
L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni. |
This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it.
![]() |
Karl Wilhelm Diefenbach |
Ha senza dubbio ragione Roberto Saviano quando, a proposito dell’ultimo film di Mario Martone, Capri revolution, parla di un grande regalo. Soprattutto, credo, per il fatto di averci permesso di entrare in contatto con la splendida figura di un intellettuale scomparso all’inizio del XX secolo, il pittore Karl Wilhelm Diefenbach (Hadamar, 21 febbraio1851 – Capri, 15 dicembre1913). Figura splendida davvero, in quanto libero pensatore di chiaro orientamento teosofico, sostenitore di ideali agapici ed irenici, praticante uno stile di vita coerentemente antimaterialista e anticonsumista, ispirato ad una profonda sintonia con la natura, e, pertanto, convinto sostenitore del vegetarianesimo inteso come scelta autenticamente rivoluzionaria, capace di mettere radicalmente in discussione ogni ideologia antropocentrica e ogni strategia comportamentale basata sul credo dogmatico del dominio della forza e sulla negazione del principio dell’unità cosmica e del valore della compassione. Figura di artista filosofo dalla originale vena creativa impregnata di suggestioni romantico-decadenti, che vanno da Caspar David Friedrich ed Arnold Böcklin a Giovanni Segantini e a Gaetano Previati, e in cui si riverberano echi di altri grandi spiriti ribelli nonviolenti,
![]() |
- Karl Wilhelm Diefenbach |
disobbedienti e anticonformisti, da Henry David Thoreau a Lev Tolstoj.
E veramente dobbiamo ringraziare Martone per aver ripescato dagli oceani dell’oblìo un personaggio così potentemente capace di suscitare tante stimolanti riflessioni critiche non soltanto sul mondo del suo tempo (quello precipitato nella abissale mattanza della Grande guerra), ma anche su quello attuale, sempre più sprofondato nelle sabbie mobili dell’ipocrisia, dell’ingiustizia e della violenza contro i più deboli e l’intera vita planetaria.
Ed è un vero peccato non poter considerare la pur pregevole opera di Martone pienamente riuscita. Al contrario di quanto afferma Saviano, che ci parla di un film “talmente fluido che quasi ci si dimentica che è un film”, l’opera non risulta certo priva di difetti. Meglio sarebbe stato, infatti, evitare, prima di ogni altra cosa, la asfissiante quanto insensata sovrabbondanza di sottotitoli. E certamente meglio avrebbe fatto Martone a concedere più spazio all’estetica spiritualista di Diefenbach, sia nelle sue componenti teoretiche che in quelle poietiche, magari alleggerendo la narrazione filmica di qualche boschiva danza notturna. Incomprensibile, poi, il fatto di ignorare totalmente la reale (e meravigliosa) produzione pittorica di Diefenbach, con l’effetto (voluto?) di farlo apparire come un pittore informale e materico, più vicino a un Alberto Burri piuttosto che a simbolisti come Gustave Moreau e Giulio Aristide Sartorio. E molto discutibile (e anche piuttosto irritante) risulta poi il fatto che, tramite la figura del bel dottorino rivoluzionario, si finisca per individuare nel movimento socialista il più tenace e convinto teorizzatore e sostenitore dell’interventismo bellicista.
Al di là delle riserve qui espresse, comunque, il film risulta sicuramente apprezzabile, soprattutto, direi, per la forte passionalità lirica e ideologica che lo attraversa.
Menzione particolare, infine, merita senza alcuna esitazione Marianna Fortuna, vero fulcro della vicenda narrativa, ammirevole per intensità espressiva, oscillante fra slanci delicatamente poetici ed esuberanti grintosità.
Mentre gli USA si ritirano “gradualmente” dalla Siria, da metà dicembre diversi governi arabi si avviano verso il disgelo nelle relazioni con Damasco; Mosca conquista un ruolo chiave in Medio Oriente, Tehran cerca di uscire dall'isolamento internazionale con un espansionismo difensivo, Ankara punta all'egemonia
Nonostante l'annuncio del presidente degli Stati Uniti Donald Trump di un ritiro graduale dalla Siria, dalla fine di dicembre l'aviazione statunitense ha intensificato i bombardamenti su alcune aree lungo il fiume Eufrate, vicino al confine con l'Iraq. Zone ancora parzialmente controllate dai cartelli del jihad del cosiddetto Stato Islamico (IS), dove i raid USA hanno ufficialmente funzione di supporto alle offensive di terra delle Forze democratiche siriane (SDF), guidate dai Gruppi di difesa popolare curdi (YPG). Tra tutti gli attori del conflitto siriano, sono le SDF, impegnate anche contro gruppi affiliati ad al-Qaeda in prossimità di Aleppo, a temere maggiormente le ripercussioni dell'uscita di scena di Washington. Sebbene i comandi militari USA stiano approntando una lista di precise indicazioni sul ritiro, tra le quali la garanzia che i combattenti delle SDF possano conservare le armi ricevute da Washington, il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan ha espresso l'intenzione di estirpare non solo l'IS ma anche il Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK) le formazioni ad esso legate in Siria. La “neutralizzazione” delle YPG, per Ankara, resta infatti un obiettivo primario, come dimostra l'imponente schieramento di truppe al confine turco-siriano. Per ora, sia il consigliere alla Sicurezza nazionale USA John Bolton (che ha annunciato un'imminente visita ufficiale in Turchia, alla testa di una delegazione), sia il segretario di Stato Mike Pompeo hanno assicurato che Washington si impegnerà per evitare che l'esercito turco e le YPG curde arrivino allo scontro militare. Dichiarazioni alle quali la Turchia ha immediatamente risposto per le rime. Anche per questo la linea isolazionista dell'amministrazione Trump suscita una certa diffidenza tra gli alleati degli USA che si trovano in contesti caldi, come appunto il Medio Oriente. Al punto che le YPG hanno chiesto protezione al governo di Damasco, pur se questo significherà la fine del progetto federale del Rojava. Neppure la Russia infatti sembra disposta ad arginare i progetti neo-ottomani di Ankara, come già dimostrato dal via libera di Mosca all'occupazione turca di Afrin.
Intanto, buona parte della stampa araba riflette sul brusco cambiamento (ufficiale) di rotta attuato dai governi di molti paesi arabi, in primis le petromonarchie del Golfo, nei confronti del presidente siriano Bashar al-Assad. Primo fra tutti il presidente sudanese Omar al-Bashir, primo rappresentante di un governo arabo a recarsi in visita ufficiale in Siria, lo scorso dicembre. Alla fine di dicembre, inoltre, gli Emirati Arabi Uniti (EAU) hanno riaperto la loro ambasciata a Damasco, seguiti immediatamente dal Bahrein. Diversi analisti arabi hanno sottolineato che, in realtà, al di là delle misure ufficiali, Abu Dhabi, Manama e gli altri membri del Consiglio di cooperazione del Golfo (CCG) non hanno mai interrotto del tutto i loro rapporti con la Siria, da un lato sostenendo alcuni gruppi ribelli sunniti, dall'altro favorendo attività “controrivoluzionarie”, per il mantenimento delllo status quo ante. Peraltro, i primi segnali di disgelo tra Assad e i paesi vicini erano arrivati già a ottobre 2018, quando era stato riaperto il valico di Nasib, al confine tra Siria e Giordania, importante per l'economia siriana e, in generale, per gli scambi commerciali nella regione. Damasco ne aveva ripreso il controllo a luglio, a seguito di un accordo concluso con i ribelli grazie alla mediazione russa. Sempre a ottobre, inoltre, era stato riaperto sotto la supervisione militare di Mosca il valico di Quneitra, al confine tra la Siria e le alture del Golan, occupate da Israele dal 1967. Monitorato dagli osservatori delle Nazioni Unite (ONU) dal 1974, al fine di mantenere il cessate il fuoco, il valico era stato occupato da fazioni ribelli nel 2014. Mosca dunque non solo ha favorito il successo delle trattative tra Siria e Israele, garantendo a quest'ultima una zona cuscinetto libera da formazioni alleate di Tehran, ma ha anche riportato l'area sotto l'egida dei caschi blu. Un atteggiamento che le ha consentito di attrarre a sé la benevolenza dei paesi del Golfo e un'alleanza tattica con Israele. Tel Aviv, infatti, anche se pienamente in grado di colpire obiettivi iraniani in Siria con l'assenso di Washington, teme l'espansione in Siria di gruppi sciiti filo-iraniani vicini ad Assad, come Hezbollah.
L'obiettivo di Mosca, in Medio Oriente, è mantenere un equilibrio, sia pure delicato e parzialmente instabile, tra i vari attori regionali, impedendo a uno qualunque di essi (inclusi Iran e Turchia, suoi alleati nei negoziati di pace di Astana) di emergere come egemone. Contestualmente, il Cremlino si è da sempre schierato con Assad in quanto presidente “legittimo” e come baluardo contro l'ascesa di movimenti religiosi locali: un discorso valido sia per i gruppi sunniti radicali (molti dei quali hanno contatti nelle regioni caucasiche a forte presenza musulmana), sia per il progetto iraniano di un corridoio sciita, tra Siria, Iraq e Libano. Per questo motivo, alcuni analisti arabi intravedono la longa manus russa dietro la decisione di EAU e Bahrein di riaprire le ambasciate a Damasco, preparando il terreno per una reintegrazione della Siria nella Lega araba (su cui l'Unione Europea ha espresso parere contrario), dopo oltre sette anni di sospensione. Per questo, oltre al parere del CCG, sarà fondamentale la linea del presidente egiziano Abd al-Fattah al-Sissi, da sempre schierato contro l'islam politico dei Fratelli Musulmani e contro qualsiasi tentativo di sovvertire l'ordine stabilito dei regimi arabi. L'essenziale, per il Cairo, è affidare le redini di un paese a chi sia in grado di mantenere stabilità e sicurezza. Vale la pena ricordare che per tale ragione, in merito all'uccisione del giornalista saudita Jamal Khashoggi, al-Sissi, come il premier israeliano Benjamin Netanyahu, aveva consigliato a Trump di schierarsi con il principe ereditario saudita Mohamed bin Salman, anche in virtù delle sue posizioni ferocemente anti-iraniane. Stesso motivo per cui l'Egitto ha sempre sostenuto Assad e, alla fine di dicembre, ha ricevuto una storica visita del direttore dell'intelligence siriana, Ali Mamlouk, invitato dal suo omologo egiziano Abbas Kamel. Mamlouk, accusato da USA e Francia di complicità in atti di tortura, sparizioni forzate e crimini di guerra e contro l'umanità, si era già recato al Cairo nel 2016, segno che le relazioni tra i due paesi in materia di sicurezza non si sono mai interrotte.
I giornali arabi, inoltre, si sono chiesti se, in mancanza di una visione strategica araba comune, questa “corsa” a ripristinare le relazioni con Damasco non sia finalizzata solo ad assicurarsi preziosi investimenti nella ricostruzione della Siria dopo la vittoria definitiva di Assad, anche se il conflitto non è ancora del tutto finito. Nondimeno, l'ipotesi che l'unico obiettivo sia contrastare l'influenza iraniana nella regione reintegrando Damasco nella rete di relazioni arabe non appare verosimile, perché altrimenti ciò avrebbe indotto il CCG a togliere l'embargo al Qatar, imposto appunto per sospetti di cooperazione con Tehran. Più plausibile sembra invece un'altra ipotesi, secondo la quale i bersagli di tale strategia sarebbero tanto l'espansionismo difensivo dell'Iran, quanto quello, ben più aggressivo, della Turchia. Se infatti per Tehran la creazione di un corridoio sciita mediorientale ha come unico scopo l'uscita dall'isolamento internazionale e la deterrenza di qualsiasi piano di attacco al suo territorio, il progetto neo-ottomano di Ankara implica l'egemonia sul Medio Oriente e su parte dell'Asia centrale, esercitata in modo decrescente all'aumentare della distanza dai suoi confini: un controllo diretto sulle zone a maggioranza o a forte presenza curda e uno più indiretto, che si risolva in un'influenza religiosa e culturale sulle regioni dove prevale l'islam sunnita, dal Caucaso ai Balcani. Oltre al dispiegamento di truppe in Siria, la Turchia in passato ha bombardato episodicamente la catena montuosa del Qandil, in territorio iracheno, dove il PKK aveva stabilito le sue roccaforti. Tuttavia, negli ultimi anni, da quando ha concentrato le operazioni militari sulle regioni curde della Siria settentrionale, con l'Iraq ha optato per la linea della cooperazione in tema di sicurezza. Pertanto, mentre in Siria si propone come il gendarme che, dopo il ritiro USA, estirperà le organizzazioni terroristiche (l'IS ma anche le YPG), lo scorso 3 gennaio, durante la visita del presidente iracheno Barham Salih, Erdoğan ha manifestato l'intenzione di sviluppare le relazioni tra Iraq e Turchia in tutti i domini e di aiutare Baghdad a garantire forniture energetiche e sicurezza: “gruppi terroristici come l'IS, il PKK e FETÖ (l'organizzazione del suo ex alleato Fethullah Gülen, predicatore islamico turco in esilio negli USA dal 1999) minacciano sia la Turchia, sia l'Iraq”, ha commentato. Anticipando così la sua prossima mossa: ottenere dagli Stati Uniti l'estradizione di Gülen.
Dal 22 Dicembre 2018 al 6 Gennaio 2019, nel quartiere di Roma di ''Casal Bertone'' in via Morozzo della Rocca n.5, e' in mostra il ''Presepe di Sabbia'', promosso e realizzato dall'Accademia della Sabbia sotto la direzione artistica di Paolo Fontecchia e Antonio Molin. Il Presepe è situato sotto un piccolo edificio in una grotta scavata nel tufo e coperta da una volta di mattoni, sicuramente usata da cantina. Il presepe e' stato costruito con 120 quintali di sabbia, prelevata da un sedimento depositato dal fiume Tevere nel pliocene alla fine dell'ultima era glaciale. Sabbia molto fine e pulita, ottima per la realizzione dell'opera.
Siamo andati ad intervistare Paolo Fontecchia dell'Accademia, il quale ci ha raccontato lo sviluppo della scultura e le sue caratteristiche.
![]() |
Les Fa'Bulleuses |
Diversi movimenti femminili percorrono in lungo e largo l’Europa a testimoniare la loro presenza in tutti i settori. Il fenomeno, perché di fenomeno si tratta, oggi supera il concetto della posizione o atteggiamento di chi sostiene la parità. Si va oltre.
Anche il mondo del Vino è attraversato, da qualche tempo, da un diverso approccio al femminile che non rivendica alcuna parità ma dimostra con i fatti di averla raggiunta se non, in alcuni casi, superata.
“Le Donne del Vino sono la più grande e attiva associazione femminile mondiale del settore enologico e, in Italia, hanno aperto la strada ad altre associazioni di donne impegnate in diversi comparti economici con un format basato sull’inclusione dell’intera filiera, da chi produce uva a chi scrive, vende, serve le bottiglie (fonte U.I.V.)”.
Stesse posizioni le ritroviamo a giro per il mondo ed in particolare in Francia dove all’interno del movimento Femmes de Vin, da alcuni anni, si muovono Les Fa’ Bulleuses, le Donne della Champagne.
Esiste addirittura un tracciato di strade, La Route des Fa’Bulleuses de Champagne, percorribile ad anello, a indicare i “grandi terroir” all’interno della grande Regione Champagne, dove ognuna di loro ha la propria Maison e ne rappresenta le diversità:
Claire Blin, della Maison Mary Sessile a Treslon, nella piccola valle dell’Ardre;
Charlotte De Sousa, Champagne De Sousa ad Avize, Côte des Bancs;
Hélène Beaugrand, Champagne Beaugrand, Montgueux;
Delphine Brulez, Champagne Louise Brison, Noe-les-Mallets (Aube);
Mathilde Bonnevie, Champagne Rocet Bocart, Trepail, Montagne de Reims;
Sophie Milesi, Champagne Guy Mea, Lovois Montagne de Reims;
Laureen Baillette, champagne Baillet Prud’homme, Trois-Puits, Montagne de Reims.
Ho conosciuto questa realtà durante la visita alla Maison Beaugrand nel Montgueux.
Hélène ne è la presidentessa . I loro motti: l’unità è la forza ed insieme facciamo “brillare” lo champagne.
Fa’, come un’aria musicale che inizia con questa nota e Bulleuses, come un flûte di champagne ricco di perlage.
![]() |
Urano Cupisti con la Presidente e Mathilde Bonnevie |
Conosciamo meglio le magnifiche sette Fa’ Bulleuses:
Claire Blin: dopo gli studi e il tirocinio nei vigneti del Bordeaux e Cognac, il ritorno alla maison di famiglia.
È una viticoltrice frizzante che ama la sua terra e sa condividere e comunicare questa passione agli altri.
Charlotte De Sousa: da sempre attratta dalla professione esercitata ogni giorno dai genitori. I tour mondiali fatti con i suoi hanno permesso di avere una visione più ampia, più internazionale. Come donna ha portato una certa meticolosità e base artistica, del tutto femminile, nei suoi champagne. La sua filosofia? "Vivi i tuoi sogni, ma non sognare la tua vita".
Hélène Beaugrand: la presidentessa. Enologa, cresciuta a Troyes. Ha passato diversi anni a produrre vino in Sud Africa, Australia, Messico, Nuova Zelanda e Stati Uniti. Essere una viticoltrice è soprattutto condividere la passione per il vino e trasmetterla alle generazioni future.
Delphine Brulez: Fin dall’adolescenza ha avuto un solo obiettivo, quello di essere una enologa! Questa formazione raggiunta a Digione ha dato la capacità di capire cosa stava succedendo nei vini. Oggi lavora in tandem con il padre, Francis Brulez. Essere una donna nel mondo del Vino: è tutta una questione di passione.
Mathilde Bonnevie: Molti stage in regioni viticole francesi hanno fatto capire a Mathilde che il marketing e la comunicazione sono elementi da non trascurare. Ha sempre pensato che il mondo dello champagne avesse bisogno di un tocco di femminilità per aggiungere creatività e sensibilità. La sua filosofia? Darsi i mezzi per raggiungere i propri obiettivi e sogni.
Sophie Milesi: Laurea in tasca via a scoprire altre cose. Imparare, incontrare, arricchire il proprio background formativo e conoscenze professionali attraverso vari stage e soggiorni all'estero. "Quando sarò grande, sarò "Champagneuse "! Non cercate questa parola nel dizionario, ha un significato e lo si capisce percorrendo le cantine con i loro odori di vino. "Quando vogliamo, possiamo"
Laurent Baillette: dopo gli studi, come ogni Fa'Bulleuse che si rispetti, ha effettuato diversi viaggi per completare la propria esperienza. Oggi si dedica interamente all'agricoltura familiare con la
![]() |
la Presidente Hélène Beaugrand |
madre e la sorella. Ogni mattina, 2 scelte sono a sua disposizione: o tornare a perseguire i sogni o, al mattino, alzarsi per realizzarli".
La definizione di Fa'Bulleuses, alla fine cos’è?
Nell’analizzare i profili delle sette “Champagneuse” ne è uscito uno stereotipo esclusivo, originale, straordinario.
Lo Champagne è un vino magico nella misura in cui è condiviso.
Condivisione; questo è il design delle Fa'Bulleuses.
Condividere passioni, dubbi, successi, progetti in un'atmosfera dinamica per scoprire vini delicati elaborati da donne audaci.
Una Fa'Bulleuse deve rispondere a requisiti particolari: essere una donna dinamica, motivata e determinata.
Il concetto di Fa'Bulleuses de Champagne è soprattutto l’insieme di storie di amicizia e rispetto reciproco.
Una Fa'Bulleuse è audace; assume, crea e fa vivere questi terroir attraverso vini di carattere.
Prendi una grande dose di passione, un pizzico di vita e un profondo rispetto reciproco, questo è ciò che le Fa'Bulleuses condividono!
Una "Bulleuse" è un amante dei vini della Champagne e della sua regione. È vivace e spumeggiante. È una donna audace e appassionata.
Urano Cupisti
Credo che, con il suo discorso augurale prenatalizio, papa Francesco abbia fatto, a credenti e non credenti, un regalo di pregio veramente particolare.
Risalto centrale è stato conferito al fenomeno delle “tempeste e uragani” che hanno, nel corso del 2018, colpito duramente la navicella della Chiesa cattolica, con particolare riferimento alla tragedia della pedofilia, tragedia dalle dimensioni ancora impossibili da quantificare e di una gravità morale abissale che, più di ogni altra, ha prodotto e continua a produrre dilagante disorientamento e allarmante sfiducia nei confronti dell’istituzione ecclesiastica.
Di fronte a uno scandalo così vasto e ripugnante, spesso il mondo cattolico, in ben comprensibile imbarazzo, ha reagito cercando di contenerne l’incalcolabile portata esplosiva, ricorrendo a due complementari e collaudatissime strategie argomentative. La prima consistente nel sostenere che, per quanto ampio e grave, detto scandalo non andrebbe mai ritenuto tale da riuscire ad adombrare le innumerevoli e perlopiù trascurate azioni di carità e di generosità (spesso anche eroiche) che i membri della Chiesa portano avanti in tutto il mondo. La seconda consistente, invece, nell’accusare i mass media (in maniera più o meno esplicita) di essere faziosamente, esageratamente e morbosamente accaniti nei confronti di Santa Madre Chiesa, al fine di poterla ulteriormenteinfangare e screditare.
La prima linea strategica è stata rifiutata e affossata da Francesco, il quale, in maniera nitidissima, ha ritenuto necessario affermare che
"L’esempio eroico dei martiri e dei numerosissimi buoni samaritani, ossia dei giovani, delle famiglie, dei movimenti caritativi e di volontariato e di tanti fedeli e consacrati, non ci fa scordare la contro-testimonianza e gli scandali di alcuni figli e ministri della Chiesa".
Ovvero, se la Chiesa intende davvero recuperare credibilità e ritrovare la propria salute spirituale, bisognerà smettere di fare ricorso a qualsiasi tatticismo edulcorante, minimizzante, autoconsolatorio e, almeno in parte, autoassolutorio. In particolar modo, non si dovrà più tendere ad esibire le tante azioni virtuose e le tante cristiane vite di santità, riducendole strumentalmente ad una sorta di contrappeso. Tutto il bene che è uscito, esce e potrà uscire dalle mani della Chiesa non dovrà mai più essere esibito, cioè, al fine di tentare di operare, seppur non dichiaratamente, una sorta di riequilibramento dei conti, all’insegna del “sì, avremo pur fatto questo e quello, ma immensamente più ricco e vasto è il tesoro del bene compiuto, ecc…”
Per quanto concerne la seconda prassi, invece, il papa non soltanto ha operato la scelta di non ergersi a lamentoso o rampognante giudice dell’attività di inchiesta e di denuncia dei mass media, ma è arrivato addirittura a riconoscere la straordinaria importanza degli sforzi compiuti, ritenendo, di fatto, il loro contributo meritevole per essere riuscito a produrre importanti crepe all’interno del sistema blindato di occultamento della verità costruito e alimentato dalle istituzioni ecclesiastiche cattoliche a difesa dei propri ministri pedofili e, soprattutto, della propria immagine.
"Vorrei ringraziare vivamente - è arrivato infatti a dire Francesco - quegli operatori dei media che sono stati onesti e oggettivi e che hanno cercato di smascherare questi lupi e di dare voce alle vittime. Anche se si trattasse di un solo caso di abuso - che rappresenta già di per sé una mostruosità - la Chiesa chiede di non tacere e di portarlo oggettivamente alla luce, perché lo scandalo più grande in questa materia è quello di coprire la verità.”
Insomma, ancora una volta, papa Francesco ha dimostrato di essere molto più avanti della sua Chiesa. Ancora una volta ha dimostrato di essere seriamente intenzionato a purificarla dai suoi tanti mali di pensiero e di azione.
Ancora una volta, anteponendo verità, giustizia e rispetto per le vittime ad ogni altro calcolo e ad ogni altro interesse, ci ha offerto un encomiabile esempio di fermezza e di coerenza.
Roberto Fantini
L’ iniziativa di Allianzbank - Certe volte la presenza in un luogo inconsueto di enti diversi che in genere non hanno occasione di incontro per la loro differente attività professionale, determina un proficuo risultato che diversamente non sarebbe stato raggiunto.
Quando ciò accade, naturalmente a ragion veduta, il fatto di trovarsi insieme dà luogo assai spesso a piacevoli sorprese. Questo succede in quanto gli uni e gli altri in occasione dell’incontro, esprimono un punto di comune interesse per il quale tutti si sentono coinvolti, soprattutto dal punto di vista emotivo.
Il riferimento in questione è quello di un grande gruppo finanziario/assicurativo, quale Allianzbank della sede romana di via Piemonte, che ha organizzato un incontro tra amici e conoscenti con un gruppo musicale della capitale, Soul Singers riuniti per un concerto nella dirimpettaia basilica di San Camillo de Lellis lo scorso 20 dicembre, in occasione dello scambio di auguri per le festività natalizie.
Il gruppo musicale in questione esprime per la preparazione dei propri orchestrali, coro, solisti e direttore d’orchestra un folklore culturale arricchito dalla valenza dei singoli artisti oltre che dalla scelta dei brani musicali molti dei quali di tradizione americana a cui tutti hanno dato una convincente rappresentazione dei ruoli interpretati.
Il gruppo musicale Soul Singers - I molti giovani che costituivano il gruppo musicale, hanno saputo improntare un incontro di voci e toni diversi nella ottima sonorità acustica della Basilica di San Camillo. Il canto e la musica ha magistralmente accompagnato il ritmo dei brani interpretati anche con elementi di jazz e swing; mentre il coro ha amalgamato le varietà dei propri componenti: da adulti maschi e femmine, fino ad un piccolo gruppo di voci bianche. In altri termini, l’intero contesto musicale, compreso i giovanissimi artisti, ha destato l’ apprezzamento dei presenti.
Si tratta di canti corali soprattutto natalizi estratti un po’ ovunque nel mondo dalle varie regioni in tempi attuali e lontani, che hanno lasciato una traccia musicale indelebile.
I Soul Singers hanno formato i punti focali del loro show con queste piccole grandi opere tradizionali, che hanno adattato alla loro espressione musicale di virtuosismi e variazioni sul tema.
I brani infatti, sono stati validamente riproposti nella sonorità acustica della basilica che ha fatto da cassa di risonanza agli strumenti e alla voce dei protagonisti creando maggiori sfumature. I brani musicali che si sono avvicendati hanno ricalcato il carattere natalizio, così come era nell’aria e come tutti quanti potevano attendersi, ma quanto all’esposizione, all’arrangiamento e all’impostazione canora che il gruppo Soul Singers ha saputo dare, questo è stato una gradevole sorpresa.
I virtuosimi musicali - Vale quanto detto, per l’orchestra che sotto la efficace direzione femminile ha saputo ritmare con particolare sensibilità i canti corali e dei vari artisti che alternativamente scambiavano i loro interventi musicali; ciò vale per gli stessi protagonisti che con la loro voce hanno ripresentato i vecchi motivi natalizi in un susseguirsi di brani di qualche minuto ciascuno, tanto che è stato possibile gustare proprio per la limitatezza della loro singola esposizione, i virtuosismi musicali che sono state presentati.
Si tratta di noti brani natalizi con i quali i Soul Singers hanno iniziato per rompere il ghiaccio si fa per dire, con ritmi abbastanza sostenuti, tanto da pensare a un particolare accordo musicale tipico delle rappresentazioni diciamo… elettrizzanti, ma ciò invece era dovuto soltanto all’intensità partecipativa dei cantanti e del gruppo con coro che si è avvicendato nella prima parte dei canti di Natale.
I nuovi talenti - Sarebbe troppo lungo elencare quasi venti esecuzioni nelle quali si è avvicendato persino un piccolo gruppo di bambini che hanno interpretato la loro parte con le voci bianche. Anche questi piccoli artisti sono stati proficuamente incastonati nel contesto musicale delle voci adulte e che proprio per questa variazioni di toni, hanno espresso una gamma di coralità molto estesa e molto piacevole, tanto da prevedere per loro un prossimo alzo artistico della asticella.
Vi era tra il coro delle voci bianche un bambinello dai capelli neri, disinvolto nei modi, con una voce squillante e intonata. È stato gradevole osservare, il suo coinvolgimento spontaneo da piccolo artista, anche quando non cantava nel coro dei bambini. Si poteva infatti osservare in lui quell’impercettibile movimento del ginocchio al ritmo dell’orchestra, che alludeva alla sua naturale predisposizione musicale.
“Mary ha a baby” - Tra i vari testi eseguiti ve ne è uno, tra una ventina dell’intera rappresentazione, che vorremmo commentare per la sua tipicità poiché rende bene l’idea della gradevolezza del concerto.
Si tratta di una ninna nanna simbolica che Maria canterebbe al suo neonato con il coro dei visitatori presenti a questo grande prodigio, che intonano “ Mary had a baby”.
La sorta di dialogo canoro che si svolgeva tra l’interprete maschile e quello femminile imprimeva con toni alti e bassi un intreccio risonante che in alcuni tratti rapiva emozione nell’ascolto. Vi sono infatti, alcuni brani che a causa del battimento di due risonanze simultanee discoste di circa un ottava danno la sensazione di una doppia armonia. È vero che questo stato emotivo dipende dalla sensibilità di ciascuno, ma è altrettanto vero che se non vi è alcuna base nell’esecuzione musicale, nulla di questo genere potrebbe avvenire.
Ci sono infatti, dei brani musicali che se ben interpretati arrivano ad esprimere attraverso una cascata di note della voce soprattutto alle frequenze più alte, delle interazioni sonore, formando delle armoniche che si aggiungono ad una melodia già di per sé di base. Talvolta in questi casi, quando le note per qualche motivo si sovrappongono nella giusta espressione dei toni e delle altezze musicali, si forma una sorta di ulteriore doppia armonia.
Per analogia musicale - Un esempio molto vicino a quanto detto si avverte in un brano del quintetto musicale” N Sync “ che andava per la maggiore qualche anno fa in una canzone del proprio repertorio: “Bye bye bye”. In questo brano verso la fine, il solista si staccava dal coro ritmico intervenendo con una nota di un’ottava più alta; nota che prolungava nel tempo per poi discendere verso toni più bassi. Era in questo modo che il coro esprimeva attraverso il solista un accordo musicale che coinvolgeva emotivamente gli ascoltatori con la creazione molto coinvolgente di una doppia armonia. Questa si manifestava con un abbandono a nuove emozioni di chi sapeva ascoltare, ma che lasciava poi anche il segno del plauso per il consenso collettivo che il pubblico attribuiva all’intero quintetto.
Ecco che qualcosa del genere stava avvenendo con “ Mary had a baby” anche se l’ ottava superiore non era presente. I due interpreti, ossia, la voce maschile e quella femminile avevano creato fra loro una sorta di linea musicale continuata. Si trattava di un coinvolgimento tra l’uno e l’altra, senza interruzione di continuità e cioè in un duetto di note più che di parole che creavano con questa sorta di accordo, l’emotività e la piacevolezza dell’ascolto.
L’ incontro - E’ stata una serata molto interessante; difficilmente qualcuno si è pentito di essere stato presente; tutti o quasi si sono abbandonati ad applausi spontanei in quanto si percepiva il senso della partecipazione e dell’emozione. In queste circostanze importanti come il Natale, era palpabile il senso della coesione tra persone che neanche si conoscevano ma che così come nella vita, se si ha la capacità di creare interesse comune insieme, si stringe emotivamente un rapporto di partecipazione piacevole quanto proficua per tutti.
Alberto Zei
Tra Medio Oriente e Asia centrale: i piani di Washington, l'intraprendenza pragmatica di Ankara, la diplomazia di Mosca e l'attendismo di Pechino; Trump vuole balcanizzare l'Iran?
Annunciando il ritiro delle truppe dalla Siria, deciso dopo un colloquio telefonico con il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, e il dimezzamento del contingente in Afghanistan, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha suscitato preoccupazione e disappunto anche tra i suoi alleati, interni e internazionali. Molti gli interrogativi sulle ripercussioni di queste decisioni, in particolare dopo l'uscita degli USA da due trattati storici: a maggio dall'accordo sul programma nucleare iraniano (JCPOA) siglato nel luglio 2015; a settembre dal trattato sulle armi nucleari (INF) concluso con la Russia nel 1987. Perplessità che si aggiungono a quelle sollevate dall'atteggiamento di Trump nei confronti dell'Arabia Saudita a seguito dell'uccisione del giornalista Jamal Khashoggi (cittadino saudita residente negli Stati Uniti dal 2017 ed editorialista del Washington Post). Dopo l'iniziale linea dura, il presidente aveva infatti invertito la rotta, spostando l'attenzione sull'importanza strategica delle relazioni con Riyadh e con il principe ereditario Mohamed bin Salman (MBS) in funzione anti-iraniana. Una posizione, quella di Trump, non sempre condivisa da altri apparati dell'amministrazione statunitense, come dimostrano le prese di posizione del Senato sull'affaire Khashoggi, basate peraltro sui rapporti dell'intelligence, o, da ultimo, le dimissioni del segretario alla Difesa James Mattis, poco dopo l'annuncio del ritiro di truppe dalla Siria. Un colpo al cerchio saudita e uno alla botte turca.
A livello internazionale, la prima reazione a quest'ultima discussa decisione è stata la percezione delle milizie curde integrate nelle Forze democratiche siriane (SDF) di essere state abbandonate, da un alleato sul quale contavano, alla mercé della Turchia e del suo progetto egemonico di stampo neo-ottomano sul Medio Oriente. Un copione che si è ripetuto più volte tra i curdi e le potenze occidentali, a cominciare dall'accordo Sykes-Picot del 1916. Del resto, uno degli ultimi motivi di attrito tra Stati Uniti e Turchia è stato proprio il sostegno di Washington alle Unità di protezione popolare curde (YPG), ala armata del partito dell'Unione democratica (PYD), che Ankara ritiene la branca siriana del Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK), quindi una “formazione terrorista” (tale è la definizione del PKK anche a Washington). Poco dopo il ritiro USA, la Turchia ha quindi concentrato le sue truppe al confine con la Siria, coerentemente con le parole di Erdoğan che il 12 dicembre ha annunciato una campagna militare contro le SDF a Est dell'Eufrate. Alle operazioni parteciperanno anche fazioni sunnite affiliate all'Esercito siriano libero (FSA), in particolare l'Esercito nazionale, che stanno già inviando un contingente di circa 4.000 combattenti al confine turco-siriano. Non è quindi da escludersi che l'obiettivo degli USA sia ricorrere alla Turchia come “gendarme” atlantico in Medio Oriente, come fecero negli anni '90 nei Balcani e nel Caucaso, regioni tanto cruciali quanto conflittuali, storicamente terreno di contesa tra Impero Ottomano, Persia, Russia e, a latere, potenze europee. A sostenere tale ipotesi potrebbero essere le dichiarazioni dello stesso Trump, che il 23 dicembre ha spiegato di aver coordinato il ritiro delle truppe USA dalla Siria con Erdoğan, al quale passerebbe il testimone della guerra contro i cartelli del jihad del cosiddetto Stato islamico (IS). Malgrado le perplessità degli alleati europei, in particolare del presidente francese Emmanuel Macron.
Secondo diversi analisti internazionali, a beneficiare del ritiro USA dalla Siria sarebbe anche la Russia, da sempre critica nei confronti degli interventi militari di Washington, e protagonista, assieme a Turchia e Iran, dei negoziati di pace di Astana. Nell'incontro di luglio a Helsinki tra Trump e il suo omologo russo Vladimir Putin, oltre alle relazioni economiche e alla questione della Crimea, è stato trattato il tema del conflitto siriano, nel quale la Russia è impegnata attivamente, dal 2015, al fianco del governo di Damasco. A tal proposito, senza entrare nel merito della legittimità delle azioni del presidente siriano Bashar al-Asad, Trump ha detto espressamente che “gli Stati Uniti non permetteranno all'Iran di beneficiare dei successi della campagna contro l'IS”. Con Mosca, peraltro, anche Tel Aviv ha discusso più volte nell'ultimo anno della posizione dell'Iran in Siria, auspicandone l'estromissione persino dal processo di pace. Malgrado le reciproche rassicurazioni, neppure la proposta del ministro degli esteri russo Sergej Lavrov (una zona cuscinetto a protezione del confine tra Siria e Israele) è stata giudicata sufficiente da Israele, ma resta assai improbabile che la Russia volti le spalle all'Iran, con il quale ha in atto importanti progetti bilaterali e multilaterali, dal settore energetico alla geopolitica: per citare qualche esempio, il programma oil-for-goods, la questione dello statuto legale del Mar Caspio e la lotta al narcotraffico e al terrorismo in Afghanistan. Ciononostante, pur essendo lontana l'era dell'accordo segreto tra Gore e Černomyrdin per l'interruzione della fornitura di armi all'Iran, Putin continua a mantenere il suo atteggiamento ambiguo nei confronti di Tehran, utile nel contenimento dell'espansionismo turco e contro la diffusione dell'islam sunnita radicale, ma potenzialmente rivale. Ad esempio, in Siria, nonostante l'alleanza tattica, Mosca mira ad arginare l'influenza iraniana, sia con la diplomazia, sia attraverso l'invio di squadre speciali formate da combattenti caucasici. Si comprende dunque la generale diffidenza di Tehran, manifestata già nel 2016 a proposito della mancata concessione ai russi della base aerea di Hamadan. Lo scopo di Putin è infatti guadagnare peso geopolitico assumendo un ruolo di mediazione, quindi bilanciando le forze in campo ed evitando che una di esse emerga, in primis Iran e Turchia.
Ciò vale non solo per la Siria, dove Mosca ha due basi militari sulle coste del Mediterraneo, ma anche per il Medio Oriente in generale, a partire dalla spinosa questione israelo-palestinese. Ultimamente, infatti, Putin ha manifestato l'intenzione di ospitare colloqui di riconciliazione tra le fazioni palestinesi e negoziati di pace tra rappresentanti palestinesi e autorità israeliane, in vista di una soluzione politica dei conflitti in atto. Una mossa che rischia tuttavia di irritare la Turchia, che tenta di proporsi come punto di riferimento per la Palestina. Dal 2010, le relazioni tra Tel Aviv e Ankara sono alquanto tese e negli ultimi mesi sembrano persino peggiorate: si veda il discorso all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite di Erdoğan, a sostegno della causa palestinese, e, nei giorni scorsi, lo scambio di battute al vetriolo tra il presidente turco e il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Tra le ultime occasioni di attrito, spicca inoltre l'affaire Khashoggi, per il quale Ankara preme per una condanna internazionale di Mohamed bin Salman e dei vertici della monarchia saudita, mentre Tel Aviv (sulla stessa linea dell'Egitto) mette in rilievo l'importanza di Riyadh in funzione anti-iraniana e di contrasto alla galassia dei Fratelli musulmani, incluso Hamas. Se infatti dal punto di vista del piano strategico di Erdoğan l'eccessiva intraprendenza di MBS rappresenta una minaccia, per Israele il principe ereditario è, per lo stesso motivo, l'interlocutore saudita ideale. Anche per questo, il sostegno di Trump alla guerra indiretta condotta da Israele contro l'Iran, di cui Netanyahu non dubita, appare il contraddizione con l'annuncio del ritiro USA dalla Siria, visto con perplessità anche a Tel Aviv. A meno che non sia parte di una strategia volta a causare il fallimento dei negoziati di Astana e a far emergere le divergenze strategiche tra i suoi protagonisti, con l'obiettivo di isolare definitivamente Tehran.
Il complesso intreccio di equilibri ha finora indotto la Cina a optare per una strategia attendista e a preferire la realizzazione graduale e silenziosa delle nuove vie della seta (BRI – Belt and Road Initative). Un progetto economico, ma anche geopolitico, che coinvolge il Medio Oriente e l'Asia Centrale, regioni in cui Turchia, Russia e Stati Uniti (questi ultimi soprattutto con la Fondazione Rumsfeld, che promuove il forum annuale CAMCA – Central Asia-Mongolia-Caucasus-Afghanistan) cercano di espandere la propria influenza. Se in Medio Oriente Tehran imposta la sua strategia difensiva offrendo supporto agli sciiti presenti nei vari Stati, con i paesi centro-asiatici ha in piedi soprattutto relazioni economiche nei settori delle infrastrutture e degli idrocarburi, oltre a una cooperazione con Afghanistan e Turkmenistan nella lotta al terrorismo islamico e al narcotraffico. Rapporti resi ora più difficili dalle sanzioni imposte da Washington dopo l'uscita dal JCPOA. Anche per questo non è da escludersi che gli USA vogliano far emergere in Siria le divisioni tra Tehran, Mosca e Ankara e puntare su Israele e Arabia Saudita da un lato e Turchia dall'altro per la gestione del Medio Oriente, lasciando a Turchia e Russia la competizione per il controllo delle regioni centro-asiatiche. Se Trump avesse adottato tale strategia per isolare Tehran (magari in vista di un eventuale attacco militare), si potrebbe pensare che il suo obiettivo sia balcanizzare non solo la Repubblica islamica, ma l'intera Asia Centrale, il che gli permetterebbe di raggiungere tre obiettivi strategici, pur con il rischio di provocare conflitti sanguinosi: annientare l'Iran, colpire gli interessi russi e cinesi e arginare l'espansionismo di Ankara.
“Che cos’è il Natale?". Come colpiti da improvvisa amnesia, ce lo chiediamo ancora più di duemila anni dopo l’evento tradizionale della Natività, ricordato come ricorrenza più importante nei calendari liturgico e civile. Ma non sembri per nulla ozioso, oggi, tornare sui nessi simbolici non solo cristiani, le sovrapposizioni calendariali e gli aspetti folklorici che hanno definito la festività così come viene tuttora vissuta, visto che questi appaiono ormai quasi perduti tra i riti alienanti di un'altra divinità, meno etica certo e purtroppo mai sazia, quella attualissima ed onnipresente del Consumo.
Nel calendario la festa viene a trovarsi in un periodo piuttosto omogeneo per le credenze e le tradizioni che lo contraddistinguono (rinascita della luce, auguri e regali, confusione ed euforia rituali, giochi tra amici e familiari, particolare considerazione goduta dai bambini, maggiore disponibilità verso mantiche e pronostici), della durata di ben trentadue giorni, dalla festa di S.Nicola di Bari (6 di Dicembre) all’Epifania (6 di Gennaio). Al centro di questo mese rituale è il Natale, intimamente legato all'importante evento astronomico del Solstizio d’Inverno che cade quest’anno il 21 di Dicembre. Tanti, in proposito, i “gadgets” festivi dai beneauguranti cromatismi vitali del rosso e dell'oro, chiaramente ispirati al simbolismo solare.
Non per nulla, già nella Roma imperiale, protagonista pre-cristiano d’una cruciale ricorrenza dicembrina era infatti proprio l’astro del giorno, in risalita sulla volta celeste dopo la stasi solstiziale (“Sol Invictus”); questo fu identificato poi successivamente - tramite opportuni collegamenti simbolici, con il Salvatore di Bethlemme - venuto a proporsi agli uomini di buona volontà come stella di Luce ma pure d’Amore.
Sorprende poi il confronto tra Cristianesimo e Mithraismo (culto di provenienza indo-iranica, diffusosi in Occidente dal I secolo a.C.), viste le notevoli affinità simboliche esistenti tra i rispettivi apparati mitici: Mithra infatti - divinità solare - era nato da una roccia presso un albero sacro, alla presenza di alcuni pastori che gli avevano reso omaggio con rustici doni.
Come simboli collegati al Cristo e alla sua nascita, furono visti l'Anno in procinto di rinnovarsi - tra speranze ed euforia - verso un nuovo ciclo non solo cosmico, stagionale e biologico, ma anche spirituale, con il Divino atemporale incarnato come Evento nella Storia; il Ceppo di Natale posto nel camino per durare fino all'Epifania; e il suggestivo Albero della Vita, maestoso sempreverde ornato di frutti e di luci sostegno omeopatico al Sole che rinasce, e di strenne per auguri scambievoli tra gli uomini.
Vennero a rappresentare ancora il Salvatore - che del resto aveva parlato di sé come “'Pane della Vita” - anche le grandi focacce speciali della tradizione festiva italiana ("Pan d'oro") ed europea (“Pain de Calandre", "Christmas-Bathc"), arricchite d’uva passa (''Pan di Tono"=Panettone) o pure di spezie nel XIV secolo (“Pan forte" o "Pan speziale", "Pan Pepato”), in accordo con la concezione folklorica del Natale come “giorno del Pane”.
Così il Natale viene a fornire ogni anno - pur nella concezione temporale rettilinea della vicenda cristiana - speranza, esigenza e opportunità cicliche di rinnovamento, anche al di là della specifica matrice confessionale a cui la festa appartiene.
Nel folklore regionale italiano, la notte del 24 è considerata poi particolarmente magica, in quanto l’evento grandioso che vi si svolge libera energie e magnetismi incanalati - di volta in volta - da esigenze diverse. In questo momento speciale dell’anno, infatti, si crede che alcuni filtri trovino la loro efficacia; che sia favorita (durante la Messa di Mezzanotte) la trasmissione - tra operatori e apprendisti - della virtù di guarire alcune patologie; poi anche, però, che i nati nel periodo (se vi cade il plenilunio) siano esposti in futuro - se maschi - a licantropia, se femmine a stregoneria e sonnambulismo.
Come già detto, tutto il mese che va dalla ricorrenza di S. Nicola (“Sanctus Nicolaus” benefattore di giovani e fanciulli, divenuto “Santa Klaus” negli Stati Uniti dopo peregrinazioni e aggiustamenti narrativi) all'Epifania, oggi è periodo soprattutto di giochi e regali. Speriamo allora di poter esclamare - nell’intrattenimento più comune del momento - "Tombola!", per scacciare con soddisfatta meraviglia ansie e noie dell’anno trascorso.
La Befana Vien di Notte è una commedia fantasy per tutta la famiglia, in uscita nelle sale cinematografiche il 27 dicembre 2018, con protagonisti Paola Cortellesi e Stefano Fresi, affiancati da Fausto Sciarappa, Diego Delpiano, Odette Adado, Jasper Gonzales Cabal, Robert Ganea, Cloe Romagnoli, Francesco Mura, Giovanni Calcagno e Luca Avaglianola, per la regia di Michele Soavi e la sceneggiatura di Nicola Guaglianone (Lo chiamavano Jeeg Robot e Indivisibili).
“Questo film è stata l’occasione – dichiara Michele Soavi - per tornare ad esplorare il fantastico in chiave di commedia attraverso il gotico e suggestioni moderne”.
Ambientato tra Roma e l’Alto Adige, il film rovescia la credenza che vede la Befana come una donna molto anziana, “con le scarpe tutte rotte”, che vola su una scopa consumata, per far visita ai bambini, nella notte tra il 5 e il 6 gennaio, e riempire le calze lasciate appese in attesa di doni, dolcetti o carbone.
Bisogna ammetterlo, la povera Befana vive da sempre all’ombra di Babbo Natale, che viaggia su una bella slitta comoda, protagonista di film e pubblicità natalizie, ma forse è arrivato il momento del suo riscatto.
Nella nuova pellicola di Michele Soavi ritroviamo, infatti, una Befana anticonvenzionale, un’eroina femminista, a volte addirittura attraente e seducente, divisa tra la sua vita di giorno e quella di notte.
Paola, interpretata dalla brillante ed eclettica Paola Cortellesi, è una maestra di scuola elementare con un segreto da nascondere: bella e giovane di giorno, di notte si trasforma nell’eterna e leggendaria Befana! A ridosso dell’Epifania, viene rapita da un misterioso produttore di giocattoli. Il suo nome è Mr. Johnny, interpretato da un bravissimo Stefano Fresi, e ha un conto da saldare con Paola che, il 6 Gennaio di vent’anni prima, gli ha inavvertitamente rovinato l’infanzia…
Sei compagni di classe assistono al rapimento e dopo aver scoperto la doppia identità della loro maestra decidono di affrontare, a bordo delle loro biciclette, una straordinaria avventura che li cambierà per sempre. Tra magia, sorprese, mistero e tante risate, riusciranno a salvare la Befana?
Una collaborazione tra Italia e Spagna, il film è prodotto da LUCKY RED con RAI CINEMA, in associazione con 3 MARYS ENTERTAINMENT e distribuito da UNIVERSAL PICTURES e LUCKY RED.
Il 16 marzo scorso Papa Francesco, con l’ufficialità del suo viaggio apostolico a San Giovanni Rotondo, dava inizio all’apertura delle future celebrazioni di settembre per il Centenario delle Stigmate di San Padre Pio da Pietrelcina.
Ritenuto modello di misericordia come, l’altro cappuccino padre Leopoldo Mendik, il Pontefice aveva già indicato al modo il loro alto valore nella santità, il servizio reso nell’incarnarsi con la misericordia del perdono e dell’amore fraterno, quindi quale miglior esempio se non quello di essere esposti in San Pietro a modello cristiano per l’Anno Santo della Misericordia?
Eppure qualcosa non deve aver incontrato il gradimento dei frati cappuccini di San Giovanni Rotondo. Abituati come sono a considerare il proprio confratello Padre Pio, Santo di fama mondiale, e quindi … “cosa loro”, hanno preferito porre in risalto il cadere della data del 23 settembre 2018 come l’anniversario del Cinquantenario della morte del Santo, piuttosto che la data della Stigmatizzazione. In materia di celebrazioni religiose di esponenti del mondo cattolico assurti agli onori degli altari si tiene conto della data di nascita del Santo, se laico, e della presa dei voti solenni, se religioso. Perché commemorarne la morte che è solo la fine della parentesi terrena?
Per capirci qualcosa di più, in questo complesso mondo Vaticano, dove ormai sono in molti ad accorgersi che i tempi moderni hanno “logorato” più le coscienze che i poderosi graniti del Colonnato, della maestosa e maggiore Basilica del mondo, abbiamo rivolto questa domanda al giornalista e scrittore Enrico Malatesta*, che di San Padre Pio è ormai considerato tra i più preparati, se non addirittura il più documentato studioso del Frate delle Stigmate.
Malatesta allora … che accade in questo Centenario delle Stigmate?
R. Nulla …. Assolutamente nulla !
- Spiegaci ….. Cosa vuoi dire con “Nulla” ?
R. Quando si prepara una celebrazione per un Centenario, …. Diciamo per una guerra mondiale, per una scoperta scientifica, come il vaccino,…. della nascita di una Repubblica o di un regno, si approntano cerimonie celebrative, pubblicazioni, conferenze, studi storici e rievocativi, ecc. ecc.
In questo caso,…. Proprio il “nulla”. All’epoca della proclamazione a Beato, addirittura vennero programmate due fictions televisive sulla storia di Padre Pio, mentre ora per il centenario neanche la riproposizione di una di queste. Perfino il Programma “Porta a Porta” di Bruno Vespa che di anniversari non se n’è perso mai uno, ha taciuto miseramente.
Pensate, in libreria sono giunti centinaia di libri su Padre Pio ma… tutte vecchie edizioni, addirittura anche di venti o trenta anni fa.
Zero conferenze,….zero Studi, zero cerimonie, zero stampa e zero televisione …!!!!
Insomma zero di tutto. Una sola conferenza c’è stata, ma in sordina, a San Giovanni Rotondo, indetta dai frati, a mio avviso proprio per salvare la faccia. Però a commemorare il Centenario ci hanno pensato centinaia e centinaia di parrocchie di tutta l’Italia con processioni, fiaccolate e rosari recitati fino ad ora tarda con veglie ai luoghi di San Pio. Un culto semplice ma vero.
E tutto questo perché ….?
R. Perché ancora oggi l’eterno dissidio tra le regole del tradizionalismo disturbano la visione di una Chiesa al passo coi tempi. Ovvero il “modernismo” religioso”.
Il segno si è passato quando un importante monsignore della Segreteria di Stato ha confessato al mondo della stampa la sua omosessualità, (poco dopo l’elezione di Papa Francesco) e che viveva col fidanzato all’interno del suo stesso appartamento vaticano. Lo scandalo a mio avviso, non è l’omosessualità, ma la sfrontatezza di voler infrangere le regole a colpi di scandali, perché così si possa mettere in mora tutta la “tradizione ecclesiale”. Padre Pio era il semplice frate orante che aveva la “colpa” di amare il Cristo nella sua più tradizionale e costante passione mistica.
Papa Francesco lo ha capito.
Tu invece cos’hai preparato per il Centenario?
R. non ne voglio parlare perché non amo andare per le redazioni dei programmi a fare pubblicità alle mie iniziative editoriali. Se sei così curioso puoi andare su internet e troverai tutto. Una cosa però te la voglio dare in esclusiva. Prima del marzo prossimo, del Centenario delle Stigmate pubblicherò un documento straordinario: un Dvd con due film che dimostrano, e mostrano in modo inoppugnabile, il compiersi di due straordinari miracoli, scaturiti proprio da quelle ferite stigmatiche.
Un documento storico-religioso di portata mondiale, accompagnato da un libro che narra l’impresa della scoperta e recupero dei documenti e dei filmati.
*Enrico Ripanti Malatesta è autore dei seguenti libri su Santo Padre Pio
Frammenti che orbitano qua e là, individuati, carpiti; li commento e condivido con voi.
La Riflessione!
La Toscana: una Regione dove investire
Assistiamo da alcuni anni ad un continuo investimento di denaro al fine di acquisire vigneti toscani. Chianti Classico, Chianti non classico, Maremma in lungo e largo, Montepulciano, Montalcino, Bolgheri: non si salva nessun territorio. L’industriale del nord che vende la propria industria e si da (si fa per dire) alla vanga, il grande Manager che ricevuta la liquidazione, si dedica anima e corpo al biologico e/o alla biodinamica (più filosofica), le Grandi Aziende vitivinicole che si espandono lungo l’italico stivale (preferendo la Toscana).Poi i più pericolosi: I Fondi d’Investimento, quelli dei quali non conosci niente, difficile capire chi veramente comanda e, se salvano “capra e cavoli”, ben accetti anche con gli “occhi a mandorla”. La globalizzazione del Vino che avanza.
Frammento n. 1
Tommasi nel Chianti Classico
È di questi giorni la notizia che l’Azienda Agricola Tommasi, quella dell’Amarone, ha acquisito la Fattoria La Massa di Panzano, Greve in Chianti. La più “francese” delle fattorie chiantigiane passa, con i suoi 45 ettari di vigneti, ai veronesi della Valpolicella. La Massa porta in eredità 140.000 bottiglie annue e un fatturato di € 1.300.000,00. L’espansione Tommasi. La Massa si aggiunge a Poggio al Tufo in Maremma e al Podere Casisano a Montalcino. “Verrà mantenuto inalterato il rispetto per le tradizioni, per il territorio e l’identità di marca”. Dicono tutti così, all’inizio!.
Frammento n. 2
VinNatur lascia Villa Favorita
La sedicesima edizione della manifestazione cult dei vini naturali e vegani cambia sede e nome. Da Villa Favorita, Monticello di Fara-Sarego (Vi) (identificativo nel tempo come nome dell’evento) a Gambellara, presso lo Show-Room Margraf (Vi). Il nuovo VinNatur si chiamerà: “VinNatur Tasting” programmato dal 6 all’8 aprile 2019 in concomitanza con il Vinitaly. Novità nelle novità: si potranno acquistare i vini dagli oltre 180 espositori. Quindi non semplice Manifestazione vinicola ma Mostra Mercato. Il nuovo slogan? “Prendersi il tempo per stare assieme, sia nel rapporto tra il contadino e l’uva, acquistare direttamente le bottiglie per proseguire la conoscenza a casa”.
Frammento n. 3
![]() |
Ritorno al Marsala |
Marsala Magic Tour
Che sia l’inizio della sua “riscoperta”?. Evento organizzato dalla Wine and Food Academy di Parma. Ha collaborato anche un nostro caro amico e collega Rocco Lettieri. Il Marsala, emozione allo stato puro.
“Adesso spetta ai produttori riprendere questo Tour per far veramente rivivere una nuova storia a questo vino leggendario”.
Frammento n. 4
Una Birra Rosè: Biga ai cinque cereali
Debutto per la nuova Birra Biologica (Biga) lanciata dalla Cantina abruzzese Orsogna. Uva rossa montepulciano insieme a cinque cereali: matrimonio con la tipicità di un vitigno autoctono. Come definirla? Intrigante a cominciare dal suo colore rosé.
Frammento n. 5
Il sale italiano: fuorimoda.
Mancanza di una comunicazione ad esaltare i “nostri” Sali. Ridotto solo ad un prodotto primario necessario da tenere calmierato, senza anima. Intanto arrivano sulle nostre tavole i Sali himalayani, di gran moda, esaltati per la loro particolare composizione di…sale! Il color rosa? L’ossido di ferro a tracce. Salgemma da miniera. Eppure anche noi italiani vantiamo sale salgemma da miniera come quello di Volterra. Ma l’Himalaya fa chic! E gli Chef ci mettono del loro. Poi volete mettere acquistare un sale rosa orientale a € 50,00 al Kg contro il nostro migliore marino a € 3,00 al Kg?.
Frammento n. 6
Valhalla a Milano
Aperto a Milano il primo ristorante Vichingo: La brace degli Dei.
Selvaggina cotta alla brace insieme ad una approfondita ricerca sull’alimentazione delle antiche popolazioni nordiche. Il paradiso dei cacciatori guerrieri che richiamano la mitologia di Odino. L’idea è di due giovani milanesi appassionati dei nove mondi mitologici norren. L’atmosfera è quella dei palazzi dell’Ásgarõr, il Valhalla appunto, con pelli, elmi e scudi. Idromele, tartare di cervo, gli sfilacci di cavallo marinati, tagliata di capriolo, il burger di cervo, tutto alla griglia. E per i moderni vichinghi vegetariani? Carpaccio di rapa rossa con seitan affumicato o polpette di ceci in salsa di carciofi (vichinga?). A due passi dai Navigli milanesi il mondo vichingo. Se poi il menù non è nelle vostre scelte rimane comunque il bere una buona birra servita da una “vichinga” con tanto di treccine bionde. Chapeau!
Osservo, scruto, assaggio e…penso.
La comunità Narconon Gabbiano e l’Istituto Comprensivo Statale di Veglie uniti nella prevenzione alle tossicodipendenze.
Ieri, 4 Dicembre 2018 alle ore 9.00, presso la scuola Media Statale di Veglie “Don I. Negro” alla presenza di oltre 150 studenti dell’Istituto Comprensivo Statale Polo 1 e Polo 2 gli operatori della comunità Narconon Gabbiano di Torre dell’Orso hanno svolto una conferenza di prevenzione alle droghe suscitando enorme interesse da parte di tutti i presenti.
Con il patrocinio del Comune di Veglie, la conferenza dal titolo “La scuola senza droga” ha risposto esaurientemente alle diffuse domande come: cosa sono le droghe? Esistono droghe leggere? C’è dipendenza fisica e mentale?
La conferenza è stata aperta con il saluto del sindaco di Veglie, dott. Claudio Paladini ed è proseguita con le dettagliate spiegazioni dell’operatore della comunità Narconon sugli effetti che le varie sostanze psicotrope causano a livello fisico e mentale, soffermandosi sull’uso di marijuana e alcol fra i giovanissimi, vista la fascia d’età –13-14 anni – degli studenti presenti e confutando il falso mito che le droghe leggere non fanno male e non creino dipendenza. Ha spiegato inoltre che non c’è nessuna distinzione tra droghe leggere e pesanti, ma viceversa sono tutte dei veleni.
Tra tutti gli studenti hanno poi suscitato profondo interesse le storie, di ex tossicodipendenti, di due giovani ragazzi che stanno terminando il loro percorso riabilitativo presso la comunità Narconon. Questi due ragazzi hanno raccontato la loro esperienza con le droghe, da quando hanno iniziato a quando hanno capito che stavano vivendo un problema pesante e come, quindi, si sono lasciati guidare dagli operatori della comunità fino a risolverlo. Hanno esposto quanto sia difficile accettare di avere un problema con le dipendenze e ammetterlo in primis a se stessi, ma soprattutto quanto sia stato veramente difficile uscirne, rispetto alla facilità, quasi banale, con cui sono cascati nel tunnel della droga.
Gli studenti sono stati per l’intera conferenza molto concentrati e coinvolti, ma soprattutto incuriositi da questi racconti di vita. Sono state molte le domande e gli apprezzamenti fatti e tra le varie domande le più gettonate sono state:
“Quale è la parte più difficile dello smettere di fare uso di droghe?” “Perché somministrano farmaci o metadone per uscire dal problema con le droghe?”“Quando si fa uso di droghe si fanno atti di criminalità?”
Agli operatori sono state rivolte anche domande personali e richiesti consigli:“Perchè una mia amica ha smesso di uscire con me quando ha iniziato a fare uso di droghe?”“Come posso fare per aiutare un amica che ha appena iniziato ad utilizzare sostanze?”“I genitori, come devono fare per accorgersi che il figlio si droga?”
Alla fine dell’incontro sono stati distribuiti dei questionari da compilare in forma anonima con la richiesta di descrivere come avrebbero usato le informazioni apprese nella conferenza e le sorprendenti e profonde risposte da parte degli studenti hanno riempito di entusiasmo gli insegnanti e autorità presenti:
“Questa lezione mi ha permesso di capire che bisogna stare lontano dalle droghe!!!”.
“Innanzitutto posso prevenire evitando certi ambienti o persone e poi posso aiutare gli altri messi male con questo argomento, grazie a tutto ciò che mi avete spiegato!”.
“Con queste informazioni ho capito che la mia vita è un dono prezioso e va custodito”.
“Dopo questo incontro ho capito che non bisogna fare uso di queste determinate sostanze perché è meglio vivere la propria vita così come è”.
“Dopo queste due ore che sono state molto belle, ho capito che anche senza la droga ci può essere divertimento e se non riesci ad entrare a far parte di un gruppo, secondo me dovresti insistere, senza drogarti, e se gli amici non ti vogliono perché sei brutto, non sei snob o altro lasciali perdere perché sei meglio tu che loro che si credono forti ma in realtà sono molto deboli”.
“Non facendo uso di droghe e cose simili perché danneggerebbero la mia salute fisica e psicologica”.
“Questo incontro, mi ha fatto approfondire molte informazioni che già conoscevo in parte e mi ha fatto capire quanto sia pericolosa la droga e ringrazio persone come queste che ce ne hanno parlato”.
“Posso usare queste informazioni per parlarne ai miei amici e fargli capire di non fare sbagli”.
“In questa esperienza ho imparato molte cose sulla droga e ho capito anche le emozioni e stati d’animo che un tossicodipendente prova. Io non ho mai avuto la tentazione ma se in futuro l’avrò grazie a questo incontro avrò la forza di abbattere la tentazione ed essere forte contro la droga!”.
“Le informazioni mi hanno aiutata a capire meglio un argomento così vasto, NON FARO’ USO DI DROGHE”.
“Mi è stato molto utile perché ero curiosa di ascoltare le storie di chi ha provato le droghe e scoprire i vari effetti così da non esserne tentata a provare”.
“Posso usare le informazioni ottenute in questo incontro così da fare attenzione quando esco (visto che sono le prime volte che esco sola) scegliendo gli amici giusti, non accettando cose dagli sconosciuti e stare attenta!”.
“Facendo capire agli altri a cosa vanno incontro e facendo capire a me stessa che ho una ragione in più per odiare tutto ciò”.
“Sicuramente userò queste informazioni per capire quali sono i giri o i gruppi da evitare”.
“Pensando soprattutto a me stessa senza seguire la massa e quindi evitando di fare scelte sbagliate che potrebbero deviare i miei progetti di vita”.
“Sicuramente mi hanno reso responsabile e cosciente del mondo d’oggi e della società in cui vivo, mi è piaciuto tantissimo quest’incontro, soprattutto le testimonianze dei due ragazzi e mi piacerebbe avere un altro incontro”.
“Posso utilizzare queste informazioni per accrescere il mio senso critico su questi argomenti e non farmi influenzare dagli altri”.
I materiali utilizzati nelle conferenze sono tratti dal programma Narconon, una metodologia di successo per la riabilitazione e la prevenzione delle dipendenze, basata sulle ricerche dell’educatore statunitense L. Ron Hubbard.
Per coloro che desiderano ricevere maggiori informazioni o organizzare conferenze di prevenzione è possibile contattare la comunità Narconon Gabbiano di Torre dell’Orso allo 0832.841856 o a This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it.
Da Champillon (Montagne de Reims) a Merano grazie alla Compagnia dei Caraibi, esclusivista per l’Italia.
Ma da dove è uscito questo Champagne Carbon?
Scaduto nel 2015 l’accordo con Mumm, sul podio i festeggiamenti si facevano con Chandon, perlage non prodotto nella Champagne ma bensì in Cina sotto “l’attenzione” del gruppo Louis Vuitton e precisamente dalla Môet&Chandon.
Scaduto anche quello con la Chandon, la F1, nella nuova versione Liberty Media che gestisce dal 2015 “il Circus automobilistico”, è tornata a celebrarsi con lo champagne, quello vero prodotto nella Champagne.
Ed il marchio scelto è stato CARBON, entrato in scena nel 2011 ad opera di una famiglia che da ben cinque generazioni produce champagne. Sede ufficiale a Reims ma
![]() |
Champagne |
con l’operatività a Champillon, Montagne de Reims, lato Vallée de la Marne.
Dal 2011 questo prodotto ha bruciato le tappe entrando nel firmamento dei Grandi Champagne.
Il CEO Alexandre Mea ha deciso da subito di legare Carbon al mondo delle quattro ruote sponsorizzando anche team privati come Rebellion nella 24H di Le Mans.
CARBON = Carbonio.
Altro collegamento per il marketing. La scocca di un bolide monoposto della F1 è in fibra di carbonio. Perché non collegare nome e veste all’elemento chimico? Carbon ha riservato per la sua bottiglia un materiale particolare: la stessa fibra usata per le macchine di F.1.
Ogni bottiglia viene avvolta in un foglio di carbonio (ha bisogno di una lavorazione artigianale di una settimana). Ogni bottiglia, dedicata alla premiazione di un Gran Premio, ha l’etichetta di un colore
![]() |
Rete in carbonio che avvolge la bottiglia |
differente, oro-argento-bronzo, a seconda della posizione occupata dal pilota che dovrà stapparla.
In vendita c’è una versione con elegante astuccio in carbonio che costa ben € 2.100.
Ma il vino merita? O è solo uno champagne convenzionale simile a tanti altri? Fenomeno da baraccone?
La gamma di etichette prodotta da Carbon si compone di quattro tipologie:
- l’Ascension brut (qui sono presenti tutte e tre le uve classiche della champagne),
- l’Ascension millesimato (base Pinot Nero e dosaggio dopo la sboccatura abbastanza contenuto),
- l’Ascension rosé (in prevalenza Chardonnay cui si aggiunge circa un 8% di Pinot Nero vinificato in fermo)
- il Blanc de Blancs Grand Cru 100% chardonnay. Attualmente in commercio c’è la vendemmia 2009, la prima uscita.
La permanenza sui lieviti non dura mai meno di tre anni e, sempre in cantina, è previsto l’utilizzo di legno in prima fermentazione (vin clair) per dare complessità aromatica e gustativa
In futuro sono previsti millesimati con permanenze maggiori sui lieviti. Tempo al tempo.
Al banco di Catwalk Champagne, il martedì frizzante del Merano Wine Festival, ho assaggiato due tipologie: l’Ascension brut (qui sono presenti tutte e tre le uve classiche della champagne e Blanc de Blancs Grand Cru 100% chardonnay. Che dire? Sono grandi champagne!
Riporto la filosofia della Maison. Utile per un approccio senza condizionamenti al fenomeno Carbon.
UN'OSSERVAZIONE TEMPESTIVA
(Rivolto al lettore). “Sei senza dubbio un grande appassionato di Champagne e appassionato di occasioni festive. O forse ti piacciono le feste, con o senza un accompagnamento frizzante. Forse sei un conoscitore dello Champagne, che preferisce l' intensità delle degustazioni organizzate. O un esteta audace ma di mentalità aperta, la cui curiosità è stata stimolata.”
IL SUO MANTRA È UN'EQUAZIONE.
“Una sapiente cospirazione tra esperienza, competenza tecnica e innovazione.”
NUMERO 6, COME IL CARBONIO.
“Un'identità atomica senza mezze misure per creare il colore della sua fusoliera. Un nero profondo, un multiplo non-colore, l'intersezione tra il desiderio inaspettato e profondo. Creare uno Champagne che afferra e poi trattiene l'attenzione richiede rigore assoluto. Un'esperienza di degustazione che cattura il pubblico può emergere solo attraverso la perseveranza e la creatività.”
![]() |
Urano Cupisti (a sin.) ed Helmut Köcher |
INCANTESIMO
“La ricerca di offrire qualcosa che faccia un incantesimo sui palati più esigenti richiede curiosità, umiltà e desiderio.”
ANDARE SEMPRE PIÙ LONTANO
“Cresciuto con un'infusione di conoscenza, competenza ed esperienza familiare. Carbon ha acquisito l'appetito di imparare sempre di più e andare sempre più lontano.”
PROSPETTIVE E DIMENSIONI.
“Creare un design di bottiglia in perfetta armonia con il prezioso elisir che contiene è una sfida costante. Accettare lo status quo sarebbe contrario alla nostra natura. Perché per Carbon, la degustazione di champagne è un'ascensione.”
VERSO IL TANGIBILE.
“La bottiglia deve invitarti ad esplorare altezze vertiginose, dove la degustazione diventa un'esperienza paradisiaca. Una sinfonia di note distinte e irresistibilmente incantevoli.”
PROLOGO
“Il prologo di Carbon inizia a nel villaggio di Champillon. La culla delle origini dello champagne come punto di partenza ha tutti gli attributi di una classica storia della Champagne: un vino nato nel cuore del terroir che porta il suo nome.”
L'ELISIR DI CARBONIO
Le mie considerazioni concordano con il pensiero della Maison. Non riesco a trovare parole diverse:
“Il suo colore non è tradizionale: un display cromatico. La sua effervescenza è piuttosto inusuale: una performance grafica e artistica. La sua gamma aromatica divide le opinioni: come una galleria d'arte moderna. Il suo gusto non è convenzionale: un'odissea cesellata che sfida il palato. Non c'è nulla di innocuo nel suo carattere: è un momento di verità il cui unico scopo è offrire un'esperienza che ti lascia vacillare di piacere”.
Ed Helmut Köcher, accanto a me al momento della stappatura, ha annuito. Chapeau!
Parlare di stile vegetariano in Russia e' molto difficile, perché la prima cosa che viene in mente è come sopravvivere alle condizioni climatiche di questo paese solo con prodotti vegetali. Eppure il movimento vegetariano in Russia in questi ultimi anni ha avuto un significativo aumento di interesse, e pensare che i primi aderenti a questo stile di vita in questo paese sono comparsi più di cento anni fa'.
Il rifiuto totale del cibo di origine animale e' giustificata dall'aspetto religioso durante I 40 giorni della Quaresima ortodossa, alcuni santi venerati della chiesa ortodossa sono vegetariani. La nascita del vegetarismo in Russia può risalire al 14esimo secolo.
Il digiuno durante la Quaresima consiste nell'escludere vino e alcolici, olio e proteine animali (carne, pesce, uova, burro, latticini) e nel consumare solo pane, pasta, riso, olive, ortaggi e verdure (cotte o crude), frutta fresca o conservata. Sono consentiti crostacei e molluschi che, come si dice, non sono considerati né carne e né pesce.
Le statistiche mostrano che il 55% dei russi e' favorevole al vegetarianismo, ma ancora non sono pronti a passare al cibo vegetale, mentre il 4% della popolazione e' vegetariana convinta. I giovani fino ai 24 anni sono i più convinti nell’ abbandonare i prodotti animali.
Naturalmente il conflitto tra chi è pro e chi è contro lo stile vegetariano esiste anche in Russia, sono molte le teorie addotte dalle due parti.
Abbandonando questa piccola prefazione sul vegetarismo in Russia, a Mosca dal 16 al 18 novembre si e' svolto il 5° anniversario della Fiera vegetariana: VEG-LIFE-EXPO.
Ogni anno circa 4.000 visitatori tra vegetariani e non affollano la fiera. Sono persone che cercano di tenere il passo con il tempo per uno stile di vita sano, per la salute, per la bellezza e per il cibo. Gli espositori sono produttori e fornitori di varie categorie di prodotti del settore.
Con 104 aziende in fiera sono stati esposti più di 2000 articoli: lo scopo ovviamente è stato quello di sviluppare sempre di più questo stile di vita e facilitarne l'acquisto dei prodotti: queste le sezioni della Fiera.
Alimentare: vari tipi di latte vegetale, colazioni salutari, frullati, superfoods, integratori, dolci, cioccolato, salsicce vegane, formaggi, oli, noci naturali e chi più ne ha più ne metta.
Salute: forza ed energia con i prodotti alimentari vegani: snack energetici, integratori alimentari, prodotti per lo yoga, fitness, pulizia del corpo e prodotti ayurvedici (la medicina ayurvedica mira ad allungare e migliorare la vita dell'essere umano in armonia con la natura).
Bellezza: cosmetici naturali, cosmetica decorativa ( trucco gratuito offerto a tutti), detergenti disintossicanti, cliniche che curano con la medicina orientale, trattamenti antinvecchiamento e consulenze naturopatiche (consultazioni dettagliate per approfondire lo stato bioenergetico, emotivo, mentale e fisico della persona)
Abbigliamento e accessori: scelta di eco-pelliccie, abbigliamento per fitness e yoga, gioielli fatti a mano, scarpe, casa, eco-tessile.
Attività alimentari-vegetariane offerte dai migliori caffé e ristoranti di Mosca; selezioni di piatti gourmet di pura genuinità.
Molte le attività collaterali: dagli esperti di cosmetica naturale che, a richiesta, hanno fatto il make-up ai visitatori, aiutandoli a scegliere i cosmetici più appropriati, agli Insegnanti di yoga che hanno svolto lezioni, presentazioni e seminari in tema per tutti i gusti.
Una fiera per conoscere meglio un altro stile di vita, forse più consono ai nostri bisogni. Mai come questo anno s’era verificata una così massiccia affluenza di persone di tutte le età.