L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni.

Cultural Events (233)

    Marzia Carocci

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  Francesca Lopane

E’ accaduto a Manduria lo scorso 19 settembre 2024, quando la casa di Elisa Springer è divenuta Museo Casa della Memoria Elisa Springer. Nella vita ci vengono dati tutta una serie di doni, ovviamente bisogna saperli riconoscere, valorizzarli e tutelarli. Alcuni sono più preziosi di altri, è questo il caso. Sono stata amica, infatti, di Elisa Springer nel suo periodo materano. Grazie all’Uomo che non vuole dimenticare, perché dimenticare significherebbe, per Noi, MORIRE ANCORA! E’ uno dei meravigliosi pensieri che Elisa Springer sciorinava -con quella grazia ed eleganza che Le erano proprie- nelle innumerevoli classi di alunni e studenti ove si recava per narrare degli uomini che, pur vivendo l’evoluzione, finiscono per ricadere nella barbarie di uomini che trucidano uomini.

E’ strano come il lessico possa sorprenderci, è spesso in uso dire: i Teatri di Guerra, teatro? Un Teatro tutt’altro che di civiltà letteraria e pedagogica! Un Teatro dove la morte non è finzione! Forse l’errore nasce perchè si preferisce guardare gli scenari delle guerre come finzione cinematografica, che poi, pure quella è oltremodo violenta. E allora…finchè siamo vivi non dobbiamo tacere, così Elisa nel suo “Il silenzio dei vivi” e laddove ci venga imposto il silenzio, ancora Elisa, L’eco del silenzio raggiungerà tutti. Ho amato e amo i suoi due libri, anche quelli mi hanno spinta a scrivere il monologo tenuto in casa e poi nella celebrazione pubblica ufficiale. Mi piace registrare che l’Amministrazione comunale di Manduria sia stata coraggiosa e gentile, come abbia saputo comporre una squadra di meravigliosi tecnici che hanno fatto di una casa un Museo, ma non nel senso tradizionale, piuttosto uno scenario vivo, m’è parso quasi che Elisa fosse lì, a voltare le pagine del piccolo ricettario di cucina manoscritto; i colori alle pareti sono studiatissimi da un grande della cinematografia, il direzionamento dei faretti segue un possibile sensibile sguardo umano verso i punti più significanti, le piccole teche per i cimeli più preziosi, a cominciare da quella che contiene frammenti di filo spinato di Auschwitz, sono situate non a colmare spazi ma a dare senso agli spazi, i riconoscimenti delle scuole di tutt’Italia fanno da sfondo allo scrittoio di Elisa sul quale ci sono i suoi libri e quello con la dedica al figlio, il  ricettario di cucina sta lì, sul frigorifero, aperto alla pagina della minestra più amata da Elisa, l’ultima valigia è sul letto, sembra appena fatta eppure da quel momento in poi la tragedia si sarebbe abbattuta sull’umanità, in ispecie l’umanità di religione ebraica…e .c’è il pianoforte che non rinvia più le note viennesi, nè le prime semplici musiche suonate dai suoi allievi.

Un’Amministrazione gentile, dunque, ha portato avanti i lavori fino alla celebrazione di apertura del 19 settembre 2024; ci sono stati il Sindaco Gregorio Pecoraro insieme al Prefetto di Taranto Paola Dessì, al Presidente della Provincia di Taranto Rinaldo Melucci, a Vito Perrucci Consigliere Comunale e Relatore del Progetto, a Loredana Ingrosso referente del Museo Civico, alla giornalista documentarista Lucilla Rogai, a Claudia Blandamura nuora di Elisa Springer, al giornalista già Rai Salvatore Catapano e la Presidente della Fondazione Springer, Francesca Lopane che ha posto la cornice intensa e preziosa alla narrazione; tutti riuniti per trasmettere il testamento umanitario di Elisa al folto pubblico accorso al convegno prima e al successivo taglio del nastro, poi.

E ci sono stati i tecnici che ho voluto sentire personalmente per sapere quanto cuore hanno posto prima che la tecnica, quanto rispetto e pathos e amore e …hanno profuso! Quanto a me -consigliera della Fondazione- ma soprattutto antica amica che ebbe anche l’onore di condurre l’importante serata del 10 dicembre 2002 presso il Cine Teatro “E. R. Duni” di Matera per il conferimento della cittadinanza, che già in quel caso con il monologo e le luci soffuse ebbi modo di porgere alla cittadinanza la sintesi più accurata e accorata dei due libri-best sellers di Elisa che ne’ Il silenzio dei vivi scrive: affido questo libro a tutti i ragazzi…la loro ansia di non dimenticare, l’esigenza di libertà e rispetto per l’uomo, sono diventati punti fermi, irrinunciabili, su cui costruire un mondo, una società fatti di libertà e non di schiavitù, di giovani liberi e fratelli, giovani che sapranno trovare il modo e forse anche il tempo di spiegare agli altri e a noi se e dove abbiamo sbagliato. Loro saranno i veri giudici del nostro passato e del loro domani. Affido al loro verdetto la storia della mia vita. Nessuno può nascere solo per morire - anche in condizioni estreme, l’uomo merita sempre di rimanere lo scopo dell’uomo. Scriverà Frediano Sessi sul battente

Antonella Pagano

del libro di Elisa  L’eco del silenzio. Ed Elisa ancora: I Giovani in visita ai Campi sono i pellegrini di speranza, a loro ho raccontato il bene e il male, l’amore e l’intolleranza…un fiore, solo un fiore piantino per ogni lacrima che cadrà dai loro cuori. Saranno loro i fiori di quel deserto e, in quel silenzio, comprenderanno perché milioni di uomini, donne, bambini sono nati “solo” per morire. Ho taciuto e soffocato i miri ricordi vivendo nel silenzio molta parte della mia vita…non è giusto che muoia portando con me il mio silenzio. Ecco perché oggi noi tutti, insieme, bisogna che si dia ancora più voce perchè quel suo silenzio sia voce che raggiunga tutti, in tutte le parti del mondo poiché, qua e là, ancora s’annida la bruttura dell’uomo lupo dell’uomo. Credo che sarebbe molto piaciuta al Presidente Mattarella, tre giorni fa a Marzabotto per commemorare tutti i civili trucidati dai nazisti, diverse centinaia di civili, compresi neonati, essere con noi a Manduria; sarebbe piaciuto al nostro Presidente della Repubblica viaggiare dentro la casa di Elisa, la Donna, la musicista, l’insegnante anche di inglese Elisa e riconoscere che, quella bella signora viennese, di ottima cultura e di meravigliosa statura umana, non è passata invano su questo Pianeta di cui siamo solo ospiti.

Sarebbe piaciuto al nostro Presidente osservare con quale gentilezza una pubblica amministrazione ha operato perché un tale luogo insegni la Pace, insegni il Rispetto, parli concretamente di Diritti Umani, mostri come possa essere facile ricadere nei medesimi errori, nella terribile banalità del male e di quanto  accade oggi di simile in molti territori di questo piccolo pianeta. E credo che sarebbe stato importante che un Emissario dell’Amministrazione Europea avesse percorso le stanze della casa di Elisa; se ciò non è stato bisogna che accada! PLOTINO ci suggerisce di: fare del BELLO e del BENE un identico principio, ma potremmo fare di più: è BELLO ciò che al contempo è anche BUONO e GIUSTO e personalmente penso ad alzare ancora l’asticella e parlare e agire in CANTIERI della BELLEZZA. Sento le mie piante ringraziarmi allorchè pongo un’assicella perché si raddrizzi il ramoscello storto, sento le vibrazioni del mio ficus quando spolvero le sue foglie e passo l’interno della buccia di banana per lucidarle e nutrirle, dunque lucidiamo ciò che è opaco, lucidiamo le nostre opacità perché si sia più che luminosi, brillanti e non stanchiamoci di scolpire noi stessi nella più bella delle forme…è una fatica bene-detta che ci farà incontrare il noi stessi più bello, il noi in quel saggio equilibrio che ci veste di lucentezza che è la NOSTRA originale significazione.

Questo stato luminescente non è extra-ordinario, niente affatto, questo stato, in verità, è la vera natura umana. La prova? Le prove? I tanti gesti di quotidiano eroismo di tanti uomini e donne, e anche di bambini, i gesti delle Pubbliche Amministrazioni illuminate. Addizionare a questa nostra essenza cose superflue, dannose, o succedanei che la opacizzano, la rendono grezza, avvizzita e appesantita, significa solo spegnerla, renderla brutta. Ecco: adesso sappiamo che a Manduria c’è la Casa della Memoria Elisa Springer, un museo vivo, un Cantiere di Bellezza che parla, che narra, che insegna e scuote le coscienze. Un Teatro di Pace e di Diritti veramente civili e umani.

 

 

 

                                     VIDEO

Nela serata del 27 settembre scorso, presso al Grand Hotel Gianicolo di Roma, gli “Amici della Grande Russia” hanno rinnovato la memoria per il pensiero di Alexander Pushkin, importantissimo esponente della cultura russa.

L'evento ha avuto lo scopo di estendere ad un più vasto numero di romani la conoscenza delle attività dell'associazione culturale e apartitica dell’associazione fondata dalla D.ssa Yulia Bazarova e dal. Dott. Paolo Dragonetti De Torres Rutili.  Maggiori informazioni sul sito istituzionale www.amicidellagranderussia.com. “Arte, bellezza e tradizioni” gli scopi. Un tuffo della cultura russa in quella italiana. I contenuti culturali, di tutto rispetto, sono stati equamente distribuiti fra canto e recitazione poetica. Il programma della manifestazione ha visto l’eccellente performance della soprano barocca Marianna Ivashchenko con i brani musicali:  Rimskij-Korsakov. Elegia, ⁠Kjui. La statua di Tsarskoje Selo, ⁠Rachmaninov. Non cantare, o bella, davanti a me, ⁠Glinka. Ricordo il magico istante, ⁠Čajkovskij. La scena finale della lettera di Tatiana,  e l’ omaggio finale all'Italia con l’aria "O mio babbino caro" tratta dall’opera “Gianni Schicchi” di Puccini, tutto all'insegna della interculturalità.

Tra un pezzo musicale e l'altro si sono alternati amici amanti della cultura russa che hanno letto, sia in russo che nella traduzione italiana, diverse poesie e brevi brani di prosa composti da Pushkin.

Sul podio lettori e lettrici: Elena Litasova, Manlio Lo Presti – Strofe 4, 5 e 6 del poema “Eugenio Oneghin”,  Marzia Sorbia - “Rinascita”, ⁠Franco Nicoletti che ha presentato la vita di A. Pushkin, l’avv. Maddalena C. del Re- “Terra e il Mare”,  ⁠Anna Gentilini e Giuseppe Cerasari - “Autunno” tradotto da Annalisa Alleva.

La lettura dei brani dell’opera del grande poeta e scrittore nazionale russo è collaterale al Premio internazionale Pushkin, quest’anno giunto alla sua VI Edizione.

 

“Nel silenzio assordante degli scrittori più declamati che non si esprimono pubblicamente davanti al pericolo che la Sardegna venga deturpata e danneggiata nel suo bene ambientale, faunistico, archeologico, in nome di una imposta transizione ecologica,  ho proposto ai poeti riuniti come sempre per il 10 agosto a Villa Edera, di partecipare ad una antologia di poesia civile con cui fare sentire la nostra voce di donne e uomini di cultura contro la speculazione energetica ”, così Neria De Giovanni, davanti ad un pubblico numerosissimo che ha riempito tutti gli spazi del parco di Villa Edera,  lancia la proposta accolta con entusiasmo.  Presenti anche molte rappresentati del gruppo di aggregazione spontanea Nuova resistenza di Alghero.

L’antologia sarà preparata entro fine anno e presentata per Natale.

Questa tredicesima edizione dell’incontro “10 Agosto, Notte con i poeti”,  è stata l’occasione per presentare il volume antologico con 19 poete e poeti che ogni anno hanno partecipato al reading.

L’Antologia “I poeti del 10 agosto a Villa Edera”, a cura di Neria De Giovanni con la collaborazione di Antonello Colledanchise, pubblicata dalle Edizioni di Salpare, racchiude poesie di:  Angela Baldino, Sabrina Bellu, Laura Cannas, Antoni Canu, Raffaele Ciminelli, Bebella Farris, Massimiliano Fois, Donatella Grosso, Margherita Lendini, Maria Antonietta Manca, Adriana Mannias Barabino, Antonio Maria Masia, Domenico Marras, Cinzia Paolucci, Giampiera Piga, Maria Piras, Giuseppe Sechi,  Maria Teresa Tedde.

La serata ha visto ospite d’onore Pamela di Lorenzo con “Donne sotto lo stesso cielo” e l’Associazione Angeli in Moto che hanno adottato il volume  come testimonial in un viaggio di sensibilizzazione sulla violenza di genere che si concluderà a Roma il novembre prossimo.

Interventi musicali molto apprezzati di Antonello Colledanchise con l’Ukulele insieme a Susanna Carboni al clarinetto e Saphira Cabula alle percussioni,  con alcuni brani anche inediti di ambientazione medievale, tratti dal prossimo progetto e concerto.

 

 

Il caldo di Roma porta Athos De Luca, storico promotore della commemorazione di Hiroshima a Piazza del Pantheon, a rendere più essenziale, di anno in anno, la cerimonia sostenuta dal Comune di Roma e dalla Regione Lazio.

Dopo i due inni giapponese e italiano suonati dalla Banda dei Carabinieri seguono gli interventi del Consigliere dell’Ambasciata del Giappone in Italia; dell’Assessore alla Cultura di Roma Capitale Miguel Gotar; dell’Assessore della Regione Lazio Fabrizio Ghera. Viene premiato il Presidente dell’Ordine dei giornalisti Carlo Bartoli e un saluto viene concesso alla Vice Presidente di WILPF Italia APS Romina Gurashi.

Infine, in sequenza si svolgono il balletto degli allievi della Scuola del Balletto di Roma diretto da Paola Jorio: una coppia di giovani sinuosi che espongono una preziosa colombina bianca; il canto profondo e triste di Eiko Misumi e l’esecuzione de “Il Silenzio” da parte di un trombettiere dei Carabinieri.

Sebbene non si entri mai nello specifico e nel tecnico e al momento non è mai stata premiata un’associazione che si occupi di contrastare il nucleare, l’evento invia sempre un messaggio: 1 non si può dimenticare; 2 la pace è fondamentale; 3 la virtù viene premiata ogni anno con un fossile regalato ad una associazione che svolge un ruolo etico – quest’anno la Stampa per l’indispensabile necessità di lasciarla libera -; 4 la bellezza dell’arte salverà il mondo.

La società civile esperta sa quali Paesi e Governi hanno veramente intrapreso la strada per evitare la guerra, guerre nucleari, incidenti nucleari, quindi è con commozione mista a severità che partecipano a queste commemorazioni, sapendo che tutto cambia se si decide in un modo o in un altro.

In un momento in cui tornano le armi nucleari USA a Lakenheath, in UK (https://Lakenheathalliancefor peace.org.uk/front.page/about-us/letter-of-support); tornano gli euromissili in Germania entro il 2026 (www.peacelink.it/noeuromissili); la Bielorussia minaccia di usarle e molte delegazioni in occasione del Secondo Comitato Preparatorio dell’11° ciclo di Revisione del Trattato di Non Proliferazione a Ginevra hanno sostenuto l’energia nucleare per risolvere la crisi climatica e per raggiungere gli obiettivi dello Sviluppo Sostenibile (cfr. Rinnovabile non Radioattivo Reaching Critical Will Notizie NTP in rassegna Vol 19, n.5), la volontà di cambiare è l’unico modo di dimostrare rispetto alle vittime di Hiroshima e Nagasaki.

 

 

 

La città di  Taurianova, in Calabria, che il Ministero della Cultura  ha scelto come Capitale Italiana del libro 2024,  da giovedì 24 ottobre a domenica 27 ottobre ospiterà il Convegno dell’Associazione Internazionale Critici letterari , sul tema “Il Mediterraneo: da Corrado Alvaro alla letteratura moderna”.

“Sono molto felice che il Sindaco Rocco Biasi e  l’Assessora alla cultura e direttore artistico di TCL Maria Fedele abbiano accettato la nostra proposta- ha dichiarato Neria De Giovanni, presidente dell’AICL- e desidero ringraziare anche lo scrittore Pierfranco Bruni, presidente della Commissione ministeriale che ha scelto Taurianova come Capitale italiana del libro, per aver sottolineato l’importanza della tematica proposta oltre l’effettiva internazionalità della nostra Associazione.”

Hanno già aderito a partecipare al Convegno in qualità di delegati relatori, critici letterari, docenti universitari e scrittori di Spagna, Portogallo, Austria, Romania, USA, Francia, e di numerose città italiane tra cui Cagliari, Roma, Taranto, Modica, Matera, Ispica, Torino.

 Gli esseri umani stavano cercando di comportarsi come tali e non come ingranaggi nella macchina capitalista (George Orwell)

 

Mai tanta confusione e caos sovrastano i nostri giorni sempre più confusi. Guerre di serie A e guerre di serie B dove il comune denominatore è l’essere umano è ridotto a scarto. Non esistono categorie; uomini, donne, vecchi e bambini. Vengono attaccate scuole e ospedali, chiese e moschee. Niente ha più valore, niente ci rende umani. Là dove non c’è guerra e  si parla di politica dove tutti sono bravi, tutti hanno la soluzione in mano: basta leggere un comunicato di una posizione e ti accorgi che sono tutti uguali, stesse idee, stessi propositi, stesse ambizioni. Sono solo chiacchiere al vento che non avranno eco né adattamento alcuno. Là dove il dio quattrino comanda vi sono sempre proseliti in grande quantità, il potere è una calda e solida poltrona che rende colui che vi approda, padrone di scelte e di comizi sempre meno costruttivi e sempre più di specchio personale. La società è un imbroglio dove il pensiero è sempre meno riflessione e sempre più desiderio di emergere anche calpestando e ignorando i veri bisogni della gente. La sanità, la giustizia, l’aiuto al volontariato, l’assistenza agli anziani, l’istruzione, l’ecosistema divengono solo deterrenti che sopratutto nel periodo elettorale servono come specchi alle allodole per avere voti e preferenze. Il viaggio umano è ormai una corsa al declino dove i valori, i bisogni, le esigenze civili sono calpestati dal desiderio di raggiungere risultati personali di grande rilievo che a niente serviranno per garantire quelle soluzioni che finalmente aiuterebbero i poveri cittadini speranzosi sempre di un cambiamento. Ma come può cambiare la politica se gli stessi cittadini non sanno più come muoversi? Non esiste la libertà di parola, non esiste la libertà di espressione, non esiste più la libertà di manifestare né quella di essere se stessi. Se vai contro un’idea che la maggioranza sceglie, rischi di essere soppresso come persona e come individuo. Attenzione a parlare di Israele o Palestina, di Russia o Ucraina, di pro alla libertà sessuale, di scelta politica, addirittura devi piegarti a un vaccino se vuoi lavorare. Non esiste ancora un marchio sulla pelle, ma sei comunque additato per ogni libertà di opinione se questa si discosta da una maggioranza. Persino nei social vieni bloccato per una frase che viene respinta da una scelta di potere. Un giorno di tanti anni fa, ci dissero di non essere più sotto una dittatura che obbligava a delle scelte per non essere piegati. Per un poco è stato così. Adesso che siamo in democrazia, ci rendiamo conto che ci sono tantissime catene e condizionamenti  e che non è vero l’uguaglianza fra ogni cittadino, non è vero che i trattamenti sono i medesimi non è vero che puoi scegliere perché ci sono e ci saranno sempre dei compromessi. Negli anni è avvenuta un’evoluzione (o involuzione) del termine di democrazia. Troppe modificazioni, troppo timore in ogni espressione. Di questo qualcuno se n’è approfittato come sempre perché l’uomo per natura, ha più mani per prendere che braccia per donare. L’umano è cambiato; si è adattato al dolore, alle notizie terrificanti del tg, preferisce riprendere con il telefonino ogni forma di violenza che intervenire. Schiavi di un sistema pur rendendosene conto. Girarsi dall’altra parte è un classico. Il giardino di casa propria è la confort zone dove vivere: il resto si vedrà!

(foto Milady) Inaugurazione Padiglione Venezia 
con il Curatore alla presenza delle Autorità, 
tra le quali il Ministro della Cultura Sangiuliano
e il Sindaco di Venezia Brugnaro

La 60a biennale d'arte di Venezia, dal titolo "stranieri ovunque" a cura di Adriano Pedrosa, si è aperta sabato 20 aprile e chiuderà domenica 24 novembre 2024.

Orari di apertura dal 20 aprile al 30 settembre dalle 11 alle 19 e dal 1°

ottobre al 24 novembre dalle 10 alle 18, lunedì è la giornata prevista di

chiusura, salvo eccezioni. 

La 60ª biennale d'arte in numeri

   

Le sedi principali sono le consuete due, i Giardini che ospitano gli storici 30 padiglioni nazionali, nonché il padiglione centrale e il padiglione Venezia, inaugurato nel pomeriggio di venerdì 19 aprile alla presenza delle autorità cittadine e del Ministro della Cultura.

Nella sede dei Giardini c’è anche l’edificio Russia, chiuso, anche in questa edizione non è stata invitata a esporre, stessa sorte per il padiglione Israele, vuoto e chiuso, presidiato dall’esercito, all’esterno del quale si sono svolte diverse manifestazioni e proteste.

 

L’altra sede è l’Arsenale, che ospita 23 padiglioni nazionali lungo le Corderie, Artiglierie, Padiglione Arti applicate e Sale d’armi, Tesa delle Vergini dove ha sede anche il padiglione Italia.

36 Nazioni sono ospitate in sedi distaccate dalla Biennale, in vari luoghi nel centro di Venezia, nell'isola della Certosa e nella Giudecca.

30 gli eventi collaterali alla Biennale si snodano nei sestrieri veneziani e nell’isola di San Giorgio.

125 sono invece gli eventi denominati “non solo Biennale” che ampliano l’offerta di visite e incontri nel centro città, nelle isole di San Giorgio, Murano, San Giacomo in Paludo, San Clemente e fino alla vicina Mestre.  “Stranieri ovunque” è presente anche a Forte Marghera.

 

 Ingresso all’Arsenale    (foto Milady)

Nella prima giornata di apertura al pubblico si sono registrati quasi 9000 visitatori.

Rispetto alla scorsa edizione svoltasi nel 2022 gli accreditati nei giorni di pre-apertura al pubblico sono aumentati del 19% registrando poco meno di 27.000 persone; 4.315 giornalisti accreditati, 67% della stampa internazionale.

 

60a Biennale Arte Venezia
20 aprile - 24 novembre 2024
Giardini e Arsenale di Venezia
www.labiennale.org

 

 

 

 

 

(La superficialità m’inquieta ma il profondo mi uccide - Alda Merini) 

 

Alda  Merini in un periodo storico di quasi totale incompetenza verso la malattia mentale fu definita bipolare ma ebbe sicuramente trattamenti non adeguati per una forma psichiatrica che adesso si curerebbe con una farmacologia e non certamente con terapie coercitive e con gli elettroshock che la Merini subì negli anni manicomiali.

Una donna dalle grandi capacità espressive che seppe trasformare il dolore in parola da condividere ma soprattutto le sue poesie servirono anche a conoscersi in una sorta di rilettura di un sé affossato da un'inadeguatezza medica. In questa intervista cara Barbara, non vorrei porle domande per le quali gli amanti e proseliti di Alda conoscono ampliamene le risposte. Vorrei se lei me lo permette, chiederle dei ricordi che lei ha di una mamma sicuramente particolare ma con un mondo dentro che pochi hanno potuto indossare.

D_Carissima Barbara, mi piacerebbe potesse descriverci un momento, un giorno, un ricordo di sua madre. Non saranno forse tutti ricordi piacevoli, è inevitabile ma il sentimento figliare può raccontare meglio di qualsiasi critico, intenditore, studioso, della nostra meravigliosa ed eccelsa poetessa.

R- I ricordi con mamma sono diversi poiché le famiglie affidatarie dove il comune di Milano mi mandava erano tutte nell’hinterland e questo mi dava la possibilità di andare dai miei genitori ogni fine settimana oppure ricevevo visite da loro. Abbiamo fatto anche le vacanze insieme a Omegna dove risiede mia sorella maggiore. Descrivere un momento particolare sarebbe molto riduttivo.Mia mamma era una donna estremamente empatica; è capitato per esempio che diventata già adulta, non le raccontassi tante cose, soprattutto per non metterla in pena e farla preoccupare. Quando mi chiedeva come stessi, le rispondevo che andava sempre tutto bene, facevo questo perché non volevo che lei avesse sensi di colpa per non essermi stata vicino a causa delle sue problematiche. Un fatto però molto particolare che vorrei farvi conoscere, è quando con me faceva un gioco particolare del quale non ricordo il nome ma era di attinenza  fra le parole come ad esempio: legno-albero-foglia-frutto, frutto seme ecc… Non so come lei facesse ma con questo gioco arrivava a comprendere quale fosse il mio disagio facendomi sentire completamente scoperta. Aveva un’intuizione unica.

D- Alda venne ricoverata per la prima volta quando aveva già due figlie; accadde dopo la morte della madre, in un periodo di particolare stanchezza che aveva già espresso al marito. Non era facile comprendere quello che Alda passasse e quando il marito chiamò un'ambulanza dopo l'ennesima crisi di sua mamma, non pensava certamente che la portassero in ospedale psichiatrico. Da lì un escalation di torture, abbandono, shock per vederne le reazioni e tanto altro fu inflitto a Alda.

Barbara, che rapporto aveva con sua madre? quanto Alda nonostante il dolore, la malattia, gli stati bordelaine sapeva dimostrarsi mamma? Le era possibile? 

R- Intanto ti ringrazio per avere messo in evidenza che mio padre quando chiamò l’ambulanza non aveva sentore che rinchiudessero mamma in ospedale psichiatrico. Negli anni 50/60 bastava avere una depressione, un attacco d’ira o addirittura essere una ragazza madre o avere altri tipi di disabilità che si apriva la porta del manicomio, sono convinta che mio padre chiamasse l’ambulanza per ridurre una situazione di crisi che lui non poteva e non riusciva a placare. Mi fa male sentire tutte le chiacchiere su mio padre come se fosse stato lui l’artefice della vita in manicomio di mia mamma. La sua unica preoccupazione era che fosse curata per poter tornare a casa dalla sua famiglia ristabilita. Io vedevo mamma solo nei fine settimana. Fra i quattro anni e mezzo e i sei anni, fui affidata all’Istituto Buon Pastore di Milano, mamma veniva a trovarmi con mio padre e durante le lezioni di ballo, si metteva al pianoforte. Per quel periodo il rapporto era bastevole. Lei ha provato in tutti modi ad essere una madre, passava momenti di estrema dolcezza non facendomi mancare nulla, dalla pulizia del corpo, all’alimentazione e altri momenti nei quali aveva paura e in quel caso ergeva un muro fra me e lei. Da piccola e da ragazzina non comprendevo tutto ciò, ma da adulta chiaramente ho compreso tutto il suo disagio legato proprio ad un bipolarismo che non poteva combattere. Ricordo a volte che mio padre, mi lasciava con lei qualche ora mentre andava al bar vicino casa. Ho memoria di lei che si metteva al piano suonando musiche struggenti e che piangeva, piangeva a dirotto rendendo l’impossibilità da parte mia ad avvicinarmi perché di quella cosa ero terrorizzata. Era il suo modo per estraniarsi ma anche per dire che non ce la faceva ad essere madre in quel momento. Non l’ho mai giudicata

D- QUELLA CROCE SENZA GIUSTIZIA CHE E' STATO IL MIO MANICOMIO NON HA FATTO CHE RIVELARMI LA GRANDE POTENZA DELLA VITA-  Questa è un'affermazione di Alda Merini; lei pensa che se sua mamma non avesse subito la grande sofferenza interiore, la malattia  avrebbe mai scritto poesia e prosa ai suoi altissimi livelli?

R- La poesia a lei si è rivelata da giovanissima, negli anni antecedenti alla chiusura in ospedale psichiatrico. Credo che mamma sia nata con la vocazione della poesia. E’ stata chiamata e non poteva scindere Alda Merini dalla scrittura poetica. Era il suo modo di parlare e di esprimersi al mondo. Sicuramente l’esperienza drammatica, la sofferenza della malattia hanno acuito quella forma letteraria che parla di delirio e di situazioni legate all’ambiente ma la poesia è nata con lei.

D- Se posso permettermi Barbara, quanto è stato difficile e complicata la vostra vita di figlie? Quanto adesso che siete adulte è cambiato il pensiero, l'accettazione, la mancanza di domande non poste?

R-Chiaramente posso parlare solo del mio rapporto personale con mamma; ogni sorella avrà il suo unico ed esclusivo. E normale che la carenza di un affetto così importante come quello genitoriale rende la vita di un bambino difficile e complicata, nel mio caso il ruolo è cambiato da figlia a madre. Ciò non ha permesso una vita sana dove l’autostima è inesistente, ho vissuto ovviamente tante incertezze e le difficoltà che si possono immaginare in una situazione così particolare. Una volta cresciuta e divenuta a mia volta madre, ho potuto in qualche modo comprendere molte cose come la manchevolezza involontaria  di mia madre nei miei confronti. Parlo di mancanza non materiale perché mia madre non mi ha fatto mancare nulla ma solo la non capacità di dimostrare il sentimento materno stereotipato. Non cambierei mai mia mamma con nessuno, non vorrei mai avere avuto una madre diversa. In qualche modo lei mi ha spronata ad essere più esigente e mai superficiale. Mi manca il rapporto con lei, il confrontarsi, i dialoghi. Mi ha insegnato a vedere le cose da altre angolazioni. Ho del vissuto con lei soprattuto negli anni da adulta, momenti di grande valore affettivo e emozionale

D- Se fosse possibile chiedere qualcosa alla sua mamma, cosa le domanderebbe? Cosa invece eviterebbe di chiederle?

R- Cosa chiederei a mia madre: credo che in qualche modo mia mamma abbia sempre risposto alle mie domande. Alcune le ho volutamente tacitate come domandare se era proprio necessario affidarmi a un’altra famiglia, poi riflettendo penso che ai quei tempi forse l’assistente sociale non sapeva supportare in modo adeguato alcuni casi difficili. Avrei anche voluto chiederle se era il caso di esternare il suo dolore difronte a me in maniera totale da farmi male e sentirmi totalmente impotente all’aiuto. Ma la domanda che avrei dovuto chiederle era se sapeva quello che passavo nelle varie famiglie affidatarie, al dolore, al disagio ai trattamenti decisamente sbagliati nei miei confronti. Ho scoperto che lei sapeva tutto così come sapeva tutto mio padre. L’ho saputo solo dopo la sua morte. Questo mi ha fatto tanto male e sono stata arrabbiata, molto arrabbiata con loro. Ho sofferto per questo.

D- Quanto Alda ha messo in primo piano la poesia? Quanto ha preferito questa attività a tutto il resto?

R-Mamma ha sempre messo in primo piano la poesia, la poesia l’ha ammaliata, scelta, voluta. Avremmo tutti dovuto capirlo e comprenderla senza volere altro da lei perché è stata una vocazione la poesia per mamma; era il suo modo di esprimersi con gli altri. Volere che fosse prima moglie, madre o altro era volerla snaturalizzare, io non ho mai preteso questo, è capitato a volte da bambina quando andavamo in campagna e lei batteva sulla sua macchina da scrivere che non riuscissi a prendere sonno e mio padre diceva invece a me di fare silenzio per non disturbare mamma che scriveva poesie. Lui è sempre stato orgoglioso di questa sua passione.

D- Ha una poesia di sua madre che sente più vicina? Quale?

R- Molte poesie di mamma me le sento addosso, credo che sia quello che molti provano nella lettura dei suoi versi. C’è un episodio però che vorrei condividere con voi. Fu in occasione di uno degli ultimi periodi di ricovero a causa del suo tumore quando fu operata all’addome;  chissà perché ho sempre pensato che mamma fosse eterna, ma quella volta andai a trovarla in ospedale come se mi sentissi una strana sensazione e le chiesi espressamente di dedicarmi un’ aforisma. Iniziò a dettarmene tanti mai io cercavo di farle capire che io ne volevo uno che fosse scritto espressamente per me. Mi guardò e mi disse: “chi brucia d’amore, non si consumerà mai” Quell’aforisma l’ho tatuato sul collo. Fa parte di me. Una poesia che mi ha fatto capire invece quanto fosse poeta mia mamma e quanto la sua sofferenza fosse grande è “la mia prima trafugazione di madre” una poesia che esprime con forza emozionale il concepimento all’interno delle mura manicomiali; penso che parli del parto della mia ultima sorella. In quella poesia ho respirato tutto il suo dolore, tutto il suo desiderio di volere amare e di non poterlo fare perché le era impedito. Forte la simbologia di quanto una cosa bella possa essere sbocciata all’interno di mura terribili.

Carissima Barbara, dopo ogni intervista, lascio uno spazio libero per dare la possibilità di espressione per qualsiasi cosa vogliate dire.

Questo è il suo:

Sono fiera di avere avuto per madre una persona che amava la vita, una donna che sapeva amare, uno tsunami d’amore, una donna che passava dalle invettive all’ironia. Certamente una persona complicata da gestire ma poi, chi siamo noi che vogliamo gestire le persone?Lei doveva essere lasciata libera; un suo aforisma dice. “Non cercate di prendere i poeti perché vi sfuggiranno fra le dita” e questo suo pensiero doveva bastarci per comprendere che la sua libertà era oltre. Avrei voluto comprenderla di più e avere vissuto con lei di più la sua poesia. Ricordo che quando usciva una sua nuova pubblicazione me la faceva vedere, ero contenta per lei ma a me interessava più il rapporto fra madre e figlia. Forse ho sbagliato e solo adesso ho capito. L’ho capito attraverso la gente che l’ama, che legge le sue poesie, che chiedono le interviste per conoscerla meglio, chi organizza spettacoli teatrali, televisivi. Adesso ho capito con gli occhi degli altri quello che per ricerca d’amore materno non riuscivo a vedere. Mia mamma era poesia.

"Una come me" è una commedia teatrale di Mauro Graiani con Matilde Brandi, Salvo Buccafusca e Andrea Zanacchi, musiche di Pino Cangialosi e la sapiente regia di Francesco Branchetti che attraverso la sua grande esperienza non sbaglia mai un colpo.

Lo spettacolo sta calcando i palcoscenici di tutta Italia con il giusto successo e l'acclamazione del pubblico.

E' la storia di una donna cinquantenne che a causa di una strana forma di schizofrenia si sdoppia in Maria e Sole; due entità nella stessa persona. Due caratteri completamente differenti, due realtà nello stesso corpo senza che una sia a conoscenza  dell'altra

Matilde Brandi riesce in modo lodevole a gestire le due personalità cambiando in modo camaleontico il carattere di una e dell'altra. Indubbiamente la sua arte attoriale è di grande livello, spontanea, energica, di grande impatto con il pubblico che osserva e ascolta una storia da risvolti comici, ma con il messaggio di una malattia psichiatrica di difficile se non impossibile soluzione anche se nella commedia, una pasticca potrebbe cambiare la vita di Maria-Sole.

Salvo Buccafusca e Andrea Zanacchi due attori di una grande capacità interpretativa, preparati, competenti ed empatici,  appoggiano l'eleganza di Maria e la stravaganza di Sole in un alternarsi di scene molto ben costruite e pensate. I cambi di scena sono ritmati con una tempistica perfetta. Branchetti con la sua regia firma sempre ottimi spettacoli contornandosi di ottime scelte per gli allestimenti, i costumi, i tempi di scena.

a s. Matilde Brandi e Marzia Carocci

Matilde Brandi, Salvo Buccafusco e Andrea Zanacchi chiudono lo spettacolo salutando il pubblico con  una  canzone di Gloria Gaynor di fine anni '70 e qui la splendida Matilde basta che accenni due o tre passi di ballo per farci ricordare di quanto  l'attrice sia completa e di quanto il suo essere soubrette sappia incantare e di come la sua energia sia contagiosa. Ecco che la magia del teatro diventa apprezzamento di un  pubblico che applaude la simpatia, la perizia, la forza teatrale di un trio meraviglioso che ha saputo donare la bellezza, il respiro, il battito di tanti cuori che solo il teatro sa dare-

 

 

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