L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni. |
Marzia Carocci
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15 Novembre, a Roma, presso la Casa Russa di piazza Benedetto Cairoli, nella splendida cornice del salone affrescato nel secondo quarto del Seicento dagli artisti bolognesi in Palazzo Santacroce, si è svolta, organizzata dal Salotto Letterario e Musicale della Casa Russa in Roma, a cura di Elena Sotnikova, la presentazione della raccolta poetica di Natalia Stepanova: “La compagnia delle oche”, edizioni Matteo Chiavarone Ensemble. L' evento ha avuto il patrocinio dalla Casa Russa in Roma; F.U.I.S e il Salotto Letterario Tevere.
Natalia Stepanova con Virgilio Violo |
Serata bellissima, perfettamente organizzata nei tempi e nel ritmo, scandita da letture, messaggi, dagli interventi critici di Antonella Rizzo e Flaminia Cruciani e intermezzi musicali per pianoforte (Giuseppe Rossi) e voce (straordinaria la soprano Elizaveta Smirnova con le “Chansons d’été » di Berlioz). Letture dell’attrice Natalia Smirnova.
Tra gli ospiti presenti: il Vice Parroco di Santa Caterina Grande Martire d’Alessandria, chiesa ortodossa russa in Roma, padre Alessio ( Maksimov), poeta. Il parroco di San Nicola Taumaturgo, chiesa ortodossa russa in Roma, padre Sergej ( Volkov), Il Presidente della Free Lance International Press Virgilio Violo, la Presidentessa del Premio Internazionale Pushkin di Roma, elegantissima Yulia Bazarova e la Principessa Elena Borghese. Presenti alla serata i poeti e amici dell’autrice: Furio Durando, Letizia Leone, Tiziana Marini, Alessandro dell’Olio, Il noto e apprezzato pittore Igor Ladojanin.
Secondo la tradizione del salotto letterario musicale della Casa Russa alcuni partecipanti, tra il numeroso e attento pubblico, hanno letto al microfono delle brevissime poesie della raccolta. Un’ atmosfera magica e avvolgente, in un luogo speciale come la Casa Russa nel Palazzo Santacroce, un prezioso gioiello nel cuore di Roma.
A conclusione è stato offerto un aperitivo dalle amiche della poetessa, Inna Korol e Tamara Sedikova.
Io non son nulla eppure tutto mi appartiene…
Una frase, un’asserzione, una citazione che presenta in toto il carattere emozionale e critico di Giancarmine Fiume. E’ una sua presentazione dove non necessiterebbe altro da aggiungere per presentare un autore di grande rilievo culturale e d’immensa sensibilità poetica.
Giancarmine Fiume |
Giancarmine Fiume
Nato a Cantù (CO), l’11/06/1979
Nel 2012 consegue l’attestato di qualifica del corso di perfezionamento per autori di testi, presso il Centro Europeo di Toscolano del maestro Mogol.
A novembre 2020 esce “¡u!” suo libro di esordio per i tipi di Puntoacapo editrice con prefazione di Michelangelo Zizzi.
A giugno 2022 pubblica “Reliquiario carnale” per i tipi di Fallone editore con prefazione di Maurizio Cucchi.
Vive a Rovellasca (CO), è musicista e appassionato di Arte, Storia e Filosofia.
Fiume è un giovane autore che da pochi anni è entrato a fare parte di una contemporaneità poetica di grande spessore emozionale dove i versi contenuti, cantano inquietudini e turbamenti di un uomo che si presenta al mondo con la propria fragilità emotiva ma forte e deciso nella sua ricerca di completezza attraverso l’amore e la passione. “!u! È uscito a novembre del 2020 per Puntoacapo Editrice e “Reliquiario carnale” pubblicato nel 2020 per Fallone Editore.
Il poeta è elegante nell’espressione, padrone nell’uso della figura retorica dove si giostra fra enunciati, analogie, metafore e allegorie e fra poesia e prosastica sa come condurci dove lui vuole facendo sentire il lettore partecipe e testimone del suo vissuto e del suo desiderato.
Entrami i libri di Fiume seguono un filo conduttore, quasi un sequel letterario dove in “!u” l’autore si presenta nella propria quotidianità fatta del suo lavoro immerso fra ombre e sottosuoli da dove con i pensieri assorti vibra nella ricerca di una luce che faccia chiarore a quell’oscurità interiore.
La sua espressività è pura ricercatezza dell’idioma che accarezza e abbraccia quelle emozioni che lo fanno sentire libero di sognare, di respirare e desiderare la sua Sibilla Pavese eterna nei suoi giorni da bramare e da rimembrare. Sibilla diventa immagine incessante, a momenti vicina, altri distante e distaccata. Una simbiosi forse della Sibilla un po’ fata e un po’ profetessa, incantatrice, giovane o matura ma conscia del proprio ascendente su colui che l’ama. Fiume ha la capacità tecnica e letteraria nel descrivere in modo minuzioso ogni attimo, ogni impercettibile sospiro dove la passione, l’amore, il desiderio e il dolore diventano ingredienti di un bisogno interiore di continuità.
L’autore in questo libro ha portato se stesso, così come ha portato l’ombra e il buio che ogni giorno vive nella sua quotidianità lavorativa, quel lavoro che è stato forse l’input di ricerca verso la luce intrinseca nella riflessione e nell’oggettività che non v’è ombra senza un’impercettibile lume.
Sono solo la mia lesa pettorina
nell’incommensurabilità
del buio
dove fate falene scandagliano.
Ecco l’esplosione di vita nella morsa di un buio dove nonostante tutto, le creature della notte danzano e vibrano- Le falene sono gli equivalenti di quegli amori che nessuna ombra potrà mai dissipare perché la vita fluttua nonostante tutto.
Continua Giancarmine Fiume in “Reliquiario carnale” la sua costante ricerca in quell’amore che diventa adesso meta nei viaggi che lui intraprende. L'inconsistenza della perfezione amorosa, la labilità del rapporto, la transitorietà dei legami sono le costanti nelle prosastiche raccolte nel volume. Anche qui come in “¡u!”, impera l’amore come dominante ma è un amore che non dà sempre certezze, un amore che non è perfezione ma ricerca di questa. Di nuovo Sibila Pavese rievocata, quasi come se nel ripetere come un mantra il suo nome in queste nuove pagine, potesse rasentare la perfezione tanto ricercata nell’autore. Quella perfezione fatta di comprensione e di simbiotico sentimento. Sono poesie di passione, di attimi profondi, di disincantato turbamento, sono gioie e dolori, sono di amara consapevolezza . Liriche profonde come l’oceano e delicate come un soffio cherubino ma portatrici di graffi nella mente che Giancarmine non cura ma che invece tortura per non farli cicatrizzare affinché l’enfasi e la speranza cullino quella sua introspezione alla continua ricerca dell’eterno amore.
Eppure non ti ho mai amato a salve,
Sibilla Pavese,
neppure ora che raccolgo amarezza
come una fiera tra le macerie.
Mare lungo i capelli raccolti,
il tuo silenzio una cartolina
dalla fine
quando emergi dall’acqua
e curvi la luce, mi apri dei varchi
con mezzi spargisale
sulle mie arterie scorticate.
Dall’orizzonte ci fissano lampare .
E noi, lettori attenti, ci facciamo osservatori grazie a quelle lampare che portatrici di luce riflettono uno scenario che sa d’amore, di preghiera all’ascolto e di sofferta consapevolezza che non sempre il nostro sentimento è pari al sentimento dell’altro.
Un autore di calibro, un poeta che culla l’idioma con maestria letteraria, un uomo che attraverso la scrittura sa rendere la versificazione voce da ascoltare e da comprendere.
Firenze. Sabato 12 Ottobre con l'organizzazione dell'associazione artistico letterario di A&A di Marzia Carocci presso il Teatro di Cestello a Firenze si è svolta la premiazione del concorso artistico letterario Ponte Vecchio giunto alla nona edizione dove scrittori, poeti e pittori hanno ricevuto targhe e medaglie in merito alle valutazioni di una giuria altamente qualificata presieduta dalla presidentessa Annamaria Pecoraro.
Ogni anno vengono attribuiti nell’occasione i Premi alla carriera per la musica, il teatro, il giornalismo, la pittura, la scultura, la letteratura e il cinema.
Premio a Virgilio Violo |
Quest’anno sono stati consegnati il premio letterario al giornalismo e alla musica.
Premio a Riccardo Azzurri |
Per quanto riguarda la carriera giornalistica il Premio alla Carriera è andato a Virgilio Violo laureato in giurisprudenza, giornalista pubblicista che dal 1995 è direttore responsabile della freelance International Press (fino al 2007 era anche in versione cartacea) https://www.flipnews.org/
Dopo la laurea viene inserito nella “Consulta giuridica per la tutela dei diritti umani”(www.osservatoriocedu.it) con sede a Roma. In seguito ricopre per sei anni a Milano il ruolo di capo ufficio legale dell’Ente Naziona Risi, ente pubblico economico, organismo d’intervento della Comunità Economica Europea. Ha curato i rapporti con la stampa estera dal '92 al '94 per "L'estate romana". Ha collaborato come freelance con l’agenzia d’informazione ANSA. Dal 2011 e tutt’ora è direttore responsabile del quotidiano online Lpnews24. Numerose altre collaborazioni anche con testate minori.
Un giornalista che da sempre scrive per la verità senza sottostare al servilismo dell’editoria e portando avanti con impegno, determinazione e coraggio la missione di chi deve informare in modo limpido e onesto. Un Premio alla Carriera per meritocrazia e plauso a tanto impegno costante e duraturo.
Il Premio alla carriera in campo musicale va invece a Riccardo Azzurri che fin da giovanissimo impugnando la chitarra regalata dal padre inizia a fare musica. Tantissime collaborazioni artistiche, diversi cd all’attivo. Nel 1983 calca il palco di Saremo. Nel 2001 Riccardo riceve il Premio Pegaso per la popolarità Toscana. Encomiabile l’impegno di musicoterapia che porta nei centri anziani dove ogni sua partecipazione diventa festa ed emozione fra gli ospiti con i capelli grigi. Nel 2014 e nel 2016 collabora con Aleandro Baldi realizzando brani come “Firenze madre” e “la riscossa”.
Nel 2019 collabora con l’amico Don Backy dove dopo uno scambio di brani fra questi artisti ne nasce uno che hanno cantato insieme dal titolo “Araba fenice”. Troppe sarebbero le segnalazioni sulla carriera del cantante che per questo si aggiudica un premio importante che abbraccie riconosca tanto impegno, tanta passione per l’amore della canzone italiana.
Il Premio artistico letterario Ponte Vecchio con tutta la Giuria, con il Presidente di questa, Annamaria Pecoraro ed io in qualità di Presidente ideatrice e responsabile del Premio, ringraziamo queste personalità che arricchiscono un’Italia che necessita di bellezza, di onestà, di umiltà e di grande valore morale e artistico.
Da giovedì 10 ottobre a domenica 8 dicembre 2024, Palazzo Merulana è lieto di presentare la mostra “Roma nel Cinema a pennello” La mostra è ideata e curata da Stefano Di Tommaso appassionato cultore della materia e collezionista egli stesso e Paolo Marinozzi innamorato del cinema, collezionista e proprietario della bella collezione esposta.
I Cartellonisti Italiani sono i protagonisti di questa bellissima mostra, che ripercorre mezzo secolo di pittura di cinema. Il loro modo di dipingere resta un unicum nella storia dell’arte.
Questo incredibile movimento d’artisti, fuori delle regole e dagli schemi intellettuali del secolo, che aveva prediletto l’astrazione, diviene l’unico raro e raffinato baluardo dell’arte antica e della pittura del reale. Sono esposti 50 bozzetti pittorici originali, opera di grandi artisti del settore, veri e propri “disegnatori di sogni” come Ballester, Capitani, Martinati, Brini, Nano, Manfredo, De Seta, Manno, Olivetti, Cesselon, Geleng, Ciriello, Symeoni, Nistri, Iaia, Putzu, Casaro, Avelli, Biffignandi, Gasparri, che insieme hanno rappresentato una vera e propria corrente artistica del ‘900 e hanno lavorato per le più grandi major americane come Warner, MGM, Paramount, Columbia e per le italiane Titanus, Lux, Ponti-De Laurentis, Amato, Rizzoli, Cecchi Gori.
Molti gli stili e i linguaggi ma ciascuno di questi artisti ha un tocco personale e indimenticabile!
I colori a volte sono vibranti, brillanti e originali, come nelle opere di Angelo Cesselon, oppure a campitura nel caso di Maro; i soggetti sono sfumati come in Anselmo Ballester o Ercole Brini o definiti da linee grafiche e temi rarefatti come in Renato Casaro o analitici come in Biffignandi.
Le forme del reale si contrappuntano, s’intersecano, si sovrappongono, con un estro sempre nuovo e che rappresenta un unicum per ogni artista. Poiché di artisti di tratta! Pittori giovani e intelligenti,
Il manifesto di cinema, come oggetto fisico, esisterà dunque per poco tempo, eppure è più eterno di altre forme d’arte perché affisso non solo sui muri ma anche nei cuori della gente che si emozionava a guardarlo.
Genere e contenuti sono dati dal film, ma le immagini realizzate dagli artisti nei manifesti vivono di vita propria. Ogni pittore di cinema interpreta con la propria fantasia e capacità estetica i contenuti della storia mediante connotazioni ogni volta nuove ed efficaci. Sono commedie e tragedie, avventura e gialli, western e film storici: ogni tema ha un suo modo di essere narrato.
I pittori di cinema rappresentano, con i loro contenuti figurativi, una ventata di freschezza nel panorama artistico internazionale spesso legato, come peraltro anche nel nostro secolo, a schemi intellettuali o addirittura intellettualistici, che vogliono superare l’uomo Faber, che gode nel piacere del dipingere indipendentemente da messaggi politici, concettuali o sociali.
Opere d’arte che restano nella mente e nel cuore di milioni di persone, che lo ricordano con affetto e nostalgia. Oggi rappresenta la testimonianza di un tempo, di un modo di vivere, di una società e di una storia che è comunque irrimediabilmente perduta.
Molte sono le mostre di manifesti ma poche quelle, come questa, che presentano i dipinti originali, Queste opere fanno parte della Collezione/Museo “Cinema a Pennello”, creata e sostenuta con passione da Paolo Marinozzi che ha sede nel palazzo di famiglia del piccolo e grazioso borgo di Montecosaro, in provincia di Macerata.
Tra le persone non più giovanissime, qualcuno ricorda quel periodo felice della rinascita italiana del dopoguerra, ma anche degli anni ‘60 e ’70, in cui i manifesti facevano parte dell’arredo pubblico. Anche se ci sembra di aver dimenticato alcune di queste immagini esse ritornano a volte alla memoria prepotentemente: un film visto da bambini, una serata al cinema con gli amici, una serata col partner, sono spesso legate all’immagine di uno specifico manifesto. Sono ricordi, quasi onirici, che ci suggeriscono immediatamente un tipo di mondo culturale e una storia, un ricordo, un momento bello e felice, come un sogno dell’alba da non dimenticare! Dall’apparizione sconvolgente del neorealismo con Roma città aperta, Ladri di biciclette, Umberto D al mito del cinema attraverso la Magnani di Bellissima, a quella di Gadda e Germi di Un maledetto imbroglio (tratto da Quer Pasticciaccio brutto de Via Merulana), dalla Roma di Poveri ma belli e de I soliti ignoti, di Accattone e Mamma Roma.
La mostra vuole celebrare anche gli anniversari che cadono quest’anno di quattro grandi del cinema italiano e internazionale: i cinquantenari della morte di Vittorio De Sica e di Pietro Germi, il centenario della nascita di Marcello Mastroianni, e il compleanno importante della più grande diva italiana, Sophia Loren volto del commissario di Un maledetto imbroglio.
Palazzo Merulana, sede della Fondazione Elena e Claudio Cerasi è gestito e valorizzato da Coopculture. La mostra, inserita all’interno del palinsesto della Festa del Cinema di Roma, con il contributo di SIAE, con il patrocinio di ANICA, con la partnership di Banco Marchigiano e WebPhoto&Service, racconta Roma con le sue visioni cinematografiche e non solo.
Tra gli artisti presenti in mostra c'è Angelo Cesselon (1922 - 1992) , considerato uno dei più importanti pittori del cinema italiano. Il suo stile ha segnato gli anni '60. Rimangono nella memoria collettiva i suoi ritratti psicologici di tanti importanti attori e l' uso di colori vivaci e brillanti. Tra le sue opere presenti in mostra Il famoso "Ladri di biciclette", "Umberto D", "La donna più bella del mondo" con un bel ritratto di Gina Lollobrigida e l' indimenticabile ironico dipinto de "L'armata Brancaleone".
Da mercoledì a venerdì: 12.00-20.00 (ultimo ingresso ore 19.00)
Sabato e domenica: 10.00-20.00 (ultimo ingresso ore 19.00) fino al 20 ottobre 2024.
Dal 26 Ottobre 2024 dalle ore 12.00 alle ore 19.00
Avviso Importante.
Visita Mostra 'Pittori di Cinema". Palazzo Merulana, v. Merulana 121, giovedì 10 ottobre. Cambio orario appuntamento:
Ore 16.30 invece che 17.30.
Causa altro evento pregresso al museo
Domenica 6 ottobre a Villa Doria Pamphilj nel parco più grande di Roma si è svolta la cerimonia di premiazione della 10^ Ragunanza di poesia, narrativa e pittura, concorso letterario promosso e ideato da A.P.S. Le Ragunanze con i patrocini morali del Consiglio Regionale del Lazio, Roma Capitale XII Municipio, Ambasciata di Svezia a Roma, in collaborazione con Accademia Nazionale D’Arte Drammatica “Silvio D’Amico”, Vivere D’Arte, Leggere Tutti, LATIUM di Madrid, ACTAS Tuscania, WikiPoesia, Coordinamento Difendiamo i pini di Roma Comitato Villa Glori. Dieci anni di attività dettati da impegno e passione per promuovere bellezza e cultura nel territorio. Quest’anno l’edizione è stata dedicata ai pini di Roma, simbolo storico della città da proteggere e tutelare dall’abbattimento. L’idea è nata in collaborazione con l’attivista Jacopa Stinchelli del Coordinamento Difendiamo i pini di Roma Comitato Villa Glori. La presidente dell’Aps Le Ragunanze, Michela Zanarella ha accolto con entusiasmo il progetto in difesa dei pini e ha invitato gli artisti a scrivere o dipingere opere inerenti. Tanti i partecipanti provenienti da diverse regioni d’Italia e dall’estero; hanno aderito dalla Spagna, dall’Inghilterra, dal Libano, dall’Arabia Saudita.
La giuria composta da Virgilio Violo (Presidente di Giuria), Michela Zanarella (Presidente del Premio), Giuseppe Lorin (Vice Presidente del Premio Le Ragunanze), Elisabetta Bagli (Presidente Latium), Antonio Corona (Vivere D’Arte), Fiorella Cappelli (Leggere Tutti), Lorenzo Spurio, Serena Maffia, dopo attenta analisi e valutazione delle opere pervenute ha decretato i vincitori delle quattro sezioni:
Per la sezione poesia a tema natura sul podio al primo posto Roberto Costantini di Roma con “Sine nomine”, secondo classificato Fabio Romano di Roma con “Senza titolo”, terzo classificato Alessandro Porri di Roma con “Il mio amico albero”. Menzione d’onore per Antonella Ariosto, Giovanni Battista Quinto, Fadi Nasr, Carla Abenante, Rossana Bonadonna, Lucia Izzo, Sofia Skleida, Anja Granjo, Veli Bogoeva, Loli Garcia, Gianni Servadio. Veli Bogoeva e Loli Garcia dalla Spagna hanno portato i saluti in spagnolo omaggiando i presenti anche in italiano.
Per la sezione libro edito di poesia sul podio al primo posto Marco Onofrio di Roma con “Luce del tempo”, seconda classificata Doris Bellomusto di Lucca con “A corpo libero”, terzo classificato Luciano Giovannini di Roma con “La croce di carta”.
Menzione d’onore per Stefano Baldinu, Danilo Poggiogalli, Gianni Pallaro, Guido Tracanna, Fra Gilé, Colomba Di Pasquale, Ornella Gatti, Isabella Petrucci, Loretta Liberati, Stefania Di Leo, Raed Anis Al-Jishi. Per la sezione libro edito di narrativa sul podio al primo posto Elvira Delmonaco Roll di Caserta con “Dea contadina”, secondo classificato Gianluca Galotta di Roma con “L’uomo che parlava con le stelle”, terzo classificato Claudiano Sironi di Milano con “Archeologia di un danzatore”. Menzione d’onore per Maria Laura Antonini, Nadia Buonomo, Manuela Magi, Pasquale Fierro, Francesca Innocenzi, Simona Maiucci.
Per la sezione pittura sul podio al primo posto Loredana Manciati di Roma con “Roma: i pini e il Tevere”, seconda classificata Tatyana Zaytseva di Roma con “Intelligenza naturale”, terzo classificato Giuseppe Galati di Vibo Valentia con “Pini sparsi”. Menzione d’onore a Bruna Milani e Samia Peroni.
Ogni anno viene assegnata la Targa Anastasia Sciuto, dedicata alla giovane e talentuosa regista scomparsa troppo presto, diplomata all’Accademia Nazionale D’Arte Drammatica “Silvio D’Amico”. Quest’anno è stata premiata l’attrice Vera Dragone, a consegnare la targa l’attrice Athina Cenci, ospite d’onore del premio, assieme alla mamma di Anastasia, Domenica Lo Faro, che ha sempre sostenuto e incoraggiato la figlia nel suo percorso artistico. Targa Latium Madrid a Stefania Raschillà di Genova, Targa Vivere D’Arte a Flavio Dall’Amico di Vicenza, Targa Speciale Le Ragunanze a Quinto Ficari di Viterbo e al chitarrista, autore e compositore Stefano Tedeschi, Targa Actas Tuscania a Piko Cordis di Ascoli Piceno.
Tra gli ospiti molto apprezzati gli interventi del cantautore Valerio Mattei, che ha proposto alcuni dei suoi brani, dell’attore Corrado Solari, recentemente sugli schermi nella serie “Vita da Carlo 2” diretta da Carlo Verdone e nella serie “Kostas” diretta da Milena Cocozza, che ha dato voce alle poesie e ai testi dei premiati, dell’attrice Chiara Pavoni, che ha letto e interpretato alcune poesie “famose” sui pini tra cui Ada Negri, Pablo Neruda e Sandro Penna.
Durante la cerimonia sono state esposte le opere vincitrici della sezione pittura, oltre alle opere dell’artista Franco Argenti. Le foto e le riprese video sono state a cura di Ania Struska, che è riuscita a cogliere i momenti più intensi e significativi dell’evento.
Francesca Lopane |
E’ accaduto a Manduria lo scorso 19 settembre 2024, quando la casa di Elisa Springer è divenuta Museo Casa della Memoria Elisa Springer. Nella vita ci vengono dati tutta una serie di doni, ovviamente bisogna saperli riconoscere, valorizzarli e tutelarli. Alcuni sono più preziosi di altri, è questo il caso. Sono stata amica, infatti, di Elisa Springer nel suo periodo materano. Grazie all’Uomo che non vuole dimenticare, perché dimenticare significherebbe, per Noi, MORIRE ANCORA! E’ uno dei meravigliosi pensieri che Elisa Springer sciorinava -con quella grazia ed eleganza che Le erano proprie- nelle innumerevoli classi di alunni e studenti ove si recava per narrare degli uomini che, pur vivendo l’evoluzione, finiscono per ricadere nella barbarie di uomini che trucidano uomini.
E’ strano come il lessico possa sorprenderci, è spesso in uso dire: i Teatri di Guerra, teatro? Un Teatro tutt’altro che di civiltà letteraria e pedagogica! Un Teatro dove la morte non è finzione! Forse l’errore nasce perchè si preferisce guardare gli scenari delle guerre come finzione cinematografica, che poi, pure quella è oltremodo violenta. E allora…finchè siamo vivi non dobbiamo tacere, così Elisa nel suo “Il silenzio dei vivi” e laddove ci venga imposto il silenzio, ancora Elisa, L’eco del silenzio raggiungerà tutti. Ho amato e amo i suoi due libri, anche quelli mi hanno spinta a scrivere il monologo tenuto in casa e poi nella celebrazione pubblica ufficiale. Mi piace registrare che l’Amministrazione comunale di Manduria sia stata coraggiosa e gentile, come abbia saputo comporre una squadra di meravigliosi tecnici che hanno fatto di una casa un Museo, ma non nel senso tradizionale, piuttosto uno scenario vivo, m’è parso quasi che Elisa fosse lì, a voltare le pagine del piccolo ricettario di cucina manoscritto; i colori alle pareti sono studiatissimi da un grande della cinematografia, il direzionamento dei faretti segue un possibile sensibile sguardo umano verso i punti più significanti, le piccole teche per i cimeli più preziosi, a cominciare da quella che contiene frammenti di filo spinato di Auschwitz, sono situate non a colmare spazi ma a dare senso agli spazi, i riconoscimenti delle scuole di tutt’Italia fanno da sfondo allo scrittoio di Elisa sul quale ci sono i suoi libri e quello con la dedica al figlio, il ricettario di cucina sta lì, sul frigorifero, aperto alla pagina della minestra più amata da Elisa, l’ultima valigia è sul letto, sembra appena fatta eppure da quel momento in poi la tragedia si sarebbe abbattuta sull’umanità, in ispecie l’umanità di religione ebraica…e .c’è il pianoforte che non rinvia più le note viennesi, nè le prime semplici musiche suonate dai suoi allievi.
Un’Amministrazione gentile, dunque, ha portato avanti i lavori fino alla celebrazione di apertura del 19 settembre 2024; ci sono stati il Sindaco Gregorio Pecoraro insieme al Prefetto di Taranto Paola Dessì, al Presidente della Provincia di Taranto Rinaldo Melucci, a Vito Perrucci Consigliere Comunale e Relatore del Progetto, a Loredana Ingrosso referente del Museo Civico, alla giornalista documentarista Lucilla Rogai, a Claudia Blandamura nuora di Elisa Springer, al giornalista già Rai Salvatore Catapano e la Presidente della Fondazione Springer, Francesca Lopane che ha posto la cornice intensa e preziosa alla narrazione; tutti riuniti per trasmettere il testamento umanitario di Elisa al folto pubblico accorso al convegno prima e al successivo taglio del nastro, poi.
E ci sono stati i tecnici che ho voluto sentire personalmente per sapere quanto cuore hanno posto prima che la tecnica, quanto rispetto e pathos e amore e …hanno profuso! Quanto a me -consigliera della Fondazione- ma soprattutto antica amica che ebbe anche l’onore di condurre l’importante serata del 10 dicembre 2002 presso il Cine Teatro “E. R. Duni” di Matera per il conferimento della cittadinanza, che già in quel caso con il monologo e le luci soffuse ebbi modo di porgere alla cittadinanza la sintesi più accurata e accorata dei due libri-best sellers di Elisa che ne’ Il silenzio dei vivi scrive: affido questo libro a tutti i ragazzi…la loro ansia di non dimenticare, l’esigenza di libertà e rispetto per l’uomo, sono diventati punti fermi, irrinunciabili, su cui costruire un mondo, una società fatti di libertà e non di schiavitù, di giovani liberi e fratelli, giovani che sapranno trovare il modo e forse anche il tempo di spiegare agli altri e a noi se e dove abbiamo sbagliato. Loro saranno i veri giudici del nostro passato e del loro domani. Affido al loro verdetto la storia della mia vita. Nessuno può nascere solo per morire - anche in condizioni estreme, l’uomo merita sempre di rimanere lo scopo dell’uomo. Scriverà Frediano Sessi sul battente
Antonella Pagano |
del libro di Elisa L’eco del silenzio. Ed Elisa ancora: I Giovani in visita ai Campi sono i pellegrini di speranza, a loro ho raccontato il bene e il male, l’amore e l’intolleranza…un fiore, solo un fiore piantino per ogni lacrima che cadrà dai loro cuori. Saranno loro i fiori di quel deserto e, in quel silenzio, comprenderanno perché milioni di uomini, donne, bambini sono nati “solo” per morire. Ho taciuto e soffocato i miri ricordi vivendo nel silenzio molta parte della mia vita…non è giusto che muoia portando con me il mio silenzio. Ecco perché oggi noi tutti, insieme, bisogna che si dia ancora più voce perchè quel suo silenzio sia voce che raggiunga tutti, in tutte le parti del mondo poiché, qua e là, ancora s’annida la bruttura dell’uomo lupo dell’uomo. Credo che sarebbe molto piaciuta al Presidente Mattarella, tre giorni fa a Marzabotto per commemorare tutti i civili trucidati dai nazisti, diverse centinaia di civili, compresi neonati, essere con noi a Manduria; sarebbe piaciuto al nostro Presidente della Repubblica viaggiare dentro la casa di Elisa, la Donna, la musicista, l’insegnante anche di inglese Elisa e riconoscere che, quella bella signora viennese, di ottima cultura e di meravigliosa statura umana, non è passata invano su questo Pianeta di cui siamo solo ospiti.
Sarebbe piaciuto al nostro Presidente osservare con quale gentilezza una pubblica amministrazione ha operato perché un tale luogo insegni la Pace, insegni il Rispetto, parli concretamente di Diritti Umani, mostri come possa essere facile ricadere nei medesimi errori, nella terribile banalità del male e di quanto accade oggi di simile in molti territori di questo piccolo pianeta. E credo che sarebbe stato importante che un Emissario dell’Amministrazione Europea avesse percorso le stanze della casa di Elisa; se ciò non è stato bisogna che accada! PLOTINO ci suggerisce di: fare del BELLO e del BENE un identico principio, ma potremmo fare di più: è BELLO ciò che al contempo è anche BUONO e GIUSTO e personalmente penso ad alzare ancora l’asticella e parlare e agire in CANTIERI della BELLEZZA. Sento le mie piante ringraziarmi allorchè pongo un’assicella perché si raddrizzi il ramoscello storto, sento le vibrazioni del mio ficus quando spolvero le sue foglie e passo l’interno della buccia di banana per lucidarle e nutrirle, dunque lucidiamo ciò che è opaco, lucidiamo le nostre opacità perché si sia più che luminosi, brillanti e non stanchiamoci di scolpire noi stessi nella più bella delle forme…è una fatica bene-detta che ci farà incontrare il noi stessi più bello, il noi in quel saggio equilibrio che ci veste di lucentezza che è la NOSTRA originale significazione.
Questo stato luminescente non è extra-ordinario, niente affatto, questo stato, in verità, è la vera natura umana. La prova? Le prove? I tanti gesti di quotidiano eroismo di tanti uomini e donne, e anche di bambini, i gesti delle Pubbliche Amministrazioni illuminate. Addizionare a questa nostra essenza cose superflue, dannose, o succedanei che la opacizzano, la rendono grezza, avvizzita e appesantita, significa solo spegnerla, renderla brutta. Ecco: adesso sappiamo che a Manduria c’è la Casa della Memoria Elisa Springer, un museo vivo, un Cantiere di Bellezza che parla, che narra, che insegna e scuote le coscienze. Un Teatro di Pace e di Diritti veramente civili e umani.
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Nela serata del 27 settembre scorso, presso al Grand Hotel Gianicolo di Roma, gli “Amici della Grande Russia” hanno rinnovato la memoria per il pensiero di Alexander Pushkin, importantissimo esponente della cultura russa.
L'evento ha avuto lo scopo di estendere ad un più vasto numero di romani la conoscenza delle attività dell'associazione culturale e apartitica dell’associazione fondata dalla D.ssa Yulia Bazarova e dal. Dott. Paolo Dragonetti De Torres Rutili. Maggiori informazioni sul sito istituzionale www.amicidellagranderussia.com. “Arte, bellezza e tradizioni” gli scopi. Un tuffo della cultura russa in quella italiana. I contenuti culturali, di tutto rispetto, sono stati equamente distribuiti fra canto e recitazione poetica. Il programma della manifestazione ha visto l’eccellente performance della soprano barocca Marianna Ivashchenko con i brani musicali: Rimskij-Korsakov. Elegia, Kjui. La statua di Tsarskoje Selo, Rachmaninov. Non cantare, o bella, davanti a me, Glinka. Ricordo il magico istante, Čajkovskij. La scena finale della lettera di Tatiana, e l’ omaggio finale all'Italia con l’aria "O mio babbino caro" tratta dall’opera “Gianni Schicchi” di Puccini, tutto all'insegna della interculturalità.
Tra un pezzo musicale e l'altro si sono alternati amici amanti della cultura russa che hanno letto, sia in russo che nella traduzione italiana, diverse poesie e brevi brani di prosa composti da Pushkin.
Sul podio lettori e lettrici: Elena Litasova, Manlio Lo Presti – Strofe 4, 5 e 6 del poema “Eugenio Oneghin”, Marzia Sorbia - “Rinascita”, Franco Nicoletti che ha presentato la vita di A. Pushkin, l’avv. Maddalena C. del Re- “Terra e il Mare”, Anna Gentilini e Giuseppe Cerasari - “Autunno” tradotto da Annalisa Alleva.
La lettura dei brani dell’opera del grande poeta e scrittore nazionale russo è collaterale al Premio internazionale Pushkin, quest’anno giunto alla sua VI Edizione.
“Nel silenzio assordante degli scrittori più declamati che non si esprimono pubblicamente davanti al pericolo che la Sardegna venga deturpata e danneggiata nel suo bene ambientale, faunistico, archeologico, in nome di una imposta transizione ecologica, ho proposto ai poeti riuniti come sempre per il 10 agosto a Villa Edera, di partecipare ad una antologia di poesia civile con cui fare sentire la nostra voce di donne e uomini di cultura contro la speculazione energetica ”, così Neria De Giovanni, davanti ad un pubblico numerosissimo che ha riempito tutti gli spazi del parco di Villa Edera, lancia la proposta accolta con entusiasmo. Presenti anche molte rappresentati del gruppo di aggregazione spontanea Nuova resistenza di Alghero.
L’antologia sarà preparata entro fine anno e presentata per Natale.
Questa tredicesima edizione dell’incontro “10 Agosto, Notte con i poeti”, è stata l’occasione per presentare il volume antologico con 19 poete e poeti che ogni anno hanno partecipato al reading.
L’Antologia “I poeti del 10 agosto a Villa Edera”, a cura di Neria De Giovanni con la collaborazione di Antonello Colledanchise, pubblicata dalle Edizioni di Salpare, racchiude poesie di: Angela Baldino, Sabrina Bellu, Laura Cannas, Antoni Canu, Raffaele Ciminelli, Bebella Farris, Massimiliano Fois, Donatella Grosso, Margherita Lendini, Maria Antonietta Manca, Adriana Mannias Barabino, Antonio Maria Masia, Domenico Marras, Cinzia Paolucci, Giampiera Piga, Maria Piras, Giuseppe Sechi, Maria Teresa Tedde.
La serata ha visto ospite d’onore Pamela di Lorenzo con “Donne sotto lo stesso cielo” e l’Associazione Angeli in Moto che hanno adottato il volume come testimonial in un viaggio di sensibilizzazione sulla violenza di genere che si concluderà a Roma il novembre prossimo.
Interventi musicali molto apprezzati di Antonello Colledanchise con l’Ukulele insieme a Susanna Carboni al clarinetto e Saphira Cabula alle percussioni, con alcuni brani anche inediti di ambientazione medievale, tratti dal prossimo progetto e concerto.
Il caldo di Roma porta Athos De Luca, storico promotore della commemorazione di Hiroshima a Piazza del Pantheon, a rendere più essenziale, di anno in anno, la cerimonia sostenuta dal Comune di Roma e dalla Regione Lazio.
Dopo i due inni giapponese e italiano suonati dalla Banda dei Carabinieri seguono gli interventi del Consigliere dell’Ambasciata del Giappone in Italia; dell’Assessore alla Cultura di Roma Capitale Miguel Gotar; dell’Assessore della Regione Lazio Fabrizio Ghera. Viene premiato il Presidente dell’Ordine dei giornalisti Carlo Bartoli e un saluto viene concesso alla Vice Presidente di WILPF Italia APS Romina Gurashi.
Infine, in sequenza si svolgono il balletto degli allievi della Scuola del Balletto di Roma diretto da Paola Jorio: una coppia di giovani sinuosi che espongono una preziosa colombina bianca; il canto profondo e triste di Eiko Misumi e l’esecuzione de “Il Silenzio” da parte di un trombettiere dei Carabinieri.
Sebbene non si entri mai nello specifico e nel tecnico e al momento non è mai stata premiata un’associazione che si occupi di contrastare il nucleare, l’evento invia sempre un messaggio: 1 non si può dimenticare; 2 la pace è fondamentale; 3 la virtù viene premiata ogni anno con un fossile regalato ad una associazione che svolge un ruolo etico – quest’anno la Stampa per l’indispensabile necessità di lasciarla libera -; 4 la bellezza dell’arte salverà il mondo.
La società civile esperta sa quali Paesi e Governi hanno veramente intrapreso la strada per evitare la guerra, guerre nucleari, incidenti nucleari, quindi è con commozione mista a severità che partecipano a queste commemorazioni, sapendo che tutto cambia se si decide in un modo o in un altro.
In un momento in cui tornano le armi nucleari USA a Lakenheath, in UK (https://Lakenheathalliancefor peace.org.uk/front.page/about-us/letter-of-support); tornano gli euromissili in Germania entro il 2026 (www.peacelink.it/noeuromissili); la Bielorussia minaccia di usarle e molte delegazioni in occasione del Secondo Comitato Preparatorio dell’11° ciclo di Revisione del Trattato di Non Proliferazione a Ginevra hanno sostenuto l’energia nucleare per risolvere la crisi climatica e per raggiungere gli obiettivi dello Sviluppo Sostenibile (cfr. Rinnovabile non Radioattivo Reaching Critical Will Notizie NTP in rassegna Vol 19, n.5), la volontà di cambiare è l’unico modo di dimostrare rispetto alle vittime di Hiroshima e Nagasaki.
La città di Taurianova, in Calabria, che il Ministero della Cultura ha scelto come Capitale Italiana del libro 2024, da giovedì 24 ottobre a domenica 27 ottobre ospiterà il Convegno dell’Associazione Internazionale Critici letterari , sul tema “Il Mediterraneo: da Corrado Alvaro alla letteratura moderna”.
“Sono molto felice che il Sindaco Rocco Biasi e l’Assessora alla cultura e direttore artistico di TCL Maria Fedele abbiano accettato la nostra proposta- ha dichiarato Neria De Giovanni, presidente dell’AICL- e desidero ringraziare anche lo scrittore Pierfranco Bruni, presidente della Commissione ministeriale che ha scelto Taurianova come Capitale italiana del libro, per aver sottolineato l’importanza della tematica proposta oltre l’effettiva internazionalità della nostra Associazione.”
Hanno già aderito a partecipare al Convegno in qualità di delegati relatori, critici letterari, docenti universitari e scrittori di Spagna, Portogallo, Austria, Romania, USA, Francia, e di numerose città italiane tra cui Cagliari, Roma, Taranto, Modica, Matera, Ispica, Torino.
Gli esseri umani stavano cercando di comportarsi come tali e non come ingranaggi nella macchina capitalista (George Orwell)
Mai tanta confusione e caos sovrastano i nostri giorni sempre più confusi. Guerre di serie A e guerre di serie B dove il comune denominatore è l’essere umano è ridotto a scarto. Non esistono categorie; uomini, donne, vecchi e bambini. Vengono attaccate scuole e ospedali, chiese e moschee. Niente ha più valore, niente ci rende umani. Là dove non c’è guerra e si parla di politica dove tutti sono bravi, tutti hanno la soluzione in mano: basta leggere un comunicato di una posizione e ti accorgi che sono tutti uguali, stesse idee, stessi propositi, stesse ambizioni. Sono solo chiacchiere al vento che non avranno eco né adattamento alcuno. Là dove il dio quattrino comanda vi sono sempre proseliti in grande quantità, il potere è una calda e solida poltrona che rende colui che vi approda, padrone di scelte e di comizi sempre meno costruttivi e sempre più di specchio personale. La società è un imbroglio dove il pensiero è sempre meno riflessione e sempre più desiderio di emergere anche calpestando e ignorando i veri bisogni della gente. La sanità, la giustizia, l’aiuto al volontariato, l’assistenza agli anziani, l’istruzione, l’ecosistema divengono solo deterrenti che sopratutto nel periodo elettorale servono come specchi alle allodole per avere voti e preferenze. Il viaggio umano è ormai una corsa al declino dove i valori, i bisogni, le esigenze civili sono calpestati dal desiderio di raggiungere risultati personali di grande rilievo che a niente serviranno per garantire quelle soluzioni che finalmente aiuterebbero i poveri cittadini speranzosi sempre di un cambiamento. Ma come può cambiare la politica se gli stessi cittadini non sanno più come muoversi? Non esiste la libertà di parola, non esiste la libertà di espressione, non esiste più la libertà di manifestare né quella di essere se stessi. Se vai contro un’idea che la maggioranza sceglie, rischi di essere soppresso come persona e come individuo. Attenzione a parlare di Israele o Palestina, di Russia o Ucraina, di pro alla libertà sessuale, di scelta politica, addirittura devi piegarti a un vaccino se vuoi lavorare. Non esiste ancora un marchio sulla pelle, ma sei comunque additato per ogni libertà di opinione se questa si discosta da una maggioranza. Persino nei social vieni bloccato per una frase che viene respinta da una scelta di potere. Un giorno di tanti anni fa, ci dissero di non essere più sotto una dittatura che obbligava a delle scelte per non essere piegati. Per un poco è stato così. Adesso che siamo in democrazia, ci rendiamo conto che ci sono tantissime catene e condizionamenti e che non è vero l’uguaglianza fra ogni cittadino, non è vero che i trattamenti sono i medesimi non è vero che puoi scegliere perché ci sono e ci saranno sempre dei compromessi. Negli anni è avvenuta un’evoluzione (o involuzione) del termine di democrazia. Troppe modificazioni, troppo timore in ogni espressione. Di questo qualcuno se n’è approfittato come sempre perché l’uomo per natura, ha più mani per prendere che braccia per donare. L’umano è cambiato; si è adattato al dolore, alle notizie terrificanti del tg, preferisce riprendere con il telefonino ogni forma di violenza che intervenire. Schiavi di un sistema pur rendendosene conto. Girarsi dall’altra parte è un classico. Il giardino di casa propria è la confort zone dove vivere: il resto si vedrà!
(foto Milady) Inaugurazione Padiglione Venezia
con il Curatore alla presenza delle Autorità, tra le quali il Ministro della Cultura Sangiuliano e il Sindaco di Venezia Brugnaro |
La 60a biennale d'arte di Venezia, dal titolo "stranieri ovunque" a cura di Adriano Pedrosa, si è aperta sabato 20 aprile e chiuderà domenica 24 novembre 2024.
Orari di apertura dal 20 aprile al 30 settembre dalle 11 alle 19 e dal 1°
ottobre al 24 novembre dalle 10 alle 18, lunedì è la giornata prevista di
chiusura, salvo eccezioni.
La 60ª biennale d'arte in numeri
Le sedi principali sono le consuete due, i Giardini che ospitano gli storici 30 padiglioni nazionali, nonché il padiglione centrale e il padiglione Venezia, inaugurato nel pomeriggio di venerdì 19 aprile alla presenza delle autorità cittadine e del Ministro della Cultura.
Nella sede dei Giardini c’è anche l’edificio Russia, chiuso, anche in questa edizione non è stata invitata a esporre, stessa sorte per il padiglione Israele, vuoto e chiuso, presidiato dall’esercito, all’esterno del quale si sono svolte diverse manifestazioni e proteste.
L’altra sede è l’Arsenale, che ospita 23 padiglioni nazionali lungo le Corderie, Artiglierie, Padiglione Arti applicate e Sale d’armi, Tesa delle Vergini dove ha sede anche il padiglione Italia.
36 Nazioni sono ospitate in sedi distaccate dalla Biennale, in vari luoghi nel centro di Venezia, nell'isola della Certosa e nella Giudecca.
30 gli eventi collaterali alla Biennale si snodano nei sestrieri veneziani e nell’isola di San Giorgio.
125 sono invece gli eventi denominati “non solo Biennale” che ampliano l’offerta di visite e incontri nel centro città, nelle isole di San Giorgio, Murano, San Giacomo in Paludo, San Clemente e fino alla vicina Mestre. “Stranieri ovunque” è presente anche a Forte Marghera.
Ingresso all’Arsenale (foto Milady) |
Nella prima giornata di apertura al pubblico si sono registrati quasi 9000 visitatori.
Rispetto alla scorsa edizione svoltasi nel 2022 gli accreditati nei giorni di pre-apertura al pubblico sono aumentati del 19% registrando poco meno di 27.000 persone; 4.315 giornalisti accreditati, 67% della stampa internazionale.
60a Biennale Arte Venezia
20 aprile - 24 novembre 2024
Giardini e Arsenale di Venezia
www.labiennale.org
(La superficialità m’inquieta ma il profondo mi uccide - Alda Merini)
Alda Merini in un periodo storico di quasi totale incompetenza verso la malattia mentale fu definita bipolare ma ebbe sicuramente trattamenti non adeguati per una forma psichiatrica che adesso si curerebbe con una farmacologia e non certamente con terapie coercitive e con gli elettroshock che la Merini subì negli anni manicomiali.
Una donna dalle grandi capacità espressive che seppe trasformare il dolore in parola da condividere ma soprattutto le sue poesie servirono anche a conoscersi in una sorta di rilettura di un sé affossato da un'inadeguatezza medica. In questa intervista cara Barbara, non vorrei porle domande per le quali gli amanti e proseliti di Alda conoscono ampliamene le risposte. Vorrei se lei me lo permette, chiederle dei ricordi che lei ha di una mamma sicuramente particolare ma con un mondo dentro che pochi hanno potuto indossare.
D_Carissima Barbara, mi piacerebbe potesse descriverci un momento, un giorno, un ricordo di sua madre. Non saranno forse tutti ricordi piacevoli, è inevitabile ma il sentimento figliare può raccontare meglio di qualsiasi critico, intenditore, studioso, della nostra meravigliosa ed eccelsa poetessa.
R- I ricordi con mamma sono diversi poiché le famiglie affidatarie dove il comune di Milano mi mandava erano tutte nell’hinterland e questo mi dava la possibilità di andare dai miei genitori ogni fine settimana oppure ricevevo visite da loro. Abbiamo fatto anche le vacanze insieme a Omegna dove risiede mia sorella maggiore. Descrivere un momento particolare sarebbe molto riduttivo.Mia mamma era una donna estremamente empatica; è capitato per esempio che diventata già adulta, non le raccontassi tante cose, soprattutto per non metterla in pena e farla preoccupare. Quando mi chiedeva come stessi, le rispondevo che andava sempre tutto bene, facevo questo perché non volevo che lei avesse sensi di colpa per non essermi stata vicino a causa delle sue problematiche. Un fatto però molto particolare che vorrei farvi conoscere, è quando con me faceva un gioco particolare del quale non ricordo il nome ma era di attinenza fra le parole come ad esempio: legno-albero-foglia-frutto, frutto seme ecc… Non so come lei facesse ma con questo gioco arrivava a comprendere quale fosse il mio disagio facendomi sentire completamente scoperta. Aveva un’intuizione unica.
D- Alda venne ricoverata per la prima volta quando aveva già due figlie; accadde dopo la morte della madre, in un periodo di particolare stanchezza che aveva già espresso al marito. Non era facile comprendere quello che Alda passasse e quando il marito chiamò un'ambulanza dopo l'ennesima crisi di sua mamma, non pensava certamente che la portassero in ospedale psichiatrico. Da lì un escalation di torture, abbandono, shock per vederne le reazioni e tanto altro fu inflitto a Alda.
Barbara, che rapporto aveva con sua madre? quanto Alda nonostante il dolore, la malattia, gli stati bordelaine sapeva dimostrarsi mamma? Le era possibile?
R- Intanto ti ringrazio per avere messo in evidenza che mio padre quando chiamò l’ambulanza non aveva sentore che rinchiudessero mamma in ospedale psichiatrico. Negli anni 50/60 bastava avere una depressione, un attacco d’ira o addirittura essere una ragazza madre o avere altri tipi di disabilità che si apriva la porta del manicomio, sono convinta che mio padre chiamasse l’ambulanza per ridurre una situazione di crisi che lui non poteva e non riusciva a placare. Mi fa male sentire tutte le chiacchiere su mio padre come se fosse stato lui l’artefice della vita in manicomio di mia mamma. La sua unica preoccupazione era che fosse curata per poter tornare a casa dalla sua famiglia ristabilita. Io vedevo mamma solo nei fine settimana. Fra i quattro anni e mezzo e i sei anni, fui affidata all’Istituto Buon Pastore di Milano, mamma veniva a trovarmi con mio padre e durante le lezioni di ballo, si metteva al pianoforte. Per quel periodo il rapporto era bastevole. Lei ha provato in tutti modi ad essere una madre, passava momenti di estrema dolcezza non facendomi mancare nulla, dalla pulizia del corpo, all’alimentazione e altri momenti nei quali aveva paura e in quel caso ergeva un muro fra me e lei. Da piccola e da ragazzina non comprendevo tutto ciò, ma da adulta chiaramente ho compreso tutto il suo disagio legato proprio ad un bipolarismo che non poteva combattere. Ricordo a volte che mio padre, mi lasciava con lei qualche ora mentre andava al bar vicino casa. Ho memoria di lei che si metteva al piano suonando musiche struggenti e che piangeva, piangeva a dirotto rendendo l’impossibilità da parte mia ad avvicinarmi perché di quella cosa ero terrorizzata. Era il suo modo per estraniarsi ma anche per dire che non ce la faceva ad essere madre in quel momento. Non l’ho mai giudicata
D- QUELLA CROCE SENZA GIUSTIZIA CHE E' STATO IL MIO MANICOMIO NON HA FATTO CHE RIVELARMI LA GRANDE POTENZA DELLA VITA- Questa è un'affermazione di Alda Merini; lei pensa che se sua mamma non avesse subito la grande sofferenza interiore, la malattia avrebbe mai scritto poesia e prosa ai suoi altissimi livelli?
R- La poesia a lei si è rivelata da giovanissima, negli anni antecedenti alla chiusura in ospedale psichiatrico. Credo che mamma sia nata con la vocazione della poesia. E’ stata chiamata e non poteva scindere Alda Merini dalla scrittura poetica. Era il suo modo di parlare e di esprimersi al mondo. Sicuramente l’esperienza drammatica, la sofferenza della malattia hanno acuito quella forma letteraria che parla di delirio e di situazioni legate all’ambiente ma la poesia è nata con lei.
D- Se posso permettermi Barbara, quanto è stato difficile e complicata la vostra vita di figlie? Quanto adesso che siete adulte è cambiato il pensiero, l'accettazione, la mancanza di domande non poste?
R-Chiaramente posso parlare solo del mio rapporto personale con mamma; ogni sorella avrà il suo unico ed esclusivo. E normale che la carenza di un affetto così importante come quello genitoriale rende la vita di un bambino difficile e complicata, nel mio caso il ruolo è cambiato da figlia a madre. Ciò non ha permesso una vita sana dove l’autostima è inesistente, ho vissuto ovviamente tante incertezze e le difficoltà che si possono immaginare in una situazione così particolare. Una volta cresciuta e divenuta a mia volta madre, ho potuto in qualche modo comprendere molte cose come la manchevolezza involontaria di mia madre nei miei confronti. Parlo di mancanza non materiale perché mia madre non mi ha fatto mancare nulla ma solo la non capacità di dimostrare il sentimento materno stereotipato. Non cambierei mai mia mamma con nessuno, non vorrei mai avere avuto una madre diversa. In qualche modo lei mi ha spronata ad essere più esigente e mai superficiale. Mi manca il rapporto con lei, il confrontarsi, i dialoghi. Mi ha insegnato a vedere le cose da altre angolazioni. Ho del vissuto con lei soprattuto negli anni da adulta, momenti di grande valore affettivo e emozionale
D- Se fosse possibile chiedere qualcosa alla sua mamma, cosa le domanderebbe? Cosa invece eviterebbe di chiederle?
R- Cosa chiederei a mia madre: credo che in qualche modo mia mamma abbia sempre risposto alle mie domande. Alcune le ho volutamente tacitate come domandare se era proprio necessario affidarmi a un’altra famiglia, poi riflettendo penso che ai quei tempi forse l’assistente sociale non sapeva supportare in modo adeguato alcuni casi difficili. Avrei anche voluto chiederle se era il caso di esternare il suo dolore difronte a me in maniera totale da farmi male e sentirmi totalmente impotente all’aiuto. Ma la domanda che avrei dovuto chiederle era se sapeva quello che passavo nelle varie famiglie affidatarie, al dolore, al disagio ai trattamenti decisamente sbagliati nei miei confronti. Ho scoperto che lei sapeva tutto così come sapeva tutto mio padre. L’ho saputo solo dopo la sua morte. Questo mi ha fatto tanto male e sono stata arrabbiata, molto arrabbiata con loro. Ho sofferto per questo.
D- Quanto Alda ha messo in primo piano la poesia? Quanto ha preferito questa attività a tutto il resto?
R-Mamma ha sempre messo in primo piano la poesia, la poesia l’ha ammaliata, scelta, voluta. Avremmo tutti dovuto capirlo e comprenderla senza volere altro da lei perché è stata una vocazione la poesia per mamma; era il suo modo di esprimersi con gli altri. Volere che fosse prima moglie, madre o altro era volerla snaturalizzare, io non ho mai preteso questo, è capitato a volte da bambina quando andavamo in campagna e lei batteva sulla sua macchina da scrivere che non riuscissi a prendere sonno e mio padre diceva invece a me di fare silenzio per non disturbare mamma che scriveva poesie. Lui è sempre stato orgoglioso di questa sua passione.
D- Ha una poesia di sua madre che sente più vicina? Quale?
R- Molte poesie di mamma me le sento addosso, credo che sia quello che molti provano nella lettura dei suoi versi. C’è un episodio però che vorrei condividere con voi. Fu in occasione di uno degli ultimi periodi di ricovero a causa del suo tumore quando fu operata all’addome; chissà perché ho sempre pensato che mamma fosse eterna, ma quella volta andai a trovarla in ospedale come se mi sentissi una strana sensazione e le chiesi espressamente di dedicarmi un’ aforisma. Iniziò a dettarmene tanti mai io cercavo di farle capire che io ne volevo uno che fosse scritto espressamente per me. Mi guardò e mi disse: “chi brucia d’amore, non si consumerà mai” Quell’aforisma l’ho tatuato sul collo. Fa parte di me. Una poesia che mi ha fatto capire invece quanto fosse poeta mia mamma e quanto la sua sofferenza fosse grande è “la mia prima trafugazione di madre” una poesia che esprime con forza emozionale il concepimento all’interno delle mura manicomiali; penso che parli del parto della mia ultima sorella. In quella poesia ho respirato tutto il suo dolore, tutto il suo desiderio di volere amare e di non poterlo fare perché le era impedito. Forte la simbologia di quanto una cosa bella possa essere sbocciata all’interno di mura terribili.
Carissima Barbara, dopo ogni intervista, lascio uno spazio libero per dare la possibilità di espressione per qualsiasi cosa vogliate dire.
Questo è il suo:
Sono fiera di avere avuto per madre una persona che amava la vita, una donna che sapeva amare, uno tsunami d’amore, una donna che passava dalle invettive all’ironia. Certamente una persona complicata da gestire ma poi, chi siamo noi che vogliamo gestire le persone?Lei doveva essere lasciata libera; un suo aforisma dice. “Non cercate di prendere i poeti perché vi sfuggiranno fra le dita” e questo suo pensiero doveva bastarci per comprendere che la sua libertà era oltre. Avrei voluto comprenderla di più e avere vissuto con lei di più la sua poesia. Ricordo che quando usciva una sua nuova pubblicazione me la faceva vedere, ero contenta per lei ma a me interessava più il rapporto fra madre e figlia. Forse ho sbagliato e solo adesso ho capito. L’ho capito attraverso la gente che l’ama, che legge le sue poesie, che chiedono le interviste per conoscerla meglio, chi organizza spettacoli teatrali, televisivi. Adesso ho capito con gli occhi degli altri quello che per ricerca d’amore materno non riuscivo a vedere. Mia mamma era poesia.