L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni.

Cultural Events (214)

    Marzia Carocci

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La "via pulchritudinis". La strada della bellezza. La bellezza come accesso al trascendente.

 

 

La 16ma Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia ha riaffermato come la cosiddetta "via pulchritudinis", cara alla tradizione cristiana, sia la scelta intrapresa dalla Chiesa di Papa Francesco. Una scelta - va detto - che nasce con le Biennali del 2013 e 2015, con la Santa Sede protagonista nell'arte contemporanea. Questa volta il cardinale Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, ha indicato l'architettura come tema di confronto tra arte e fede. Il risultato è racchiuso nella scelta di invitare a Venezia, sull'isola di San Giorgio, alcuni tra gli architetti più prestigiosi del mondo, provenienti da esperienze culturali e spirituali diverse - anche di matrice non cristiana - per esaltare il rapporto terra-cielo partendo da un elemento architettonico centrale nella millenaria storia del cristianesimo: la cappella, luogo sacro; luogo di parola e meditazione; accesso al divino. In più- e la scelta vista il risultato si è rivelata vincente - la cappella inserita in un contesto altrettanto "sacro", come tradizionalmente viene inteso il bosco. Dieci piccole "cattedrali", nate dalla creatività di altrettanti architetti, decorano il bosco di San Giorgio. Chiave di accesso è l'opera di Gunnar Asplund, architetto svedese, dal titolo "Cappella nel bosco", datata 1920. "Nel culto cristiano - spiega monsignor Ravasi - le cappelle sono veri e propri templi, sia pure in forma minore rispetto alle cattedrali, alle basiliche e alle chiese. In esse sono inserite due componenti fondamentali delle liturgie, l'ambone (o pulpito) e l'altare, cioè le espressioni della Parola sacra proclamata e della Cena eucaristica celebrata dall'assemblea dei credenti".

 

In questo contesto "sacro", nel quale le cappelle trovano spazio all'interno di un elemento naturale altrettanto sacro che le fa da contorno, suonano significative le parole pronunciate da Francesco Cellini, nella presentazione della sua struttura: "Questo non è il progetto di una cappella: è una riflessione costruita sul tema, fatta da un architetto rispettoso ma non credente, guidato dall'intuizione

 

FOTO FOSTER - Norman Foster mentre disegna il primo
progetto
per la cappella.

che ogni cappella sia già in se stessa un idea costruita o un simbolo, piuttosto che un edificio veramente destinato a un uso compiutamente rituale". C'è in questa affermazione un valore universale, che testimonia come l'iniziativa della Chiesa sia aperta al dialogo, alla ricerca di una "verità comune" da condividere e come, nello stesso tempo, l'arte e la creatività siano strumenti di "bene comune". Il mondo come comunità, dunque. Il dialogo come incontro tra simili nella diversità. Ed è ancora monsignor Ravasi che sottolinea, con parole di Papa Francesco, il significato del percorso lungo la "via pulchritudinis": " Bisogna avere il coraggio di trovare i nuovi segni, i nuovi simboli, una nuova carne per la trasmissione della Parola, le diverse forme di bellezza che si manifestano in vari ambiti culturali, comprese le modalità non convenzionali di bellezza che possono essere poco significative per gli evangelizzatori, ma che sono diventate particolarmente attraenti per gli altri". Questa è la vera sfida che parte dal bosco di San Giorgio e che ha iniziato a fare il giro del mondo con dieci architetti-ambasciatori: l'arte come esaltazione dello spirito e lo spirito come ricerca comune della Verità, lungo la strada del dialogo.                       

Pan Daijing

 

ARRIVA IN MOTO E IL VISO COPERTO DA UNA MASCHERA ROSSA.

alla consolle anche la musica del dj-set Alva Noto & Rabih Beaini

 

Reminiscenze, intrecci vari di musica, da quella elettronica alla tecno, coinvolgenti, come lo è l’artista internazionale e borsista cinese Pan Daijing residente a Berlino e nota per le sue performance musicali di estemporaneità intimistica, dai suoni narrativi, coinvolgenti che ti colgono impreparato e ti ipnotizzano. L’accademia Tedesca a Roma ha inaugurato così la prima edizione di Berlin Rom Express 2018, con un concerto di musica elettronica sperimentale, avvincente e allettante.

La musicista orientale è arrivata, venerdì sera, sette settembre nei giardini di villa Massimo a Roma, in moto e il viso coperto da una maschera rossa che ha sorpreso i partecipanti con il suo mistero. Ad attenderla un pubblico romano entusiasta che negli passati ha già dimostrato di apprezzare la musica elettronica improvvisata. Si è subito creato un background di curiosità, le persone dopo aver fatto festa (pasta alle melanzane e pomodoro, pizza e la mitologica birra tedesca) si sono trasferite sull’area del concerto, dove dietro la consolle, Pan Daijing ha dato vita alla performance. Non si riesce bene a capire l’origine dei suoni, ma ti ammaliano e muovono il corpo con la mescolanze di suoni misti e inaspettati; le dita abbassano e alzano le levette della consolle e così la musica scivola tra suoni

  Alva Noto - foto Alberto Novelli

delicati, primitivi e forti all’orecchio, ma “caspita che..figata”. Tra la folla abbiamo raggiunto il Direttore della Accademia Tedesca Joachim Bluher , promotor e organizzatore da sempre di iniziative culturali accademici a Villa Massimo, con sensibilità ha presentato artisti e borsisti internazionali ed europei, nel corso degli anni . “Il direttore Bluher - chiosa – per questa edizione abbiamo appositamente invitato soltanto 600 persone rispetto alla festa di primavera che aveva un pubblico più esteso. Questo per dare l’opportunità di fruire di una musica di nicchia a chi è veramente interessato. Le performance-live sono ideate appositamente per un pubblico romano entusiasto della musica elettronica”.

(ndr: L' Artista e musicista è nata e cresciuta nel sud-ovest della Cina, attualmente di base a Berlino. Il suo approccio piuttosto primitivo sia come compositrice che performer assume diverse forme, dando innanzitutto vita a un’arte performativa, ma dai suoni, danze e installazioni fortemente incentrate sull’improvvisazione e atti narrativi). Infatti si è esibita al Palais de Tokyo a Parigi, alla Volksbühne a Berlino, al Haus Kulturen der Welt a Berlino, alla Filarmonica di Amburgo, al Planetario di Montreal, e altre location in giro per il mondo. Il suo acclamato album d’esordio LACK (惊) è uscito nel 2017, con una mostra all’Eden Eden della Isabella Bortolozzi Galerie a Berlino. Pendant le sejour a Villa Massimo, come borsista delle arti pratiche, si occuperà di un lavoro commissionatole per la Biennale de l’Image en Mouvement 2018 a Ginevra, continuando a realizzare una nuova opera multidisciplinare.

L’Accademia come sempre ha tanti richiami all’armonia e alla bellezza con la libreria, i suoi balconi, le statue, le immagini, gli alberi svettanti, la sala del

Rabih Beaini

pianoforte. Al festival della Rom Berlin Express 2018 sono presenti anche i DJ Alva Noto e Rabin Beaini. Le feste della Accademia riempiono da sempre la scena culturale di Roma, speriamo che l’avvicendarsi della nomina di un nuovo direttore dell’Accademia non interrompa questi importanti rendez-vous con la cultura.

 

ROM-BERLIN EXPRESS 2018

Accademia Tedesca Roma Villa Massimo, Largo di Villa Massimo 1-2, 00161 Roma

www.villamassimo.de; www.facebook.com/villamassimo.de www.instagram.com/villama

Video

L'8-9 settembre 2018 il City Day di Mosca si e' svolto anche questo anno nelle vie e nelle piazze di Mosca con una grande affluenza di pubblico turisti. Tra concerti e spettacoli pirotecnici il Moscow City Day e' una festa annuale che si svolge nel primo e secondo sabato di settembre, questo anno si e' festeggiato l'871esimo compleanno della citta', quasi nove secoli. La città fu fondata nell'anno 1147 da Jurij Dolgorukij.

Il City Day fu celebrato per la prima volta nel 1847, in occasione del 700esimo anniversario della città, ma non sempre e' stato festeggiato in ogni ricorrenza: è dal 1997, in seguito all'ordine esecutivo di Boris Eltsin, che viene sempre celebrato.

L’ambiente, la civiltà storico-artistica, civile e socio-religiosa sono oggetto di Capolavori del Trecento. Il cantiere di Giotto, Spoleto e l’Appennino. In corso fino al 4 novembre, Spoleto, Trevi, Montefalco e Scheggino accolgono le opere di pittura e scultura selezionate.

 

 

In realtà Scheggino funge soprattutto da punto informativo per gli itinerari, che toccano Umbria, Lazio, Marche e Abruzzo, con cui è possibile approfondire e proseguire la conoscenza e la fruizione dei temi proposti dalla mostra. Il piccolo paese attraversato dal fiume Nera, dove sui campanelli compaiono desueti nomi di battesimo o soprannomi e non cognomi, rende conto soprattutto dell’ambiente. Il corso del fiume si presta alla pratica del rafting, poco lontano, ha sede una delle più famose e diffuse aziende che si occupano della lavorazione e distribuzione del tartufo. A Scheggino sono esposti frammenti di affresco e del rosone dell’Abbazia si San Salvatore a Campi di Norcia colpita dall’ultimo terremoto. Altro tema che collega non solo gli altri luoghi proposti dagli itinerari, ma anche le altre mostre parte del ciclo Capolavori in Umbria e Marche tra Medioevo e Rinascimento. Due sono i cataloghi, quello più legato agli itinerari è ancora in corso di stampa.

A Spoleto l’esposizione è allestita nella Rocca Albornoziana, costruita tra il 1359 e il 1370 dal cardinale spagnolo Egidio Albornoz, per riportare e gestire il potere papale sul territorio. Gli splendidi ambienti, adibiti a carcere tra il 1817 e il 1982, persa del tutto la memoria di tale funzione, hanno acquisito un’aria quasi metafisica. Attualmente ospitano il Museo Nazionale del Ducato di Spoleto, il Laboratorio di dignostica per i Beni Culturali e la Scuola europea di conservazione e restauro del libro antico. La sezione della mostra espone frammenti di affresco e sinopie che si trovavano nella chiesa di Santa Maria delle Palazze alle pendici del Monteluco di Spoleto. Gli affreschi staccati si trovano ora, in gran parte, presso musei americani e sono presenti solo in immagine. Tre corali e sculture lignee fanno anche parte dell’esposizione. Gli ambienti museali della rocca permettono di espandere il tempo: prima del Trecento, con reperti archeologici, iscrizioni, sarcofagi, uno dei quali, medievale, mostra telamoni angolari, che ricordano divinità azteche con copricapo di piume. Dopo il Trecento con la Camera Pinta, dove due cicli pittorici, realizzati tra il 1392 e il 1416, illustrano una storia d’amor cortese e una tratta dal Teseida di Boccaccio, ma anche dalla stupenda Madonna con Bambino in trono, del siciliano Antonello de Saliba, più conosciuto come Antonello da Messina.

Altra sede spoletina altrettanto suggestiva, il Museo Diocesano e Basilica di Sant’Eufemia, il primo dedica una saletta ai capolavori del Maestro di Cesi, in particolare al Trittico con Incoronazione della Vergine dal Museo Marmottan Monet di Parigi. L’Assunzione della Vergine termina nell’abbraccio di Cristo. Lui ha lo sguardo rivolto verso di noi, a invitarci e includerci, mentre con un braccio circonda le spalle di Maria, che ha la testa reclinata sulla Sua spalla. L’altro braccio incrocia quello di Lei all’altezza del polso. Interamente rossa è la veste di Maria, di un tessuto decorato con motivi geometrici. Rossa la tunica di Cristo, ricoperta dal manto azzurro dalle pieghe dorate. Un tenero abbraccio e molto umano, sembra descrivere un amore reale, vissuto, di un uomo e una donna, non che quello divino non lo sia. La luce che si riflette sui dipinti e costringe a spostamenti tattici, è l’unica pecca di questo museo. Come nella Rocca il bookshop è interessante, lì per le pubblicazioni proposte, qui per i gadgets. Emozionanti anche le sculture lignee e in particolare il gruppo della Deposizione. Pannelli esplicativi trattano le tematiche salienti delle opere del Museo e mostrano confronti e analogie. Non solo i musei diocesani, ma la regione in generale, tiene conto dell’arte, prettamente religiosa, che compone il suo patrimonio. Il percorso prosegue nella Basilica di Sant’Eufemia, l’atmosfera grezza, scarna e mistica della pietra da risalto al rosso, predominante, nelle opere del Maestro di San Felice di Giano. Tra le due sedi si trova il Duomo, di cui, sempre in maiera succinta e riassuntiva, si citano due opere salienti: il Crocefisso di Alberto Sozio, dipinto su pergamena, firmato e datato 1187 e le Storie della Vergine, affrescate nella tribuna da Filippo Lippi, tra il 1466 e il 1469.

A Trevi oltre alla gigantesca croce sagomata, è la scultura lignea e la mano del Maestro di Fossa a colpire per la modernità delle espressioni e delle fattezze di volti e figure. Un esempio su tutti sono le tre statue che compongono la Natività raffiguranti il Bambino, Maria giacente, il viso luminoso e trasognato nel palmo della mano, e San Giuseppe, seduto in disparte, disilluso e rassegnato il suo di viso, pure nel palmo della mano. Nello stesso edificio si trova il Museo della Civiltà dell’ulivo. Sono da citare, almeno, il Duomo intitolato a Sant’Emiliano e la Chiesa di San Martino, ma anche Palazzo Lucarini che permette un’incursione nell’arte contemporanea.

Infine Montefalco, dove alla fama dell’olio si unisce quella del Sagrantino, pregiato vino rosso. Nel Complesso Museale di San Francesco, che pure permette un’incursione nell’arte contemporanea con le mostre temporanee che accoglie, sono tornati due dossali che, a seguito delle spoliazioni napoleoniche, sono attualmente conservati nell’appartamento di rappresentanza del Pontefice. In precedenza dalla Pinacoteca Vaticana era tornata, temporaneamente, nella Chiesa di San Francesco, dove si trovava prima dell’avvento di Napoleone, la Madonna della cintola di Benozzo Gozzoli. Suoi pure i bellissimi affreschi che si possono vedere nella chiesa, risalenti alla metà del XV secolo.

Per informazioni, indirizzi, orari, costo dei biglietti, visite guidate, si rimanda al sito www.capolavorideltrecento.it, presentando il biglietto di una delle sedi, si usufruisce dello sconto nelle altre. Il catalogo ha un costo di 40€.

L’incendio in una azienda. La voglia di ricominciare, di ripartire con nuovo spirito e nuove idee, passando non solo dalla ricostruzione fisica ma anche da un diverso rapporto col luogo, attraverso l’arte. Un passaggio, o meglio “Passaggi”, che coinvolgono non solo la concretezza dell’agire ma anche il pensiero: uno sguardo che è futuro per i valori aziendali espressi e per il modo in cui vengono messi in pratica. In questa visione di mecenatismo d’impresa si inserisce il percorso artistico dal titolo “Passaggi”, voluto dal Prosciuttificio Fratelli Galloni di Langhirano (Parma). Un intervento che ha aperto nuove strade, unico quindi nel suo genere, almeno sul territorio, poiché ha trovato nel proprio esistere le ragioni dell’innovazione. L’azienda Galloni ha vissuto di recente un cambiamento, con la necessità di ricostruire parte delle proprie strutture a seguito di un devastante incendio. Un punto di partenza che ha portato la famiglia Galloni ad aprire le porte alle arti figurative intese come sguardo sulla memoria e visione del futuro. Il progetto artistico è stato condiviso fra gli artisti e l’azienda. Esso è nato infatti, idealmente e formalmente dentro la “fabbrica”, da questa hanno tratto il proprio stesso esistere le idee e le opere. Brani di strutture distrutte dall’incendio hanno preso nuova forma e nuovo significato grazie alla creatività di Danilo Cassano, Candida Ferrari, Graziano Pompili e Aurora Fabri che, entrati negli spazi distrutti nel momento più drammatico, hanno vissuto per oltre un anno le fasi della rinascita aziendale. Insieme, hanno saputo fare “rete”, hanno cioè dato vita ad un nucleo primigenio di interventi creativi seguendo un unico cammino, diversificato nelle forme, ma unito nell’idea di integrarsi col passato, divenire presente e alzare lo sguardo verso nuove prospettive. Il percorso artistico che resterà in permanenza allestito negli spazi esterni del prosciuttificio, è stato aperto al pubblico corredato da una mostra temporanea degli stessi artisti, le prime tre domeniche di giugno.

L’arte, fin dall’antichità, soprattutto in architettura, ha visto il riutilizzo dei materiali – scrive Stefania provinciali, critico d’arte che ha curato i testi in catalogo- Una storia antica, anzi antichissima in cui si può far rientrare negli anni Sessanta del Novecento il percorso dell’Arte Povera, un nuovo e diverso modo di proporre tutto quanto l’essere umano ha reso “rifiuto” con l’intento di evocare le strutture originarie del linguaggio della società contemporanea liberandolo dalle abitudini e dai conformismi semantici. Da allora, fino ad oggi, il riutilizzo dell’oggetto “rifiuto” ha ampliato i suoi presupposti giungendo a nuove definizioni d’arte, nuovi interventi formali e nuovi significati quali denuncia di una realtà che la coscienza dell’artista porta alle estreme conseguenze. Una lettura che attraversa i "Passaggi" voluti dagli artisti e dagli imprenditori insieme, in questo originale percorso d’arte".

Stesso, divenendo “Onda”. E’ “l’ Edicola votiva” di Alberto Vettori, memoria di riti passati. Una macchina lava-prosciutti “marchiata” dal fuoco, tutto in acciaio, diventa luogo dove posare pietre, come voti; dove lo stesso spettato-re può intervenire col suo gesto, può aggiungere o togliere quelle pietre divenendo partecipe dell’opera e dei suoi significati. Sono i “Custodi del tempo” dove all’acciaio è combinata la carta, fragile essenza in un rapporto visivo che delinea la potenza di differenti materie.

E’ il "Giardino magnetico", di Candida Ferrari che ha avvolto i tubi contorti in ferro zincato con plexiglas dipinto ad acrilico donando alle trasparenze del materiale allusioni cromatiche destinate a mutare con la luce del giorno e della sera. E’ la raffigurazione essenziale di un paesaggio abitato dalle dimore dell’uomo, di Graziano Pompili, che con l’opera “Dall’età del ferro” rievoca i bisogni primari dell’essere umano. Sono le voci degli artisti sguardo sulla memoria e visione del futuro, che hanno creato un percorso dove l’arte incontra il quotidiano, rendendo omaggio alla storia ma suggerendo insieme una diretta partecipazione del pensiero creativo alla vita.

 

Danilo Cassano

Itaca

La barca con rematori e scudi levati, è stata realizzata con una grande trave lunga 7 metri, deformata dal fuoco.

La barca è metafora del viaggio, il cui fine non è semplicemente la meta, ma la ricchezza portata dall’esperienza e dagli incontri vissuti. E dalla saggezza acquisita lungo il cammino.

Danilo Cassano

Porta di Ponente e Porta di Levante

Le porte, realizzate con grandi colonne recuperate di oltre 4 metri di altezza, sono metafore di passaggi che scandiscono e arricchiscono la trasformazione e la rinascita.

 

Aurora Fabri

Onda

Nella grande vasca d’acqua sul fronte dell’edificio, un gigantesco ferro deformato diventa un’onda, ingentilita da piccoli intarsi di ceramica. Nuove forme di vita che attutiscono la violenza del fuoco e crescono sui materiali distrutti.

Aurora Fabri

Fuoco

Fiori che faticosamente spuntano dalla sabbia, in modo drammatico e contorto, e si impongono alla vita contro il doore della distruzione. Colori forti e vibranti nascono dalla forza del fuoco. Oltre, sul terrazzo, si placano e trovano nella terra nuova linfa e nuove ragioni di vita.

 

Candida Ferrari

Giardino Magnetico

Una installazione dedicata al desiderio di bellezza e di elevazione spirituale. Sui tubi di ferro alti 4 metri trasformati dall’incendio e da esso colorati di ruggine, di blu, di piombo, salgono forme di plexiglas trasparente.

La luce, senza la quale nulla potrebbe esistere, illumina di notte questa scultura simbolica entrando nel profondo della sensibilità di chi guarda.

 

Graziano Pompili

Dalletà del ferro

Alta 5,6 metri e costruita con materiali ferrosi recuperati tra la struttura e le attrezzature del prosciuttificio distrutto, l’opera propone il tema della casa. La forza drammatica del ferro nero che vira nel rosso acceso, ha in sé la potenza di una vita che si riprende e si riafferma. La casa, la palafitta tanto presente nella storia antica del territorio, diventa un’indicazione poetica, segno primario e concreto della presenza dell’uomo.

 

Alberto Vettori

I custodi del paesaggio

Unica opera interna, è composta da due lastre metalliche che fungono da supporto ai piccoli paesaggi inseriti all’interno delle lastre stesse. Due carte verticali dipinte e appese, sembianze di presenze ieratiche, assumono il ruolo di custodi della memoria e del paesaggio circostante.

Alberto Vettori

Edicola Votiva

E’ una struttura metallica alta 4 metri, deformata dalle fiamme e dal calore durante l’incendio. La sua identità originaria ha ceduto ai volumi la memoria funzionale: rimane a testimoniare ora la riconciliazione del luogo. Segno forte nello spazio circostante, aggiunge al ricordo un monito e una riflessione.

 Speciale giornata sulla cucina e mostra del dopoguerra su Israele

 

 

Se non ci fosse stato San Paolo, forse, oggi saremmo tutti ebrei e probabilmente anche il nostro cibo. Come sarebbe stata, quindi, la nostra cucina? attraverso il breve convengo sulle pietanze ebraiche, tenutosi lunedì 25 giugno presso il Palazzo della Cultura del Ghetto Ebraico, con esperti di ricette e alimentazione come Laura Ravioli, Fabiana Mendia e Giulia Gallichi Punturello, Ariela Piattelli, ci siamo immersi nella cultura ebraica con le sue tradizione ed un cibo tra l’esotico e diverse contaminazioni tripoline. Un cibo mai noioso, influenzato dai paesi con cui è venuto a contatto, come la cucina romanesca. Guardiamo ad esempio ai formaggi oggetto del rinfresco del festival, lavorati secondo la memoria ebraica, sono gli stessi della cucina italiana, ma trattati secondo le regole e precetti della religione ebraica. Infatti gli ebrei non possono accostare formaggio e carne, così da oltre 2000 anni è stato introdotto nella lavorazione il caglio vegetale in sostituzione di quello animale, utilizzando degli estratti del cardo, una pianta che cresce nelle pianure sarde ed adoperata dai pastori sardi per cagliare il latte di pecora e con il siero fare delle caciotte di pecora e della gustosa ricotta. Lo sa bene il proprietario del noto ristorante “Yotvata Cheese Italia” di Piazza Cenci produttore di formaggi lavorati secondo la “tradizione” “Per farla breve – spiega Marco Sed del ristorante kosher Yotvata – circa 12 anni fa ho iniziato la produzione di formaggio di ricotta e mozzarella e poi ho ampliato la gamma di formaggi italiani fatti secondo lo standard Kosher ed ho poi iniziato la vendita anche nei mercati esteri. Oggi la nostra clientela è soprattutto ebraica che apprezza i nostri formaggi naturali e digeribili senza aggiunta di prodotti animali”.

Eredi preziose della cultura ebraica sono le donne, nonne e madri, che la loro cucina ha trasmesso una sapienza fatta di spostamenti e attimi da ricordare. Cucina fatta di regole religiose, tradizioni, ma

 
 Immagini della mostra sugli eventi politici e sociali nel dopoguerra in Israele

anche quella più intima del proprio focolaio domestico come la Shakshuka un piatto specy, di uova e pomodoro. Un cibo scandito dal tempo e dalle ricorrenze, da interpretazioni e tocchi personali, da sapori e contaminazioni culturali . “Molte ricette, come ad esempio quelle degli ebrei libici arrivati in Italia con una forte identità – spiega - originaria di Napoli Giulia Gallichi Puntarello - fanno oggi ancora parte dei menù dei ristoranti del ghetto romano” . E’ stupefacente accorgersi quanto ogni cibo sia collegato a un evento ad un gesto, memorie che si intrecciano per non dimenticare ma nello stesso tempo per non farsi imprigionare da esse, guardando al futuro e ,perché no, anche alla cucina molecolare. Cibi che parlano per simboli, come il melograno i cui chicchi raffigurano i precetti positivi da osservare,oppure la zucca auspicio di guadagno e abbondanza, cibi della storia agricola come il pane, i carciofi romaneschi alla giudia e infine i dolci ,sentinelle delle feste, come quella pasquale la Pesah, con un dolce di pizzarelle e miele, o la Shavuot l’augurio di buon anno di ricotta e visciole. Dolci visti attraverso la festa del Re Fagiolo dove si nasconde il fagiolo tra i dolci e chi lo trova diventa il Re, o la festa di San Nicola del 6 dicembre dove si lasciano ai bimbi buoni tante leccornie. E non dimenticare quando dovevi partire e non avevi che poche sterline, e non potevi portare con te nulla se non un po’ di the e caramello e per questo a fine pasto si finisce proprio con la cerimonia del the e caramello. Insomma l’antisemitismo si può combattere a tavola dichiara Riccardo Di Segni rabbino capo di Roma, sul quotidiano la Repubblica, e questo è tanto più vero quando assaggi la pizza ebraica, un biscotto con dentro canditi e uva passa del forno del quartiere ebraico del centro di Roma.


Il festival della cucina ebraica è stato accompagnato da un mostra sulle donne straordinarie ed eventi legati al tempo che hanno contribuito alla vita sociale e politica dello Stato d’Israele subito dopo la 2^ Guerra Mondiale: come Golda Meir primo ministro eletta nel 1969, Rebecca Sieff promotrice del Movimento delle donne sioniste, la Conferenza Internazionale sul Nucleare del 1957, università di Bar Ilan con la consegna dei diplomi e il tempo delle operaie al lavoro nel 1950 , il tempo del voto delle donne per il rinnovo della Knesset nei kibbutz 1959. C’è un tempo per tutto per mangiare, per lavorare, per fare politica per innamorasi. Il mondo ebraico ti fa innamorare, chi è tornato da Israele lo sa bene, e allora per rendere la propria vita straordinaria ad ottobre sono aperte le iscrizione per imparare l’ebraico moderno e biblico presso il Centro Culturale Ebraico e a Marzo 2019 viaggio in Israele per prendere parte ad un seminario per costruire un mondo migliore (www.oneminutemeditation.com/rvs).

Sotto lo sguardo vigile del padrone di casa, il cardinale Marco Sittico Altemps, troneggiante dall’apice del fastigio con stemma e iscrizione sul caminetto, Salvatore Settis, ha parlato su Mostrare la storia, coltivare la memoria nei Musei.

Nella dimora gentilizia, che, ora, è una delle sedi del Museo Nazionale Romano, in particolare quella che rende conto del collezionismo delle famiglie nobili nel Rinascimento, al cospetto del Galata suicida e del Sarcofago Ludovisi, si è parlato del MEIS, Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah. Il MEIS è a Ferrara, la città che, nel Quattrocento dei Gonzaga, ha accolto gli Ebrei, ancora una volta cacciati e, che, in tempi più vicini, con Il giardino dei Finzi-Contini di Giorgio Bassani, tramanda la memoria di storie personali vissute all’interno della Grande Storia, prima e dopo le leggi razziali fasciste. Il museo ferrarese è responsabile della comunicazione della memoria dei duemila e duecento anni della comunità ebraica “italiana”. La mostra attuale, illustrata nel catalogo edito per i tipi della Electa, è stata definita “prefigurativa” di ciò che sarà il museo, anche perché la memoria che tramanda è dei “primi mille anni”. È costituita da opere provenienti da altri musei e da calchi e riproduzioni di quelle inamovibili. Addirittura sono stati ricostruiti tratti delle catacombe ebraiche di Roma. È connotata dall’aniconismo.

A Roma duecento anni prima di Cristo si è stabilita la comunità ebraica. Da Roma è partita la distruzione del Secondo Tempio di Gerusalemme per mano di Tito. Nei rilievi all’interno del fornice centrale dell’arco dedicato all’imperatore alle pendici del Palatino, la memoria storica dell’evento. L’immagine della Menorah è scolpita nella pietra, tra i trofei del corteo trionfale.

La memoria come trauma, come comunicazione del trauma, se nel Sarcofago Ludovisi trova espressione nella sopraffazione, nel Galata suicida è, invece, il non arrendersi oltre la morte, che viene testimoniato.

La memoria non è asettica, è, al contrario, affettiva, coinvolgente. La memoria è selettiva, decide cosa e come ricordare. Lo stesso fa l’oblio. Memoria e oblio costruiscono il futuro. Nella intitolazione delle strade si traccia una memoria topografica. Intitolare una via ad Almirante significa voler dimenticare i suoi scritti razzisti o almeno sminuirne, se non occultarne la gravità. Azione ancora più grave se assecondata e giustificata da un Ministro dell’Interno. Vuol dire obliare il ruolo attivo, la partecipazione degli Ebrei Italiani, all’unità d’Italia e alla formazione dello Stato. Vuol dire voler dimenticare di essere nati come società calda, come la definisce Levi-Strauss, connotata dalla stratificazione delle diversità, dall’accoglienza della diversità.

Il museo come luogo di comunicazione della storia e di coltivazione della memoria, oggi, è un’istituzione che sta cambiando. Dall’educazione del popolo si sta passando all’edutainment, l’intrattenimento educativo.

Orhan Pamuk vede un parallelo tra il passaggio dall’epica al romanzo e dai musei dei palazzi ai musei nazionali. Questi ultimi dovrebbero partecipare non solo la grande storia, ma la storia quotidiana, testimoniata, ad esempio da quegli oggetti d’uso esposti nei musei archeologici.

Può essere letta in tal senso la mostra in corso, Citazione pratiche. Fornasetti a Palazzo Altemps. Personalmente, la sensazione suscitata dall’interazione tra gli inarrivabili capolavori del passato e l’irriverente ironia delle opere del presente, è di forte disturbo e irritazione. Gli spazi del Palazzo e l’aura dei capolavori risultano violati, invasi. Il passaggio dall’epica al romanzo corrisponde a quello tra aristocrazia e borghesia, ma non si tratta di una transizione naturale, ma di un vero e proprio quarantotto.

PERFORMANCE DI ARTE DEI BORSISTI 2017/2018  - RUBBANO L’ANIMA A ROMA


Tutti gli anni Villa Massimo apre le porte ad uno degli eventi romani più significati della capitale: mercoledì 20 giugno 2018, infatti, tra le carezze del vento del ponentino e l’aria frizzante , la fila delle persone per entrare all’evento (gli ospiti non hanno dovuto aspettare molto tutto era organizzato in stile tedesco ordinato e puntuale), ai bellissimi giardini di un verde intenso, arricchiti con busti antichi, alla grandezza degli edifici della Villa, è stata inaugurata l’edizione 2018, Festa dell’Estate dell’Accademia Tedesca. Un viaggio festoso da godere fino alla fine immersi nelle sale allestite con mostre, letture, concerti, performance dei borsisti residenti per 10 mesi nella capitale. E’ cosi che abbiamo incontrato il contrabbasso dell’artista Jay Schwartz che ha vibrato sotto le onde dei gong, portandoti in un luogo, lontano dallo stress quotidiano, il luogo della pace, di cui questo pianeta ha immenso bisogno.

L’incanto ha proseguito nelle altre stanze affacciate sui rigogliosi giardini di Villa Massimo con il ceppo sradicato da terra ,dell’artista Cristoph Keller, caduto in via Tiburtina e trasportato nel luogo espositivo, e foto di Corviale, di una gioventù che ha visto già troppo, ed i grattacieli del quartiere come cubi neri uno sull’altro e la solitudine raccontata da un immagine dentro una stanza buia, come in opera di Quasimodo dove gli sguardi di questi giovani in erba trafiggono il cuore e poi arriva il buio, dell’artista Benedict Esche.

Pochi passi e incontriamo l’atelier di un altro artista , Bettina Altamoda che fa spalancare la bocca e gli occhi per la luce e i colori dei sui drappi di stoffe iridescenti con grandi paillette. I borsisti 2017/2018 hanno colto nel poco tempo trascorso a Roma i colori, suoni, architettura, la natura della bella capitale e sembrano dirci come in un quadro del Caravaggio “Guarda”.

Interessante il lavoro del pittore Marx Ernst presentato dall’artista Thomas Baldischwyler, il quadri di Simone Haug in omaggio alle tavoglie delle famiglie di Olevano Romano e dintorni, e il box bianco con all’interno la pianista Hui Ping lan che ha suonato in prima italiana il brano The Incredible Nightcrawler.

Dopo le mostre ha “aperto le danze” alle ore 21.00 il buffet : anche in questa occasione nonostante la presenza numerosa di persone, le pietanze sono state servite velocemente, “come si dice i Tedeschi non si fanno parlare dietro”. Piatti e forchette ecologiche non è mancata la mostarda, cetrioli, rapa rosa, patate e wuster con polpette. Birra e vino e una mousse con yougurt e frutti di bosco come dessert. Personaggi noti e meno noti hanno accompagnato la serata, tra cui l’ incontro veloce con il vicesindaco del Comune di Roma Luca Bergamo.

La serata ha proseguito fino a mezzanotte con il DJ Cilloman nel parco di Villa Massimo tra alberi centenari si è ballato. Anche la musica della disco/dance è stata un’ autentica opera di arte , con proiezioni di luci sugli alberi, sembrava di stare in una spa per la terapia dei colori e una musica tecno dai suoni delicati come in un rave party per altolocati. Un’ esperienza da ripetere all’Accademia Tedesca, ma di questo ne siamo sicuri con la prossima festa dell’estate 2019 che racconta Roma e ne ruba l’anima.

I giovedì dei Musei Vaticani sono occasione di comunicazione con il pubblico, sia essa la presentazione di un restauro o di una pubblicazione. Ma è comunque sempre una comunicazione scientifica, ottemperando a quel dovere dell’istituzione museale, che è il continuo aggiornamento su tutto ciò che la riguarda. Uno scambio culturale tra istituzioni e discipline differenti, non ultimo, in funzione della formazione, perché, da sempre, il museo ha una funzione educativa.

L’ultimo appuntamento del giovedì ha riguardato un argomento, eccezionale e particolare insieme, intitolato: Oltre l’immagine. Iscrizioni nascoste sui vasi ateniesi, straodinarie scoperte tra il Museo Archeologico di Firenze e il Museo Gregoriano Etrusco.

Mario Iozzo, direttore del Museo Archeologico di Firenze, ha esaurientemente spiegato, da una parte l’importanza della scoperta e della sua divulgazione e, dall’altra, la differenza con altre iscrizioni presenti sui vasi.

Prima di tutto è utile ricordare che le decorazioni sui vasi sono l’unica testimonianza che ci rimane della pittura greca.

Le iscrizioni visibili sui vasi, di solito sono costituite dai nomi dei personaggi raffigurati, divinità o eroi della mitologia, oppure sono dediche.

La particolarità di quelle nascoste è che sono state coperte dal colore e non erano destinate ad essere viste. L’ipotesi è che fossero un messaggio, una comunicazione operativa tra il vasaio e il decoratore o cermografo. Non sempre le due figure coincidevano nella stessa persona. Queste iscrizioni sono poste anche in punti strategici, comunicavano cioè, anche in base alla posizione. L’iscrizione poteva addirittura essere un verso tratto da una rappresentazione teatrale. Il ceramografo non solo conosceva la scena e le figure che doveva ritrarre, ma la posizione strategica dell’iscrizione, indicava anche la disposizione delle figure e il loro atteggiamento. Ad esempio la direzione dello sguardo, come si può vedere dall’immagine di Edipo con la Sfinge, nella kylix attica a figure rosse. Il vaso eponimo, che cioè da il nome all’artista che l’ha prodotto, definito Pittore di Edipo, è parte della collezione etrusca dei Musei Vaticani. Proviene da Vulci ed è datata tra il 470 e il 460 a.C. La tipologia dei vasi è distinta in base alla loro forma e funzione, la kylix è una tazza poco profonda con manici.

Le iscrizioni nasconste quindi costutuiscono un avanzamento e un’apertura negli studi delle botteghe e delle figure degli artigiani. Quella che si auspica è una ricerca a tutto campo condotta all’interno delle collezioni di tutto il mondo. Non è la prima volta che qualcuno vede queste iscrizioni nascoste, già gli studiosi del passato, pur guardando solo ad occhio nudo le avevano intraviste. Oggi siamo avvantaggiati dai progressi della tecnologia, che costituisce anche uno dei motivi per cui i Musei Vaticani sono stati coinvolti, sono infatti responsabili delle immagini delle iscrizioni, di difficile realizzazione. L’altro motivo è che sono detentori di una delle più importanti collezioni di vasi greci, che costituiscono una sezione corposa del Museo Gregoriano Etrusco.

I vasi erano oggetti preziosi, veri e propri status symbol, parte del corredo funerario di personaggi importanti del mondo etrusco.

Il pezzo più famoso è forse l’anfora a figure nere dove sono raffigurati Achille e Aiace che giocano a dadi. L’opera è firmata da Exekias, il famoso artista che era sia vasaio che ceramografo ed è datata tra il 540 e 530 a.C. Sono presenti altre iscrizioni visibili, oltre ai nomi, dalla bocca dei personaggi, a mo’ di fumetto, esce la scritta col punteggio realizzato.

I giovedì dei Musei Vaticani riprenderanno dopo la pausa estiva, in chiusura è stato ricordato l’appuntamento con la mostra dedicata a Johann Joachim Winckelmann, che chiuderà le celebrazioni dedicate, tra il 2017 e il 2018, all’archeologo ed erudito in occasione dei 300 anni dalla nascita e i 250 dalla morte.

Serata evento in onore del gruppo di ballo SANAM - alla scoperta del Folklore Uzbeko 

Anzio, 13 giungo – I colori e la tradizione dell’Uzbekistan incantano il pubblico di Anzio, che accorso numeroso ha assistito e partecipato alla serata dedicata al gruppo di ballo folkloristico SANAM esibitosi durante l’evento organizzato dall’ Ambasciata dell’Uzbekistan in Italia, di cui era portavoce e presente l’Head Mission of the Embassy of the republic of Uzbekistan Mr. Rustam Kayumov, e curato da Salvo Cacciola presso la sua AQ International.

Il gruppo SANAM nasce nel 2002 e vanta la presenza di 40 artisti (tra cui 20 ballerini) che esportano la cultura del paese Uzbeco in giro per il mondo, avendo alle spalle spettacoli in ben 41 Paesi.

Il direttore artistico e cantante Mr. Shuhrat Vakhidov, nonché Direttore del Central Palace of Culture presso Tashkent (capitale dell’Uzbekistan), si è esibito insieme a parte del gruppo SANAM e alla ballerina Mrs. Rushana Sultanova. L’esibizione ha catturato la platea grazie alla presenza dei costumi originali delle varie

 Mr. Rustam Kayumov (a sin.) e Salvo Cacciola

Regioni del Paese (Khorezm, Fergana, Bukhara, Tashkent, Surkhandarya) indossati dalle danzatrici e alle musiche rituali e quotidiane delle danze tradizionali, conosciute per il grande pathos emotivo trasmesso tramite la gestualità delle mani e del volto.

Degno di nota è stato il duetto canoro del Baritono Vakhidov e della Soprano Marzia De Lorenzo, che citando la cultura operistica italiana tramite Caruso, hanno espresso una lode all’ arte senza barriere, in grado di avvicinare diverse culture e gli animi delle persone. Questo incontro artistico, voluto da Cacciola e Francesca Pellegrino,nasce dalla consapevolezza del successo che ha la musica italiana in Uzbekistan, tra tutti la lirica e le canzoni di Albano e Toto Cutugno.

È Mr. Rustam Kayumov a sottolineare l’importanza della serata: «L’Italia per noi è una Nazione affascinante, perché con essa condividiamo non solo la tradizione millenaria che tutt’oggi ci identifica nel mondo, ma anche l’importanza dell’espressività artistica manifesta nelle tradizioni folkroristiche. In questo quadro, Anzio è una città dalle infinite potenzialità che vanta un passato degno di nota e che ringraziamo per aver partecipato a questa serata di cultura e divertimento». A queste parole è stato aggiunto il desiderio e l’auspicio di portare avanti una stretta e proficua collaborazione, iniziata da Salvo Cacciola che per anni ha rappresentato la Nazione Uzbeca effettuando studi sul posto e promuovendone la storia e la cultura.

Quest’ ultimo, a chiusura dell’evento, insieme ad Augusto Mammola, presidente della Pro loco città di Anzio, e parte del Consiglio Direttivo della stessa Associazione, ha consegnato una prestigiosa targa al gruppo di ballo e all’ Ambasciata Uzbeca come segno di riconoscimento e di ospitalità da parte di tutta la città Anziate.

Un evento che rimarca l’importanza per la città di Anzio di promuovere la cultura tout court, la quale, in quanto città di Nerone, porta con orgoglio sulle spalle una storia fastosa che spesso dimentichiamo di promuovere con la giusta importanza e consapevolezza.

                                                                                                                                  

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