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Una questione privata è il titolo del nuovo film di Paolo e Vittorio Taviani, registi e sceneggiatori cinematografici con oltre 50 anni di carriera e diversi riconoscimenti, tra cui: 9 David di Donatello, un Leone d'Oro alla carriera, un Orso d'Oro, un Grand Prix Speciale della Giuria a Cannes, 5 Nastri D’Argento e 3 Globi. Autori di un cinema ricco di contaminazioni poetiche e politiche, tra letteratura, storia, cronaca, favola, anche questa nuova opera risente del loro inconfondibile stile.
Il film vede protagonisti Luca Marinelli, vincitore del David di Donatello come migliore attore non protagonista per Lo chiamavano Jeeg Robot, affiancato da Lorenzo Richelmy, interprete principale della serie Marco Polo targata Netflix, e Valentina Bellè, volto noto della serie tv I Medici.
Liberamente tratto dal capolavoro di Beppe Fenoglio - considerato da Calvino uno dei più bei romanzi italiani del Novecento - Una questione privata è l’intenso racconto di una storia d’amore, di dolore, di amicizia, di gelosie, di ricerca della verità tra le nebbie delle Langhe, insomma una questione privata che alla fine appartiene a tutti, ai tempi della guerra di Resistenza.
Luca Marinelli è Milton, ragazzo introverso e riservato, mentre Lorenzo Richelmy è Giorgio, allegro e solare: i due amici sono entrambi innamorati di Fulvia (Valentina Bellè). Lei si lascia corteggiare, giocando con i loro sentimenti. I tre ragazzi nell’estate del 43 si incontrano nella villa estiva di Fulvia per ascoltare e riascoltare il loro disco preferito: Over the Rainbow. E nonostante la guerra, sono felici. Un anno dopo tutto è cambiato. Milton e Giorgio sono ora partigiani. È inverno e la nebbia è calata su tutto. Milton si ritrova davanti alla villa dei tempi felici, ormai chiusa e si abbandona al ricordo di Fulvia. La custode lo riconosce e invitandolo ad entrare allude ad una relazione tra la ragazza e il suo migliore amico Giorgio. Per Milton, logorato dal dubbio, si ferma tutto: la lotta partigiana, gli ideali, le amicizie. Ossessionato dalla gelosia, vuole scoprire la verità. E corre attraverso le nebbie delle Langhe per trovare Giorgio, ma Giorgio è stato catturato dai fascisti. L’unica speranza è trovare un prigioniero fascista da scambiare con l’amico, prima che questi venga fucilato…
«Oggi, nel nostro tempo ambiguo – dicono Paolo e Vittorio Taviani - tempo di guerra non guerreggiata, Fenoglio ci ha suggestionato con il suo “Una questione privata”: l’impazzimento d’amore, e di gelosia, di Milton, il protagonista, che sa solo a metà e vuole sapere tutto. Da qui siamo partiti per evocare, in una lunga corsa ossessiva, un dramma tutto personale, privato appunto: un dramma d’amore innocente e pur colpevole, perché nei giorni atroci della guerra civile il destino di ciascuno deve confondersi con il destino di tutti».
La pellicola sarà presentata venerdì 27 ottobre alla Festa del Cinema di Roma, in programma dal 26 ottobre al 5 novembre, e uscirà in sala il 1° novembre, distribuito da 01 Distribution.
“Una questione privata” è una produzione STEMAL ENTERTAINMENT e IPOTESI CINEMA con RAI CINEMA, LES FILMS D’ICI e SAMPEK PRODUCTIONS.
Ancora una volta, dopo innumerevoli volte, ci ritroviamo a dover riconoscere il carattere mendace di una delle tante “certezze” delle neuroscienze in merito al nostro apparato cerebrale, la cosa più affascinante e abissalmente misteriosa dell’intero universo …
La neuroscienziata Angela Sirigu, direttrice di ricerca all’Istituto di Scienze cognitive Marc Jeannerod del Centro nazionale di ricerca scientifica (Cnrs) di Lione, è riuscita, attraverso elettrostimolazioni al nervo vago protratte per un intero mese, a fare recuperare la coscienza ad un paziente immerso da quindici anni in stato vegetativo giudicato “irreversibile”. Il paziente, al fine di rendere particolarmente significativo l’esperimento, era stato scelto proprio per la gravità delle sue condizioni e per il fatto di non aver mai manifestato, dal giorno dell’incidente subito quindici anni prima, mai alcuna forma di benché minimo miglioramento.
“E’ stato molto importante - ha dichiarato la Sirigu nel corso di un’intervista (Avvenire 28 settembre) - scoprire che i cambiamenti osservati dopo la stimolazione del nervo vago riproducono esattamente ciò che accade in natura quando un paziente migliora autonomamente da stato vegetativo a stato di minima coscienza, il che suggerisce che abbiamo attivato un meccanismo fisiologico naturale. Inoltre l’esperimento dimostra che anche in pazienti gravissimi, finora ritenuti privi di speranza, dopo molti anni la plasticità del cervello permane (la Pet ha registrato la comparsa di nuove connessioni nervose) e che un recupero della coscienza è sempre possibile.”
Ovviamente, ora si dovrà passare a sperimentare il trattamento su un ampio numero di soggetti in condizioni analoghe e non è certo possibile, al momento, prevederne gli esiti né tantomeno ipotizzare i possibili sviluppi delle ricerche. A noi non resta che augurarci che il crollo di una simile “certezza” sia fonte preziosa di prospettive più larghe e di approcci più cauti e, soprattutto, più onestamente umili.
Di importanza straordinaria è già, fin da ora, infatti, la conclusione che la neuroscienziata italiana ha potuto ricavare da quanto osservato:
“Da oggi la parola “irreversibile” non si potrà più dire”.
E, ancora una volta (pur non ignorando affatto le oggettive differenze fenomenologiche), mi trovo a domandarmi, con immensa amarezza, come mai una sana, elementare, minima dose di buon senso non susciti, nella mente di tutti noi, neppure un piccolissimo dubbio sulle tanto sbandierate “certezze” relative alla (presunta) assoluta irreversibilità della condizione un cui si verrebbero a trovare gli sfortunati pazienti dichiarati (in base a criteri opinabili e differenti da paese a paese) “cerebralmente morti”…
E se si applicasse anche su di loro un trattamento come quello sperimentato dalla dottoressa Sirigu, invece di fare a pezzi i loro poveri corpi, dopo soltanto qualche ora, al fine di prelevarne (pervasi da afflato filantropico) organi vivi, caldi e funzionanti?
Dopo il successo all’ultima edizione del Festival del Cinema di Venezia, dove ha vinto la sezione Orizzonti come Miglior Film, “Nico, 1988” si appresta a conquistare l’America.
L’opera è diretta da Susanna Nicchiarelli, che ha scritto e diretto, tra gli altri, “Cosmonauta”, vincitore del premio Controcampo alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia e nominato come miglior esordio ai David di Donatello e ai Nastri d’Argento, “La Scoperta dell’Alba”, presentato alla Festa del Cinema di Roma, inoltre ha realizzato il corto di animazione in stop-motion, “Sputnik 5”, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia, vincitore del Nastro d’Argento.
Interpretato dall’attrice e cantante danese Trine Dyrholm (vincitrice dell'Orso d'Argento al Festival di Berlino 2016 e nominata agli EFA come migliore attrice protagonista per La comune di Thomas Vinterberg), il film racconta gli ultimi anni dell’artista-icona Nico. Ambientato tra Parigi, Praga, Norimberga, Manchester, nella campagna polacca e il litorale romano, “Nico, 1988” è un road-movie dedicato agli ultimi anni di Christa Päffgen, in arte Nico. Musa di Warhol, cantante dei Velvet Underground e donna dalla bellezza leggendaria, Nico vive una seconda vita dopo la storia che tutti conoscono, quando inizia la sua carriera da solista. La pellicola ripercorre gli ultimi tour di Nico, con la band che l’accompagnava in giro per l’Europa negli anni ’80: anni in cui la “sacerdotessa delle tenebre”, come veniva chiamata, ritrova se stessa, liberandosi del peso della sua bellezza e ricostruendo un rapporto con il suo unico figlio dimenticato.
È la storia di una rinascita, di un’artista, di una madre, di una donna oltre la sua icona.
“Nico era una musicista complessa, ma la sua rimane una tra le produzioni più coraggiose del periodo: ha creato uno stile unico nel quale la ricerca di un’espressione personale si coniugava alla provocazione, l’esperimento, l’ironia, e soprattutto il coraggio”, ha dichiarato la regista.
Il film è stato acquistato da Magnolia Pictures, il presidente della Magnolia Eamonn Bowles ha affermato: “Susanna Nicchiarelli ha evocato un momento della vita di Nico che suona più vero di qualsiasi documentario. Questo non sarebbe stato possibile senza la coraggiosa, eccezionale interpretazione di Trine Dyrholm che ha incarnato questa icona riluttante, profondamente imperfetta”.
“Sono così entusiasta che il mio film sarà visto dal pubblico americano e sono davvero orgogliosa che Nico, 1988 sia stato acquisito da una società di distribuzione così raffinata e apprezzata”, ha commentato la Nicchiarelli.
Prodotto da Vivo film con Rai Cinema e Tarantula in co-produzione con VOO e Be TV, il film sarà in sala in Italia dal 12 ottobre distribuito da I Wonder Pictures.
Dopo essere finalmente riuscito a leggere l’”Inferno” di Dan Brown, mi sono immediatamente dedicato alla visione del film di Ron Howard , curioso di verificare cosa ne fosse stato ricavato. Ora, vi prego, non tiratemi fuori il lagnosissimo ed arcilogoro luogo comune secondo cui tutti i film sarebbero inesorabilmente condannati ad essere nettamente inferiori al libro di origine (“tutta un’altra cosa!”)... Convinzione questa diffusissima, quanto falsa.Perché non mancano davvero lavori cinematografici perfettamente all’altezza di quelli letterari che li hanno resi possibili. Anzi, in non pochi casi i primi risultano essere di un livello artistico forse anche superiore. Basti pensare ai capolavori di Luchino Visconti o ad alcune delle opere di Roberto Faenza.
Ma il problema non è tanto questo. E’ ovvio che un film “tratto da” o “liberamente ispirato a” è cosa che merita di essere esaminata e valutata senza eccessivi confronti o aspettative di fedeltà assoluta ... E’ perfettamente comprensibile, infatti, che un’opera cinematografica adatti, snellisca, ometta, modifichi, elimini il “troppo e il vano”. Il problema, però, è verificare se tra film e libro ci sia almeno qualche fondata pretesa di correlazione.
Nel caso di “Inferno” noi ci ritroviamo di fronte ad un caso limite: da un libro non certamente eccelso, ma pur sempre di una certa godibilità, costruito con furbizia e intelligenza, è stato ricavato un film inguardabile, dove regnano sovrane superficialità ed approssimazione. I non moltissimi pregi dell’opera di Dan Brown finiscono per perdersi totalmente: il prof. Robert Langdon, colto ed ironico, si trasforma dolorosamente in un povero mentecatto travolto dagli eventi; le succulente curiosità storico-artistiche svaniscono quasi del tutto; lo spessore filosofico-scientifico della problematica al centro della vicenda viene mestamente impoverito; la conclusione inquietante ma anche gravida di speranza viene immiserita in chiave goffamente sentimentale ...
Mentre ad essere enfatizzati sono soltanto gli aspetti peggiori, ovvero le non poche oscurità e illogicità della trama e la fragilità dei personaggi. Il risultato è una sorta di frenetica e nevrotizzante “caccia al tesoro” mescolata ad un non ben comprensibile “guardie e ladri”, dove le vicende si susseguono senza sosta, in un groviglio sgangherato di eventi (spesso ingiustificatamente violenti) sgradevolmente ansiogeni, in cui i riferimenti a Dante, Vasari e Botticelli finiscono per apparire del tutto privi di senso.
Insomma, un film irritante e deludente per quanti, soddisfatti o meno, hanno letto il libro, fastidiosamente sfilacciato, disarmonico e strampalato per tutti gli altri.
Il Museo di Roma e Palazzo Braschi si prestano particolarmente alla mostra di incisioni di Piranesi, in corso fino al 15 ottobre. Il primo per via delle sue collezioni composite, comprendenti anche parte delle stampe in mostra e per il suo scopo di istituzione, ospite delle memorie di Roma sparita. L’edificio è stato costruito nel Settecento, il secolo di Piranesi e della cultura che impronta la sua opera.
Già dal titolo, Piranesi. La fabbrica dell’utopia, l’esposizione suggerisce molteplici suggestioni, che si dipanano attraverso le sezioni e le stanze.
La prima suggestione-considerazione da fare è che le mostre di grafica, siano esse di disegni o di stampe, come in questo caso, non sono diffusissime e particolarmente apprezzate dal pubblico. In realtà le incisioni e le tecniche per realizzarle hanno un grande fascino. Due fondamentalmente i motivi per la loro realizzazione e suddivisione: si distingue solitamente tra incisione di riproduzione e di invenzione. La prima consiste nella diffusione a stampa di opere d’arte famose, la seconda è essa stessa un’opera d’arte prodotta dalla “fantasia creatrice” dell’incisore. Entrambi i tipi sono presenti in mostra: Piranesi ha usato l’incisione sia per divulgare i suoi progetti di architetto, sia per riprodurre architetture, rovine e paesaggi, reali o inventati. I cosiddetti capricci, nascono dal combinare e modificare elementi reali, che danno vita ad edifici e ambienti ideali o di fantasia. Così la parola utopia designa sia la ricostruzione di un mondo passato non più esistente, sia la possibile creazione di uno nuovo che ancora non c’è. In questo senso, tutta la mostra si gioca tra passato e futuro, tra ciò che non c’è più e ciò che non c’è ancora. Alle stampe si accompagnano oggetti come vasi e tripodi o decorazioni di caminetti realizzati, a partire dai progetti e dalle stampe di Piranesi, dall’Atelier Factum Arte di Madrid, nel 2010, in occasione della mostra tenutasi a Venezia, presso la Fondazione Giorgio Cini, da cui provengono parte delle stampe. Sono presenti anche calchi dal Museo della Civiltà Romana all’EUR.
Piranesi stesso testimonia e ama il fatto che, a Roma, vede finalmente, dal vivo, le vestigia della cultura romana che aveva imparato ad amare nelle riproduzioni dell’architetto veneziano del Rinascimento, per eccellenza, Andrea Palladio.
Nella sala dove le finestre di Palazzo Braschi si affacciano su piazza Navona, si può confrontare l’immagine che ne ha dato Piranesi con la realtà di oggi.
Un’altra suggestione è data dai frontespizi dei libri dell’architetto veneto, oltre che all’architettura, alla decorazione, all’archeologia, al paesaggio, il rimando è all’epigrafia e alla paleografia, la scrittura della lingua latina: monumentale, pubblica, letteraria.
Tornando sulle tecniche di incisione, Piranesi usa acquaforte e bulino per i progetti e la descrizione puntuale e reale. Con il bulino si rendono linee nette, pulite, con l’acquaforte, invece, crea l’atmosfera suggestiva, onirica, visionaria delle Carceri. È come se con il bulino la mente eserciti il suo controllo sulla mano che incide, mentre con l’acquaforte, è possibile far trasparire l’emozione, da sempre appannaggio del cuore. L’opera dell’artista ha ispirato a Marguerite Yourcenar La mente nera di Piranesi.
L’unica architettura non rimasta su carta è la Chiesa di Santa Maria del Priorato all’Aventino, è riprodotta in mostra nelle fotografie di Andrea Jemolo. Anche la fotografia, che possiamo considerare, in qualche modo, una sostituzione e uno sviluppo dell’incisione, quando nasce, si divide tra fotografia di divulgazione e d’arte, anche se le due funzioni possono anche coincidere.
Sempre sulla linea del non più e non ancora e dell’utopia, si inserisce la realtà virtuale delle Carceri, riprodotta dal Laboratorio di Robotica Percettiva, dell’Istituto TECIP - Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Per quanto interessante, l’esperimento contraddice l’atmosfera nel colore grigio-bianco e nelle linee degli edifici e degli oggetti, nette e rettilinee e non più vibranti. La musica cerca di creare l’ambiente e le sensazioni perse nella realizzazione virtuale, in parte ci riesce, ma è un’atmosfera fredda, come i volumi e le superfici 3D e un po’ troppo “moderna”.
Piranesi
La fabbrica dell’utopia
16 giugno - 15 ottobre 2017
Roma, Museo di Roma Palazzo Braschi
Orario: dal martedì alla domenica 10-19
Ingresso: intero €.9,00; ridotto €.7,00
Info: tel. 060608
Milano è da sempre la capitale della moda italiana nel mondo ed è la città con le più rinomate scuole per fashion designer che formano nuovi talenti del fashion world.
Ma analizzando il mercato della moda, possiamo accorgerci che i giovani brand si trovano ad affrontare numerosi ostacoli per emergere: i concorsi organizzati dagli enti operanti nel settore danno spazio solo a pochi fortunati e le fiere hanno costi, talvolta, proibitivi per i giovani fashion designer.
Il progetto “International Fashion Week Night Out” si pone l’obbiettivo di realizzare un piano di comunicazione efficace che possa permettere ai giovani fashion designer di farsi strada e catturare l’attenzione del mercato; sostenere e guidare i giovani talenti nella scelta dei mezzi di comunicazione più idonei ed efficaci per il raggiungimento dei risultati prefissati.
La serata sarà presentata dalla vice-presidente di Rofimi The Italian Luxury Kristina Latuta, e sarà palcoscenico milanese per la presentazione del progetto Russia-Basilicata e proprio in tale occasione verrà scelto un abito da una delle designer che sarà reso protagonista del progetto.
Per questa prima edizione dell’International Fashion Show Night Out, che si terrà al NYX Hotel di Milano, Sabato 23 Settembre, organizzato dalla PM Management, Rofimi The Italian Luxury e col patrocinio della Camera Helvetica della Moda e della Camera di Commercio Italo- Russa, sfileranno la svizzera Tania Caruncho, frequentante l’Istituto Marangoni e la rumena Julia Rusu, del NABA, che debutterà sulla passerella, accompagnate dai gioielli della maison italiana Blevio Jewels e dalla collezione di calzature, create ad hoc per l’evento, da Cosma Limone.
Tre designer, tre stili diversi ma accomunati dalla sobria eleganza e raffinatezza dettate dal comune amore per la femminilità.
"In viaggio con Adele" è il primo lungometraggio diretto dal giovane regista toscano Alessandro Capitani, vincitore del David di Donatello 2016 per il cortometraggio "Bellissima".
La protagonista è l’attrice Sara Serraiocco, già interprete di “La ragazza del mondo”, “Non è un paese per giovani”, e l’ultimo “Brutti e Cattivi”, la dark comedy con Claudio Santamaria e Marco D’Amore che da Venezia arriverà nelle sale il 19 ottobre. Accanto a lei, Alessandro Haber e la partecipazione di Isabella Ferrari e Patrice Leconte.
Adele è una ragazza di 25 anni con la sindrome di Asperger, un grave disturbo dello sviluppo simile all’autismo, che vive sotto l’ala protettiva della mamma Margherita e che non ha mai conosciuto il padre. Quando la mamma improvvisamente morirà, per Adele cambierà tutto. Abbandonata dai parenti, che non hanno intenzione di prendersene cura, Adele incontrerà Aldo, un vecchio attore sessantacinquenne, convocato in Puglia proprio per un ultimo saluto alla defunta Margherita. Aldo scoprirà di essere il padre di Adele e dovrà accompagnarla dalla nonna materna, ma cosa più importante dovrà trovare il coraggio di dirle la verità.
La pellicola si girerà per 5 settimane tra Puglia, Lazio e Parigi.
L’opera è tratta da un soggetto di Alessandro Haber, Tonino Zangardi e Nicola Guaglianone (Lo chiamavano Jeeg Robot, Indivisibili e L’ora legale), quest’ultimo firma anche la sceneggiatura. La direzione della fotografia è di Massimiliano Kuveiller, i costumi sono di Catia Dottori, la scenografia di Andrea Castorina e le musiche di Michele Braga.
La pellicola è una coproduzione Italo-francese tra Paco Cinematografica e Denis Friedman Productions, in associazione con Imprebanca e il sostegno di Apulia Film Commission.
Interno della Sorgente Gabriele |
Uno dei grandi temi che riveste un interesse rilevante, in ambito sociale e culturale, è legato al tema della natura e delle bellezze che da essa traspaiono. Da esperto paesaggistico e scenografo ambientale, spesso colgo occasione di entrare in comunione profonda con la natura, considerandola
Esterno della Sorgente Gabriele |
luogo di delizia e benessere, materiale e contemplativo.
A Palermo, sotto la via Umberto Maddalena, meglio conosciuta dai palermitani come “La Conigliera”, su di un terreno dell’Acquedotto di Palermo, immerso, in mezzo a una vegetazione di macchia mediterranea, si trova uno scrigno d’acqua, con piccole sorgenti che affiorano tra le rocce, raccolte in un cristallino laghetto, denominato Gabriele. Un luogo di una bellezza sconfinata, di cui sono rimasto affascinato.
Ho cercato di attingere notizie in merito alla sorgente, confrontandomi con l’addetto stampa dello stesso acquedotto palermitano, Francesca Currieri.
“Si tratta di una delle quattro fonti che contribuiscono all’approvvigionamento idrico della città” (inizia così il racconto della Currieri). “La storica Sorgente del Gabriele, tra le vie d’acqua che scorrono
Francesca Currieri |
nelle viscere di Palermo, è senza dubbio la più affascinante e carica di storia. Il nome deriva dall’arabo “Al Garbal” e vuol dire “Grotta Irrigante” e viene usato per designare, quattro sorgenti naturali, denominate Gabrielotto, Cuba, Nixio e Campofranco. Trattasi di 4 affioramenti di acqua, che risalgono ai primi del 700, molto vicini fra loro. Già durante la dominazione araba, queste acque venivano impiegate, non solo per usi igienici e domestici, ma anche per alimentare i mulini, allora numerosi in città e i bacini della Zisa e della Cuba. Inoltrandosi nel cuore delle sorgenti del Gabriele, ci si tuffa in un luogo fresco, dove l’acqua fluisce limpida e abbondante, scorrendo attraverso le rocce, formando bolle d’aria che danno vita a suggestivi cerchi concentrici e giochi d’acqua. E’ possibile udire il gorgoglio dell’acqua che fluisce dalle rocce e scorre sul fondo trasparente, in mezzo alle pietre, per poi insinuarsi nei cunicoli che la convogliano al ricettacolo, detto “Magistrale”. Suggestivo anche il laghetto formato dalla sorgente del Gabriele, che mantiene una temperatura costante sia in estate che in inverno. Le sorgenti del Gabriele hanno un grande valore storico e sono legate a uno dei più importanti servizi, offerti ai cittadini: quello dell’erogazione dell’acqua.
Interno della Sorgente Gabriele |
Nella penombra, si nota una scala ripida che conduce ad un ambiente fresco, coperto da un tetto, sostenuto da travi in cemento armato.
La fonte è provvista di illuminazione artificiale di tipo a led che, permette di godere al meglio, questa meraviglia della natura. L’acqua, che affiora tra le rocce, è fredda e limpida, lo spettacolo è magistrale.
Durante l’anno (continua la Currieri) “sono diverse le visite guidate alla Sorgente del Gabriele, promosse da talune associazioni culturali, in collaborazione con l’Amap e il Comune di Palermo. Il corso delle acque, derivate dalle fonti Gabriele, è raffigurato in un quadrone ad olio del 1722, conservato all'Archivio del Comune di Palermo”.
Attraverso l’intervista e le immagini riportate, ho avuto l’opportunità di entrare dentro la notizia, alla ricerca del tesoro arabo nascosto.
Si ringraziano la giornalista Francesca Currieri per la collaborazione
e Pippo Carollo, esperto di immagine, per le foto.
Ferdinando Maddaloni |
L'eclettico artista partenopeo Ferdinando Maddaloni, con la sua seconda docufiction “Non cercare la logica dove non l’hai messa tu” ("Never look for logic if it’s not your logic") prodotta da Artisti Civili con il patrocinio di Amnesty International e il contributo del Nuovo Imaie, si è aggiudicato il premio come miglior documentario al Portugal International FilmFestival 2017 . La cerimonia di premiazione è avvenuta sabato 16 settembre 2017 , all’interno del prestigioso Crowne Plaza di Porto.
«Nel 2008 realizzai la mia prima docufiction dal titolo: “Anna Politkovskaja: concerto per voce solitaria” - spiega Maddaloni – vincitrice di numerosi premi. Nel 2015 nasce la mia seconda docufiction "Non cercare la logica dove non l’hai messa tu" un videodiario, nel quale cerco di svelare tutti i retroscena del precedente fortunato lavoro, partendo dall’amicizia con Andrei Mironov, ossia colui che ha armato la mia penna, ispirando i miei testi e accompagnandomi, non solo fisicamente, nell’inferno dei territori più bui dell’animo umano. Era l’unico che riusciva a zittirmi con quel suo proverbio : “Caro Ferdinando, non cercare la logica dove non l’hai messa tu”». La docufiction, già vincitrice del Premio Hollywood International Independent Documentary Awards 2016, si avvale del montaggio di Stefano Imperato e vede come protagonisti lo stesso Maddaloni (che nel monologo “(in) Visibili segnali di protesta” fa rivivere gli gli spietati parallelismi tra Grosny ed Auschwitz del giornalista freelance Antonio Russo), le attrici Paola Sini e Katia Nani, quest'ultima intensa interprete della giornalista Natalia Estemirova. «Grazie alla lettura di alcune interviste, ma soprattutto ai racconti dello stesso
Katia Nani |
Mironov, ho scritto il monologo "Paura di perdere se stesso" ricostruendo l’ultimo interrogatorio della Estemirova da parte dei suoi rapitori ed immaginando il suo atteggiamento contro il fantomatico Presidente fino ai due colpi mortali».
Il finale è affidato alle vibranti corde vocali di Carmen Femiano, interprete del brano “Vulesse” di Francini&Lattanzio. «Alla base di tutto c’è la promessa fatta sulla tomba di Anna Politkovskaja a Mosca nel gennaio 2009: raggiungere Beslan e prendersi cura dei piccoli sopravvissuti alla strage del 2004. Anna non aveva potuto farlo perché fu avvelenata mentre era in viaggio verso l’Ossezia del Nord durante l'assedio . Ne parlammo con Andrei. "Si può fare" fu la sua risposta. Nacque così il nostro progetto "BeslaNapoli. Una videoteca per Beslan"».
Frammenti che orbitano qua e là, individuati, carpiti; li commento e condivido con voi.
Frammenti del
Merano Wine Festival edizione 2017.
Dal 10 al 14 novembre. 5 giorni di degustazioni esclusive ed eventi.
“Sembra ieri che insieme con due amici avevo pensato di trasformare la città di Merano nel salotto buono europeo della raffinatezza in cui passato,
Urano Cupisti (a sin.) con Helmuth Kocher. |
presente e futuro del vino e della gastronomia trovano spazio per il confronto, la conoscenza, l’incontro” (Helmuth Köcher, Presidente e Fondatore del MWF)
Prende forma il Merano Wine Festival edizione 2017. Dal 10 al 14 novembre, 5 giorni di degustazioni esclusive ed eventi imperdibili. Venerdì 10 la rassegna consolidata dei bio&dynamica si arricchisce di una serie dedicata ai vini “orange” e PIWI (vitigni resistenti alle malattie). Sempre venerdì 10 apre la Gourmet Area che ospita la selezione food: Culinaria, Beer passion e Consortium. Sabato 11 e Domenica 12 come sempre una due giorni dedicata ai vini nazionali ed internazionali. Lunedì 13 è la volta delle New Entries della Selezione Ufficiale e delle Vintage Collection dei produttori, un grande appuntamento con le “annate vecchie”. Martedì 14 chiusura in bellezza. Torna, dopo il successo della prima e seconda edizione, Catwalk Champagne, l’appuntamento con gli importatori delle Grandi Maison francesi aderenti al Club Excellence.
Frammento n. 1
Gourmet Arena
Le eccellenze della culinaria si danno appuntamento lungo la riva destra del Passirio, meglio conosciuta come Promenade Sissi. All’interno dei padiglioni, oltre gli show cooking tenuti dai più rinomati chef nazionali ed internazionali trovano spazio acquaviti, liquori e distillati di gran pregio. Oltre 15 i birrifici artigianali scelti dopo accurata selezione. Spazio anche ai Consorzi come vetrina nel mondo dell’eccellenza. Infine una Rue des Chefs, dedicata ai prodotti e servizi di alto livello per il lavoro nella gastronomia.
Frammento n. 2
Bio&Dinamica.
Settore maggiormente in crescita negli ultimi anni non poteva non essere presente al Festival delle Eccellenze. Spazio, da sempre dedicato, nella giornata di apertura. Vini biologici e biodinamici affiancati dagli “orange” e PIWI ( vini da vitigni resistenti alle malattie). Un percorso tra la “naturalità” e “purezza” con oltre 100 produttori selezionati.
Frammento n. 3
Wine Italia ed International
La “vera” anima del Festival. Negli splendidi saloni del Kurhaus, uno dei capolavori Liberty altoatesini, prende vita la tre giorni meranese dove il Vino è il protagonista assoluto. Da anni, ne sono trascorsi ben 26 (ventisei), i riflettori si accendono sul Festival più amato dagli appassionati di tutto il mondo. “Almeno una volta nella vita bisogna visitare il Merano Wine Festival e rendere omaggio alle eccellenze provenienti da tutto il mondo”.
Frammento n. 4
Perché andare a Merano
Perché nelle sale del Kurhaus viene interpretato un percorso tra le varie aree vitivinicole nazionali ed internazionali. The WineHunter, 800 vini che hanno ottenuto l’Award Rosso, Gold o Platinum. Le sezioni Extremis (i vini estremi vanto della viticoltura italiana), le New Entries (le aziende che entrano piano,piano a far parte degli eletti). Infine, nella sala Czerny, i vini che condurranno i visitatori in un viaggio sensoriale attraverso la Spagna, Argentina, Libano, Sud Africa, Austria e Crimea.
Frammento n. 5
Masterclass, gli assaggi particolari, unici.
Da sempre sold out in breve tempo. Veri e propri seminari per approfondire, confrontarsi, conoscere e assaggiare, a volte per la prima volta. Imperdibili per un vero appassionato. Come per gli anni passati il ricavato degli ingressi sarà devoluto al Gruppo Missionario di Merano per la realizzazione di progetti specifici in Africa.
Frammento n. 6
Catewalk Champagne
Giunta alla terza edizione ha “bruciato le tappe”; è già diventata il primo riferimento dello Champagne in Italia. Ben oltre 80 Maison tra le più famose con ben 200 etichette per condividere emozioni in un ambiente unico, il Kurhaus, elitario, elegante. “Lo champagne si confronta con il vino come l’haute couture si confronta con la moda” (Alfred Gratien).
Frammento n. 7
L’Anteprima
Come tutti gli anni l’Anteprima del Merano Wine Festival è lasciata al 78° Gran Premio Merano Alto Adige di Ippica che si correrà il 23 e 24 settembre. Un’occasione speciale per presentare le eccellenze dell’eno-gastronomia offrendo in degustazione un assaggio dei migliori prodotti Food&Wine presenti durante il MWF. Uno spazio curato da Helmuth Köcher, Presidente e Fondatore del Merano Wine Festival.
Riflessione!
“Il Merano Wine Festival non è solo un evento; è un vero e proprio “think tank”, un forum di scambio di opinioni tra produttori, opinion leader, professionisti del settore e consumatori: un benchmark dell’eccellenza enogastronomica”.
Aggiungo: Un’azienda quando viene selezionata dal MWF entra a far parte del gotha dell’alta qualità.
Osservo, scruto, assaggio e…penso.
Frammenti che orbitano qua e là, individuati, carpiti; li commento e condivido con voi.
La riflessione!
Ci risiamo. Come tutti gli anni. Vendemmia sì o Vendemmia no?
Come al solito la notizia divulgata dalla Rai (Tg2) ci lascia nel limbo: buona o cattiva? Il servizio è partito categorico: vendemmia da non ricordare per la
Sorbi - La festa della vendemmia |
scarsità produttiva. Poi, tramite interviste ai produttori, è proseguito in un altalenante spot a favore, ma non troppo, della vendemmia recuperata non in quantità ma in qualità. Il “povero” Prof. Riccardo Cotarella, nella sua veste di Presidente dell’Assoenologi, l’Associazione che raccoglie tutti gli enologi italiani, ha avuto il coraggio di richiamare i colleghi “a dire la verità” sulla vendemmia 2017. È stato “massacrato” dai vari Superconsorzi e UVI (Unione Italiana Vini), reo di discriminare il buon nome del Vino italiano. E i degustatori, assaggiatori, seguaci del bravo comico Albanese, privati della certezza buona o cattiva, ricercheranno nei calici il profumo “della gelata primaverile che apre a sentori solari ricchi di raggi UV per l’eccessiva esposizione”. Senza dimenticare “l’uva vizza” dovuta alla mancanza di acqua. Il “carrozzone enoico italico” del vino è già in fermento. Importante è mantenere il primato mondiale della produzione. Se poi a fruirne saranno i Consorzi dei vini in tetrapack (Tavernello, Ronco, San Crispino ecc…) non importa. E i francesi se la ridono (ndr)(U.C.)
Il prof. Riccardo Cotarella |
Frammento n. 1
“Vendemmia 2017, ma quale alta qualità”.
Il Prof. Riccardo Cotarella, Presidente dell’AssoEnologi, l’Associazione che raccoglie gli enologi italiani, si rivolge ai colleghi invitandoli “a dire la verità sulla vendemmia 2017”. “A fronte di un innalzamento del grado zuccherino, riscontriamo un’altissima acidità. E questo è anomalo”. “Parlare di questa vendemmia mi rattrista. La situazione è pesante in tutte le Regioni d’Italia”. Il Prof. Cotarella va giù duro. “Gli enologi non devono seguire le logiche di mercato né cercare di indorare la pillola” Tutto questo è stato detto durante un convegno tenutosi nelle Marche in occasione del 50° anniversario della DOC Rosso Conero.
Frammento n. 2
La “risposta” del Gruppo Schenk e dell’UVI.
La risposta indiretta al Prof. Cotarella non è tardata ad arrivare. È nel commento di Daniele Simoni, Amministratore Delegato di Schenk Italian Wineries, colosso nel settore vinicolo italiano e
Daniele Simoni, AD SchenK Italia |
internazionale. Basti pensare che il solo gruppo italiano Schenk produce 52 milioni di bottiglie all’anno. “Stiamo registrando un calo circoscritto ai volumi non alla qualità”. Ed ecco la pillolina amara. “Si potrebbero (il condizionale foriero di verità nascoste) aprire scenari diversi per il consumatore: a fronte di minor prodotto, aumento dei prezzi. Noi siamo però ottimisti confidando che il consumatore rimarrà fedele alla qualità (pagando di tasca propria l’andamento stagionale avverso n.d.r.). L’U.V.I., Unione Italiana Vini, da parte sua, nell’ammettere le difficoltà riscontrate ed emerse dai primi dati della vendemmia, conferma il primato produttivo mondiale italiano davanti a Spagna e Francia. Come dire: non è successo niente. Il prof. Cotarella è un “catastrofista”!
Frammento n. 3
vigneti nello Ningxia |
Cina: è giunto il momento di smettere di imitare gli altri.
In Cina si passa alla fase CINQUE. Dopo aver studiato agronomia in riferimento alla viticoltura ed enologia (come fare vino), trovato le aree con terreni, microclimi, altitudini adatte all’allevamento dei vitigni, importato i macchinari necessari e studiato come produrli in loco, importato vini europei (per la qualità) per studiarne i segreti più nascosti, aver prodotto vini “imitati”, i cinesi sono pronti a camminare da soli e presentarsi sui mercati internazionali con prodotti di alta qualità. Regioni come Shanxi, Xinjiang e in particolare Ningxia, hanno accumulato da tempo esperienze e apprendimento. I viticoltori cinesi iniziano a essere consapevoli della diversità dei territori e stanno cambiando in funzione del terroir. Non più solo Cabernet, Merlot, Chardonnay in tutti i territori. Lo studio delle zone vocate è in atto. Sono arrivati vitigni come il Marselan, Petit Manseng, Malbec, Tempranillo e udite, udite, l’Aglianico (Grace Vineyards). Presto arriverà anche il Sangiovese e ne vedremo delle belle!
Frammento n. 4
Il Prosecco fa male ai denti. Poi ci ripensano: è una fake news.
Daily Mail e Guardian in testa. I grandi quotidiani inglesi cadono nella bufala del Prof. Darmien Walmsley, sedicente esperto della British Dental Association, che indica Il Prosecco come bevanda
l'articolo del Guardian |
zuccherina-alcolica con l’aggravante dell’anidride carbonica e causa di tutti i mali con alto rischio di corrosione per i denti. Come se tutti gli spumanti, anche quelli inglesi, non contenessero zucchero, alcool e CO2. Poi si viene a sapere che i produttori britannici di birra sono preoccupati da tempo sull’aumento delle vendite di sparkling, con in testa il Prosecco. Che sia la lobby britannica della birra l’autrice di questa fake news (da noi detta più semplicemente bufala mediatica)? Una cosa è certa: è durata dalla sera alla mattina con tanto di scuse dei quotidiani per la notizia alquanto fantasiosa. Per questa volta lo sparkling, con il Prosecco in testa, sono salvi.
Osservo, scruto, assaggio e…penso.
8 settembre 2017 , 20:07
*Questa è una lettera che avevo indirizzato ad Alessandro Di Battista in merito al suo intervento alla Camera sul caso Regeni-NYT e, per conoscenza, ad alcuni parlamentari 5Stelle di mia conoscenza. Non ho ricevuto risposta e questa lettera diventa pubblica, anche perché contiene considerazioni che possono essere indirizzate a molte altre persone* *Questa che è una critica all’intervento del deputato 5Stelle e un invito a riconsiderare certe sue posizioni, non mette minimamente in questione la stima e la solidarietà che ho nei confronti di tante ottime battaglie condotte da Di Battista, alcune delle quali sono state anche da me condivise sul campo*
Caro Alessandro Di Battista,
faccio il giornalista da oltre mezzo secolo, oggi indipendente ma vengo da organi come la BBC, Paese Sera, Panorama (pre-Berlusconi), L’Espresso, The Middle East, Giorni Vie Nuove, Astrolabio, Rai-TG3. Ho sostenuto molte attività del M5S e con il MoVimento e suoi illustri sostenitori ho organizzato nella mia zona pubbliche iniziative (con Morra, Ruocco, Imposimato, Lanutti, Scibona, Bertorotta…) Ho intervistato deputati e senatori del MoVimento, compreso te, sono amico della senatrice Ornella
Bertorotta e ho partecipato a numerose vostre iniziative alla Camera e al Senato. Miei documentari sono stati presentati al Senato. Ho lavorato con militanti 5Stelle sul territorio per i miei documentari e articoli No Tav, No Muos, No Triv, No Basi, terremotati. Spero che tutto questo mi dia un po’ di credibilità.
Conosco la tua esperienza in America Latina e nel Sud del mondo e quindi presumo una tua conoscenza del modus operandi di certe grandi potenze dagli insopprimibili appetiti coloniali in quelle parti del mondo.
Perciò sono rimasto sinceramente esterrefatto per le tue dichiarazioni alla Camera sulla questione Giulio Regeni e, in particolare, per aver accreditato la manifesta bufala di un giornale come il New York Times sulle presunte “prove inconfutabili”, di un suo articolo assolutamente privo di prove inconfutabili, che sarebbero state fornite da un oscuro e anonimo funzionario dell’amministrazione Obama. Prove di cui da allora non si è saputo più nulla. Documenti di cui il governo italiano dice di non aver mai
saputo nulla (e mi sembra difficile negare qualcosa che potrebbe poi, apparendo, ritorcersi in maniera disastrosa su chi aveva negato).
Considerare il NYT lo standard aureo dell’informazione è perlomeno azzardato, visto il ruolo che questo quotidiano, espressione dell’estrema destra israeliana, ha sempre sostenuto nell’avallare le ragioni, false, per tutte le guerre d’aggressione Usa, comprese le famigerate armi di distruzione di massa.
La questione Regeni è complessa e vi si incrociano interessi dichiarati e altri molto poco dichiarati. Merita un’analisi attenta come quella che in parecchi, compreso il sottoscritto, vi hanno dedicato. Va inquadrato nella contesa geopolitica sul controllo dell’Egitto e dei suoi rapporti con un paese cruciale nel Mediterraneo come l’Italia, controllo che è diventato oggetto di contesa tra potenze varie, soprattutto da quando l’Egitto, sotto la spinta di una rivolta di massa (molto meno che di un golpe militare che l’ha solo assecondata), si è liberato del regime oppressivo e ntegralista dei Fratelli musulmani, da sempre fiduciari degli interessi coloniali occidentali nel mondo arabo e matrice di buona parte del terrorismo che oggi vi imperversa.
Ciò che turba nell’accanita campagna per la verità per Giulio Regeni è che tutti trascurano i precedenti professionali del giovane e in particolare il suo lavoro per un gruppo di persone specializzate in operazioni sporche: i dirigenti dell’impresa transnazionale di spionaggio “Oxford Analytica” John Negroponte, organizzatore degli squadroni della morte in Nicaragua e Iraq, Colin McColl, già capo dell’MI6, e David Young, processato e incarcerato per il suo ruolo nello scandalo Watergate. E tutti fingono anche di non vedere come, nelle sue trattative con il capo del sindacato ambulanti, Regeni rifiutasse di sostenere le cure per la moglie dell’interlocutore ammalata di cancro, ma fosse disposto a pagargli ingenti somme purchè presentasse “progetti”. Quali “progetti”, a nome di chi? Comportamento sufficiente per alimentare sospetti, non solo nel suo interlocutore. E’ stato mai chiesto all’Università di Cambridge, o a *Oxford Analytica*, per quali progetti a Regeni fossero state messe a disposizione decine di migliaia di euro? L’interesse di governi Nato, in particolare anglosassoni e francese, concorrenti con quello italiano nella corsa alle risorse energetiche (incalcolabili, al largo dell’Egitto) nel Mediterraneo e in Libia, e, quindi, una strategia per emarginare un’Italia una volta fortemente egemone in quel settore (come accadde con Enrico Mattei), si è resa evidente con l’intensificarsi dei rapporti di questi governi con il pur tanto deprecato Al Sisi, nel momento spesso in cui, con scoperta ipocrisia, i media più rappresentativi di queste potenze si accanivano sul caso Regeni e condannavano l’Italia per aver ristabilito rapporti diplomatici con l’Egitto.
Ne risulta evidente che l’interesse del NYT, portavoce dei circoli neocon del complesso militar-industrial-finanziario Usa, a sollevare il caso Regeni, ha molto poco a che fare con i diritti umani (sul cui abuso lo stesso giornale tace ostinatamente quando si tratta di regimi alleati o subalterni), o con la sorte del giovane ricercatore. Ha a che fare con la negazione all’Italia di qualsiasi sovranità e autodeterminazione in politica estera ed economica.
L’esperienza storica, da Enrico Mattei ad Aldo Moro, ma anche con Minniti oggi, dimostra che la coalizione israelo-euro-atlantica non consente all’Italia una politica estera autonoma, che valorizzi i nostri rapporti di mutuo beneficio con i paesi arabi. Il nostro, per l’alleanza diseguale in cui siamo inseriti, era e dovrebbe rimanere un ruolo ancillare. Quanto al Medioriente, l’attuale offensiva contro l’Egitto è con ogni evidenza la persecuzione di una strategia che punta alla frantumazione di Stati arabi forti, laici e indipendenti. Che ha già lasciato sulla sua strada la Libia e persegue la sua opera con i tentativi di disgregazione, tra aggressioni dirette, surrogati jihadisti e della Fratellanza Musulmana, di Siria, Iraq, Sudan. Ne abbiamo ricavato esclusivamente conseguenze negative.
Il M5S ha dato ripetute dimostrazioni di autonomia e chiaroveggenza nelle sue iniziative di politica estera. Penso alle posizioni sulle sanzioni alla Russia, su Nato, i paesi dell’A.L.B.A, l’Iran, la guerra alla Siria.
L’allineamento con una campagna chiaramente strumentale contro l’Egitto, fondata su premesse del tutto indimostrate e su altre mistificate e occultate, mi auguro possa essere, alla luce di quanto sopra, sottoposto ad accurata verifica.
Per finire, permettimi di avvisarti sulla pericolosità di ricorrere a stereotipi assai sospetti e invariabilmente strumentali, come quello di affibbiare la qualifica di “dittatore” a destra e manca. A parte che in alcuni casi la qualifica è del tutto arbitraria (Milosevic, Putin, governanti eletti in modo molto meno fraudolento di quelli con cui si condizionano gli elettori nella cosiddette democrazie) e, in altri, non tiene conto di una realtà storica, culturale, politica, del tutto diversa dalla nostra, non solo mostra un’inclinazione all’eurocentrismo sempre un po’ colonialista, ma contribuisce a spianare la strada alle aggressioni delle potenze che si arrogano il diritto di impartire tali etichette. Si tratta di questioni che, come constatiamo ogni giorno, coinvolgono la vita e provocano la morte di milioni di persone, sulle quali non è consentita approssimazione o ripetizione di stereotipi.
Non occorre essere grandi etnologhi, antropologi o storici per capire che i modelli istituzionali usciti in Europa dalle rivoluzioni borghesi difficilmente sono applicabili a contesti completamente diversi. I paesi che si definiscono disinvoltamente e strumentalmente “dittature”, da parte, tra l’altro, di chi è sottoposto alla più feroce dittatura finanziaria e alle più proterve manipolazioni mediatiche, hanno alle spalle una storia diversa. E sono usciti all’indipendenza e alla modernità solo da pochi decenni, dopo secoli e millenni di tirannie imperiali. Erano dominati da autocrazie distanti e sanguinarie, romana, ottomana, britannica, francese e altre. Non gli era consentita la minima autodeterminazione politica, se non una limitata gestione degli affari locali minori, specie sulle controversie giudiziarie. Ogni forma di organizzazione politica era bandita. La tribù poteva darsi al massimo un capo, nella persona più anziana o autorevole, per le questioni locali e per l’interlocuzione con gli emissari dell’impero. Nell’immaginario collettivo, all’inizio dell’era dell’indipendenza e della nazione, il quadro era quello tribale del capo e dell’assemblea degli anziani. Non poteva non perpetuarsi all’alba della nascita dello Stato, tanto più se questo era da attribuirsi al merito di un padre della patria come è stato il caso nella maggioranza dei paesi decolonizzati. Credo che la legittimità di un governo, poi, si misuri anche dal consenso e dal confronto con la situazione del passato. Quella determinata da noi democratici europei.
Noi italiani, poi, del resto come gli inglesi, che con Churchill hanno gasato i civili iracheni, o i francesi delle torture algerine, dovremmo adottare un po’ di cautela nelle condanne. Il maresciallo Graziani ha sterminato un terzo del popolo libico, 600mila, Gheddafi ha dato a tutti i libici dignità, acqua potabile e benessere, come riconosciuto dall’ONU che, nel 2011, aveva ancora classificato la Libia prima per “sviluppo umano” in Africa.
Aggiungo alcuni illuminanti dettagli, già ripetutamente riferiti in miei articoli sul blog e su FB, oggi riassunti da chi si occupa del caso da tempo e che non dovrebbero essere trascurati da chiunque voglia occuparsi, in alternativa ai produttori di fake news nei mass media al servizio del revanscismo neocoloniale, di politica estera con onestà e competenza.
Grazie dell’attenzione.
Con stima per tanta parte che il M5S e tu avete avuto nel prospettare agli italiani una sorte migliore.
Fulvio Grimaldi
www.fulviogfrimaldicontroblog.info
*-Giulio Regeni è stato* un brillante studente che ha studiato a lungo negli USA e poi in Gran Bretagna (UK).
*-Nel momento in cui* è stato inviato in Egitto per effettuare una non ben precisata “ricerca” sui sindacati indipendenti egiziani, stava per conseguire un dottorato di ricerca presso la prestigiosa Università di Cambridge.
*-In precedenza, nell’UK,* aveva lavorato negli anni 2013-2014 anche per la Oxford Analytica, una vasta organizzazione con migliaia di dipendenti, presente in molti paesi del mondo, incaricata ufficialmente di svolgere “analisi politiche” i cui principali dirigenti erano:
--John Negroponte (cittadino USA), già importante agente della CIA ed organizzatore degli squadroni della morte in America Centrale che uccidevano gli oppositori antimperialisti di quell’area;
---David Young (cittadino USA), già membro del gruppo di spie implicato nello scandalo Watergate, incaricato dal Presidente Nixon di spiare e raccogliere informazioni sul rivale Partito Democratico;
--Colin McColl (cittadino UK), già alto dirigente del noto servizio di spionaggio britannico MI6 (quello di 007).
*--In Egitto Regeni* era anche “visiting scholar” dell’Università Americana del Cairo, notoriamente implicata in iniziative atte a diffondere il pensiero e l’influenza USA nella classe colta egiziana e difendere gli interessi statunitensi.
*-Durante il periodo* in cui è stato in Egitto, Regeni ha pubblicato con uno pseudonimo vari articoli sui sindacati egiziani, anche sul “Manifesto”, ma si sa pochissimo sulla sua attività di “ricerca”.
*-E’ certo che Regeni* avesse agganciato il sindacalista Abdallah, capo del sindacato degli ambulanti.
*--In una registrazione* (parziale) diffusa da organi di stampa italiani qualche mese fa, si sente Regeni offrire 10.000 dollari ad Abdallah in cambio di fantomatici “progetti” non meglio specificati. Abdallah, già in contatto con la polizia egiziana, registra il colloquio e chiede a Regeni denaro per sé.
Regeni rifiuta e si mostra molto prudente. Forse già sa, o sospetta, che Abdallah lo sta registrando e lo ha già denunciato alla polizia. Di fatto Regeni è “bruciato”.
*-Il 25 gennaio 2016* Regeni scompare in circostanze mai chiarite. Il suo cadavere, recante segni di gravi maltrattamenti e percosse, viene ritrovato il 3 febbraio in un luogo aperto, non nascosto e di facile accessibilità, presso l’inizio dell’autostrada per Alessandria.
*-Proprio in quei giorni* è in corso al Cairo un’importante riunione economica tra una delegazione italiana guidata dalla Ministra Federica Guidi ed una delegazione del Governo Egiziano. Tra gli argomenti trattati anche eventuali concessioni all’ENI relative al più grande giacimento di gas off-shore del Mediterraneo scoperto presso la costa egiziana.
*-Il Ministro Guidi* rientra precipitosamente in Italia (anche se si ritiene che trattative economiche siano continuate sottobanco).
*-Le autorità italiane* accusano gli inquirenti egiziani di scarsa collaborazione nelle indagini sull’assassinio e l’ambasciatore italiano viene fatto rientrare dal Cairo. Tutta la stampa italiana, ed i partiti ed i movimenti politici, tranne poche eccezioni, si scatenano in una prolungata campagna contro il Governo Egiziano, accusato quale mandante dell’omicidio (ma senza prove concrete).
*-L’Università di Cambridge* rifiuta di collaborare con gli inquirenti italiani per chiarire l’esatto mandato ricevuto da Regeni. Nessuna pressione viene fatta dal Governo Britannico sull’Università di Cambridge o sulla Oxford Analytica perché forniscano chiarimenti sull’attività di Regeni. Lo stesso si può dire per il Governo USA nei confronti dell’Università Americana. Il Governo italiano non esercita pressioni e non prende alcun provvedimento verso le istituzioni ed i Governi di cui sopra.
*-Solo pochi gruppi o persone* in Italia si pongono il problema del “cui prodest”. L’omicidio Regeni ha certamente messo in difficoltà il governo egiziano, posto sotto accusa, e che non aveva interesse ad eliminare un informatore di basso profilo già “bruciato”. L’assassinio ha invece fortemente favorito gli interessi economici di altri paesi, come UK e Francia, che si sono affrettati a concludere una serie di accordi economici con l’Egitto profittando dell’allentamento dei rapporti Italia-Egitto e non mostrando nessuna solidarietà con l’Italia. Non appare peregrina l’ipotesi che l’informatore di basso profilo Regeni, già “bruciato”, sia stato “sacrificato” per creare una situazione come quella descritta sopra, magari con la complicità di qualche gruppo deviato dei servizi egiziani (eventualmente infiltrato dalla Fratellanza Musulmana, all’opposizione).
–*Recentemente il Governo* italiano decide di cambiare politica e riallaccia relazioni con l’Egitto, parlando di partnership ineludibile e di una possibilità di una maggiore collaborazione dei due stati anche nelle indagini.
-Si scatena l’attacco di ampi settori politici e della stampa, spesso facenti parte dell’area dell’interventismo “umanitario” (già sponsor delle guerre in Jugoslavia, Libia e Siria) al Governo, reo di un eccesso di realismo politico. Si comincia però in vari settori ad avanzare anche una critica alla non collaborazione di Cambridge e ad porre ipotesi alternative sull’omicidio e domande sulla reale attività di Regeni.
–*In un’intervista* il gen. Tricarico, ricoprente incarichi governativi (vedi sotto), ribatte alle accuse, parlando di “utili idioti” che non comprendono il reale contesto di questi tragici avvenimenti.
Fulvio Grimaldi
Fonte: http://fulviogrimaldi.blogspot.it
Link: http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2017/09/regeni-
new-york-times-dittatori-caro.html
8.09.2017
Sul referendum consultivo nel Kurdistan iracheno molte le perplessità della comunità internazionale: conflitti politico-tribali, crisi economica, ma soprattutto le possibili ripercussioni sullo scacchiere regionale.
Il prossimo 25 settembre, nella Regione autonoma del Kurdistan iracheno (KRG), è previsto un referendum consultivo che chiamerà gli elettori a pronunciarsi sull'indipendenza. Il quesito è: vuoi che la regione del Kurdistan e le aree curde al di fuori dell'amministrazione della regione diventino uno stato indipendente?
Le aree al di fuori dell'amministrazione del KRG includono città economicamente e strategicamente importanti (come Kirkuk, Khanqin, Sinjar e Makmor, occupate dai peshmerga curdi nel conflitto con il cosiddetto Stato islamico) e il cui controllo è motivo di disputa con il governo centrale iracheno. Anche per questo, con l'eccezione di Israele, favorevole a un'eventuale indipendenza del KRG, la comunità internazionale ha espresso le sue perplessità a riguardo, richiamando al rispetto del diritto internazionale (Russia) e della costituzione irachena (Iraq, Iran, governo siriano) e al dialogo con il governo di Baghdad (Russia e Unione Europea) e argomentando che sarebbe meglio rinviare la consultazione a data da definirsi, per non perdere di vista le priorità attuali in Medio Oriente (Stati Uniti e Gran Bretagna) e per non creare altri conflitti. Turchia e Iran, inoltre, hanno chiamato in causa il rispetto della sovranità e dell'integrità territoriale irachene.
Oltre all'Iraq, la questione curda riguarda anche Siria, Turchia e Iran. In Siria i curdi, grazie alle vittorie sul campo nella guerra contro i cartelli del jihad del cosiddetto Stato islamico (IS), cui ha contribuito il sostegno USA, hanno proclamato la Federazione democratica della Siria settentrionale, modello di stato multietnico e multiconfessionale, alternativo al KRG. La sua impostazione politica è, teoricamente, ispirata a principi come il confederalismo democratico, l'ecologia e la parità di genere, propalati da oltre un decennio da Abdullah Öcalan, guida del Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK), ancora detenuto nel carcere turco di massima sicurezza di İmralı. Il suo progetto, abbandonata la linea marxista dopo il crollo dell'Unione Sovietica, era indurre la società curda (in particolare in Turchia, ma non solo) a superare i retaggi feudali e tribali, ma da questo punto di vista i risultati sono ancora modesti, complice l'arretratezza economica. Al PKK, inoltre, i curdi siriani del Partito di unione democratica (PYD) e della sua ala armata, le Unità di difesa popolare (YPG), devono in buona misura i successi bellici, ma i legami con questo partito rischiano di minare il loro “esperimento politico” e di privarlo di una qualsiasi legittimazione internazionale. Intanto, il PKK da qualche anno raccoglie un numero crescente di consensi tra i curdi iracheni, molti dei quali sono insoddisfatti della gestione del KRG da parte del presidente Massud Barzani e del suo Partito democratico del Kurdistan (KDP)e non trovano alternative valide nelle altre forze politiche, l'Unione patriottica del Kurdistan (PUK, indebolito dal ritiro dalla vita politica di Jalal Talabani) e il movimento Gorran, fondato nel 2009.
Tale evoluzione preoccupa alquanto la Turchia (che pure ha ottime relazioni con il KDP di Barzani), anche perché, da quando Öcalan è in prigione, le redini del PKK rischiano di passare nelle mani di personalità meno propense al dialogo e a rinunciare alla lotta armata, iniziata nel 1984. Qualche speranza di soluzione del conflitto era venuta dal processo di pace avviato nel 2013 dall'allora primo ministro turco Recep Tayyip Erdoğan e da quest'ultimo interrotto nel 2015. La distensione, peraltro, è resa più ardua dall'emarginazione cui il governo di Ankara ha condannato il Partito democratico dei popoli (HDP), di cui dieci esponenti, compreso uno dei due presidenti, Selahattin Demirtaş, sono in carcere per condanne relative al terrorismo, mentre altri quattro, tra i quali l'altra presidente Figen Yüksekdağ, si sono visti revocare il mandato parlamentare. Impedendo all'HDP di avere una rappresentanza parlamentare proporzionale al consenso riscosso tra la popolazione, Erdoğan rischia di avvalorare la tesi dell'inefficacia di una soluzione politica per il Sud-est a maggioranza curda, “affidandone”, di fatto, la gestione all'artiglieria.
In Iran, dove la comunità curda è più integrata nel tessuto sociale, il presidente Hassan Rohani, che nel dicembre 2016 aveva promulgato la Carta dei diritti del cittadino (volta a garantire pari diritti a tutti i cittadini della Repubblica islamica), ha visto aumentare negli ultimi mesi la tensione tra i curdi e le autorità iraniane. Il Partito democratico del Kurdistan iraniano (PDKI, legato al KDP ed esiliato nel KRG da circa vent'anni) ha annunciato di voler riprendere la lotta armata per indebolire la Repubblica islamica, come ha dichiarato di recente il suo leader Mustafa Hijri. Scontri tra gruppi armati curdi e l'esercito iraniano si sono verificati dal 2015, con ingenti perdite da entrambe le parti. Ma la principale preoccupazione di Tehran riguarda i curdi salafiti, alcuni dei quali si sono arruolati nelle formazioni jihadiste in Iraq, compreso l'IS. Basti citare Abu Aisha al-Kurdi, che ha più volte attraversato il confine tra Iran e Iraq prima di essere ucciso nel novembre 2016 dalle forze di sicurezza di Tehran. Secondo il Ministero dell'intelligence iraniano, inoltre, almeno quattro componenti dei due commandos che lo scorso 7 giugno hanno assaltato il Parlamento iraniano e il Mausoleo di Khomeini a Tehran erano salafiti curdi. Rohani ha scelto la linea diplomatica e della distensione: alleanze e intese con Russia e Turchia e la nomina, lo scorso agosto, di un curdo come Ministro del Petrolio. Si tratta di Bijan Namdar Zangeneh, che dal 1984 ha ricoperto cariche simili durante i governi di Mirhossein Mousavi, Ali Akbar Hashemi Rafsanjani e Mohammad Khatami.
Persino tra i curdi iracheni non tutti sono d'accordo con il referendum sull'indipendenza, che in molti considerano un espediente demagogico di Massud Barzani e del KDP per distogliere l'attenzione dalla cattiva gestione dell'economia e della società della regione, anche prima dell'inizio del conflitto con l'IS. Alla radice della questione c'è la struttura sociale curda, tribale e ancorata ai legami familiari e di clan, sostanzialmente ricalcata dall'appartenenza di partito e dalla distribuzione di cariche amministrative e di polizia nella regione. Barzani, membro di una delle tribù più potenti, è stato più volte accusato di un eccessivo accentramento di poteri e un'eventuale indipendenza rischia di acuire le divisioni e gli attriti tra le forze politiche attive nel KRG. Da oltre un secolo, passando per il trattato di Sèvres e per l'accordo di Losanna, i curdi sono stati spesso strumentalizzati dalle potenze mondiali e regionali che, dopo aver promesso loro autonomia o indipendenza, una volta raggiunti i loro scopi, hanno voltato loro le spalle. Per citare un esempio, gli USA negli anni '70 sostenevano lo Shah di Persia che istigava la rivolta dei curdi contro l'Iraq filo-sovietico di Ahmad Hassan al-Bakr. Ma, dopo l'accordo tra Tehran e Baghdad del 1975, che pose fine alle dispute sul confine, Washinton e lo Shah negarono il loro appoggio ai curdi, lasciando che la loro insurrezione venisse repressa nel sangue.
La perplessità della maggior parte della comunità internazionale sul referendum sull'indipendenza del KRG ha dunque una motivazione pragmatica, ossia il timore delle ripercussioni di una vittoria del sì sull'intera regione: su paesi già sfiniti dalla guerra come Siria e Iraq, sulla Turchia, membro fondamentale dell'Alleanza atlantica (NATO), e sull'Iran, che ha in corso con la comunità internazionale un delicato negoziato sul programma nucleare. Inoltre, anche a proposito di un eventuale referendum in Catalogna, occorrerebbe riflettere lucidamente sia sull'opportunità di fondare stati fragili e geopoliticamente deboli in un'epoca di globalizzazione (processo che ha svuotato di senso il concetto di stato-nazione), sia sull'esito disastroso della disgregazione di entità statali eterogenee come la Federazione jugoslava e il Sudan, dalla cui dissoluzione sono nati stati che ancora oggi non godono di alcuna forma di autosufficienza. Trattandosi di indipendenza, sarebbe opportuno dunque chiedersi: indipendenza da cosa?
04.09.2017 - Mesi fa 108 ricorrenti presentarono una causa legale che chiedeva che venga stabilita una legislazione che regoli le funzioni della Commissione per l’Energia Atomica Israeliana (IAEC), i suoi ruoli, autorità, forma di organizzazione e gestione, e per chiedere il controllo delle sue attività e dei suoi impianti. In qualsiasi paese democratico è una cosa ovvia, un settore così importante non può essere lasciato al completo arbitrio del governo.
Infatti l’IAEC fu creata nel 1952, ma i suoi ruoli e i metodi di controllo delle attività non sono mai stati regolati da una legge: essi furono stabiliti con ordini amministrativi segreti, emessi dall’allora Primo Ministro David Ben-Gurion, e in seguito con una serie di decreti governativi pure segreti. La Commissione si occupa di temi che riguardano la salute e la sicurezza dei cittadini israeliani, compresi la sicurezza nucleare, l’autorizzazione degli impianti e delle attività, il trattamento delle scorie nucleari (pensiamo alle vicende e le contestazioni del progetto di deposito nucleare nazionale in Italia), oltre ad essere consulente del governo per la politica nucleare.
È appena il caso di ricordare che Israele non ha mai ammesso ufficialmente e pubblicamente l’esistenza del suo arsenale nucleare, e non ha aderito al Trattato di Non Proliferazione: che cosa accadrebbe in qualsiasi altro paese che tenesse segreto ai suoi stessi cittadini il proprio arsenale nucleare?
Il governo israeliano aveva chiesto alla Corte Suprema di rigettare totalmente la causa, senza nessuna udienza, sostenendo che la Corte Suprema non ha l’autorità di ordinare al primo ministro di legiferare. Ma la Corte ha respinto la posizione del governo: questa è la prima volta nella storia dello Stato di Israele che una corte esercita una critica legale sulla IEAC e le sue attività. Durante l’udienza i giudici si occuperanno dei regolamenti più segreti dello Stato di Israele, e decideranno se essi sono soddisfacenti e se consentire al governo di continuare ad usarli, oppure accettare la richiesta dei ricorrenti di stabilire una legislazione che regoli le operazioni e consenta un reale controllo.
Shimon Dolev, Direttore del Movimento Israeliano per il Disarmo, ha dichiarato che “il solo fatto che la Corte Sprema esaminerà questo caso è una vittoria. … Speriamo che a seguito di ciò, sia che vinciamo o che perdiamo, avremo alla fine una discussione vera sulla natura del controllo della IAEC e delle sue strutture. Questa non è la fine del ‘regno del segreto’, l’ambiguità nucleare di Israele non cambierà, ma la sicurezza dei cittadini deve essere tenuta in conto più della convenienza dello Stato e della Commissione”.
Si tenga presente che la IAEC ha il compito di controllare che il reattore nucleare di Dimona operi secondo la legge e non in segreto: il reattore fa parte del centro segreto nel deserto del Negev in cui è stato sviluppato l’arsenale nucleare di Israele.
Anche il Prof, Avner Cohen, dell’Istituto Internazionale Middlebury di Monterrey, autore del libro Israel and the Bomb (1998), ha riconosciuto la novità senza precedenti di questa udienza, perché la Corte Suprema riconosce che la situazione attuale è altamente problematica.
Per gentile concessione dell'agenzia di stampa Pressenza