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Tra i “prodotti” mediorientali degli sviluppi geopolitici successivi al crollo dell'Unione Sovietica c'è la Turchia, aspirante membro dell'Unione Europea, ma anche pilastro dell'Alleanza atlantica (NATO): in Siria, Ankara raccoglie i frutti del suo pragmatismo politico dell'ultimo trentennio
Lo scorso 21 aprile, in un'intervista alla rete privata NTV, il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan ha dichiarato che la principale minaccia per la Turchia sono i partner strategici, criticando gli Stati Uniti e i loro alleati per il loro sostegno ai curdi delle Unità di difesa popolare (YPG) nella guerra contro i cartelli del jihad del cosiddetto Stato islamico (IS). “Noi (turchi) non possiamo comprare armi dagli USA con il nostro denaro”, ha lamentato Erdoğan, “e purtroppo gli USA e le forze della coalizione danno gratuitamente queste armi, queste munizioni a organizzazioni terroristiche”. Quindi, ha accusato direttamente “i paesi occidentali” di strumentalizzare i terroristi dell'IS per sostenere “organizzazioni terroriste separatiste” curde. Dopo il suo commento ostentatamente equilibrato agli attacchi di USA, Francia e Gran Bretagna contro presunti siti di produzione e stoccaggio di armi chimiche in Siria, il presidente turco ha dunque marcato nuovamente le differenze tra Ankara e Washington: questa volta con il pretesto che dopo aver proposto all'ex presidente USA Barack Obama una collaborazione nella lotta contro il terrorismo, la Turchia è stata costretta ad affrontare questa guerra da sola, a causa della tattica temporeggiatrice degli Stati Uniti. Un riferimento all'operazione Ramo d'ulivo, lanciata da Ankara il 20 gennaio scorso: alcune regioni nella Siria settentrionale, tra le quali Afrin, ha precisato Erdoğan, sono state già “pulite” dalla presenza dei “terroristi”.
Per il presidente turco, la parola “terroristi” indica principalmente le YPG curde, che fanno riferimento al Partito dell'unione democratica (PYD), vicino al Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK). Questo partito è ufficialmente ritenuto organizzazione terroristica anche dagli Stati Uniti e dall'Unione Europea, che nondimeno hanno sostenuto le YPG nella guerra contro i cartelli del jihad. Contraddizioni simili hanno permesso alla Turchia di imporsi come attore protagonista nello scacchiere mediorientale, al punto tale da poter agire in piena autonomia da tutti gli altri attori regionali e mondiali. Questo è stato infatti il tono del ministro degli esteri turco Mevlüt Çavuşoğlu, la scorsa settimana, quando ha affermato che contrariamente alle aspettative del presidente francese Emmanuel Macron, il lancio di missili in Siria non è riuscito a “separare” la Turchia dal suo alleato russo. “Possiamo pensarla diversamente”, ha spiegato Çavuşoğlu, “ma le nostre relazioni con la Russia sono troppo solide per essere interrotte dal presidente francese”, anche se “non sono un'alternativa” a quelle con la NATO. Ankara conduce quindi una politica “conforme ai suoi interessi”, come ha puntualizzato il portavoce del governo turco, il vice primo ministro Bekir Bozdağ, senza schierarsi “pro o contro un paese”.
Sulla stessa linea si è espresso il 22 aprile il ministero degli Esteri turco a proposito dell'ultimo Rapporto sui diritti umani del Dipartimento di Stato USA. Il rapporto “privilegia i punti di vista di fonti legate ai terroristi”, “ignora i fatti” ed è “fondato su una considerazione distorta della responsabilità”, perché dà credito alle accuse di “circoli legati ai terroristi”. Esso inoltre ignora la lotta che la Turchia sta conducendo “contro il gruppo terrorista radicale FETÖ”, acronimo di Fetullahist Terrorist Organization, etichetta con cui le autorità turche bollano i sostenitori veri e presunti del predicatore islamico in esilio negli USA Fethullah Gülen. In proposito, il ministero degli esteri turco ha commentato che “non è una coincidenza che un simile rapporto, che riporta le parole di gruppi legati al terrorismo e descrive la lotta contro il terrorismo come un conflitto interno, è scritto in un paese dove vive il capo di FETÖ”. Sarà interessante ora osservare l'atteggiamento di Çavuşoğlu alla prossima riunione dell'Assemblea Generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) a New York, prevista per il 24 e 25 aprile, sul tema della pace.
Erdoğan è riuscito quindi a instaurare relazioni con tutte le parti coinvolte nel conflitto siriano i cui interessi siano compatibili, almeno in una certa misura, con quelli della Turchia. Anche al di fuori del complesso quadro mediorientale, Ankara si dice pronta ai negoziati per aderire all'Unione Europea, ma reagisce duramente a qualsiasi tentativo da parte di Bruxelles o di singoli paesi europei di mettere in dubbio i metodi autoritari delle autorità turche. Inoltre, dopo quasi due anni di tensioni con la Grecia, a seguito della decisione di Atene di concedere l'asilo agli ufficiali turchi fuggiti dopo il tentativo di colpo di Stato del luglio 2016, Erdoğan ha affermato la necessità di una “pace”, apprezzando la volontà del primo ministro greco Alexis Tsipras di “voltare pagina”.
A questa “versatilità” in politica estera, corrispondono, sul fronte interno, l'impazienza di applicare la riforma costituzionale (approvata da un'esigua maggioranza al referendum del 2017) e la volontà di dare al nuovo sistema presidenziale una connotazione di massa. Per questo, consumata la rottura con l'antico alleato Gülen, Erdoğan cerca i consensi del tradizionale elettorato islamico (in buona parte conquistato proprio grazie a Gülen), pur mantenendo una solida alleanza con il Partito del movimento nazionalista (MHP) di Devlet Bahçeli. È a quest'ultimo che tende la mano quando, ad esempio, si scaglia contro USA e UE, perché i suoi voti potrebbero essere decisivi in vista delle prossime elezioni legislative e presidenziali. Una delle ragioni principali per cui il presidente turco ha voluto anticiparle al prossimo 24 giugno (erano previste per novembre 2019), su suggerimento di Bahçeli, è il rischio rappresentato da Meral Akşener, ex esponente dell'MHP che ha rotto con il partito e con Bahçeli a causa dell'atteggiamento di quest'ultimo, giudicato troppo compiacente nei confronti di Erdoğan. Soprannominata “la signora di ferro”, la Akşener ha fondato il Partito del bene (25 ottobre 2017), per proporre una forma di nazionalismo laico, critico nei confronti dell'islamizzazione della Turchia, ma anche della repressione scatenata da Erdoğan dopo il tentativo di colpo di Stato. Secondo le leggi turche, i partiti che non abbiano tenuto almeno un congresso nei sei mesi precedenti non possono partecipare alle elezioni: anticipando la data di queste ultime, la Akşener potrebbe essere esclusa dalla competizione.
Una scelta che è costata al presidente turco non poche critiche da parte delle opposizioni, che si sommano alle perplessità espresse dall'ONU a proposito della proroga (per la settima volta) dello stato di emergenza in Turchia. In proposito, Erdoğan ha chiarito che “lo stato di emergenza colpisce solo i terroristi”, quindi è una forma di tutela. Quanto alle elezioni, ha specificato che tutti i partiti potranno condurre la loro campagna con maggiore serenità e che “i brogli che si verificano alle elezioni americane non esistono nelle nostre elezioni”.
La due giorni altoatesina ha proposto come sempre un programma ricco e originale, che ha visto protagonisti temi d’innovazione e sperimentazione, in vigna e in cantina, sviluppati in diverse degustazioni speciali come Oops! Error. Wine mistakes e We are not ready yet.
Si è chiusa l’edizione 2018 della kermesse nata dalla mente eclettica di Alois Lageder. Non come antitesi al Vinitaly o come qualcuno scrisse anni indietro l’Antivinitaly. Ma manifestazione collaterale, aggiunta, specifica nei contenuti e di confronto rivolta ai wine lovers e non solo per una più distinta conoscenza dell’eccellenza vinicola proveniente anche da oltre i confini nazionali. Il confronto.
Manifesta volontà di allontanarsi dal concetto di fiera del vino per offrire a operatori del settore, stampa internazionale, agli stessi partner (inclusi i produttori) e agli appassionati, uno scenario di condivisione e di viticoltura sostenibile e vivibile, in una atmosfera familiare ed accogliente che solo l’Alto Adige e le sue genti sanno donare.
Magrè, l’ultimo comune della Bassa Atesina confinante ad ovest del fiume Adige con il Trentino, per due giorni si è vestita a Gran Festa.
Casòn Hirschprunn e Tòr Löwengang, quest’ultimo sede della Cantina Lageder, maestosa e unica nel suo genere per essere stata apripista di scoperte e applicazioni filosofiche legate alla biodinamica, sono stati ancora una volta invasi fino all’inverosimile da una moltitudine di persone. Più di 2.000 visitatori, circa 130 ospiti della stampa italiana e internazionale, 80 aziende vinicole: i numeri della “non fiera”.
La piccola stazioncina ferroviaria condivisa con altri minuscoli comuni della valle, divenuta per due giorni luogo di arrivo e partenza, ha vissuto appieno la sua funzione nell’ottica primaria di accoglienza vivibile e sostenibile (limitare le auto).
IL PROGRAMMA
Come ogni anno Summa ha offerto un ricco programma di degustazioni guidate e verticali esclusive, condotte dagli stessi vignaioli o da esperti veri.
Seminari e visite alla cantina Lageder insieme ai consueti ed irrinunciabili percorsi in vigna sui carri trainati dai forti cavalli altoatesini bardati a festa sono stati, come in tutte le edizioni, elemento folcloristico, immersione nelle tradizioni locali e conoscenza dei sistemi di allevamento dei vitigni.
“Parole chiave della ventunesima edizione: Sperimentazione ed Innovazione”.
Per Alois Clemens Lageder, sesta generazione della Famiglia Lageder, da pochi anni entrato in Azienda, sono argomenti molto cari che porta avanti con passione e dedizione. Sperimentazioni in vigna e cantina. Temi che, anche nella ventunesima edizione, sono stati trattati durante i wine tasting molto particolari, un po’ fuori dagli schemi.
I componenti del vino e le prove di botte in We are not ready yet (non siamo ancora pronti): sperimentare, a volte sbagliare, in Oops! Error. Wine mistakes (errori nel vino).
E ancora i Tasting Hidden Treasures, tesori della tradizione enoica dimenticati e recentemente riemersi, portavoce del proprio territorio d’origine che forse, dopo studi approfonditi, torneranno alla ribalta.
Senza dimenticare le scoperte, gli assaggi direttamente ai banchi dei produttori presenti disseminati nelle stanze storiche di Casòn Hirschprunn (Granaio e I°, II° piano del Palazzo ) e nelle sale di Tòr Löwengang.
Infine come sempre a disposizione di tutti la proposta gastronomica di pregio offerta da aziende leader del settore come il catering Hannah&Elia e il pastificio trentino Monograno Felicetti.
Senza dimenticare di menzionare i prodotti tipici delle malghe: formaggi, pane biologico, speck e le amatissime frittelle di mele “spadellate” in continuo, senza sosta, dalle contadine di Magré.
Insomma è stata una manifestazione incredibilmente incredibile che ha soddisfatto curiosità, interesse, desiderio di sapere, conoscere.
Summa 2018, Chapeau!
Conosco molti agricoltori con tumori renali e linfomi non hodgkin (che guarda caso non vengono considerati dall'EFSA nell'analisi degli studi sulla cancerogenicità del Glfosate)
la statistica è impressionante..
Per non parlare dell'esplosione delle malattie autoimmuni… visto che il glifosate da aminoacido artificiale crea caos biologico inserendosi nella materia vivente… tanto che il nostro sistema immunitario NON CI RICONOSCE PIU'
Sono almeno 20 anni che abbiamo avvisato di questo pericolo…
Ora ci sono le prove…
alla faccia del Principio di precauzione che vige nelle norme Nazionali ed Europee.
Siamo tutti fuori legge… anche chi non denuncia alle autorità campetenti … per OMERTA' !!!
Glifosato: uno studio dimostra l’arbitrarietà di Efsa ed Echa nell’analisi dei dati…
il prodotto è Cancerogeno secondo lo IARC - Organizzazioen Mondiale della Sanità e pertanto va immediatamente vietato !!!
http://jech.bmj.com/content/jech/early/2018/03/06/jech-2017-209776.full.pdf
… portiamo in tribunale Monsanto
come hanno fatto in California (vedi articolo a seguire in spagnolo… )
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GLIFOSATO: Monsanto se enfrenta a 2400 demandas de víctimas con cáncerPor Graciela Vizcay Gomez
"Lee Johnson, un residente de 46 años de Vallejo, California, desarrolló una erupción en la piel severa en 2014, dos años después de que comenzó a rociar Roundup como parte de su trabajo de mantenimiento en el Distrito Escolar Unificado de Benicia. "Leyó la etiqueta en el contenedor", dice su abogado, Timothy Litzenburg , "y siguió todas las instrucciones de seguridad, que fueron escritas por Monsanto", según un artíiculo publicado en el sitio PRI de Mineapolis USA.
La erupción se convirtió en una forma agresiva de linfoma no Hodgkin, un cáncer del sistema linfático. Los médicos estiman que a Johnson le quedan seis meses de vida; él dejará atrás una esposa y dos hijos. La suya es una de las 2.400 demandas presentadas contra Monsanto por víctimas de cáncer en tribunales de todo el país, y el caso de Johnson es el primero programado para un juicio con jurado.
Estas víctimas están demandando para hacer responsable a Monsanto, alegando que el glifosato, el ingrediente activo que figura en la lista, en su popular herbicida Roundup, causó su linfoma no Hodgkin.
"Aproximadamente la mitad de los casos [de nuestra firma] son de personas que rociaron Roundup para distritos escolares o parques, mientras que los otros son de personas que rociaron sus hogares", dijo Litzenburg. Otro bufete de abogados , que representa a unos 600 demandantes, describió a sus clientes como el 60 por ciento de los usuarios residenciales de glifosato, el 10 por ciento de los encargados de mantenimiento de parques y escuelas y el 30 por ciento de los propietarios de huertos y agricultores.
Los demandantes están buscando acuerdos monetarios en juicios con jurado que podrían ascender a miles de millones de dólares, acuerdos que podrían poner a cero los $ 2.8 mil millones en ingresos que Monsanto espera obtener del Roundup solo este año. Con más de276 millones de libras de glifosato utilizadas en 2014 en granjas, negocios, escuelas, parques y hogares en todo el mundo, lo que está en juego es mucho.
Las demandas plantean la cuestión de si los tribunales pueden lograr lo que los reguladores estadounidenses no tienen: control o responsabilidad sobre el glifosato, un químico que las autoridades internacionales en el principal grupo de cáncer de la ONU han considerado un probable carcinógeno .
A principios de este mes en San Francisco, el juez de distrito de los EE. UU. Vince Chhabria comenzó el proceso de determinar si los expertos científicos en estos ensayos están utilizando métodos sólidos para llegar a sus conclusiones, y qué expertos pueden recurrir al estrado durante los próximos juicios federales.
Los 2,000 casos pendientes en los tribunales estatales no están sujetos a las decisiones de control de Chhabria y ya se está procediendo con el primer caso, el de Johnson, que está programado para comenzar en junio.
Para decidir sobre la validez de los científicos y la ciencia, Chhabria escuchó de los 10 expertos abogados presentados para los demandantes de cáncer y Monsanto en audiencias probatorias. Llamó "Semana de la Ciencia" a las audiencias de Daubert y sirvieron como su curso intensivo sobre cómo los expertos de clase mundial llevan a cabo una evaluación del riesgo de cáncer.
"El papel del juez en una audiencia en Daubert es averiguar si alguna de las pruebas no debe presentarse ante un jurado porque carece de validez", dijo el Dr. Steven N. Goodman, un observador externo que es el jefe de epidemiología de salud. investigación y política en la Facultad de Medicina de Stanford. El Dr. Goodman también ha sido instructor en cursos de educación judicial sobre audiencias en Daubert.
Las audiencias de Daubert permiten que ambas partes presenten la ciencia, y en la mayoría de los casos, los abogados presentan a los científicos y estudios que respaldan su lado del argumento. Los científicos que testificaron bajo juramento y en cámara fueron expertos en toxicología, estudios con animales, bioestadística y epidemiología, todas disciplinas involucradas en la evaluación del riesgo de cáncer.
Las audiencias marcaron la primera vez que los científicos de Monsanto se enfrentaron en la corte contra tres de los mejores científicos que habían servido en la Agencia Internacional para la Investigación del Cáncer (IARC) de la ONU, que en 2015 etiquetó al glifosato como un probable carcinógeno. También fue la primera vez que los tres científicos de la ONU hablaron en detalle sobre los datos y análisis subyacentes a su decisión.
Testificando a los demandantes, el Dr. Charles William Jameson, un experto en toxicología animal retirado del Instituto Nacional del Cáncer y de los Institutos Nacionales de Salud, explicó cómo los científicos trabajan juntos para considerar la totalidad de la evidencia publicada en estudios revisados por pares. Los estudios en animales son lo primero. Si los estudios con roedores muestran evidencia de carcinogenicidad, los científicos recurren a estudios de poblaciones humanas para ver si los seres humanos en el mundo real -en niveles de exposición del mundo real- se ven afectados de manera similar.
Jameson dijo al tribunal que IARC se benefició de lo que dijo que era una "cantidad extraordinariamente alta de datos de estudios en animales" sobre el glifosato y que los estudios en animales demostraron consistentemente que el glifosato causa cáncer.
Después de enumerar una docena de estudios que muestran la replicación de diferentes cánceres en ratones y ratas, Jameson concluyó: "En mi opinión, la exposición al glifosato no solo puede causar linfoma no Hodgkin [en humanos], sino que actualmente lo está haciendo, con la exposición actual niveles hoy ".
Otro de los testigos expertos de los demandantes, el Dr. Chadi Nabhan, oncólogo y director médico de Cardinal Health en Chicago, atestiguó la naturaleza conservadora de la historia de IARC de compuestos de marcaje como carcinogénicos.
En primer lugar, dijo Nabhan, existen barreras para que la IARC emprenda un análisis. "Tienes que demostrar que hay suficiente exposición humana para obtener el interés de IARC, y que hay suficientes datos de animales", dijo. Sobre los 53 años de historia de IARC, dijo que el grupo había considerado 1,003 compuestos y encontró que solo el 20 por ciento de ellos son cancerígenos o carcinógenos probables.
"Creo firmemente en las conclusiones de la IARC, y eso realmente hace una gran diferencia para nosotros como médicos", dijo Nabhan, y agregó que les dice a sus pacientes que no usen Roundup y glifosato. "Estos son factores de riesgo modificables", dijo.
Monsanto se ha opuesto enérgicamente al fallo de IARC, gastando millones de dólares en una amplia campaña para desacreditar a estos científicos, así como a la propia IARC, calificando a su metodología de "ciencia basura".
Los expertos de Monsanto, que se especializaron en bioestadística, medicina veterinaria y cáncer de próstata, desafiaron la validez de los datos y estudios de los demandantes y presentaron sus propios puntos de vista de los datos, así como investigaciones conflictivas.
El experto en estudios animales Dr. Thomas Rosol, profesor de medicina veterinaria de la Universidad de Ohio, desafió el concepto científico ampliamente aceptado de plausibilidad biológica, que asume que una sustancia que se descubre que es carcinogénica en ratones también debería causar cáncer en humanos, citando uno ejemplo donde un nuevo medicamento que causaba cáncer en ratones no causaba cáncer en humanos.
La Dra. Lorelei Mucci, profesora asociada de Harvard cuya investigación se centra en el cáncer de próstata, se basó en gran medida en un documento de 2017 que analizó datos de un estudio a largo plazo de 90,000 aplicadores de pesticidas comerciales, agricultores y cónyuges de granjeros de Iowa y Carolina del Norte. no encontró ninguna relación entre la exposición al glifosato y el cáncer. Los expertos en epidemiología de los demandantes, en respuesta, destacaron las fallas que observaron en ese estudio, apuntando en cambio a múltiples estudios que mostraron una asociación entre el glifosato y un mayor riesgo de contraer linfoma no Hodgkin.
Este tipo de ida y vuelta, con cada lado presentando datos que respaldan su punto de vista, es común en las audiencias de Daubert, dijo Goodman de Stanford. "Es muy difícil para un juez entender en el contexto adverso cuáles son las críticas legítimas y cuáles no", dijo. "Y luego, a menudo, lo que sucede es que los desacuerdos o las incertidumbres menores o moderadas se explotan o magnifican para hacer que las distinciones realmente grandes parezcan juicios diferentes".
Añadió que, si bien los científicos pueden "distinguir claramente entre las diferencias científicas razonables y las diferencias científicas irrazonables", los jueces a menudo no pueden. Pero, advirtió, el papel del juez en tales audiencias no es decidir el caso en sí, sino permitir que un jurado escuche de todos los científicos expertos que cumplen con los estándares profesionales.
Que viene después
Al final de Science Week, Chhabria compartió lo que había aprendido de él, tanto como su primera audiencia en Daubert como en un curso acelerado sobre la evaluación del riesgo de cáncer. Una semana después, Chhabria invitó a dos de los expertos de los demandantes a volver para un nuevo interrogatorio. Si bien se sentía seguro de que la ciencia muestra que el glifosato causa cáncer en los animales, dijo, las conclusiones epidemiológicas no fueron tan claras.
"Mi punto más importante es que la epidemiología es una ciencia holgazana y que es altamente subjetiva", dijo Chhabria, agregando que encontró que la evidencia del estudio de salud de la población en el lado de los demandantes es "bastante escasa".
Chhabria dijo: "Me es difícil entender cómo un epidemiólogo podría concluir ... que el glifosato de hecho está causando un linfoma no Hodgkin en los seres humanos ... Pero también me pregunto si alguien podría concluir legítimamente que el glifosato no está causando linfoma no Hodgkin en los seres humanos ".
Cualesquiera que sean las creencias del juez, Chhabria notó que están fuera de su alcance dentro de una audiencia con Daubert. "Mi papel es decidir si las opiniones ofrecidas por los expertos de los demandantes están dentro del rango de razonabilidad", dijo Chhabria. "Y los tribunales nos dicen que incluso una opinión débil puede ser admisible porque ... ese experto estará sujeto a un interrogatorio. Y el jurado podrá escuchar toda la evidencia y decidir quién tiene la razón y quién está equivocado ".
La epidemiología, explicó, "es la herramienta que tenemos para detectar señales en el nivel de la población. Y cuando una señal resulta ser algo así como un linfoma no Hodgkin, existe una razón de interés público por la que debemos buscar desencadenantes potenciales o causas de ese tipo de epidemiología ". Ricardo Salvador, científico sénior y director del Programa de Alimentos y Medio Ambiente en la Unión de Científicos Preocupados , dijo que es difícil para un no científico evaluar la validez de los estudios epidemiológicos. "Creo que la epidemiología se cumple con los estándares aquí que no puede cumplir porque es una ciencia de observación", dijo a Civil Eats. "La precisión de las mediciones no será como estudios controlados y trabajo de banco de laboratorio".
Stanford's Goodman señala que las audiencias de Daubert requieren que un juez esté dispuesto a hacer "mucha lectura y tarea fuera de la sala del tribunal". Dado que gran parte de lo que se dice en la corte es parte de los argumentos, agregó, "los abogados siempre pueden hacer que los pequeños desacuerdos suenen a lo grande, y a veces los grandes desacuerdos suenan pequeños ".
Por ejemplo, al final de los argumentos orales, los abogados de Monsanto resumieron los procedimientos y le dijeron al juez que los expertos de los demandantes no habían utilizado odds ratios ajustados en algunos de sus cálculos. Los abogados de los demandantes respondieron citando las instancias precisas en las que sus expertos habían utilizado la metodología adecuada.
La táctica ilustra lo que Goodman dice es una de las que se usa a menudo en las audiencias de Daubert. "Si un juez no está anclado por algo fuera de lo que escucha en la sala del tribunal", dijo, "va a ser muy difícil, están tratando de arrojar arena a sus ojos". Y es muy, muy difícil de ver ".
Mientras tanto, Michael Baum, abogado de algunos de los demandantes, dijo que los Documentos de Monsanto -correos y notas internas recibidos de Monsanto como parte del proceso de descubrimiento de estos juicios, y que revelaban los esfuerzos de la compañía para desacreditar a la IARC y la ciencia dominante- tenían ya hizo olas en otras partes del mundo.
"Es como el Mago de Oz", dijo Baum. "Cuando cierras el telón, y cuando enviamos todas estas pruebas a los responsables de la toma de decisiones de la UE, a los reguladores y a los legisladores, empezaron a ver que los habían engañado. Los tomadores de decisiones están empezando a tomar decisiones diferentes ".
La UE votó en 2017 para limitar la renovación de la licencia de glifosato por un período de solo cinco años, y muchos países europeos han anunciado planes para finalizar su usodentro de tres años. "Países como Francia, Italia y Austria dicen que ... 'no esperamos entre tres y cinco años, nos estamos moviendo tan pronto como haya una alternativa viable'", agregó Baum.
Salvador advirtió que el proceso funciona de manera diferente en los Estados Unidos. En Europa, "el valor predeterminado es ser precautorio, de modo que el interés del público, el bienestar público y la salud sean primordiales", dijo. "En los Estados Unidos, la cosmovisión es que los intereses de la industria y su derecho a obtener ganancias son dominantes ... lo cual es muy conveniente para las personas que se benefician al arrojar productos químicos al medio ambiente".
La semana pasada Chhabria programó audiencias de seguimiento del 4 al 6 de abril para un interrogatorio más profundo de dos de los expertos del demandante sobre sus conclusiones epidemiológicas. Se espera que regule en mayo sobre evidencia científica y expertos permisibles en casos federales. Mientras tanto, las demandas contra Monsanto en los tribunales estatales comenzarán en junio.-
Zero Biocidas
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Marcorè ritorna a Roma stavolta al Teatro Brancaccio con lo spettacolo “Quello che non ho” titolo anche di una canzone di Fabrizio De André.
Forte del successo delle 4 repliche, arriva all’ultima serata, che si conclude con un tutto esaurito.
Sarà per la bravura dell’eclettico Neri Marcorè, che utilizza una sorta di teatro-canzone tanto cara a Gaber (brani musicali intervallati da monologhi), sarà per i testi dei due più grandi poeti italiani contemporanei, le canzoni di Fabrizio De André e le visioni, quasi profetiche, di Pier Paolo Pasolini, che lo spettacolo prova a costruire uno spaccato e dà una visione tutta personale della società attuale; dove si denunciano con ironia e sarcasmo lo sfruttamento dell’uomo e dell’ ambiente, di guerre e di illegalità tra passato che non torna è il futuro che non arriva.
Quello che l’attore marchigiano porta in scena con cortese indignazione rasenta una comicità grottesca, bizzarra e surreale.
Racconta storie emblematiche, parabole del presente, storie di esclusione e di ribellione, di conflitti e di razzismo.
Storie in cui si favoleggia di un’enorme isola di rifiuti di plastica chiamata “il sesto continente” che galleggia al largo delle Hawaii; di evoluti roditori che sono diventati i nuovi capi del mondo; di guerre civili causate dal coltan, minerale che si estrae dalle miniere del Congo, indispensabile per il funzionamento dei nostri telefonini; di economia in “decrescita felice” che propone la pizza da un euro, una normale margherita, grande però come un euro.
Di consumismo occidentale e dell’autodistruzione dell’ uomo; nel 2014 per la prima volta nella storia sono morte più persone per eccessi alimentari che per mancanza di cibo, sostenendo che lo zucchero è più letale della polvere da sparo ( L'eccesso di cibo uccide più delle guerre)
E ancora Marcorè racconta : “Tra meno di 20 anni il peso complessivo dei rifiuti non degradabili depositato negli oceani sarà pari a quello dei pesci”.
Di Pasolini i brani sono tratti dal film/documentario ”La rabbia” e brevi brani da "gli Scritti Corsari".
Dal repertorio di De André si ascoltano le canzoni in gran parte tratte dal concept album “Le Nuvole” ma anche “Se ti tagliassero a pezzetti” “Una storia sbagliata” dedicata a Pasolini, “Khorakahanè” “ Smisurata Preghiera” “Dolcenera”, “Volta la Carta”,“Canzone per l’estate”, in scena Marcorè è accompagnato da tre bravi cantanti/chitarristi, Pietro Guerracino,Vieri Sturlini e Giua, quest’ultima ha alle spalle diverse collaborazioni (Riccardo Tesi, Adriana Calcanhotto, Pippo Pollina, Fausto Mesolella, per citarne alcuni) ed anche una apparizione anni fa al festival di Sanremo.
Insomma lo spettacolo “Quello che non ho” cerca di costruire, sotto forma di recital sostenuto dalla guida di De André e Pasolini, una visione personale dei tempi che viviamo.
Un consiglio spassionato se vi capita di incrociare questo evento, nella vostra città non indugiate, non perdetelo, ne uscirete indignati perché ci sbatte in faccia i mali del mondo riguardo inquinamento, razzismo, scandali bancari, sfruttamento minorile, cattiva politica e contestualmente non da soluzioni, però ci fa riflettere e ci obbliga ad essere migliori e ad ogni spettatore chiede di prendere coscienza e seppur nel proprio piccolo, di attuare un deciso e personale rimedio per un futuro migliore.
Le farine incominciano ad invecchiare dall’8° giorno, al 15° sono devitalizzate.
Le farine raffinate sottraggono risorse vitali all’organismo: ai nervi, muscoli, ossa, cuore, sangue, cervello e sembra predispongano al cancro.
La raffinazione porta via gli acidi grassi essenziali, vitamine, minerali, fibra, antiossidanti: la perdita è dell’ 80% di magnesio; il 70% di potassio, ferro e fosforo; 60% di rame; 40% di cromo.
La farina bianca contiene un quarto delle vitamine, la carenza di queste porta al beri- beri.
L’indice glicemico del pane bianco è 90, l’indice glicemico dell’arancia è 50.
Se il 60% delle calorie introdotte viene dai carboidrati aumenta il rischio di mortalità.
Nel 1828 il fisiologo francese E. Magendie dimostrò che i cani tenuti a dieta con pane bianco e acqua morivano dopo 50 giorni, mentre quelli nutriti con pane nero ed acqua crescevano ottimamente.
Tutti i cereali sono poveri di due aminoacidi importanti: cistina e lisina e sono pressocchè privi di iodio, sodio, calcio, zolfo e vitamine ABC. La mancanza di iodio genera idiozia.
Le fibre vegetali dei cereali integrali sono quelle più contaminate da pericolosissimi fungicidi che agiscono sui mitocondri che come si sa sono sempre implicati nei tumori.
Collezione R. Goni |
Parafrasando le parole che Fabrizio De André dedica a Marinella, “tutte le più belle cose durano un solo giorno come le rose”… si comprende perché è durata un solo giorno la splendida mostra allestita sabato scorso a Lemignano di Collecchio da Romano Goni. Un troppo breve, ma intenso, incontro ad alto livello tra Storia Arte e Stile che il titolare del bottonificio Miban ha sapientemente e amorevolmente allestito per presentare le ultime, favolose acquisizioni che ora arricchiscono ancora di più la sua incredibile collezione di antichi bottoni.
Recenti e illustri ospiti i preziosissimi “Shibayama” bottoni/gancio provenienti dall’antico Giappone, in avorio scolpito a mano e intarsiato con madreperla e pietre preziose.
“Chiudevano i kimono da cerimonia dei samurai – spiega Goni - e oggi non esistono al mondo altri esemplari oltre a quelli della mia collezione. “
Una passione travolgente quella di Romano Goni. Titolare di Miban, storica azienda di Parma produttrice di bottoni ed accessori di moda, fondata nel 1955, Miban è conosciuta ed apprezzata in tutto il mondo. Ma non solo per la produzione che esce dallo stabilimento di Lemignano di Collecchio (bottoni ed accessori che vanno ad ornare gli abiti di grandi firme della moda internazionale) ma - soprattutto tra gli appassionati di Storia del Costume - per la preziosa collezione, che certamente non ha eguali al mondo, messa assieme da Romano Goni.
Quella per i bottoni è una grande passione che <consuma> da sempre il titolare della Miban, grazie alla quale oggi si ritrova proprietario di una realtà straordinaria. La rarità degli innumerevoli pezzi, sapientemente catalogati, che raccontano la Storia – e non solo quella del Costume – attraversando il Tempo e lo Spazio mediati dal lavoro sapiente di antichi artigiani/artisti. Piccoli/grandi capolavori, di incredibile bellezza : bottoni etruschi e celtici, precolombiani, greci, fibule romane (ganci in ferro scolpito con i quali i soldati romani chiudevano i mantelli nel primo secolo d.C.), intere collezioni di bottoni-gioiello appartenute a nobili famiglie europee dal quindicesimo al diciottesimo secolo. Di particolare bellezza il bottone-mosaico in oro e smalto che ritrae la Duchessa di Parma.
Sono oltre 100.000 i pezzi catalogati – altri ancora da registrare – raccolti nelle più diverse aree della Terra, scoperti e acquisiti da Goni con pazienza certosina : dal bottone del mantello che Carlo Magno indossò per la sua incoronazione, a quelli che Pablo Picasso disegnò apposta per Coco Chanel, al pezzo unico che Benvenuto Cellini cesellò per papa Clemente VII. Si percorrono secoli di Storia, cavalcando il Tempo, ammirando i bottoni che gli zar commissionarono a Fabergé per i loro abiti di gala, quelli che ornarono gli abiti più importanti dei Savoia, dei Medici, di Napoleone e di Maria Luisa d’Austria, le antiche divise degli ufficiali : del Regio Esercito italiano, degli ussari, dei britannici, dei francesi. E i fortunati visitatori della mostra-lampo allestita a Lemignano, hanno potuto riempirsi gli occhi dei meravigliosi micro-mosaici, degli smalti, dei vetri di Murano, delle composizioni in porcellana di Tornai con i quali antichi artisti dettero vita a questi preziosi oggetti. Poi, continuando un fantastico viaggio attraverso lo spazio, ecco i bottoni tondi dei copricapo dei Mandarini e che, secondo il materiale in cui erano fatti, – oro argento, metallo – ne stabilivano la potenza gerarchica. Bottoni, gemelli, ganci : una raccolta infinita dal valore inestimabile, il lavoro straordinario di antichi cesellatori, miniaturisti, bulinatori, coniatori che, nel tempo, hanno dato “vita” a una incredibile quantità di capolavori. E, come ci ha spiegato Romano Goni, le opere più affascinanti sono state create prima dell’avvento dell’energia elettrica, perciò con trapani e frese azionate a mano.
Un vero patrimonio culturale. La collezione di Romano Goni meriterebbe una sede permanente e prestigiosa, soprattutto per permettere ad una larga fascia di pubblico di usufruirne oltre che sotto il profilo conoscitivo anche per un piacere didattico e culturale.
Secondo un nuovo studio pubblicato nella Public Library of Science (PLOS) peer reviewed (1) ci sono prove sufficienti che i frammenti di DNA derivati dal cibo, trasportino geni completi che possono entrare nel sistema di circolazione umano attraverso un meccanismo sconosciuto. Mi chiedo se gli scienziati di queste società biotech si siano resi conto di ciò. In uno dei campioni di sangue la concentrazione relativa del DNA della pianta è superiore al DNA umano. Lo studio si è basato sull’analisi di oltre 1000 campioni umani provenienti da quattro ricerche indipendenti, e conferma ciò che molti sospettano da anni.
PLOS è un diario scientifico di libero accesso, rispettato all’unisono, sulla ricerca primaria nell’ambito della scienza e medicina.
Quando si tratta di colture e alimenti geneticamente modificati, non abbiamo davvero idea di quali saranno gli effetti a lungo termine sulla popolazione..
La vendita di alimenti geneticamente modificati è iniziata solo venti anni fa, nel 1994.
Non è possibile che le autorità sanitarie possano testare tutte le combinazioni possibili su una popolazione abbastanza numerosa, per un periodo di tempo sufficientemente lungo da poter dire con certezza che gli OGM siano innocui.
Pertanto, andrebbe applicato il principio di precauzione, vietando tutti gli alimenti che contengono OGM.
Il genetista David Suzuki ha recentemente espresso la sua preoccupazione, affermando che gli esseri umani fanno parte di un “massiccio esperimento genetico” nel corso di molti anni, poiché migliaia di persone continuano a consumare OGM. I progressi dello studio sul genoma negli ultimi anni, hanno rivelato che gli organismi possono condividere i loro geni. Prima, invece, si pensava che i geni fossero condivisi solo tra i singoli membri di una specie attraverso la riproduzione.
I genetisti di solito seguivano l’ereditarietà dei geni in quello che viene definito come sviluppo “verticale”, ad esempio allevare un maschio e una femmina, seguire la loro prole e continuare lungo la discendenza.
Oggi gli scienziati riconoscono che i geni sono condivisi non solo tra i singoli membri di una specie, ma anche tra membri di specie diverse.
Il nostro flusso sanguigno è considerato un ambiente ben separato dal mondo esterno e dal tratto digestivo. Secondo il paradigma standard, grandi macromolecole consumate con il cibo non possono passare direttamente al sistema circolatorio, in quanto si pensa che durante la digestione le proteine e il DNA siano degradati in piccoli costituenti, amminoacidi e acidi nucleici, e quindi assorbiti da un complesso processo attivo e distribuiti a varie parti del corpo attraverso il sistema di circolazione.
Invece, sulla base dell’analisi di oltre 1000 campioni umani provenienti da quattro studi indipendenti, riportiamo prove che frammenti di DNA derivati dal cibo, abbastanza grandi da trasportare geni completi, possono evitare la degradazione e, attraverso un meccanismo sconosciuto, entrare nel sistema di circolazione umano.
In uno dei campioni di sangue analizzati la concentrazione relativa del DNA della pianta è superiore al DNA umano. La concentrazione del DNA vegetale mostra una distribuzione lungamente normale, sorprendentemente precisa nei campioni di plasma, mentre il campione di controllo non plasmatico è risultato privo di DNA vegetale.
Ovviamente non è come un essere umano che si accoppia con una mela, una banana o una pianta di carota e scambia i geni. Ciò che hanno fatto le società biotecnologiche e biogenetiche come la Monsanto, è che hanno permesso il trasferimento di geni da una specie all’altra senza alcun riguardo per le limitazioni o i vincoli biologici.
Il problema è che tutto ciò ci si basa su una scienza pessima e corrotta, per non dire altro.
Le condizioni e le “regole” biologiche che si applicano al trasferimento genetico verticale (da genitori a figli), almeno quelle di cui siamo a conoscenza, non si applicano necessariamente al trasferimento genetico orizzontale (tra specie diverse). La scienza biotecnologica, invece, si basa ancora sul presupposto che i principi che regolano l’ereditarietà dei geni, siano gli stessi quando spostiamo i geni orizzontalmente così come come sono, o quando vengono mossi verticalmente.
Tutto ciò dimostra che gli OGM dovrebbero essere sottoposti a molte più sperimentazioni e ricerche molto rigorose, prima di continuare a consumarli.
Come possono le nostre autorità sanitarie governative approvare questi organismi transgenici come sicuri?
Lo hanno detto le Multinazionali e ci siamo semplicemente fidati, senza metterlo in discussione.
Sembra che siamo una razza molto credulona, ma le cose stanno cambiando e molte persone cominciano a mettere in discussione il mondo che li circonda.
Una piccola mutazione in un essere umano può determinare così tanto, il punto è quando muovi un gene, un gene, un piccolo gene da un organismo in uno diverso, che cambi completamente il suo contesto. Non c’è modo di prevedere come si comporterà e quale sarà il risultato. Pensiamo di progettare queste forme di vita, ma è come prendere una orchestra preparata per suonare una sinfonia di Beethoven, e poi prendere dei tamburi qua e la,e farli suonare insieme, e si pensa che suonino musica. Ciò che uscirà sarà qualcosa di molto molto diverso.
"La propaganda che dietro agli OGM indica una buona intenzione, ma il fatto è che è guidata dalle corporation e quindi dai soldi”, afferma David Suzuki. "Personalmente credo che le intenzioni vadano al di là del denaro, vedi transumanesimo ed eugenetica", ma questa è un’altra storia.
Dalle ricerche condotte risulta anche abbastanza chiaro che il DNA dal cibo finisce nei tessuti animali e nei prodotti a base di latte che le persone mangiano.
Studi dimostrano che quando gli esseri umani o gli animali digeriscono cibi geneticamente modificati, i geni creati artificialmente trasferiscono e alterano il carattere dei batteri benefici nell’intestino. I ricercatori riferiscono che i microbi trovati nel piccolo intestino di persone con ilestomia sono in grado di acquisire e ospitare sequenze di DNA da piante OGM. Le colture geneticamente modificate si sono infiltrate nei mangimi dal 1996 e gli studi hanno collegato l’alimentazione degli animali OGM a una grave infiammazione dello stomaco e all’utero allargato nei suini.
È anche importante notare che il trasferimento genetico tra colture agricole geneticamente modificate e specie autoctone circostanti ha dato origine a specie altamente resistenti dette super erbacce. Secondo l’organizzazione mondiale della sanità, il trasferimento genetico e il movimento di geni da piante geneticamente modificate, in colture convenzionali o specie affini, potrebbero avere un effetto sulla sicurezza alimentare e sulla sicurezza umana. “Questo rischio è reale, come è stato dimostrato quando tracce di un tipo di mais, che sono state approvate solo per l’uso nei mangimi, sono apparse nei prodotti a base di mais per il consumo umano negli Stati Uniti.”
La verità è che gli ingegneri genetici non hanno mai preso in considerazione la realtà del trasferimento genico, nel momento in cui producono queste "cose" e le
introducono nell’ambiente. Di conseguenza, stiamo iniziando subire le conseguenze dei geni che sono stati progettati, in particolare come si diffondono e alterano altri organismi in vari ambienti.
Watrud et al (2004) hanno scoperto che il transgene di resistenza agli erbicidi, si diffondeva attraverso il polline in un’area fino a 21 km oltre il perimetro dell’area di controllo, e aveva impollinato enormi distese di colture. Prima di quell’anno, i governi avevano concluso che era improbabile il trasferimento di DNA da colture OGM agli alimenti.
Ora possiamo vedere che hanno torto e che con tutta probabilità ne erano a conoscenza.
Indipendentemente dal fatto che il DNA di alimenti geneticamente modificati possa essere trasferito all’uomo e agli animali, oggi si sa ancora molto poco e ciò che è noto non sembra per niente confortante. Ed esistono studi che collegano OGM e pesticidi a vari disturbi cronico degenerativi.
Bisogna fermare la produzione di OGM fino a quando non sapremo definitivamente che sono sicuri per il consumo umano.
E' necessari applicare il Principio di Precauzione, altrimenti le multinazionali rischieranno cause per danni sanitari e ambientali, molto pesanti.
Non è un mistero il motivo per cui la maggior parte dei paesi in tutto il mondo ha completamente vietato gli OGM.
Riferimenti:
(1) Complete Genes May Pass from Food to Human Blood
(2) Assessing the survival of transgenic plant DNA in the human gastrointestinal tract
(3) Frequently asked questions on genetically modified foods
(4) GM material in animal feed
Fonte: koenig2099.wordpress.com
Al direttore del Centro Russo di Scienza e Cultura a Roma, Oleg Ossipov, chiediamo quanto sia importante per il suo Paese questo centro culturale nato nel cuore di Roma e se il governo di Mosca creda opportuno incrementare il ponte culturale tra Italia e Russia.
https://www.youtube.com/watch?v=NyEHZTWMdhc&feature=youtu.be
Vediamo tante manifestazioni culturali di gran livello nel vostro centro, qualche mese fa' si e' esibita anche la banda dei carabinieri…
https://www.youtube.com/watch?v=PdnKqlfh0_w&feature=youtu.be
Quali i progetti per il futuro? Lo scambio interculturale tra Italia e Russia va sempre piu' aumentando...ospitate artisti italiani nel vostro centro?
https://www.youtube.com/watch?v=HnCcGLxDDxA&feature=youtu.be
Vediamo che organizzate anche corsi di lingua russa, la vostra iniziativa ha un bun riscontro di utenza?
https://www.youtube.com/watch?v=7fHNJ7W1I68&feature=youtu.be
Il 18 marzo le Forze Armate Turche (TSK) della Repubblica di Turchia insieme alle forze armate dell’Esercito Libero Siriano (FSA) sono entrate nel centro di Afrin in Siria.
Dopo circa due mesi di scontri con i membri dell’Unità di Protezione Popolare (YPG-J) il governo al potere in Turchia ha ottenuto ciò che voleva. L’obiettivo dell’operazione era quello di “liberare la città dai terroristi”, anche perché le forze YPG e YPJ e la loro espressione partitica PYD sono state definite da parte del governo AKP (Partito dello Sviluppo e della Giustizia) come delle “organizzazioni terroristiche”.
In realtà non è stato soltanto il partito al governo da più di 15 anni ad adottare una definizione del genere. L’operazione è stata difesa da una buona parte della cittadinanza, oppure è stato fatto di tutto perché fosse così.
In questa seconda parte del mio approfondimento parlerò dei mezzi e dei metodi utilizzati dal governo per giustificare questa operazione. In primis i media, ma non soltanto, si sono messi a disposizione del governo. Insieme analizzeremo come la scuola pubblica, lo sport ed il mondo degli artisti sono stati utilizzati per creare un’opinione pubblica a favore della guerra.
Neanche un mese dopo l’inizio dell’intervento militare, un gruppo di artisti ha deciso di andare nella città di Hatay, al confine siriano, per dimostrare solidarietà ai soldati. Yavuz Bingöl, Tamer Karadağlı, Erhan Yazıcıoğlu, Erhan Güleryüz, Mustafa Ceceli e Zuhal Yalçın sono i primi nomi che saltano all’occhio. Il titolo dell’iniziativa era “Gli artisti insieme ai soldati”. Alla conferenza stampa, il 15 febbraio, era presente anche il vice presidente generale dell’AKP, Harun Karacan. Dopo l’incontro con la stampa i partecipanti sono andati in una caserma militare per incontrare i soldati e farsi delle fotografie. Tra i promotori dell’iniziativa c’era anche il cantante Erhan Güleryüz, l’ex solista del gruppo musicale Ayna. Güleryüz ha detto nel suo intervento: “Siamo qui per dire ai nostri soldati che gli 80 milioni di cittadini sono con loro”.
Pochi giorni dopo, il 23 febbraio, con un’iniziativa lanciata su internet da una serie di artisti, sono stati mandati numerosi messaggi di solidarietà ai soldati in missione. Mentre il famoso cantante di musica arabesca, Ibrahim Tatlises, definiva i soldati come degli “eroi”, la famosa attrice Hulya Koçyigit scriveva così: “ogni giorno prego perché i soldati ritornino sani e salvi a casa” e la famosa cantante Sibel Can scriveva queste parole per mostrare il suo sostegno: “Allah aiuti i nostri soldati”.
Forse il peggio è arrivato quando l’operazione si è conclusa. Il primo aprile un gruppo di artisti, insieme al Capo dello Stato Maggiore e al Presidente della Repubblica, si sono trovati in una caserma militare nella città di Hatay. Il cantante Ahmet Şafak ha descritto così il motivo della sua presenza in quel luogo: “Siamo qui accanto ai nostri figli. Abbiamo dimostrato che teniamo all’unità del nostro Stato e riteniamo che sia implacabile l’unità della nostra nazione turca”. Questa iniziativa è stata criticata duramente dai partiti all’opposizione (CHP e HDP) soprattutto per via delle canzoni patriottiche cantate dai cantanti con l’ausilio degli strumenti musicali in caserma. Il leader del Partito Popolare e Repubblicano, Kemal Kiliçdaroglu, ha trovato scorretto questo gesto allegro fatto in un contesto di morte. All’incontro erano presenti anche alcuni sportivi.
Con questi gesti “simbolici” il mondo artistico ha contribuito alla costruzione dell’immagine dell’operazione come se fosse una guerra d’indipendenza.
Il secondo campo, a livello nazionale e popolare, in cui si è cercato di legittimare e normalizzare la guerra, è stato il mondo dello sport.
Il primo marzo un gruppo di sportivi, insieme a un gruppo di artisti e numerosi parlamentari e dirigenti locali dell’AKP, sono andati nella città di Kilis per incontrare i soldati. Il 7 febbraio la società sportiva Aski Spor insieme ad alcuni atleti olimpici, ha lanciato un video messaggio in cui venivano pronunciate queste parole: “Sono nostre queste terre che abbiamo conquistato lottando nel 1071. E’ nostra questa patria”. Pochi giorni dopo l’inizio dell’operazione militare sono arrivate le prime notizie sulla morte dei soldati. Così la Federazione Turca Calcio (TFF) ha deciso di dedicare un minuto di silenzio prima di ogni partita “per commemorare i nostri martiri”. Ovviamente nelle tribune non mancava lo storico slogan patriottico “I martiri non muoiono, la patria non si spacca”. Nelle tribune non c’erano soltanto queste frasi ma c’erano anche dei momenti di grande coreografia. Prima della partita di calcio tra Konyaspor e Galatasaray, i tifosi della squadra anatolica hanno occupato una sezione intera scrivendo “Afrin” ed hanno alzato dei cartelli con scritto “Turchia”; in sottofondo non mancava un inno militare ottomano.
Il 15 marzo, alla luce dell’anniversario della vittoria militare dei Dardanelli del 1915, nelle tribune dello stadio appartenente alla squadra calcistica di Istanbul Basaksehir, si è vista sorgere la mappa rossa della Turchia con la bandiera disegnata sopra, i soldati con le divise dell’epoca ed in un angolo un soldato moderno che alzava la bandiera turca. Al centro di questo poster gigantesco c’erano alcuni giocatori della squadra che facevano il saluto militare. Sotto invece si leggeva questa frase: “Anche oggi, come il 18 marzo 1915, vinceranno i credenti, non quelli che sono in maggior numero”.
Ormai si parlava dell’operazione “Ramoscello d’ulivo” come di un intervento totalmente corretto e legittimo. Nei messaggi dei membri del governo, degli artisti e del mondo sportivo si leggevano soltanto parole nazionaliste e patriottiche. Si parlava di “conquistare” un territorio che per alcuni, in realtà, “era già nostro”. Non c’era spazio per avere dubbi sulla legittimità della guerra. Per chi avesse avuto qualche dubbio, invece, erano aperte le porte dei centri di detenzione. Di questo parlerò nel prossimo pezzo.
Come già detto, anche il mondo della musica ha sostenuto questa operazione militare. Il gruppo rap Geeflow ha lanciato il suo video su internet a favore dell’operazione. Il 24 febbraio è uscito il pezzo col titolo “Ramoscello d’ulivo”. Alcuni versi della canzone recitano: “Se ci sacrifichiamo, possiamo accedere al paradiso, se versiamo il nostro sangue, la patria diventa nostra”. Nel video ovviamente non mancano le immagini dei soldati e degli scontri, anche se non in modo netto e chiaro. Anche il rapper Yunus Akpunar si è dedicato a questa missione ed ha usato anche lui il nome dell’operazione come titolo del suo pezzo. In questo caso si vede il cantante allacciare i suoi anfibi e portare una casacca militare mentre canta la canzone. Alcuni versi del pezzo dicono: “Ci sono diversi terroristi nascosti tra di noi, facciamoci attenzione. Ci sono tanti traditori che vorrebbero dividere il nostro paese. Facciamoci attenzione e non dimentichiamoci dei nostri antenati”. In alcune immagini del video si vede il cantante sventolare la bandiera turca con una mano mentre con l’altra tiene una pistola grigia.
Un altro pezzo musicale invece è di Idris Altuner. Stavolta si tratta di un lavoro diverso. Mentre i pezzi rap sono tanti, Altuner decide di fare un pezzo tradizionale utilizzando gli strumenti e le melodie dell’orchestra militare ottomana, Mehter. Si tratta di un video professionale di alta qualità. Il cantante è vestito con dei costumi antichi e tradizionali. Durante il video si vedono i musicisti dell’orchestra Mehter. Nel pezzo in cui si vede il cantante andare su un cavallo in Cappadocia, Altuner pronuncia queste parole: “La vittoria si espanda da Afrin a Mimbic, tremino le montagne con il rumore degli anfibi del Turco”.
Forse la parte più aggressiva, per via dei suoi protagonisti, di tutta questa campagna di propaganda della guerra è quella del mondo della scuola.
Il 4 marzo, nella città di Bursa, gli studenti del Liceo Gursu Yildiz, si sono riuniti nel cortile della scuola per scrivere con i loro corpi la parola “Afrin” mentre li riprendeva un drone. Come sottofondo del video c’è una canzone militare ottomana. Nella città di Karabuk, sulla costa del Mar Nero occidentale, presso il Liceo Cumhuriyet un gruppo di studenti è sceso nel cortile per fare un’azione simile. Nel loro caso il lavoro svolto era più sofisticato. Mentre alcuni studenti scrivevano, con i loro corpi, “Ramoscello d’ulivo”, altri sventolavano una grande bandiera turca ed un altro gruppo con vestiti militari leggeva “il giuramento del commando”. Ovviamente anche in questo caso tutto è stato ripreso da un drone e nel video si sente una canzone militare ottomana.
In altri casi invece, oltre alla coreografia all’aperto, sono state fatte delle preghiere collettive di solidarietà con i soldati in missione. Proprio come nel caso della Scuola Femminile per gli Imam della città di Manisa, vicina alla costa dell’Egeo, dove 130 studentesse prima hanno scritto “Ramoscello d’ulivo” con i loro corpi, poi sotto la direzione del preside hanno letto delle preghiere.
Un altro caso di preghiera collettiva invece è stato fatto nella scuola elementare di Birikim Okullari di Istanbul. Stavolta la rappresentazione si è svolta all’interno, su un palco. Un gruppo di bambini che hanno, molto probabilmente, meno di 10 anni, si sono uniti con i palmi rivolti verso il cielo. Al centro un bambino prega per il bene della nazione e dei soldati ad Afrin e in sottofondo si sentono gli altri dire “Amen” in modo collettivo. Il video realizzato con gli studenti delle elementari si conclude con un pezzo ripreso all’aperto in cui si vedono decine di bambini sventolare una grande bandiera turca gridando: “I martiri non muoiono, la patria non si spacca”.
L’operazione militare “Ramoscello d’ulivo” è stata un elemento di grande dimostrazione di potere del governo ed è stata utilizzata anche per rafforzare i sentimenti nazionalistici già presenti nel tessuto sociale e storico del Paese. In realtà il governo AKP non ha fatto nulla di nuovo. In Turchia il terreno è molto fertile per le politiche nazionaliste e religiose, la sua storia è piena di periodi del genere. Il sentimento/l’orgoglio nazionalista ha radici molto profonde nella storia dei cittadini ed è il frutto di una serie di politiche nel mondo dell’istruzione, dell’arte, dello sport e non solo.
Dove non è stato possibile ottenere il sostegno popolare a favore dell’operazione militare, il governo, insieme al sistema giudiziario e alle forze dell’ordine, ha attivato il meccanismo della repressione e della censura. Questo sarà il tema del prossimo pezzo di questa serie.
da l"Avanti"
“Come una piccola isola, tra il Rodano e l’altopiano Vecors, si trova la denominazione Clairette de Die. Qui si producono vini fino dai tempi dell’Impero Romano. In particolare spumanti sia con metodo rifermentazione in bottiglia (champenoise e/o classico) sia quello del tutto particolare chiamato méthode dioise”.
Leggere, studiare e apprendere da testi come L’Universo del Vino di Catarina Hiort af Ornäs, scritto in modo molto didascalico, è stato motivo, per il sottoscritto, di interesse, curiosità, approfondimento. Tutto mosso dall’innato desiderio di sapere, conoscere.
Di recente, avendo programmato un tour nella Côte du Rhône, come non includere la “deviazione” verso Die e la sua Clairette. Era giunto il momento di soddisfare il desiderio di sapere e conoscere mosso dalle letture di Catarina Hiort af Ornäs.
“A differenza della maggior parte degli spumanti questo si fermenta solo una volta; il che lo rende particolare, unico”
Risalire la Drôme fino alla città di Crest. Iniziare a percorrere la strada del vino verso l’altipiano di Vecors ai piedi delle Alpi. Questo il percorso per raggiungere Die tra filari di “bianchi” Aligoté, Muscat à petit grains, Clairette e “neri” Syrah, Gamay e Pinot Noir.
Tappa d’obbligo nel centro di questa cittadina con poco meno di 5.000 abitanti è stata la Cave de Jaillance, un consorzio di aziende della valle che rappresentano più di 1.000 ettari di vigneti.
Il motivo? Conoscere, in un circuito guidato, i colori di un tempo, da Plinio il Vecchio ai giorni d’oggi e scoprire, con immagini e racconti, la Clairette de Die e il Crémant de Die, i territori protetti dalla Aoc, e il méthode dioise nei particolari.
Come è nata la Clairette de Die?
La Storia mista a leggenda ci tramanda che un pastore gallico, usando le fresche acque del fiume “La Drôme” per rinfrescare una bottiglia di vino, la dimenticò nel fiume per tutto l’inverno. A primavera, ritrovandola, si accorse che il vino, evidentemente non ancora ben fermentato, aveva prodotto carbonica rendendolo “pétillant”. Da allora le tribù galliche iniziarono a produrre Vin Pétillant con l’aiuto delle fresche acque della Drôme.
Tutta fantasia popolare? Non proprio perché negli scritti lasciati dallo scrittore romano Plinio il Vecchio si trovano descrizioni documentate di questo metodo ancestrale.
A Die solo vino pétillant?
Si producono anche vini fermi bianchi, rosé e rossi.
Coteaux de Die, un vino bianco secco prodotto con Clairette al 100% nell’ambito del territorio comunale di Die e protetto da Aoc. Fresco, gradevole e niente più.
Châtillon en Diois, vino fermo prodotto in tutti e tredici comuni facenti parte della Vallée, disponibile nella tipologia “bianco” da uve clairette e aligoté , “rosé” con aggiunta di pinot noir e/o gamay, “rosso” con l’utilizzo di gamay, pinot noir e syrah.
Ma è indubbio che l’Ancestrale e il Crémant, les vins pétillant, siano il riferimento vinicolo che ha reso famosa Die.
I miei assaggi alla Cave Jaillance:
Clairette de Die Icône 2014, cuvée blanche traditional, 80% moscato piccoli grani e 20% clairette. Dal gusto facile ed immediato. Al naso floreale e fruttato (tiglio, pesca e banana). Al palato ritorni fruttati per una gradevolezza unica. Astenersi dal punteggio: è una Clairette de Die.
Clairette de Die cuvée imperial tradition rosé 2014. Un tocco di Pinot Noir e Gamay come colorante. Delicatamente fruttato, con leggere fragoline disperse nel bouquet leggermente tropicale. Un frizzante gentile e “simpatico”.
Clairette de Die Les Hautes de Dess 2016, il Bio-dinamico. Quel tocco “naturale” che lo ha reso interessante.
Crémant de Die Icône Grand Cuvée 2012. Originariamente composto solo da Clairette. Oggi si aggiunge Aligoté e un po’ di Moscato. Rientra tra i crémant discreti. Decisamente da aperitivo, più difficile abbinarlo a tutto pasto anche per il suo basso tenore alcoolico (7°/8°).
Crémant de Die Grand Réserve Brut 2012. A dire il vero più extra-dry che brut, simile ad alcuni nostri “prosecco”. Il Crémant top della gamma.
Clairette e Crémant. Diciamocela tutta. La deviazione stradale verso l’interno direzione Alpi, per soddisfare il desiderio di sapere e conoscere mosso dalle letture di Catarina Hiort af Ornäs, è stata l’attrazione per la Clairette e non certamente per il Crémant.
Hum…Ce gôut divin fruité qui pétille dans la bouche: la Clairette de Die, unique! Chapeau!
Canaletto: il ritorno del Bugintoro al Molo il giorno dell'Ascenzione, Venezia |
Il più bel dipinto di Canaletto della mostra inaugurata oggi a Palazzo Braschi, a Roma, viene dal museo Pushkin di Mosca.
Arriva a Roma il più grande nucleo di opere mai esposto in Italia Dall’11 aprile al 19 agosto 2018. Il Museo di Roma Palazzo Braschi celebra il grande pittore veneziano a 250 anni dalla sua morte.
La mostra“Canaletto 1697-1768”, intende celebrare il 250° anniversario della morte del grande pittore veneziano presentando il più grande nucleo di opere di sua mano mai esposto in Italia: 42 dipinti, inclusi alcuni celebri capolavori, 9 disegni e 16 libri e documenti d’archivio.
La stessa è accompagnata da un ciclo di visite guidate gratuite per le scuole di Roma e della città metropolitana e da una serie di attività didattiche a pagamento per il pubblico non scolastico.
Info e prenotazioni allo 060608.
Canaletto è uno dei più noti artisti del Settecento europeo. Con il suo genio pittorico ha rivoluzionato il genere della veduta ‒ ritenuto fino ad allora secondario ‒ mettendolo alla pari con la pittura di storia e di figura, anzi, innalzandolo a emblema degli ideali scientifici e artistici dell’Illuminismo.
Il suo percorso affascina e coinvolge. Dalla giovinezza tra Venezia e Roma come uomo di teatro e impetuoso pittore di rovine romane, al suo ritorno da Roma come stella nascente sulla scena delle vedute veneziane. Prosegue poi arrivando al successo internazionale, con le commissioni degli ambasciatori stranieri per le ampie tele che rappresentano le feste della Serenissima in loro onore – in mostra si può ammirare il magnifico Bucintoro di ritorno al Molo il giorno dell’Ascensione del Museo Pushkin – e l’entusiasmo dei turisti inglesi del Grand Tour. Per loro le luminose vedute di Venezia, così ricche di dettagli architettonici e di vita quotidiana, rappresentano i più incantevoli souvenirdel viaggio. Non mancano, però, imprevisti e sfortune: a Londra deve pubblicare annunci sulla stampa per rispondere ad alcune voci denigratorie e, tornato a Venezia, viene eletto accademico delle Belle Arti con difficoltà. Infine, come accade a molti geni, la morte lo coglie in povertà.
Le opere in mostra provengono da alcuni tra i più importanti musei del mondo, tra cui il Museo Pushkin di Mosca, il Jacquemart-André di Parigi, il Museo delle Belle Arti di Budapest, laNational Gallery di Londra e il Kunsthistorisches Museum di Vienna. Presenti anche alcune opere conservate nelle collezioni britanniche per le quali sono state appositamente create e altre provenienti dai musei statunitensi di Boston, Kansas City e Cincinnati. Tra le istituzioni museali italiane presenti in mostra con le loro opere: il Castello Sforzesco di Milano; i Musei Reali di Torino; la Fondazione Giorgio Cini. Istituto per il Teatro e il Melodramma e leGallerie dell'Accademia di Venezia; la Galleria Borghese e le Gallerie Nazionali d'arte Antica Palazzo Barberini di Roma.
Tra i capolavori in mostra, oltre al già menzionato dipinto del Museo Pushkin,spiccano due opere della Pinacoteca Gianni e Marella Agnelli di Torino: Il Canal Grande da nord, verso il ponte di Rialto,e Il Canal Grande con Santa Maria della Carità, esposti per la prima volta assieme al manoscritto della Biblioteca Statale di Lucca che ne illustra le circostanze della commissione e della realizzazione.
Una sala ricca di prestiti eccezionali – dal museo di Cincinnati e da collezioni private - è dedicata alle vedute di Roma che Canaletto realizza negli anni della maturità, sulla base dei propri disegni o delle stampe di Desgodets, Falda, Specchi e Du Pérac, alcune delle quali sono raccolte negli album provenienti dal Museo di Roma.
Tra i dipinti, alcuni dei quali esposti per la prima volta in Italia, vanno menzionate le due parti di un’unica, ampia tela, raffigurante Chelsea da Battersea Reach, tagliata prima del 1802 e riunita in questa mostra per la prima volta. La parte sinistra proviene daBlickling Hall, National Trust, Regno Unito, quella destra dal Museo Nacional De Bellas Artes de la Habana, eccezionalmente concessa in prestito dal governo cubano.
Claudio Mollo presenta |
“Artigiani del gusto toscani, con le loro delizie gastronomiche, accompagnano da sempre la kermesse Terre di Toscana, l’Eccellenza nel bicchiere, nata nel 2007 inserendosi nell’ambito di un ciclo di eventi con l’obiettivo di offrire uno spaccato di alto livello dell’enologia d’eccellenza della regione toscana”.
A parlare Claudio Mollo, giornalista e scrittore, ideatore di questo angolo sfizioso all’interno dell’evento divenuto “evento cult nazionale”, uno di quelli da non perdere assolutamente.
Golosizia rappresenta l’ineludibile corollario della manifestazione “marzolina” con i suoi cooking show ovvero “la vetrina della cucina d’autore, animata da chef affermati ed emergenti di Toscana.”
Apprezzare meglio viaggi nelle tradizioni del Cibo in questa regione dalle molteplici varietà: mare, terra, montagna.
Qualcuno, di cui non ricordo il nome, ebbe a dire in altra sede: “Per la mente, per il cuore, per la gola”. Magnifica, fantastica, straordinaria espressione che si addice perfettamente a Golosizia. Sorprendente idea ad identificare la professionalità in cucina.
Oggi constatiamo, nel girare per ristoranti, trattorie, locande, la difficoltà di coniugare il bello al bravo. Golosizia : scopo di valorizzare un territorio, lo spirito del luogo.
E l’evento interpreta questi valori proponendo ogni anno le interpretazioni da parte di personaggi già conosciuti o emergenti, selezionati da Claudio
piatto di Ilan Catola |
Mollo in quella ricerca non basata su semplici ricette o ricordi della nonna ma frutto di studio tramutato in arte consolidato da un passato e coniugato con il presente da cui emerga intelligenza e professionalità.
E vedere “sfornellare” gli chef aiutati da parte delle proprie brigate di cucina, capisci il senso e la differenza con “il finto sapere” che quotidianamente riscontriamo nelle moltitudini di programmi televisivi.
Edizione 2018: a confronto cinque chef nella due giorni di Terre di Toscana.
piatto di Nicola Gronchi |
Nicola Gronchi, Chef del Ristorante Bistrot di Forte dei Marmi, una stella Michelin che ha presentato due piatti di pesce, libera interpretazione di crudité risultati armonici, al top.
Nicoletta Marighella del Ristorante Il Mestolo di Siena. Nicoletta si è imposta in quel della città del palio portando nel cuore del Chianti il Mare. Ravioli di
piatto di Nicoletta Marghella |
patate con gamberi rosa e sarago affumicato in “diretta”, sfilettato e accompagnato da un misto di pasta. Chapeau!
Emiliano Lombardelli, Ristorante Gourmet con Gusto di Santa Liberata, Porto Santo Stefano GR. “Abbraccio Terra e Laguna (Orbetello n.d.r)”. Questi i temi dei due piatti presentati: Cavolfiore, panzanella in crema, bottarga di femminella (uova di granchio di laguna) e sfumature di cefalo. Intrigante!
Ilan Catola, Ristorante Locanda Garzelli di Quercianella LI. Cucina fusion con le innovative cotture e utilizzo di materie prime fuori dalle tradizioni toscane come ostriche affumicate e funghi Shitake, considerati elisir di lunga vita. Blasfemo!
Andrea Perini del Ristorante Al 558 di Bagno a Ripoli FI. La degna conclusione di Golosizia con piatti dai sapori della tradizione animate da colori e aromi internazionali: grande esperienza gourmet.
Appuntamento al 2019 per altre conoscenze, scoperte da assaggiare e ricordare. Parola di Claudio Mollo.
Venerdì 6 aprile presidii di fronte alle Prefetture e nelle piazze siciliane-A Catania alle ore 17,30 in via Etnea, angolo via Prefettura
Il giro d’Italia 2018 quest’anno partirà da...Israele. Dietro un contributo di MILIONI di euro da parte di Israele, gli organizzatori del Giro hanno deciso di far diventare lo sport uno strumento di propaganda; le prime tre tappe del Giro d’Italia partiranno da città israeliane, con partenza da Gerusalemme ovest. Tale scelta non è casuale, soprattutto dopo che il Presidente USA Donald Trump ha tentato di far dichiarare all’ONU Gerusalemme capitale di Israele. Che, se mai avvenisse, sarebbe l’atto simbolicamente conclusivo dell’annessione dei territori palestinesi. Anche il mese della data della partenza non è causale. Il 15 maggio 2018 è il 70° anniversario della creazione dello Stato d’Israele. Ma questa è anche la data che sancisce la Nakba, ossia la deportazione del popolo palestinese a seguito dell’occupazione del 1948.
Il 30 marzo, Giornata della Terra per il popolo palestinese, l’esercito israeliano ha ucciso 17 palestinesi e ne ha feriti 1630 nell’illusione di poter fermare la Grande Marcia per il Ritorno. I crimini israeliani, da decenni denunciate da decine di risoluzioni dell’Onu, sempre disattese, proseguono grazie alle collusioni del complesso militare industriale occidentale ed alle complicità politiche degli Usa, dei governi europei e delle petro-monarchie arabe; le stesse istituzioni del nostro paese si rendono complici dello stato sionista avviando progetti comuni di sviluppo e di produzione di armamenti, che coinvolgono non poche Università italiane, promuovendo esercitazioni militari congiunte e fornendo materiale bellico. Denunciamo inoltre la subalternità di quasi tutti i media che hanno falsato la realtà di ciò che è accaduto nella Striscia di Gaza: non scontri o guerriglia , ma criminali cecchini israeliani che hanno fatto il tiro a segno su migliaia di donne, bambini ed uomini palestinesi.
Oramai non c’è più spazio per l’ipocrita equidistanza fra vittime e carnefici!
Facciamo appello al governo, dimissionario, Gentiloni ed a tutte le forze politiche, all’UCI (Unione Ciclistica Internazionale) di non essere complici dei crimini sionisti, strumentalizzando un momento di sport popolare, e di adoperarsi affinchè vengano annullate le 3 tappe del Giro d’Italia in Israele (4-5-6 maggio).
Chiamiamo alla mobilitazione tutte le realtà solidali con la resistenza del popolo palestinese durante le tappe siciliane, a partire dalla prima in Italia l’8 maggio a Catania, aderendo alla campagna internazionale “CambiaGiro”.
Boicottiamo l’economia di guerra israeliana
Lo sport è libertà Lo stato d’Israele è morte
Terra, Vita, Libertà per il popolo palestinese
Comitato catanese di Solidarietà col popolo palestinese (seguici su FB)
Assemblea regionale di Solidarietà col popolo palestinese
Catania: https://www.facebook.com/events/1986077491642097/
Palermo: https://www.facebook.com/events/2016603235245794/
Messina: https://www.facebook.com/events/668123156859193/
https://bdsitalia.org/index.php/la-campagna-bds/comunicati/2404-massacro-a-gaza-giornata-della-terra
https://bdsitalia.org/index.php/la-campagna-bds/ultime-notizie-bds/2405-pacbi-usa
http://nena-news.it/gaza-hrw-uccisioni-di-manifestanti-illegali-e-calcolate/