L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni. |
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15 novembre 2015, Parigi: Bataclan, il concerto della Rockband del momento; 22 marzo 2016, Bruxelles: sala partenze dell’aeroporto ...; 1 luglio 2016, Dacca: cena di chiusura della stagione lavorativa; 14 luglio 2016, Nizza: festeggiamenti in onore della giornata di festa nazionale sul lungomare affollato di vacanzieri; 26 luglio 2016, Rouen: una chiesa violata, un anziano parroco sgozzato....
Azioni terroristiche ....attacchi senza un reale filo conduttore...
Eppure sono “Brandelli di vita quotidiana portati via alla normalità per diventare momenti di paura e di morte...”
Ecco cosa sono gli attacchi terroristici, nulla più di questo...e la religione è solo un pretesto; l’ideologia o la provenienza geografica sono solo illusioni e l’unico risultato è l’ODIO.
Siamo caduti nella trappola della paura e i gruppi che si organizzano per ripulire paesi e città dai cittadini stranieri, musulmani e non musulmani... (in fondo non importa: l’importante è che chiunque è diverso da me, sia cacciato via!!) non sono altro che la negazione della Civiltà, della Democrazia e della Libertà di ogni uomo a sperare in un futuro dignitoso.
Abbiamo passato secoli ad erigere confini tra i popoli, a difendere territori e beni, ad alimentare l’intolleranza e il disprezzo e abbiamo dimenticato che non esistono razze superiori o religioni giuste...esiste, come sosteneva Einstein già nel 1933, soltanto la Razza Umana.
Quando arrivò negli Stati Uniti, anche al grande scienziato Albert Einstein gli impiegati dell'ufficio immigrazione chiesero di indicare su un modulo a quale razza appartenesse. E Einstein spiazzò tutti scrivendo: «umana». Allora sembrò una provocazione: era il 1933 e lo scienziato, fuggiva dalla sua Germania proprio perché erano iniziate le persecuzioni contro gli ebrei come lui.
Eppure aveva perfettamente ragione: gli uomini non hanno razze. O, meglio, la razza umana è una sola, con infinite variazioni al suo interno. Anche quando esprimiamo nobili e sacrosanti propositi, come nelle solenni dichiarazioni «Rifiuto ogni discriminazione per religione, genere, razza...», in realtà stiamo commettendo un errore.
Per fortuna, la scienza si è resa conto che dividere gli uomini in razze è semplicemente un errore. Quello che si può fare è individuare "popoli" o "etnie", cioè gruppi identificati da un insieme di caratteristiche che, nel loro complesso, li rendono unici. Ma non (o almeno non solo) caratteristiche fisiche, come il colore della pelle o dei capelli: decisivo, per identificare un popolo, è riconoscere una cultura comune. Come c'insegnavano gli antichi.
Ma purtroppo non basta cancellare la parola “razza” per cancellare l'atteggiamento di chi insulta le persone che ritiene "diverse" da sé.
E allora dobbiamo essere concreti e interrogarci sugli errori fatti fino ad ora, su come abbiamo gestito i flussi di uomini che, nel corso degli ultimi decenni hanno preferito affrontare i pericoli dei deserti, le insidie del mare, la cattiveria degli sfruttatori e degli aguzzini, per cercare, oltre i confini della propria Patria, una vita dignitosa, lontana dalle guerre, dalla fame e dall’assoluta assenza di libertà.
Quante delle nostre politiche migratorie sono basate sullo studio della Geopolitica, sulla conoscenza delle motivazioni profonde che portano interi popoli a cercare “vita” in terre lontane?
Credo che il massiccio fenomeno migratorio che stiamo vedendo sotto i nostri occhi, meriti una analisi più attenta, più accurata e soprattutto intesa a cercare soluzioni.
Quello che avviene nelle nostre città ha bisogno di una gestione esperta, che tenga conto dei pericoli che sono nascosti nei cittadini immigrati di seconda generazione, che frequentano le scuole dei nostri figli, che occupano posti di lavoro al fianco dei coetanei “nativi” e non certo per trovare ragioni di opposizione, ma piuttosto per cercare punti di incontro, reali scambi culturali e condivisioni.
In fondo esiste una precisa e puntuale normativa che spinge in questa direzione e sono sempre più convinta che la civile convivenza non possa non passare attraverso la reale conoscenza della legislazione, della cultura e delle abitudini del Paese che ci ospita. L’abbiamo visto nei nostri padri, che nel dopoguerra hanno lasciato campagne e abitazioni, per aspirare ad una vita migliore per se e per i propri figli...nulla di strano, dunque, nelle motivazioni di base che portano giovani disperati e numerose famiglie a tendere alla vita (migliore) in un Paese lontano dal proprio!
Ma non possiamo cavalcare la PAURA...questa distruggerà ogni buon proposito e alla fine distruggerà tutti noi!
Il primo segnale concreto, Domenica 31 luglio: una giornata memorabile!
23 mila musulmani sul territorio italiano hanno risposto all’appello del Prof. Foad Aodi, Presidente del Co-mai e del Movimento Uniti per Unire e Focal Point per l’Integrazione in Italia per l’Alleanza delle Civiltà (UNAOC) ed hanno portato il loro saluto a tutte le Chiese di Italia. Il messaggio del Presidente Aodi “Solo con l’unione possiamo far desistere gli assassini delle religioni dalla loro opera di massacro. Siamo stanchi di violenza che non ha Dio e siamo stanchi delle strumentalizzazioni del mondo arabo e musulmano ...”
... ancora il Presidente Aodi rinnova l’invito a tutte le comunità musulmane ad andare “oltre le divisioni di cultura di provenienza, di ideologia politica e di religione per sconfiggere il male comune”.
Questa è l’unica strada possibile!
Frammenti che orbitano qua e là, individuati, carpiti; li commento e condivido con voi.
Le Guide eno-gastronomiche sono tante, tantissime ma ce n’è una, piccola nelle dimensioni, particolare, essenziale, tascabile da “borsa e borsello”, la Guida delle Guide che da ben sette anni passa al setaccio, esamina, valuta e seleziona ben oltre 400 Ristoranti della Versilia per scegliere quelli più adatti durante la vacanza e non solo. Le 3 sorelle, le 3 regine incontrastate del panorama nazionale della critica gastronomica, vale a dire Gambero Rosso, Espresso, Michelin, giudicano così la Versilia:”Una galassia costellata da ben 6 stelle” (Michelin), “Forte dei Marmi ha il Ristorante dell’Anno” (Gambero Rosso), “5 new entry e tanta confermata solidità” (Espresso). Ed ecco la proposta di Versilia Gourmet, la piccola grande guida dei Ristoranti Versiliesi. Utilissima, alla fine, per scambiare impressioni, giudizi e critiche su quello che è “lo sport più bello e gratificante praticato da ogni italiano che si rispetti: l’andar per ristoranti” (progetto editoriale Penna Blu Edizioni. Costo € 13,00 www.pennabluedizioni.it )
Frammento n. 1
È nata Lucca Biodinamica
Chi si interessa di statistiche parla della Provincia di Lucca come del territorio primo in Italia a conduzione biodinamica. È proprio di questi giorni la notizia che tredici Aziende di questa Provincia abbiano formalmente costituito un nuovo soggetto giuridico con l’obiettivo di “promuovere, valorizzare e commercializzare prodotti agricoli trasformati, ottenuti con l’applicazione dei principi culturali propri dell’agricoltura biologica e biodinamica”. Il tutto in “rete” ad opera di un comitato di gestione “formativo e divulgativo nell’ottica di riuscire a coinvolgere un sempre maggior numero di agricoltori attivi nella produzione di olio, vino, ortaggi, miele e nella trasformazione di prodotti dell’orto e del sottobosco”. Saverio Petrilli (Tenuta di Valgiano), Giuseppe Ferrua (Fabbrica di San Martino) e Gabriele Da Prato (Podere Còncori), i tre principali promotori di questa costituzione si fermeranno a Lucca e provincia? Conoscendoli penso proprio di No!. Siamo solo all’inizio!!! (fonte: Lucca in Diretta)
Frammento n. 2
Spatium Pinot Blanc 2016.
La seconda edizione dell’unica manifestazione in Europa interamente dedicata al Pinot Bianco. Appiano in Alto Adige sarà nuovamente il centro del mondo del Pinot Bianco. Dal 4 al 6 Agosto si ritroveranno i migliori produttori d’Europa, giornalisti, esperti e wine lover’s che avranno la possibilità di approfondire scientificamente questa varietà, confrontarsi, assistere a presentazioni. “Dal 4 al 6 agosto vogliamo offrire nuovamente al Pinot Bianco un palcoscenico internazionale per conoscere a fondo e comprendere meglio la potenzialità, origine e peculiarità di questo vitigno”. Parola di Peter Brigl di Vineum Appiano. La giornata di sabato 6 agosto è aperta al pubblico e prevede degustazioni di vini provenienti da molte regioni italiane oltre che da Austria, Germania, Francia e Svizzera. Per info www.spatium-pinotblanc.it (fonte: Agenzia Daviso Bolzano).
Frammento n. 3
Il Club Excellence diventa Società Cooperativa
Ricordo cosa è e rappresenta il Club Ecellence. Club dei distributori ed importatori nazionali di vini e distillati d’eccellenza. Ha già quattro anni alle spalle con innumerevoli risultati. Adesso hanno sentito il bisogno di rafforzare la propria struttura diventando una Società Cooperativa. Il fine? Rafforzare l’area relativa all’organizzazione di eventi, promozione commerciale e culturale dei prodotti trattati; attuare un programma di corsi di formazione per l’ambito eno-gastronomico anche online; favorire e sviluppare iniziative sociali, culturali e ricreative con organismi ed enti idonei. I numeri a supporto di questa ulteriore iniziativa di consolidamento del progetto ci sono. 100.000.000 di Euro come volume di affari, 700 agenti sul territorio nazionale, 800 aziende rappresentate e distribuite di cui 2/3 estere. “Mai avremmo pensato, quattro anni fa con la crisi che non ha risparmiato il nostro settore, di raggiungere questi risultati. Ottimo esempio di quanto la collaborazione tra aziende dello stesso settore possa essere l’arma vincente” Parola di Massimo Sagna Presidente del Club e, dal 9 luglio, Presidente del Consiglio di Amministrazione di Club Excellance Società Cooperativa. (fonte: Fcomm Milano)
Frammento n. 4
Street Food, ogni giorno sempre di più.
Ormai lo Street Food impazza per tutto lo stivale. Effetto della crisi? Anche e non solo. Voglia di stare insieme, degustare prodotti “dimenticati”, per alcuni nuovi, scoperte, conoscenze. Cibi di strada, birre artigianali, con contorno di musiche e spettacoli; torna la voglia dell’aria aperta, dell’aggregazione. Sagre? Chiamatele come volete; a me sembra un “fenomeno nuovo, diverso, più specifico” da seguire nella sua crescente evoluzione. Food Truck piccoli, grandi, attrezzati e conformi alle normative d’igiene vigenti ormai li troviamo nelle piazze, nelle strade più importanti delle nostre città. Amati a dismisura dagli stranieri, soprattutto i giovani, perché consente di mangiare in maniera informale, più rapida e, diciamoci la verità, meno costosa. Meditiamo gente, meditiamo.
Frammento n. 5
Il nuovo “Vecio Fritolin”.
Il nuovo progetto della storica insegna veneziana prende forma. In sala e in regia la personalità e la professionalità di Irina Freguia. “La cucina riprenderà con vigore un pensiero strettamente veneziano. Le materie prime locali, della Laguna e del Mercato di Rialto. Tutti i piatti saranno riconoscibili nel gusto ma rivisitati nella presentazione e negli abbinamenti.” “Puntare sulla qualità – confessa Irina – è la grande sfida. Dobbiamo invertire la tendenza che, in questi ultimi tempi, ha portato la ristorazione veneziana alla folle corsa al ribasso. Uno dei ricordi di Venezia dovrà essere, accanto ai tanti magnifici Musei e alle bellezze lagunari, l’anima di un locale: il Vecio Fritolin, dal 1749 ed oggi riconvertito alla cucina veneziana contemporanea”. (fonte: Aromicreativi)
Frammento n. 6
Bonverre: il panettone artigianale d’estate
Fantastico, incredibile, sorprendente. Grazie alla linea Bonverre, creata dalla d&g patisserie e distribuita da Suite, i più famosi dolci lievitati italiani possono essere gustati anche sotto l’ombrellone. Il Panettone, da sempre, ha una limitazione culturale del tradizionale dolce delle feste natalizie. L’industria dolciaria ha tentato di commercializzarli in piccoli formati come merendine. Diciamoci la verità: gli sbalzi di temperatura (periodo estivo) e umidità influiscono sul prodotto facendo perdere le loro caratteristiche. Questa barriera temporale viene abbattuta dal Panettone in Vasocottura, che oggi consente di gustare il lievitato tutto l’anno anche nei giorni torridi estivi. Con la vasocottura, tecnica applicata dal maestro dolciario Ampi Denis Dianin, è possibile gustare un panettone di alta pasticceria nella sua forma migliore anche in spiaggia, montagna e aprendo la confezione sottovuoto troverete i profumi dell’impasto tipici del prodotto appena sfornato. Info www.suitefoodservice.com (fonte Aromicreativi)
Osservo, scruto, assaggio e…penso. (urano cupisti)
La speranza, la forza delle donne, la capacità di nascere e rinascere ancora, sono i temi portanti de La vita possibile, il nuovo film di Ivano De Matteo con due straordinarie protagoniste, Margherita Buy e Valeria Golino, per una produzione italo-francese, Rodeo Drive e Barbary Film con Rai Cinema.
Dopo Gli equilibristi e I nostri ragazzi, Ivano De Matteo, attore, regista, documentarista, impegnato tra teatro, cinema e televisione, alla costante ricerca di un linguaggio personale, torna dietro la macchina da presa per raccontare una storia di amore, amicizia, cambiamento, una storia emozionante e coinvolgente sull’Italia di oggi.
Anna (Margherita Buy) e il figlio Valerio (Andrea Pittorino), in fuga da un marito violento, trovano rifugio a Torino in casa di Carla (Valeria Golino), attrice di teatro e amica storica di Anna. I due cercano di adattarsi alla nuova vita e, tra difficoltà e incomprensioni, riusciranno, con l’aiuto di Carla e quello inaspettato di Mathieu (Bruno Todeschini), un ristoratore francese che vive nel quartiere, a trovare la forza per ricominciare. Valerio è un ragazzo fragile, chiuso e pieno di risentimento, per via della figura paterna. Anna sarebbe potuta essere un altro nome che va a riempire le colonne dei giornali, in mezzo alle innumerevoli notizie che raccontano di donne spezzate, vittime dell’inganno di sentimenti malati. Ma un’altra vita esiste, ci sono altre possibilità, c’è una via d’uscita. Ribellarsi non è solo necessario, è doveroso. La possibilità è rappresentata, in questo caso, dall’aiuto di una folle e dolce amica, da un lavoro, da un futuro, e forse da un nuovo amore. Ma soprattutto dalla consapevolezza, dal coraggio e dalla forza necessaria ad affrontare un nuovo inizio.
La vita possibile uscirà nelle sale il 22 settembre 2016.
LA CULLA DELLA CULTURA PACIFISTA NEL MEDITERRANEO TRAE LE SUE ORGINI DAI SISSIZI DI RE ITALO DA CUI PARTE LA SCELTA DI UNA DIETA PARCA E VEGETARIANA EREDITATA POI DA PITAGORA DAL QUALE TRAGGONO ISPIRAZIONE GLI ESSENI CHE A LORO VOLTA PROBABILMENTE ISPIRARONO IL PENSIERO DI GESU’
I Sissizi erano i pasti in comune, in genere di comunità di 15 membri, che si riunivano giornalmente per consumare il pasto. Le spese erano ripartite in parti uguali tra i partecipanti, che corrispondevano mensilmente la propria quota in natura e, in parte, in danaro. Chi non era in grado di contribuire veniva retrocesso nella categoria degli (inferiori), perdendo anche i diritti politici. La quota che bisogna fornire era circa: 3 kg di formaggio, 1,5 kg di fichi, 35 litri di vino.
A dire di <https://it.wikipedia.org/wiki/Aristotele> Aristotele l’ideatore dei Sissizi fu Re Italo, nel territorio dell'attuale Calabria, e che poi tali Sissizi si diffusero in tutta l'area del Mediterraneo, compresa Sparta, Creta ed Egitto, dove con la partecipazione si acquisiva il pieno diritto di cittadinanza. Ai Sissizi era obbligatorio partecipassero anche i re.
Il cibo e le bevande erano uguali per tutti i partecipanti, ma ai cittadini più ragguardevoli (ai re, agli <https://it.wikipedia.org/wiki/Efori> efori, ai membri della <https://it.wikipedia.org/wiki/Gerusia> gerusia <https://it.wikipedia.org/wiki/Gerusia> , ma anche a chiunque avesse reso particolari servigi alla comunità) erano riservati posti d'onore, precedenze e porzioni particolari. Il menu era sobrio ed era basato su: pane d'orzo, brodo nero, formaggio, fichi e a raramente cacciagione.
<https://it.wikipedia.org/wiki/Cacciagione> I sissizi caddero in disuso alla fine del 4° secolo a.C., ma furono ripristinati, intorno al 240 a.C., dal re Agide IV <https://it.wikipedia.org/wiki/Agide_IV> , che trasformò le ristrette comunità conviviali della tradizione in gruppi che contenevano tra 200 e 400 membri.
<https://it.wikipedia.org/wiki/Agide_IV> In sostanza, si può far risalire al re Italo (vissuto, secondo il mito, 3500 anni fa e fondatore dell’Italia nella terra compresa tra i golfi di Squillace e Lamezia) la nascita della democrazia nel Mediterraneo, cioè il primo Stato e la prima Nazione denominata “Italia” , con l’istituzione dei “Sissizi”: pasti comuni vere e proprie assemblee sociali e politiche.
<https://it.wikipedia.org/wiki/Agide_IV> Dice Salvatore Mongiardo, scrittore calabrese: “Il re Italo aveva convertito il popolo degli Enotri da allevatori di animali in agricoltori e aveva dato a quel popolo il nome di Itali (Politica VII, 10). Aristotele con quella frase certifica la nascita, assieme all’Italia, della dieta mediterranea, perché quella terra produceva frutta, verdure, cerali, castagne e ulive dalla primavera fino all’inverno inoltrato. Pitagora, in ringraziamento per la scoperta del suo famoso teorema, offrì agli dei un Bue di Pane. Nelle fiere della costa ionica si vendono ancora oggi i mostaccioli di Soriano Calabro, fatti a forma di
animali con farina e miele: bue, capra, cavallo, pesce. I mostacciolari di Soriano sono gli inconsci continuatori di una tradizione che risale a Pitagora, il quale usava quelle forme sostitutive per non uccidere l’animale, che considerava un fratello minore al quale l’uomo doveva aiuto e protezione. Il Sissizio fu la culla dell’eucaristia, come ho dimostrato nel mio ultimo libro “Cristo ritorna da Crotone”. Il convivio comunitario diventò Sissizio Pitagorico a Crotone; trasmesso poi agli Esseni, fu l’Ultima Cena di Gesù, come ormai alcuni teologi ammettono e scrivono”.
<https://it.wikipedia.org/wiki/Agide_IV> Pitagora, che prima a Crotone e poi a Taranto fondò le sue scuole (che anche Platone venne a visitare), assorbì gli usi ed i costumi di questo popolo pacifico e fondamentalmente vegetariano facendo di tale stili di vita il cardine della sua filosofia che influenzò molti filosofi e la stessa cultura mediterranea.
<https://it.wikipedia.org/wiki/Agide_IV> Gli Enotri erano un'antica popolazione stanziata attorno al 15° secolo a.C., in un territorio di grandi dimensioni, che da questi prese il nome di Enotria (da Enotro figlio di Licaone), comprendente le attuali Campania meridionale, parte della Basilicata e la Calabria.
<https://it.wikipedia.org/wiki/Agide_IV> Gli Enotri, capeggiati dal re Italo, giunsero nell’area catanzarese intorno al 15° sec. a.C. a causa della sconfitta subita da parte dei Lucani, in Puglia, Basilicata e Calabria settentrionale che spinsero questo popolo a scendere fino ad occupare parte della Calabria centro-meridionale fino all'attuale zona della piana di Gioia Tauro.
<https://it.wikipedia.org/wiki/Calabria> L'integrazione con le popolazioni locali fu pacifica e consentì un ulteriore aumento della popolazione soprattutto sulla costa.
<https://it.wikipedia.org/wiki/Calabria> L'organizzazione politica degli Enotri fu prevalentemente di tipo federativo. Più villaggi, correlati tra loro da vitali interessi, costituirono e fondarono le “città”, nelle quali risiedevano le più alte istituzioni politiche e religiose.
<https://it.wikipedia.org/wiki/Calabria> Gli Enotri seppero sfruttare le possibilità offerte da un ambiente naturale quanto mai fertile e fecondo e presto furono maestri nell'agricoltura e nell'artigianato, grazie anche alla ricchezza delle cave di argilla, degli scambi commerciali, delle prime leggi improntate ad una cultura sempre più tipicamente urbana.
<https://it.wikipedia.org/wiki/Calabria> Dionigi di Alicarnasso dice che gli Enotri erano i più antichi colonizzatori provenienti dalla Grecia, dai quali si sarebbero poi distinte le popolazione degli Itali, Morgeti e Siculi.
<https://it.wikipedia.org/wiki/Calabria> Ecateo da Mileto li descrive come un popolo di montanari, dedito alla pastorizia, che rese abitata ogni contrada della fertile terra di Ausonia. In antichità un popolo di pastori godeva di grande stima e rispetto, perché portatore di straordinaria potenza e saggezza.
<https://it.wikipedia.org/wiki/Grecia> Polibio parla degli Enotri come di un popolo in possesso di “ogni virtù, per onestà di costumi, benignità della natura, ospitalità verso tutti, e diverso dagli altri greci per colpe e crudeltà; notevole per religioso rispetto verso gli dei”.
<https://it.wikipedia.org/wiki/Grecia> Virgilio declama l'Enotria “terra antica, potente in armi e feconda, che gli Enotri coltivarono, e i posteri la chiamarono Italia, dal nome del loro signore”.
<https://it.wikipedia.org/wiki/Polibio> Omero descrive gli Enotri come un popolo in uno stadio di civiltà avanzato, che il re Italo aveva convertito all'agricoltura favorendo i traffici tra Asia, Africa ed Europa, immergendoli in un fermento di idee e ricchezze.
<https://it.wikipedia.org/wiki/Publio_Virgilio_Marone> E il popolo dei Feaci descrisse gli Enotri come un popolo quanto mai felice, perché vicino al regno degli dei, le cime dei monti dove risiedevano le divinità celesti.
<https://it.wikipedia.org/wiki/Publio_Virgilio_Marone> Secondo Antioco di Siracusa, il successore di Italo, fu Re Morgete che governò l'odierna Calabria sino a quando questa non fu invasa dai Bruzi, un popolo dalle ignote origini che si stabili nella parte centro-settentrionale della regione, ed elesse come capitale Cosenza. <https://it.wikipedia.org/wiki/Publio_Virgilio_Marone>
Succede non di rado che qualcuno in televisione, intervistato sulle motivazioni della sua scelta vegetariana, ci tiene a precisare di non essere vegano per non adottare una scelta estrema considerata da “talebani”.
E così succede che alcuni considerino estremisti tutti coloro che sono coerenti con una loro positiva visione delle cose, perorando per contro la politica della moderazione, delle mezze misure, come la più sensata e
razionale. Se avesse adottato lo stesso criterio ogni grande mistico, scienziato o letterato saremmo ancora all’età della pietra.
Ebbene si, noi vegan siamo talebani, siamo talebani dell’amore e della vita; siamo gli estremisti del bene, del rispetto non solo di alcuni appartenenti alla famiglia dei viventi, ma di tutti, nessuno escluso; noi difendiamo il diritto all’esistenza di ogni essere in grado di soffrire, il diritto a non essere imprigionato, sfruttato, violentato, ucciso; il nostro amore per la vita si estende dall’uomo all’animale e difendiamo da ogni ingiustizia l’essere umano e l’animale allo stesso modo di chi difenderebbe suo figlio dalle grinfie di un assassino.
Noi non siamo per le mezze misure; aderiamo totalmente ad ogni cosa ritenuta giusta. Noi non vogliamo ridurre la violenza, la tortura, le ingiustizie, il numero dei morti (sia umani che non) ma abolirle definitivamente. Non volgiamo solo non uccidere ma non causare sofferenza alle vittime del nostro egoismo; non vogliamo ridurre la violenza ma abolirla; non vogliamo gabbie più grandi ma vuote; non chiediamo mattatoi più salubri ma rasi al suolo: per questo noi siamo estremisti, talebani. Ma siamo estremisti anche nella tolleranza verso chi non ha ancora la capacità di aprirsi agli ideali dell’amore universale; verso chi ha bisogno di ampliare la propria coscienza e liberarsi dal propria ristretta visione delle cose; verso chi cerca di trovare giustificazioni per non rinunciare al piacere della gola e magari accusa inconsapevolmente sensi di colpa quando qualcuno gli fa notare gli effetti prodotti dalla sua scelta di vita.
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In arrivo in Italia le farmacie vegetariane
Bologna. Si prevede che siano una trentina, ma entro l’anno la cifra potrebbe raddoppiare. Sono le farmacie vegetariane e vegane che stanno per fare il loro debutto in Italia. l’iniziativa si chiama Pharmavegana e
prevede tra gli aderenti la presenza di un farmacista in grado di consigliare i clienti non solo sulle medicine vegane ma anche su come integrare l’alimentazione di chi ha scelto di non nutrirsi di carne, di
latte, uova e derivati.
Molto bene, solo è ancora difficile da far capire che l’alimentazione vegana/integrale non necessita di alcun integratore di sorta.
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Vi invito a trovare il coraggio di guardare questa brutalità umana e di reagire.
IN ONORE DI ANGELO
Questo video è costato tante lacrime e tanta sofferenza . Ma è un tributo alla memoria di Angelo . In Suo onore . E in ricordo di tutte le vittime dei soprusi umani . Lacrime di rabbia e di disperazione che non si possono trattenere di fronte a una violenza di questa portata.
Hanno spezzato la Vita di un radioso Diamante. Hanno soffocato il Suo "respiro di Amore" .
Grazie a tutti coloro che non DIMENTICHERANNO .
Grazie a tutti coloro che vivranno i giorni a venire con la "frenesia" di vedere finalmente , e per una volta , CONDANNATI in modo ESEMPLARE i responsabili di questo gesto atroce .
Chiediamo tutti perdono ad Angelo, ed è questo l'UNICO perdono di cui vogliamo sentir parlare .
Riccardo Manca
#UnitiperAngelo
#PenaEsemplare
Questo video ha fatto da "colonna sonora" all'evento di Roma che si è svolto in contemporanea con quello di SANGINETO ( CS ) il 21/7/2016 ( Piazza del Popolo ) : UNITI PER ANGELO - Anche Roma URLA
“Discutiamo tra noi emiliani se assegnare la paternità a Modena o Reggio Emilia ma divulghiamo ovunque l’originalità di questa primizia gastronomica unica al Mondo”. L’intelligenza che supera la fazione.
Non me ne vogliano i modenesi ma pare proprio, storicamente parlando, che l’inizio di tutto o meglio la consacrazione dell’esistenza di un aceto “ farsi colà perfettissimo”, sia appannaggio dei reggiani.
Parola di Enrico III, meglio conosciuto come “il Nero”.
Correva l’anno 1046. Storie di vassalli, futuri imperatori in viaggio verso Roma, il perdono di Federico a Canossa e sempre “lui” presente: l’aceto fatto con il metodo tradizionale come dono e atto di pace. Aneddoti su aneddoti che vedono coinvolti Alfonso I d’Este e sua moglie Lucrezia Borgia che di prelibatezze culinarie se ne intendeva. Ma è stato Lodovico Ariosto, reggiano di nascita, a ricordare al cugino Annibale Malaguzzi:”in casa mia mi fa meglio una rapa ch’io coco, e cotta s’uno stecco inforco e mondo e spargo poi d’aceto e sapa”
La “sapa” non è un aceto ma bensì uno sciroppo d'uva che si ottiene dal mosto appena pronto, sia da uva a bacca bianca che nera. Insomma un "mosto cotto", "vino cotto" o "miele d'uva". Quest’ultimo termine è dovuto all’alto tenore zuccherino. Facile da ottenere: Il mosto viene versato in un paiolo di rame insieme a gusci di noce che servono come impedimento alla possibilità di attaccarsi al fondo. La sapa è pronta dopo il lento cuocere fino a quando il volume del mosto non si sarà ridotto ad un terzo. È presente anche in altre Regioni Italiane come la Sardegna e le Marche.
L’Aceto Balsamico Tradizionale invece si ottiene tramite la fermentazione alcolica e la bioossidazione acetica di mosto d’uva cotto. Quindi “aceto non aceto”. Il segreto? È la sapienza nel successivo ottimale invecchiamento e affinamento che avviene, per lunghi anni, dentro batterie di botti di legni differenti per un tempo mai inferiore ai 12 anni. Non legni a caso ma Castagno per cedere tannini e colorare d’intensità il prodotto, Ciliegio per addolcirlo, Gelso per concentrarlo, Ginepro per quel tocco inconfondibile di aromaticità ed infine Rovere, le classiche botticelle adatte all’affinamento dell’aceto ormai maturo.
Prendiamo un classico di 6 botti di contenuto variabile. Si parte dalla sesta (mai dire prima; è un retaggio antico quanto l’aceto balsamico) di capacità circa 70 lt (castagno), si travasa il contenuto nella quinta di 50 lt (ciliegio) e poi a seguire nella quarta di 40 lt (gelso), nella terza di 30 lt. (ginepro), nella seconda 20 lt. (rovere) ed infine nella prima 15 lt (sempre di rovere). Una specie di “soleras”. Non ditelo, questa affermazione è ritenuta sacrilega.
Bollino aragasta, bollino d’argento e bollino d’oro: le tre classificazioni dopo il giudizio dei maestri assaggiatori. Criteri rigidissimi contenuti in un Disciplinare da dove scaturisce la sceda a punteggio a seconda delle caratteristiche visive, olfattive e gustative.
Val la pena ricordare che in commercio esistono tre tipi di Aceto:
La cultura del mangiar bene. Tartufo, fegato d’oca, culatello, parmigiano reggiano, gamberi tanto per citare alcuni accostamenti da gourmand ovvero golosi.
Provate a fare una tradizionale maionese e al posto del limone alcune gocce di Tradizionale: sull’Aragosta è una libidine.
Il Riso con la zucca, gorgonzola e “gocce miracolose” di Tradizionale? Provare per credere.
Per concludere gelato fiordilatte con gocce incantevoli di tradizionale.
Per chi ama i frutti di bosco? Un cucchiaino di zucchero, uno di Tradizionale e fragoline. Chapeau!
Da qualche parte ho letto: “Così come in un’opera d’arte la bellezza è data dall’armonia di forme e colori, ecco che nei piatti si cerca di creare armonia bilanciando le caratteristiche dei singoli ingredienti” . Prodotti sinceri come l’Aceto Balsamico Tradizionale ne è uno.
Sono un goloso (gourmand) e l’Aceto Balsamico Tradizionale mi ha sedotto. In particolare quello di Reggio Emilia, frutto dell’ingegno e della passione dell’uomo.
Negli ultimi tempi la reazione dei carnofili, alla inarrestabile tendenza vegan, è quella di dare la colpa dell’aumento, ormai vertiginoso, delle malattie moderne, non al consumo di carne, di per se stessa considerata
utile e necessaria, ma al fatto che la carne degli animali oggi allevati è contaminata dai cattivi mangimi, dall’inquinamento generale e dagli allevamenti intensivi.
Posizioni come al solito strumentali, tra l’altro non suffragate dalla scienza alimentare, dal momento che se gli animali fossero allevati nel paradiso terrestre le loro carni sarebbero ugualmente dannose per la salute umana perché comunque ricche di grassi saturi, colesterolo e acidi urici, oltre alle pericolose tossine che si sviluppano da ogni organismo in via di decomposizione, come putrescina, cadaverina, istamina, fenoli ecc. presenti in ogni tipo di carne, ivi comprese le cosiddette “carni bianche” e il pesce.
Gli alimenti vegetali (non biologici) possono essere contaminati a causa dei fertilizzanti chimici cui vengono trattati i terreni sempre più sfruttati e poveri di nutrienti, anche a causa dei pesticidi, fungicidi, anticrittogamici ecc. ma non hanno le tossine della carne dovute ai farmaci somministrati agli animali, non hanno le probabili malattie dell’animale, non hanno le dannose ptomaine e inoltre il loro alto contenuto di fibra ed acqua diluisce e consente una rapida espulsione delle eventuali sostanze tossiche. A questo è da aggiungere le sostanze protettive di cui sono ricchi i vegetali, sempre indicati come protettori della salute: antiossidanti, bioflavonoidi, auxine ecc. al contrario delle carni sempre imputate in ogni patologia.
Cinema e ambiente. Un binomio che sta sempre più prendendo piede, anche grazie al coinvolgimento di star internazionali impegnate in prima linea nella tutela dell’ecosistema. Primo fra tutti, il neo premio Oscar Leonardo Di Caprio, da sempre attivo a sostegno dell’ambiente, che ha donato oltre 15 milioni di dollari per la ricerca di soluzioni innovative nei programmi di conservazione del paesaggio terrestre, per la protezione degli animali e per combattere i cambiamenti climatici.
La cultura come strumento di sensibilizzazione sul problema ambientale. Un’importante iniziativa in questo senso è rappresentata da Edison Green Movie: il primo protocollo europeo per il cinema ecosostenibile, rivolto alle case di produzione cinematografiche. Si tratta della prima linea guida per la sostenibilità ambientale del cinema in Europa, nata nel 2011 e finalizzata alla riduzione dell’impatto ambientale ed economico di una produzione cinematografica. All’interno del protocollo vengono indicate le soluzioni migliori per ottimizzare i consumi energetici, i materiali, i mezzi di trasporto, il consumo dei pasti, i rifiuti, le scenografie, i mobili, gli oggetti, l’illuminazione, attraverso l’utilizzo di fonti rinnovabili e pratiche eco-compatibili in tutte le fasi della produzione.
Il set è la riproduzione in miniatura di una città, in cui si compiono le normali azioni quotidiane. Come ha chiarito Fabrizia De Vita, responsabile Progetti speciali di Edison: "Ogni anno in Italia l'industria cinematografica produce circa 5.600 tonnellate di CO2 per i consumi di energia e i trasporti dei set, cui si aggiungono l'uso dei materiali e la gestione dei rifiuti. Grazie al protocollo Edison Green Movie è possibile ridurre di almeno il 20% le emissioni inquinanti dovute alla realizzazione di un film. Se tutte le produzioni in Italia seguissero le indicazioni di Edison Green Movie (in Italia si producono circa 140 film l'anno per un totale stimabile di 5.880 giorni di riprese) si realizzerebbe una riduzione delle emissioni pari ad almeno 1.120 tonnellate di CO2, equivalenti a quelle relative all'illuminazione pubblica annuale di una città di oltre 10.000 abitanti o a 1.120 voli andata e ritorno Roma-Dakar".
Diverse pellicole sono già state realizzate seguendo il protocollo: “Il capitale umano” di Paolo Virzì, primo film realizzato secondo Edison Green Movie; "Il ricco, il povero e il maggiordomo" di Aldo, Giovanni e Giacomo; "Torneranno i prati" di Ermanno Olmi, con un abbattimento del 75% delle emissioni di anidride carbonica e del 77% del costo dell’energia per le riprese.
Edison Green Movie è stato presentato al Giffoni Film Festival, nell’ambito dei due giorni dedicati agli ultimi progetti realizzati dall’azienda.
Negli anni l’iniziativa si è sviluppata in diverse direzioni: partner del Film4Climate, un’iniziativa globale per realizzare un piano concreto teso a mitigare l’impatto ambientale delle produzioni cinematografiche, promuovere e incoraggiare azioni rispetto al tema del cambiamento climatico attraverso il cinema; avvio di un tavolo di lavoro con Italian Film Commissions e l’associazione dei produttori cinematrografici ANICA per la condivisione e la diffusione delle buone pratiche finalizzate alla realizzazione di produzioni green in Italia; spinta all’avvio di un gruppo di lavoro per lo studio di un protocollo che replichi quello fatto sul cinema, rivolto al mondo della musica, per la riduzione dell’impatto ambientale in ambito musicale, Edison Green Music, concretizzato in Edison - Change the music: il primo progetto musicale a emissioni zero.
Nella storia della Repubblica turca, il ruolo dell'esercito è da sempre quello di garante dei princìpi di laicità e ordine pubblico cui si ispirava Mustafa Kemal Atatürk; gli ultimi due colpi di stato militari riusciti, nel 1980 e nel 1997, molto diversi tra loro, sono stati realizzati in momenti di grave instabilità politica: i conflitti armati tra formazioni di destra e di sinistra nel primo caso, una “rischiosa” islamizzazione della società nel secondo
La schiacciante vittoria dell'AKP alle elezioni parlamentari del 2002 ha innescato in Turchia sviluppi politici simili a quelli degli anni '80 e '90, connessi con due colpi di stato militari che, sia pure con modalità diverse, avevano come obiettivi primari la liquidazione delle forze della sinistra e l'imposizione di ordine e stabilità. Quello del 1980, guidato dal generale Evren, aveva favorito l'ascesa di Turgut Özal, un “tecnocrate” incaricato di pianificare imponenti riforme di stampo liberista. Evren, a differenza degli ufficiali che avevano realizzato i colpi di stato del 1960 e del 1971, rigorosamente laici, utilizzava le confraternite religiose, profondamente radicate a livello sociale, senza che queste arrivassero a diventare soggetti politici. Ma dopo la vittoria elettorale del 1983, il partito della Madrepatria (ANAP) fondato da Özal mise in atto la sua vera linea politica: una sintesi di eredità islamica e ottomana, entrambe respinte dalle forze politiche che avevano fondato la moderna repubblica turca, militari e kemalisti (questi ultimi rappresentati dal Partito repubblicano del popolo – CHP).Özal infatti si serviva delle confraternite religiose, allora messe al bando, per assicurarsi un capillare controllo della società, ma a differenza di Evren, permise ad esse di emergere sulla scena politica. A ciò aggiungeva una politica estera pragmatica, filo-statunitense e filo-europea, esemplificata dall'adesione alla prima guerra del Golfo. Unica “concessione” ai nazionalisti laici fu l'istituzione in ogni villaggio di corpi paramilitari per combattere il Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK).
In tale contesto, si inserì appunto Necmettin Erbakan, che nel 1983 fondò il Partito della prosperità (RP), primo partito islamico turco, con una struttura simile alle confraternite religiose. A differenza di Özal, Erbakan introdusse nella sua retorica politica le aspirazioni dei nostalgici della grandezza ottomana, anti-occidentali e scontenti del liberismo degli anni precedenti: “sviluppo spirituale”, giustizia sociale, lotta alla corruzione, contrasto a “capitalismo, imperialismo e sionismo”. Nella sua ottica, la religione sarebbe stata un efficace collante sociale, utile anche nella soluzione della “questione curda” (molti curdi sunniti vengono cooptati in questo modo). Un ruolo essenziale era giocato inoltre dai legami internazionali dell'RP con le comunità turche all'estero e con i musulmani balcanici e caucasici. Dopo un decennio di marginalizzazione, l'RP ottenne grandi successi all'inizio degli anni '90, talvolta servendosi di alleanze tattiche con l'MHP. Divenuto primo ministro, Erbakan fu però costretto alle dimissioni da un nuovo golpe dei militari, che nel 1997 intimarono al governo di imporre controlli e restrizioni alle formazioni religiose, nel rispetto della laicità sancita dalla costituzione. Erbakan si dimise, il suo partito venne sciolto e dalle sue ceneri, nel 2001, nacque appunto l'AKP.
Memori dell'esperienza di Erbakan, i quadri dell'AKP, in particolare Abdullah Gül e l'allora sindaco di Ankara Erdoğan, hanno tentato una strategia più pragmatica, assegnando il ruolo che in passato era delle confraternite religiose al movimento del predicatore islamico Fethullah Gülen, in esilio volontario negli USA dal 1999, che coniuga da sempre un islam moderato (è stato il primo leader islamico a condannare gli attentati dell'11 settembre 2001) e orientato al sociale, con una politica estera filo-occidentale e filo-europea. Il suo movimento, Hizmet, ha milioni di seguaci in Turchia, soprattutto nella polizia (meno nell'esercito, elemento che ha destato perplessità su un suo possibile coinvolgimento nel tentativo di colpo di stato di quest'anno), nella magistratura, nei media e nell'istruzione, apparati chiave per il controllo di una società. Quindi, se da un lato Erdoğan sperava di volgere a suo favore l'influenza da lui esercitata a distanza, dall'altro ha sempre covato una profonda diffidenza. Dopo una prima rottura nel 2010 (in occasione della spedizione della Freedom Flotilla), la loro fragile alleanza si è infranta nel 2013, quando Gülen condannò la brutale repressione delle proteste di Gezi Park. Emblematico di questo sviluppo è l'imponente inchiesta della magistratura sulla presunta organizzazione eversiva Ergenekon: nel 2013 erano state condannate più di 250 persone, tra cui diversi alti ufficiali dell'esercito (le forze armate, per Erdoğan come in passato per altri leader islamici, sono un settore da controllare, anche servendosi di un alleato “infido” come Gülen), ma la sentenza è stata annullata lo scorso aprile dalla Corte Suprema turca, che ha definito il processo una montatura di settori della magistratura vicini a Gülen. Sempre nel 2013, decine di personaggi legati al governo dell'allora primo ministro Erdoğan sono finiti sotto processo per corruzione, altro episodio che Ankara ha definito un tentativo di golpe da parte dei gülenisti.
Tanto la dinamica del tentativo fallito di golpe da parte di alcune frange dell'esercito turco, quanto il botta e risposta tra il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan e il suo ex alleato, ora avversario politico, Fethullah Gülen sono solo alcuni dei sintomi delle lacerazioni che dilaniano la società turca e del difficile equilibrio tra il passato ottomano e l'eredità del padre della patria Mustafa Kemal Atatürk
In alcune delle immagini che mostrano la reazione popolare al colpo di stato del 16 luglio (http://www.repubblica.it/esteri/2016/07/16/foto/golpe_fallito_in_turchia_la_festa_dei_sostenitori_di_erdogan-144215450/1/?ref=nrct-4#1), si vedono manifestanti esibire il gesto tipico dei “lupi grigi”, formazione laica di estrema destra nota in Italia per la vicenda di Ali Ağca e che ha come referente politico il Partito del movimento nazionalista (MHP). Lo stesso la cui fondazione, nel 1969, ha polarizzato i contrasti politici, sfociati negli anni '70 in conflitti armati e culminati con il colpo di stato del generale Kenan Evren. Un tentativo di riportare “ordine e stabilità” soffocando le forze di sinistra con l'appoggio delle confraternite religiose allora al bando. Lo scioglimento da parte di Evren di tutti i partiti ha finito per favorire, di fatto, la nascita di una forma tipicamente turca di islam politico, alternativa ai Fratelli musulmani nel mondo arabo e alla rivoluzione islamica iraniana e rappresentato oggi dal partito Giustizia e sviluppo (AKP) di Erdoğan. Tuttavia, all'interno dell'MHP, con cui Erdoğan ha rapporti politici opportunistici, è in atto una scissione: la guida storica di Devlet Bahçeli viene messa in discussione dall'ascesa di Meral Akşener, la cui corrente imputa a lui la sconfitta elettorale del giugno 2015 e la perdita di consensi in favore dell'AKP.
La Akşener, che si è distinta negli ultimi decenni per affermazioni imbarazzanti sulla “razza armena” e sulla necessità di liquidare la questione curda manu militari, punta a rendere l'MHP un interlocutore forte, indispensabile per l'AKP, e forse una possibile alternativa ad esso. La scorsa settimana, durante le celebrazioni della festa di fine Ramadan, il contrasto tra le due correnti è sfociato in tafferugli. Divisioni che alimentano un'instabilità mal celata dalle dimostrazioni di forza del governo, che continua a ignorare la frammentazione politica in atto negli ultimi anni. A partire dai risultati delle elezioni parlamentari del giugno 2015, che hanno segnato l'ascesa del Partito democratico dei popoli (HDP), filo-curdo e più volte accusato dal governo di essere il volto politico del Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK). Questo partito da un lato dà voce al malcontento popolare nei confronti della linea repressiva e accentratrice di Erdoğan, dall'altro raccoglie i consensi di quanti vorrebbero una politica più attenta al vero sviluppo economico, alla giustizia sociale, alla parità di genere e ai diritti fondamentali dell'individuo. Molti dei suoi elettori sono gli stessi che nel 2013 hanno organizzato le proteste di Gezi Park, brutalmente represse dal governo, e che lo scorso anno sono scesi in piazza in minigonna per manifestare contro lo stupro e l'assassinio di Özgecan Aslan. Di fronte a simili istanze, l'annullamento delle elezioni (le parlamentari di giugno 2015 sono state nuovamente indette a novembre, dopo il fallimento delle trattative per la formazione di un governo di coalizione) e le continue accuse di “terrorismo”non possono essere una soluzione valida, come non lo sono le alleanze posticce con l'ultradestra nazionalista.
D'altro canto, l'isolamento politico di Erdoğan ha coinciso con una rischiosa deriva islamico-radicale e autoritaria: lo scorso anno il presidente turco (che, occorre notare, agisce come se già fosse stato instaurato il sistema presidenziale) ha interrotto il processo di pace con il PKK e ha imposto nuove elezioni parlamentari dopo la sconfitta di giugno. Non pago della vittoria elettorale del novembre 2015, ha messo a tacere non solo media e giornalisti non allineati, ma anche la dialettica interna alimentata dall'ex primo ministro Ahmet Davutoğlu, uscito di scena lo scorso maggio. A differenza di quest'ultimo, il presidente sostiene infatti una linea accentratrice e basata su un consenso plebiscitario, come dimostra il giro di vite sulle libertà di stampa e di espressione e gli anacronistici tentativi di riforma della “morale pubblica”. In questa chiave, le opposizioni hanno letto la sua proposta di concedere la cittadinanza turca ai profughi siriani, contro la quale si sono schierate in modo compatto. Simili sviluppi, uniti all'instabilità economica e allo stato di emergenza permanente nel Sud-est del paese (bombardato quotidianamente dall'artiglieria di Ankara), in un momento in cui la Turchia è chiamata ad avere un ruolo chiave nelle vicende mediorientali, somigliano fin troppo ai contesti dei precedenti colpi di stato.
Storia di una degustazione comparativa al Vinitaly 2016, padiglione Enolitech
In contemporanea con il Vinitaly, il Salone internazionale del vino e dei distillati, si svolge anche Enolitech, il Salone internazionale della tecniche per la viticoltura, l’enologia e delle tecnologie olivicole ed olearie “dove è in mostra il know-how che permette all’Italia di essere leader nella produzione e nell’export di vino, olio e di tutti gli strumenti e gli accessori per la conservazione e il servizio”. (fonte:press office Vinitaly).
Un Salone nel Salone, visitato dagli addetti ai lavori, vignaioli in cerca di novità, curiosi delle nuove tecnologie. Meno pubblico di massa, più pubblico qualificato. E puoi gradire, apprezzare e gustare in tutti i sensi i risultati di ricerche, studi e, perché no, riscoperte di usi, strumenti persi nella Storia.
Cammino tra i corridori del Padiglione Enolitech perché atteso ad una degustazione importante, unica: capire l’evoluzione di alcuni vini prodotti in contenitori antichi rivisitati con tecnologie all’avanguardia.
Del cocciopesto, del suo riutilizzo in enologia ne ho parlato in altro articolo pubblicato nel marzo 2015 dal titolo Il Cocciopesto. Ritorno al passato ma…con tecnologie nuove: l’evoluzione della Specie. La differenza fatta da i vasi vinari di questo materiale; la derivazione dall’impasto crudo composto da frammenti di laterizi macinati (coccio), sabbia, legante cementizio e acqua.
“Si attende l’asciugatura e alla fine di tutto il processo produttivo si ottiene un materiale che mostra una notevole microporosità che esalterà sia la vinificazione che il successivo affinamento. Una semplice evoluzione della Specie”. Parola del Dott. Enzo Brini, enologo e uno dei convinti progettisti di Drunk Turtle.
Un conto è osservare, fotografare e comunicare la notizia. Altro è assaggiare, degustare, capire il vino prodotto in questi contenitori.
Ad attendermi Moreno Chiarugi, responsabile artistico, uno degli ideatori e il già citato Enzo Brini, enologo e responsabile tecnico.
La visita allo stand inizia con il ricordare le tappe fondamentali del progetto: il principio, l’evoluzione, le prove.
Il principio. “Valutare le caratteristiche dei contenitori in relazione alla permeazione di ossigeno, alla possibilità di cessione di elementi, in particolare metalli e all’effetto sensoriale dei differenti vasi vinari sul vino”. Inizia così Enzo Brini nel racconto. “Prove di permeabilità e cessione di metalli in diverse cantine con vini diversi tra loro e i dati risultanti ad oggi costituiscono un importante step del protocollo di studio”.
L’evoluzione. Il contenitore in cocciopesto è un vaso vinario rispetto a quelli presenti sul mercato in cemento, acciaio, legno e terracotta, più ecosostenibile. Viene prodotto in diversi formati (10,17 e 25 ettolitri). A questa edizione del Vinitaly sono state presentate due versioni che vanno a completare le richiesti di molti vignaioli: la Opus 3, un anfora da 300 lt. e la Opus 5, la più chiacchierata per l’utilizzo a cui è destinata. Studiata per i vignaioli che hanno bisogno di procedere con lunghe macerazioni e follature soffici e manuali.
Le prove. La degustazione dei primi vini prodotti in cocciopesto dalle Aziende La Biagiola di Sovana (Gr) e il Conventino di Montepulciano (Si) è stato sicuramente il momento maggiormente atteso per capire le aspettative. Degustazione di due campioni, un vino bianco e uno rosso, in comparazione con altrettanti vini prodotti con percorsi diversi. Vediamoli nei dettagli:
- Bianco Sovana 2015, Pinot bianco e Vermentino, percorso in inox. Buono voto 83/100
Bianco Sovana 2015, Pinot bianco e Vermentino, percorso in cocciopesto. Buono voto 85/100
- Sangiovese il Conventino 2015, percorso in inox Buono voto 84/100
Sangiovese il Conventino 2015, percorso in inox e affinamento per circa 2 mesi in cocciopesto. Ottimo voto 87/100
“ È arrivata da poco la certificazione alimentare, rilasciata dalla Società PH, sul nostro cocciopesto a garanzia del materiale utilizzato adatto alla conservazione di generi alimentari senza bisogno di vetrificazione (necessaria invece per i contenitori e vasche in cemento)”. Orgoglioso del risultato Enzo Brini mentre mi omaggia di una copia della certificazione.
Fantastico, ho continuato a ripetermi nel lasciare il padiglione Enolitech. Incredibile prova gustativa dopo l’approccio un po’ scettico. L’aspetto visivo pulito, la percezione dei floreali e dei fruttati più netta, la sensazione di morbidezza accentuata. La mia convinzione che un vino prima di tutto debba essere buono ancora una volta ha superato la prova. Chapeau alla tartaruga ubriaca.
Nonostante i violenti scontri che si sono verificati nei giorni scorsi nella capitale Juba, il Sudan del Sud festeggia il suo quinto anniversario dall'indipendenza; cinque anni che il più giovane stato del mondo ha trascorso tra conflitti pressoché continui, interni e con il vicino Sudan
Alla vigilia del quinto anniversario dell'indipendenza del Sudan del Sud, l'esercito governativo fedele al presidente Salva Kiir e le truppe che fanno capo al vicepresidente Riek Machar si sono scontrati nella capitale Juba e nelle zone limitrofe. Assaltate a colpi di arma da fuoco e di artiglieria anche le basi della missione delle Nazioni Unite, la MINUSS, a Juba e Malakal. Secondo le stime ufficiali, i morti sono almeno trecento, tra i quali due caschi blu cinesi, e gli sfollati oltre 42mila, molti rifugiati nei campi allestiti all'interno delle basi ONU. È fallito dunque l'accordo siglato ad aprile, che aveva consentito a Machar di tornare a Juba e reinsediarsi a tutti gli effetti nella sua carica di vicepresidente, dopo tre anni di esilio forzato, con l'obiettivo di creare un esecutivo di unità nazionale che ponesse fine ai conflitti tra i due principali gruppi etnici del paese, i Dinka (cui appartiene Kiir) e i Nuer (cui appartiene Machar e che sono meno ostili al governo di Khartoum). Una guerra civile su base etnica e tribale, strumentalizzata dalle due parti in lotta per il potere al vertice del governo e del Movimento di liberazione del popolo sudanese (SPLM, partito di governo). La posta in gioco è il controllo di un paese ricco di petrolio e di terre rese fertili dai corsi d'acqua del sistema del Nilo.
Le tensioni tra Kiir e Machar erano emerse poco dopo l'indipendenza, esplodendo poi nel 2013, quando il vicepresidente mise in dubbio il suo sostegno alla guida di Kiir del partito e del governo alle elezioni presidenziali previste nel 2015 (poi rinviate). Kiir aveva dapprima ridotto i poteri del vicepresidente, poi aveva sospeso dal loro incarico Machar, accusato di preparare un golpe, e tutti i ministri del governo (tra i quali Pagan Amum, uno dei principali negoziatori dell'indipendenza, rimosso contestualmente dal suo incarico di segretario generale del SPLM). Anche allora la lotta per il potere era sfociata in violenti scontri tra Dinka e Nuer, durati dal 2013 al 2015, mentre la situazione era resa ancor più grave dalle dispute territoriali con Khartoum, dalle cui raffinerie Juba dipende ancora. Pur essendo un territorio ricco di petrolio, in Sudan del Sud non ci sono raffinerie, quindi l'oro nero deve essere inviato in Sudan prima di essere commercializzato (anche per questo motivo gli accordi di pace del 2005 prevedevano una spartizione equa dei proventi del petrolio). Inoltre, le casse sud-sudanesi sono state prosciugate dalla decisione di Kiir di pagare l'intervento delle truppe ugandesi in suo sostegno durante la guerra civile del 2013-2015. L'accordo di agosto del 2015, che a quella guerra avrebbe dovuto porre fine, ha portato intanto alla formazione di un governo di transizione, restituendo la carica di vicepresidente a Machar, anche se il suo effettivo ritorno a Juba è avvenuto solo ad aprile di quest'anno. Il trattato prevedeva inoltre che nella capitale venissero schierati sia l'esercito governativo che le truppe fedeli a Machar (ex ufficiali e soldati governativi), una clausola che anziché favorire la distensione ha imposto una convivenza forzata e problematica, in presenza di gravi fattori di rischio, come lo squilibrio numerico e di equipaggiamento tra i “due eserciti”.
Il ruolo dell'interposizione, in realtà, spetterebbe alla MINUSS, la missione ONU istituita lo stesso giorno della proclamazione dell'indipendenza del Sudan del Sud appunto per sostenere il governo di Juba “nel consolidamento della pace” e “nella prevenzione dei conflitti”. Con un organico iniziale di 7mila caschi blu, nel dicembre 2013 la risoluzione 2132 del Consiglio di Sicurezza ha deciso di inviarne altri 5.500, ma la missione finora non ha ottenuto successi di rilievo. Persino i campi allestiti per i rifugiati sono stati spesso oggetto di attacchi da parte delle fazioni armate, senza che il personale fosse in grado né di reagire, né di imporre sanzioni (gli estremi ci sarebbero, visto che si tratta di campi che ospitano civili). A gennaio di quest'anno, una squadra di osservatori ONU coordinata da Payton Knopf aveva espresso timori per il deterioramento della situazione, in particolare per i 2.3 milioni di profughi e i 3.9 milioni di persone a rischio di carenza di generi alimentari. Per questo, aveva invitato il Consiglio di Sicurezza ONU a votare per un embargo sulla vendita di armi a Juba, decisione finora ostacolata dal veto della Russia. L'accordo di pace del 2015, spiegava Knopf, è stato ripetutamente violato da entrambe le parti, rendendo il conflitto in Sudan del Sud paragonabile a quelli in Siria, Iraq e Yemen. Un blocco delle vendite di armi contribuirebbe dunque a ridurre la diffusione e l'intensità degli scontri, ma rischierebbe di essere inefficace se applicato al solo Sudan del Sud e non ai paesi vicini. Ad esempio, l'Uganda, che importa elicotteri da combattimento dall'Ucraina, ne ha a sua volta esportata una buona parte a Juba durante la guerra civile del 2013-2015.
Dopo gli ultimi scontri, l'11 luglio scorso il segretario generale dell'ONU Ban Ki-moon ha chiesto nuovamente al Consiglio di Sicurezza di imporre un embargo sulla vendita di armi a Juba. Ma, come conferma un rapporto pubblicato dalla Human Security Baseline Assessment (HSBA, che segue da vicino lo sviluppo dei conflitti in Sudan e Sudan del Sud), decretare un embargo non basta se non si può garantire che venga rispettato, una situazione già vista nella regione del Darfur, nel vicino Sudan. In questo caso, si legge nel documento, gli stessi membri permanenti del Consiglio di Sicurezza ONU non erano concordi sulla sua “legittimità e utilità”. Inoltre, all'eventualità di un embargo sulla vendita di armi a Juba gli Stati Uniti si sono opposti fino al 2015, motivando la loro contrarietà con la “preoccupazione” delle capacità di autodifesa del giovane stato africano. Per Washington, tuttavia, la minaccia dell'embargo si sarebbe potuta utilizzare per spingere le parti in conflitto alla trattativa. Cina e Russia, dal canto loro, potrebbero porre il loro veto, anche perché, secondo un rapporto diffuso dall'International Peace Research Institute (IPRI) di Stoccolma, sono tra i principali esportatori di armi in Sudan del Sud. In particolare, nel 2011 il primato spettava alla Russia, nel 2013 al Canada e nel 2014 alla Cina, che ultimamente ha “manifestato perplessità” sulla vendita di armi a Juba. Così, secondo l'IPRI, lo scorso anno il Sudan del Sud ha aumentato vertiginosamente l'acquisto di armi da “paesi sconosciuti”, ovvero da paesi che non dichiarano le loro attività di compravendita delle armi.
Questo giovane stato, che ha festeggiato lo scorso 9 luglio il suo quinto anniversario dall'indipendenza, ha trascorso la maggior parte della sua esistenza tra conflitti e contraddizioni: a partire dal fatto che il governo, pur guidando uno dei paesi più poveri al mondo e con un tasso di alfabetizzazione del 27%, nel 2014 ha acquistato da una compagnia privata ucraina una fornitura di elicotteri da combattimento MI-24 per 43 milioni di dollari. Un paese “balcanizzato”, dunque, che ha percorso lo stesso cammino che accomuna da un lato i paesi ex coloniali africani e mediorientali (i cui confini furono disegnati dalle potenze coloniali, il cui obiettivo era lo sfruttamento delle risorse, non la creazione di entità politiche equilibrate), dall'altro paesi come quelli balcanici, un tempo uniti dal comune riferimento della sfera di influenza politico-economica dell'Unione Sovietica. Un cammino segnato da profondi contrasti ideologici, confessionali, etnici o tribali, alimentati o istigati da gruppi di potere interni, a loro volta variamente sostenuti da potenze esterne. Una spirale etichettata come “balcanizzazione”, solo perché quella negli stati che componevano l'ex Repubblica federale jugoslava è la prima guerra sul continente europeo dopo la fine della seconda guerra mondiale. Persino i nomi sono frutto di un assetto politico internazionale che continua ciecamente a rispondere agli interessi delle potenze mondiali. O meglio, delle oligarchie che li guidano.
La dieta migliore è quella che non si fa
Negli ultimi anni imperversa un numero impressionante di diete proposte da personaggi che, tranne poche eccezioni, hanno poco o nulla a che fare con la scienza dietologica: furbastri che si arricchiscono sfruttando l’ignoranza assai diffusa in fatto nutrizionale. E così c’è - La dieta Hig-Protein Low-Card, che prevede molte proteine e pochi carboidrati.
- La dieta Pritikin che utilizza percentuali molto elevate di carboidrati (circa il 76 % delle calorie giornaliere) a fronte di quantità ridottissime di lipidi.
- La dieta Atkins iperproteica, iperlipidica e a basso apporto di carboidrati.
- La dieta a Punti che assegna ai vari alimenti un punteggio che non bisogna superare a fine giornata.
- La dieta Beverly Hills con uno scarsissimo apporto di proteine e lipidi, che dura un mese e varia ogni settimana.
- La dieta Ornish, che propone una dieta vegetariana povera di grassi e ricchissima di carboidrati.
- La dieta del Minestrone che prevede minestroni, verdura e succhi di frutta in quantità industriali.
- La dieta dei Gruppi Sanguigni che differenzia l’alimentazione in base al gruppo sanguigno delle persone: 0, A, B, AB.
- La dieta Biogenic che suddivide i cibi in 4 gruppi in ordine decrescente di energia.
- La Crono Dieta che si basa sulla capacità dell’organismo di assimilare i nutrienti a seconda del momento della giornata.
- La dieta a Zona con una quota di carboidrati molto bassa e l’apporto di grassi e proteine del 30% delle calorie giornaliere.
- La dieta del Gelato con un gelato e una porzione di frutta al posto del pranzo.
- La dieta del Panino previsto al posto del pranzo, un tramezzino o un toast.
- La dieta Messegué che autorizza a mangiare per 6 giorni alla settimana in modo libero e poi stare a dieta al settimo giorno.
- La dieta del Pompelmo che prpone il consumo di mezzo pompelmo prima di ogni pasto.
- La dieta dell’Uovo Sodo che autorizza a mangiare in quantità illimitata un solo qualunque alimento.
- Poi c’è la dieta dell’Indice Glicemico, la dieta South Beach, la Dieta in Rete ecc. ecc.
In sostanza c’è una dieta per ogni esigenza per gente vorrebbe dimagrire senza rinunciare a nulla, o perdere peso continuando a mangiare quel che si vuole. Ma specialmente in questo campo non è possibile avere “la botte piena e la moglie ubriaca”: o l’una o l’altra. Le tremende immagini di prigionieri nei campi di concentramento o delle popolazioni indigenti del Terzo Mondo sconfessano qualunque attenuante: il solo modo per dimagrire è... quello di non mangiare.
In tutto questo pullulare di soluzioni “miracolose” è come se l’umanità fosse impegnata a cercare la sua dieta ideale; come se il leone carnivoro o la mucca erbivora cercassero la loro dieta ottimale. Mai che qualcuno degli autori delle diete più note o dei nutrizionisti televisivi si domandasse quale sia l’alimentazione adatta all’essere umano prevista da madre natura; cioè capire per quale carburante è stato progettato l’essere umano.
Si sa, ogni persona ha esigenze nutrizionali diverse a seconda dello stile di vita, della latitudine in cui vive, del lavoro e dell’attività fisica che svolge, ma per tutti gli esseri umani, ed in misure adeguate, l’alimentazione deve comprendere: vitamine, minerali, proteine, grassi, zuccheri, oligoelementi, fibra ed acqua. Qualunque dieta che non prevede questi fondamentali macro e micro nutrienti è da considerare dannosa.
Spesso le diete improvvisate hanno effetti collaterali molto gravi, specialmente in chi ha una fragile situazione psichica. Per esempio, tutte le diete ipocaloriche fanno dimagrire, anche le più banali, ma privano l’organismo dei nutrienti necessari e lo condannano al deperimento.
L’antropologia, l’anatomia comparata, lo studio degli istinti, l’immunologia ed altro ancora dimostrano chiaramente che l’uomo appartiene all’ordine dei primati, alla classe dei mammiferi, al genere homo, alla specie homo sapiens, alla categoria dei frugivori di conseguenza la sua dieta ideale dovrebbe essere frugivora, cioè fatta di frutta, ortaggi, legumi, semi e radici. A questo è da aggiungere la necessaria attività fisica, il variare il più possibile gli alimenti, possibilmente biologici, integrali e di stagione, consumando 5 porzioni giornaliere di frutta e verdura ( possibilmente cruda), e masticare a lungo: più si mastica meno si mangia.
Appurato questo tutto diventa più facile in fatto nutrizionale, ricordando che la buona salute dei vegani viene non da ciò che mangiano ma da ciò che escludono dalla dieta, cioè tutti gli alimenti di origine animale e loro derivati, prodotti denaturati, industriali e raffinati.
La mia logica mi induce a credere che la principale causa di obesità è da ricercare nel consumo di cibi spazzatura che essendo scarsi, o privi del tutto, di nutrienti l’organismo richiede un quantitativo maggiore di alimenti nel tentativo di disporre di quelli necessari che troverebbe in un quantitativo minore se biologici ed integrali. Inoltre, l’organismo trattiene liquidi per diluire le tossine in circolo indotte dai cibi innaturali.
Frammenti che orbitano qua e là, individuati, carpiti; li commento e condivido con voi.
EXPO. Due frammenti fa scrissi: Expo, i conti non tornano. E terminai con “la verità prima o poi verrà a galla? Basta crederci, come atto di fede”. Sono di questi giorni le notizie che la Magistratura ha ripreso il lavoro “interrotto” due anni fa. Ricordo quella conferenza-stampa di presentazione dell’Expo a Roma e quella domanda di un collega, diretta al Ministro Martina, per avere delucidazioni circa le voci circolanti di appalti truccati, mafia, ‘ndrangheta ecc… La risposta fu:” adesso dobbiamo pensare a salvare la Manifestazione, ne va del prestigio di tutti, dell’Italia nel Mondo”. Vero. La Magistratura fece la sua parte per l’onore dell’Italia. Ma non dimenticò ne dimentica oggi. Ed ecco che riprende il via l’azione sulle responsabilità. Avvisi di garanzia a raffica, arresti importanti. “Milanoland” vacilla nella sua credibilità e il Cibo e il Vino ringraziano (a parte tutto il resto).
Frammento n. 1
Anche i “bartender” hanno il loro progetto grazie a SAGNA.
Il 13 giugno scorso si è svolto a Torino, presso il Bar MAD DOG Social Club, il primo contest organizzato da Sagna, noto importatore italiano, rivolto ai bartender di professione che, con un evento innovativo e divertente, ha inaugurato quel “viaggio che guarda al futuro per presentare prodotti sempre di nicchia, ma che ben si confanno al mondo della mixology”. Per la cronaca ha vinto Mattia Pavan, del Cloakroom Cocktail lab, di Treviso, con due fantastiche ricette, “Beauty” e “Beast”. (fonte: Sagna News)
Frammento n. 2
WINE2WINE 2016: Focus sul Mercato Tedesco
Martedì 6 e Mercoledì 7 Dicembre ci sarà la due giorni dedicata al b2b del mondo vinicolo firmata Veronafiere-Vinitaly. Il forum sul business del vino ideato e organizzato in collaborazione con Unione Italiana Vini, Federvini e Ice farà il punto sul secondo mercato per l’export delle cantine italiane. Inoltre particolare importanza sarà dedicata alla comunicazione on-line. La rivista internazionale Meininger Wine Business International focalizzerà l’attenzione sullo storytelling, l’importanza di raccontarsi on-line e gli effetti che questa attività può regalare alle aziende che ne sanno fare buon uso. (fonte: Veronafiere-Vinitaly)
Frammento n. 3
Il Ristorante “Il Desco” di Verona presenta: Overture Gourmet.
Nel cuore di Verona, il Desco rende omaggio allo storico Festival Areniano con la creazione di uno speciale menu da vivere in attesa dell’opera, con l’esclusiva presenza di un cantante lirico: Overture Gourmet. L’idea è di Elia e Matteo Rizzo, prima e seconda generazione alla guida della cucina stellata del Desco. Un progetto costituito da un menu studiato nei tempi e nella leggerezza per essere l’ideale evoluzione del “pre-opera”. “Ma non finisce qui!” esclamerebbe, a questo punto, il bravo presentatore. Il valore aggiunto: la presenza esclusiva di un cantante lirico che eseguirà, a cappella, alcuni brani più famosi dell’opera rappresentata quella sera. (fonte: Aromi Creativi)
Frammento n. 4
Peccato alzarsi da tavola. Frankopan, il ristorante senza abito.
“L’abito non fa il monaco”. Quanto mai vero per il Ristorante Frankopan di Kraljevica (Croazia). Un locale che quando lo vedi, giù dalla strada, non ti dice “fermati”. Anzi. E poi, una volta entrato, non vorresti più andartene. Calamari ripieni di scampi, zuppe di pesce “come Dio comanda”, risotto agli scampi fatto a regola d’arte e le lasagne di mare, i pesci pescati nella notte e cucinati così senza salse a mascherare la freschezza e via, via via…Il segreto di tutto? Una attenta conduzione familiare unita ad una esperienza pluridecennale. Niente viene per caso. (fonte: Vino e Cibo, mete e viaggi)
Frammento n. 5
Ristorante Il Pagliaccio, Roma. Due riconoscimenti dal Gambero Rosso.
La fonte: Guida Roma 2017 del Gambero Rosso. Due sono stati i riconoscimenti ricevuti dal ristorante Il Pagliaccio, via dei Banchi Vecchi: Premio Gruppo del Gusto Associazione Stampa Estera in Italia e Premio miglior servizio in sala. “È sempre un grande onore essere chiamati per ritirare riconoscimenti per il nostro lavoro. In particolare quello dell’Associazione Stampa Estera, segnale positivo per tutto quello che stiamo facendo” Così ha dichiarato Antony Genovese, il bistellato Chef. E Gennaro Buono, restaurant manager, conclude:” A il Pagliaccio la cucina e la sala ascoltano, guidano il cliente in una direzione condivisa. Il servizio racconta quello che i piatti esprimono e solo con il lavoro di squadra riusciamo a far vivere a pieno la nostra filosofia”. (fonte: Aromi Creativi)
Osservo, scruto, assaggio e…penso. (urano cupisti)