L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni.


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Kaleidoscope (1382)

Free Lance International Press

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March 01, 2018

28059054 2118221158459788 3132799562692953787 nNell’ambito della XIII edizione del FESTIVAL TEATRALE EUROPEO  - XACTOR

"La Pizia profetava a casaccio, vaticinava alla cieca,
e poiché altrettanto ciecamente veniva creduta,
nessuno ci faceva caso se le sue profezie non si avveravano quasi mai,
o solo qualche rara volta…"

Friedrich Dürrenmatt 

 

E’ il mito fondante della psicoanalisi, quello che più di tutti ha condizionato per secoli il nostro immaginario collettivo attraverso trattati, letteratura, pittura e musica. Parliamo del mito di Edipo, lo sfortunato figlio del re Laio e della regina Giocasta, che uccide senza sapere chi sia il vecchio re, e ne impalma la vedova diventando re a sua volta. E questo sarebbe il mito di riferimento cui si ispira lo spettacolo Pannichys. Ma chi è costei? Si tratta di una Pizia, o meglio una portavoce dell’oracolo, e in questo caso anche delle predizioni del famigerato Tiresia, il divinatore privo di vista che il mito vuole fatto accecare da Giunone. I greci credevano ciecamente, è il caso di dirlo, nelle predizioni delle pizie, senza distinzione di ceto: popolo e nobili, sovrani e generali, tutti consultavano l’oracolo prima di un’impresa, per capire il senso di disgrazie naturali, per avere indicazioni e consigli anche sulla vita familiare. Ma questa storia nello spettacolo in questione, mette seriamente in dubbio la veridicità di quanto è stato predetto e poi vaticinato. Pannichys infatti, giunta alla fine della sua vita, come fanno tanti anziani, si libera finalmente dai vincoli formali, e diffonde la sua verità. In realtà ha vaticinato a caso, tanto per dare delle risposte agli angosciati abitanti di Tebe vittime di una terribile pestilenza, e anche per divertirsi alle spalle dei creduloni. Così tutto si ribalta, tutto prende un significato diverso, una diversa prospettiva. E i primi ad essere spiazzati sono i protagonisti della vicenda: Edipo e Giocasta che tornati dall’aldilà, sono i primi ad essere sorpresi. In scena, tanto per complicare le cose c’è anche la Sfinge, che racconta la sua verità, e Tiresia, ingannatore ingannato, che confessa di non essere mai stato cieco.

Geniale la trovata di far parlare i vari personaggi in dialetto: un Edipo napoletano, una Giocasta calabrese, una Pannichys che sciorina in siciliano le sue sagge considerazioni con malcelata ironia. D’altronde si sta parlando di un mito mediterraneo, e non erano queste regioni parte della Magna Grecia?

Ma nella volontà dell’autrice, che si è ispirata a Durrenmatt, il vero protagonista della storia è il dubbio, e questo oltre a spiazzare e divertire gli spettatori, dovrebbe far riflettere sullo smarrimento umano, e quanto mai attuale, dinanzi al crollo di certezze, o ideali che appaiono immutabili. L’incertezza è alla base della vita umana, e una univoca verità non esiste. Inutile perdere la vita a cercarla. Questo ci riconduce al pirandelliano “Così è se vi pare”, parlando di un grande autore mediterraneo, certamente influenzato come molti della sua generazione dalle teorie freudiane.

La regia briosa, l’affiatamento degli attori, tutti “in parte e talentuosi”, è evidente e fa di Pannichys uno spettacolo davvero godibile. Tournèe previste in varie città, tra le prossime date: Malborghetto per la rassegna Teatri di Pietra, e Volterra, ospite del Festival Internazionale del Teatro Romano.

 

con

Annamaria Guzzio Pannichys

Paolo Gatti Tiresia

Clif Imperato Edipo

Camilla Cuparo Giocasta

Valentina Tramontana Sfinge

Davide Campenni ’Militto

Regia di Mariagiovanna Rosati Hansen

Ispirato alla novella di Friedrich Dürrenmatt

Luci nel Blu”, la manifestazione scientifico - culturale ideata e promossa dal Presiedente dell’Associazione Nautilusncr.it, Salvo Cacciola, continua la propriadivulgazione grazie al successo e alla sempre calorosa accoglienza ricevuta dagli Istituti di ogni ordine e grado in particolare dalla dirigente degli Istituti (Alberghiero IPSEOA) "Tor Carbone" e "Peano" (Scientifico), la dott.ssa Cristina Tonelli. E ciò grazie anche alla partecipazione dei relatori dei più importanti Istituti di

Ricerca Scientifica Italiani, CNR, ENEA, ISPRA, INGV ed così via. Le richieste di collaborazione da da parte di Istituti Pubblici e Privati pervengono sempre piùnumerose.

Dopo le scuole di Anzio e della Sicilia, “Luci nel Blu” ha fatto tappa a Roma, presso l’ Istituto Scientifico “Peano” e l’Istituto Alberghiero IPSEOA “Tor Carbone”.

Il primo intervento all’ Istituto Scientifico “Peano” è toccato alla nostra Marina Militare per bocca del Tenente di Vascello Simone Pitto e del Maresciallo Biagio Nappi che hanno illustrato la procedura di arruolamento. Grande interesse manifestato dagli studenti e dai professori anche per l’Unità Mobile della stessa Marina Militare con a bordo il I° Maresciallo Vincenzo Mingolla e il sig. Sergio Pro.

A seguire Mauro Cappelli, ricercatore dell’ENEA, ha spiegato i concetti della Fusione e della Fissione nucleare, argomento attuale e sempre caldo dal punto di vista politico e sociale; Sandro Torcini, ricercatore dell’ Unità Tecnica Antartide ENEA, ha raccontato della propria esperienza di attività di ricerca in Antartide; Stefano Urbini, ricercatore del ‘INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia) ha spiegato come viene vissuto e gestito il Cambiamento Climatico galoppante di questi anni dalla base di ricerca situata in Antartide e, per concludere, il Presidente Salvo Cacciola ha esposto la storia del prosciugamento del lago di Aral, seconda peggiore catastrofe causata dall’ uomo, dopo Chernobyl, grazie alle informazioni e alle ricerche svolte sul campo.

Il secondo appuntamento presso l’Istituto Alberghiero di “Tor Carbone” ha visto l’importante partecipazione del professor Roberto Verna, ordinario di Patologia Clinica e direttore del Centro per la Medicina e il Management dello Sport presso l’Università “La Sapienza” di Roma, che ha spiegato storia, caratteristiche e benefici del cioccolato, alimento che tutti mangiamo senza però soffermarci sulle reali qualità.

Sulla scia della cultura del cibo si sono poi innestati i preziosi contributi della dott.ssa Federica Nicolò, esperta della valorizzazione e promozione del Patrimonio storico, letterario e artistico, la quale ha parlato della storia e del folklore degli Antichi Romani a tavola; della dott.ssa Elisa Sfasciotti, direttrice delle ENUIP (Ente Nazionale UNSIC Istruzione Professionale) che ha presentato il lavoro del proprio istituto e la promozione di corsi professionali per assaggiatori di olio vergine ed extravergine, con relativo rilascio di un attestato riconosciuto dalla Regione Lazio; infine il dott. Christian Battistoni ha parlato di eventi organizzati per

Uzbekistan 2 
 In collegamento con la repubblica Uzbeka

la degustazione di vino per presentare la Social App “Glu Glu Wine”.

Il fiore all’occhiello degli appuntamenti è stato il collegamento via Skype promosso dal Presidente Cacciola che ha dato la possibilità di interaggire con alcuni responsabili delle istituzioni scolastiche pubbliche e private della repubblica dell' Uzbekistan, entusiasti di condividere le loro esperienze con i nostri Istituti.

February 27, 2018

21 feb 2018 — C’è un partito che, anche se non compare, partecipa di fatto alle elezioni italiane: il Nato Party, formato da una maggioranza trasversale che sostiene esplicitamente o con tacito assenso l’appartenenza dell’Italia alla Grande Alleanza sotto comando Usa.

Ciò spiega perché, in piena campagna elettorale, i principali partiti hanno tacitamente accettato gli ulteriori impegni assunti dal governo nell’incontro dei 29 ministri Nato della Difesa (per l’Italia Roberta Pinotti), il 14-15 febbraio a Bruxelles.

I ministri hanno prima partecipato al Gruppo di pianificazione nucleare della Nato, presieduto dagli Stati uniti, le cui decisioni sono sempre top secret. Quindi, riunitisi come Consiglio Nord Atlantico, i ministri hanno annunciato, dopo appena due ore, importanti decisioni (già prese in altra sede) per «modernizzare la struttura di comando della Nato, spina dorsale della Alleanza».

Viene stabilito un nuovo Comando congiunto per l’Atlantico, situato probabilmente negli Stati uniti, allo scopo di «proteggere le linee marittime di comunicazione tra Nord America ed Europa». Si inventa in tal modo lo scenario di sottomarini russi che potrebbero affondare i mercantili sulle rotte transatlantiche.

Viene stabilito anche un nuovo Comando logistico, situato probabilmente in Germania, per «migliorare il movimento in Europa di truppe ed equipaggiamenti essenziali alla difesa». Si inventa in tal modo lo scenario di una Nato costretta a difendersi da una Russia aggressiva, mentre è la Nato che ammassa aggressivamente forze ai confini con la Russia. Su tale base saranno istituiti in Europa altri comandi della componente terrestre per «migliorare la risposta rapida delle nostre forze».

Previsto anche un nuovo Centro di Cyber Operazioni per «rafforzare le nostre difese», situato presso il quartier generale di Mons (Belgio), con a capo il Comandante supremo alleato in Europa che è sempre un generale Usa nominato dal presidente degli Stati uniti.

Confermato l’impegno ad accrescere la spesa militare: negli ultimi tre anni gli alleati europei e il Canada l’hanno aumentata complessivamente di 46 miliardi di dollari, ma è appena l’inizio. L’obiettivo è che tutti raggiungano almeno il 2% del pil (gli Usa spendono il 4%), così da avere «più denaro e quindi più capacità militari». I paesi europei che finora hanno raggiunto e superato tale quota sono: Grecia (2,32%), Estonia, Gran Bretagna, Romania, Polonia.

La spesa militare dell’Unione europea – è stato ribadito in un incontro con la rappresentante esteri della Ue Federica Mogherini – deve essere complementare a quella della Nato.

La ministra Pinotti ha confermato che «l’Italia, rispettando la richiesta Usa, ha cominciato ad aumentare la spesa per la Difesa» e che «continueremo su questa strada che è una strada di responsabilità». La via dunque è tracciata. Ma di questo non si parla nella campagna elettorale.

Mentre sull’appartenenza dell’Italia all’Unione europea i principali partiti hanno posizioni diversificate, sull’appartenenza dell’Italia alla Nato sono praticamente unanimi. Questo falsa l’intero quadro.

Non si può discutere di Unione europea ignorando che 21 dei 27 paesi Ue (dopo la Brexit), con circa il 90% della popolazione dell’Unione, fanno parte della Nato sotto comando Usa. Non si possono ignorare le conseguenze politiche e militari – e allo stesso tempo economiche, sociali e culturali – del fatto che la Nato sta trasformando l’Europa in un campo di battaglia contro la Russia, raffigurata come un minaccioso nemico: il nuovo «impero del male» che attacca dall’interno «la più grande democrazia del mondo» con il suo esercito di troll.

 

(il manifesto, 20 febbraio 2018)

Pane, Vino e Olio Santo... tutti rigorosamente avvelenati da Pesticidi o modificazioni genetiche. E il Vescovo del Pro-secco? ...ci rimarrà secco anche lui se non smette di usar pesticidi sui propri vigneti.
Perché non seguire i consigli dell'Enciclica "Laudato sì" di Papa Francesco...

 

 

Qualche notte fa alla Rai notte con il buon Mensurati, dopo li giornale radio di mezzanotte, si parlava di prosecco ...ho provato a spiegare che solo il sistema biologico risolve i problemi di mercato, salute e ambiente.
Utilizzando i fondi europei disponibili per pagare ai viticultori biologici le minori rese (fino al 40%), i maggiori costi per manodopera e cure biologiche, più un 20% per i costi burocratici, più un 30% laddove i Sindaci dichiarano i territori biologici attivando un'azione collettiva a immenso beneficio territoriale, dal momento che proprio per la disponibilità di questi fondi obbligatori e prioritari, sufficienti per tutta l'agricoltura italiana, non vi sono ostacoli di natura economica alla riconversione biologica e alla tutela della salute ambientale.

Abbiamo tutto a disposizione e non lo usiamo... Anzi, spesso usiamo questi fondi agroambientali europei per l'esatto opposto cui sono destinati, ovvero regalandoli ad agricoli che acquistano pesticidi secondo un elenco di sostanze chimiche ammesse molto superiore all'uso convenzionale, attraverso quella che viene chiamata agricoltura integrata (che dovrebbe altresì integrare tutte le tecniche alternative ai pesticidi chimici), mentre invece è una semplice lotta chimica "guidata" dagli interessi dei venditori di Pesticidi.
Pratica oltretutto obbligatoria e che pertanto non può godere di fondi agroambientali europei erogati per impegni facoltativi degli agricoltori a fronte di un beneficio ambientale e sanitario collettivo.
In osservanza all'art. 3, comma 2 della Costituzione italiana che obbliga alla rimozione degli ostacoli ai fini della realizzazione sociale dell'attività economica. Socializzando appunto i costi della riconversione biologica dell'agricoltura per il bene nostro e dei nostri figli.

15 miliardi all'anno sono disponibili per l'agricoltura italiana dal 2018 al 2020 ne bastano 7 per riconvertirla tutta alla produzione biologica Mentre, invece, tra poco solo l'Italia userà pesticidi tra Governatori del Cancro e Sindaci dei Cimiteri ...col Vescovo, innaturalmente, per l'estrema unzione.

Brindiamo alla salute dei vivi e sani con prosecco biologico per il recupero del paradiso terrestre... ...trasformato in inferno dalla stupidità umana.

Metodo scientifico rigoroso per arrivare a risultati, che sono frutto di un intenso lavoro di gruppo. È su questi binari che la scienza deve muoversi quando fa ricerca sulle cause del cancro, “fuori da ogni conflitto d’interesse”: un ragionamento che valeva quando era il fumo a essere al centro del dibattito scientifico, che vale per l’asbesto e anche per il glifosato, sulla cui pericolosità oggi ancora si discute. Anche in questo caso, a dispetto di tutto “saranno i risultati scientifici evidenti in modo chiaro a sgombrare il campo da ogni dubbio”.

Ne è convinto Kurt Straif, direttore della sezione monografie di Iarc (International agency for research on cancer), un organismo indipendente, nato nel 1965 e che oggi conta 25 paesi in cui ha sedi e che fa, appunto, dell’indipendenza della ricerca e del rigore il suo baluardo. La scuola di specializzazione di Oncologia medica del Policlinico Sant’Orsola di Bologna, insieme all’Istituto Ramazzini, lo ha invitato a raccontare il lavoro della Iarc e, nello specifico, della sezione “monografie” che Straif dirige, sulle cui ricerche si basano le agenzie nazionali e internazionali della salute. Noi lo abbiamo intervistato.

Dottor Straif, lei ha detto più volte durante la sua lezione di non voler nominare quella cosa, ma crediamo che la gente abbia il diritto di sapere come finirà la battaglia sul glifosato.

Siamo scienziati ed esperti nell’identificazione delle cause del cancro e per noi il messaggio deve essere quello di sostenere le conclusioni a cui arriva il gruppo di lavoro che, in questo caso ha stabilito che il glifosato è probabilmente cancerogeno per gli umani: abbiamo una chiara evidenza nel caso degli animali, una limitata per ciò che riguarda gli uomini. Sebbene Abbiamo un’evidenza ad oggi ancora limitata sulla cancerogenicità per gli esseri umani ma sappiamo che probabilmente è dannoso. Anche i dati cosiddetti meccanici ne rilevano la tossicità. Come scienziati possiamo dire con forza che nel medio termine emergerà l’evidenza scientifica in modo netto.

Nel frattempo, cosa si fa? La Monsanto non sembra dare segni di cedimento..

Noi abbiamo cercato di comunicare a un livello scientifico, ma sono usciti articoli molto generici che criticavano il lavoro svolto da Iarc. Così abbiamo risposto spiegando che gli scienziati della Iarc si posizionano “dietro” il metodo scientifico e i risultati a cui approda il lavoro di gruppo. La mancanza di risorse ha certamente messo in difficoltà la nostra capacità di comunicare in modo diffuso e forte questi concetti affinché fossero di dominio pubblico, ma non è facile quando dietro a certe posizioni ci sono anche tanti interessi... Sono state fatte nei nostri confronti delle accuse false ma noi, ad un certo punto, invece che rispondere direttamente, abbiamo scelto di pubblicare sul nostro sito una spiegazione molto chiara per documentare come le questioni originali e i responsi originali sono stati fraintesi, manipolati contro la Iarc. Lo abbiamo fatto in un’ottica di trasparenza e chiunque può leggere.

Come ha agito la Monsanto?

Quello che ha fatto la Monsanto è stato fare uscire, ancora prima che la Iarc fosse arrivata alle conclusioni definitive del lavoro, una loro ricerca tesa proprio ad andare con forza contro le conclusioni a cui noi saremmo arrivati, mettendo insieme i loro scienziati e i loro avvocati – con l’appoggio di industrie amiche e vicine a cui hanno chiesto di sottoscrivere le loro relazioni. Hanno pianificato una strategia anticipando le valutazioni della Iarc. Ciò significa che sapevano in anticipo quale fosse l’evidenza scientifica e cosa fare contro di essa. Questo è uno dei tanti esempi. Tuttavia, sono ottimista. In fondo la terra è solo un pianeta che gira nell’universo, uno dei tanti. La ricerca deve proseguire e credo che la ragione scientifica prevarrà.

 

da il SALVAGENTE

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Frammenti che orbitano qua e là, individuati, carpiti; li commento e condivido con voi.

La Riflessione!

L’”abbuffata” delle Anteprime è terminata. Amarone, Consorzi toscani, Chianti Lovers, Chianti Classico, Vernaccia di San Gimignano, Nobile di Montepulciano, Benvenuto Brunello e Sagrantino di Montefalco. Vendemmie da cinque stelle, scontate come da copione, alle quali ormai nessun più crede. Motivazioni diverse ma tutte orientate verso il penta-giudizio. Fiumi di numeri a non finire tutti dimostranti successi interpretativi. Osservo i comunicati stampa del dopo, li confronto con quelli degli anni precedenti custoditi come se fossero reliquie e, sorpresa (mica tanto), uguali, identici, medesimi tra loro.

Non stiamo facendo del bene al vino.

Preferisco di gran lunga quanto riferitomi da un vignaiolo della Valpolicella mentre assaggiavo un suo 2014:”È stata un’annata difficile, dove spesso ho dovuto trascorrere le notti in vigna. Ce l’ho fatta a portare a casa un piccolo risultato consapevole del “valore” di questa mia impresa”. Chapeau!

Frammento n. 1

I numeri che ti lasciano basito

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Dai tappi si capisce quante bottiglie apriamo nel corso di una vita. Ricerca scientifica ad opera di Uncorked Life, azienda all’avanguardia nella ricerca di chiusure per il settore vinicolo ed alimentare. 3.798 bottiglie per ciascuno suddivise in vini bianchi, rossi, spumanti distillati e birre. Ha vinto alla grande la birra con il doppio dei tappi stappati sul vino. In verità la ricerca è un’altra. Dai tappi per arrivare al consumo di alcool. Ecco, adesso l’indagine assume un connotato più credibile. La conclusione? Ogni persona totalizza un consumo di alcool nella vita pari a 542 lt. Sbalordito, impietrito, semisvenuto!

Frammento n. 2

downloadSolforosa sì, solforosa no.

Non dico da sempre, ma in questi ultimi anni l’uso della solforosa è al centro di studi, dibattiti e prese di posizioni che spesso hanno e portano a “scontri”, a volte pesanti tra enologi, produttori e soloni vari (quest’ultimi molto pericolosi). La nota Fondazione Mach, Università di Trento e Centro agricoltura presso l’Istituto di San Michele all’Adige, ha pubblicato una ricerca su aspetti finora sconosciuti delle reazioni nei vini dell’anidride solforosa. La ricerca entra nel merito con dati e conduzioni che porterebbero ad una futura enologia di precisione. Quindi studi e applicazioni, non demonizzazioni. Vale a dire che la solforosa la dovremo sopportare ancora per lungo tempo.

Frammento n. 3

Cibo e Vino elevati a patrimonio nazionale.2018 01 12 22 58 26 Presentazione Treccani Gusto con Qualivita on Vimeo

È nata Treccani Gusto. Forse è una notizia che non farà clamore ma per i cultori del cibo e del vino, SÌ. Evento che coincide con l’anno nazionale del Cibo italiano, il 2018, proclamato dai Ministeri dei beni Culturali e delle Politiche Agricole. Elevare il cibo, il vino e ulteriori prodotti dell’agricoltura nazionale allo stesso livello di altri tesori italiani come l’arte, la cultura, il paesaggio. Progetto editoriale promosso dall’Enciclopedia Treccani per lanciare una nuova immagine dell’Italia con le sue eccellenze enogastronomiche in un contesto internazionale.

Frammento n. 4

IMG 2175Quando un cibo benefico suona come offesa.

“Trunzu di Aci”. In realtà è anche un epiteto con il quale gli abitanti di Catania prendono in giro (si fa per dire) quelli di Acireale. Il Trunzu altro non è che una varietà di cavolo rapa coltivato nelle campagne intorno ad Acireale, Aci appunto. Alimento antitumorale (prevenzione), detossificante, dall’alto contenuto di vitamine e minerali. Due raccolti l’anno, in primavera ed autunno ed ingrediente di numerose ricette di quel territorio. Presidio Slow Food dal 2012. Chissà, presto troveremo nei menù dei ristoranti stellati pasta con trunzettino di Aci cotto al vapore. Fantasia dello Chef.

Osservo, scruto, assaggio e…penso.

Troppi medici specialisti furbetti che pensano più ai loro interessi che ai pazienti. Intanto, nei prossimi 5 anni i medici di base tenderanno a sparire, per mancata programmazione da parte del ministero della Sanità.

Dunque, specialisti che operano nel privato, in cliniche e studi, che quando hanno a che fare con un paziente, si preoccupano subito di come poterlo spennare, anche perché negli ospedali le cose non vanno affatto bene.

Prenotazioni che viaggiano a passo di lumaca, per cui chi può si rivolge alle strutture private, convenzionate o non.

E così capita che si vada dall’oculista, dove viene diagnosticata una cataratta, e suggerito l’intervento in una clinica dove si appoggia.

Allora si risponde che è meglio andare all’Oftalmico. La risposta è lapidare : “ ci vorrà almeno un anno prima dell’intervento”. Si risponde, facendo il finto tonto : “ Va bene, intanto mi dia le lenti più idonee alla vista”. E così, come per incanto, si ritorna a vedere perfettamente.

Per non parlare degli urologi, dove, gira e rigira, tutti vogliono subito effettuare la biopsia prostatica, per un presunto nodulo od ispessimento della superficie ghiandolare, anche in presenza di un’ecografia, che invece sentenzia di curare la prostatite, e che non vi sono presenze di noduli.

Poi, non si dice se si effettua un prelievo transrettale o con ago da altra parte ( randoom) con punture a casaccio che non servono a nulla. Però si paga. E questo è l’importante.

Ma di una eventuale cura per la prostatite, non se ne parla affatto. Qualcuno azzarda il Prostamol , sponsorizzato sui media, che però non è un curativo, ma solo paliativo, per far fare cassa alla casa farmaceutica che lo produce.

Di prodotti efficaci per la cura, invece, ne esistono, come il Prostalgene , prodotto e venduto negli Usa, come dei cerotti cinesi, prodotti in Olanda,ProstaPlast, ma non disponibili in Italia.

Dunque, ecco solo alcuni esempi di come viaggia la sanità privata, adatta più ai polli da spennare che agli esseri umani.

Intanto si è accesa la miccia sui medici di base. Nei prossimi 10 anni ne andranno in pensione 30.000 , mentre le nuove leve ammontano a 900 l’anno. Se ne deduce che mancheranno all’appello oltre 21.000 unità. Inimmaginabile? No realtà.

E gli sfasci della sanità pubblica e privata, a chi si denunciano? Manca un call center nazionale di riferimento a cui esporre denunce e malversazioni, per cui tutto continuerà a peggiorare.

Chiudiamo sulla malasanità con un ultimo caso segnalatoci qualche giorno fa. Un uomo ricoverato per rottura del femore all’ospedale di Velletri è stato tenuto su di un lettino in astanteria per sei giorni. Poi, operato, dopo due giorni è deceduto.

Le strutture sanitarie e medici, naturalmente, non pagheranno mai le loro inadempienze, come, d’altronde, anche i vertici delle banche che hanno dissanguato gli investitori, Poste comprese.

I pareri sulla cancerogenicità e genotossicità del glifosato, impiegati dalle autorità di regolamentazione europee e statunitensi, sono direttamente sponsorizzati dall’industria e contengono gravi difetti scientifici

– Tra il 2012 e il 2016 Monsanto e altre aziende dell’agribusiness hanno finanziato e promosso la pubblicazione di recensioni scientifiche che sostenessero la non cancerogenicità o genotossicità del glifosato e delle sue formulazioni. Pareri le cui conclusioni sono state falsate tramite l’omissione di dati rilevanti o la loro classificazione come “risultati casuali non significativi”. E nella maggior parte delle valutazioni, l’approccio impiegato evita accuratamente la forza probante dei dati, escludendo linee di evidenza complementari. Come se questo non bastasse a portare l’ago della bilancia a favore delle aziende, tali recensioni hanno assegnato anche un maggior peso agli studi condotti dalle industrie e non pubblicati, piuttosto che a quelli pubblicati in riviste scientifiche specializzate dopo un severo processo di valutazione (peer-reviewed). 

L’accusa arriva dal nuovo rapporto “Glyphosate and cancer: Buying science”, rilasciato oggi dall’associazione ambientalista austriaca GLOBAL 2000. Il documento, redatto con il contributo di Avaaz, BUND, Campact, CEO, GMWatch, Pesticide Action Network (PAN) e l’istituto ambientale di Monaco di Baviera, spiega come la letteratura scientifica a sostegno del controverso erbicida, sponsorizzata dall’industria di settore per mantenere la formula sul mercato, abbia influenzato i regolamenti statunitensi ed europee in materia.

A differenza dell’Agenzia di ricerca sul cancro (IARC) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che non considera questi articoli di revisione (e che ha bollato il glifosato come “probabilmente cancerogeno”), l’Agenzia per la Protezione Ambientale USA (EPA), l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) e l’Agenzia europea delle sostanze chimiche (ECHA) vi fanno diretto riferimento per valutare i rischi per la salute connessi all’utilizzo di agenti pesticidi ed erbicidi. Ma la reticenza mostrata da sempre da queste  autorità alle richieste di mostrare i dati impiegati nella valutazione, ha contribuito nel tempo ad aumentare i sospetti di pesanti ingerenze da parte dell’agribusiness. 

Come sottolinea il titolo stesso del report, molti degli autori di queste recensioni hanno conflitti di interesse con l’industria o con organismi collegati al settore. Alcuni sono legati all’Istituto Internazionale di Scienze della Vita (ILSI), un’organizzazione finanziata anche da società che producono erbicidi, come Monsanto, Dow e BASF, e il cui lavoro è quello sviluppare e promuovere test e metodi di valutazione del rischio.

I produttori di glifosato hanno ingannato le autorità di regolamentazione di tutto il mondo in ogni modo per minimizzare gli effetti allarmanti del glifosato sulla salute. Il fatto che le agenzie abbiano accettato la loro ‘assistenza’ è niente di meno che uno scandalo “, spiega il biochimico Helmut Burtscher, uno degli autori dello studio.

La posizione dell’EFSA è ormai da tempo arroccata sulla non cancerogenicità del glifosato. Posizione condivisa ora anche dall’ECHA che, nella sua valutazione, classifica l’erbicida unicamente come dannoso per gli occhi e tossico per gli organismi acquatici con effetti duraturi.

Due posizioni che pesano moltissimo sulla decisione che dovrà prendere la Commissione Europea in merito al rinnovo o meno della licenza al glifosato

Le organizzazioni che presentano il report “Buying Science” sono tra i promotori dell’Iniziativa dei Cittadini Europei “Fermiamo il Glifosato” che oggi – come parte dei suoi obiettivi  – richiede alla Commissione europea di “garantire che la valutazione scientifica dei pesticidi per l’approvazione regolamentare dell’UE si basi unicamente su studi pubblicati, che siano commissionati dalle autorità pubbliche competenti anziché l’industria dei pesticidi”. “Le decisioni sul futuro del glifosato – conclude  Burtscher dovrebbero essere guidate dalla revisione indipendente delle prove da parte della IARC.”

February 11, 2018
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 Erdogan (a sin.) con Mattarella

Dalla sua entrata nell'Organizzazione del trattato dell'Atlantico del Nord (NATO), Ankara è passata dal profilo di alleato mansueto e utile a quello di partner indispensabile; ora, forte della sua posizione e delle relazioni tattiche con Russia e Iran, il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan presenta il conto ai suoi vecchi alleati

 

L'operazione Ramo di ulivo, lanciata dalla Turchia nella regione siriana di Afrin nella notte tra il 19 e il 20 gennaio, ha sostanzialmente due finalità strategiche. Erdoğan infatti intende da un lato affermarsi sullo scenario politico interno come l'unica figura in grado di difendere i confini della Turchia e la sicurezza nel suo territorio, dall'altro imporsi come interlocutore indispensabile nel futuro assetto strategico dell'intera regione. Ambiguità e pragmatismo, con cui Ankara ha dato una veste di legittimità alle sue aspirazioni egemoniche, le hanno consentito di costruirsi un ruolo di attore di primo piano tra i Balcani e il Medio Oriente sin dai tempi della guerra fredda. Gia nel 1950, l'anno successivo alla fondazione della NATO, la Turchia contribuì con 5.000 uomini al contingente dell'Organizzazione delle nazioni unite (ONU) a guida statunitense impegnato nella guerra tra le due Coree, che si concluse nel 1953. Fu questo il “pagamento anticipato” dell'ingresso nell'Alleanza atlantica, avvenuto ancor prima della fine del conflitto, nel 1952. Una decisione che causò una svolta nella politica estera turca, che il padre della patria Atatürk immaginava orientata essenzialmente all'area eurasiatica, quindi tesa a stabilire buone relazioni con l'Unione Sovietica. Tale cambiamento (che non comportò una rottura completa delle relazioni con Mosca) permise alla Turchia di potenziare il proprio esercito grazie al sostegno della NATO, ma soprattutto di Washington, con cui Ankara stabilì relazioni bilaterali solide. Infatti, il dominio sovietico sul Mar Nero rendeva indispensabile per il blocco occidentale il controllo degli Stretti, che il Trattato di Losanna del 1923 aveva assegnato alla Turchia.

 

Tale strategia ebbe il suo coronamento a partire dagli anni '90 del XX secolo, dopo il crollo dell'Unione Sovietica, nei due decenni in cui la Cina rimase sostanzialmente estranea alle dinamiche che posero le basi del nuovo (dis)ordine mondiale, i cui esiti disastrosi hanno nel conflitto siriano la loro manifestazione più evidente. Nel ventennio tra anni '90 e primi anni 2000, la Turchia si impose di fatto come pedina indispensabile del controllo statunitense nei Balcani e in area caucasica, facendo leva nel primo caso sui legami culturali e religiosi con le popolazioni musulmane, nel secondo sui legami “etnici” con gli azeri. In tal modo ottenne da sola, nell'ambito della globalizzazione, lo stesso peso geopolitico dell'Unione Europea, concepita inizialmente come strumento per impedire eventuali tentativi di espansione sovietica a Ovest, poi (a partire dal trattato di Maastricht del 1992) come mediatore in vista dell'estensione del sistema di alleanze USA. Un piano strategico nel quale la Germania avrebbe dovuto gestire la “transizione” nei paesi dell'Europa orientale, mentre la Francia avrebbe dovuto curare i rapporti con la sponda meridionale del Mar Mediterraneo. Nondimeno, dal momento in cui Washington si impose come unica potenza mondiale, l'ONU, fondata dopo la seconda guerra mondiale per limitare al massimo il diritto di ricorrere alla guerra per dirimere i conflitti, divennero sempre più manifestamente mezzi per stabilire il suo controllo americano su regioni un tempo a vario titolo comprese nella sfera di influenza sovietica.

 

Se la Turchia può rimproverare agli USA di sostenere quelli che considera i “terroristi” delle Unità di difesa popolare siriane (YPG curde) è quindi anzitutto a causa della perdita di credibilità degli organismi sovranazionali, in primis dell'ONU, le cui risoluzioni acquistano un'efficacia direttamente proporzionale alla loro utilità per Washington e i suoi alleati, e dell'Unione Europea. In secondo luogo, Ankara può facilmente trarre profitto dalla linea dei “due pesi e due misure” adottata da Europa e USA nelle relazioni internazionali. Tale linea è divenuta particolarmente evidente dagli anni '90, quando gli Stati Uniti, rimasti l'unica potenza mondiale dopo la caduta dell'URSS, hanno di fatto modificato le regole internazionali sul ricorso alla guerra stabilite dalla Carta dell'ONU nel 1945. Uno sviluppo di cui è particolarmente responsabile il governo USA di William Jefferson Clinton (1993-2001), che attribuì alla Turchia il ruolo di “gendarme” della globalizzazione nei Balcani (di concerto con la Germania) e in Medio Oriente. In quest'ultimo scenario, tra i maggiori disastri provocati dal monopolarismo mondiale a guida statunitense spiccano la libertà di Israele di ignorare le risoluzioni ONU e le difficili condizioni del popolo curdo. Per il primo caso basti citare che l'iniziativa del presidente USA Donald John Trump di riconoscere Gerusalemme come capitale dello Stato di Israele affonda le sue radici in una legge approvata dal Congresso nel 1995 (che autorizzava il trasferimento della rappresentanza diplomatica di Washington da Tel Aviv a Gerusalemme). Nel secondo caso, il sostegno statunitense alle forze curde siriane delle Unità di difesa popolare (YPG) nella guerra contro i cartelli del jihad non solo non ha impedito che la Turchia le prendesse come obiettivo delle operazioni militari lanciate nel gennaio scorso, anzi, al contrario, viene utilizzato da Ankara come strumento di pressione sugli Stati Uniti. Il governo turco infatti ha invitato domenica scorsa Washington a “recuperare le armi inviate ai terroristi”, da una posizione di forza: il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), cui sono affiliate le YPG in Siria, è nella lista delle organizzazioni terroristiche non solo in Turchia, ma anche negli Stati Uniti e in Europa. Inoltre, l'alleanza recentemente stipulata con Mosca e Tehran per la gestione dei colloqui di pace tra le fazioni in guerra in Siria ha aumentato il peso di Ankara nella regione.

 

Così, Erdoğan con l'operazione Ramo di ulivo sta tentando di imporre il proprio ruolo nei Balcani e in Medio Oriente, non più come gendarme degli USA ma come soggetto politico con una propria visione strategica. Nei Balcani devastati dalle politiche miopi di Bruxelles e Washington esercita un controllo culturale attraverso la fondazione e il finanziamento di moschee e centri islamici. In Siria invece punta a privare i curdi del controllo dei loro territori e di un qualsiasi peso politico in futuri negoziati di pace. Domenica il presidente turco ha sottolineato per l'ennesima volta la continuità tra Impero ottomano e attuale Repubblica di Turchia, ossia quella rinata dopo il rocambolesco tentativo di colpo di stato del 15 luglio 2016, unita attorno al “nuovo” padre della patria, che mira a garantire l'unità del paese (che in realtà significa repressione del dissenso) e la sua sicurezza interna ed esterna (contro i nemici del PKK). Domenica scorsa il Partito democratico dei popoli (HDP, partito turco filo-curdo) ha eletto i suoi nuovi due dirigenti, visto che poche sono le speranze di liberare dal carcere i precedenti. Messa a tacere ogni dialettica istituzionale, il nuovo sultano presenta il conto ai vecchi alleati.

February 07, 2018

gdsgdgSalvini: "Un obbligo di 6-8 mesi, ragazzi e ragazze potranno scegliere se farlo civile o militare. Meglio militare: educa all'uso delle armi, evitando disastri come quello di Macerata. E integra chi è venuto dall'altra parte del mondo crescendolo nell'amore per l'Italia". 

 

Si leggono sui quotidiani le dichiarazioni di intenti del leader della Lega Salvini circa la reintroduzione del servizio di leva obbligatorio: insomma, come dice un noto scrittore americano "A volte ritornano". Le opinioni non possono essere che discordanti. Chi vorrebbe andare a fare la naja al giorno d'oggi? Pochini fra i nostri ragazzi credo. Da molti si dice che il servizio militare sia tempo gettato alle ortiche. La vita è tanto comoda in casa con mamma e papà, no? Meglio tirare a campare, fare i bamboccioni che crescere quasi di colpo. Meno rogne, meno regole, meno, anzi, assolutamente niente disciplina. Guardate che qui non sto affatto propugnando le idee del buon Salvini che il militare l'ha fatto e proprio in quella caserma milanese oggi adibita a ricovero o rifugio migranti, la caserma Montello. Però… però qualche ragione l'ha pure quando dice che la Naja militare "Educa a un uso responsabile consapevole dell'arma, come avviene in Svizzera, anche per evitare i disastri che vediamo in questi giorni e quando sei in camerata non conta nulla dove sei nato. E un servizio di leva obbligatorio, civile o militare ma soprattutto militare, aiutarebbe l'integrazione di ragazzi che sono venuti qui dall'altra parte del mondo e che cresceranno con l'amore per l'Italia. Credo poi – Continua Salvini - che per i nostri ragazzi sia meglio battagliare in Parlamento per il servizio militare obbligatorio che per la liberalizzazione di alcune droghe. Mio figlio ha 14 anni e io spero che un giorno possa dire che il suo papà ha fatto qualcosa di concreto. "

E per quanto concerne all'aggravio delle spese statali per il mantenimento di un esercito di leva Salvini afferma che: "Se si vuole i soldi si trovano. Non credo nel solo servizio civile, perché se uno vuole oggi ha mille possibilità. Quindi meglio un obbligo di 6-8 mesi, per ragazzi e ragazze che potranno scegliere se farlo civile o militare. Molti Stati che hanno disarmato ora stanno tornando sui propri passi". Credo comunque che la vecchia Naja di buona memoria qualche successo l'avesse ottenuto ritengo io: aveva fatto in modo che ragazzi del nord e ragazzi del sud si amalgamassero fra loro, conoscessero le rispettive culture fondendole poi comunque in quella nazionale. Si sentivano soprattutto italiani e non più solo siciliani o piemontesi. E guardate che non fu poco! I ricordi di chi scrive, ormai lontani tanti anni da quei tempi, sono comunque positivi. Frequentavo l'università ma non pensai che il servizio militare fosse la perdita di diciotto mesi della mia vita e che avrebbe compromesso i miei studi. Infatti non fu così. Ero felice di indossare la divisa alpina dell'esercito italiano come avevano fatto a loro tempo, mio padre e mio nonno e che lo si voglia credere o no fui arricchito da quell'esperienza. Quando uscii per l'ultima volta dalla "Cesare Battisti" di Merano sapevo di avere una certezza in più nella mia vita.





Silvio Foini

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