che attraverso l’anatomia comparata, la fisiologia, l’istintologia, l’immunologia ci fa capire che il “carburante” elettivo per la specie umana frugivora non sono prodotti di derivazione animale ma i frutti, i germogli, i semi, le radici.
Se fossimo onnivori la natura ci avrebbe fornito gli strumenti necessari a mangiare anche la carne, come gli animali onnivori.
Ma il professore se la ride di ogni pensiero che non derivi dalla “bibbia” della scienza ufficiale, e con sufficienza e patetico tono paternalistico sembra dire ai vari presentatori “Fatemi interloquire con chi è scientificamente preparato”, come se ogni altra visione delle cose non fosse degna di considerazione: posizione che ci relegherebbe ancora all’era tolemaica. E’ stata la falsa sacralità della intoccabile cultura scientifica dominante ad impedire l’evoluzione della vera conoscenza delle cose.
Il professore parla di proteine nobili in un linguaggio ancora ottocentesco. Possono essere considerate nobili le proteine che derivano da un cadavere in via di decomposizione perché contengono gli aminoacidi necessari a formare le proteine? L’identico processo si attua combinando cereali e legumi senza gli effetti nocivi e spesso letali delle proteine animali. In ogni modo siamo disponibili a confrontare lo stato di salute dei suoi pazienti con quello dei nostri associati vegan, poi vedremo da che parte stanno le carenze di cui il prof avverte dei pericoli.
L'accordo tra Russia e USA porta sullo scacchiere siriano una tregua traballante, cui dovrebbe seguire un processo di transizione politica; ma Ankara annuncia di proseguire le sue operazioni contro i “terroristi” e la questione curda rischia di alimentare nuove tensioni
La fragile tregua in Siria è principalmente il frutto di un delicato riassetto delle relazioni che interessano il Medio Oriente e le sue potenze regionali, attuali o aspiranti. Ed è proprio questo uno dei fattori che potrebbero determinarne il fallimento. Da un lato la Turchia esercita pressioni per le dimissioni del presidente siriano Bashar al-Assad, ma ha come priorità di evitare che l'alleanza tra Washington e il curdi siriani per combattere i cartelli del jihad del cosiddetto Stato islamico (Daech) diventi per i curdi siriani e soprattutto per i curdi turchi uno strumento per avanzare richieste di autonomia, o peggio di indipendenza. Dall'altro c'è la Russia, che con l'Iran è tra gli alleati storici di Assad, e considera Daech come minaccia anche interna, dato il pericolo rappresentato dal ritorno dei foreign fighters. La maggior parte delle persone arrestate a seguito degli attentati rivendicati da Daech in Turchia è di provenienza cecena o più generalmente caucasica, come anche lo stretto collaboratore del “califfo” Abu Bakr al-Baghdadi, il georgiano Abu Omar al-Shishani, ucciso lo scorso luglio in Siria. Quanto agli Stati Uniti, che a livello diplomatico sostengono i cosiddetti “ribelli moderati”, sul fronte siriano sono alleati delle Unità di protezione popolare (YPG), falange armata del Partito di unione democratica (PYD) dei Curdi siriani, escluso dai negoziati di Ginevra. Un atteggiamento che ha provocato tensioni con Ankara, che considera le YPG formazioni terroristiche, al pari del Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK), che continua a essere uno dei bersagli privilegiati della repressione e della propaganda del governo.
La debole tregua, ottenuta dopo lunghi e difficili negoziati, arriva infatti in un momento in cui il peso della Turchia nell'assetto regionale è aumentato in modo esponenziale. Un elemento importante, se si considera che già tre anni fa Ankara ha lanciato diverse campagne aeree sulle montagne del Qanadil, in territorio iracheno, senza ricevere moniti seri dalla comunità internazionale. Se il vertice dell'Alleanza atlantica (NATO) di Antalya del maggio 2015 le aveva conferito un importante ruolo “logistico”, le recenti distensioni con la Russia e la possibilità di un asse economico tra i due paesi basato sul progetto del gasdotto Turkish Stream, ne hanno fatto un un importante attore nei conflitti mediorientali. Ciò le ha consentito di inviare truppe di terra in Siria, ufficialmente impegnate contro i cartelli del jihad ma, secondo osservatori locali, mandate a evitare che le formazioni curde siriane possano consolidare il loro controllo del Rojava. A prescindere dall'obiettivo, il loro intervento ha reso ancor più difficile una cessazione delle ostilità, presupposto necessario di una soluzione politica. Eppure da NATO, Russia, USA, Unione Europea nessun tentativo di dissuasione. Infatti, il Governo regionale del Kurdistan (KRG), in Iraq, è stata finora l'unica entità politica in grado di fronteggiare in modo efficace l'avanzata di Daech oltre alle YPG. A Erbil, capitale del KRG, in molti parlano di diritto all'autodeterminazione, fino a prevedere un referendum in un imminente futuro. Intanto, nel Kurdistan siriano, nel marzo 2016 viene proclamata una regione federale nella regione di Rojava, con l'unificazione dei tre cantoni di Afrine, Kobane e Jazire. Tiepida la reazione della Russia, che tra le varie opzioni per la transizione politica immagina anche una soluzione di tipo federale. I primi a opporsi, invece, sono il regime siriano e le opposizioni, le uniche forze rappresentate ai negoziati di Ginevra, ma anche Turchia e USA.
L'indifferenza ufficialmente ostentata dalle diplomazie internazionali, ad esempio di Turchia e USA, ma in parte anche Russia, rischia dunque di aprire un nuovo conflitto regionale sulla questione curda, che coinvolgerebbe Iraq, Siria, Turchia e Iran. Inoltre, ignora deliberatamente l'esperimento istituzionale avviato dal PYD nella regione di Rojava, che potrebbe essere un'interessante proposta di democratizzazione non solo in Medio Oriente. La teoria politica di riferimento è il municipalismo libertario teorizzato dal filosofo statunitense Murray Bookchin, alternativo al modello dello stato-nazione, che in alcune regioni si è rivelato inadeguato: un sistema di comunalismo democratico basato sulle assemblee popolari, organizzate secondo il principio della democrazia diretta. A gennaio 2014 questa regione si era dotata di una sorta di bozza costituzionale, redatta nella forma di un contratto sociale (https://peaceinkurdistancampaign.com/charter-of-the-social-contract/). Uguaglianza di genere, etnia, religione, rispetto delle autonomie, giustizia sociale. Progetto ambizioso, soprattutto in una regione devastata dai conflitti, ma che esprime una volontà di autodeterminazione di cui la comunità internazionale non può non tener conto. Chissà che non sia Rojava il prossimo esportatore di democrazia, magari con la dialettica anziché con le armi.
Frammenti che orbitano qua e là, individuati, carpiti; li commento e condivido con voi.
Le Guide eno-gastronomiche sono tante, tantissime ma ce n’è una, piccola nelle dimensioni, particolare, essenziale, tascabile da “borsa e borsello”, la Guida delle Guide che da ben sette anni passa al setaccio, esamina, valuta e seleziona ben oltre 400 Ristoranti della Versilia per scegliere quelli più adatti durante la vacanza e non solo. Le 3 sorelle, le 3 regine incontrastate del panorama nazionale della critica gastronomica, vale a dire Gambero Rosso, Espresso, Michelin, giudicano così la Versilia:”Una galassia costellata da ben 6 stelle” (Michelin), “Forte dei Marmi ha il Ristorante dell’Anno” (Gambero Rosso), “5 new entry e tanta confermata solidità” (Espresso). Ed ecco la proposta di Versilia Gourmet, la piccola grande guida dei Ristoranti Versiliesi. Utilissima, alla fine, per scambiare impressioni, giudizi e critiche su quello che è “lo sport più bello e gratificante praticato da ogni italiano che si rispetti: l’andar per ristoranti” (progetto editoriale Penna Blu Edizioni. Costo € 13,00 www.pennabluedizioni.it )
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Prende forma il Merano Wine Festival edizione 2016. Dal 4 all’8 novembre 5 giorni di degustazioni esclusive ed eventi imperdibili. Venerdì 4 la rassegna consolidata dei bio&dynamica si arricchisce di una serie dedicata ai vini bio-dinamici internazionali. Sempre venerdì 4 la Gourmet Area, che ospita la selezione food Culinaria, Beer passion e Consortium, verrà aperta a buyers e addetti del settore a livello nazionale ed internazionale. Lunedì 7 novembre sarà la volta delle new Entries della Selezione Ufficiale e delle Vintage Collection dei produttori, un grande appuntamento con le “annate vecchie”. Martedì 8 torna, dopo il successo della prima edizione, Catwalk Champagne, l’appuntamento con gli importatori delle Grandi Maison, (Fonte: Stefania Gatta Gourmet’s International)
Frammento n. 1
Sono d’accordo: tutti i vitigni, a modo loro, sono aromatici.
Da tempo discutiamo intorno a quello specchietto che ci hanno costretto ad imparare a memoria. Vale a dire che i vitigni si distinguono in aromatici, semi-aromatici e neutri. Quest’ultima classificazione, francamente, non l’ho mai capita. Superato l’esame per conseguire l’attestato di sommelier con queste convinzioni vincolanti, ho cominciato a diffondere il verbo che ogni vitigno “parla la propria lingua aromatica” (Luca Gardini docet) e che ciascun vitigno ha il proprio “timbro aromatico” (Angelo Peretti docet). Enologi, Agronomi e Cantinieri di scuola classica e di stretta osservanza normativa, unitevi. La dichiarazione di guerra per abolire “lo specchietto” è cominciata. Viva la liberazione dai Sacri Testi che tanto Sacri non sono. (Fonte: uno scritto di Angelo Peretti)
Frammento n. 2
Biodiversità e Territori
Sol&Agrifood, il Salone Internazionale dell’Agroalimentare di Qualità che si svolge in concomitanza con il Vinitaly. Per l’edizione 2017 aprirà un nuovo spazio dedicato alla biodiversità delle produzioni territoriali. Un modo per valorizzare in chiave business una peculiarità dell’agroalimentare italiano unica al mondo e sempre più apprezzata dai mercati esteri. In buona sostanza verrà realizzata un’area tematica interattiva chiamata “Biodiversità e Territori”. Degustazioni guidate, walk-araund tasting, workshop. Un progetto che dovrà rispondere alle esigenze delle aziende medio-piccole, espositrici nei padiglioni, al fine di stabilire contatti con operatori stranieri e della distribuzione organizzata. Se ne parla da diversi anni. Sarà la volta buona. (Fonte: servizio stampa Veronafiere)
Frammento n. 3
Terre di Faenza: collina di gran gusto.
Casola Valsenio, Riolo Terme e Brisighella, comuni protagonisti della rivalutazione dei frutti dimenticati. A Casola Valsenio nei giorni 8-9-15-16 ottobre, Festa dei Frutti Dimenticati e del Marrone; a Riolo Terme il 15 e 16 ottobre l’evento Le Erbe degli Sforza; a Brisighella la Sagra della porchetta di Mora Romagnola e Fiera della Biodiversità. Antiche tradizioni contadine, conoscenza con le erbe nate come piante spontanee o coltivate negli orti e nei frutteti per il consumo domestico. A Mora Romagnola le carni dei “suini neri” che davano origine al “Fumato di Romagna”. Oggi alcuni allevatori “romantici” hanno recuperato questa razza riproponendo carni uniche. (Fonte: ufficio stampa Terre di Faenza)
Frammento n. 4
Avanza il food orientale: Iran
Terminano le sanzioni internazionali e questo paese ricomincia “a vivere”. Scambi commerciali di tutti i tipi compresi quelli del food (per ora il wine è nel limbo. Ma in futuro chissà, nella mia vita ne ho visti di cambiamenti magari nel nome di una laicità conquistata. Basta attendere). Un mercato vasto e anche evoluto, che “ha voglia” di altro. Import-export in forte crescita con il nostro paese. Limitatamente al food noi esportiamo olio d’oliva, aceti, dolci e caffè torrefatti. Da loro arrivano zafferano, pistacchi, datteri di ottima qualità. Allora le iniziative come l’Agro Food di Teheran riscuotono grande successo di pubblico, di espositori iraniani ed esteri e di Buyers. “Porta d’oriente” aperta. Non solo per il mercato interno iraniano ma come hub di riesportazione per tutti i paesi della vasta area, quelli che finiscono con AN (Turkmenistan, Tagikistan, Uzbekistan ecc…). (Fonte: TUTTOFOOD)
Frammento n. 5
Pizzeria Gigi Pipa: la prima pizzeria con orto!
Siamo ad Este (Pd). Alla guida c’è Alberto Morello, miglior pizzaiolo emergente secondo la Guida Pizzerie d’Italia del Gambero Rosso. La novità, originalità, “l’invenzione” è, dopo il completo restyling del locale, aver “creato” un Orto dove giornalmente approvvigionarsi dei prodotti che vengono usati sia per le pizze tradizionali che quelle da degustazione. L’uovo di Colombo, la “pazza idea” come la definisce Alberto: la pizzeria Homemade. E non finisce qui. In programma, in vista del nuovo anno scolastico, aprire l’Orto alle scuole della provincia padovana per un progetto di “orto didattico”. (fonte: Aromicreativi)
Osservo, scruto, assaggio e…penso. (urano cupisti)
Se la campagna presidenziale americana diventa una scelta tra la libertà di espressione e la tutela della dignità della persona.
La notizia dell’endorsement di fatto di Clint Eastwood per Donald J. Trump Presidente ha fatto il giro del mondo.
The 86-year-old four-time Oscar winner, durante un’intervista alla rivista Esquire, ha dichiarato di preferire il candidato repubblicano come prossimo Presidente degli Stati Uniti d’America (per leggere l’intervista http://www.esquire.com/entertainment/a46893/double-trouble-clint-and-scott-eastwood/).
…Parole chiare per Clint!
Trump è sul pezzo (così forse potremmo tradurre correttamente he's onto something, letteralmente “lui è su qualcosa”) perché, secondo Eastwood, ha preso atto che parte dell’opinione pubblica è stanca del political correctness: è per questo che viene “apprezzato”.
Ricorda che When he grew up nessuno si sarebbe sognato di dire, così facilmente come ora, a una persona che è razzista per il solo fatto di aver espresso un legittimo dubbio (fa riferimento alla vicenda relativa ad alcune dichiarazioni di Trump su un giudice di origine messicana).
In sostanza, Eastwood rifiuta la pussy generation nel quale gli U.S.A. stanno vivendo anzi, ritiene che questa kiss-ass generation è un momento triste per la loro storia.
Che cos’è la pussy generation? chiede il Direttore della rivista.
«Tutte queste persone che ti dicono “Oh, non puoi fare questo, non puoi fare quell’altro e non si può dire quello”. Io credo che questi sono i tempi in cui ci troviamo».
Su Hillary Clinton ammette che potrebbe essere una “dura” ma che ha deciso di seguire le orme di Obama, quindi non ritiene di appoggiarla.
La notizia dovrebbe lasciare il tempo che trova, essendo la celebrated star of “The Good, the Bad and the Ugly” un repubblicano convinto da tempo.
Ciò nonostante, le sue dichiarazioni possono accendere, a mio avviso, una riflessione molto importante che sembrerebbe non sia stata tenuta in considerazione dal dibattito politico americano e internazionale.
Mi riferisco alla secolare disputa tra due principi fondamentali delle moderne democrazie occidentali, e segnatamente a quella tra la libertà di espressione e la tutela della dignità della persona.
Oggi più che mai, con lo sviluppo dei mass media e dei social network, l’incontro e lo scontro tra questi due principi è costante, continuo, mai interrotto. Oggi più che in passato la giurisprudenza e la dottrina sono chiamate a stabilire quale dei due principi debba prevalere.
Il bilanciamento a favore dell’uno o a favore dell’altro non è mai scontato. Tuttavia, è possibile affermare, in via generale, che gli ordinamenti di Common Law tendono a favorire una maggiore applicazione del principio di libertà di espressione al contrario di quanto succede negli ordinamenti di Civil Law dove la tutela della dignità della persona è un principio che limita quasi sempre quello della libertà di espressione (ovviamente ci sono le eccezioni).
Le motivazioni di queste scelte risiedono indubbiamente nella storia dei Paesi interessati (per citarne alcuni: USA, Gran Bretagna da una parte, Italia, Francia e Germania dall’altra) e nell’analisi della giurisprudenza delle proprie Corti Costituzionali.
Negli Stati Uniti d’America la libertà di espressione in ogni sua forma è sancita nella Carta Costituzionale dal 1° Emendamento (ripreso poi nel Bill of Rights):
Congress shall make no law respecting an establishment of religion, or prohibiting the free exercise thereof; or abridging the freedom of speech, or of the press; or the right of the people peaceably to assemble, and to petition the Government for a redress of grievances.
Il principio di freedom of speech, or of the press è l’architrave del sistema giuridico e politico statunitense. “James Madison, padre della patria americana e coautore del Federalist con Hamilton e Jay, ne spiegò il principio sottostante in questi termini: nella forma di governo degli Stati Uniti, fondata sulla sovranità popolare, «the censorial power is in the people over the Government, and not in the Governement over the people»[1]”.
Si tratta di un principio che fonda l’intero ordinamento costituzionale, l’intero Stato americano: la libertà di espressione equivale a dire che la sovranità appartiene al popolo.
Ciò posto, secondo Eastwood negli States di questi tempi non si può parlare liberamente. In coerenza con quanto ritiene e in modo palese sceglie Trump perché il candidato repubblicano dice what’s on his mind anche se sometimes it's not so good o addirittura se dice a lot of dumb things.
Eastwood, da “vero” americano (?), difende la libertà di espressione e probabilmente vede nel candidato repubblicano alla Casa Bianca colui il quale, una volta eletto Presidente, potrebbe maggiormente garantire e tutelare tale principio.
Hillary Clinton, invece, viene osservata come la naturale prosecutrice delle politiche Obamiane, caratterizzate da una maggiore attenzione verso le minoranze e le fasce deboli della società americana[2] : ergo una politica orientata alla tutela della dignità della persona.
E’ così?
Direi di no. Non tutte le leggi adottate da Obama, ovviamente, erano dirette in favore dei più deboli o comunque per la tutela della dignità della persona né lo saranno, probabilmente, quelle della Clinton.
Del pari, non saranno “un sacco di cose stupide” dette da Trump a poter stabilire che, qualora eletto, questi attui politiche a tutela della libertà di parola e di stampa, ovvero che non ponga in essere iniziative in favore della dignità della persona.
Per concludere, ciò non toglie la possibilità che l’idea della star possa essere ritenuta corretta da moltissimi altri elettori, soprattutto nell’ambito di una campagna elettorale dove contano più gli slogan che i contenuti programmatici e politici (n.b. quello di Trump è per l’appunto “I am Your Voice” - “Make America Great Again”).
E in tal senso, vista la sensibilità del popolo americano alla libertà sancita dal primo emendamento, le probabilità di vittoria per Trump risulterebbero concrete.
A ciò si aggiunga che la spregiudicata campagna elettorale del miliardario newyorkese non sembra incontrare un’efficace risposta dalla Clinton che, sebbene proponga questioni politiche rilevanti e forse più realistiche (rivolte maggiormente in favore delle nuove generazioni di cittadini americani?), non dispone, a mio avviso, di quella eccezionale capacità comunicativa del suo illustre predecessore, Barack Obama.
Yes we can…again? Agli elettori americani la decisione.
[1] DE CAIRA Riccardo, La libertà di espressione negli Stati Uniti d’America, Rivista trimestrale di diritto pubblico, Giuffré Editore, 2010
[2] E’ chiaro che i nessi qui proposti possono essere considerati semplici e generici. Tuttavia, si può accettare il fatto che Obama viene rappresentato dalla pubblica opinione come un politico attento ai più deboli. Con riferimento alla Clinton si può evidenziare che in campagna elettorale abbia più volte sostenuto di voler attuare politiche per uno Stato più inclusivo e giusto e in favore della middle class, proseguendo, quindi, almeno a parole, alcune delle politiche tanto care a Obama.
Nel mio vinovagare per manifestazioni la parte più interessante è sempre quella della scoperta delle novità. E su questa mia dichiarazione, come si usa dire, non ci piove! Anche perché non avrebbe alcun senso dare seguito e spazio all’uniformità.
Quando poi hai l’occasione di intervistare colui che è uno degli ideatori di un determinato nuovo vino inserito in un nuovo progetto “per vini innovatori senza alcun pregiudizio” , la visita riempe di interesse, curiosità, desiderio di sapere, conoscere per comunicare. Inevitabile.
Questo quanto accaduto nella mia visita e partecipazione all’evento annuale che si è svolto nel mese di Marzo, a Magrè in Alto Adige: Summa ’16. Manifestazione ideata ed
simbolo Cometa di Lageder |
organizzata da Alois Lageder, titolare della ben nota e conosciuta Azienda Vitivinicola altoatesina.
Della validità ed unicità di questo evento ne ho già parlato abbondantemente. Tutti gli anni, oltre al tradizionale ripetersi di alcuni momenti consolidati nel tempo che sono riusciti ad elevarlo come evento eccellente, riesce sempre a colpirmi, cogliere nel segno delle mie continue ricerche del nuovo, dello straordinario e perché no, rivoluzionario presentando nel programma specifici appuntamenti sempre inediti e inattesi.
Innovazione e originalità: siamo partiti dall’ufficialità Da quest’anno si è avuto l’inserimento nel team dirigenziale della Weingut Alois Lageder del figlio Alois Clemens Lageder. Pronto e ben preparato nella sua nuova collocazione e rappresentante incaricato del nuovo progetto aziendale definito “Progetto Vini Cometa”.
L’ho seguito, insieme ad altri colleghi e wine lover’s curiosi quanto il sottoscritto, nel giro di una parte della cantina tra botti secolari
Forra, primo vino Cometa |
che nascondono “segreti”. Alcune scritte, numeri in codice da decifrare, riportate come identificazione a celare l’intimo del contenuto.
Alois Clemens ha iniziato il suo racconto. Ha parlato di comete, dei rapporti di quest’ultime con il “progetto”, di definizioni riguardanti vitigni nuovi per l’Alto Adige, di sperimentazioni già in atto e per ultimo a spiegare gli assaggi dei campioni di botte.
Mi sono defilato, volutamente in disparte perché non riuscivo, di fronte ad un progetto così complesso, nella inevitabile confusione di continue domande, richieste di delucidazioni a volte fuori tema, a capire.
Lo ammetto: sono, per principio, contrario alle “profanazioni in massa dei luoghi sacri” e la bottaia di Alois Lageder è uno di quelli.
Sono però riescito a “strappare” un “dieciminuti” da solo con Alois Clemens che ha avuto luogo, così lo è stato, da lì a poco.
Appartati, si fa per dire, nel punto ristoro ricavato per l’evento nel piazzale di fronte all’Azienda, ho iniziato finalmente il “mio” colloquio per illuminarmi circa il Progetto Vini Cometa.
D. - Alois Clemens, la domanda iniziale più semplice e scontata: perché Progetto Vini Cometa?
R. -La cometa, da sempre, è un segno nel cielo, simbolo della speranza. Basta ricordare la stella cometa e il suo significato mistico nella cristianità. Per la mia famiglia ha simboleggiato un emblema, tant’è che non a caso ne è diventato il logo aziendale. Va al di là della parola stessa. Vini Cometa nel tentativo di produrre vino da vitigni che potrebbero rivelare un annuncio nuovo, una promessa per questo territorio.
D. -Secondo le credenze popolari l’apparizione nel cielo di una cometa era sinonimo di portatrice di sventure, pestilenze e guerre. Sappiamo oggi che non è altro che “una innocua palla” composta da rocce mescolate a gas allo stato liquido, acqua, metano, ammoniaca ed abbondanti detriti. Lei la vede come promessa per un territorio?
R. – Non proprio in questi termini. Bisogna uscire dal significato concreto della parola e definirla come un simbolo che indica un percorso che forse non avrà seguito e potrebbe sparire così come si comporta una vera cometa. Ma, al contrario, potrebbe rimanere presente in queste terre indicando nuove frontiere nella viticoltura.
D. –Mi scusi ma preferisco riportare i piedi saldamente in terra. Nella pratica questo progetto, di fatto, in cosa consiste?
R. -Abbiamo piantato vitigni nuovi, diversi da quelli conosciuti e presenti in Alto Adige e dedichiamo a loro le nostre ricerche e studi approfonditi. Non solo. Siamo rivolti a vinificazioni sperimentali anche su vitigni ormai presenti da molti anni. Per noi il futuro.
Alois Clemens Lageder ed Urano Cupisti (a destra) |
D. -Nello specifico mi può fare alcuni nomi dei vitigni sia nuovi per il territorio sia già presenti e motivo di studio per vinificazioni diverse?
R. -Stiamo elaborando vinificazioni diverse su quattro Sauvignon Blanc e tre Pinot Gris con risultati sorprendenti. Inoltre sono già in botte tre diverse annate di Tannat e un Incrocio Manzoni. Quest’ultimo, vendemmia 2014, coltivato nella vigna Fórra, che poi è il nome del vino, ha finito l’affinamento. A giorni procederemo all’imbottigliamento e sarà in vendita quest’anno.
D. -Per concludere come definirebbe un Vino Cometa?
R. -Vino da vitigno adatto al territorio, resistente ai cambiamenti climatici, alle malattie ed innovativo, con qualcosa dentro di nuovo da trasmettere.
Vini Cometa. Un annuncio nuovo, una promessa per l’Alto Adige. Parola di Alois Clemens Lageder.
Negli ultimi tempi lo chef Franco Vissani più volte ha sentito la necessità di definire i vegan una setta: una setta che però solo in Italia conta 600 mila persone in una tendenza a cui è impossibile opporvisi dal momento che rappresenta la coscienza più lungimirante ed evoluta della specie umana. Se si pensa poi che i vegetariani nel mondo, per vari motivi, sono circa un terzo della popolazione, le sue esternazioni risultano fuori luogo. Ma spesso alcune persone rivelano il peggio di se stesse quando vedono in pericolo i loro interessi.
Mentre una setta ha bisogno di un capo, la nostra filosofia di vita si pone ideologicamente agli antipodi da tali visioni della vita in quanto il nostro scopo è quello di rendere l’essere umano artefice del proprio destino, capace di essere medico di se stesso con una coscienza libera e luminosa, senza condizionamenti mentali e senza attaccamenti a tradizioni di cui dovremmo solo vergognarci.
Ma se Vissani si esprime in modo offensivo e denigratorio nei confronti dei vegani noi non raccogliamo la sfida e non definiamo i mangiatori di animali coloro che continuano a nutrirsi di salme come l’uomo delle caverne. Noi non diciamo che chi usa mangiare animali disprezza la vita ed il dolore di esseri che forse più di tanti umani meritano rispetto. Non diciamo che promuovere il consumo della carne è un crimine contro la vita, la civiltà, la giustizia, la salute delle persone, l’economia, l’ambiente. Non diciamo tutto questo, ma lo pensiamo.
Vissani pensi piuttosto a verificare il suo stato di salute dal momento che i mangiatori di carnami sono sicuramente in stato di perenne acidosi, e molto più esposti dei vegani a ritenzione idrica, all’acido urico, a putrefazione intestinale, a insufficienza epatica e a tutto ciò che ne consegue l’aumento di colesterolo, di obesità, di diabete, di ipertensione e cancro.
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LE CODE DEI MAIALINI
(da “Il dilemma dell’onnivoro” di Michael Pollan – Ed. Gli Adelphi)
“Gli allevatori tagliano le code alla nascita seguendo una pratica che ha la sua logica perversa nel culto dell’efficienza che domina una porcilaia industriale. I maialini sono allontanati dalla madre a dieci giorni dalla
nascita (in natura lo svezzamento avviene in 13 settimane) perché ingrassano meglio con un pastone pieno di medicine che con il latte di scrofa. Ma questo distacco prematuro frusta il loro innato desiderio di succhiare e mordicchiare, una voglia che cercano di soddisfare nelle gabbie con la coda di chi sta davanti a loro. Un maiale sano si ribellerebbe a questo morso, ma agli esemplari depressi degli allevamenti non importa nulla, in psicologia si parla di “impotenza appresa”, fenomeno molto diffuso nei Cafo, dove decine di migliaia di maiali passano la vita senza mai vedere la terra o il sole, stretti dentro gabbie di metallo chiuse sui quattro lati e sospese su una fossa settica. Non deve stupirci il fatto che un animale così intelligente si deprima in queste condizioni e si lasci mordere la coda fino a farsi venire un’infezione. Visto che curare gli esemplari malati non conviene economicamente, queste unità non più efficienti vengono in genere ammazzate sul posto a bastonate.
Il Ministereo dell’Agricoltura raccomanda la mozzatura delle code come soluzione al “vizio” porcino di mordersele. Con l’aiuto di un paio di pinze, ma senza anestetico, si strappa via il codino lasciandone però un pezzetto attaccato. Questo perché lo scopo dell’operazione non è eliminare del tutto l’organo, ma renderlo ipersensibile. Dopo questo trattamento il morso di un altro individuo è talmente doloroso da provocare la reazione anche del maiale più depresso”.
In questi giorni, fra le tante generose iniziative a favore delle popolazioni terremotate di Amatrice e dintorni, si è fatta notare la campagna incentrata sulla “pasta all’amatriciana”, piatto promosso nei ristoranti al fine di devolvere in raccolta fondi una piccola parte del relativo guadagno.
Ora, credo che la cosa richieda qualche breve riflessione.
E’ certamente fuori di dubbio l’encomiabilità dello spirito dell’iniziativa, a cui, tra l’altro, numerosi ristoratori delle più disparate località hanno dato immediata adesione. Essa rientra, in modo esemplare, nel novero di quelle tante piccole cose di facile realizzazione che si possono attuare per dare concretamente aiuto al prossimo, senza richiedere gesti particolarmente impegnativi.
Ma la proposta presenta dei limiti non indifferenti che occorrerebbe cercare di valutare e di superare, al fine di allargare al massimo le possibilità di un felice esito.
La “pasta all’amatriciana” (o “matriciana” che dir si voglia), infatti, comporta l’impiego (seppur in quantità contenute) di carne suina.
Questo implica (e stupisce davvero che non sia stato opportunamente considerato dai promotori e sostenitori della campagna) l’esclusione di una buona parte della popolazione mondiale, quella, cioè, che, per varie ragioni, rifiuta la carne suina o qualsiasi tipo di alimento carneo. Parliamo, insomma, di tutti coloro (buddhisti, induisti, teosofi, nonviolenti, ecc ...) che praticano il vegetarianesimo o il veganismo e di tutti coloro che rispettano regole alimentari ebraiche e islamiche.
A questo punto, allora, perché non cercare, in nome della necessità di creare il massimo consenso intorno all’iniziativa, di allargare il ventaglio delle opzioni in ottica sanamente pluralistica? Ovvero, perché non prevedere di proporre, accanto alla “pasta all’amatriciana”, dei piatti alternativi accettabili anche dalle suddette categorie di individui? Piatti rustici, cioè, che abbiano ugualmente forti legami con la ricca tradizione culinaria delle zone colpite, quali potrebbero essere “tonnarelli a cacio e pepe” o “penne all’arrabbiata”?!
Ricordarsi dell’esistenza delle diversità culturali (e quelle gastronomiche non sono certo irrilevanti o secondarie), provando a rispettarle il più possibile costituisce sempre la strada migliore per poterci sentire veramente vicini fra tutti quanti noi, miseri abitanti di questo irrequieto e sventurato pianeta.
Soprattutto quando ci sentiamo più in pericolo. Soprattutto quando siamo particolarmente immersi nel dolore.
Magari ponendoci anche seriamente il problema se sia giusto o meno, in nome di qualsiasi fine (più o meno nobile) continuare a produrre altra sofferenza nei nostri fratelli minori, eterni dolcissimi bambini ... gli animali ...
Non è solo l’originalità delle immagini che coinvolge lo spettatore ma anche quello sguardo sull’uomo che le stesse suggeriscono, espressione di una storia “dimenticata”. “Storie di vite usate - la diversità in mostra”, rassegna aperta fino al 25 settembre negli spazi del Museo PierMaria Rossi di Berceto, è da leggere in primo luogo per i suoi significati culturali. Ideata e prodottadall’Associazione Culturale Sentieri dell’Arte, realizzata con il patrocinio della Regione Emilia Romagna, del Comune di Berceto e dell’Associazione Borghi Autentici, in collaborazione con Survival Italia, a sostegno della difesa dei popoli indigeni, e Collezione Radauer di Vienna, la proposta espositiva offre,infatti, materiali storici, una settantina originali, inerenti alle mostre etnologiche del secolo scorso. Al centro gli antichi zoo umani che dalla metà dell’Ottocento fino agli anni ‘40 del Novecento, si diffusero in tutta Europa, venendo a costituire una sorta di rappresentazione del razzismo propagandato dalle teorie scientifiche dell’epoca.
Era stato un commerciante di Amburgo, Carl Hagenbeck che riforniva di animali selvaggi i giardini zoologici di mezza Europa, ad avere l’idea intorno al 1874 di esporre anche alcuni indigeni dell’isola di Samoa presentandoli come individui “puramente naturali”. Si rese presto conto di quanto potesse essere lucroso esporre uomini di etnie differenti da quella europea e inventò di fatto “gli zoo umani”, che divennero presto una delle maggiori attrazioni delle prime Esposizioni Universali.
Al Museo PierMaria Rossi è possibile ripercorrere la vita di intere famiglie alle quali sono state tolte le loro radici. Uomini e donne portati lontano dai paesi d’origine, considerati “diversamente umani”, in alcuni casi spacciati dal mondo scientifico come anelli mancanti tra l’uomo e la scimmia in una logica di darwinismo sociale. Sono immagini e temi delle grandi esposizioni universali, a partire da quella di Torino del 1884.
Manifesto pubblicitario d'epoca del giardino zoologico di Parigi |
Documentate in particolare quelle di Milano (1906), Torino (1911), Parigi (1931), attraverso fonti giornalistiche, letterarie, iconografiche, fotografiche, di costume mentre una grande installazione riproduce la gabbia originale dell’esposizione di Saint Louis (1904). L’esposizione del 1958, la prima post bellica tenuta a Bruxelles, è raccontata nel cortometraggio “Zoo” di Monda Raquel Webb, concesso in esclusiva per la mostra.
Storie avvincenti quelle narrate, coinvolgenti nei testi del catalogo che racconta di “vite rubate” come quella di Sarah, la Venere ottentotta o quella di Ota Benga, Pigmeo africano. Sono solo un esempio di un percorso che si snoda tra una drammatica realtà e le immagini fantastiche delle riproduzioni di poster datati tra il 1870 ed i primi anni Trenta, volti a raffigurare un fenomeno tanto sconvolgente quanto straordinario. “Non riuscivo a credere che una cosa del genere potesse mai essere accaduta” scrive Clemens Radauer che ha prestato gli oggetti della sua collezione perchè “mostre come questa sono molto importanti per la diffusione della
Pigmei - Londra 1884 |
conoscenza sugli zoo umani e la sensibilizzazione del grande pubblico”.
Nonostante siano trascorsi anni dalle storiche grandi esposizioni etnologiche -l’ultima documentata in mostra è quella di Augusta, in Germania, del 2005, ultimo caso europeo - la globalizzazione, nel bene o nel male, mette continuamente a confronto realtà e radici differenti, a volte con scambi culturali di grande respiro che portano ad una nuova consapevolezza collettiva, a volte con risultati di intolleranza perchè il “diverso” incute sempre paura, disagio e pregiudizio. L’obiettivo della mostra è sensibilizzare sulla necessità di considerare “l’Altro” non più come nemico in base alla sua appartenenza etnica, sociale, religiosa e politica nella scoperta di vicende reali che la fotografia, l’oggettistica, i manifesti, i testi possono tramandare.
Dopo il successo ottenuto nella mostra al Museo storico della Lamborghini, a Sant’Agata Bolo-gnese, in occasione delle celebrazioni del 50° Anniversario della Miura, Alfonso Borghi si pre-senta con una nuova mostra, “i quattro quartetti” a cura di Stefania Provinciali, critica d’arte e giornalista, nella splendida cornice del Castello Scaligero di Malcesine. Le opere tutte inedite sono dedicate ai poemetti di T.S. Eliot e ripercorrono con la materia ed il colore, elementi basilari nell’opera dell’artista di Campegine, pensieri e parole del celebre saggista e poeta. Un affa-scinante indagine che unisce parole ed immagini e l’idealità di un pensiero racchiuse nelle quindici tecniche miste che compongono la mostra.
Ancora una volta Alfonso Borghi interpreta con passione e tecnica sapiente l’originalità di un autore sulla tela. Si accosta alla materia con immediatezza, compone un’idea donandole una forma ideale nella assoluta certezza di una pittura informale che affonda le radici nella tradi-zione padana. scrive nella sua introduzione al catalogo Claudio Bertuzzi, Assessore al Turismo di Malcesine.
Il tempo e la campana hanno sepolto il giorno |
Alfonso Borghi, nato nel 1944 nella cittadina di Campegine di Reggio Emilia, si avvicina alla pit-tura a soli 18 anni, ha la possibilità di esporre le sue opere per la prima volta, grazie all’intercessione di un collezionista. Parte per un breve viaggio a Parigi. Da questo soggiorno consegue una ricerca appassionata, che virerà verso l’Espressionismo dopo il suo ritorno in Ita-lia, grazie anche al fortunato incontro con George Pielmann, allievo di Kokoschka. Le sue opere, viaggiano nelle principali città europee e statunitensi. Sono gli anni ’70: Barcellona, Berlino, Madrid, Vienna, Parigi, NewYork, Los Angeles. A partire dagli anni ’80 un susseguirsi di mostre e di eventi importanti costellano l’attività artistica del maestro. Lavora il vetro, la ceramica, ma si dedica anche alla scultura, avvicinandosi ad una pittura di più chiara matrice informale.
Oggi le sue opere trovano spazio in collezioni pubbliche e private e in musei italiani e europei. Tra le mostre più recenti nel 2014 al Museoteatro della Commenda di Prè a Genova, con la mostra Alchimie della realtà e a Palazzo Medici Riccardi a Firenze. Al Centro Espositivo Rocca Paolina, di Perugia presenta l’antologica Sonorità materiche. Nel 2015 e a Milano al Palazzo Giuriconsulti, poi in ottobre sempre a Milano alla Galleria San Carlo, con una personale La pittura sublime alimento dell’anima. Nel 2016 è alla Casa del Mantegna Mantova con la personale L'Olimpo della materia e al Museo Lamborghini a Sant'Agata Bolognese, celebra i 50 anni della Miura con la mostra Velocità e colore.
La mostra “i quattro quartetti” sarà accompagnata da un catalogo in italiano, inglese e tedesco con testi di Stefania Provinciali. Il catalogo sarà presentato sabato1 ottobre a Malcesine.
Il tempo presente e il tempo passato
sono forse presenti nel tempo futuro,
e il futuro è racchiuso nel passato.
(T.S. Eliot “Quattro Quartetti”)
Inaugurazione sabato 3 settembre ore 17,30 Castello Scaligero
Alfonso Borghi “ i quattro quartetti”
Malcesine, Castello Scaligero, Via Castello, 39
Dal 3 settembre 2016 al 30 ottobre 2016
Mostra organizzata da Comune di Malcesine
Orari: tutti i giorni dalle 9,30 alle 18
Per informazioni: This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it.; This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it.; www.alfonsoborghi.com