L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni.


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Kaleidoscope (1370)

Free Lance International Press

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I giovedì dei Musei Vaticani sono occasione di comunicazione con il pubblico, sia essa la presentazione di un restauro o di una pubblicazione. Ma è comunque sempre una comunicazione scientifica, ottemperando a quel dovere dell’istituzione museale, che è il continuo aggiornamento su tutto ciò che la riguarda. Uno scambio culturale tra istituzioni e discipline differenti, non ultimo, in funzione della formazione, perché, da sempre, il museo ha una funzione educativa.

L’ultimo appuntamento del giovedì ha riguardato un argomento, eccezionale e particolare insieme, intitolato: Oltre l’immagine. Iscrizioni nascoste sui vasi ateniesi, straodinarie scoperte tra il Museo Archeologico di Firenze e il Museo Gregoriano Etrusco.

Mario Iozzo, direttore del Museo Archeologico di Firenze, ha esaurientemente spiegato, da una parte l’importanza della scoperta e della sua divulgazione e, dall’altra, la differenza con altre iscrizioni presenti sui vasi.

Prima di tutto è utile ricordare che le decorazioni sui vasi sono l’unica testimonianza che ci rimane della pittura greca.

Le iscrizioni visibili sui vasi, di solito sono costituite dai nomi dei personaggi raffigurati, divinità o eroi della mitologia, oppure sono dediche.

La particolarità di quelle nascoste è che sono state coperte dal colore e non erano destinate ad essere viste. L’ipotesi è che fossero un messaggio, una comunicazione operativa tra il vasaio e il decoratore o cermografo. Non sempre le due figure coincidevano nella stessa persona. Queste iscrizioni sono poste anche in punti strategici, comunicavano cioè, anche in base alla posizione. L’iscrizione poteva addirittura essere un verso tratto da una rappresentazione teatrale. Il ceramografo non solo conosceva la scena e le figure che doveva ritrarre, ma la posizione strategica dell’iscrizione, indicava anche la disposizione delle figure e il loro atteggiamento. Ad esempio la direzione dello sguardo, come si può vedere dall’immagine di Edipo con la Sfinge, nella kylix attica a figure rosse. Il vaso eponimo, che cioè da il nome all’artista che l’ha prodotto, definito Pittore di Edipo, è parte della collezione etrusca dei Musei Vaticani. Proviene da Vulci ed è datata tra il 470 e il 460 a.C. La tipologia dei vasi è distinta in base alla loro forma e funzione, la kylix è una tazza poco profonda con manici.

Le iscrizioni nasconste quindi costutuiscono un avanzamento e un’apertura negli studi delle botteghe e delle figure degli artigiani. Quella che si auspica è una ricerca a tutto campo condotta all’interno delle collezioni di tutto il mondo. Non è la prima volta che qualcuno vede queste iscrizioni nascoste, già gli studiosi del passato, pur guardando solo ad occhio nudo le avevano intraviste. Oggi siamo avvantaggiati dai progressi della tecnologia, che costituisce anche uno dei motivi per cui i Musei Vaticani sono stati coinvolti, sono infatti responsabili delle immagini delle iscrizioni, di difficile realizzazione. L’altro motivo è che sono detentori di una delle più importanti collezioni di vasi greci, che costituiscono una sezione corposa del Museo Gregoriano Etrusco.

I vasi erano oggetti preziosi, veri e propri status symbol, parte del corredo funerario di personaggi importanti del mondo etrusco.

Il pezzo più famoso è forse l’anfora a figure nere dove sono raffigurati Achille e Aiace che giocano a dadi. L’opera è firmata da Exekias, il famoso artista che era sia vasaio che ceramografo ed è datata tra il 540 e 530 a.C. Sono presenti altre iscrizioni visibili, oltre ai nomi, dalla bocca dei personaggi, a mo’ di fumetto, esce la scritta col punteggio realizzato.

I giovedì dei Musei Vaticani riprenderanno dopo la pausa estiva, in chiusura è stato ricordato l’appuntamento con la mostra dedicata a Johann Joachim Winckelmann, che chiuderà le celebrazioni dedicate, tra il 2017 e il 2018, all’archeologo ed erudito in occasione dei 300 anni dalla nascita e i 250 dalla morte.

Serata evento in onore del gruppo di ballo SANAM - alla scoperta del Folklore Uzbeko 

Anzio, 13 giungo – I colori e la tradizione dell’Uzbekistan incantano il pubblico di Anzio, che accorso numeroso ha assistito e partecipato alla serata dedicata al gruppo di ballo folkloristico SANAM esibitosi durante l’evento organizzato dall’ Ambasciata dell’Uzbekistan in Italia, di cui era portavoce e presente l’Head Mission of the Embassy of the republic of Uzbekistan Mr. Rustam Kayumov, e curato da Salvo Cacciola presso la sua AQ International.

Il gruppo SANAM nasce nel 2002 e vanta la presenza di 40 artisti (tra cui 20 ballerini) che esportano la cultura del paese Uzbeco in giro per il mondo, avendo alle spalle spettacoli in ben 41 Paesi.

Il direttore artistico e cantante Mr. Shuhrat Vakhidov, nonché Direttore del Central Palace of Culture presso Tashkent (capitale dell’Uzbekistan), si è esibito insieme a parte del gruppo SANAM e alla ballerina Mrs. Rushana Sultanova. L’esibizione ha catturato la platea grazie alla presenza dei costumi originali delle varie

 Mr. Rustam Kayumov (a sin.) e Salvo Cacciola

Regioni del Paese (Khorezm, Fergana, Bukhara, Tashkent, Surkhandarya) indossati dalle danzatrici e alle musiche rituali e quotidiane delle danze tradizionali, conosciute per il grande pathos emotivo trasmesso tramite la gestualità delle mani e del volto.

Degno di nota è stato il duetto canoro del Baritono Vakhidov e della Soprano Marzia De Lorenzo, che citando la cultura operistica italiana tramite Caruso, hanno espresso una lode all’ arte senza barriere, in grado di avvicinare diverse culture e gli animi delle persone. Questo incontro artistico, voluto da Cacciola e Francesca Pellegrino,nasce dalla consapevolezza del successo che ha la musica italiana in Uzbekistan, tra tutti la lirica e le canzoni di Albano e Toto Cutugno.

È Mr. Rustam Kayumov a sottolineare l’importanza della serata: «L’Italia per noi è una Nazione affascinante, perché con essa condividiamo non solo la tradizione millenaria che tutt’oggi ci identifica nel mondo, ma anche l’importanza dell’espressività artistica manifesta nelle tradizioni folkroristiche. In questo quadro, Anzio è una città dalle infinite potenzialità che vanta un passato degno di nota e che ringraziamo per aver partecipato a questa serata di cultura e divertimento». A queste parole è stato aggiunto il desiderio e l’auspicio di portare avanti una stretta e proficua collaborazione, iniziata da Salvo Cacciola che per anni ha rappresentato la Nazione Uzbeca effettuando studi sul posto e promuovendone la storia e la cultura.

Quest’ ultimo, a chiusura dell’evento, insieme ad Augusto Mammola, presidente della Pro loco città di Anzio, e parte del Consiglio Direttivo della stessa Associazione, ha consegnato una prestigiosa targa al gruppo di ballo e all’ Ambasciata Uzbeca come segno di riconoscimento e di ospitalità da parte di tutta la città Anziate.

Un evento che rimarca l’importanza per la città di Anzio di promuovere la cultura tout court, la quale, in quanto città di Nerone, porta con orgoglio sulle spalle una storia fastosa che spesso dimentichiamo di promuovere con la giusta importanza e consapevolezza.

                                                                                                                                  

Frammenti che orbitano qua e là, individuati, carpiti; li commento e condivido con voi.

Il mondo del Vino scosso per un femminicidio: il primo.

La sommelier Donatella Briosi, del gruppo “Le donne del Vino”, uccisa dall’ex nello studio di un Notaio a Udine. Non entro nelle cause ne

 
 Donatella Briosi femminicidio (foto Donne del Vino)

dinamiche dell’accaduto. Dico solo che è venuta a mancare una “grande persona” molto stimata e amata. Quella che si definisce “una grande signora” con quel comportamento “nobile” che l’ha sempre contraddistinta in ogni occasione. Alziamo simbolicamente i calici e “urliamo”: CIN!

La Riflessione!

La notizia: “Mondo del food sotto shock. Si è suicidato lo chef Anthony Bourdain”. La notizia è stata resa pubblica dai media, Rai 1 in primis nei titoli. Come notizia “importante”. Sbalordito ho atteso pazientemente il momento del “servizio”. Breve informazione sulla vita di questo grande chef, la sua filosofia, le sue idee, ricette, piatti. Ma il “pezzo forte” del servizio è stata la sua “sregolatezza” (uso di droghe, non per le sue creazioni) e per essere legato sentimentalmente ad Asia Argento, nota attrice “anticonformista a 360°. Che vuoi che importi alla gente se Anthony è stato un “narratore unico”del cibo nel mondo; era il compagno di Asia Argento e con questo passo e chiudo. Chapeau alla Rai.

 

   

Frammento n. 1

 

 Riflessione Anthony Bourdain  (foto extra-tv)
Asia Argento e Anthony Bourdain

Enolithech lascia il Vinitaly dopo ventuno edizioni. Era ora.

Enolitech, tradizionalmente organizzato nel corso del Vinitaly nella tendo struttura contrassegnata con la lettera “F”, dal 2019 sarà una fiera autonoma che, per la prima edizione, si svolgerà dal 30 gennaio al 1 febbraio. Una tre giorni con un nuovo format altamente specializzato che avrà nella internazionalità degli operatori il punto di forza del nuovo progetto fieristico.  Finalmente una piattaforma unica annuale a forte vocazione internazionale per la divulgazione e promozione delle applicazioni fortemente innovative in campo agricolo e industriale prodotte dalle imprese italiane”. Parola di Giovanni Mantovani, amministratore delegato di Vpe. Devo dire che a noi appassionati ci mancherà il “giretto” tra le tecnologie del settore durante il Vinitaly ma per gli operatori sarà sicuramente “l’evento verticale di filiera”.

 

Frammento n. 2

Ci risiamo: Frodi sul biologico.

15 tonnellate di alimenti finti Bio sequestrati dai Nas dei Carabinieri. Non c’è niente da fare, quando un brend tira la frode è sempre in agguato. Ricordate il parmigiano reggiano, il Sassicaia, il Chianti? (tanto per rimanere in tema senza dimenticare l’abbigliamento). Una recente indagine ha messo in evidenza che il falso biologico alimentare colpisce sei italiani su dieci che nell’ultimo anno hanno messo nel carrello della spesa prodotti bio (fonte Coldiretti). Ricordiamoci che l’Italia detiene il primato di produzione in Europa con un mercato che supera i 2,5 miliardi di euro in valore con una ricaduta sulla occupazione di oltre 72mila occupati. Preoccupante l’invito di Coldiretti:” acquistate i prodotti bio direttamente dai produttori”. Come dire:”Attenzione alla grande distribuzione che con etichette taroccate vi rifila prodotti importati

dall’oriente (non solo Cina, ma anche Laos, Cambogia, Vietnam).

Frammento n. 3

Vino aromatizzato prodotto in Toscana. DI’WINE.

Presentazione ufficiale di DI’WINE, vino aromatizzato prodotto dalla famiglia Giotti. L’evento a Firenze in un celebre locale anni ’50. Ovvio che la ricetta sia “segreta”. Vino fortificato fino a raggiungere i 23° e poi aromatizzato con agrumi freschi (non possono sfuggire ai “nasi” esperti degli assaggiatori) e con quel finale di vaniglia, a detta dei più capaci, del Madagascar. Sarà la volta del “tramonto” dello Spritz?

 

Frammento n. 4

Non solo Birra. Con pizza (finalmente) anche Vino.

Devo dire che diversi tentativi erano stati fatti in passato. Ma “mescere” birra in caraffa ha preso il sopravvento. E a rimetterci è proprio la birra ridotta a bibita senza anima, meglio l’acqua. Una pizzeria recentemente premiata con “uno spicchio” sulla Guida Pizzerie del Gambero Rosso, la Rock1978 di San Faustino di Bione in provincia di Brescia, guida gli ospiti nell’abbinamento con etichette selezionate e mirate. 300 etichette di vino in carta per accompagnare le varie pizze comprese nell’offerta. Vini della Mosella, Bordeaux, Borgogna, Alsazia, Champagne e naturalmente dalle varie regioni italiane. E se proprio vogliamo restare fedeli alla Birra un NO secco, deciso alla birra in caraffa a favore delle “artigianali” e alle meravigliose belghe d’Abbazia.

 

Frammento n. 5

La ristorazione italiana nel mondo: nuovo record.

209 miliardi di euro è il volume d’affari generato dalla cucina italiana nel mondo. Questo dato emerge da una ricerca commissionata a Deloitte dalla Scuola Internazionale di Cucina Alma. Seconda alla Cina. Al di là di questi dati pesa il valore del canale Full-Service Restaurant, dove sono compresi i fast-food, i take away e/o ristoranti con servizio più o meno formale al tavolo. Rappresenta il 52% del totale. Francamente non c’è da stare allegri. Significa che anche noi facciamo tanta quantità e poca qualità. (Fonte: Cronache di Gusto)

 

 

Osservo, scruto, assaggio e…penso.

June 13, 2018

 

 La sovranità limitata dell'Italia - intervista a Giorgio Vitali 1 (video)

 

La sovranità limitata dell'Italia - intervista a Giorgio Vitali 2 (video)

June 11, 2018

 

 

Limitazioni alla sovranità dell'Italia - intervista a Gian Paolo Pucciarelli 1 (video)

 

 Limitazioni alla sovranità dell'Italia - intervista a Gian Paolo Pucciarelli 2 (video)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“per sua natura il vino è naturale”

Così è stato scritto da un amico sul mio profilo facebok dopo la pubblicazione dell’ennesimo post sui “vini naturali”.

La mia posizione è nota: “I vini naturali non esistono, in natura si trova solo l’uva”.

Non voglio assolutamente nascondermi dietro un dito circa la definizione. Capisco, ma non condivido. Perché?

L’utilizzo della definizione “vino naturale” sta ad indicare un vino prodotto con uve che, dopo la pigiatura divenuto mosto (ad opera dell’uomo, in natura questa non avviene) segue un percorso di “trasformazione” guidata dall’uomo senza che intervenga qualsiasi tipo di aggiunte e manipolazioni. Vino frutto dei soli processi “naturali” però (ed è importante) predisposti e favoriti nei tempi dall’uomo.

Ma è proprio vero tutto questo? Fra i “produttori così chiamati naturali” è veramente bandito qualsiasi intervento aggiuntivo?

E se fa freddo e le fermentazioni non partono aspettiamo la “calda” primavera con i mosti nelle vasche? E gli affinamenti che rendono i vini unici? Con la malolattica che ci facciamo? Il vero vino deve essere aspro, amaro? E con la “solforosa “ come la mettiamo?

Per i produttori “puri” l’aggiunta di metabisolfito di potassio che sprigiona il biossido di sodio ovvero anidride solforosa, detta più semplicemente “solforosa” che produce stabilità e conservazione del vino, è sacrilegio.

Altri che sanno come “vanno le cose” l’aggiungono “quando proprio non se ne può fare a meno”.

A parte queste disquisizioni che fotografano la “vera” situazione della produzione dei “vini naturali” mi preme ritornare alla frase di partenza.

Secondo il mio interlocutore il vino si può definire naturale perché altro non è che la trasformazione dell’uva in mosto e a seguire in vino attraverso processi che la natura stessa “governa”.

Mi viene da pensare: “Bando quindi alla chimica? Intesa come scienza che studia la composizione della materia ed il suo comportamento? Chiusura di conseguenza delle facoltà di Agraria ed Enologia perché non servono più gli studi scientifici a riguardo, solo “vino genuino del contadino” con tutte le “puzzette inebrianti” magari non filtrati, veri “mangia e bevi”.

Capisco e chiedo scusa. Mi sono lasciato trascinare in “spicciola” polemica.

Ritorniamo a “per sua natura il vino è naturale”.

Vediamo le varie fasi dove l’uomo “favorisce il cammino dall’uva al vino. Pigiatura come? Con i piedi, con i torchi o con le presse di ultima generazione? Diraspare o pigiare con raspi? Perché da se gli acini non si staccano. Lavare o no? Usare tini di cemento, botti vecchie, bandire l’inox termocontrollato? Usare il processo a caduta o con le odiatissime pompe? O, come centinaia di anni fa portando con scale i “buioli” (contenitori, secchi ecc…) pieni di mosto? E poi filtrare o non filtrare, imbottigliare con le “sughette” aspirando l’aria con la bocca? Ritornare ad usare l’olio enologico e la stoppa?Comunque la si pensi è l’uomo che decide ed opera: il Vino è opera dell’Uomo.

E lo certificano anche i VAN (Vignaioli Artigiani Naturali). “Con il termine naturale si intende un concetto culturale, filosofico e spirituale che riguarda il rapporto tra uomo e natura. Mezzo fondamentale nella definizione di questo rapporto è, nel vino, la fermentazione spontanea: momento di trasformazione naturale da mosto a vino, dal lavoro in vigna a quello in cantina, in grado di restituire l'unicità dell'annata e del terroir”.

Con il Vignaiolo al centro ovvero l’uomo che prepara il mosto, controlla la fermentazione ed imbottiglia il vino. E alla fine esclama: questo è il mio Vino!.

Perfino Noè, sceso dall’Arca, nella piana di Erevan, fece vino e si ubriacò.

Meglio, molto meglio a mio parere l’atteggiamento di quei produttori che gestiscono le vigne in regime di lotta ragionata nella tutela dell’ambiente per la produzione di ottimi vini nel contesto del territorio e altrettanta attenzione in cantina nell’aiutare le fermentazioni ed arrivare alla messa in bottiglia ottenendo così un prodotto che risponda appieno alle vere tradizioni

Avviso ai contadini: via tutti i sacchi di metabisolfito, la medicina, che avete ben nascosti in cantina. È sacrilegio.

Viva il vino buono!

Anzio, sabato 12 Maggio - Una giornata preziosa e significante, rappresentata dal  Capo Missione e Primo Addetto Commerciale  dell’Ambasciata dell’Uzbekistan Rustam Kayumov, dal Console Mr. Shuhrat Rashidov,Capo Dirigente Finanziario Madam Farzona Muminova, Madam Nilufar Kayumova e dal Rappresentante Legale dell’“Uzbekistan Airways” in Italia Khushnud Artikov, che ha messo in evidenza il ruolo prestigioso dell’ Ambasciata dell ‘ Uzbekistan in Italia e ha presentato la compagnia aerea di bandiera “Uzbekistan Airways”, promotrice di nuove rotte di collegamento tra Italia, Uzbekistan ed India e ha visto la grandissima partecipazione di pubblico e della Comunità Indiana fornendo l’occasione di vivere questa giornata come esperienza di cultura, integrazione e festa.

Salvo Cacciola e la sua AQ International hanno avuto l’onore e il piacere di ospitare questo importantissimo evento, sotto il coordinamento dei Carabinieri del Comando Stazione di Lavinio Lido Di Enea e del loro Comandante Giuseppe Luca. Il primo interesse è stato quello di rafforzare i rapporti già esistenti tra Italia, Uzbekistan e India che è rappresentata dalla comunità indiana presente in modo importante nel territorio anziate e nel Lazio con cui l’Associazione NCR.it lavora da anni promuovendone e integrandone l’interessante identità culturale.

Da menzionare la stessa presenza di Salvo Cacciola, insieme alla collaboratrice Francesca Pellegrino, a nome della Pro Loco “Città di Anzio” che, grazie al lavoro del proprio Presidente Augusto Mammola, si impegna annualmente per la promozione e la

 
 Il prof. Salvo Cacciolla

conoscenza del mostro territorio.

“L’Uzbekistan è uno scrigno inesplorato, la cui cultura è la perfetta cerniera e comunione tra Occidente e Oriente. È una regione dall’importanza unica dove il tempo ha costruito le civiltà rimanendo intatto e preservandone gli aspetti.” Così Salvo Cacciola giustifica i solidi contatti con il Paese, dimostrato dall’ interesse continuo promosso anche durante la sua manifestazione “Luci nel Blu” dove, ogni anno, affronta l’argomento del Lago di Aral per cui la mano dell’uomo ha causato una catastrofe ambientale, prosciugandone le acque, seconda al disastro di Cernobyl.

Un sodalizio rimarcato grazie a questa giornata, che si propone di continuare e di gettare nuove basi per una fruttuosa collaborazione socio-culturale intenta anche a far conoscere Anzio e questa bellissima Regione dell’ Uzbekistan, dove la grandezza del passato conserva ancora una preziosa attualità.

Nella cornice del Monk, locale romano di musica alternativa gestito da soci Arci, c’è la presentazione del nuovo disco (il terzo per quanto riguarda la carriera solistica) del giovane trentenne romano Tommaso di Giulio, vincitore di una miriade di riconoscimenti ed una promessa del cantautorato di casa nostra, autore anche di colonne sonore per cinema e teatro.

Questo nuovo disco (esce a tre anni di distanza dal precedente album “L’ora solare”) dal titolo “Lingue”, strizza l’occhio alla musica psichedelica inglese degli anni 70 mischiandolo al rock americano con spruzzi di cantautorato italiano (vedasi Graziani, Battisti, Dalla ,Battiato) e si sposa con la cosiddetta scuola romana contemporanea cito Max Gazzè (con cui ha scritto e duettato in un brano nel 2015) ma anche Daniele Silvestri e Niccolò Fabi.

Tommaso racconta: -Avevo scritto inizialmente un disco completamente differente, molto più leggero ed eterogeneo che non aveva niente a che fare con queste canzoni, poi sono successe delle cose talmente grosse nella mia vita da non riconoscere più quelle canzoni e ho sentito il bisogno di scriverne delle altre, così è nato questo “Lingue” un disco scritto di pancia, diretto, introspettivo, personale, dove si cerca di convertire la propria sofferenza in musica.

Il concerto è preceduto dall’esibizione di un gruppo emergente chiamato Galil3o che comprende nel nome volutamente quel tre rovesciato al posto della “e”, giustificato dalla band per distinguersi dal cognome del famoso scienziato.

Sostenuto e osannato da parenti e amici, oggi si gioca in casa, sale sul palco l’attesissimo Tommaso Di Giulio. Però prima di contornarsi della presenza dei musicisti che lo accompagneranno per l’intero concerto, e solo e soltanto per il primo brano, il nostro si presenta in maniera solitaria al suo pubblico; l’apertura del concerto, così come il suo nuovo lavoro discografico, inizia con “Canzone per S” (S sta per Sergio, il papà) dedicato alla malattia recente del padre, il testo parla anche di conflittualità e incomunicabilità, il cosiddetto gap generazionale tra padri e figli.

“Chi la sa più lunga” una ballata che nella versione live acquista un aspetto più tirato, di questa canzone Tommaso dice:- «È una canzone sul disperato tentativo di individuare e tenersi stretto ciò che conta veramente, o meglio: chi conta veramente per noi».

Si prosegue con “Da lontano” con il ritornello in inglese; sembra quasi di ascoltare una canzone di Zucchero Fornaciari quando quest’ultimo mischia l’idioma italico alla lingua di albione.

Torna l’ironia, il tipo di scrittura più consona al nostro Tommaso “Il mese più caldo” (Gennaio è il mese più caldo nel letto con te) protagonisti due innamorati che presi dalla passione si sentono lontani da tutto e da tutti senza percepire il freddo perché c’è l’amore a scaldare le loro vite. Così come la vivace “L’acqua su Marte” che parla di una coppia in crisi che intraprende un viaggio intergalattico su Marte,pensando di poter risolvere lì i loro problemi, per poi tornare sulla terra diversi, rappacificati, consci di aver guarito le ferite.

Il concerto va avanti con ”Le notti difficili” sull’eterna paura della morte (e portami le medicine contra la paura della morte) e la domanda è: ci saranno mai delle medicine per sconfiggere la morte?

“Prendiamo esempio” scritto di getto il giorno successivo agli attentati di Parigi al Bataclan.

“L’umidità” un rock quasi californiano da ricordare la musica surf dei Beach Boys.

“Quello nello specchio” , dove l’autore si fa tante domande esistenziali , è il brano che chiude la prima parte del concerto ed è anche l’ultima traccia dell’ultimo lavoro discografico. Rispetto alla scaletta del disco, nel concerto sono state eseguite pedissequamente tutte le tracce ad eccezione solo di “Piangi pure”, scritta in occasione di un dolore recente che è ancora troppo forte per poter essere eseguito dal vivo.

La seconda parte del concerto prosegue con una carrellata di successi i così detti evergreen tratti dai due precedenti dischi da quello di esordio intitolato “Per fortuna dormo poco”, estrae ”In confidenza” in puro stile De Gregori, ”Le mie scuse sincere” dall’andamento ‘reggaegiante’ e “Farò colpo” con il simpatico ritornello (anche i nani iniziarono da piccoli). Mentre dal suo penultimo disco del 2015 dal titolo “L’ora solare” esegue “Spesso e volentieri” come sentirsi inappropriati in una storia d’amore ,“La fine del dopo” sull’inganno del tempo e come rincorrerlo ,”Dov’è l’America” che parla di confini metaforici e ancora il rock tiratissimo di “Poveri posteri”.

Chiude la serata “Novanta” un nostalgico viaggio negli anni ’90 e che al suo interno comprende un’azzeccatissima citazione di un brano di quel periodo di Corona “The rhythm of the night” .

Arriva il momento del bis, viene concesso tributando una cover al suo mentore e massimo ispiratore Franco Battiato con la celeberrima “Centro di gravità permanente”.

Il concerto finisce così; ci rimane il buon sapore di una bella serata, la sincerità di una faccia pulita e vera, i testi intelligenti ironici ed impegnati. È sicuramente il raggiungimento di una musicalità costruita attraverso una lunga gavetta che sicuramente gli aprirà le porte e ribalte ben più importanti, perché lo merita; eccome!

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