L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni.


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Kaleidoscope (1289)

Free Lance International Press

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May 24, 2023

 

Con: Marco Capretti, Fabrizio Gaetani, Lallo Circosta, Alberto Farina, Antonio Covatta, Fabio Baldieri.

 

Non conoscevo questo locale alquanto nascosto; si tratta di un ex magazzino, oggi adibito a luogo di intrattenimento con bar e sala per gli spettacoli, a cui è stato donato un aspetto originale e suggestivo. Il locale è per soli soci, ma è semplicissimo affiliarsi.

Lo staff è molto simpatico e gentile, e fornisce le esatte indicazioni per raggiungerlo. Io, che ho giocato la carta del fai da te, non l’ho trovato, ma l’errore mi ha permesso di arrivarci tramite un accesso secondario, cioè da un’uscita di emergenza... Entrato in un palazzo attraverso il portone condominiale che affaccia sulla via parallela e seguendo un allegro vocio che arrivava da una porta metallica, ho bussato, e ad aprirmi sono stati niente popò di meno che Marco Capretti, Fabrizio Gaetani e Lallo Circosta! Di fronte alla mia inconsapevole invasione, hanno cominciato a ridere! Mi sono ritrovato immerso in un ambiente con luci soffuse e musica di sottofondo, con gli artisti a conversare amabilmente mentre cenavano e forse mettevano a punto gli ultimi dettagli prima di iniziare la serata. Ho avuto la sensazione che lo spettacolo fosse già cominciato e che io ne facessi parte!

Riesco a partecipare solo ora al “Chaltron Show”, organizzato da comici che stimo ed apprezzo molto, a cominciare da Marco Capretti, Lallo Circosta e Fabrizio Gaetani che ho seguito in passato; finalmente ho potuto vedere dal vivo anche Alberto Farina, che ho sempre seguito in spezzoni fruibili sul web. E ho avuto anche il piacere di incontrare Antonio Covatta e Fabio Baldieri.

I nostri partono con un abbozzo di copione, per poi improvvisare continuamente. Immaginate sei amici folli che avete invitato a cena che, lasciati a briglia sciolta, sfruttano qualsiasi espediente per fare comicità e rallegrare la serata, prendendo spunto da qualsiasi cosa. Partendo da poche tracce preparate, divagano in continuazione interagendo non solo tra loro ma anche con il pubblico, coinvolto per inscenare continue gag spassosissime. Ad esempio quelle che nascono dal ricordo di frasi o scene di film come “Testa o croce”, “Fracchia la belva umana” oppure “Il marchese del grillo”, che hanno fatto la storia della comicità italiana.

Antonio alla chitarra stravolge in modo geniale i brani più conosciuti della canzone italiana e ci fa ascoltare “Grazie Lazio” di Venditti; oppure ci fa conoscere un’Orietta Berti come non la immagineremmo mai, Vasco Rossi nerd, Gigi D’Alessio che canta in milanese e Achille Lauro in napoletano. E poi Pierangelo Bertoli che corre senza la sua sedia a rotelle, Guccini un convinto fascista, Patty Pravo rimasta vergine e Renato Zero diverso… Si ride a crepapelle.

Marco, che veste il ruolo di presentatore e collante del gruppo, a più riprese ci legge pillole del suo “Libro delle soluzioni”, un concentrato di comicità in cui questo artista si mostra capace di inventare di tutto...

Fabio invece si cimenta in una serie di barzellette assai divertenti, e strappa risate e applausi.

Lallo e Fabrizio richiamano la nostra attenzione sulla contaminazione, a cui non pensiamo mai, tra il linguaggio culinario e i detti e le espressioni popolari. Lallo, poi, ci guida in città con il suo navigatore impostato sulla voce di Lando Fiorini, che dà le indicazioni stradali cantando! Bella e potente, la sua voce, e tanta la simpatia. Si presenta anche in versione Cannavacciuolo, con una ricetta davvero divertente!

Esilarante è il momento in cui Alberto racconta, con ricchezza di particolari, come sia riuscito a rovinare il matrimonio di un amico. E poi passa in rassegna alcuni episodi del suo fantomatico paese, Cupinio. Ci propone anche dei pezzi preparati per alcune trasmissioni televisive, che però sono stati tagliati… Una risata continua…

Antonio, improvvisando sulle richieste del pubblico, si cimenta nella sovrapposizione dei testi di poesie famose sulle note dei brani dei nostri cantautori. Avete mai sentito “Il cinque maggio” di Manzoni sulle note di “Vita spericolata? Ce ne ha fatte sentire diverse... Bravissimo e geniale.

Fabrizio si diletta ad elencare i nomi di alcuni farmaci, sottolineando come siano assurdi, seppur funzionali all’intuizione del loro utilizzo…

La serata si chiude con un blues cantato da Antonio, su un testo pazzesco che viene improvvisato con le parole suggerite a caso dal pubblico.

Finisce così questo folle e divertente “incontro”, ricco di quell’ improvvisazione che solo tanta maestria e professionalità possono produrre, e che mi fa rimpiangere di essermi perso le precedenti. Tenete d’occhio la programmazione di questo locale, sicuramente interessante e varia. E se in futuro vi trovaste a passare da queste parti quando i “cialtroni” sono in scena, fermatevi.

Buongiorno Gloria, tu hai curato un progetto fotografico dal titolo -Vite di seconda scelta - La storia dei Celestini di Prato-.

D- Vuoi dirci e spiegarci chi erano i Celestini?.

R- I Celestini erano i piccoli ospiti del rifugio -Maria Vergine Assunta in Cielo-, un istituto con sede in Prato, zona Castellina, che si occupava di ricevere i bambini cosiddetti -problematici-. Mi spiego meglio: si trattava figli di famiglie numerose o di genitori che dovessero lasciare la città per lavoro piuttosto che bambini non desiderati, orfani, etc. Il nome deriva dal fatto che indossassero un grembiulino celeste, il colore scelto in onore alla purezza della Madonna , al culto della quale tutto l'operato di Padre Leonardo (il reggente della struttura) era dedicato.

D- Come era venuta a Padre Leonardo l'idea di fondare questo istituto?

R- Padre Leonardo era un frate cappuccino, l'unica figura appartenente ad un vero e proprio ordine religioso. L'idea di fondare l'istituto gli venne durante uno dei suoi viaggi -missionari- in Puglia: entrato dentro una chiesa ebbe una visione di un angelo con in mano la scritta -Lasciate che i pargoli vengono a me-. Tornato a Prato, nel 1934, decise di mettere su un rifugio dove potesse accogliere -soltanto chi non essendo fornito di mezzi economici neppure modesti fosse a se stesso abbandonato-. E' un istituto di natura privata, che si auto-sostenta grazie alle numerose e generose donazioni di benefattori più o meno noti. La gestione è affidata a due società: l'immobiliare civile pratese e la MA.VE. 

D- Sappiamo che la storia giudiziaria alla quale è andata incontro a questo Istituto è stata lunga e difficile. Vuoi parlare?

R- Partiamo dall'inizio. La vicenda ci mette un bel po' di anni per venire alla luce: le prime denunce da parte degli insegnanti (esterni alla struttura) sono di circa dieci anni prima della chiusura dell'istituto, ma rimangono lì, inascoltate, chiuse in un cassetto. Tutto esplode quando si cominciano a registrare delle fughe di bambini che fanno notizia sui giornali locali ma non vengono denunciate alle autorità e quando, a causa di un'appendicite non curata se non, secondo alcuni, con impacchi di santini e con olio santo, un ragazzino muore tra atroci sofferenze. Parliamo di Santino Boccia, era il 30/03/1965. I pratesi, da frequentatori della domenica, cominciano a farsi domande. Questo genera un dibattito che ha ampio spazio sui quotidiani e che fa arrivare il caso fino all'amministrazione comunale, all'interno della quale viene poi nominata una commissione di inchiesta con il compito di far luce, per quanto possibile, sulle vicende che ormai sono sulla bocca di tutta la città. Dopo qualche settimana di indagini, i capigruppo consiliari redigono un rapporto piuttosto dettagliato su quella che era la situazione dell'istituto, alla conclusione del quale si scrive -…La commissione concludendo i suoi lavori ha riscontrato l'inadeguatezza dei locali e delle norme igienico- sanitarie, l'insufficienza della dieta alimentare, la non qualificazione del personale addetto sia a funzioni direttive che esecutive e infine l'inidoneità dei metodi educativi. Inizia una sorta di -riqualificazione- dell'istituto ma il Ministro della sanità Mariotti decide per la chiusura definitiva. Contestualmente vengono denunciati cinque dei sorveglianti (Vincenza Perrotta, Lucia Napolitano, Alighiero Banci, Luciano Pacini, De Lucia Angela) la dott.ssa Fernanda Oliva e Padre Leonardo. Le accuse sono rispettivamente: abuso di mezzi di correzione, abbandono di incapace, omicidio colposo. Una giovane avvocatessa (Bianca Guidetti Serra) ha registrato qualche bambino e le relative famiglie e li fa costituire parte civile al processo penale, denunciando anche come sia stata omessa la responsabilità di tutta quella parte di istituzioni che dovevano vigilare ma non lo hanno fatto (ONMI e prefetto di Firenze in modo particolare).

Nel dicembre 1968 furono condannati quattro sorveglianti su cinque e Fernanda Oliva; Padre Leonardo invece fu assolto per insufficienza di prove. Furono concessi a tutti due anni di condono e nel 1971 ottennero tutti un altro sconto di pena, a parte la dottoressa. 

D- Hai mai avuto contatti diretti con ex celestini? senza farne ovviamente i nomi, puoi dirci cosa ti hanno detto di quel loro infernale periodo?

R- Beh si. Alcuni di loro li ho incontrati di persona, con qualcuno ho parlato per telefono. Contrariamente a quanto mi aspettassi, conservano ancora abbastanza nitidi i ricordi di ciò che hanno dovuto subire, episodi da far rabbrividire e che chiaramente lasciano e hanno lasciato tracce nei comportamenti di queste persone sia nell'immediato che a distanza di molti anni. Uno di essi, MT (uso solo le iniziali per questioni di privacy), mi ha raccontato che, uscito dall'istituto perché portato via dal padre, aveva perso completamente l'uso della parola. Gli ci è voluto un annetto per tornare a parlare, abbastanza forte era stato lo shock di questo suo vissuto. Oltretutto anche in età adulta ha continuato ad avere degli incubi riconducibili a quel periodo della sua vita. Ricorda in maniera molto chiara il sasso enorme all'interno del bosco retrostante l'istituto, dove andava a piangere disperatamente. Un altro, LM, mi ha raccontato che ogni bambino aveva dei lavori da svolgere; a lui ad esempio toccava svuotare il -bottino-. LB invece è stato punito perché si era rifiutato di picchiare il fratello con la sistola dopo che era stato legato al letto dai -fratelli- e -sorelle- (colpevole di aver fatto la pipì a letto). Nei racconti dei testimoni che ho ascoltato è una costante inquietante quella delle botte e delle punizioni: tutti mi hanno detto che non passava un giorno senza buscarne, e che, quando ti picchiavano, lo facevano con qualsiasi cosa si trovassero per le mani. Le punizioni più gettonate invece erano le croci in terra con la lingua, oppure il leccare la pipì in terra, le docce gelate, le secchiate di acqua fredda se non ti svegliavi la mattina. Un altro aspetto rilevante era la vita che questi bambini conducevano: una vita totalmente religiosa, scandita dalle preghiere e dai rosari. All'interno dell'istituto non c'erano distrazioni per i piccoli ospiti, non un giornalino, un pallone, un film alla tv. Queste erano considerate deviazioni dalla retta vita religiosa. Gli unici svaghi erano la -barauffa-, cioè quando Padre Leonardo, dopo la messa della domenica, si ritirava nella sua stanza e dalla finestra lanciava una manciata di caramelle (solo il quantitativo che entrava in una mano) ai bambini che aspettavano sotto e si azzuffavano per acchiappare qualcosa, ei gomitoli di spago annodato: ad ogni giaculatoria recitata si faceva un nodo allo spago: chi faceva il gomitolo più grosso vinceva. 

D- Tu, dal momento in cui hai saputo di questo Istituto situato a Prato, ti sei veramente impegnato per la ricerca di tutto quanto è affine all'argomento. Puoi dirci fino a che punto hai scavato per informare chi ancora non conosceva tale delirio?

Ho iniziato nel più classico dei modi: cercando su Google notizie inerenti all’argomento. Poi ho scoperto dell’esistenza del gruppo Facebook che riunisce ex celestini e da lì sono passata ai contatti diretti con alcuni di essi. Sono stata in biblioteca (Lazzerini, a Prato), ho contattato la Nazione, un fotografo (Ranfagni) che ha scattato alcune foto all’epoca dell’esistenza dell’istituto. Ho cercato negli archivi online dei quotidiani locali, trovando molti articoli in merito alla vicenda. E’ stato interessante leggere come l’opinione pubblica e le varie figure in gioco si scambiassero battute tramite articoli di giornale. Al momento sto cercando di approfondire un po’ di più la parte inerente alla vicenda giudiziaria, ma è una strada in salita, essendo un fatto accaduto molti anni fa è difficile risalire alle carte. Io ci provo però. 

D- Vuoi parlarci liberamente di quanto tu sia rimasta sconvolta e cosa ti ha dato maggiormente fastidio?

R- A mio parere la parte più fastidiosa di tutta questa vicenda è la cattiveria, la violenza riversata su creature innocenti, colpevoli solo di non essere state abbastanza agiate o fortunate nella vita. Cito testualmente dalla prefazione a -Il paese dei celestini - Istituti di assistenza sotto processo- (a cura di Bianca Guidetti Serra (che poi è la giovane avvocatessa che fece sì che i bimbi e le loro famiglie potessero costituirsi parte civile al processo) e di Francesco Santanera: 

-Purtroppo i -celestini-, e diamo a questo termine un significato simbolico, nasceranno sempre nelle classi povere o poverissime, dove l’insufficienza di cibo si manifesta spesso in termini di fame; dove i più elementari interventi igienico-sanitari sono insufficienti se non assenti; dove l’istruzione, anche quella dell’obbligo, è ancora privilegio... Lo -scandalo- primo e vero sta nel fatto che i -celestini- esistano e se ne creino di continuo-.-

Questo è un pensiero che condivido e che purtroppo è sempre attuale. Viviamo in un mondo che viaggia a più velocità e dove chi sta dietro non avrà quasi mai la possibilità di passare avanti perché non può permettersi gli strumenti per farlo.

Altrettanto fastidioso è per me il fatto che i veri responsabili siano stati in qualche modo salvati dal processo. La giurisprudenza non è il mio campo, ma insomma, credo che non solo i sorveglianti dovessero essere indagati, processati e poi puniti, ma anche coloro che il proprio mestiere non hanno saputo farlo, non avendo vigilato.

D- Pensi che ancora ci sia qualcosa e qualcuno da identificare per dare una forma di giustizia a chi ha sofferto in quel periodo doloroso per molti bambini?

R- Ormai i responsabili della vicenda sono tutti morti, essendo passati molti anni. Credo però che la massima forma di giustizia sia riportare alla luce questa vicenda, farla conoscere, nella speranza che ciò che è accaduto in passato non si ripeta. In fin dei conti è una storia che appartiene al substrato culturale della mia città, trovo giusto che almeno i pratesi la conoscano.

D- Hai progetti futuri per quanto riguarda l'informazione legata a questi fatti ormai storici?

R- Mi piacerebbe che questo mio lavoro fotografico e di indagine arrivasse a più persone possibili. Il sogno sarebbe di farlo diventare un libro, all’interno del quale vorrei raccogliere testimonianze, immagini, articoli, documenti. Insomma, tutto ciò che sono riuscita a trovare, a ricostruire, a fotografare.

D- Pubblicizza il tuo progetto per chi vorrà approfondire visibilmente l'argomento.

R- Sto lavorando al mio sito web, spero a breve possa essere online.

Li potrete approfondire un po' l'argomento. www.gloriamarras.it

Vorrei approfittare di questo spazio per lanciare un appello: se siete ex celestini o se siete a conoscenza di un ex celestino, vorrei intervistarlo e fotografarlo. Il mio progetto è ancora in corso… ed ogni testimonianza è preziosa!

Grazie della tua preziosa testimonianza

Grazie a te, Marzia!

May 24, 2023

Non so se sia impossibile sconfiggere la Russia sul campo di battaglia, come ha affermato il Presidente della Federazione Russa. Forse sarebbe meglio dire che è molto difficile. In ogni caso, non ho mai visto - e lo dico da studente universitario che ha anche studiato storia delle relazioni internazionali - così tanta miopia e incoerenza e ipocrisia da parte dei Paesi europei e non, che negano l'evidenza storica più recente, dimenticano impegni presi e accordi diplomatici e tentativi di negoziato e di mediazione per fermare una guerra civile pericolosissima (gli Accordi di Minsk sulla guerra in Donbass, disattesi dal Governo di Kiev nonostante avesse firmato), e sostenere una geopolitica strategica che sta precipitando il mondo verso una escalation militare globale, e tutto ciò viene fatto con una narrazione menzognera della verità dei fatti, sostenuta da mass media che violano il loro dovere deontologico di cronaca e di rispetto della verità dei fatti, deformando e manipolando la ricostruzione storica. La decisione della Federazione Russa di sospendere la sua adesione al Trattato New Start sulle armi nucleari è un altro passo di escalation provocato dal progressivo e continuo sostegno militare che l'Occidente garantisce al Governo di Kiev, fornendo non solo sistemi di difesa ma anche armi offensive (aerei caccia e missili a lungo raggio), e istruendo e addestrando il personale militare ucraino. Giocano con cose di cui non hanno coscienza nelle gravi implicazioni di lungo periodo. Una guerra per procura volutamente in Ucraina da forze atlantiste, sta conducendo il mondo a un passo da un conflitto su vasta scala che potrebbe divenire termonucleare anche a causa di un incidente o di un equivoco. Un atteggiamento arrogante, irresponsabile e stolto da parte dell'Occidente - oltre che eticamente censurabile - di cui rischiamo di subire tutte le conseguenze nella nostra vita quotidiana. Prima gli Europei - e in primis gli italiani - apriranno gli occhi e agiranno protestando in modo civile, pacifico ma fermo, e prima usciamo da questa delicata crisi a spirale che rischia di danneggiare tutti e farci pentire amaramente di essere rimasti distratti e indifferenti a guardare . Occidente - oltre che eticamente censurabile - di cui rischiamo di subire tutte le conseguenze nella nostra vita quotidiana. Prima gli Europei - e in primis gli italiani - apriranno gli occhi e agiranno protestando in modo civile, pacifico ma fermo, e prima usciamo da questa delicata crisi a spirale che rischia di danneggiare tutti e farci pentire amaramente di essere rimasti distratti e indifferenti a guardare. 

 

«Questa Nato serve agli Stati Uniti, ai noi europei no». Ad affermarlo è un’autorità assoluta nel campo della politica internazionale: l’ambasciatore Sergio Romano. Nella sua lunga e prestigiosa carriera diplomatica, è stato, tra l’altro, ambasciatore presso la Nato e ambasciatore a Mosca (1985-1989), nell’allora Unione Sovietica. È stato visiting professor all’Università della California e a Harvard, e ha insegnato all’Università di Pavia, a quella di Sassari e alla Bocconi di Milano. Tra i suoi numerosi libri, ricordiamo, Merkel. La cancelliera e i suoi tempi (con Beda Romano, Longanesi, 2021); Processo alla Russia. Un racconto (Longanesi, 2020); Atlante delle crisi mondiali (Rizzoli, 2018); Il rischio americano (Longanesi, 2003); Il declino dell’impero americano (Longanesi, 2014); Trump e la fine dell’American dream (Longanesi, 2017); Il suicidio dell’Urss (Sandro Teti Editore, 2021); La scommessa di Putin. Russia-Ucraina, i motivi di un conflitto nel cuore dell’Europa (Longanesi, 2022). L’ultimo libro ha un titolo che ben si attaglia alla realtà d’oggi: La democrazia militarizzata. Quando la politica cede il passo alle armi (Longanesi, 2023). Con l’Unità, l’ambasciatore Romano sviluppa una riflessione, che molto fa discutere, che concludeva un suo recente articolo sul Corriere della Sera: «L’Alleanza atlantica ha avuto una parte utile e rispettabile. Ma la guerra fredda è finita, il comunismo è sepolto, gli Stati Uniti hanno avuto un presidente come Trump e sarebbe giunto il momento di fare a meno di un’istituzione, la Nato, che ha ormai perduto le ragioni della sua esistenza». Una considerazione che attualizza quanto lo stesso Romano aveva sostenuto nel 2016, quando la guerra d’Ucraina era molto in là a venire: «La sola scelta di sicurezza per l’Europa dovrebbe essere quella della neutralità. L’Europa non può essere una potenza militare interventista e aggressiva. Credo che se l’Europa scegliesse la strada della neutralità metterebbe in discussione l’esistenza della Nato». E ancora: «Oggi i suoi compiti non sono più indispensabili, certi obiettivi non ci sono più e non c’è motivo di cercare di raggiungerli. Il patto è ancora in piedi perché gli Stati Uniti hanno interesse a mantenere la gestione militare di una grande parte del pianeta. L’Alleanza è una conquista americana, alla quale Washington non intende rinunciare. Sarei stato contento se la Nato fosse stata sciolta alla fine della Guerra Fredda».

Ambasciatore Romano, chiunque provi a proporsi come “facilitatore” negoziale – sia esso il Papa, Lula, Xi Jinping viene subito colpito e affondato. Perché?
Una persona può essere detestata, invidiata, considerata un intralcio. Vi sono ragioni che sfuggono all’analisi politica. E ci sono circostanze in cui la politica deve farsi da parte per lasciare spazio alla psicologia.

Esiste a suo avviso uno spazio negoziale oppure tutto è affidato alle armi?
Prima o dopo verrà il momento del negoziato. Ma per ora e per un futuro indeterminabile le armi sono ancora quelle che dettano legge. Vede, questa è una guerra non soltanto tra alcuni Paesi ma è fondamentalmente diventata una guerra fra due grandi personalità – il presidente russo Vladimir Putin e il suo omologo ucraino Volodymyr Zelenski, che stanno giocando se stesse. In questa circostanza è molto difficile che uno dei due si abbandoni a un negoziato in cui lui, in questo caso il discorso vale soprattutto per Zelensky, finisce per avere un ruolo minimo perché entreranno in gioco altre persone, altre motivazioni, altri interessi. Questa per il momento rimane una battaglia tra due leader e lo sarà probabilmente fino al momento in cui o i due si renderanno conto di non poter essere vincitori e allora accettano in qualche modo una soluzione finale o addirittura finisce quando finisce fisicamente uno. Non si tratta di essere pessimisti, ma realisti. Immaginare una soluzione diplomatica è uno sforzo titanico destinato per il momento a rimanere tale, non solo per quanto detto prima, lo scontro tra due leader che si stanno giocando il loro futuro, ma anche perché in gioco sono entrati di terze parti, nella fattispecie gli Stati Uniti.

Lei è uno dei pochi in Italia ad aver cercato in questo tempo di guerra di andare oltre lo schema aggredito-aggressore e andare alle radici delle ragioni profonde, che non nascono certo il 24 febbraio 2022, della guerra.
Non c’è dubbio che dietro la vicenda ucraina vi è il desiderio della Russia di riconquistare quella autorevolezza, quel prestigio, quello spazio di potere che aveva quando ancora si parlava di impero russo. Questa aspirazione mi sembra essere una delle grandi motivazioni di questa vicenda. Se un Paese come la Russia aspira a ridiventare la grande potenza che è stata in passato, è inevitabile che molte altre medie potenze o addirittura in qualche caso piccoli Stati possano essere preoccupati e temere che questa grande Russia a un certo punto toglierà loro qualche cosa. Partirei da questa considerazione e cercherei di capire esattamente quali siano le motivazioni nei casi specifici. La ragione fondamentale è quella di un’aspirazione imperiale e questo non può certo piacere agli Stati Uniti che si sono visti coinvolti in una vicenda che teoricamente non avrebbe mai dovuti coinvolgerli. Eppure così è stato.

Perché, ambasciatore Romano?
Se la Russia non ha soltanto un “piccolo” problema da risolvere con l’Ucraina ma vuole approfittare di questa circostanza per diventare nuovamente una potenza imperiale, beh a Washington questo non va giù. Quanto a noi, noi Europa, le ribadisco quanto ho avuto modo di scrivere poco tempo fa sul Corriere: dopo avere avuto in altri tempi ambizioni imperiali ed essere stata anche un nido di nazionalismi prepotenti e aggressivi, l’Europa dovrebbe essere ormai una confederazione di Stati politicamente saggi e maturi, una grande potenza economica e sociale, una “grande Svizzera” composta da amici e reciproci clienti. Per l’efficacia di una tale confederazione tuttavia, la Russia non dovrebbe essere un nemico, ma un compagno di strada nel cammino verso un’Europa sempre più confederale. Non dovremmo vedere nella Russia soltanto un pericoloso concorrente, ma anche un utile interlocutore verso obiettivi che possono essere pacificamente condivisi. So bene che in tempi come questi può apparire un sogno, ma coltivarlo e provare a realizzarlo sarebbe buona cosa.

Quando si fa riferimento all’atteggiamento del mondo nei confronti di questa guerra, sottolineando una avversione condivisa nei confronti dell’aggressore russo, non pecchiamo di “occidentalismo” o di eurocentrismo?
Le confesso che il concetto di “occidentalismo” mi sembra poco rilevante. Se siamo di fronte ad un forte desiderio della Russia di riconquistare un ruolo, quel ruolo non è “occidentale” né “orientale”. Sono delle ambizioni che vanno molto al di là della singola questione regionale.

Ambasciatore Romano, la metto giù seccamente. Perché il solo ragionare di un superamento-scioglimento della Nato sembra essere un’eresia, una bestemmia e chi prova a ragionarci su viene additato come un sodale di Putin?
Sempre continuando a ragionare con la mia tesi: è inevitabile che gli Stati Uniti in questo momento si guardino attorno e vogliano avere ancora quei consensi, quelle amicizie, quelle alleanze che avevano negli anni della Guerra fredda. Noi abbiamo pensato che la Guerra fredda fosse finita, e la Guerra fredda è finita. Ma ne è cominciata un’altra. Questo desiderio imperiale della Russia non ha più nulla a che vedere con i criteri della Guerra fredda, ma è inevitabile che gli Stati Uniti considerino dal loro punto di vista l’ambizione russa inaccettabile, pericolosa. Non mi ha sorpreso la reazione di Washington. Non va dimenticato, peraltro, che anche gli Stati Uniti hanno ambizioni imperiali e forse in questo momento tali ambizioni sono più realistiche di quelle della Russia. Gli Stati Uniti stanno praticando queste ambizioni imperiali e lo fanno utilizzando quegli strumenti che noi consideravamo divenuti inutili, come la Nato, in quanto la Guerra fredda era finita. Ma siccome la Nato è una istituzione in cui gli Stati Uniti hanno un enorme potere, ecco che la Nato diventa lo strumento per praticare queste ambizioni imperiali, al servizio di un Paese – gli Usa – che vuole conservare quello che aveva all’epoca della Nato-Guerra fredda.

Reiterare quella funzione, motivandola come la lotta delle democrazie liberale contro le autocrazie, a cominciare da quella russa. È corretto, ambasciatore Romano?
Non ho avuto l’impressione che questo tema venisse molto frequentemente utilizzato. Detto questo, non sarei sorpreso se gli Stati Uniti facessero appello a questi vecchi concetti che in questo modo possono essere rinfrescati e rimessi sul tavolo. Da un punto di vista europeo, questo non ha più niente a che vedere con la Nato.

Perché?
Perché la Nato serve agli Stati Uniti. Non serve a noi. Poi se qualcuno è più amico degli Stati Uniti di quanto sia necessario esserlo, probabilmente suonerà la musica che piace maggiormente a Washington. Ma io non mi unisco a questo coro.

 

Da L’Unità del 21 maggio ’23   

 

May 21, 2023

May 19, 2023

 

L'ultima volta che ho visto Antonio Conte è stato in una commedia, al fianco di Marco Cavallaro, in “Amore sono un po' incinta”, dove vestiva i panni di un personaggio davvero simpatico e divertente. Alessandro Giova, invece, l'avevo visto al “Festival dei nuovi tragici” in un monologo tragicamente divertente, e poi nel concorso “Autori nel cassetto, attori sul comò” con l'interessante proposta in versione corto del suo “Alieni nati”.

Stasera li ritrovo qui che vestono panni completamente differenti. Alessandro è uno scrittore, un libero pensatore, una sorta di filosofo politico schierato contro il regime vigente.

Antonio, dall'approccio burbero e con una prepotente fisicità, è invece un sicario, un boia di stato, un essere asservito al potere con il compito di porre fine all'esistenza dell'altro protagonista che, con le sue idee, infastidisce i poteri forti.

Alessio Pinto riadatta e ricolloca, in tempi moderni, un radiodramma scritto da Friedrich Dürrenmatt nel 1951. Il testo tratta un argomento sempre attuale: l'importanza della cultura, strumento che permette di scegliere, di pensare, di porsi in antitesi al potere.

Originalmente ambientato nella Seconda Guerra Mondiale, il testo viene riadattato in forma teatrale da Alessio, che elimina i riferimenti a quel periodo, ammorbidisce il dramma in alcune sue parti e lo rende più fruibile rispetto all'opera originale.

Il messaggio intrinseco sottolinea un concetto fondamentale: non esistono poteri buoni. Il potere, qualsiasi esso sia, finisce prima o poi per utilizzare la violenza per annichilire la cultura in quanto forma di libertà e di scelta che stimola il libero pensiero. La cultura è ritenuta pericolosa e destabilizzante per ogni forma di potere.

Potere che qui è rappresentato dalla figura del boia di uno stato tirannico, che subdolamente lo ha incaricato di recarsi di notte dallo scrittore per eliminarlo, preferendo una soppressione silenziosa e nascosta ad un processo pubblico, che darebbe inevitabilmente vita ad una serie di riflessioni del popolo , seppur soggiogato.

L'unica arma con cui può difendersi un pensatore, la parola, viene così soppressa e soffocata nel buio della notte. Il confronto tra i due è ben evidenziato; in poco meno di un'ora di spettacolo molto avvincente, arriva subito al dunque, eludendo inutili divagazioni.

La musica di fondo crea un'atmosfera in sintonia con il dramma; l'uso delle luci è alquanto suggestivo. Bellissimo l'effetto ottenuto da un'illuminazione laterale che evoca la luce filtrante da una finestra; forse rappresenta una lontana e vaga immagine di speranza. Questo flebile chiarore illuminerà a turno entrambi i personaggi, dandogli un aspetto romantico e al contemporaneo fortemente drammatico.

Lo scrittore, consapevole, attende il suo carnefice nello studio, tra i suoi libri che insieme agli scacchi rappresentano la temuta cultura. Una bella rappresentazione della situazione: vittima e carnefice sono come le pedine: possono essere mosse o sacrificate da un giocatore supremo in un gioco più grande di loro. Quel soggiorno, allora, diviene una sorta di scacchiera in cui queste pedine umane si fronteggiano in una gara perversa.

Il fatto che lo scrittore sappia che il suo carnefice arriverà di notte, riporta inevitabilmente a pensare a ciò che accadeva in Argentina con i deparecidos, nella Germania nazista, nell'Italia fascista, nei paesi dell'est sotto il regime comunista... Ogni dittatura, per agire, sceglie il momento in cui la vittima è più indifesa perché si sente più sicura: in casa, mentre dorme, quando è con i suoi affetti, nel suo ambiente. Così, può colpirla a tradimento. È un modus operandi alquanto efficace, che racchiude un messaggio chiaro per tutti: nessuno è al sicuro.

Il nostro sicario, però, si presenta impacciato: entra in casa come un ladro maldestro e finisce per sottolineare la viltà e il pressappochismo del potere che manda un suo rappresentante alquanto discutibile a compiere la sua “giustizia”. Antonio è fantastico In questa duplice rappresentazione, quella di persona imbranata e quella di un uomo distaccato e serioso.

Anche questa è una sottile ed arguta trovata, perché ci mostra un uomo piuttosto comune, come tanti altri, in cui ci si può immedesimarsi e trovare delle affinità. Una figura di certo più familiare, più popolare di quella di uno spocchioso letterato.

Ognuno di noi potrebbe essere o diventare come lui. Apparentemente strampalato, nasconde una sua forte pericolosità, che grazie a questa presentazione passa quasi inosservata. Veniamo quindi beffati da questa figura in maniera fine ed intelligente, tanto da cominciare ad apprezzarla. Inconsapevoli stiamo subendo una sorta di sindrome di Stoccolma.

Entrambi sanno perché sono lì. Così, comincia un acceso confronto. Con rabbia e paura, lo scrittore padrone del pensiero e della parola aggredisce verbalmente il sicario, provocandolo e accusandolo di asservimento, quasi per avere un ultimo sussulto di supremazia, un fiero canto del cigno. Anche Alessandro è molto bravo nel suo ruolo districandosi ed evidenziando efficacemente queste dinamiche così contrastanti.

Il boia, vittima del potere, si difende rivelandosi una persona calma, posata, riflessiva; è un profondo intenditore delle sfaccettature e del carattere umano che ha imparato a conoscere uccidendo. Infatti, quando le sue vittime realizzano di essere innanzi al proprio imminente ed ineluttabile destino, appaiono per ciò che realmente sono, vere e trasparenti. Ecco un'altra sapiente trovata che offre uno spunto di riflessione: fingere, mentire a se stessi, accettare tutto è tipico di una società pronta all' asservimento di un potere repressivo. Qui è molto chiaro il riferimento alla Germania nazista. Il popolo germanico fu convinto subdolamente ad entrare nelle dinamiche del nazismo, grazie ad una forma di persuasione ed un bombardamento psicologico continuo, che qui troviamo velatamente ed elegantemente rappresentato nella boia.

Questo moderno Mastro Titta è consapevole del suo ruolo infausto, come lo era il boia di Roma. Sa di agire all'ombra di un potere che gli conferisce un'autorità, ma sa anche di essere dipendente da un potere ingiusto che lo soggioga, lo usa, costringendolo a compiere atti riprovevoli. È un uomo che non ha potuto scegliere e si è trasformato, suo malgrado, in un automa asservito. La sua supremazia sulla vita o sulla morte degli altri è però solo un bluff. Può infierire sul corpo delle vittime, ma nulla può sulla loro mente e sul loro pensiero.

Il pensatore, attraverso la sua dialettica, cerca di risvegliare l'umanità sopita del killer, il quale si rivela più umano di quello che ci si aspetterebbe; è così che paradossalmente si accattiva le simpatie del pubblico, surclassando il pensatore saccente, antipatico e provocatore. Siamo stati beffati di nuovo dal potere per mezzo di questa figura, in maniera fine ed intelligente, fino ad apprezzare un assassino. Anche in questo Antonio ed Alessandro sono molto convincenti, mentre la regia ha giocato bene le sue carte. Siamo infatti diventati tutti inconsapevoli vittime di questo gioco perverso. La simulazione dell'azione del potere attraverso lo spettacolo ci ha soggiogati, infettati, presi in trappola, portandoci a pensare e ad accettare qualcosa che non ci appartiene, subendo un velato indottrinamento tipico delle dittature. 

Cominciamo ad essere sempre più invischiati in questa situazione, e indifferenti assistiamo al precipitare degli eventi, così come rimangono indifferenti alle richieste di aiuto dello scrittore i cittadini quando urla dalla finestra, Ecco un'altra arma che il potere usa a suo vantaggio: l' indifferenza.

Ancora una volta lo spettacolo, senza accorgercene, ci dimostra come funzionano e inibiscono le dinamiche che soggiogano un popolo, e come queste hanno fatto breccia anche sullo spettatore ignaro.

Il confronto è drammaticamente poetico, efficace e suggestivo, grazie a questi due bravi attori, molto diversi tra loro sia per approccio recitativo che per aspetto. Scelti con cura da Alessio, riesce a sottolineare la loro differenza profonda, evidenziata e rimarcata attraverso i giusti costumi. Anche richieste sono perfette per questo ruolo: Alessandro, di corporatura più esile tipica dell'intellettuale, ci appare nervoso, agitato, impaurito ma anche provocatorio mentre si prepara emotivamente e psicologicamente alla sua divisione con un' escalation ben costruita dall'attore e dal testo .

Antonio sembra gigantesco, apparentemente un bonaccione, racchiude in sé e svela una grande profondità ed umanità visibilmente schiacciata dal suo ruolo e dalle tante uccisioni che porta sulle spalle, che lo hanno indurito.

Due anime dannate: una finirà stanotte la sua lenta agonia, l'altra è condannata a perseverare e convivere con i suoi latenti sensi di colpa.

Due attori che catturano l'attenzione, che ci trascinano in quella scenografia tetra e buia, soffocante e pesante, avida di luce. Ci si aspetta un colpo di scena, o un finale inaspettato, o forse un lieto fine. L'abbraccio del tristo mietitore però incombe…

  

COLLOQUIO NOTTURNO CON UN UOMO DISPREZZATO

con Antonio Conte e Alessandro Giova

Adattamento e Regia di Alessio Pinto

Aiuto Regia di Claudia Onofri

Costumi di Loredana Labellarte

È tristissimo doverlo ammettere ma una discreta parte dei giovani d'oggi (italiani, europei od americani non fa alcuna differenza) è composta di elementi mentalmente manipolati; privi degli strumenti elementari indispensabili per comprendere di esserlo. Anzi: più la manipolazione si accanisce sulle loro scarne menti, più fa presa. Il riferimento al cosiddetto “caro affitti” è lapalissiano. Il dato più raccapricciante di questo sconfortante quadro è il fatto che essi si compiacciano nel sentirsi etichettati ed identificati come bestiame. Ultima generazione è la bandiera od il marchio - se volete, sotto cui squittiscono di gioia allegramente uniti. Ed è una definizione perfetta, impeccabile: sono gli ultimi in senso etimologico. Gli ultimi, gli scarti di questa generazione di incapaci eterodiretti. A loro piace essere definiti così perché – come si accennava poco sopra – non hanno strumenti per comprendere cosa dicono, fanno e quale sia il contenuto delle loro istanze! Dunque, ultimi. Ripetono con sterile psittacismo slogan suggeriti ad hoc. Se intervistati riproducono fedelmente ed acriticamente il nastro imparato a memoria attinto dai social. Pensano di essere ed agire come avanguardisti del pensiero sociale; persuasi di aver scoperto il Santo Graal dell'equità sana e giusta: l'affitto delle abitazioni limitrofe agli atenei è caro e dunque ci accampiamo con la tenda sino a che o i sindaci ci assegnano le case sfitte o lo Stato ci stacca l'assegno per il pagamento dell'affitto.

 

A sostenere queste insensatezze, sono i figli di quei genitori che per ragioni spesso economiche, vivono lontano dai costosi centri presso cui sorge la quasi totalità degli atenei. E questi ingrati, invece di rimboccarsi le maniche, studiare e conseguire titoli il più velocemente possibile (chi vi scrive percorreva 80 chilometri al giorno tra andata e ritorno, conseguendo la Laurea in un anno e mezzo e la specializzazione idem con la media del 28/30) cosa fanno? Frignano! Qualcuno dovrà prima o poi notificare loro che la Vita si incaricherà di spezzarli in quattro: non è umano pretendere tutto e subito. Perché le cose ottenute senza fatica, non valgono e di conseguenza non vengono rispettate. Di contro, ogni effetto conquistato, assume valore perché compendia il sacrificio, lo incarna proprio. Esattamente quello che voi non conoscete.

Certo, il fatto che 10 anni fa foste alle elementari, gioca a vantaggio vostro e induce noi critici ad una maggiore benevolenza. Però questa viene nuovamente azzerata nel momento in cui non riuscite a capacitarvi di essere manipolati! Vi siete mai chiesti come mai questa mania degli affitti salati sia scoppiata all'unisono in tutto il mondo Occidentale? Non vi sfiora forse il sospetto che vi stiano usando tanto qui in Italia quanto in Europa ed in America per distrarvi dal tema Guerra, quello sì meritevole di ferocissima battaglia cui prenderei parte seduta-stante anch'io? Proprio non ci arrivate? Eppure si mormora che siate fenomeni col telefonino. Ah, forse lo sapete usare solo per giocare ma per le cose da grandi ancora dovete maturare. Steve Jobs, prima di morire, esattamente il 12 Giugno 2005, spese parole sensate, sacrosante direi, in occasione di quel discorso rivolto proprio agli studenti universitari di Standford (CA) ai quali disse: “Non accontentatevi mai e non abbiate paura delle sconfitte. Da lì arriveranno le svolte migliori”. Ecco, siete finiti in una tenda! Come tanti pupazzetti indottrinati, tutti omologati, tutti uguali, tutti in fila, per la profonda quanto intensa goduria di chi vi osserva di lontano e si bea del risultato mondializzante ed anestetizzante ricavato col minimo sforzo. Ma come fate a non rendervi conto dell'immane idiozia che state compiendo e del tempo sprecato nel vuoto siderale di queste grottesche sceneggiate in cui vi producete? Ma non riuscite a vederli coi vostri occhi questi governi di sfacciati ingiacchettati – anch'essi eterodiretti dalla stessa mano che manipola voi – pronti alla Guerra, intenti ad ammucchiare armi mentre ammantano di ripugnante perbenismo intellettualoide intese inconfessabili al punto che debbono essere nascoste alla pubblica opinione col segreto di Stato, o le vedono solo i vecchi cinquantenni ed oltre come me?!? Vi stanno inducendo in uno stato di torpore nel quale risulterete sempre più innocui. Il prototipo dei popolatori del 2023: stupidi ed incapaci di leggere la realtà perché indottrinati! Il Mondo sta ad un passo dall'autodistruzione atomica e voi scandite slogan di affitti cari e condizioni climatiche di cui non sapete nulla?!? Ah, come aveva ragione Eschilo: “Chi pretende d'insegnare è spesso chi ha bisogno d'imparare”. Vi prendono in giro perché siete inesperti. Come riportavo prima, dieci anni fa avevate dieci anni o quindici anni al massimo. Ora site solo più grandi di dieci anni ma non avete ancora capito nulla della Vita e chi vi viene a dire che “voi contate; che siete delle risorse; dei sani anticorpi di uno Stato allo sbando”, ebbene sappiate che sono proprio coloro i quali vi stanno inoculando l'anestesia. Siete ancora in tempo. Manca poco. Il futuro vero è quello che vi dovrà vedere uniti contro la Guerra e l'autodistruzione atomica, e intenti a cianciare di ghiacciai disciolti ed auto elettriche! Laureatevi in fretta, possibilmente con buoni voti e vedete di cacciare via dai palazzi che contano quelli che hanno distrutto la mia generazione e sta anestetizzando la vostra per continuare a gestire i destini di un Mondo malato.

Stay hungry. Stay Foolish. Siate affamati. Siate folli e... risvegliate i vostri simili. Loro vi temono, per questo vi indottrinano!!!

 

 

Andrea Signini

May 15, 2023

May 13, 2023
Denny Mendez

Carissima Denny, dopo cinema, televisione, inserimenti in videoclip, presentatrice in programmi televisivi, sei approvata con meritato successo anche in teatro dove non si recita solo una parte, ma in qualche modo se ne vive l'empatia.

D Quanto vieni coinvolta emotivamente da questo tipo di spettacolo? 

Per ogni tipo d'impegno lavorativo m'impegno tantissimo, a volte anche troppo ma è necessario se si vuole raggiungere al meglio ciò per cui stiamo lavorando. 

D Stai portando in giro per l'Italia insieme a Francesco Branchetti "Cose di ogni giorno" di David Norisco con la regia dello stesso Branchetti. Tu sei Rina che ha un ruolo fondamentale con carattere e grande sensibilità.  Vuoi parlarci di questo impegno? Cosa si vuole rappresentare? Quanto ne sei coinvolta? 

R_Questo spettacolo con Francesco Branchetti, rappresenta ciò che può accadere in ogni tipo di famiglia, sia essa di estrazione borghese che non propriamente benestante; il titolo stesso dello spettacolo è "Cose di ogni giorno" e sta proprio ad indicare questo, le consuetudini di molte famiglie, questo impegno è arrivato in un momento molto importante della mia vita; entrare nelle parti di Rina vuole dire rappresentare una donna che gestisce il suo ruolo verso marito e figli in un determinato modo, personalmente non sono caratterialmente simile alla protagonista ma ogni donna agisce in modo diverso 

D- Tu sei una donna sensibile e attenta al mondo che ci circonda; ti batti per le donne, per i diritti e per ogni tipo di ingiustizia, tutto questo ti fa onore. Hai mai pensato di puntare in prima persona verso un tipo di spettacolo che sia televisivo, teatrale o d'intrattenimento su questo tipo di argomenti? 

R-Certamente sto valutando un progetto che avvalori alcune problematiche come la violenza alle donne, i vari problemi legati all'infanzia, le discriminazioni di vario genere. Devo dire che io stessa ho avuto alcune difficoltà e forse proprio perché ne conosco le sensazioni vorrei essere una voce per chi non ne ha. Con questo non voglio mettermi dietro ad alcuna cattedra, sono una persona umile e tale voglio rimanere ma sarei felice se potessi di essere eco per quelle minoranze che spesso non hanno ascolto. 

D-Sei giovane, hai avuto molte esperienze lavorative e dobbiamo dire che non hai chiesto aiuto a nessuno se non a te stessa e alla tua determinazione e preparazione.

Cosa consiglieresti a quei giovani che vogliono intraprendere la strada del cinema, teatro o televisione? 

R-Cosa direi ai giovani che vogliono affacciarsi nel mondo dello spettacolo? una sola parola. lavoro, lavoro, lavoro, lavoro. Mai fermarmi, anche nei momenti difficili quando tutto sembra complicato, quando ti dicono di no, quando non vedi alternative. Insistere! E' molto importante anche il supporto della famiglia che sia stimolo e non ostacolo. Fondamentale il guardarsi intorno, informarsi, sapere, conoscere e condividere. Comunità! è una parola che io amo molto. 

D- Hai frequentato più di una scuola di recitazione e questo ha garantito alla tua formazione un'esperienza fondamentale per la tua professione- Quanto è stato impegnativo lo studio? quanto sei ancora impegnato, se lo sei, in questo? 

R-Lo studio è fondamentale, necessario e personalmente studierò per tutto il tempo che farò questa professione. E' necessario come necessario è essere curiosi; io lo sono, mi piace

  Marzia Carocci a sin. con Denny Mendez

conoscere, sapere, informarmi sempre. Adesso ci sono tante tecnologie, le intelligenze artificiali ma non credo che possono mai sostituire la mente umana. Ce l'abbiamo fatta fino ad adesso, perché dovremmo cambiare? 

D-Dal tempo in cui fosti eletta Miss Italia, a oggi hai raggiunto ottimi traguardi, lo hai sempre fatto con estrema perizia e preparazione artistica.  C'è qualcosa che non avresti voluto fare? C'è invece qualcosa che rifaresti in maniera differente? 

R_No, non c'è niente di cui mi pento, tutto può servire per migliorare alcune scelte. Per poter brillare bisogna passare attraverso le difficoltà, dico questo almeno per quanto mi riguarda. In maniera differente al passato però, a questo periodo della mia vita, vorrei poter scegliere i copioni e recitare quei ruoli che abbraccino le mie riflessioni introspettive, il mio modo di vedere di condividere il pensiero sceglierei quindi quei progetti che abbiano all'interno le stesse idee che io stessa vorrei esprimere. Mi piacerebbe poi lavorare basandomi sull'internazionalità. 

Adesso Denny, lascio sempre ai miei intervistati una domanda che io definisco "bianca", bianca perché in realtà è solo uno spazio dove vi è la libertà di pensiero e di parola da parte tua, quindi puoi lasciarci con un'idea, una frase, una poesia, un qualcosa che sia completamente tu. 

R-In questo spazio mi sento di lasciare solo un commento: 

LA VITA NON E' TROVARE TE STESSO. LA VITA E' CREARE SE STESSI 

Grazie per il tuo tempo

     il colore del Timorasso

Due.Zero 

Perché si dice 2.0? Dicitura largamente diffusa ed utilizzata nella lingua italiana contemporanea ma sappiamo realmente cosa significa e perché si dice in particolare in riferimento a questo evento?

Il 2.0 non è altro che l'interazione tra l'utente e il sito. Ed allora cosa vuol dire Derthona Due.Zero?

Da leggere come aggettivo posposto, serve a caricare Derthona di una qualità, di quella caratteristica che la vede competente e aggiornata. Vogliamo allargarne il significato?

Essere 2.0 significa essere aggiornati, connessi, globali e veloci. Vuol dire essere un passo avanti rispetto agli altri, saper utilizzare le nuove tecnologie senza particolari problemi. Un fenomeno in continua evoluzione che sarà caricato di ulteriori significati.

 
                                 le Aziende partecipanti 

Derthona

Derthona, antico nome latino (Derthona Julia) dell'attuale città Tortona in provincia di Alessandria. Dal punto di vista vitivinicolo riferimento per il vitigno a bacca bianca Timorasso dei Colli tortonesi divenuta una Doc nel 1996.

Museo Orsi

intitolato alla memoria di "Roberto Giuseppe Orsi Carbone", pioniere nell'ambito della meccanica agricola. Esempio di archeologia industriale oggi è trasformato in locali pubblici con una estensione espositiva di 1.800 mq. Un'esposizione permanente di vecchi cimeli (trattrici, locomobile, pressaforaggi, trebbiatrici, mietitrebbia) fa da contorno ad eventi addirittura Due punto Zero.

Colli Tortonesi

Il comprensorio viticolo della denominazione Colli Tortonesi DOC è costituito da trenta comuni collocati nella parte sud est del Piemonte con predisposizione geologica e climatica ad ospitare una viticoltura di elevata qualità. Terreni argillo-marnosi che trasferiscono alle uve e di conseguenza al vino alcuni sali tra questi il ​​litio, dandone caratteristiche uniche come la forte che instaurerà all'invecchiamento.

Timorasso

Il Timorasso è un vitigno a bacca bianca presente nei Colli Tortonesi fin dall'antichità. Dimenticato negli anni, è stato recentemente recuperato dai produttori e la sua fama è cresciuta fino a farlo diventare la bandiera dei Colli Tortonesi . Le performance del vino ne determinano i numerosi successi sanciti con premi e primarie posizioni in concorsi enologici.

     Museo Orsi. Macchina antica

Due.Zero, Derthona, Museo Orsi, Colli Tortonesi, Timorasso , tutti elementi che anche quest'anno ,per due giorni , hanno dato vita ad un grande banco di assaggio, dove è stato possibile degustare in anteprima i vini dell'annata 2021 ed allo stesso tempo anche bottiglie con più anni di invecchiamento mettendo in evidenza il potenziale evolutivo di questo vitigno e dei suoi elementi che lo individuano: freschezza in gioventù; equilibrio, potenza, finezza ed intensità con l'invecchiamento.

Attraverso la degustazione di alcuni vini è stato possibile analizzare le diverse sfumature e interpretazioni che le principali aree della denominazione sono in grado di donare a questo vino contribuendo in modo determinante a creare un carattere.

Un plauso doveroso al Consorzio Tutela Vini Colli Tortonesi vuoi nel titolare l'evento Derthona Due.Zero, proiettandolo nel futuro, vuoi per l'accoglienza e la disposizione semplicemente fruibile delle aziende. Senza dimenticare i produttori (53) che credono in questo Rinascimento del Timorasso . Capoau!

Urano Cupisti

 

 

 

 

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