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19/06/2018 - La Francia è una delle poche (ex) potenze del defunto sistema europeo ad aver preservato e perpetuato dei disegni egemonici su quel che fu il suo impero coloniale, nonostante la perdita di potere relativo, sia in Europa che nel mondo, e l’affermazione di un nuovo ordine internazionale non più eurocentrico.
In principio fu Charles de Gaulle a voler impedire l’involuzione della Francia da una grande potenza mondiale ad una potenza regionale in declino ed in posizione periferica nel nuovo ordine post-bellico. A questo scopo, la Francia si dotò dell’arma atomica e tentò di riconquistare gli ex territori imperiali africani attraverso una politica di neocolonialismo economico seguendo l’ambizioso quanto visionario piano per l’Africa francofona elaborato da Jacques Foccart, uno dei più importanti ideologhi e strateghi dell’era gollista. Il piano di rinascita neoimperiale per la Francia di Foccart non puntava soltanto alla riconquista dell’Africa, ma all’espansione su ogni territorio francofono del mondo. In questo contesto si inquadrano il sostegno fornito dallo Sdece, i servizi segreti per l’estero, al movimento separatista quebecchese, e quel controverso “Vive le Québec libre!” gridato da De Gaulle alla folla di Montreal nel 1967.
Québec a parte, le mire francesi, dal gollismo ad oggi, si sono rivolte verso l’Africa francofona, di cui si è tentato di condizionarne in ogni modo le dinamiche economiche e politiche attraverso omicidi politici, colpi di Stato, sostegno a dittature militari e gruppi terroristici, alimentazione di guerre civili e conflitti inter-etnici, creando nel tempo una sfera d’influenza egemonica ribattezzata "Françafrique", sostanzialmente estesa sull’intero ex impero coloniale.
Foccart è stato il potere dietro la corona da De Gaulle a Jacques Chirac, chiamato per fornire pareri, elaborare strategie, effettuare missioni diplomatiche segrete, dal 1960 al 1995.
Si può affermare che Foccart è stato per la Francia, ciò che Henry Kissinger è stato per gli Stati Uniti, ossia, uno stratega guidato da visioni tanto intelligentemente lungimiranti quanto subdolamente imperialistiche. La Françafrique è una realtà multidimensionale, agisce infatti sul piano economico, politico, diplomatico ed ideologico di numerosi paesi, dal Magreb al Sahel, all’Africa sub-sahariana.
La sottomissione economica è essenzialmente esplicitata nell’esistenza della cosiddetta* area franco*, di cui fanno parte 14 paesi africani, obbligati ad utilizzare il franco CFA, della cui convertibilità in euro si occupa il Ministero dell’economia e delle finanze francesi. L’appartenenza all’area franco prevede inoltre che i paesi membri depositino almeno il 65% delle riserve di moneta estera in Francia. Inoltre, le grandi realtà francesi dei settori energetico e minerario godono di trattamenti privilegiati nello sfruttamento del territorio e nella divisione dei profitti con gli Stati.
"La dimensione politico-diplomatica" riguarda le pressioni fatte ai paesi della Françafrique affinché essi sostengano gli interessi nazionali, le posizioni e le dottrine di politica estera francesi in sede internazionale, ad esempio in luogo dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite. La dimensione ideologica ha riguardato inizialmente il contenimento delle spinte anticoloniali di liberazione nazionale durante ’epoca della decolonizzazione, in seguito si è concentrata sul contenimento dei movimenti comunisti nel continente foraggiati dall’Unione Sovietica, ed "oggi è principalmente focalizzata su due fronti: la competizione con l’Italia per l’egemonia su Libia e Tunisia ed il contenimento dell’espansionismo sinico, quest’ultimo molto più difficile del primo obiettivo, tanto che nel vocabolario di politologi e geopolitici è entrato a pieno titolo il neologismo Cinafrica." 2
I numeri della Françafrique sono impressionanti: oltre 40 interventi militari diretti tesi a difendere regimi filo-francesi, sia democratici che dittatoriali, o ad aiutare dei ribelli a rovesciare dei regimi ostili. Attualmente, la Francia è legata a 12 paesi da accordi militari di tipo difensivo, ed è presente in 10 paesi con delle missioni militari, per un totale di oltre 5mila unità presenti. Dietro la scusante della guerra contro l’imperialismo delle multinazionali occidentali, la Francia ha utilizzato la compagnia di sicurezza privata dello storico mercenario Bob Denard per combattere in Katanga e Biafra, e tentare dei ambi di regime in Gabon, Angola, Zimbabwe, Benin, Repubblica Democratica del Congo ed Unione delle Comore. Lo *Sdece* è stato il principale strumento di difesa della Françafrique, coinvolto pubblicamente o presuntamente in numerosi omicidi politici, soprattutto di leader carismatici noti per le loro denunce nei confronti della sottomissione del continente all’imperialismo occidentale: Ruben Um Byobe e Félix-Roland Moumié dell’Unione Popolare del Camerun, Barthélemy Boganda del Partito Nazionalista Centrafricano, l’oppositore politico ciadiano Outel Bono, l’attivista anti-apartheid Dulcie September, sino ad arrivare ai mostri sacri del fronte nazionalista africano Thomas Sankara e Patrice Lumumba.
Spesso e volentieri i governi francesi hanno sfruttato le tensioni interetniche e interreligiose presenti nei paesi più etno-religiosamente eterogenei per alimentare guerre civili decennali, attraverso le quali mantenere i regimi più ostili, o i territori più ricchi, in un costante stato di assedio e sottosviluppo, utilizzato per acquistare a basso costo materie prime contrabbandate da terroristi e ribelli: un vero e proprio capitalismo di rapina. Fra il 1967 e il 1970, la Francia è stata coinvolta attivamente nella guerra del Biafra, sostenendo i secessionisti attraverso armi, capitale, mezzi, mercenari, viveri. Insieme all’intervento in Libia del 2011, la guerra del Biafra rappresenta uno dei capitoli più cupi della storia della Françafrique. La Francia era intimorita dalla prospettiva che la Nigeria, una delle economie più dinamiche del continente, potesse cadere sotto influenza britannica o sovietica, pertanto alimentò il malcontento presente fra le forze armate e l’etnia Igbo nei confronti del governo centrale per dar luogo ad un movimento secessionista che frazionasse il paese in maniera permanente. Furono Foccart, la Michelin e la "Société Anonyme Française de Recherches et d’Exploitation de Pétrolières" (Safrap), a convincere De Gaulle, demoralizzato dagli insuccessi in Algeria e nel Katanga, ad introdursi nella nascente questione nigeriana per accaparrarsi le importanti riserve di greggio presenti nel Biafra.
Un delicato lavoro di diplomazia segreta effettuato da Foccart portò numerosi paesi, europei e africani, a sostenere la Francia nella guerra segreta contro la Nigeria, fra i quali Israele, Portogallo, Spagna, Rhodesia, Gabon, Sud Africa, Costa d’Avorio, che aiutarono i secessionisti inviando loro armi, scambiando informative d’intelligence, addestrandoli. Un ruolo di fondamentale importanza fu svolto anche dalle organizzazioni non governative, segno precursore del prossimo avvento delle nuove guerre descritte da Mary Kaldorall’indomani dell’implosione della Jugoslavia; infatti gli aerei della Croce Rossa francese furono utilizzati per trasportare carichi di armi ai secessionisti. In concomitanza all’appoggio francese ai secessionisti, l’autoproclamato governo del colonnello Ojukwu introdusse corsi di lingua francese nelle scuole del Biafra e firmò delle importanti concessioni petrolifere alla Safrap. Inoltre fu messa in moto un’efficace macchina propagandistica tesa a dipingere negativamente il governo nigeriano agli occhi dell’opinione pubblica mondiale, in modo tale da legittimare l’intervento francese nel paese. L’agenzia di stampa fittizia Biafra Markpress, con sede a Ginevra, finanziata dallo Sdece, diventò la principale fonte d’approvvigionamento delle maggiori testate giornalistiche europee, sfornando oltre 250 approfondimenti sulla guerra del Biafra.
Il governo nigeriano fu accusato di aver ridotto in carestia la popolazione biafrana attraverso blocchi navali ed aerei, con l’obiettivo di depurare il paese della componente Igbo. Diversi giornali, tra cui Le onde, iniziarono a parlare di genocidio.
Una storia di terrorismo psicologico e guerra di informazione molto familiare, se si pensa alle bufale prodotte dall’Osservatorio siriano per i diritti umani, con sede a Londra, gestito da un solo individuo, e finanziato dal governo britannico, sin dallo scoppio della guerra civile siriana, allo scopo di plagiare l’opinione pubblica mondiale e creare una falsa immagine sul ruolo delle parti in conflitto. L’intervento n Libia del 2011, fortemente voluto dall’allora presidente della repubblica Nicolas Sarkozy, ha riconfermato l’importanza per la Francia di avere l’intero continente sotto la propria egemonia. La caduta di Gheddafi <https://www.gogedizioni.it/prodotto/libro-verde/> ha significato non soltanto la ri-tribalizzazione della Libia, oramai considerabile uno Stato fallito comparabile alla Somalia, ma anche tante altre cose: il ridimensionamento della posizione geopolitica dell’Italia nel Mediterraneo e in Nord Africa,* la caduta del paese in una guerra civile che lo ha reso vulnerabile all’avanzata del Daesh e alla radicalizzazione dei più giovani, la fine del patto italo-libico per il controllo dei confini marittimi ed il contrasto all’immigrazione clandestina.
L’interventismo francese nei confronti di un paese tradizionalmente vicino all’Italia è stato reso possibile anche e soprattutto dall’assenza di una classe politica nostrana realmente votata all’interesse nazionale. Quando nel 1986 gli Stati Uniti decisero di reagire militarmente all’attentato alla discoteca La Belle di Berlino, imputato ai servizi segreti libici, con l’operazione El Dorado Canyon, l’allora presidente del consiglio Bettino Craxi, suggerito dall’allora ministro degli esteri Giulio Andreotti, decise di avvertire Gheddafi dell’imminente attacco e negò l’utilizzo dello spazio aereo ai velivoli della US Air orce, nella consapevolezza che la destabilizzazione della Libia avrebbe significato instabilità nel Mediterraneo, quindi lungo le coste italiane.
Oggi assistiamo ad un ritorno dell’interesse nazionale al centro dell’agenda politica del governo italiano, con il ministro dell’interno Matteo Salvini che ha dichiarato di avere in programma un viaggio in Libia con l’obiettivo di risolvere definitivamente la crisi dei migranti, sulla falsariga di quanto già fatto dal suo predecessore Marco Minniti.
La Francia ha esteso i tentacoli della Françafrique anche in Libia a detrimento di un alleato, membro dell’Unione Europea e della Nato, che ha poi patito, e continua a patire, interamente i costi di quell’azione antistorica. L’Africa non conoscerà una vera crescita economica ed una duratura stabilità sociale fino a che la Françafrique esisterà, dal momento che essa si nutre del mantenimento del continente in uno stato di violento asservimento. Allo stesso modo, l’Italia non potrà risolvere la questione dei migranti che andando alla radice: il Sahel, perché è da lì che partono le principali carovane, sempre lì la Francia ha dispiegati uomini e mezzi, e ha politici sul libropaga, potendo determinare l’arresto dei flussi migratori e generando condizioni di sviluppo che, migliorando la qualità della ita delle popolazioni locali, possano creare nel continente le opportunità che in migliaia continuano a cercare disperatamente alla volta dell’Europa.
Fonte: L!intellettuale dissidente
PERFORMANCE DI ARTE DEI BORSISTI 2017/2018 - RUBBANO L’ANIMA A ROMA
Tutti gli anni Villa Massimo apre le porte ad uno degli eventi romani più significati della capitale: mercoledì 20 giugno 2018, infatti, tra le carezze del vento del ponentino e l’aria frizzante , la fila delle persone per entrare all’evento (gli ospiti non hanno dovuto aspettare molto tutto era organizzato in stile tedesco ordinato e puntuale), ai bellissimi giardini di un verde intenso, arricchiti con busti antichi, alla grandezza degli edifici della Villa, è stata inaugurata l’edizione 2018, Festa dell’Estate dell’Accademia Tedesca. Un viaggio festoso da godere fino alla fine immersi nelle sale allestite con mostre, letture, concerti, performance dei borsisti residenti per 10 mesi nella capitale. E’ cosi che abbiamo incontrato il contrabbasso dell’artista Jay Schwartz che ha vibrato sotto le onde dei gong, portandoti in un luogo, lontano dallo stress quotidiano, il luogo della pace, di cui questo pianeta ha immenso bisogno.
L’incanto ha proseguito nelle altre stanze affacciate sui rigogliosi giardini di Villa Massimo con il ceppo sradicato da terra ,dell’artista Cristoph Keller, caduto in via Tiburtina e trasportato nel luogo espositivo, e foto di Corviale, di una gioventù che ha visto già troppo, ed i grattacieli del quartiere come cubi neri uno sull’altro e la solitudine raccontata da un immagine dentro una stanza buia, come in opera di Quasimodo dove gli sguardi di questi giovani in erba trafiggono il cuore e poi arriva il buio, dell’artista Benedict Esche.
Pochi passi e incontriamo l’atelier di un altro artista , Bettina Altamoda che fa spalancare la bocca e gli occhi per la luce e i colori dei sui drappi di stoffe iridescenti con grandi paillette. I borsisti 2017/2018 hanno colto nel poco tempo trascorso a Roma i colori, suoni, architettura, la natura della bella capitale e sembrano dirci come in un quadro del Caravaggio “Guarda”.
Interessante il lavoro del pittore Marx Ernst presentato dall’artista Thomas Baldischwyler, il quadri di Simone Haug in omaggio alle tavoglie delle famiglie di Olevano Romano e dintorni, e il box bianco con all’interno la pianista Hui Ping lan che ha suonato in prima italiana il brano The Incredible Nightcrawler.
Dopo le mostre ha “aperto le danze” alle ore 21.00 il buffet : anche in questa occasione nonostante la presenza numerosa di persone, le pietanze sono state servite velocemente, “come si dice i Tedeschi non si fanno parlare dietro”. Piatti e forchette ecologiche non è mancata la mostarda, cetrioli, rapa rosa, patate e wuster con polpette. Birra e vino e una mousse con yougurt e frutti di bosco come dessert. Personaggi noti e meno noti hanno accompagnato la serata, tra cui l’ incontro veloce con il vicesindaco del Comune di Roma Luca Bergamo.
La serata ha proseguito fino a mezzanotte con il DJ Cilloman nel parco di Villa Massimo tra alberi centenari si è ballato. Anche la musica della disco/dance è stata un’ autentica opera di arte , con proiezioni di luci sugli alberi, sembrava di stare in una spa per la terapia dei colori e una musica tecno dai suoni delicati come in un rave party per altolocati. Un’ esperienza da ripetere all’Accademia Tedesca, ma di questo ne siamo sicuri con la prossima festa dell’estate 2019 che racconta Roma e ne ruba l’anima.
I giovedì dei Musei Vaticani sono occasione di comunicazione con il pubblico, sia essa la presentazione di un restauro o di una pubblicazione. Ma è comunque sempre una comunicazione scientifica, ottemperando a quel dovere dell’istituzione museale, che è il continuo aggiornamento su tutto ciò che la riguarda. Uno scambio culturale tra istituzioni e discipline differenti, non ultimo, in funzione della formazione, perché, da sempre, il museo ha una funzione educativa.
L’ultimo appuntamento del giovedì ha riguardato un argomento, eccezionale e particolare insieme, intitolato: Oltre l’immagine. Iscrizioni nascoste sui vasi ateniesi, straodinarie scoperte tra il Museo Archeologico di Firenze e il Museo Gregoriano Etrusco.
Mario Iozzo, direttore del Museo Archeologico di Firenze, ha esaurientemente spiegato, da una parte l’importanza della scoperta e della sua divulgazione e, dall’altra, la differenza con altre iscrizioni presenti sui vasi.
Prima di tutto è utile ricordare che le decorazioni sui vasi sono l’unica testimonianza che ci rimane della pittura greca.
Le iscrizioni visibili sui vasi, di solito sono costituite dai nomi dei personaggi raffigurati, divinità o eroi della mitologia, oppure sono dediche.
La particolarità di quelle nascoste è che sono state coperte dal colore e non erano destinate ad essere viste. L’ipotesi è che fossero un messaggio, una comunicazione operativa tra il vasaio e il decoratore o cermografo. Non sempre le due figure coincidevano nella stessa persona. Queste iscrizioni sono poste anche in punti strategici, comunicavano cioè, anche in base alla posizione. L’iscrizione poteva addirittura essere un verso tratto da una rappresentazione teatrale. Il ceramografo non solo conosceva la scena e le figure che doveva ritrarre, ma la posizione strategica dell’iscrizione, indicava anche la disposizione delle figure e il loro atteggiamento. Ad esempio la direzione dello sguardo, come si può vedere dall’immagine di Edipo con la Sfinge, nella kylix attica a figure rosse. Il vaso eponimo, che cioè da il nome all’artista che l’ha prodotto, definito Pittore di Edipo, è parte della collezione etrusca dei Musei Vaticani. Proviene da Vulci ed è datata tra il 470 e il 460 a.C. La tipologia dei vasi è distinta in base alla loro forma e funzione, la kylix è una tazza poco profonda con manici.
Le iscrizioni nasconste quindi costutuiscono un avanzamento e un’apertura negli studi delle botteghe e delle figure degli artigiani. Quella che si auspica è una ricerca a tutto campo condotta all’interno delle collezioni di tutto il mondo. Non è la prima volta che qualcuno vede queste iscrizioni nascoste, già gli studiosi del passato, pur guardando solo ad occhio nudo le avevano intraviste. Oggi siamo avvantaggiati dai progressi della tecnologia, che costituisce anche uno dei motivi per cui i Musei Vaticani sono stati coinvolti, sono infatti responsabili delle immagini delle iscrizioni, di difficile realizzazione. L’altro motivo è che sono detentori di una delle più importanti collezioni di vasi greci, che costituiscono una sezione corposa del Museo Gregoriano Etrusco.
I vasi erano oggetti preziosi, veri e propri status symbol, parte del corredo funerario di personaggi importanti del mondo etrusco.
Il pezzo più famoso è forse l’anfora a figure nere dove sono raffigurati Achille e Aiace che giocano a dadi. L’opera è firmata da Exekias, il famoso artista che era sia vasaio che ceramografo ed è datata tra il 540 e 530 a.C. Sono presenti altre iscrizioni visibili, oltre ai nomi, dalla bocca dei personaggi, a mo’ di fumetto, esce la scritta col punteggio realizzato.
I giovedì dei Musei Vaticani riprenderanno dopo la pausa estiva, in chiusura è stato ricordato l’appuntamento con la mostra dedicata a Johann Joachim Winckelmann, che chiuderà le celebrazioni dedicate, tra il 2017 e il 2018, all’archeologo ed erudito in occasione dei 300 anni dalla nascita e i 250 dalla morte.
Serata evento in onore del gruppo di ballo SANAM - alla scoperta del Folklore Uzbeko
Anzio, 13 giungo – I colori e la tradizione dell’Uzbekistan incantano il pubblico di Anzio, che accorso numeroso ha assistito e partecipato alla serata dedicata al gruppo di ballo folkloristico SANAM esibitosi durante l’evento organizzato dall’ Ambasciata dell’Uzbekistan in Italia, di cui era portavoce e presente l’Head Mission of the Embassy of the republic of Uzbekistan Mr. Rustam Kayumov, e curato da Salvo Cacciola presso la sua AQ International.
Il gruppo SANAM nasce nel 2002 e vanta la presenza di 40 artisti (tra cui 20 ballerini) che esportano la cultura del paese Uzbeco in giro per il mondo, avendo alle spalle spettacoli in ben 41 Paesi.
Il direttore artistico e cantante Mr. Shuhrat Vakhidov, nonché Direttore del Central Palace of Culture presso Tashkent (capitale dell’Uzbekistan), si è esibito insieme a parte del gruppo SANAM e alla ballerina Mrs. Rushana Sultanova. L’esibizione ha catturato la platea grazie alla presenza dei costumi originali delle varie
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Mr. Rustam Kayumov (a sin.) e Salvo Cacciola |
Regioni del Paese (Khorezm, Fergana, Bukhara, Tashkent, Surkhandarya) indossati dalle danzatrici e alle musiche rituali e quotidiane delle danze tradizionali, conosciute per il grande pathos emotivo trasmesso tramite la gestualità delle mani e del volto.
Degno di nota è stato il duetto canoro del Baritono Vakhidov e della Soprano Marzia De Lorenzo, che citando la cultura operistica italiana tramite Caruso, hanno espresso una lode all’ arte senza barriere, in grado di avvicinare diverse culture e gli animi delle persone. Questo incontro artistico, voluto da Cacciola e Francesca Pellegrino,nasce dalla consapevolezza del successo che ha la musica italiana in Uzbekistan, tra tutti la lirica e le canzoni di Albano e Toto Cutugno.
È Mr. Rustam Kayumov a sottolineare l’importanza della serata: «L’Italia per noi è una Nazione affascinante, perché con essa condividiamo non solo la tradizione millenaria che tutt’oggi ci identifica nel mondo, ma anche l’importanza dell’espressività artistica manifesta nelle tradizioni folkroristiche. In questo quadro, Anzio è una città dalle infinite potenzialità che vanta un passato degno di nota e che ringraziamo per aver partecipato a questa serata di cultura e divertimento». A queste parole è stato aggiunto il desiderio e l’auspicio di portare avanti una stretta e proficua collaborazione, iniziata da Salvo Cacciola che per anni ha rappresentato la Nazione Uzbeca effettuando studi sul posto e promuovendone la storia e la cultura.
Quest’ ultimo, a chiusura dell’evento, insieme ad Augusto Mammola, presidente della Pro loco città di Anzio, e parte del Consiglio Direttivo della stessa Associazione, ha consegnato una prestigiosa targa al gruppo di ballo e all’ Ambasciata Uzbeca come segno di riconoscimento e di ospitalità da parte di tutta la città Anziate.
Un evento che rimarca l’importanza per la città di Anzio di promuovere la cultura tout court, la quale, in quanto città di Nerone, porta con orgoglio sulle spalle una storia fastosa che spesso dimentichiamo di promuovere con la giusta importanza e consapevolezza.
Frammenti che orbitano qua e là, individuati, carpiti; li commento e condivido con voi.
Il mondo del Vino scosso per un femminicidio: il primo.
La sommelier Donatella Briosi, del gruppo “Le donne del Vino”, uccisa dall’ex nello studio di un Notaio a Udine. Non entro nelle cause ne
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Donatella Briosi femminicidio (foto Donne del Vino) |
dinamiche dell’accaduto. Dico solo che è venuta a mancare una “grande persona” molto stimata e amata. Quella che si definisce “una grande signora” con quel comportamento “nobile” che l’ha sempre contraddistinta in ogni occasione. Alziamo simbolicamente i calici e “urliamo”: CIN!
La Riflessione!
La notizia: “Mondo del food sotto shock. Si è suicidato lo chef Anthony Bourdain”. La notizia è stata resa pubblica dai media, Rai 1 in primis nei titoli. Come notizia “importante”. Sbalordito ho atteso pazientemente il momento del “servizio”. Breve informazione sulla vita di questo grande chef, la sua filosofia, le sue idee, ricette, piatti. Ma il “pezzo forte” del servizio è stata la sua “sregolatezza” (uso di droghe, non per le sue creazioni) e per essere legato sentimentalmente ad Asia Argento, nota attrice “anticonformista a 360°. Che vuoi che importi alla gente se Anthony è stato un “narratore unico”del cibo nel mondo; era il compagno di Asia Argento e con questo passo e chiudo. Chapeau alla Rai.
Frammento n. 1
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Riflessione Anthony Bourdain (foto extra-tv) |
Enolithech lascia il Vinitaly dopo ventuno edizioni. Era ora.
Enolitech, tradizionalmente organizzato nel corso del Vinitaly nella tendo struttura contrassegnata con la lettera “F”, dal 2019 sarà una fiera autonoma che, per la prima edizione, si svolgerà dal 30 gennaio al 1 febbraio. Una tre giorni con un nuovo format altamente specializzato che avrà nella internazionalità degli operatori il punto di forza del nuovo progetto fieristico. “Finalmente una piattaforma unica annuale a forte vocazione internazionale per la divulgazione e promozione delle applicazioni fortemente innovative in campo agricolo e industriale prodotte dalle imprese italiane”. Parola di Giovanni Mantovani, amministratore delegato di Vpe. Devo dire che a noi appassionati ci mancherà il “giretto” tra le tecnologie del settore durante il Vinitaly ma per gli operatori sarà sicuramente “l’evento verticale di filiera”.
Frammento n. 2
Ci risiamo: Frodi sul biologico.
15 tonnellate di alimenti finti Bio sequestrati dai Nas dei Carabinieri. Non c’è niente da fare, quando un brend tira la frode è sempre in agguato. Ricordate il parmigiano reggiano, il Sassicaia, il Chianti? (tanto per rimanere in tema senza dimenticare l’abbigliamento). Una recente indagine ha messo in evidenza che il falso biologico alimentare colpisce sei italiani su dieci che nell’ultimo anno hanno messo nel carrello della spesa prodotti bio (fonte Coldiretti). Ricordiamoci che l’Italia detiene il primato di produzione in Europa con un mercato che supera i 2,5 miliardi di euro in valore con una ricaduta sulla occupazione di oltre 72mila occupati. Preoccupante l’invito di Coldiretti:” acquistate i prodotti bio direttamente dai produttori”. Come dire:”Attenzione alla grande distribuzione che con etichette taroccate vi rifila prodotti importati
dall’oriente (non solo Cina, ma anche Laos, Cambogia, Vietnam).
Frammento n. 3
Vino aromatizzato prodotto in Toscana. DI’WINE.
Presentazione ufficiale di DI’WINE, vino aromatizzato prodotto dalla famiglia Giotti. L’evento a Firenze in un celebre locale anni ’50. Ovvio che la ricetta sia “segreta”. Vino fortificato fino a raggiungere i 23° e poi aromatizzato con agrumi freschi (non possono sfuggire ai “nasi” esperti degli assaggiatori) e con quel finale di vaniglia, a detta dei più capaci, del Madagascar. Sarà la volta del “tramonto” dello Spritz?
Frammento n. 4
Non solo Birra. Con pizza (finalmente) anche Vino.
Devo dire che diversi tentativi erano stati fatti in passato. Ma “mescere” birra in caraffa ha preso il sopravvento. E a rimetterci è proprio la birra ridotta a bibita senza anima, meglio l’acqua. Una pizzeria recentemente premiata con “uno spicchio” sulla Guida Pizzerie del Gambero Rosso, la Rock1978 di San Faustino di Bione in provincia di Brescia, guida gli ospiti nell’abbinamento con etichette selezionate e mirate. 300 etichette di vino in carta per accompagnare le varie pizze comprese nell’offerta. Vini della Mosella, Bordeaux, Borgogna, Alsazia, Champagne e naturalmente dalle varie regioni italiane. E se proprio vogliamo restare fedeli alla Birra un NO secco, deciso alla birra in caraffa a favore delle “artigianali” e alle meravigliose belghe d’Abbazia.
Frammento n. 5
La ristorazione italiana nel mondo: nuovo record.
209 miliardi di euro è il volume d’affari generato dalla cucina italiana nel mondo. Questo dato emerge da una ricerca commissionata a Deloitte dalla Scuola Internazionale di Cucina Alma. Seconda alla Cina. Al di là di questi dati pesa il valore del canale Full-Service Restaurant, dove sono compresi i fast-food, i take away e/o ristoranti con servizio più o meno formale al tavolo. Rappresenta il 52% del totale. Francamente non c’è da stare allegri. Significa che anche noi facciamo tanta quantità e poca qualità. (Fonte: Cronache di Gusto)
Osservo, scruto, assaggio e…penso.
“per sua natura il vino è naturale”
Così è stato scritto da un amico sul mio profilo facebok dopo la pubblicazione dell’ennesimo post sui “vini naturali”.
La mia posizione è nota: “I vini naturali non esistono, in natura si trova solo l’uva”.
Non voglio assolutamente nascondermi dietro un dito circa la definizione. Capisco, ma non condivido. Perché?
L’utilizzo della definizione “vino naturale” sta ad indicare un vino prodotto con uve che, dopo la pigiatura divenuto mosto (ad opera dell’uomo, in natura questa non avviene) segue un percorso di “trasformazione” guidata dall’uomo senza che intervenga qualsiasi tipo di aggiunte e manipolazioni. Vino frutto dei soli processi “naturali” però (ed è importante) predisposti e favoriti nei tempi dall’uomo.
Ma è proprio vero tutto questo? Fra i “produttori così chiamati naturali” è veramente bandito qualsiasi intervento aggiuntivo?
E se fa freddo e le fermentazioni non partono aspettiamo la “calda” primavera con i mosti nelle vasche? E gli affinamenti che rendono i vini unici? Con la malolattica che ci facciamo? Il vero vino deve essere aspro, amaro? E con la “solforosa “ come la mettiamo?
Per i produttori “puri” l’aggiunta di metabisolfito di potassio che sprigiona il biossido di sodio ovvero anidride solforosa, detta più semplicemente “solforosa” che produce stabilità e conservazione del vino, è sacrilegio.
Altri che sanno come “vanno le cose” l’aggiungono “quando proprio non se ne può fare a meno”.
A parte queste disquisizioni che fotografano la “vera” situazione della produzione dei “vini naturali” mi preme ritornare alla frase di partenza.
Secondo il mio interlocutore il vino si può definire naturale perché altro non è che la trasformazione dell’uva in mosto e a seguire in vino attraverso processi che la natura stessa “governa”.
Mi viene da pensare: “Bando quindi alla chimica? Intesa come scienza che studia la composizione della materia ed il suo comportamento? Chiusura di conseguenza delle facoltà di Agraria ed Enologia perché non servono più gli studi scientifici a riguardo, solo “vino genuino del contadino” con tutte le “puzzette inebrianti” magari non filtrati, veri “mangia e bevi”.
Capisco e chiedo scusa. Mi sono lasciato trascinare in “spicciola” polemica.
Ritorniamo a “per sua natura il vino è naturale”.
Vediamo le varie fasi dove l’uomo “favorisce il cammino dall’uva al vino. Pigiatura come? Con i piedi, con i torchi o con le presse di ultima generazione? Diraspare o pigiare con raspi? Perché da se gli acini non si staccano. Lavare o no? Usare tini di cemento, botti vecchie, bandire l’inox termocontrollato? Usare il processo a caduta o con le odiatissime pompe? O, come centinaia di anni fa portando con scale i “buioli” (contenitori, secchi ecc…) pieni di mosto? E poi filtrare o non filtrare, imbottigliare con le “sughette” aspirando l’aria con la bocca? Ritornare ad usare l’olio enologico e la stoppa?Comunque la si pensi è l’uomo che decide ed opera: il Vino è opera dell’Uomo.
E lo certificano anche i VAN (Vignaioli Artigiani Naturali). “Con il termine naturale si intende un concetto culturale, filosofico e spirituale che riguarda il rapporto tra uomo e natura. Mezzo fondamentale nella definizione di questo rapporto è, nel vino, la fermentazione spontanea: momento di trasformazione naturale da mosto a vino, dal lavoro in vigna a quello in cantina, in grado di restituire l'unicità dell'annata e del terroir”.
Con il Vignaiolo al centro ovvero l’uomo che prepara il mosto, controlla la fermentazione ed imbottiglia il vino. E alla fine esclama: questo è il mio Vino!.
Perfino Noè, sceso dall’Arca, nella piana di Erevan, fece vino e si ubriacò.
Meglio, molto meglio a mio parere l’atteggiamento di quei produttori che gestiscono le vigne in regime di lotta ragionata nella tutela dell’ambiente per la produzione di ottimi vini nel contesto del territorio e altrettanta attenzione in cantina nell’aiutare le fermentazioni ed arrivare alla messa in bottiglia ottenendo così un prodotto che risponda appieno alle vere tradizioni
Avviso ai contadini: via tutti i sacchi di metabisolfito, la medicina, che avete ben nascosti in cantina. È sacrilegio.
Viva il vino buono!
Anzio, sabato 12 Maggio - Una giornata preziosa e significante, rappresentata dal Capo Missione e Primo Addetto Commerciale dell’Ambasciata dell’Uzbekistan Rustam Kayumov, dal Console Mr. Shuhrat Rashidov,Capo Dirigente Finanziario Madam Farzona Muminova, Madam Nilufar Kayumova e dal Rappresentante Legale dell’“Uzbekistan Airways” in Italia Khushnud Artikov, che ha messo in evidenza il ruolo prestigioso dell’ Ambasciata dell ‘ Uzbekistan in Italia e ha presentato la compagnia aerea di bandiera “Uzbekistan Airways”, promotrice di nuove rotte di collegamento tra Italia, Uzbekistan ed India e ha visto la grandissima partecipazione di pubblico e della Comunità Indiana fornendo l’occasione di vivere questa giornata come esperienza di cultura, integrazione e festa.
Salvo Cacciola e la sua AQ International hanno avuto l’onore e il piacere di ospitare questo importantissimo evento, sotto il coordinamento dei Carabinieri del Comando Stazione di Lavinio Lido Di Enea e del loro Comandante Giuseppe Luca. Il primo interesse è stato quello di rafforzare i rapporti già esistenti tra Italia, Uzbekistan e India che è rappresentata dalla comunità indiana presente in modo importante nel territorio anziate e nel Lazio con cui l’Associazione NCR.it lavora da anni promuovendone e integrandone l’interessante identità culturale.
Da menzionare la stessa presenza di Salvo Cacciola, insieme alla collaboratrice Francesca Pellegrino, a nome della Pro Loco “Città di Anzio” che, grazie al lavoro del proprio Presidente Augusto Mammola, si impegna annualmente per la promozione e la
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Il prof. Salvo Cacciolla |
conoscenza del mostro territorio.
“L’Uzbekistan è uno scrigno inesplorato, la cui cultura è la perfetta cerniera e comunione tra Occidente e Oriente. È una regione dall’importanza unica dove il tempo ha costruito le civiltà rimanendo intatto e preservandone gli aspetti.” Così Salvo Cacciola giustifica i solidi contatti con il Paese, dimostrato dall’ interesse continuo promosso anche durante la sua manifestazione “Luci nel Blu” dove, ogni anno, affronta l’argomento del Lago di Aral per cui la mano dell’uomo ha causato una catastrofe ambientale, prosciugandone le acque, seconda al disastro di Cernobyl.
Un sodalizio rimarcato grazie a questa giornata, che si propone di continuare e di gettare nuove basi per una fruttuosa collaborazione socio-culturale intenta anche a far conoscere Anzio e questa bellissima Regione dell’ Uzbekistan, dove la grandezza del passato conserva ancora una preziosa attualità.
Nella cornice del Monk, locale romano di musica alternativa gestito da soci Arci, c’è la presentazione del nuovo disco (il terzo per quanto riguarda la carriera solistica) del giovane trentenne romano Tommaso di Giulio, vincitore di una miriade di riconoscimenti ed una promessa del cantautorato di casa nostra, autore anche di colonne sonore per cinema e teatro.
Questo nuovo disco (esce a tre anni di distanza dal precedente album “L’ora solare”) dal titolo “Lingue”, strizza l’occhio alla musica psichedelica inglese degli anni 70 mischiandolo al rock americano con spruzzi di cantautorato italiano (vedasi Graziani, Battisti, Dalla ,Battiato) e si sposa con la cosiddetta scuola romana contemporanea cito Max Gazzè (con cui ha scritto e duettato in un brano nel 2015) ma anche Daniele Silvestri e Niccolò Fabi.
Tommaso racconta: -Avevo scritto inizialmente un disco completamente differente, molto più leggero ed eterogeneo che non aveva niente a che fare con queste canzoni, poi sono successe delle cose talmente grosse nella mia vita da non riconoscere più quelle canzoni e ho sentito il bisogno di scriverne delle altre, così è nato questo “Lingue” un disco scritto di pancia, diretto, introspettivo, personale, dove si cerca di convertire la propria sofferenza in musica.
Il concerto è preceduto dall’esibizione di un gruppo emergente chiamato Galil3o che comprende nel nome volutamente quel tre rovesciato al posto della “e”, giustificato dalla band per distinguersi dal cognome del famoso scienziato.
Sostenuto e osannato da parenti e amici, oggi si gioca in casa, sale sul palco l’attesissimo Tommaso Di Giulio. Però prima di contornarsi della presenza dei musicisti che lo accompagneranno per l’intero concerto, e solo e soltanto per il primo brano, il nostro si presenta in maniera solitaria al suo pubblico; l’apertura del concerto, così come il suo nuovo lavoro discografico, inizia con “Canzone per S” (S sta per Sergio, il papà) dedicato alla malattia recente del padre, il testo parla anche di conflittualità e incomunicabilità, il cosiddetto gap generazionale tra padri e figli.
“Chi la sa più lunga” una ballata che nella versione live acquista un aspetto più tirato, di questa canzone Tommaso dice:- «È una canzone sul disperato tentativo di individuare e tenersi stretto ciò che conta veramente, o meglio: chi conta veramente per noi».
Si prosegue con “Da lontano” con il ritornello in inglese; sembra quasi di ascoltare una canzone di Zucchero Fornaciari quando quest’ultimo mischia l’idioma italico alla lingua di albione.
Torna l’ironia, il tipo di scrittura più consona al nostro Tommaso “Il mese più caldo” (Gennaio è il mese più caldo nel letto con te) protagonisti due innamorati che presi dalla passione si sentono lontani da tutto e da tutti senza percepire il freddo perché c’è l’amore a scaldare le loro vite. Così come la vivace “L’acqua su Marte” che parla di una coppia in crisi che intraprende un viaggio intergalattico su Marte,pensando di poter risolvere lì i loro problemi, per poi tornare sulla terra diversi, rappacificati, consci di aver guarito le ferite.
Il concerto va avanti con ”Le notti difficili” sull’eterna paura della morte (e portami le medicine contra la paura della morte) e la domanda è: ci saranno mai delle medicine per sconfiggere la morte?
“Prendiamo esempio” scritto di getto il giorno successivo agli attentati di Parigi al Bataclan.
“L’umidità” un rock quasi californiano da ricordare la musica surf dei Beach Boys.
“Quello nello specchio” , dove l’autore si fa tante domande esistenziali , è il brano che chiude la prima parte del concerto ed è anche l’ultima traccia dell’ultimo lavoro discografico. Rispetto alla scaletta del disco, nel concerto sono state eseguite pedissequamente tutte le tracce ad eccezione solo di “Piangi pure”, scritta in occasione di un dolore recente che è ancora troppo forte per poter essere eseguito dal vivo.
La seconda parte del concerto prosegue con una carrellata di successi i così detti evergreen tratti dai due precedenti dischi da quello di esordio intitolato “Per fortuna dormo poco”, estrae ”In confidenza” in puro stile De Gregori, ”Le mie scuse sincere” dall’andamento ‘reggaegiante’ e “Farò colpo” con il simpatico ritornello (anche i nani iniziarono da piccoli). Mentre dal suo penultimo disco del 2015 dal titolo “L’ora solare” esegue “Spesso e volentieri” come sentirsi inappropriati in una storia d’amore ,“La fine del dopo” sull’inganno del tempo e come rincorrerlo ,”Dov’è l’America” che parla di confini metaforici e ancora il rock tiratissimo di “Poveri posteri”.
Chiude la serata “Novanta” un nostalgico viaggio negli anni ’90 e che al suo interno comprende un’azzeccatissima citazione di un brano di quel periodo di Corona “The rhythm of the night” .
Arriva il momento del bis, viene concesso tributando una cover al suo mentore e massimo ispiratore Franco Battiato con la celeberrima “Centro di gravità permanente”.
Il concerto finisce così; ci rimane il buon sapore di una bella serata, la sincerità di una faccia pulita e vera, i testi intelligenti ironici ed impegnati. È sicuramente il raggiungimento di una musicalità costruita attraverso una lunga gavetta che sicuramente gli aprirà le porte e ribalte ben più importanti, perché lo merita; eccome!
“Quando l’uomo si interessa del tutto è più attento ai problemi di una parte di esso”. (Porfirio)
Nulla di ciò che esiste resta allo stato evolutivo iniziale: è spinto dalla legge naturale verso la sua crescita, la sua completezza, la sua realizzazione, la sua maturità fisica, mentale e spirituale e che consente lo sviluppo delle qualità potenziali di ogni essere vivente. I “talenti” che ognuno di noi ha fin dalla nascita per fattori genetici, sono poi condizionati dall’ambiente, dal livello culturale, morale, spirituale della famiglia e dal contesto in cui si vive. Per mezzo della volontà e del libero arbitrio ognuno è chiamato a sviluppare e a far fruttare i “talenti” iniziali. L’inettitudine, l’inerzia, l’apatia, l’indifferenza impediscono lo sviluppo delle potenzialità dell’individuo.
Se una persona è travolta dai suoi singoli problemi, se non è libera dentro, se è succube del suo personalismo, condizionato dalle tendenze dominanti, delle sue manie, dalle sue debolezze, non può dare nulla di buono a se stesso e agli altri: come potrebbe dare ciò che non possiede se è lui ad aver bisogno di sostegno?
Solo quando una persona sviluppa una personalità armonica con se stessa è in grado di interagire armonicamente nel sociale. Solo quando un individuo si impegna a superare i propri limiti tende alla realizzazione integrale di se stesso e dà il meglio delle sue possibilità personali.
Si è credibili solo quando si è coerenti nei propri principi e nel proprio ideale di giustizia. La coerenza e l’esempio sono componenti imprescindibili per chi spera in un mondo migliore. “Essere il cambiamento che vogliamo vedere nel mondo” diceva Gandhi. Non puoi pretendere dagli altri ciò che tu stesso non vivi. Non puoi pretendere giustizia e onestà se tu non sei giusto e onesto; non puoi sperare nel rispetto per le regole se tu le infrangi.
Occorre passare dalla coscienza individuale alla coscienza collettiva, capire che i problemi di ognuno incrementano i problemi del contesto in cui si vive. Capire che ognuno di noi è parte inscindibile di una realtà in cui nessuno è separato e in cui nessuno può vivere senza interagire: vivere per se stessi, assorbiti dalle proprie problematiche, significa consegnare nelle mani di chi ha interesse a conservare l’attuale stato di cose. Occorre superare la tendenza a scindere la propria responsabilità personale da quella della società in cui vive.
Interessarsi della propria crescita personale significa curare lo sviluppo armonico della 4 fondamentali componenti dell’entità umana: fisica, mentale, emozionale e spirituale. La felicità personale è direttamente proporzionale al superamento dei propri limiti e allo sviluppo simultaneo, simbiotico e bilanciato del nostro benessere fisico, della nostra intelligenza, del nostro senso critico positivo, dalla sensibilità del cuore e dal riferimento oggettivo ad un ideale superiore.
I valori fondamentali dell’individuo non si improvvisano e in questo la famiglia, la scuola e lo Stato hanno una diretta responsabilità della quale non possono sottrarsi. I bambini non vengono educati all’amore, alla pace, ma al materialismo, alla competizione, all’indifferenza, all’edonismo.
Ciò che realmente occorre è rendere migliore l’uomo per migliorare i meccanismi, i sistemi, il mondo. In futuro l’Universalismo sarà la sola via da percorrere; il sincretismo delle grandi dottrine: il biocentrismo è ciò che renderà responsabile l’individuo verso la Natura e che gli consentirà si superare la visione antropocentrica della vita.
Deve nascere in ognuno di noi la consapevolezza che l’umanità è una sola famiglia, che gli animali sono diversi da noi solo nella forma fisica, che tutti respiriamo la stessa aria, beviamo la stessa acqua, ci nutre la stessa terra: un sangue rosso scorre nelle vene di tutti. Ma quando una parte del Tutto è ferita o sofferente è l’intero organismo che è in pericolo di vita. Siamo parte di un tutt’uno. O ci salviamo tutti o nessuno.
Sta nascendo una NUOVA COSCIENZA UMANA, UNA NUOVA ETICA che valorizza le possibilità dell’animo umano rendendo ognuno artefice del proprio destino e pone le basi di una umanità finalmente libera dalla violenza, dalla malattia e dal dolore.
Martedì 5 giugno nella prestigiosa sala Igea della Enciclopedia Italiana, a Roma, è stato assegnato il Premio “Le rosse pergamene del nuovo umanesimo” ideato e coordinato dalla scrittrice Anna Manna. Due le giurie tecniche presiedute da Corrado Calabrò che premierà i vincitori del concorso sulla poesia per la Calabria e da Neria De Giovanni che assegnerà i premi speciali per il nuovo umanesimo .
“La pergamena del nuovo umanesimo 2018” è stata conferita a Giurie riunite ad Antonio Casu, Consigliere capo servizio e Bibliotecario della Camera dei Deputati, membro di vari comitati scientifici, condirettore di collane di filosofia politica, autore e /o curatore di oltre cento pubblicazioni, uno dei massimi studiosi di Thomas More e presiedente dell’Associazione culturale “Cenacolo di Tommaso Moro”.
Antonio Casu, della famiglia del grande studioso di Berchidda Pietro Casu, ha ottenuto il premio, come si legge nella motivazione, perché : “La sua “curiositas”lo ha portato a spaziare in diversi campi del sapere ma sempre con il medesimo rigore da bibliofilo e ricercatore.
Ne sono prova gli ultimi preziosi volumetti che aprono la collana “Sentieri” delle Edizioni Nemapress, “La memoria e il sacro, Appunti di viaggio nella letteratura del primo Novecento” e “L’enigma Grazia Deledda, la grande scrittrice e il lungo silenzio delle Istituzioni”.
Antonio Casu con la sua attività di studioso ben incarna lo spirito con cui il Premio intende contrastare il pericolo di una retrocessione rispetto ai valori del vivere in “social catena”.
Durante la cerimonia Neria De Giovanni ha presentato il “Manifesto delle donne letterate per l’educazione al sentimento” proponendo un convegno in autunno che coinvolgerà intellettuali di tutta Italia per una lotta contro la violenza di cui sono vittime le donne e non solo, per una proposta di impegno culturale e civile, per un nuovo umanesimo rispettoso della persona umana.