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Due docenti universitari, Francesco Benozzo (Alma Mater Studiorum/Università di Bologna) e Luca Marini (Università degli Studi di Roma “La Sapienza”) si sono dapprima rivolti alla comunità accademica, tramite il blog dello storico Franco Cardini ( https://www.francocardini.it/minima-cardiniana-339-3/), e poi alle più alte cariche dello Stato, esprimendo forti considerazioni critiche relative ai provvedimenti emergenziali adottati dal governo italiano, con particolare riferimento all’adozione del green pass.
Nel primo documento (13/08/21), i due docenti, constatato che, nel corso di un anno e mezzo, il mondo universitario non ha fatto nulla per avviare un qualche dibattito sui vari aspetti problematici dei metodi e dei provvedimenti governativi adottati nelle strategie anticovid, denunciano il “silenzio assordante e imbarazzante di rettori, organi accademici, sindacati e associazioni” di fronte al Decreto legge 6 agosto 2021, n.111, provvedimento da essi ritenuto concretizzare “sul piano giuridico, la più grave violazione dei diritti umani perpetrata dal 1945 ad oggi”.
Ed in merito alla campagna vaccinale tanto perentoriamente portata avanti dal nostro Governo,
ribadiscono quanto segue:
- I cosiddetti “vaccini” anticovid sono stati autorizzati “in via condizionata” dall’Unione europea (per un anno), pur in assenza di dati clinici completi in merito alla loro reale efficacia e sicurezza.
- Dal prossimo autunno dovrebbero essere ufficialmente disponibili terapie anticovid.
- L’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa ha raccomandato di evitare l’obbligatorietà vaccinale.
- L’Unione europea ha adottato, nello scorso giugno, un regolamento che afferma la necessità di evitare qualsiasi forma di discriminazione nei confronti dei soggetti che “hanno scelto di non vaccinarsi” (n.953/2021, relativo all’EU Digital Covid Certificate).
- Nessun cittadino italiano può essere obbligato a vaccinarsi, in ragione dell’ art.32, secondo comma, della Costituzione.
Nel secondo documento (14/08/21), poi, rivolto direttamente al Presidente della Repubblica, i due accademici dichiarano di voler sottoporre alla Sua attenzione e valutazione gli aspetti critici e contraddittori della campagna vaccinale in corso, mettendo in luce come questi si stiano sempre più palesando alla coscienza collettiva, scrivendo, in particolare, quanto segue:
“Con la mutata consapevolezza collettiva, gli italiani continuano ad assistere alle azioni del Governo volte a promuovere la campagna vaccinale, ora obbligando alla vaccinazione gli appartenenti alle professioni sanitarie, ora adottando provvedimenti che di fatto spingono surrettiziamente alla vaccinazione larghe porzioni di cittadini, nonché ulteriori, specifiche categorie professionali, come i docenti delle scuole e delle università.
Queste azioni, se prefigurano possibili violazioni dei diritti e delle libertà fondamentali garantiti dalla Costituzione italiana, si pongono immediatamente in contrasto con alcuni principi generali di diritto internazionale e di bioetica, quali il principio di precauzione, recepito anche dal Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, il principio del consenso informato, sancito dal Codice di Norimberga del 1947 e, da allora, mai più messo in discussione, nonché il principio di beneficienza, di non maleficenza e di equo accesso alle risorse sanitarie, cui si ispira anche la Convenzione europea sui diritti dell’uomo e la biomedicina.
Le azioni del Governo si pongono in contrasto anche con le dichiarazioni contenute nella risoluzione 2361 (2021) dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa del 27 gennaio 2021 – e con le relative norme della Convenzione europea sui diritti dell’uomo – secondo cui gli Stati devono assicurare che «i cittadini siano informati che la vaccinazione non è obbligatoria e che nessuno subisca pressioni politiche, sociali o di altro tipo affinché si vaccini, se non desidera farlo personalmente», nonché con le considerazioni contenute nel preambolo del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 2021/953 del 14 giugno 2021, secondo cui occorre evitare la discriminazione diretta o indiretta dei soggetti che «hanno scelto di non vaccinarsi».”
Entrambi i documenti hanno il pregio di fare ricorso a toni contenuti, privi di gratuite colorazioni polemiche, presentandosi volutamente essenziali ed antiretorici. Con il grande merito di andare subito al cuore della questione, facendo ben emergere la necessità di una aperta riflessione (libera da apriorismi irrazionali) in merito a quanto sta accadendo, nel comune interesse individuale e nazionale.
Saprà il mondo accademico finalmente accogliere l’invito al confronto critico e dialettico?
Vorranno le alte cariche dello Stato (dal Presidente della Repubblica alla Corte Costituzionale) prendere in seria considerazione la gravità di quanto sottolineato dai due illustri studiosi?
Intanto, quanti volessero condividere e sostenere la lettera-appello di Benozzo e Marini alla Presidenza della Repubblica, possono farlo grazie all’iniziativa qui promossa:
Seguo le vicende afghane da quasi trent'anni, dapprima come ricercatore e giornalista e poi, più da vicino come “practitioner” di varie organizzazioni internazionali attive in Asia centrale.
Se sono stato anch'io colto alla sprovvista dalla rapidità del crollo del regime di Kabul a Ferragosto, non ho mai avuto dubbi che questo sarebbe stato l'esito finale della sciagurata invasione lanciata dagli USA nel 2001. Ricordiamo alcuni punti fondamentali. Durante l'intervento sovietico in Afghanistan (1979-1989), gli USA hanno armato ed addestrato bande di fondamentalisti islamici provocando l'esplosione della “jihad” (e del traffico d'eroina) a livello mondiale. Dopo che il paese sprofondò nel caos in seguito all'abbandono sovietico, sempre gli USA approvarono la presa del potere da parte dei talebani. Quando, in maniera a tutt'oggi inspiegata in modo razionale, avvenne l'attacco dell'11 settembre, Washington decise d'invadere il paese senza uno straccio di prova che riconducesse i terroristi al regime dei Talebani.
Quella in cui gli europei sono stati coinvolti per vent'anni è stata dunque una guerra d'aggressione senza qualunque base legale. Tale guerra gli americani l'hanno condotta sulla pelle degli altri (l'Alleanza delle minoranze afghane del Nord) o seppellendo le posizioni nemiche di bombe, ogni volta falciando decine di innocenti.
Gli americani si sono quindi ingegnati a mettere al potere una serie di dipendenti delle loro multinazionali, completamente scollati dalla realtà del paese. In parallelo, con l'entusiastico sostegno dei vassalli europei, si è cercato di vivere in un paese di comunità agricole tradizionali il modello occidentale di stampo anglo-americano. In tal modo, gli occidentali hanno ripetuto l'errore sovietico, solo sostituendo il liberismo al marxismo. Peggio prima, la stragrande maggioranza degli afghani (non i dipendenti delle ONG mostrati dalle TV italiane) ha accolto con ripugnanza un modello di modernità che anche da noi semper di più si rivela come insieme marchio, basato su com'è sulla mercificazione di ogni valore , la competizione quale regola onnipresente, un femminismo puritano anglossassone che crea odio verso gli uomini, pornografia di massa come “liberazione”. Per non parlare degli eccessi “LGTB”, che suscitano orrore in tutte le società ad est della linea Varsavia-Istanbul.
Anche trascendendo dall'avversione delle masse per gli pseudo-valori occidentali, il tentativo di applicarli in Afghanistan nasceva morto nel momento in cui non si prevedevano sforzi per la costruzione di un'architettura statale ed economica efficace per il nuovo protettorato. I sovietici questo lo fecero ed in effetti il regime da essi lasciato a Kabul ottenuto per reggersi da solo sette anni (1989-1996).
Sotto gli americani, nella corruzione regnante di governanti senza scrupoli al soldo dello straniero, le masse si sono riallineate ai rappresentati del vecchio ordine – che per inciso avevano anche bloccato un narcotraffico ridivenuto imperante durante l'occupazione.
Per anni Washington e le sue ignave ancelle europee (i soli a credere nella retorica dei diritti umani) hanno cercato di corrompere quanti più gente possibile per portare qualcuno dalla loro parte. Costoro li abbiamo visti accalcarsi dietro gli aerei all'aeroporto di Kabul.
Per noi europei la cosa più indicata da fare di fronte a questo disastro sarebbe di trarne le debite conseguenze e scuotersi da un torpore che ci porterà solo nuove tragedie.
Vent'anni fa scrissi che l'Afghanistan, dopo essere stato la tomba del potere sovietico, annunciava l'inizio della fine dell'egemonia anglossassone sulla scena internazionale. Sottolineo anglosassone invitando chi legge a finirla con la retorica dell'“Occidente”, che è solo una sovrastruttura per il dominio anglo-americano sul resto dell'Europa. Le immagini che arrivano da Kabul servono a riflettere sul fatto che strutture come la NATO non contano più a creare sicurezza contro l'instabilità (basta guardare alla Libia) in cui l'Italia è oggi immersa. I paladini dell'“Occidente” smettano di stracciarsi le vesti per le mogli dei funzionari defenestrati di Kabul ed inizino invece a concentrarsi sulla situazione delle donne saudite, martoriate da un regime a cui il sistema a cui loro si vantano d' appartenere fornisce ogni genere di supporto. Traiamo dalla tragedia dell'Afghanistan le giuste lezioni, dobbiamo tornare padroni del nostro destino se vogliamo evitare nuovi disastri per il futuro, anche perché, data la nuova guerra fredda che USA e Gran Bretagna alimentano contro la Russia, saranno sempre più vicini a noi.
* Fabrizio Vielmini è analista di Vision & Global Trends ( https://vision-gt.eu )
Nazarbayev |
È sempre difficile trovare un filo conduttore che congiunga l'intera esperienza politica di uno statista, specie se questa si dipana lungo un arco temporale nel corso del quale si sono succeduti eventi politici, economici e sociali di rilevanza storica e rivolgimenti geopolitici epocali.
Nell'azione politica di uno statista di lungo corso, poi, spesso prevalgono le istanze tattiche ed un pragmatismo tali che oscurano e svalorizzano gli obiettivi strategici enunciati, fino al punto di snaturarli. Come in altri ambiti, anche in quello politico è sempre presente, infatti, l'eventualità di quel processo che viene definito come l' eterogenesi dei fini . La consuetudine del e col potere, inoltre, induce sovente nel politico una sorta di ossessione, di smania di presenzialismo il cui risultato è quello di piegare, se non di sacrificare, il bene comune, l'interesse nazionale e perfino le internazionali relazioni al proprio egotismo. Nel caso del primo presidente della Repubblica del Kazakhstan, Nursultan Nazarbayev , ciò non è avvenuto.E non è avvenuto non solo in ragione della sua tempra psicologica, delle sue doti caratteriali, delle competenze e delle variegate esperienze umane e politiche che ne hanno ad un tempo favorito, forgiato e consolidato il suo ruolo di “servitore del bene comune”, ma anche e soprattutto per una “visione globale” della politica internazionale e del destino del Kazakhstan in questa visione.
L'essere un civil servant , direbbero gli inglesi, o un grand commis d'État , i francesi, è la cifra che sembra contraddistinguere meglio di altre il percorso di Nazarbayev quale uomo pubblico. Il servizio per il bene comune è stato infatti l'imperativo cui Nazarbayev ha tenuto fede con senso di responsabilità e di equilibrio sia nella passata esperienza sovietica sia in quella inaugurata trent'anni fa con la proclamazione della Repubblica del Kazakhstan. Nazarbayev ha fatto tesoro della sua esperienza sovietica cogliendone gli aspetti positivi e stare attento a non ripercorrerne gli errori.Ma l'opportunità storica di costruire ex novo la repubblica e lo stato nazionale del Kazakhstan dopo il collasso sovietico hanno, in un certo qual modo, ha messo in evidenza le sue peculiarità di statista proattivo sulle questioni della pace e del raggiungimento dell'armonia internazionali.
“Pace ed armonia paiono essere, dunque, due tra i principali vettori della visione politica di N. Nazarbayev ”
Ci sono alcuni motivi razionali sui quali vale la pena riflettere per capire appieno quanto l'iniziativa internazionale del Kazakhstan, promossa da Nazarbayev fin dalla nascita del stato nazionale, sia stata, in alcune fasi, caratterizzato dalla volontà di nuovo processi di pace durevole e armonia a livello regionale ed internazionale.
Uno dei motivi principali è dato dalla posizione geografica del Kazakhstan. L'essere al centro della parte asiatica della massa continentale eurasiatica e ai confini di due giganti, quali sono indubbiamente la Federazione russa e la Repubblica popolare di Cina, pongono infatti la sfida dell'autonomia e del perseguimento dell'interesse nazionale kazaki. Tale centralità geografica pone anche la necessità di trovare una posizione che soddisfa la propria vocazione geopolitica quale perno essenziale per il mantenimento della stabilità regionale. A distanza di trent'anni, possiamo dire che l'obiettivo è stato raggiunto: fortunatamente per la regione, ma anche per il Globo intero, la stabilità è, fino ai nostri giorni, mantenuta grazie alle politiche volte alla pace ed alla cooperazione internazionale perseguite dal primo presidente kazako.
L'altro motivo per cui sono state favorite politiche ed iniziative volte al raggiungimento dell'armonia in ambito domestico, e sul quale necessita riflettere per comprendere l'iter politico di Nazarbayev, è dato dalla grande sfida che il primo presidente della nuova repubblica ha dovuto affrontare: quella relativa alla frammentazione sociale, etnica e religiosa cui l'intero corpo della giovane Nazione poteva incorrere. Il Kazakhstan è un Paese multietnico, permeato da culture varie e sensibilità religiose diverse; nell'epoca degli identitarismi ideologici e degli egoismi neonazionalisti o del cosiddetto scontro di civiltà – per dirla con le parole dello scienziato politico statunitense Samuel P. Huntington – solo una oculata politica volta all'armonia ha potuto salvare questo paese dalla catastrofe, e con esso la stabilità dell'intera regione centroasiatica.
Le iniziative di Nazarbayev riguardo alla pace ed all'armonia non si limitano però al solo perimetro nazionale e/o regionale. Esse, infatti, vengono declinate ed implementate per circa un trentennio in ambito globale. Il progetto ATOM, riconosciuto a livello ONU, ad esempio, costituisce un concreto passo verso il disarmo mondiale, così come le iniziative volte alla costituzione della Unione eurasiatica regionale un passo verso non solo una una garanzia ma un elemento per il raggiungimento di una cooperazione armonia in campo economico e politico a livello mondiale. Anche le iniziative volte al Dialogo di Civiltà, dapprima volte ad assicurare una “pace” domestica tra le varie sensibilità religiose, si ampliano con i Forum dedicati alle questioni internazionali più scottanti (Iran, Siria, Caucaso, ecc.),
Oggi, il primo presidente della Repubblica del Kazakhstan ai suoi successori ed alle generazioni future una eredità politica – costellata di istituzioni e di .
*Tiberio Graziani è Presidente di Vision & Global Trends. Istituto internazionale per le analisi globali
SATHYA SAI BABA RISPONDE.
DOMANDA: "in questo cambiamento spirituale che sta accadendo, qual é il ruolo dell'Italia?"
SAI BABA:
"Se l ʼ Italia non si é ancora fatta a pezzi, é per via delle benedizioni dei grandi santi.
Questa é la terra di Dio.
Questa é la terra dei santi.
Tutti loro non sono andati da nessuna parte. Sono tutti quì, vi proteggono, sono qui a dirvi la verità.
Ci Saranno momenti molto gloriosi Più avanti e Cio che sta per Accadere nel futuro e che potrete testimoniare Nella Vostra vita è di gran lunga al di là di Quanto SIA mai accaduto nella storia dell ' umanità.
Questo tempo meraviglioso è davanti a noi. Siate preparati.
Siate fiduciosi.
In tempi a venire, la Divinità in ciascuno sorgerà e molte persone in tutto il mondo predicheranno la verità che tutti sono Uno.
Coloro che non riusciranno a capire questa verità periranno, proprio come le piante muoiono quando le stagioni cambiano.
Coloro che seguono il percorso del dharma (cioè della giustizia) saranno protetti dal dharma.
Verrà un momento in cui in tutto il mondo ci sarà soltanto una religione:
la religione dell'amore.
Le persone saranno stufe della meschinità, dell'egoismo, dell'avidità e dell'odio e porranno fine a tutto ciò.
Si sveglieranno alle necessità del mondo e diventeranno altruiste, poiché il futuro non gli lascerà scelta.
In futuro, non ci sarà spazio, opportunità od occasione per gli egoisti, in quanto essi periranno come risultato delle loro stesse azioni, senza l'intervento di nessun altro.
Se non si adatteranno al futuro, andarsene, proprio come gli alberi periscono quando la stagione cambia, secondo la legge dell'evoluzione.
L ʼ evoluzione è l'unica via. Il futuro è per il Divino, non per chi è semplicemente umano. Se non vi eleverete per diventare divini, non sarete adatti al futuro.
Le campane che suonano per annunciare questa nuova era sono al contempo campane d'allarme, perché vi ricordano quanto ancora deve essere fatto: sì, sono un promemoria. Perciò, questi sono tempi che offrono molte opportunità. Dovete cambiare in meglio.
Vi sto spaventando?
Non c'è nulla di cui aver paura.
Questi esami ci devono essere: alla fine dell'anno tutti devono supportare gli esami. Perché avere paura quando l'insegnante è con voi e sta insegnando?
Se ce la mettete tutta, imparerete la materia e passerete facilmente tutti gli esami.
Questi cambiamenti avverranno nei prossimi anni e molto rapidamente.
Dal 2020 al 2027 ci saranno dei cambiamenti rilevanti nel modo di pensare e nel modo di vivere della gente.
Ogni cosa andrà incontro a uno straordinario mutamento.
Ciò che potrebbe apparire come distruzione e annientamento è in realtà un processo di purificazione e ricostruzione.
Srishti, sthiti, laya (creazione, conservazione e distruzione) sono tutte parti dell'opera di Dio.
Dovete rimuovere le erbacce affinché possano crescere l'albero.
Il mondo deve subire un cambiamento improvviso di grande entità.
Questi sono i dolori che bisogna subire, i dolori del parto, per far nascere la Nuova Era.
Succederà. Nessuno può fermarlo, né può evitarlo, perché non c'e ʼ scelta, fa parte del piano.
Se seguite il piano, sperimenterete la felicità; se resistete, sperimenterete la sofferenza.
Vedrete.
Generalmente, ogni volta che predico qualcosa la gente non comprende,
in quanto non l'ha mai visto prima e non sa cosa possa essere.
Tuttavia, gradualmente, anno dopo anno, veder il cambiamento.
Siate felici di essere testimonianze di un racconto Era. Non accade spesso.
Tutti saranno divini, traboccanti di energia divina, vibranti di amore divino.
Così diventerà il mondo intero.
Non ti preoccupare.
Il futuro dell'Italia é al sicuro, ma il futuro non é come ti aspetti che sia.
Il progresso non é al di fuori, ma é dentro.
Questa terra non sta per perire.
Coloro che non insieme questi allo spirito di questa terra, sì che periranno.
Coloro che sono dharmici e spirituali continueranno a prosperare.
Quando l ʼ Età dell ʼ Oro albeggerà, alcune piante sopravviveranno, alcune piante periranno.
Alcune persone passeranno alla nuova era, alcune persone se ne andranno, poiché questa è l ʼ ora più buia prima dell'alba.
C ʼ e ʼ così tanta irrequietezza nel mondo, ma questo va solo a profondamente che l ʼalba sta per arrivare presto; così Io vado in giro a parlare del grande messaggio di amore e di servizio, che vi aiuterà a sbarazzarvi delle vecchie abitudini di egoismo e attaccamento e vi aiuterà ad evolvervi nella nuova era.
Quindi, sì, è necessario preoccuparsi per tutti gli altri, ma in primo luogo, guardate dentro e vedete in che misura vi siete evoluti."
Non condivido queste parole come seguace di Sai Baba ma so che ogni persona che ha toccato una certa qualità spirituale non può che riconoscere il valore evolutivo storico-sociale spirituale politico strategico creativo dell'Italia al cospetto del mondo così come non si può ignorare la problematica di tutti gli ebrei per i ritardi che stiamo vivendo per colpa di un popolo che non vuole riconoscere il Cristo.
Ci sono moltissimi passi in cui Rudolf Steiner già all'inizio del secolo parlava della funzione organica dei piccoli stati come dei piccoli organi senza i quali però la vita non è possibile; non si tratta più di un dominio territoriale numerico ma di una contingenza qualitativa di relazioni karmiche e spirituali con le verità soprasensibili di cui l'unica scienza capace di parlare in questo momento è la scienza dello spirito.
La natura umana è di per sé un viaggio di difficile interpretazione. L’uomo nasce come animale istintivo che solo la coscienza lo rende conoscitore del giusto e dell’errore, del bene e del male. Ma la coscienza si può reprimere? E quanto è possibile fare entrare o uscire il male? Quando la propria coscienza si lascia condizionare a favore di un potere, dal denaro, dell’onnipotenza? Chi riesce a fermarsi? Chi si lascia trasportare dall’ingordigia del proprio ego?
Michele Giuttari prima di essere scrittore è stato un poliziotto, la sua esperienza in campo investigativo lo ha portato in vari campi d’indagine dove spesso la coscienza non è stata mai padrona dell’individuo. Anni di indagini: terrorismo, omicidi, mafia, notti insonni e difficoltà fra giorni di luce e momenti di grande oscurità lo hanno portato a scrivere nero su bianco fatti, esperienze o semplicemente intuizioni che ha trasformato in storie di fantasia ma che portano quel sé di esperienza attraverso i suoi libri itinerari fra il giallo e il noir che appassionano il lettore fin dai suoi primi esordi in campo letterario.
L’ultima uscita è “Sangue sul Chianti”, per F.lli Frilli editore, un libro dove con grande maestria e consolidata competenza nel campo poliziesco, il Giuttari ci porta in una spirale tensiva fino all’ultima pagina.
Niente è a caso, ogni tassello viene assembrato mano a mano che ci immergiamo nella lettura. Ogni personaggio è ben strutturato e abilmente descritto così come è esposta in modo convincente ogni azione di uomini scaltri, immorali e corrotti che ruotano intorno a gente insospettabile, ricattabile, influenzabile a servizio di un potere che decide la sorte di uomini e donne. Inizia tutto da un saccheggiatore che diventa il testimone di un omicidio all’interno di una villa situata nel Chianti. Mauro Sacco, si trova nel posto e nel momento sbagliato dove l’inferno e il male daranno inizio a intrighi e grovigli di conseguenze inaspettate.
Sarà l’acume, la caparbietà, la professionalità di Michele Ferrara commissario di polizia a indagare là dove nessuno si sognerebbe di scrutare. Niente lo fermerà, nessuno potrà plasmare il suo senso del dovere come uomo e come servitore dello Stato. Una tela di ragno dove violenza, ricatti, droga, omicidi, silenzi e sangue, si dipaneranno in una convulsa corsa alla risoluzione anche se amara come il fiele.
Un libro scritto sapientemente attraverso immagini che non restano mai statiche ma che anzi, danno al lettore l’impressione di sentirsi testimoni di un qualcosa che prende movimento mano a mano ci si addentri nel plot del romanzo che è talmente realistico nelle modalità d’indagine e di descrizione da sembrare un reale fatto di cronaca dei nostri giorni.
La descrizione dei luoghi è così vivida da vederne i contorni. Le vie di una Firenze con i suoi personaggi, locali, storia, la minuziosità dei particolari, l’accuratezza nel delineare i caratteri e la meticolosità descrittiva sui difetti e i pregi dei vari personaggi rendono il romanzo meritevole di successo. Fluida e intuitiva la forma letteraria, nessuna lungaggine o verbosità complessa. I dialoghi, il ritmo e la descrizione sono piacevoli e scorrevoli rendendo la lettura comprensiva nell’immediatezza lasciando il lettore smanioso di sapere lo svolgimento dei fatti. Un libro che potrebbe essere la trama di un film.
Giuttari è degno di essere nelle classifiche fra i migliori scrittori di libri polizieschi.
“Sangue sul Chianti”: il commissario Michele Ferrara e il suo alter ego Michele Giuttari intersecati da una forza comune: fermare il male ovunque si trovi!.
“Sangue sul Chianti” di Michele Giuttari (F.lli Frilli editore)
Di certo non è stata una scelta felice quella di evocare la Shoah di fronte a quanto sta accadendo con la forsennata campagna vaccinista, l'ignobile green pass, e le varietà di diritti in atto o ancora in cantiere.
Con l'azzardare simili accostamenti, infatti, si rischia sempre di diventare facile oggetto di un vero tiro al bersaglio, un po' come capita a coloro che gridano al razzismo di fronte a qualsivoglia forma di discriminazione o al fascismo di fronte ad ogni forma di autoritarismo. Si rischia, insomma, di offrire un'ottima opportunità per essere trattati da visionari, ignoranti e pressapochisti.
Ciò premesso, va però ben sottolineato che la storia ci insegna in maniera limpidissima che le grandi tragedie del passato lontano e recente non sono mai nate dal nulla, né tantomeno casualmente e all'improvviso. Esse hanno, infatti, avuto bisogno di tempi lunghi di gestazione e hanno necessitato del concorso di una fitta serie di ingredienti spesso intrecciati fra di loro, quali:
- controllo propagandistico e ideologico dell'informazione;
- diffusione di paure psicologicamente attanaglianti e mentalmente ottenebranti;
- sgretolamento dei consuetunari legami di solidarietà sociale;
- accentuazione velenosa ed esasperata delle differenze;
- rifiuto intollerante delle opinioni altrui e visioni del mondo;
- paralisi dei processi logici e cognitivi ad opera di una pilotata informazione a senso unico, invasiva e ubriacante;
- accettazione passivamente acritica, pavida ed opportunistica delle ingiustizie;
- demonizzazione-criminalizzazione del diverso, del dissidente, dell'eretico, del fuori dal coro;
- assuefazione-rassegnazione di fronte ad un processo graduale di sottrazione di libertà individuali e collettive.
Ora, una cosa che ci siamo detti all’infinito nelle ricorrenti (e a volte alquanto retoriche) Giornate della Memoria non era forse che, per parlare di crimini contro l’umanità, non si dovrebbe necessariamente attendere i campi di sterminio, ma dovrebbero risultare più che sufficienti le semplici pezze colorate appiccicate addosso agli abiti dei membri di un determinato gruppo umano?
E non ci siamo anche detti, tante volte, che i processi discriminatori andrebbero subito fermamente denunciati, rifiutati ed arrestati fin dal loro sorgere, al fine di impedire un pericoloso, progressivo effetto valanga?
E che, per fare questo, è assolutamente necessario che ciascun individuo faccia la propria parte nel dire NO a qualsiasi potere che favorisca, promuova, tolleri qualsiasi forma di frantumazione della famiglia umana e di gerarchizzazione dei suoi membri?
Insomma, lasciamo pure stare discutibili confronti con fenomeni terribili e complessi come la Shoah, ma facciamo in modo che la condanna di tali fenomeni non si riduca mai a comoda formalità, trasformandola, invece, in coerente impegno a combattere tutto quello che possa avere con essi un qualche preoccupante elemento di affinità.
Ed evitando, soprattutto, di cadere nell’errore di non comprendere che il fatto che oggi si colpisca Tizio e domani Caio, ha strettamente a che vedere con il nostro silenzio, la nostra indifferenza, il nostro esplicito o implicito (e quindi sempre complice) assenso ...
Intervista alla cantante lirica nonchè maestra di yoga Irene Rinaldi
per saperne di più: www.hamsa.it
“Il paradiso del cavaliere”... e del cavallo, aggiungo io. Daniela Franchetto con la figlia Elena, i due cherubini che hanno reso possibile questo a due passi da Roma, sulla Cassia bis. In questo centro equestre nel comune di Nepi, la prima cosa che colpisce è veder convivere cani, gatti, oche, galline, in promiscua totale libertà con i cavalli presenti. E il tutto avviene senza che si crei alcun problema fra gli stessi animali o con i numerosi frequentatori del club. In pratica tutto un altro mondo, un paradiso infatti, dove il rispetto del cavallo è la base per iniziare un percorso di raggiungimento e, nel tempo, quasi di simbiosi fra cavallo e cavaliere. Qui il cavallo vive l'addestramento attraverso un'esperienza acquisita nel rispetto dei suoi tempi e senza il deprecabile “morso”.È un gioco fatto di contatto fisico, abbracci, gratificazioni e stimoli alla sua naturale curiosità, attuato in maniera da non creargli particolari traumi o stress che potrebbe incidere sul suo futuro dal punto di vista psicologico, fisico ed emozionale. Già Senofó nte nel 350 ac raccomandava un addestramento senza dolore, sottolineando che è meglio convincere un cavallo piuttosto che obbligarlo. A fine Ottocento, Federico Caprilli, capitano di cavalleria a Pinerolo, ideò un sistema basato sul principio di permettere al cavallo un movimento il più naturale possibile. N egli Stati Uniti intorno al 1950, Monty Roberts, l'uomo che sussurra ai cavalli interpretato da Robert Redford nell'omonimo film, creò una sua teoria fondata sull'osservazione e la relazione dei cavalli nel branco e la loro comunicazione. Una tecnica che ha contribuito al recupero di moltissimi cavalli difficili o traumatizzati. Infatti è l'uomo che si deve adattare al linguaggio del cavallo che, essendo una preda naturale, interpreta i gesti dell'uomo in modo diverso. Vive in bra dove sviluppa un linguaggio e una comunicazione a secondo dei ruoli della gerarchia. Ad esempio se un cavallo è prepotente, viene allontanato e solo quando cede ed inizia a dare determinati sagnali come la masticazione o abbassa la testa, comunicando di aver capito lo sbaglio e si sottomette, allora viene di nuovo accettato nel branco.
L'uomo deve creare con l'animale un contatto non solo fisico ma anche mentale in modo da conquistare la sua fiducia e fargli comprendere che l'essere umano che gli sta di fronte non è una minaccia ma un amico, un compagno di giochi.
Una relazione fra cavaliere e cavallo empatica, armoniosa e senza tensione psicofisica è condizione indispensabile se si vuole ottenere il massimo rendimento dell'animale, specie nelle competizioni sportive. Alle mie domande relative ad una delle ultime gare della figlia Elena con FLY, una delle piu promettenti cavalle del centro, Daniela mi racconta :
“ A proposito di Fly, la cavalla perfetta, mai una difesa né un rifiuto, proprio lei che le nitrisce appena arriva, le corre incontro e si infila da sola la capezza per giocare con la sua umana, lei che non sbaglia un tempo neanche quando le metti le distanze sbagliate, lei che fa le barriere a 180 cm ad un solo tempo di trotto e il giro dopo la stessa distanza al galoppo, durante la prima gara, il primo giorno, nel secondo percorso rifiuta addirittura di entrare... il flash di un fotografo mentre saliva sulla pedana l'aveva turbata oltremisura. Elena poteva forzarla, incastrarla fra mani e gambe, punirla per la disobbedienza... e invece no, ha deciso di farle dichiarare il suo disagio ed è stata premiata. Il giorno dopo infatti disputa la gara di inglese con la correttezza ed eleganza di una cavalla matura. Ancora piccole incertezze nel Green Ranch Riding e un magnifico terzo posto nel Ranch Riding dei grandi, finalmente un proprio agio in quel posto così diverso e lontano da casa sua.”
-Direi un ottimo risultato per una cavalla ancora ed all'inizio della sua carriera... “ Continuerà la sua carriera sempre più fiduciosa, affidata e competente. Quali che siano i suoi risultati, li vivrà da partner mai da schiava!”
Che questo possa diventare il modus operandi di quanti amano questo straordinario animale, da tempi memorabili amico dell'uomo. Auguri Daniela.
Pino Vasta
Frammenti che orbitano qua e là, individuati, carpiti; li commento e condivido con voi.
La Riflessione!
La ripartenza è in atto. Ma nubi si addensano nuovamente all'orizzonte: è la variante “delta” che preoccupa non poco. Un'altra chiusura il Paese non può permettersela. Sarebbe una catastrofe incontrollata e incontrollabile. Ci salveranno le vaccinazioni? Il “passo verde”? Al momento pensarci e preferire continuare a raccogliere frammenti attestanti la ripartenza.
Frammento n. 1
SOLO VINO: un successone.
Grande successo per SOLO VINO, la prima manifestazione enoica riaperta al pubblico. Qualità dei prodotti in degustazione, qualità delle cantine. Questi aspetti uniti al grande afflusso di ingressi, la chiave del successo. Il Salone dei Giovani Produttori e delle Piccole Cantine si è tenuto a Città di Castello (Pg)
Frammento n. 2
Le calorie riportate anche nelle etichette di vino.
Entro il 2022 le etichette di vino contengono il contenuto energetico, cioè le calorie! A introdurre la novità è l'accordo (provvisorio) raggiunto a Bruxelles che fa seguito alle proposte della Commisiione Ue sul piano europeo di lotta al cancro. L'etichetta al pari di un “bugiardino” contenuto nelle scatole dei farmaci. Arrivare a “bere nuoce alla salute”, il passo è breve.
Frammento n. 3
Il vitigno Gamay |
Il vitigno Gamay sceglie l'Umbria, in particolare il Trasimeno.
Sulle rive del Lago Trasimeno da oltre 400 anni c'è presenza di uve gamay e l'azienda Madrevite ha voluto aprire on line un Blog interamente dedicato a questo vitigno. www.gamaydeltrasimeno.com è operativo. Oltre al blog anche pagine su facebook e instagram per raccontare la vita di questa straordinaria e particolare cultivar.
Frammento n. 4
Steinbock Spumante Senza Alcool. Una bestemmia?
Per gli amanti, come me, dei “perlage”, la risposta è categorica: SÌ. Per Martin Foradori, titolare ed enologo della cantina altoatesina Hofst ӓ tter, si Tratta di Una risposta un Quello che lui definisce Stesso Mercato Giovane Che Non Vuole l'alcool. Prodotto da uve reasling dealcolate con una apposita tecnica acquisita in Germania. Cosa si fa per vendere.
Spumante dealcolizzato |
Frammento n. 5
Nel Chianti Classico è in atto la rivoluzione
Al via il progetto UGA (Unità Geografica Aggiuntiva). Valorizzazione delle caratteristiche distintive del Chianti Classico (quello con il Gallo Nero). Aumentare la qualità in termini di identità e territorialità. Ecco emergere dal cilindro del Consorzio, dopo lunga discussione, i nomi in base a criteri specifici: Castellina, Castelnuova Berardenga, Gaiole, Greve, Lamole, Montefioralle, Panzano, radda, San casciano, san Donato in Poggio, Vagliagli. Per adesso solo nelle etichette della Gran Selezione (ovvio!) È il territorio che fa la differenza…
Osservo, scruto, assaggio e…penso. (urano cupisti)
Ma si tace sulle cure anti-Covid che ci sono, ne si spiega perchè la Sanità non ha ancora varato un protocollo per medici e ospedali, ne si evidenzia che il 90% della popolazione mondiale è autoimmune.
Draghi striglia i Novax perchè sono a morte senza vaccinarsi, e possono procurare altri contagi e decessi.
E così scattano misure restrittive per chi non si è ancora vaccinato, cioè senza l'attestato del Greenpass. Intanto le discoteche restano chiuse, anche per chi ha il certificato di vaccinazione.
Ma stranamente non si parla affatto delle cure esistenti, ne di un protocollo della sanità per medici di base, cliniche ed ospedali.
D'altronde i guariti sono la maggioranza rispetto alla mortalità, il che significa che i medici applicano cure valide, senza un indirizzo della Sanità, guidato da Speranza. E ci si chiede come mai il ministro resta ancora al suo posto?
Ne si parla dei risultati positivi dello Sputnik V, che invece sembrerebbe difendere bene dal Covid, e senza effetti collaterali.
Comunque, il Governo unito con lo scotch, difende i propri interessi elettorali, mentre la Meloni mitraglia i provvedimenti messi in atto, perchè violano molti articoli della Costituzione.
E stranamente, invece, non si è alzato un dito contro le ammucchiate selvagge dei festeggiamenti per la vincita degli Europei di calcio, ed i risultati dell'innalzamento dei contagi si stanno vedendo ora.
Infine non si è fatto cenno sulla pericolosità degli attuali vaccini anti-Covid che chiamano sicuri, e non lo sono, considerando i morti successivi al vaccino. Ne si parla delle tante patologie che potranno essereci nei periodi successivi.
Ora Draghi non è un oracolo, ne tantomeno istruito sul Covid e sui vaccini, ma sentenzia il nome e per conto di Speranza e del circondario di luminari vicini a Big Pharma, mentre le voci dissonanti di medici di spessore che osteggiano il vaccino vengono ignorati dai media in generale.
E dulcis in fundo, per i trasporti è stato tutto rinviato a Settembre, mentre mancano i controlli sui voli che giungono dall'estero, e solo poche regioni (Sicilia, Puglia ed Abruzzo) effettuano tali controlli.
E non si parla neanche più di una totale riforma sanitaria ad iniziare da quella dei medici di base.