L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni.

Cultural Events (222)

    Marzia Carocci

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La mostra “Ritratti Africani” dei fotografi Seydou Keïta, Malick Sidibé, Samuel Fosso a cura di Filippo Maggia in corso al Magazzino delle idee di Trieste chiuderà fra pochi giorni, dopo aver riscontrato un ottimo successo. I tre artisti fotografi sono stati presentati nei più grandi musei del mondo, nel 1997, per celebrare il cinquantesimo anniversario dalla fondazione degli empori Tati di Parigi, Seydou Keïta, Malick Sidibé e Samuel Fosso vennero invitati dalla direzione del grande magazzino a realizzare ritratti e autoritratti replicando il tipico studio fotografico africano, con l’auspicio di incontrare il favore e l’interesse del pubblico multietnico del quartiere.   La mostra di Trieste  riunisce le opere dei tre fotografi presentando un’importante selezione delle stesse per ognuno di loro, evidenziando e ragionando sulle differenze stilistiche e di approccio al mezzo fotografico: ritratti classici in bianco e nero per Keïta e Sidibé, autoritratti in bianco e nero e a colori per Fosso, questi ultimi proprio dalla serie realizzata per Tati. Il ritratto, appunto, caratteristica peculiare della fotografia africana. Come la “street photography” è riconducibile alla fotografia americana e la fotografia di paesaggio è indissolubilmente legata alla tradizione italiana, il ritratto è certamente stato per tutto il secolo scorso e, evolvendosi nel suo significato, in buona parte anche in quello attuale, il genere prediletto da molti fotografi africani. Ragioni storiche, politiche, sociali e religiose sono alla base di questa pratica perseguita con costante assiduità da nord a sud, da ovest a est del terzo continente per estensione del nostro pianeta. (Filippo Maggia, dal catalogo di mostra)  Seydou Keïta nasce a Bamako, capitale del Mali, fra il 1921 e il 1923; discendente del clan Soudyata Keïta che ha dato origine all’Impero del Mali nel XII e alla dinastia Touré, fondatrice della città di Bamako; ha iniziato a fotografare in modo professionale nel 1948, durante il periodo coloniale.   I suoi ritratti si caratterizzano per l’utilizzo della luce naturale, dei fondali monocromi o geometrici, che lui stesso crea.

I soggetti si fanno ritrarre nei loro abiti tradizionali, famiglie al completo, vestiti a festa, adornati da gioielli e con acconciature curate. Nel 1962, due anni dopo l’indipendenza del Mali, inizia a lavorare come fotografo ufficiale del governo maliano dedicandosi alla documentazione di incontri diplomatici, culturali e politici. Si ritira dall’attività fotografica nel 1977. Il successo internazionale arriva nel 1991 quando i suoi scatti vengono portati alla luce da Andrè Magnin, curatore esperto di Arte africana, che rimane colpito da tre fotografie esposte all’interno della mostra “Africa explores: 20th Century African Arts” presentata a New York e decide di recarsi in Mali portando con sé le fotocopie delle fotografie per rintracciare l’autore di quelle immagini. Nell’arco di pochi anni seguono esposizioni alla Fondation Cartier di Parigi e alle gallerie di New York. Sceglie di fotografare in bianco e nero per tutta la sua carriera.

Muore a Parigi nel novembre 2001.  Malick Sidibé, nato in una famiglia Fulani (Peul in francese), dopo gli studi alla Maison des Artisans Soudanais di Bamako, apprende i primi rudimenti di fotografia come garzone di bottega presso Gérard Guillat (detto Gégé la Pellicule). Nel 1962 apre il suo studio a a Bamako e ritrae la “Dolce vita” della Bamako anni ’60 e ’70. Vive appieno l’euforia dell’indipendenza del Mali dei primi anni Sessanta, registrando con la sua macchina fotografica la spensieratezza e la libertà dei giovani, ormai privi dei tabù che hanno influenzato i loro genitori. Racconta la gioventù ribelle e sognatrice, protagonista di feste che si protraevano fino all’alba sulle sponde del fiume Niger. Volti, pose, notti di musica, giradischi, balli, moda pop e afro-beat. Nei suoi ritratti le persone, libere di utilizzare costumi e oggetti a disposizione (occhiali, radio, fiori, e quant’altro) appaiono in tutta la loro espressività e intensità. Le sue opere, a partire dal 1994, vengono esposte in Europa e negli Stati Uniti, culminando con due importanti riconoscimenti: il premio Hasselblad, uno dei massimi riconoscimenti alla carriera per un fotografo, ricevuto nel 2003, e il Leone d’oro alla Biennale d’Arte di Venezia nel 2007 (primo fotografo a ricevere questo premio). Muore a Bamako nel 2016.

  Samuel Fosso nasce in Camerun e trascorre la maggior parte della sua infanzia in Nigeria, tra la sua gente, gli Igbo. Nel 1967 in Nigeria scoppia la guerra civile del Biafra, quindi Fosso si sposta a Bangui, capitale della Repubblica Centrafricana per lavorare nella fabbrica di scarpe dello zio. Qui nel 1975, a soli 13 anni, apre il suo primo studio fotografico “Studio Photo

National”. Il successo riscosso tra la popolazione locale, gli permette di dedicarsi ai suoi progetti personali come l’autoritratto. Una passione iniziata come modo per terminare i rullini e spedire foto di se stesso alla nonna rimasta in Nigeria, diventa una ricerca sull’auto-rappresentazione correlata alle tematiche sociali, culturali e politiche contemporanee.  Rispetto a Seydou Keïta e Malick Sidibé, le sue fotografie hanno uno spiccato senso teatrale. Nelle sue serie fotografiche rievoca e rende omaggio a importanti figure politiche e culturali (African Spirits), riflette sul rapporto post coloniale tra Francia e le sue ex-colonie (Allonzenfans), e si interroga sulle contraddizioni della religione Cristiana (Black Pope). Le sue opere sono esposte nei più importanti musei internazionali come la Tate Modern di Londra e il MoMA di New York. Dal 2014, in seguito alla scoppio della guerra civile, vive tra la Francia e la Nigeria.

 

 

  Magazzino delle Idee Corso Cavour, 2 Trieste www.magazzinodelleidee.it  18.02.2023-11.06.2023 Catalogo pubblicato da Electa.      

  Fioralba Focardi

Buongiorno Fioralba, abbiamo da poco assistito a un bell'incontro teatrale dove tu e Maurizio Speciale ci avete regalato due ore d'intensità emotiva.

Il teatro era pieno e l'attenzione ci ha catturato. Quindi che avete già portato la vostra performance in altri luoghi e che intendete continuare il vostro spettacolo in altre location . Ti ringrazio per le risposte che ci fornirai spiegandoci un po' di cosa si tratta nello specifico.

D-indubbiamente il testo a cui abbiamo assistito era fortemente una protesta in difesa delle donne. Chi ha scritto il monologo?

R- Ciao Marzia, il testo è di Fabrizio Salsi, è un poeta e regista che ha da sempre scelto una poetica sulle difficoltà femminili, che nell'arco dei secoli hanno accompagnato e accompagnano le donne. Dico difficoltà perché nel contesto c'è anche il difficile imporsi delle donne nel mondo lavorativo, che le relega a ruoli spesso subalterni. Il titolo originale del testo è La Ballade de la Fille Perdue.

D- Tu sei entrata più volte con abiti diversi impersonando alcune dee della mitologia. Chi erano e quale è il significato del loro evocare?

R- Le Dee sono Artemide emblematica figura nata da una relazione di Zeus con Leto, che all'età di tre anni chiese al padre di rimanere vergine per sempre.

Atalanta disconosciuta e abbandonata dal padre in quanto femmina, e dedita al culto di Artemide è la donna forte cacciatrice e atletica (imbattibile nella corsa) che avrebbe perso i suoi poteri se si fosse maritata.

Ovviamente si tratta di figure mitologiche che hanno nella leggenda lasciato un segno.

Quando Fabrizio mi diede il testo che non fa parte della Ballade de la Fille Perdue, mi colpì subito come i due testi si poteva amalgamare e creare una sorta di ponte immaginario tra donne leggenda e donne reali.

D- So che all'interno di questo bel lavoro teatrale, hai volutamente inserito qualche tua poesia.

In questo vi è un motivo particolare?

R- Sì, trasmettere il disagio interiore che può provare una donna ad essere considerata un oggetto sessuale.

D- vuoi farci conoscere il testo della tua poesia?

RI testi che ho scritto per il monologo sono quattro uno dei quali chiude lo spettacolo, che è simbolo di rinascita interiore.

 

QUANDO SCENDE LA NOTTE

 

E il buio ammanta il mondo

Lascio vagare il pensiero

Abbracciato all'anima

E riesco ad intrecciare sogni

A cui durante il giorno

Non così osare forme.

È lì che trovo la mia dimensione

Mentre spoglio la pelle delle vesti comprate

E l'aria si coperta

Lasciando piccoli segni del suo passaggio.

Così nuda

Al cospetto del mio silenzio

Cullo la vera me.

 

D- È stato particolarmente bello il connubio fra la musica di Maurizio Speciale e i tuoi monologhi.Come è nato il tutto. Vuoi raccontarcelo?

R-Siamo un gruppo di amici che si ritrova almeno una volta a settimana per andare ad eventi o solo per il gusto di stare insieme. Una sera parlando di musica scattò l’idea di fare qualcosa insieme, così gli propositi di suonare nello spettacolo che volevo riproporre dopo tanto tempo. Maurizio accettò subito, e iniziammo a progettare il nuovo Nuances, da lì abbiamo fatto prove e dopo un anno abbiamo portato lo spettacolo a maggio del 2022 al Gran Caffè san Marco a Firenze, anche lì andò bene, ma volevamo qualcosa di più, sentivamo che era giunto il momento di provare a fare un salto di qualità.

Abbiamo di comune accordo aggiunto anche l’Handpans, uno strumento che fonda ritmo, melodia e armonia, in un flusso emotivo che cattura l’anima.

Poi grazie a Maria Carocci abbiamo avuto la possibilità di calcare le tavole di un teatro.

D- Visto il successo ottenuto, hai intenzione di riproporre il testo? se sì, pensate di modificare qualcosa o mantenere l'originale?

R-Vogliamo continuare a proporlo, perché crediamo fortemente nel messaggio che cerchiamo di trasmettere. Dovremmo portarlo a maggio o giugno al caffè letterario delle Murate. Ci piacerebbe continuare a portare Nuances nei teatri, impresa quasi impossibile, visto i costi che comporta fare uno spettacolo, siamo un duo che è nato da poco, sconosciuto e farsi conoscere è difficile. Abbiamo già aggiunto nelle ultime settimane prima del debutto teatrale, una prima parte per solidarietà con le donne iraniane, cercando di amalgamare le nostre realtà che sono poi sotto certi punti di vista identiche.

D- Perché tieni molto a questo tipo di impegno?

R- Perché è fondamentale parlare, la violenza “di genere” si può combattere solo educando le nuove generazioni. Con Maurizio abbiamo cercato fondendo la poesia con la musica di creare un modo nuovo di parlarne. Ci crediamo e vogliamo continuare a farlo.

D- nel testo vi è in principio il  -sentore-rischio della sottomissione donna-uomo ma  durante il "viaggio" teatrale s'insinua la presa di posizione femminile che reagisce conscia  di avere potenzialità nel combattere un potere maschilista. È questo che hai voluto esprimere?

R- Sì, si può rinascere come donna prendendo coscienza del proprio IO interiore, non siamo solo oggetti, solo madri, solo sante o di facili costumi, siamo un miscuglio di tutto questo, siamo un corpo con un cervello e un’anima che ha bisogno di comprendere il proprio potenziale. Pensa qualcuno che non è venuto allo spettacolo, che non ha capito il contesto dello spettacolo ha criticato il mio abbigliamento. La minigonna fa ancora scandalo per certe persone ottuse!

D- Tu e Maurizio avete saputo trasportarci in un viaggio temporale dove inizialmente si esprime la dea e nel finale la donna di oggi. Il connubio è stato sicuramente emozionale. La recitazione a memoria nel tuo "cantilenante" mantra con i suoni emessi dai particolari strumenti di Speciale rendono il tutto "messaggio" da assorbire e da riascoltare.

Avete in mente a breve un'altra vostra apparizione scenica? Quando?

R-Come detto ad una domanda precedente, vogliamo portare Nuances, ancora in teatro, credo che sia il luogo ideale per dei testi così forti ed emozionanti. Stiamo cercando luoghi che abbiano voglia di scommettere su di noi e su ciò che vogliamo trasmettere. Nel frattempo L'associazione A&A di Marzia Carocci, ci ha dato la possibilità con il circolo Del Bene della prima uscita teatrale, poi con Le Murate, per il resto incrociamo le dita, non nascondiamo che ci piacerebbe esibirci ancora nei teatri dove l'atmosfera è già un sogno...

 

NUANCES - monologo e musica - Uno spettacolo teatrale sulla donna e per la donna

Interpreti Fioralba Focardi (attrice recitante) e Maurizio Speciale (musicista)

 

 

 

 

 

da sinistra a destra: Alessandro Benvenuti, Mirco Rufilli,

Andrea Muzzi, Marzia Carocci e Mirko Dormentoni

Nell'ambito della SETTIMANA DEL FIORENTINO mercoledì 22 marzo si è svolto alla Biblioteca Canova (Isolotto), l'evento Incontro con Alessandro Benvenuti .


A intervistare l'attore è stato l'attore Andrea Muzzi suo amico da molti anni presente ai numerosi spettacoli di cinema e teatro del Benvenuti. Partecipanti alla serata il Consigliere Comunale Mirco Rufilli e il Presidente del quartiere 4 dell'Isolotto Mirko Dormentoni che hanno portato i saluti istituzionali restando per il resto dell'incontro. Presente anche Enrico Zoi coautore con Philippe Chellini dei libri dai quali sono state tratte le storie dei film del Benvenuti: -Zitti e mosca- e -Ivo il tardivo-

Una giornata interessante dove si è parlato dei monologhi di -Benvenuti in casa Gori-, dell'attuale rimessa in scena di questo geniale film riproposto al Teatro della Pergola di Firenze,è stato ricordato  -A ovest di Paperino- scritto e diretto dal Benvenuti uscito nel 1981 con il famoso trio cabarettistico dei Giancattivi formato dallo stesso Benvenuti, Athina Cenci e Francesco Nuti-
Non poteva mancare la menzione dei -I delitti del Barlume- una serie seguitissima  di 10 stagioni girata all'Isola d'Elba  tratta dai romanzi di Marco Vivaldi così come il nominare -Panico ma rosa -lavoro elaborato durante il periodo pandemico, ha inoltre ricordato -Ivo il tardivo- da lui diretto e interpretato accanto a Francesca Neri tratto dal libro scritto a più mani: Enrico Zoi,(presente alla serata) Philippe Chellini e lo stesso Benvenuti

Alessandro Benvenuti non si è mai sottratto alle domante intelligenti, coerenti e messe a segno dal simpatico e professionale Andrea Muzzi, anzi, ha ampliato generosamente le risposte che evidenziano quanto il Benvenuti sia grande per intelligenza, umiltà, onestà e concretezza. L'attore ha generosamente ricordato tutti i compagni di -viaggio- come il Nuti, la Cenci, il Monni, Picchianti, Ceccherini, Occhini, Novello Novelli ecc... ci ha svelato alcune gag nei vari teatri italiani, ha parlato del periodo pandemico trascorso a Roma, ha spaziato in molti fronti e lo ha fatto con  generosità intellettuale creando come sempre una grande empatia con il pubblico presente alla serata. La sua verve toscana lo ha reso -attore- anche nella normalità dell'intervista, battute e risposte che hanno ricevuto consensi tra la gente presente catturata dal forbito eloquio ricco di particolari resi visibili grazie alla  modalità espositiva dell'attore che si potrebbe ascoltare per ore.
Alessandro Benvenuti è l'esempio di un regista, attore e sceneggiatore che attraverso la naturalezza, la spontaneità, la semplicità e l'indubbia professionalità ha saputo interpretare la realtà di uomini e donne facendo ridere con intelligenza e non solo come riflesso a un dire scontato. E' più facile per un uomo diventare attore che per un attore -restare- uomo con la propria forza, fragilità, poesia e ilarità. Alessandro Benvenuti è a tutti gli effetti il cantore ilare e ironico ma anche la coscienza di ognuno di noi. I suoi personaggi lo raccontano; chi non si è mai sentito parte di loro?
Un evento che sicuramente ha appagato il pubblico presente, la generosità della condivisione emotiva e della simpatia del Benvenuti sono stati il bagaglio che felicemente la gente si è portato a casa.

 

 

 Minnie Minoprio

Soubrette, cantante e attrice; nasce a Londra ma residente in Italia da quando aveva 17 anni ed è stata scoperta da Walter Chiari e Lelio Luttazzi.

Interprete del musical 'Ciao Rudy' con Marcello Mastroianni di Garinei e Giovannini, conosciutissima in Italia dagli anni settanta, appassionata per il Jazz, diplomata all'Art's Educational School e all'accademia di danza classica. Protagonista di concerti all'Accademia Filarmonica romana. Con lo pseudonimo di Magnolia Lee appare in programmi televisivi e radiofonici, in teatro la troviamo accanto a Lando Buzzanca, Enrico Beruschi, Aldo Giuffrè, Oreste Lionello e molti altri. Come dimenticare poi il famoso duetto con Fred Bongusto?. Ha inciso cinque album per l'Italia e per l'estero e una quindicina di singoli. Scrittrice talentuosa tanto che negli ultimi 30 anni ha pubblicato una biografia e 10 libri ma di Minnie Minoprio potrebbe elencare moltissime altre esperienze viste l'

A lei chiediamomo direttamente delle sue passioni-

D-Minnie, è indubbio che tu abbia la propensione e l'energia ad affrontare ogni "branca" dello spettacolo: sei passata dalla recitazione, al ballo, al canto con grande professionalità. Dovessi esprimere una risposta di tutti i tuoi momenti artistici, dove cadrebbe la tua scelta?

R-Mi piacerebbe essere considerato, piuttosto una 'performer' come amò definirsi anche Freddie Mercury! Una che sa stare sul palco e intrattiene il suo pubblico…con una canzone oppure una poesia o un balletto, Una 'Performer' non ha preferenze né paura di sperimentare, senza una vera collocazione. Una tuttofare insomma, una caratteristica che può essere un pregio ma anche un limite di fronte a chi non vuole concedere fiducia incondizionata.

D-Nonostante tu abbia avuto esperienze nello spettacolo a 180° c'è ancora qualcosa che desideri fare e che quindi custodisci nel cassetto?

R- Prima della pandemia, progettavo uno spettacolo musicale con un'orchestra di Pescara, campioni della musica swing, i 'Billy Bros'. Stare sul palco in allegria è il mio elisir di lunga vita, abbiamo dovuto rimandare…ma ora, chissà!

D- Dovessi esprimerti a chi ti chiede quali sono i sacrifici per fare parte del mondo artistico, cosa diresti?

R- Piuttosto invece dei sacrifici, direi i requisiti, altrimenti il ​​fallimento è inevitabile. Tenacia, salute, egoismo, curiosità, pazienza, dedizione, rispetto…etc etc. Un artista deve avere tutto questo, senza tralasciare gli affetti famigliari.

DE' di adesso la tua felice partecipazione al talent show "The voice senior". Sei apparso in formidabile, bellissime performance che giustamente trovano il consenso del pubblico sia quello social che quello reale. Sei indubbiamente artista di alto livello e devo dire che per te gli anni non sono proprio passati.

Vuoi raccontarci di questa tua ultima esperienza? adoro Clementino ma tu personalmente perché hai scelto di entrare nel suo team?

R-Me lo domando anch'io…forse vedevo in lui una certa somiglianza con una Minnie giovane, ma sono delusa. Poteva forse dimostrarsi un po' più amichevole…non mi ha nemmeno salutata l'ultima sera e sono rimasta male di questo poiché penso di aver dato un buon contributo alla sua squadra. 

Nel complimentarmi per la tua carica, forza, energia, ti lascio quella che da sempre chiamo "domanda bianca" ossia uno spazio dove tu puoi dire qualsiasi cosa, emozione, notizia, informazione ecc. 

R- I miei progetti ora riguardano principalmente la mia famiglia e la diffusione dei miei romanzi che nascono da curiosi incontri, sogni, fatti storici e la voglia di recuperare una letteratura semplice e di buon auspicio…insomma i 'romanzi dei Buoni Sentimenti' che suggeriscono qualcosa di positivo e amorevole, in soliti contesti, senza essere zuccherose.

Grazie Minnie e buon proseguimento per tutto! A presto.

  L'essere umano è l'animale meno coerente.

 Non ha memoria, soffre di mania di protagonismo, passa continuamente da interessi diversi: segue per esempio lo scempio del recente terremoto in Siria e Turchia e ascolta i pettegolezzi di Sanremo con la medesima attenzione, per poi riprendere ad ascoltare notizie tragiche delegando sempre colpe a questo o a quello. Niente lo sconvolge più quasi fosse abituato al male. Adesso pranziamo o ceniamo di fronte a un telegiornale senza la giusta attenzione a meno che si tratti di notizie che ci toccano da vicino.

Tutti tuttologi, sapienti, riflessivi, pronti a giudicare, condannare e decidere se alzare o abbassare il pollice a favore o a sfavore di chiunque. Siamo diventati automi dei social dove là non ci sia la possibilità di fare la guerra fisica, si passa a quella verbale. Si demoralizza, si umilia, s'intimidisce chi non ha la giusta difesa. Tutti leoni da tastiera che a volte "sparano" parole che uccidono, che fanno male, che inchiodano i più deboli o chi non è capace di difesa.

Nascono gli sfottò, il bullismo, il dominio, s'insinuano orchi adescatori, incantatori di parole e traditori di amicizie. Vi è sempre la vittima e il carnefice, il debole e il vincitore. Ma vincitore di cosa? Siamo passati dai salotti delle chiacchiere ai salotti dove parlare di sangue, di violenza, di orrore.

Ogni giorno i media televisivi ne propongono una quantità esagerata. Lo fanno perché questo tipo di televisione ha un seguito enorme. Un interesse quasi malato.  La gente segue dove c'è il male, la curiosità, il dolore. Audience altissimi dove giornalisti (?), personaggi dello spettacolo, gente comune ha la soluzione di qualsiasi problema, tutti che "se ci fossero loro al governo", "se ci fossero loro in quella circostanza..." e intanto diventiamo più soli, più poveri di altruismo, più inclini al dividersi anziché costruire qualcosa di migliore. COERENTE (aggettivo) significato: colui o colei che è conforme ai principi morali, alle idee professate… Ecco, molti si dichiarano di mentalità libera e aborrono chi la pensa diversamente da loro. Altri che si dichiarano compassionevoli ma guai se un extracomunitario gli passa avanti nella fila. Ci sono poi i buonisti che stanno dalla parte di Putin e altri buonisti che invece sono per Zelenski, come se la guerra fosse un gioco e non si parlasse di esseri umani che per voleri di un potere selvaggio e insensato muoiono ogni giorno. Se solo per un attimo, potessimo essere al di sopra della nostra terra e vedere quanto siamo piccoli e inetti, fragili con una fine per ognuno già programmata alla nascita, se potessimo renderci conto che siamo noi il male del nostro male forse cambieremmo modo di pensare.

La terra è di tutti, le risorse anche, i bisogni sono gli stessi ma l'animale terrestre attraverso strutture ben organizzate è diventato schiavo di un potere bisognoso di pedine al loro servizio. Un potere con i tentacoli che ha  gerarchie dappertutto e che ci ha ormai "formattato" il cervello rendendoci egoisti, insensibili, sadici e purtroppo ormai inutili nel ricreare un pianeta che respiri di amore, solidarietà e fratellanza civile. Si, qualcuno si salva ma non fa testo...

 A Milano (Palazzo Reale) una Mostra di rara bellezza

 

Della vita di Hieronymus (o Jheronimus) van Aeken, meglio noto con lo pseudonimo di Hieronymus Bosch, sappiamo pochissimo, quasi nulla. E anche le opere a lui attribuite non sono certo numerose. Inoltre, cosa fondamentale, un mistero immensamente più fitto e impenetrabile di quello biografico avvolge la sua formazione culturale e la sua produzione artistica, facendolo risultare, senza alcun dubbio, come il pittore più enigmatico e impenetrabile dell'intera storia dell'arte occidentale.

Eppure, ben pochi altri artisti sono tanto presenti nell'immaginario collettivo, anche per quanto concerne gli individui meno culturalmente attrezzati e interessati al mondo delle Belle arti.

Ma perché l'arcano pittore fiammingo riuscirebbe a colpire tutti noi con tanta efficacia?

  • Ci innamoriamo forse della sua vulcanica capacità di concepire esseri e mondi fantastici, combinando e ricombinando le infinite pietruzze del mosaico della Vita?
  • Ci facciamo forse ipnotizzare dal suo inesausto giocare con i regni di questo mondo, nel tentativo di costruire innumerevoli altri mondi, formicolanti di bizzarre creature?
  • Ci lasciamo forse stregare dal sentimento di stupore che ci invade fin nelle vene, sbigottiti e increduli quanto basiti e inquieti?
  • Ci lasciamo forse abbracciare dalla sua torrentizia irruenza demiurgica capace di abbattere e cancellare ogni confine fra reale ed irreale?

 

Un po' tutto questo, credo … e tanto tanto altro ancora.

Ma se è indiscutibile il fatto che la pittura di Hieronymus riesca a conquistarci in maniera del tutto indipendente dalla nostra capacità di comprendere e decodificare, riuscendo ad entrare in contatto con le nostre più impalpabili sfere pre-razionali, sub o sovra-razionali, è impossibile pensare che la sarabanda pirotecnica delle sue suggestive fantasticherie non scaturisca da una considerevole profondità di riflessione filosofica e di ricerca spirituale (gnostica? magico-alchemica? mistica ed esoterica? libertina e iconoclasta?).

 

Bosch non è soltanto, infatti, un disinibito incantatore, uno spregiudicato giocoliere, un prestigiatore dell'assurdo.

Bosch è, oltre che pittore tecnicamente raffinato e illimitatamente creativo, un attentissimo osservatore del suo mondo, dei vortici di follia dei suoi tempi, delle aberrazioni morali della sua società, nonché, soprattutto, critico indignato e severo delle ingiustizie, ingiurie e ipocrisie che, avvelenando l'animo dei gruppi di potere (civili e religiosi), condannano i popoli ad una esistenza di dolori, di stenti ed orrori.

Ritengo, pertanto, molto saggio e illuminante quanto scritto da Wilhem Fraenger, nel sostenere che l'" errore capitale " a lungo commesso dalla critica sia stato

 “ quello di interpretare tutti i simboli oscuri di Bosch come altrettante “diavolerie”. Un nugolo di parafrasi cieche e di interpretazioni arbitrarie si è abbattuto sull'oracolo muto ed ha annegato nella confusione il suo linguaggio criptico. Poiché le metafore ei geroglifici di Bosch sono sempre apparsi incomprensibili al critico, questi li ha definiti irrazionali e non vi ha visto che dei sogni, delle allucinazioni e delle chimere, delle ossessioni suscitate da un terrore medievale del mondo e dell'Inferno .

(W. Fraenger, Il Regno Millenario di Hieronymus Bosch , Guanda, Milano 1980, p.27)

Le sue inarrivabili architetture simboliche, pertanto, sono tutt'altro (e immensamente di più) che scurrili e grotteschi “ fantasmi di un sognatore esaltato e irresponsabile ” (ivi, p.19).

Tutta l'opera boschiana, infatti, è attraversata da una travolgente furia smascheratrice delle iniquità perverse e pervertitrici del suo tempo, un tempo in cui, per usare le parole di un altro gigante a lui contemporaneo, “ la frenesia del guadagno è arrivata al punto che non c'è più cosa al mondo, né sacra né profana, che non sia stata trasformata in una fonte di reddito ” (Erasmo, Adagia , Einaudi, Torino 1980, p. 31), e “ i ceti più umili si vedono defraudati del necessario, tutta una serie di decime e di contributi viene a rosicare morso a morso il pane del povero ” (p. 33).

Un tempo in cui a trionfare sono la menzogna, la falsità e l'inganno. Un tempo in cui, sempre nelle parole di Erasmo da Rotterdam, “ Non c'è povero più diseredato di coloro che la folla venera come ricchi. Non c'è vescovo più alieno dall'ufficio episcopale di quelli che, fra i vescovi, vanno per la maggiore (…). E che dire di quelli che, per titolo, abito e cerimonie pretendono di rappresentare la perfezione in fatto di religione? Magari non fosse vero che, anche loro, dalla religione vera sono lontanissimi . (ivi, p.72)

Già, la “ religione vera ”…

Forse, è soprattutto di questo (o, addirittura, soltanto di questo!) che la pittura boschiana martellantemente vuole parlarci, vomitando rabbia e disgusto verso le vanitose lordure di una società inautentica, in cui, strappando la maschera agli individui che affollano la ribalta del potere,

 “ Troverai dentro a questo un maiale, dentro a quello un leone, dentro a quell'altro un orso o, forse, un asino. ” (ivi, p. 79)

Già, la “ religione vera ” restituita al suo candore primigenio, alla sua catartica potenza taumaturgica, in grado di restituire luminosa innocenza al genere umano, in grado di far risorgere nel cuore di tutti gli esseri una gioia di vivere affratellante, capace di abbattere tutti i confini moralistici e cerebrali, immergendo tutto e tutti nel sereno godimento di un Eros sacro e profano insieme, nella danza giocosa di un Divino non più lontano o minaccioso, ma pulsante in tutto il respirare e il palpitare della Natura.

 

            Per tutti coloro che desiderano immergersi nell'universo pluridimensionale dell'artista olandese, la città di Milano, sempre prodiga di iniziative eccellenti, offre (fino al 12 marzo) una mostra di straordinaria bellezza:  BOSCH E UN ALTRO RINASCIMENTO .*

L'Esposizione, curata con raffinata intelligenza da Bernard Aikema (già professore di Storia dell'Arte Moderna presso l'Università di Verona), da Fernando Checa Cremades (professore di Storia dell'Arte all'Università Complutense di Madrid e già direttore del Museo del Prado) e da  Claudio Salsi (direttore Castello Sforzesco, Musei Archeologici e Musei Storici e docente di storia dell'incisione presso l'Università Cattolica di Milano), permette di assaporare   alcuni dei più celebri capolavori di Bosch, accompagnati da numerose opere derivate da soggetti del Maestro fiammingo.

Non quindi una monografica di tipo convenzionale, ma una suggestiva esposizione che getta un prezioso fascio di luce su aspetti meno noti (ma affascinantissimi) della cultura rinascimentale e che, soprattutto, offre al nostro sguardo avido e stupefatto, opere di Bosch di bellezza abissale, come il Trittico delle Tentazioni di Sant'Antonio , il Trittico del Giudizio Finale e il Trittico degli Eremiti .

 

Al di là di ogni ambiziosa quanto ipotetica speranza di apprendimento, comprensione e interpretazione, un'unica granitica certezza:

 dopo esserci lasciati permeare da un disorientante effetto di inebriante stordimento psico-sensoriale, ci porteremo via mille interrogativi, infiniti dubbi e un insondabile desiderio di conoscenza.

 

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*https://www.palazzorealemilano.it/mostre/e-un-altro-rinascimento

Informazioni e prenotazioni

Infoline 02 54912
palazzorealemilano.it
mostrabosch.it

 

 Prima Nazionale il 26 febbraio a San Vito Romano a Teatro Caesar (Rm)
"Cose di ogni giorno" di David Norisco
 con Denny Mendez e Francesco Branchetti





Il 26 febbraio al Teatro Caesar a San Vito Romano, si terrà l'attesissima prima di uno spettacolo che descriverà la storia di tante famiglie borghesi, dove il tutto verrà sconvolto dalla separazione di una figlia, dall'inattesa rivelazione dell'altro figlio e dai comportamenti di una cameriera "affettuosa" che peggiorerà la situazione già in bilico. Tutto si distingue in un primo tempo in modo angosciante, i fatti hanno sicuramente travolto la routine della famiglia ma...
Là dove esiste l'amore, l'affetto, l'apertura e la lealtà, è possibile ricomporre qualsiasi situazione perché non vi è diversità alcuna se c'è comprensione, ascolto e soprattutto l'amore.

Certo vi è curiosità e attesa per questo nuovo lavoro. Chiediamo direttamente al regista Francesco Branchetti che nello spettacolo sarà anche il protagonista principale-


D- Francesco sei in giro in lungo e in largo per l'Italia portando bellissimi spettacoli di successo e adesso sta per uscire da questo ultimo lavoro. Vuoi parlarcene più ampiamente?


R-In una bella casa con domestica a tempo pieno, vive una famiglia ben organizzata, sorretta da due genitori giovani, attenti e amorosi, hanno una figlia sposata e un figlio laureato.In questo mondo organizza borghese qualcosa si inceppa, niente di eccezionale, ma come tutte le situazioni le diverse fa saltare l'equilibrio quotidiano. Naturalmente sarà la madre, che è l'elemento affettivamente più fragile, a gestire con spirito aperto la paventata separazione della figlia e l'inattesa confessione del figlio. Il Padre, commerciante di successo, vive le situazioni con la foga canina di chi sente tremare la terra sotto i piedi della propria famiglia.

Lo scorrere della vita familiare non distrugge, ma trasforma i rapporti ben organizzati in rapporti più scoperti dove ognuno ritrova la sua dimensione vera ricomponendo così il nucleo sorretto dall'affetto di sempre. Se ci fosse una morale direi che niente è come noi la vediamo e vogliamo, ogni persona o situazione ha delle diversità che l'affetto e l'amore costruttivo possono benissimo ricomporre.

D- Puoi anticiparci alcune date dove chi non potrà essere presente a San Vito Romano verrà comunque a vedervi?

R- Cose di ogni giorno sarà il scena nelle maggiori città italiane a Firenze alle Laudi sarà in scena a Torino al teatro Cardinal Massaia poi a Genova a Roma e in moltissime altre città italiane dalla Calabria al Piemonte alla Sicilia.


D- Vuoi raccontarci come nascono i tuoi spettacoli e in particolar modo perché la scelta di "Cose di ogni giorno"? Cosa ti piacerebbe che la gente "leggesse" in questi due atti che porterai in scena fin dal 26 febbraio?

R- è un testo molto bello ed emozionante e se ci fosse una morale direi che niente è come noi la vediamo e vogliamo, ogni persona o situazione ha delle diversità che l'affetto e l'amore costruttivo possono benissimo ricomporre soprattutto nella famiglia, tema centrale nel nostro spettacolo.

D- Hai sempre avuto accanto bravissime attrici che ho avuto il piacere d'incontrare ai tuoi spettacoli, donne del calibro di Corinne Clery, Nathaly Caldonazzo, Barbara De Rossi, Matilde Brandi e adesso la bellissima Denny Mendez.



R- Con Barbara De Rossi la collaborazione è durata molti anni e non posso che esserne grato per i magnifici spettacoli che abbiamo fatto insieme con Natalie la collaborazione è tutt'ora in corso stiamo portando il scena Sunshine nei maggiori teatri italiani e con Matilde abbiamo appena debuttato felicemente con un commedia molto divertente con Denny stiamo provando Cose di ogni giorno di David Norisco che debutterà' il 26 febbraio appunto a San Vito Romano in prima nazionale.

D- Francesco tu hai un curriculum di tutto rispetto.
Tantissimi e meritati premi a tuo nome, hai interpretato come attore sceneggiato, film, fiction di successo, hai curato la regia di vari spettacoli con grandi nomi, hai diretto intere stagioni teatrali e di spettacoli.Il covid per un po' ti ha tappato le ali ma adesso spicchi voli altissimi con fortunati e indovinati spettacoli.
A quale sei più emotivamente catturato? perché?

R Sono legato emotivamente a tutti gli spettacoli soprattutto a quelli su cui sto lavorando attualmente per cui "Cose di ogni giorno" è senz'altro in questo momento la mia magnifica ossessione.

D-Eccomi come sempre alla domanda "neutra" dove lascio libero arbitrio e spazio per la divulgazione artistica.
Francesco, se hai qualcosa da comunicare a chi ti legge, questo è il tuo spazio.

R- Beh la mia speranza e ciò che mi auguro è che in un momento così difficile per la cultura e per il teatro italiano possa prevalere la positività della volontà e dell'impegno alla negatività che spesso avvolge e travolge tutto ciò che incontra.


E con questo bellissimo augurio ricco di speranza e di luce verso il bello, saluto Francesco Branchetti a cui invio la migliore energia per i suoi bellissimi lavori!

 

"Cose di ogni giorno" Di David Noriso - Regia di Francesco Branchetti
Prima al teatro Caesar a San Vito Romano il 26- febbraio 2023


Attori: Francesco Branchetti, Denny Mendez
 con Isabella Giannone e José De La Paz
 Costumi di Clara Surro
Scene di Andrea Franculli
Musiche a cura di Pino Cangialosi

 Esilarante spettacolo con Gianni Ferreri e Danila Staltari prodotto da StArt LAB regia e drammaturgia a cura di Roberto D'Alessandro 

 

Definire solo esilarante lo spettacolo "l'ammazzo col gas" è a dir poco ridurre una manifestazione teatrale di grande professionalità e divertimento per tutti.

Rappresentazione spassosa, ironica, sarcastica e piacevolissima; una brillante recitazione a pieno respiro comico. Mogli e mariti fra gelosie, litigi, parodie e difetti portati all'eccesso dove le magistrali interpretazioni degli attori, rendono il tutto estremamente gradevole fra risate e applausi di un pubblico attento e divertito.

Gianni Ferreri e Danila Staltari portano in scena una decina di personaggi che susseguono uno sketch dopo l'altro  con continui cambi di abito, parrucche e situazioni che rappresentano alcune tipologie di coppie sposate dove l'ironia e la parodia caratteriale umana, prende il sopravvento regalando al pubblico un'ora e mezzo di puro spasso.

Mai un istante statico, mai una pausa di defaiance degli attori che si sono donati interamente al pubblico con professionalità, maestria e sapienza intrattenitrice. Totale l'apprezzamento dei numerosi presenti in teatro per una coppia di artisti talentuosi ben affiatati e dal grande calibro autoriale.

Gianni Ferreri durante lo spettacolo ha inoltre proferito un cadeau a tutte le donne recitando "In piedi signori davanti ad una donna" attribuita a Shakespeare. L'interpretazione dell'attore è stata di un'intensità emozionale da sottolineare ancor più la sua capacità espositiva e professionale; un momento d'impatto forte e delicato al contemporaneo

Meravigliosa e divertentissima la brava Danila Staltari che è riuscita a interpretare ogni personaggio femminile con sarcasmo, ironia e una potente vena comica dal talento esplosivo!

Un Gianni Ferreri e una Danila Staltari da applaudire e da ringraziare perché vedere il bello, è sempre qualcosa di gratificante.

Con Nathaly Caldonazzo, Francesco Branchetti e Stefano Braminim - Regia di Francesco Branchetti- musiche originali di Pino Cangialosi

Testo

Sunshine, spogliarellista da peep show incanta gli uomini solo attraverso un vetro che la rende bellissima e inarrivabile. Con esterna padronanza, sicurezza, ammalia chi paga per vederla in atteggiamenti intrisi di  sensualità. Desiderabile e inarrivabile.

Un giorno per sfuggire ad un malintenzionato suona ad una porta dove vive da solo, un medico di Pronto soccorso.

Da lì inizia un coinvolgimento di anime bisognose di calore, di compagnia, di empatia umana. Due persone che per un motivo o per l'altro non conoscono il vero amore, l'amore che ci rende sicuri, abbracciati compresi. Soli con i propri desideri, si aprono a confidenze da sempre taciute al mondo.

Interpretazione:

I due attori sono totalmente immensi nei loro ruoli; disinvolti, caratteriali, naturali e fluidi nei movimenti intenti  a creare l'abisso psicologico dei personaggi da rappresentare usando similmente la tecnica di recitazione stile Stanislavskij.  

Un uomo e una donna che diventano improvvisamente "realtà" da vedere e da ascoltare. Due protagonisti di grande calibro che incantano grazie ad un'abile gestualità espressiva e a una perfetta recitazione che li rende forti e padroni della scena. Ritmo, pause e toni perfetti; una sapiente mimica che regna per tutto il tempo sicura senza alcuna stasi dei personaggi. Momenti di impeto emozionale nei dialoghi fra i due e altri di suadente ascolto dove l'interiorità prende a esprimersi.

. Una Nathaly Caldonazzo e un Francesco Branchetti che riempiono un'ora e mezzo di spettacolo ben curato in ogni sua parte. Bravissimo anche Stefano Bramini, giovane attore che interpreta la parte di uno studente ammaliato da Sunshine. Musiche, ambiente e luci hanno reso lo spettatore quasi protagonista dell'intera rappresentazione dove la sapiente regia di Branchetti è stata il collante di tanto successo.

 

 

Nathaly Caldonazzo, ex modella e ballerina anche nel corpo di ballo della Rai, show girl, prima donna in numerosi programmi televisivi fra i quali Fantastico 10 e il Bagaglino; attrice di cinema, televisione e  attrice di teatro con  parti da protagonista, testimonial di brand, soubrette, conduttrice di alcuni programmi in prima serata nei quali viene sottolineata la sua spontaneità, preparazione, e professionalità. Potremmo continuare ancora molto nel descrivere la lunga strada professionale di Nathaly ma preferiamo chiedere a lei direttamente -

D -Nathaly, vuoi raccontarci il tuo primo impatto nel mondo artistico? cosa ricordi di quei momenti?

R-Sono una che non ama ricordare ma sempre andare avanti. Ricordo tanta fatica, una strada veramente difficoltosa. Riflettevo proprio oggi su questo: strada faticosa e, a volte, neanche troppo piacevole. Fatta di cose che avrei potuto svolgere in maniera migliore. Avrei sicuramente potuto fare di più ... il problema forse è anche a causa del mio carattere; sono una che si è sempre troppo affidata al destino, non  sono mai andata a cercare niente, col risultato che mi sono sempre fatta un gran mazzo e non mi è mai stato regalato nulla. Ecco, su questo devo essere sincera: i regali, quelli giusti, devono ancora arrivarmi.

 

D- Hai partecipato a moltissime esperienze lavorative in vari settori: Ballo, televisione, cinema e teatro. Puoi esprimerci le tue esperienze, le difficoltà, le diverse sensazioni, le emozioni e quale di questi settori lavorativi ti è particolarmente congeniale e perché?

 

R-Tutto mi è servito nella vita, tutte le fatiche, tutte le lezioni, tutte le non lezioni, le critiche le cose belle e le cose brutte. Io credo che ognuno di noi poi alla fine è il risultato di quello che ha vissuto e il risultato di quella che sono diventata adesso, mi soddisfa, mi piace. È un discorso un po' lungo... diciamo che oggi mi trovo bene in  qualunque tipo di settore artistico tra cinema, televisione e teatro, anche se sono impegni completamente differenti fra di loro.

 

D- Il teatro indubbiamente è quella branca artistica che porta a una grande concentrazione e preparazione non indifferente dal momento che la diretta "attore e pubblico" si snoda in empatia immediata. Quanto ti coinvolge esprimere l'interiorità del personaggio che vai a presentare al pubblico? Qual è stato il personaggio che hai amato di più e perché?

 

R- Rimango concentrata su ciò che devo fare, perché è quello che mi si richiede: concentrazione. Basta veramente un attimo di distrazione, che può essere un pensiero, il trillo di un telefonino che sei già fuori. Ecco, ci vuole concentrazione. Uno dei  personaggi che ho amato e che amo è Sunshine;  non si finisce mai di costruire, di creare, a cui si possono dare tantissime sfumature. Proprio questo è interessante di questo mestiere, la continua ricerca, il continuo mettere mano su te stessa e cesellarti in vista del personaggio che ti si richiede. Per lo stesso motivo, un altro personaggio che ho amato molto è la Bisbetica domata.

 

D- Una decina di anni fa, hai scoperto anche la passione della pittura  stile pop art. Ciò deduce un estro maggiore anche a livello intellettivo grazie alla creatività che il pittore naturalmente possiede. Hai fatto mostre personali? quanto ti regala emotivamente questa forma d'arte?

 

R- Sì, è diventato anche questo parte integrante della mia vita. Soprattutto in fase lockdown è stata un po' una salvezza perché ho intensificato molto il lavoro. Le mie creazioni artistiche sono molto materiche: mi sono messa lì ed ho iniziato a dilettarmi con la materia e a sperimentare tanto. Anche questo è un lavoro fatto di continua ricerca, un continuo collaudare, mettersi alla prova, cambiare rotta, cambiare direzione. Direi che è anche terapeutico... e sicuramente c'è, come tutte le forme d'arte, una grande sorta di magia che non può che fare bene. Certamente le attività artistiche più difficili e d'impegno, restano il teatro e la pittura.

Adesso è tutto molto più immediato: il cinema, i social. Il cinema soprattutto sembra una cosa antica ormai.

Ed è anche per questo che non m' interessa minimamente il tipo di arte digitale che  adesso va molto di moda. A me un quadro piace sentirlo con le dita, io devo capire, devo vedere, deve essere un trionfo di emozioni, di tatto, di vista, di odore anche, perché no?

 

D- Hai partecipato fra le tante cose anche ad alcuni reality show. Quanto ti è servito come esperienza emozionale?

 

R-I reality show sono stati tre esperienze, una diversa dall'altra... parlo dell'Isola dei Famosi, Temptation Island e GF vip. Tre esperienze molto impegnative in tutti i sensi, sia emotivamente che fisicamente. Sono esperienze che sicuramente io consiglio perché ti lasciano comunque qualcosa, e insegnano alcune cose di te agli altri, inoltre ti fanno intuire molto sulle persone; soprattutto  ti fanno capire che non ti sbagliavi.

 

D-Adesso Nathaly, come ad ogni mia intervista, lascio uno spazio libero dove puoi esprimere in libertà ogni tuo pensiero, sia  questo sul lato professionale, sia per quanto riguarda ogni aspetto della vita.

 

R- Io penso sempre di essere Alice in Wonderland e di capitare, di scivolare dentro a tante situazioni, dentro le storie, le cose e mi piace viverla così la vita: al momento.

 

Ti ringrazio di cuore per la tua gentilezza nel rispondere alle mie domande. Ti auguro un buon cammino e cose belle.

 

 

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