L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni.


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Kaleidoscope (1404)

Free Lance International Press

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January 04, 2018
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 Putin con il card. Parolin

In questi ultimi tempi molti media parlano di un possibile viaggio di papa Francesco a Mosca, sembra che il Vaticano stia preparando questa ipotesi. Ultimamente tra Vaticano e Putin esiste una nuova politica, soprattutto per quanto riguarda quella estera, e nel messaggio di fine anno di auguri ai leader mondiali Putin ha sottolineato nella missiva indirizzata alla Santa Sede: “che la speranza del dialogo costruttivo per proteggere la pace e i valori umani tra Russia e Vaticano continui ”.

Le visite di Putin in Vaticano, le telefonate con Papa Francesco, hanno creato relazioni di fiducia, ha dichiarato Alexander Avdeev l'ambasciatore russo presso il Vaticano e prelude ad una visita del pontefice in Russia.

Naturalmente sarà interessante anche l'incontro con il Patriarca Kirill, già incontrato il 12 febbraio nel 2016 a Cuba e quella data fu già di per se un evento storico: la chiesa d'occidente e quella d'oriente si divisero nel grande scisma del 1054.

Nel 2017 ci sono stati degli avvenimenti importanti per le relazioni tra Vaticano e Russia e ciò rende sempre più probabile il viaggio di Papa Francesco a

 SAN NICOLA 3
 Reliquia di San Nicola Bari

Mosca.   Nel maggio scorso, dopo 930 anni, la reliquia di San Nicola dalla Cattedrale di Bari ha raggiunto la capitale russa e in agosto c’è stata la visita del Cardinale Pietro Parolin che ha incontrato il Patriarca Kirill e Putin.

Tutto ciò fa pensare che il 2018 sarà l'anno di Papa Francesco e Putin, oppure sarà un anno che rimarrà nelle date della storia, e cioè del riavvicinamento tra chiesa cristiana e chiesa ortodossa ....staremo a vedere

January 04, 2018

Armi Italia 720x480Dovremmo smetterla di aiutare i paesi del Terzo Mondo, quelli in via di sviluppo, smettere di ”aiutarli a casa loro”, per lo meno non con il modo spesso portato avanti finora.

Smetterla di approntare “missioni di pace”, avvallate dall’ONU, supportate dai caschi blu, far passare convogli di aiuti umanitari e a seguire tonnellate di bombe, cibo in scatola e milioni di mine antiuomo, supporto logistico e fiumi di armi.

Dovremmo smetterla di indignarci, quando scopriamo che il nostro Ministero della Difesa, allora presieduto dalla signora Pinotti, non andava propriamente a intrattenere “relazioni diplomatiche” con l’Arabia Saudita. Improvvisamente svegliarci un mattino e candidi come un fiocco di neve esclamare indignati…”Oh ma che schifo in Yemen! Bombe italiane che hanno ucciso bambini”

Smetterla, perché la stessa identica cosa avviene da anni in Palestina con le forniture Beretta, Melara, Finmeccanica ecc.

Smetterla di sorprenderci se con quelle stesse armi, in Palestina, qualcuno sparerà alle ginocchia dei bimbi, così da renderli infermi, oppure farà fuoco mirando ai genitali degli uomini, affinché non si possano riprodurre, o ancora piangere quando nei raid israeliani sui campi profughi i civili vengono uccisi con i Mangusta di produzione tutta italiana.

Smetterla di far finta di non sapere che l’Italia da anni è il maggiore esportatore dell’Unione Europea di sistemi militari e di armi leggere dirette verso Israele, con medie di 500 milioni di euro l’anno per esportazione di sistemi militari (dati del Rapporto UE).

Smetterla di dirci “italiani brava gente”, quando da tempo siamo nella “top ten” mondiale dei paesi che esportano più armi. Vicini ai 15 miliardi di forniture d’armi nel 2016, un fatturato raddoppiato dal 2015, e quadruplicato dal 2014, dove oltre il 60% delle nostre armi sappiamo bene finirà in paesi fuori dall’Unione Europea e dalla NATO, paesi coinvolti in guerre, in stermini di massa, in omicidi di Stato.

Smetterla di lavarci la coscienza scrivendo “Verità per Giulio Regeni”, quando siamo legati da anni all’Egitto con tutti i tipi di forniture commerciali, quella di armi in primis fra tutte.

Smetterla di piangere mano sul petto e posa solenne i nostri militari morti all’estero, quando poi in Iraq a Baghdad e a Nassiriya, i terroristi sparavano contro i nostri carabinieri con delle armi Beretta.

Magari stupirci se scopriremo un giorno che, nella “missione umanitaria” italiana in Niger, oltre alla lotta al traffico di esseri umani e al terrorismo internazionale, indisturbato qualcuno con le armi faceva affari.

Sì, per compassione, se non per coerenza, bisognerebbe smetterla una buona volta, dal momento in cui la stessa identica cosa avveniva in Bosnia e in tutta la Ex-Jugoslavia, già 25 anni fa, nell’estate del 1993: da una parte migliaia di volontari civili venuti da tutto il mondo, in marcia verso Sarajevo e Mostar, tentando di riallacciare il dialogo fra le popolazioni, istituire una tregua, porre fine alla guerra, mentre dall’altra i governi europei, la NATO e l’ONU realizzavano e proteggevano a suon di bombe sganciate dal cielo, “corridoi umanitari” non tanto per garantire una via di fuga alle migliaia di profughi e disperati, bensì il passaggio delle merci, di tutti i tipi di merci, specie quelle con cui si alimentano le guerre. Era il 7 di agosto del 1993,  sulla strada che va a Sarajevo, col sottofondo di cicale in amore, quando la radio gracchiò: di qua c’eravamo noi volontari civili, a migliaia in ascolto, dal cui  passaggio nasceva una miracolosa quanto fragile tregua, dall’altra parte della nostra radio da campo, Umberto Playa, Responsabile Unità di Crisi del Ministero degli Esteri, concitato ci avvisava, su delega Farnesina, di fermarci,  che dovevamo arrestare subito la marcia di pace, che di ora in ora il nostro proseguire diventava sempre più pericoloso. A seguire, l’allora Ministro degli Esteri, ci informò che la Nato il giorno dopo e quello ancora  successivo avrebbe effettuato un “bombardamento dimostrativo” poco più avanti, proprio lungo la strada che ci avrebbe condotto a Sarajevo e difatti il “bombardamento amico” poco più avanti,il giorno seguente avvenne.

Fu così, che l’allora marcia della pace “Mir Sada”, con la fragile tregua al suo passaggio, si arrestò.

Quel giorno fummo in molti a perdere come un senso di verginità interiore, un candore che ci faceva sentire “buoni” e a capire che eravamo noi occidentali, con le nostre bombe e le nostre armi, i “cattivi” . Fummo allora ingenui testimoni di eventi di guerra e del traffico d’armi e vite umane, lo stesso che ha poi contraddistinto tutti gli anni a seguire, fino ad oggi.

Anche Padre Albino Bizzotto, fra i promotori della marcia, gridò allora di smetterla.   In quel giorno caldo e riarso dal sole, in un campo, Albino prese coraggio e voce, e con l’amaro in bocca e lo sguardo abbassato disse: “Le condizioni in questo momento non ci permettono oggettivamente di passare senza il sacrificio sicuro di qualcuno di noi. E’ arrivato il momento, non soltanto di chiedere aiuto, ma di chiedere con determinazione, di pretendere, dai nostri governi e dalla Comunità Internazionale, di assumere la responsabilità perché siano garantiti i nostri diritti umani elementari. Noi non accettiamo, che vengano difese le merci, che possano passare le merci, e invece le persone portatrici di pace non abbiano la possibilità e il diritto di passare.”

Ancora prima di Albino in questi stessi giorni nel dicembre di 34 anni fa, ci fu un giornalista che ci diceva di smetterla di pensare che la Mafia fosse un problema del Sud, uno di quei giornalisti veri, che il proprio lavoro lo faceva bene, con passione e fino in fondo.

Un giornalista siciliano, che autofinanziato con fondi propri aveva realizzato un giornale indipendente, “I siciliani”, dove era apparsa un’inchiesta scottante. Aveva fatto nomi e cognomi degli allora esecutori mafiosi, collegandoli poi ai mandanti, alle teste pensanti di uno Stato di mafia, insediati ormai da anni fra le più alte cariche del paese Italia e non solo.

Non possiamo ora stupirci, quando di fronte a Enzo Biagi, nella sua ultima intervista, oltre 30 anni fa, un giornalista indipendente, già ci ammonì:   “Mi rendo conto che c’è un’enorme confusione sul problema della mafia. I mafiosi stanno in Parlamento, i mafiosi a volte sono ministri, i mafiosi sono banchieri, i mafiosi sono quelli che in questo momento sono ai vertici della nazione. Non si può definire mafioso il piccolo delinquente che arriva e ti impone la taglia sulla tua piccola attività commerciale, questa è roba da piccola criminalità, che credo abiti in tutte le città italiane, in tutte le città europee. Il fenomeno della mafia è molto più tragico ed importante; i mafiosi non sono quelli che ammazzano, quelli sono solo gli esecutori.” […]  “I mafiosi sono quelli che stanno ai livelli più alti e incensurati. Un’organizzazione che riesce a manovrare 100.000 miliardi l’anno (delle allora lire) più del bilancio annuale dello Stato Italiano, è in condizione di armare degli eserciti, è in grado di possedere delle flotte, di avere un esercito proprio, e di fatti sta accadendo che la mafia si sia pressoché impadronita almeno in Medio Oriente del commercio delle armi, del mercato delle armi. Diciamo che di questi centomila miliardi di giro, un terzo circa resta in Italia e allora bisogna pure impiegarlo in qualche modo… bisogna riciclarlo, ripulirlo, reinvestirlo e allora, ecco le banche, le nuove banche, questo pullulare, questo proliferare di banche nuove ovunque, servono apposta per riciclare.  Il Generale Dalla Chiesa lo aveva capito, Dalla Chiesa aveva avuto questa grande intuizione, quella che lo portò alla morte; intuì che era dentro le banche che bisognava frugare, che lì c’erano decine di migliaia di miliardi insanguinati, che venivano immessi dentro le banche e che ne uscivano per andare verso opere pubbliche.  La mafia non è più un problema siciliano e nemmeno italiano, ma europeo.”

Quel giornalista si chiamava Giuseppe Fava,  pochi giorni dopo aver rilasciato l’intervista, il 5 gennaio del 1984, pagò con la vita proprio perché fece bene il suo lavoro.

Siamo arrivati al 2018. Forse sarebbe l’ora di smetterla con le armi.

 

Per gentile concessione dell'agenzia di Stampa Pressenza

 

“Non possiamo avere due cuori, uno per gli animali e un altro per l’uomo; tra la crudeltà verso l’uno o l’altro non c’è nessuna differenza, tranneper la vittima”

(Lamartine, poeta e uomo politico francese,1790-1869)

Quando l’amore è vero non è mai selettivo, esclusivo, mai limitato, mai unidirezionale: si manifesta senza limiti e senza distinzione di specie, di razza, di genere. Solo ciò che è universale è autentico. E’  in errore chi dice di amare gli umani, di nutrire premure, rispetto, attenzioni ma non è capace di estendere tale sentimento agli animali, soprattutto se a causa delle sue scelte alimentari o per altri  deprecabili scopi li condanna a sofferenze e a morte. Anche la vera compassione non è mai di parte, mai circoscritta: si manifesta sfericamente, ed è questo ciò che caratterizza l’etica universale della  cultura vegan. Allo stesso modo il senso di giustizia: se è autentico non si manifesta solo in alcuni casi.

Se un uomo rifiuta di causare violenza agli animali non può causarla ai suoi simili. Se condivide la sofferenza di un animale sarà sensibile alla sofferenza delle persone. E se da valore alla vita dell’animale  darà sicuramente valore alla vita degli uomini.

Tutte le grandi tragedie umane nascono dalla tendenza a separare se stessi  dagli altri, dal vedere il “diverso” un possibile nemico, dall’essere indifferenti verso gli effetti prodotti dalle nostre azioni. Ma  un uomo buono, giusto e compassionevole non è mai capace di azioni delittuose. Avere un animo buono è come possedere una buona vita che consente di percepire con uguale nitidezza tutte le cose;  ma il miope, presbite o ipermetrope percepisce con chiarezza solo una parte della realtà vivente.

Quando vi sarà la volontà politica, sociale, morale e religiosa di favorire lo sviluppo nell’animo umano i valori fondamentali della vita allora e solo allora vi sarà un mondo migliore.

Sotto le note di ''5 Minuti'' , colonna sonora di uno dei piu' famosi film sovietici ''Notte di Capodanno'', Free Lance International Press da Mosca, vi augura un felice anno nuovo con le bellissime immagini di festa sulla Piazza Rossa...un buon 2018 !

Lyudmila Gurchenko fu l'attrice nel ruolo principale di questo film e la pellicola fu diretta da uno piu' famosi registi sovietici, Eldar Ryazanov. La canzone fu cantata dalla stessa Gurchenko e da come si puo' intuire il titolo e' basato sull'idea che mancano solo cinque minuti all'anno nuovo, questa canzone divento' un vero inno natalizio.

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 Merigar, il tempio della Grande Contemplazione

Luigi Vitiello è medico e psicoterapeuta. Allievo di Choegyal Namkhai Norbu dal 1977, si è formato sotto la sua guida come insegnante di Yantra Yoga e meditazione. Tiene corsi e seminari sulla medicina tibetana in varie parti d’Italia ed è autore di vari articoli su questi temi.

D – Cosa l’ha attratta della filosofia tibetana e di conseguenza dello Yantra Yoga?

R. - Credo che il Tibet e la sua religione, o filosofia secondo i punti di vista, abbiano sempre avuto un fascino particolare su chi ne è venuto in contatto.

Leggendo fin da ragazzo le storie di chi aveva viaggiato in quelle terre, coglievo sempre una particolare attrazione e un profondo rispetto per quella cultura così lontana dalla nostra, eppure capace di suscitare ammirazione per la profondità delle sue conoscenze.

Così quando ebbi l’opportunità di incontrare Choegyal Namkhai Norbu, un Lama tibetano che allora era professore associato all’Istituto Universitario Orientale di Napoli, la città dove vivo, e insegnava questo particolare yoga, decisi di seguirlo.

D – Quali sono le differenze con altre tipologie di Yoga praticate oggi anche in Occidente?

R. – Lo Yantra è uno yoga particolarmente dinamico: lavora principalmente sincronizzando movimento e respirazione. In questo modo, armonizzando l’aspetto somatico e quello energetico, ottiene rapidamente effetti anche sul livello mentale e questo si può percepire fin dalle prime lezioni.

D – In qualità di insegnante ha verificato eventuali resistenze/difficoltà negli allievi occidentali a praticare correttamente e accettare la disciplina che comporta un corretto apprendimento?

R. – Non direi. Credo anzi che proprio le sue caratteristiche lo rendano particolarmente adatto a noi occidentali, abituati a una vita piuttosto dinamica.

Certo ci sono vari livelli e occorre progredire senza fretta, ma il Maestro ha organizzato i corsi di formazione in modo molto rigoroso perché gli insegnanti possano essere in grado di seguire adeguatamente gli allievi interessati.

D – Quanto conta l’ambiente in cui si riceve l’insegnamento, sia per il docente che per l’allievo?

R. – Certamente il luogo dove si pratica ha una sua importanza. Così come una seduta di psicoterapia non si può tenere in modo efficace stando seduti al tavolino di un bar affollato, così entrare in una pratica yogica riesce meglio in un contesto dove ci sia silenzio, aria pulita, ecc.

D – Con quali modalità è stata scelta la località di Merigar per realizzare il centro Dzogchen in Toscana, il più grande d’Italia?teaching at Merigar Gonpa 4

R. – Quando il Maestro cominciò a dare i primi insegnamenti, eravamo in pochi a seguirlo e Lui ci chiese di non dare nessuna pubblicità a questi incontri: funzionava solo il passa parola.

In poco tempo comunque si raccolsero troppe persone per poterci riunire in una struttura pubblica, così il Maestro pensò che fosse opportuno trovare un nostro spazio e che sarebbe stato meglio se fosse nell’Italia centrale, per essere raggiunto facilmente sia da sud che dal nord.

Così in molti ci mettemmo a cercare un terreno adatto per creare il nostro centro e quando venne indicato il podere su cui poi è sorta Merigar, il Maestro, dopo averlo visto, lo riconobbe come il posto giusto. Scoprimmo poi che la zona del Monte Amiata in alcune guide era chiamata “il piccolo Tibet”...

D – Può lo Yantra Yoga essere insegnato anche ai bambini, e che ne pensa della proposta di Gentiloni di inserire l’insegnamento yoga, come per la ginnastica, a partire dalle scuole dell’obbligo?

R. – Non sapevo di questa proposta, e mi sembra ottima. Ma lo Yoga non è, nè penso che debba diventare, solo una forma di ginnastica. Credo si possa definire come il più antico “manuale d’uso” per noi esseri umani. Infatti, partendo dal corpo, ci rende consapevoli del respiro, dei movimenti e dei pensieri; ci educa a una padronanza rilassata e non competitiva di noi stessi e più presto si comincia a praticarlo, migliori e più profondi sono i suoi effetti.

Lo Yantra Yoga poi ha una forma specifica dedicata ai bambini, chiamata Kunar Kumari, studiata da Choegyal Namkhai Norbu proprio per loro, in modo da coinvolgerli divertendoli, come un gioco. A Napoli abbiamo già esperienze molto interessanti di questo Yoga praticato in una scuola per l’infanzia.

D – Quali attività si organizzano nel corso dell’anno a Merigar?

R. - Oltre ai seminari intensivi che si svolgono periodicamente sia per principianti che per allievi esperti, credo sia importante ricordare la settimana di “Vacanze Yoga per adulti e bambini” che da anni Merigar organizza in estate.

E’ un’occasione rivolta a chi vuole avvicinarsi a queste discipline per trascorrere una vacanza sana e non stressante, anche in compagnia dei bambini, a cui vengono dedicati spazi di animazione mirati secondo l’età.

In quei giorni, oltre la pratica dello Yantra Yoga e della meditazione, viene particolarmente curata anche l’alimentazione. E’ una formula che si è perfezionata negli anni e sta ottenendo un crescente interesse.

December 27, 2017

4Attentato terroristico ieri sera a San Pietroburgo in un supermercato in piazza Ka1linin, 13 i feriti. L'ordigno rudimentale pari a 200 grammi di TNT era riempito di chiodi e bulloni.

 

Il supermercato era affollato di gente, sono i giorni che precedono il capodanno ortodosso, la festa più sentita dai i russi che, per tradizione, scambiano i regali durante la notte di San Silvestro.

In un video della sorveglianza del supermercato si vede il presunto terrorista mentre lascia uno zaino, l'ordigno era nell’area che ospita gli armadietti per depositare borse e valigie. Sembra che il sospettato non sia di origine slava.

Non si sono fatti attendere i messaggi dei sostenitori dell'ISIS inneggiando all'attentato di San Pietroburgo e tra i messaggi lasciati si legge: ''Daremo ai Crociati un assaggio della loro stessa medicina''.

Dieci giorni fa, con l'aiuto della CIA americana, era stato sventato un attentato, sempre a San Pietroburgo, che come obiettivo aveva la cattedrale di Kazan, situata sulla famosa strada della Prospettiva Nievski. Il piano prevedeva altri 5attentati in vari luoghi affollati da gente. Nei giorni successivi Putin ha ringraziato telefonocamente Trump per il lavoro svolto dall’intelligence americana, e ha promesso di ricambiare il favore.7

''Se c’è rischio, non catturate nessuno e uccidere i terroristi sul posto'', queste sono state le parole dure rilasciate da Putin durante la cerimonia di premiazione al Cremlino per il personale russo che ha prestato servizio in Siria.

 491676acfdf4dc725fdff2e6b0b57256 MFrammenti che orbitano qua e là, individuati, carpiti; li commento e condivido con voi.

ULTIM’ORA

È MORTO Gualtiero Marchesi, un grande della cucina italiana che amava definirsi semplicemente “un cuoco”. Sua la frase cult:” Un piatto ha bisogno di studio, ricerca, passione e coreografia. Ma ricordarsi poi che dovrà piacere e soddisfare”. Così mi piace ricordarlo.

IMG 20160401 135319La Riflessione!

Ci siamo, come tutti gli anni. È Natale “dobbiamo spendere”. E per farlo servono dati economici “scacciacrisi”. Dobbiamo sorridere all’Anno Nuovo con i soliti, sempre uguali, dati sulla produzione vitivinicola. “Siamo la nazione che produce più vino al mondo”, “il nostro Prosecco batte lo Champagne”. Poi, conti alla mano, siamo terzi in ordine di fatturato e il nostro export, per oltre il 60%, è tirato dal vino in tetra pak (Tavernello, Ronco ecc…), dal prosecco e dal lambrusco. E al quarto posto c’è la CINA.

 

 

Frammento n. 1

Nasce VINTEGRA, Vino patrimonio comune.

 Vintegra

FederVini e AssoEnologi, nell’ambito dell’accordo “Vino Patrimonio Comune” hanno dato vita a VINTEGRA, sistema specializzato e garantito di servizi integrati basato sui principi dell’economia e della condivisione. “Vogliamo applicare i principi della sharing economy all’interno della filiera vitivinicola” ha affermato Riccardo Cotarella, presidente dell’Assoenologi. “Ogni singolo prodotto è oggi ambasciatore del saper fare italiano e quindi deve attingere da una rete di competenze e diventare patrimonio comune” ha aggiunto Sandro Boscaini, presidente di Federvini. Quindi dal 2018 contributo della ricerca e comunicazione nei mercati. Fare squadra!

 

 

vino vigne in toscanaFrammento n. 2

Vino: in Toscana (e non solo) il 2017 la peggior annata di sempre per quantità.

Il valore economico è previsto in 480 milioni di euro persi. Confagricoltura Toscana precisa che il tutto è dovuto dalla gelata di Aprile, dalla siccità estiva e dall’effetto ungulati (da non sottovalutare anche in altre regioni). Confagricoltura usa il termine devastante. Tutto quanto, ahimè, si ripercuoterà sul consumatore che sarà costretto a sborsare dal 20% al 40% in più per una bottiglia di vino.

 

 

Frammento n. 3image

Cantine ad emissioni zero.

Arriva dalla Spagna questa verde notizia. Miguel Torres, presidente della storica cantina iberica Bodegas Torres, ha presentato le nuove tecnologie che entro il 2032 potrebbero permettere di avere la prima cantina ad emissine zero di CO₂. In un prossimo futuro si prevedono aumenti delle temperature globali di oltre 2 gradi. Per questo la Bodegas Torres vuole essere in prima linea per recuperare e riutilizzare la CO₂. Intanto ridurrà entro il prossimo 2020 l’emissione di circa il 30%. La Cantina aziendale posta nel Penedes (Catalogna)ha già installata una caldaia a biomassa, installazioni solari e fotovoltaiche tanto da produrre il 25% delle proprie necessità.

Frammento n. 4

olivo NG13Leccino CSS 02 Minerva. Addio alla Xylella.

È uno dei cloni brevettati da un vivaio di Pistoia: Vivaio Attilio Sonnoli. Resistente al freddo e maggior qualità e quantità di produzione. Si chiama Minerva ed è stato dichiarato dall’Istituto per la Protezione sostenibile delle piante (CNR Bari) resistente alla Xylella, batterio che vive e si riproduce all'interno dell'apparato conduttore della linfa grezza (i cosiddetti vasi xilematici, portatori di acqua e sali minerali). Una speranza in più per i produttori pugliesi ai quali recentemente la Comunità Europea ha concesso la possibilità di reimpianto nelle zone infette.

Frammento n. 5

Un patto di filiera per rafforzare la competività della “pasta italiana”

Firmato in questi giorni un importante accordo che “sembra superare” la guerra del grano in Italia. Alleanza Cooperative, Confagricoltura,shutterstock 136439594 623x421 Cia, Copagri, Aidepi e Italmopa insieme per aumentare la disponibilità di grano duro italiano adatto alla pastificazione sostenendo gli agricoltori che scelgono di puntare sulla qualità. L’Italia è prima al mondo nella produzione ed export della pasta. Ma paesi emergenti come l’Egitto e la Turchia stanno facendo passi da gigante appoggiati dai propri governi. E noi… Serve adesso una risposta di “squadra”. Le intenzioni ci sono tutte in questo protocollo d’intesa. Rimarrà tale?

Osservo, scruto, assaggio e…penso. (urano cupisti)

Francesco Borromini, l’altro grande protagonista del Barocco, considerato l’antagonista di Bernini, moriva suicida nel 1667. In occasione del 350° anniversario, le celebrazioni si sono aperte con il Convegno Internazionale di Studi, che ha occupato tre giorni dall’11 al 13 dicembre e tre diverse sedi: Accademia Nazionale di San Luca; Musei Vaticani; Sapienza Università di Roma. Facoltà di Architettura.

A conclusione del secondo giorno del convegno, in una delle sale della Pinacoteca Vaticana, è stata inaugurata la mostra Francesco Borromini. I disegni della Biblioteca Apostolica Vaticana, in corso fino al 5 gennaio 2018. Le opere fanno parte di tre diversi manoscritti, il Vaticano Latino 11257 e 11258, dove sono raccolte le carte di Virgilio Spada, oratoriano, amico di Borromini e il Chigiano P.VII.9. Quest’ultimo, è stato curato direttamente da papa Alessandro VII Chigi per la propria biblioteca, quando l’architetto ticinese era ancora in vita.

La selezione di esempi dell’opera grafica dell’architetto barocco si è concentrata sul periodo del pontificato di Innocenzo X Pamphili. In particolare i progetti per la risistemazione di Piazza Navona con la Fontana dei Fiumi e del Palazzo Pamphili insistente sulla stessa piazza. L’altra grande committenza papale riguardava, sempre in vista del Giubileo del 1650, il restauro-rifacimento della Basilica di San Giovanni in Laterano. Anche la Basilica di San Paolo fuori le Mura era inclusa nei progetti dei lavori in previsione dell’Anno Santo, come testimonia il disegno esposto proveniente dalla Collezione Paolo Portoghesi.

La provenienza dalla Biblioteca Vaticana della Direttrice dei Musei Vaticani, Barbara Jatta, con le mostre che vedono, protagoniste e partecipi, le opere del patrimonio librario, ha ricostituito, quell’unità, non solo di storia e di situazione fisica, ma anche visiva e visibile, delle collezioni d’arte e librario-documentarie.

Le celebrazioni proseguiranno a gennaio 2018 con la Missa Ecce Sacerdos magnus, messa a tre cori su partitura di Orazio Benevolo (1605-1672), presso la Chiesa di Sant’Ivo alla Sapienza, uno dei capolavori borrominiani, il giorno 27. Da gennaio a marzo sono previste visite, lezioni e letture sulle principali architetture del maestro barocco, tenute dalla Sapienza Università di Roma. Facoltà di Architettura. Sempre a marzo, scade il termine del Concorso fotografico per gli studenti «Le opere di Francesco Borromini», organizzato dalla Sapienza Università di Roma. Facoltà di Architettura insieme alla Accademia di Belle Arti di Roma. Infine, sempre a marzo, le giornate di studio Borromini e l’architettura moderna, che si terranno presso il MAXXI. Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo e alla Sapienza Università di Roma. Facoltà di Architettura, chiuderanno il programma.

December 14, 2017

ljklhWillem Dafoe, attore versatile in grado di spaziare con grande facilità da ruoli comici a drammatici, è stato nominato ai Golden Globe per il film The Florida Project di Sean Baker, stimato regista di Tangerine, in sala il 1° Febbraio con Cinema di Valerio De Paolis, già ricco di riconoscimenti da tutto il mondo.

La pellicola ha appena ricevuto una nomination ai Golden Globe per l’interpretazione di Willem Dafoe, come attore non protagonista. Presentato con grande successo alla Quinzaine des Realisateurs, il film ha iniziato un lungo percorso di Festival - da Toronto a New York, da San Sebastian a Londra, fino a Torino dove è stato il film di chiusura - e moltissimi riconoscimenti: nomination ai British Indipendente Film Awards, agli Spirit Awards ai Gotham e Satellite Awards; film dell’anno all’American Film Institute Awards, ha vinto anche il Toronto Film Critics Associations, il Los Angeles Film Critics Association, il New York Film Critics Circle Awards, San Francisco Film Critics, e molti altri.

La storia è incentrata sul mondo dell’infanzia, la sua innocenza, le scoperte, la spensieratezza, contrapposto all’universo degli adulti, con le loro difficoltà e i loro problemi. Una vivace bambina di sei anni, il suo gruppo di amici e le vacanze estive che si riempiono della sorpresa, dello spirito di possibilità e del senso di avventura tipici di quella fase della vita, mentre gli adulti intorno a loro attraversano tempi difficili. Hanno circa sei anni e riescono ancora a trasformare una realtà fatta di fast food, trash televisivo e quotidiana miseria in un’avventura. Moonee è una piccola canaglia, la sua giovane mamma Halley si muove lungo il confine tra legalità e crimine e l’unico che cerca di tenere insieme le cose è Bobby (Willem Dafoe), il manager del Magic Castel Hotel dove vivono Moonee e Scooty.

Ambientato a Orlando, Florida, la capitale mondiale delle vacanze, un paradiso ricco di sole al quale accorrono, ogni anno, milioni di turisti da tutto il mondo, un regno incantato con una miriade di parchi tematici, spettacoli e resort, il film rivela però che, a pochi passi di distanza, c’è un mondo completamente diverso, in cui vivono personaggi descritti da Baker senza pietismi e con una gran dose di allegria.

Il debutto dell’ala del Vittoriano destinata alle mostre temporanee d’arte, anni or sono, era stata nell’ambito impressionista. La vocazione e specializzazione è stata confermata negli anni e ora è la volta di Monet. Capolavori dal Museé Marmottan Monet, Parigi, in corso fino all’11 febbraio 2018.

Sono sessanta le opere provenienti dal museo parigino, che, donate all’istituzione dal figlio Michel, erano conservate a Giverny, ultima residenza del pittore.

Come di consueto, in apertura è allestita la saletta con il filmato che introduce all’esposizione, mentre nel corridoio un grande pannello riporta la biografia.

La novità, ormai divenuta consuetudine, è costituita dalla realtà immersiva di schermi, dove foto di giardini e di fiori si trasformano nei dipinti. Quasi a voler suggerire e far assimilare, a livello subliminale, quello che è stato il processo creativo e rivoluzionario instaurato dal movimento impressionista.

Una ribellione giocata tra il fisico e lo spirituale. Fisicamente gli impressionisti avevano abbandonato gli atelier, luogo di azione dei pittori accademici, per immergersi nella natura en plen air. Alla fisica si erano affidati per la teoria del colore e gli studi sul funzionamento dell’occhio umano. Alla chimica avevano richiesto di sintetizzare colori che, spremuti dal tubetto, passavano direttamente sulla tela, dove, insieme al gesto, andavano a costituire la materia dell’opera.

L’invenzione della fotografia li aveva spinti a cercare un’arte più reale del reale. Così, abbandonando la prospettiva rinascimentale, interpretazione matematica dello spazio, si erano affidati all’occhio perchè fotografasse l’attimo fuggente di una porzione di mondo. Ma la pellicola su cui fissare l’immagine era l’anima, capace di imprigionare e rispecchiare l’infinito.

La mostra parte dalle caricature e dai ritratti dei figli, per poi snodarsi tra i diversi paesaggi e le dimore di Monet, fino ad arrivare ai giardini e ai fiori. È un percorso cronologico e tematico che vede nelle versioni del Salice piangente, ne Le rose, ne Il ponte giapponese e nelle Ninfee, il punto d’arrivo della ricerca e della poetica di Monet.

Come di consueto i dipinti sono esposti in modo labirintico, succedendosi senza sosta tra piano inferiore e piano superiore. La situazione è particolarmente penalizzante nel caso delle opere impressioniste, dove, la tecnica esecutiva fatta di macchie di colore e luce, impone un allontanamento dello spettatore, così che la mente sia in grado di ricostruire la scena e il soggetto inquadrati dall’occhio.

 

 

Monet

Capolavori dal Museé Marmottan Monet, Parigi

19 ottobre 2017 - 11 febbraio 2018

Roma, Complesso del Vittoriano - Ala Brasini

Orari: da lunedì a giovedì 9.30 - 19.30

venerdì e sabato 9.30 - 22.00

domenica 9.30 - 20.30

Ingresso: Intero €.15,00

Ridotto €. 13,00

Info: Tel. + 39 06 87 15 111

www.ilvittoriano.com

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