L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni. |
Marzia Carocci
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“Niente è come appare” al Palazzo Ducale di Massa dove, fino al 6 novembre, espongono Bertozzi & Casoni. Giampaolo Bertozzi (Borgo Tossignano, Bologna, 1957) e Stefano Dal Monte Casoni (Lugo di Romagna, Ravenna, 1961), artisti di fama internazionale portano avanti da tempo una ricerca finalizzata a riposizionare l’utilizzo della ceramica dandogli pari dignità degli altri mezzi espressivi utilizzati nell’arte contemporanea. Le loro opere, per autorevolezza esecutiva e ideativa, non temono, infatti, confronti né con le sofisticate esperienze contemporanee né con l’antico, utilizzando un linguaggio definito “pop concettuale”. Le mostra che fa parte del ciclo “Oltre l’immagine” organizzate dall’Associazione Quattro Coronati e dal Comune di Massa e curate da Mauro Daniele Lucchesi, presenta una serie di sculture realizzate in ceramica e maiolica in cui i due artisti riproducono con straordinaria abilità tecnica, acquisita in oltre trent’anni di “mestiere”, così com’era uso dire nelle botteghe rinascimentali, oggetti di utilizzo comune poi abbandonati ( bidoni per l’olio combustibile, cestini dei rifiuti, “sparecchiature”, scatole di detersivo), ai quali aggiungono animali bellissimi e coloratissimi ( pappagalli , coccinelle, camaleonti, iguane, ecc.). La bellezza della natura interagisce e, in qualche modo, assorbe e fa suoi i rifiuti dell’uomo, ne stravolge la percezione visiva eliminando il confine tra ciò che viene considerato bello, secondo i normali canoni della bellezza, e ciò che è considerato “spazzatura” e quindi brutto portando così a soluzioni creative che vanno “oltre l’immagine”. Bertozzi & Casoni, maestri indiscussi e consacrati, fin dagli anni Novanta hanno riscosso il consenso di critici d’arte contemporanea e l’interesse di gallerie d’arte nazionali e internazionali, di musei e collezionisti d’arte. Nel 2009 i loro lavori sono stati esposti al Padiglione Italia della Biennale di Venezia, nel 2010 alla All Visual Arts di Londra, alla Galleria Sperone Westwater di New York e alla Fondazione Arnaldo Pomodoro di Milano, nel 2011 al Padiglione Italia della Biennale di Venezia, nel 2013 al Museum Beelden aan Zee all’Aia, alla Galleria Beck Eggeling di Düsseldorf e nelle sale monumentali di Palazzo Te a Mantova, nel 2016 alla Galleria d’Arte Moderna di Palermo
Siamo oramai pervenuti nella nuova era, quella del pensare “globale” e del dialogo con il mondo. Se n’è già accorta la Corea del Sud, Paese all’avanguardia sia dal punto di vista tecnologico che culturale. Con il nostro Paese la Corea intrattiene un interscambio non indifferente. La Samsung, la nota marca di smartphone che usiamo tutti i giorni, da noi è di casa, e i meravigliosi abiti di seta della tradizione coreana fanno sognare agli italiani i fasti dell’ estremo Oriente. Del resto anche i coreani apprezzano la nostra cultura, ammirano il nostro “bel canto”, tant’è che numerosissimi giovani vengono in Italia per imparare e diffondere la nostra arte nel loro Paese, e altrettanti vengono a Maranello per
La nuova sede dell'istituto Culturale Coreano |
ammirare la nostra tecnologia.
Tanta ammirazione e stima reciproca non poteva sfociare che nell’inaugurazione avvenuta il 26 ottobre scorso del Centro di Cultura Coreano a Roma, una bellissima palazzina di stile liberty presso porta Pia, in via Nomentana al civico 10: circa 2.200 metri quadrati ristrutturata dallo studio di architettura Agazzi. L’Istituto è composto da due edifici, l’edificio centrale e la dependance, più uno spazio all’aperto, un giardino che sarà messo a disposizione anche per esposizioni d’opere d’arte. Park Eun-Sun, fra i maggiori artisti coreani contemporanei, che residente in Italia, espone a Roma in occasione dell’apertura dell’Istituto.
L’Istituto è il trentunesimo nel mondo e l’undicesimo in Europa.Esibizioni musicali e di danza moderna di alcuni, tra i più famosi gruppi coreani, hanno dato lustro all’inaugurazione.
Teatro, cinema, musica, arte, sport, beni culturali e ricerca universitaria sono stati coinvolti con l’entrata in vigore dell'ormai lontano Accordo Culturale del marzo 1965, mediate il quale si sono realizzati eventi e accordi che in questi decenni hanno rafforzato e intensificato i rapporti di cooperazione culturale fra i due Paesi.
Del complesso l’edificio centrale, di cinque piani, ospita la gran parte degli spazi che compongono l’istituto: attraverso diverse sale poste al piano terra si ripercorre, come fosse una piccola mostra permanente, la storia della Corea; dall’esposizione di oggetti realizzati da artigiani coreani, alla ricostruzione dell’interno di una casa tradizionale, fino alle più moderne e interattive opere di MediaArt coreane. Al primo piano sarà dato spazio anche alle esposizioni temporanee. Per ora,
Oggetti tradizionali |
fino al 18 novembre, sarà visitabile una mostra sull’artigianato contemporaneo coreano: “Fare è Pensare, è Fare”. All’edificio si abbinano la Biblioteca, per ora circa 2000 titoli fra pubblicazioni in coreano, italiano e inglese, le aule per la scuola di lingua coreana (Sejonghakdang) e un’ampia sala, di circa 130 posti, destinata a proiezioni, convegni e concerti.
Nella dependance, a fianco dell’edificio principale, troviamo uno studio d’arte che sarà messo a disposizione degli artisti italiani e coreani per la creazione di nuovi progetti, e un’ampia sala per lezioni di cucina coreana. Augurio del neodirettore, Soo Myoung Lee, è quello che, all’interno dell’istituto, artisti dei due Paesi possano conoscersi, entrare in sintonia e divenire pionieri di una nuova cultura, come i tempi richiedono.
Numerose le personalità: oltre all’Ambasciatore della Repubblica di Corea a Roma, Yong-joon Lee, il neodirettore del Centro culturale, Soo Myoung Lee, il Presidente del KCIS ( Korean Culture and Information Service), Gapsu Kim, hanno presenziato l'on. Ilaria Borletti Buitoni, sottosegretario del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del turismo, il cardinale Monterisi, numerose personalità del mondo politico italiano e rappresentanti del mondo imprenditoriale, sia coreano che italiano. Un folto pubblico ha fatto da cornice.
Le attività dell’istituto sono già iniziate: il 27 e 28 ottobre scorso, oltre alle lezioni di cucina coreana e alle mostre d’arte da visitare, per entrambe le giornate, dopo le 20.00, si è potuta ascoltare la voce della cantante Kang Hyo Ju, interprete del Sain Nori, particolare
Staza di una casa coreana |
canto proveniente dalla tradizione musicale di ispirazione sciamanica (in coreano Mudang) accompagnata da alcuni strumentisti coreani. A seguire la perfomance hip-hop proposta dai Gramblrez Grew, giovanissimo e fra i più affermati gruppi di break dance coreani.
Per i prossimi appuntamenti da segnalare, dal 21 al 26 novembre, la Korean Week ( la Settimana della Corea), che porterà in Italia artisti, musicisti, chef e atleti coreani per approfondire ogni giorno un tema diverso: la cucina (in collaborazione con Gambero Rosso), la cultura della bellezza, la musica jazz, l’arte marziale del taekwondo e ifine ci sarà una giornata dedicata all’hanji, la famosa carta coreana realizzata dalla corteccia di gelso. Nel mentre, fino al 6 novembre, nell’ambito delle celebrazioni per l’apertura dell’istituto, proseguono i concerti Nuovi Voci Coreane per il Bel Canto al Teatro Italia, sempre a Roma, con la Roma Sinfonietta.
I programmi di visita dell’Istituto, i corsi di lingua coreana, i corsi di calligrafia, i corsi di cucina, e lezioni di taekwondo, gratuiti e aperti al pubblico, prenderanno il via nel 2017. Fino alla fine del 2016, dietro iscrizione, si avvieranno corsi saltuari.
A trentent’anni dalla scomparsa il Comune di Sissa Trecasali promuove una mostra dedicata all’artista concittadino organizzata in collaborazione con la Pro Loco, il sostegno della Regione Emilia Romagna e il Patrocinio della Provincia di Parma. La mostra resterà aperta fino al 27 novembre.
Con sessanta opere di Bruno Zoni (Sissa 1911 - Parma 1986) esposte a Villa Marchi, Il comune di Sissa Trecasali celebra l’artista nel trentennale della morte. Tema della mostra è il paesaggio del Po e della Bassa, uno dei prediletti e più significativi nella lunga attività del pittore.
La mostra raccoglie dipinti su tela, su faesite e su carta dedicati al paesaggio della bassa e a tutto quanto nella pittura di Bruno Zoni (1911 - 1986) riprende i temi della tradizione paesaggistica e culturale del territorio. Nato a Coltaro di Sissa il 26 dicembre del 1911, Zoni ha sempre portato con sé memoria di questa terra concreta, contadina, e pur densa di suggestioni per quel paesaggio unico dove le nebbie invernali e le calure estive rendono ad ogni scorcio particolari colori, ed umori quasi tangibili. Immagini e fantasie che si sono radicate in un animo sensibile, dedito alla pittura, già racchiusa da Francesco Arcangeli nell’ambito del naturalismo informale padano.
La vita e l’arte
Trasferitosi a Parma bambino con la famiglia, Bruno Zoni studia all’Istituto d’arte Paolo Toschi e si diploma successivamente in scenografia all’Accademia di Brera, studiando contemporaneamente composizione musicale. A 27 anni è ammesso alla Quadriennale nazionale di Roma con l’opera «L’Appennino dopo la pioggia> che gli vale il Premio Bergamo nel 19.
In quegli anni si va profilando una brillante carriera con la chiamata in cattedra a Brera, condizionata però all’iscrizione al partito fascista a cui Zoni non aderisce. Si ritrova così ad insegnare in provincia di Piacenza nelle scuole medie: prima a Bobbio e poi a Castel San Giovanni. Ciò non gli impedisce di partecipare alle discussioni che animavano la pittura italiana con la nascita del gruppo di Corrente, aperto ad un rapporto intimo con la realtà quotidiana, che per Zoni significa il Po.Nel 1945 sposa Angiolina Gandini (dal matrimonio nascono Lina e Antonello) e inizia ad insegnare a Parma. Nel 1946 vince il premio Piacenza, nel 1947 il premio Modena e nel 1952 il premio Parma.
Sono questi anche gli anni in cui partecipa al dibattito che si forma attorno al realismo come impegno sociale che vuole il contenuto subordinato alla forma ma senza rinunciare alla propria personalità, alle proprie idee. I suoi paesaggi assumono strutture più marcate, quasi post-cubiste e tra i soggetti compaiono le fabbriche e i cantieri. Nel 1950 è invitato alla XXX Biennale di Venezia.
L’informale intanto inizia ad attirare diversi pittori e Zoni partecipa con Afro, Birolli, Vedova, Morlotti al «Gruppo degli otto», che propugna un linguaggio volto alle varie esperienze, compreso l’informale.
Dalla metà degli anni Cinquanta si libera infatti dal geometrismo di matrice cubista e nella sua pittura cominciano a trovar spazi sempre più ampi aria, luce, sensazioni, interpretate con segni cromatici brevi quanto intensi, lampi di sostanza poetica che vanno ampliandosi col tempo. Il suo rapporto con la natura non si esaurisce col paesaggio ma prosegue nelle «nature morte» dove scrive alcune delle pagine più significative di quegli anni. Bruno Zoni muore nel 1986, sulla soglia dei 75 anni.
La sua rilevanza nella pittura italiana lo vede ancor oggi protagonista del suo tempo, pittore il cui ricordo va rinnovato con la riproposizione delle opere. Hanno scritto di lui Guido Ballo, Luciano Caramel, Raffaele De Grada, Roberto Tassi, Arturo Carlo Quintavalle, Attilio Bertolucci, Gianni Cavazzini, Mario Penelope, Pier Paolo Mendogni, Gianni Cavazzini, Giovanni Riva. Opere di alto livello sono conservate in collezioni pubbliche e private, tra cui la Fondazione Cassa di Risparmio di Parma che gli dedica due monografiche, nel 1995 e nel 1999.
I dipinti scelti per questa esposizione provengono dalla famiglia che ne vuol così ripercorrere assieme al Comune di nascita la vita e l’opera inserendo il progetto nei percorsi culturali del territorio.
Bruno Zoni. Orizzonti Padani
A cura di Stefania Provinciali
Villa Marchi, Sissa (Parma)
Dal 4 novembre 2016 al 27 novembre 2016
Inaugurazione venerdì 4 novembre 2016, ore 16
Dal 29 al 30 ottobre 2016 si svolgerà presso il Parco di Studi e Riflessione di Attigliano il Quinto Simposio Internazionale del Centro Mondiale di Studi Umanisti dal titolo La Rivoluzione Umana Necessaria.
Ne parliamo con due degli organizzatori: Roberta Consilvio del Centro Studi Umanisti “Salvatore Puledda” e Luca Marini del Centro Studi Umanisti “TiconZero”.
Siamo giunti al quinto simposio, dieci anni di lavoro, proviamo a tirare le somme con Roberta Consilvio che ne è stata una delle organizzatrici fin dalla prima ora.
Roberta Consilvio: una delle idee da cui nasce l’azione del Centro Mondiale di Studi Umanisti è quella della Buona Conoscenza: studiare per comprendere come migliorare, come rivoluzionare il mondo; non pensiamo allo studio come ad un’attività quieta e fine a sé stessa, lo studio è per noi l’attività base della trasformazione; e questo mondo in cui gli studi sono sempre più legati alla loro apparente utilità immediata non ci piace. Questo modo di vedere il sapere e la scienza è un modo direttamente influenzato dall’ideologia dominante, il pragmatismo.
In questi dieci anni di esperienza abbiamo cerato di raccogliere, nei nostri meravigliosi Parchi di Studio e Riflessione, persone che condividevano questa nostra preoccupazione di un sapere utile allo sviluppo umano: io credo che al di là delle pubblicazioni, al di là dei complimenti, ci sia questo grande “successo” di essersi incontrati, ascoltati e, in alcuni casi, di aver continuato a camminare insieme verso un mondo migliore.
Quest’anno avete scelto un tema della massima importanza, un tema che sembra quasi essere uscito dal pubblico dibattito: la rivoluzione
Luca Marini: trattare della rivoluzione, della rivoluzione umana necessaria ci pare di grandissima importanza; siamo nel bivio epocale in cui sembrano aprirsi due cammini, che allegoricamente potremmo chiamare il cammino del sì e quello del no. Il mondo pare destinato a una possibile catastrofe, 3 minuti alla mezzanotte atomica; eppure, studiando le tendenze degli ultimi avvenimenti vediamo con forza alche un cammino evolutivo che rimette in gioco l’Essere Umano non come distruttore del pianeta o della natura ma come essere capace di rigenerarsi e di costruire la propria esistenza, la propria storia.
Sembra che questa rivoluzione globale, nonviolenta, inclusiva e aperta, tendente alla ricerca di punti in comune, sia già in marcia oggi nel cuore, nell’immaginazione e nell’azione individuale e collettiva. I suoi protagonisti siamo noi, esseri umani in trasformazione.
Un simposio che è riuscito ad avere, ancora una volta un carattere internazionale
Roberta Consilvio: sì, nonostante le difficoltà riusciamo a mantenere l’aspetto internazionale che da sempre ha caratterizzato i nostri simposi; intanto ricordando che questo simposio si svolge in assoluta contemporaneità a Asunción, in Paraguay, con identiche tematiche e con lo stesso inquadramento, frutto dell’assiduo lavoro di un’équipe di studiosi internazionali. Poi, qui ad Attigliano, avremo il piacere di ascoltare la dissertazione di Akop Nazaretyan, a nostro avviso una delle menti più brillanti di quel gruppo di scienziati che tanto contribuirono nello sviluppo ideologico della perestroika, del Nuovo Pensiero di stampo umanista che ha prodotto la fine della guerra fredda e del regime totalitario sovietico. In videoconferenza avremo anche l’intervento di Guillermo Sullings, economista e politologo argentino che con il suo ultimo libro ha dato un contributo significativo al tema del mondo a cui aspiriamo.
Un simposio centrato su nonviolenza, libertà e riconciliazione come pilastri della Nuova Civiltà
Luca Marini: questi sono i topici che abbiamo voluto sottolineare e su cui abbiamo chiamato gli studiosi a riflettere insieme a noi. La gente sente una grande restrizione delle libertà collettive ed individuali; la gente soffre per la privatizzazione dei beni comuni; soffre ma magari non coglie i nessi, non comprende i responsabili, trova falsi colpevoli; io credo che il ruolo della scienza sia quello di dare gli elementi affinché la gente possa chiarirsi da sola, al di là dei paternalismi televisivi di moda.
Al tempo stesso la violenza pervade ogni ambito e i mass media gridano a tutte le ore che l’unica risposta è la vendetta; quella vendetta che non potrà far altro che perpetuare la violenza in eterno. In questo circolo vizioso appare la riconciliazione, come un elemento rivoluzionario, giacché spezza in modo unilaterale la catena della violenza e riporta la questione sul piano etico e spirituale. Credo che gli studiosi che hanno aderito al nostro simposio potranno dare un contributo di chiarimento e di approfondimento importante di queste tematiche.
Nell'austera cornice dell'Aula Magna della Facoltà Valdese di Teologia, a Roma, si è svolta la manifestazione "Premio Italia Diritti Umani 2016” organizzata dalla FLIP - Free-Lance International Press che, in tal modo, ha voluto onorare la memoria di Antonio Russo, mai dimenticato giornalista inviato di Radio Radicale, ucciso - in circostanze tuttora misteriose - in Georgia, a Tibilisi, mentre svolgeva la propria attività.
Il giornalista Virgilio Violo, Presidente della FLIP, organizza ogni anno questo evento sia per solennizzare il ricordo dell'Amico e Collega scomparso - anche quale v.Presidente della FLIP, allora in carica - , come pure per porre in evidenza ovvero sottolineare le tante situazioni che ruotano in torno all'importante tema della tutela e promozione - a livello internazionale, ovviamente - dei Diritti Umani.
L'eccellente giornalista e critica letteraria Neria De Giovanni - Presidente dell'Associazione Internazionale dei Critici Letterari, con sede a Parigi - ha presentato e moderato l'intera manifestazione, cui sono intervenuti importanti relatori e nel corso della quale sono state premiate importanti personalità del mondo della Cultura e della Solidarietà.
Un pubblico numeroso e attento ha seguito con grande attenzione ogni fase della manifestazione e gli interventi che si sono susseguiti da parte di Francesco Piro, Paola Nigrelli - per Amnesty International
Ferdinando Maddaloni |
Italia -, Antonio Cilli - founder di Cittanet -, Alberto Palladino ed Emiliano Caruso, tutti associati alla FLIP - Free Lance International Press.
A conclusione della serata, i ringraziamenti espressi da Neria De Giovanni e Virgilio Violo; quest'ultimo ha posto particolare enfasi nel sottolineare come l'informazione, e specialmente chi la fa, debbano essere affrancati da qualsiasi forma di condizionamento. Purtroppo, anche i contributi all'editoria - così come all'atto formulati - non aiutano in tal senso, poiché l'aiuto dato all'editore va a costituire di fatto una fin troppo ingombrante correlazione, di cui risente il giornalista dipendente che, a sua volta, in nome della sicurezza del posto di lavoro, si adegua alla politica editoriale della testata.
Ha peraltro aggiunto il Presidente Violo che, il previsto ampliamento delle sovvenzioni da parte del Governo a beneficio anche delle testate on-line, rappresenta un forte campanello d'allarme nei confronti di quella libertà di espressione che proprio il giornalismo libero e privo di condizionamenti rappresenta. Tipologia, questa, specularmente sostenuta dalla FLIP che, nel proprio quotidiano impegno, tutela tanto tale forma espressiva che coloro che, spesso pagando un duro prezzo, la praticano: il tutto, a vantaggio della corretta informazione, completa e obiettiva.
Una graffiante piéce composta e recitata dal bravo Ferdinando Maddaloni, ha dato risalto ai contenuti della serata, conclusasi con la cerimonia di premiazione. Gli Attori Rita Gianini, Fabiola Di Gianfilippo, Michele Bevilacqua e Giancarlo Brancale, hanno letto le motivazioni dei premi assegnati, rappresentati dalle belle opere pittoriche graziosamente messe a disposizione dagli Artisti Heidi Fosli - residente in Norvegia e che, impossibilitata a presenziare, ha inviato i propri saluti tramite il Presidente Violo - Denise Gagliardi, Sergio Quarra e Mustafa Suleman. Gagliardi, Quarra e Suleman erano accompagnati dal Presidente dell'Accademia di Alta Cultura - Giuseppe Bellantonio - e dal Presidente dell'Ass.ne Città Castelli Romani - Carlo Massa - entrambi supporter del loro percorso artistico, già molto qualificato e appagante.
Ecco dunque l'elenco dei premiati:
- Associazione S.A.L.-L'ASSOCIAZIONE S.A.L. –
SOLIDARIETÀ CON L'AMERICA LATINA ONLUS da 19 anni accompagna processi di promozione umana e sociale sia in Italia che all'estero, impegnandosi per la possibilità concreta di rispettare e mettere in pratica i diritti umani fondamentali nelle cause sociali attuali, ancora simili a quelle per cui persero la vita o vennero fatti sparire centinaia di migliaia di leader comunitari, sindacalisti, intellettuali e studenti durante le dittature militari del secolo scorso. In America Latina l'associazione S.A.L. onlus mantiene relazioni solidali con alcune
ORGANIZZAZIONI DI POPOLI INDIGENI in varie parti del continente, per sostenere cammini di autonomia, emancipazione e difesa dei diritti e della cultura originari, accompagna percorsi di PROMOZIONE DEI GIOVANI come alternativa al degrado, allo sfruttamento ed alla criminalità, sostiene programmi di PROMOZIONE DELLE DONNE, per riscattarne il ruolo sociale e prevenire forme di violenza di genere. In Italia, l'associazione S.A.L. onlus anima da circa 9 anni un centro di ORIENTAMENTO PSICOLOGICO PER FAMIGLIE MIGRANTI E COPPIE MISTE, gestito da psicologhe latinoamericane, attraverso consulenze e gruppi di Auto-Mutuo Aiuto, in collegamento con la rete dei servizi pubblici. Questa esperienza ha reso accessibile servizi di alta professionalità a famiglie migranti con gravi difficoltà economiche e problemi personali e di convivenza, rispondendo così a bisogni di secondo livello che aiutano una migliore convivenza a partire dalla riscoperta delle risorse e delle potenzialità degli utenti stessi. Infine, il S.A.L. promuove ogni anno ESPERIENZE DI VIAGGIO, RICERCA, VOLONTARIATO E TIROCINIO aperte a giovani per continuare a costruire un ponte di solidarietà e scambio reciproco con i popoli dell'America Latina che vivono sulle due sponde dell'oceano.
-Agenzia di Stampa PRESSENZA: Pressenza ha i diritti umani nel cuore e al centro della sua linea editoriale. Non c'è luogo delle periferie del mondo, non c'è campagna per i diritti umani che non abbia illuminato, spesso da sola, mobilitando coscienze e stimolando all'azione. Dalla pena di morte alla difesa dei diritti sulla terra, dagli attivisti nonviolenti ai giornalisti che sfidano regimi violenti e repressivi, Pressenza è la voce di chi non ha voce. Ed è anche una delle voci di Amnesty International. Con cui condivide l'azione finalizzata al cambiamento, il racconto delle sfide e delle vittorie possibili.
- Ferdinando Maddaloni :attore, regista e actor’s coach. Artista di successo, sia teatrale che televisivo, nel corso degli anni si è dedicato alla produzione, alla scrittura, all’interpretazione ed alla regia di tutti i lavori della Compagnia “ARTISTI CIVILI” tra cui - il thatreality “11 settembre 2001:strage o complotto? YOU DECIDE” - il pluripremiato documentario “Anna Politkovskaja- concerto per voce solitaria” . E’ il fondatore del progetto di beneficienza “Una videoteca per Beslan”. Nell’ambito del Premio Troisi si è aggiudicato il “Cremanum d’Argento 2011” e il Premio nazionale “Carlo La Catena 2013” per l'impegno civico.
- Renato Bonanni : a lui è andata la Menzione Speciale, quale riconoscimento per la sua attività nel campo della tutela dei Diritti Umani. Fondatore di 'Multi Olistica srl', con questa collabora con AMREF - da 60 anni presente in Africa -, Medici Senza Frontiere, la Rete per l'Identità, la Segreteria dei Diritti Umani dell'Ambasciata Argentina, l'Associazione delle Abuelas de Plaza de Mayo a Buenos Aires, Insettopia Onlus (impegnata nel settore dell'autismo). Nel 2010 ha contribuito a dar vita all'associazione di giovani musicisti di strada kenioti 'Slum Drummers', mentre nel 2013 ha creato il progetto 'Carceri Sostenibili' (unica iniziativa in Italia per costruire un progetto virtuoso di sviluppo economico, sociale e ambientale per i Penitenziari. Con Multi Olistica, nel 2015, ha ideato 'Il Grande Canale della Pace' di cui la rappresentazione 'Artisti a Roma contro la guerra' è approdata a Villa Doria Pamphili con mostre d'Arte e fotografiche e un pregevole recital di Gospel con tema la Pace: kermesse cui hanno aderito personalità di rilevo del mondo della Cultura e dell'Arte, tra i quali il Premio Nobel Dario Fo, recentemente scomparso.
Oramai il premio è diventato occasione di ritrovo per gli associati della flip e non solo, a fare gli onori di casa la collega Irina Raskina che ha contribuito all’evento con un meraviglioso buffet.
Heidi Fosli è uno degli artisti che hanno donato un’opera per il riconoscimento annuale che la Free Lance International Press attribuisce a chi, nel corso dell’anno, si è particolarmente impegnato nel rispetto dei diritti umani.
- Lei vive tra Oslo e Arpino in provincia di Frosinone, com’è nato e qual è il suo rapporto con l’Italia?
Si, è corretto. Vivo tra le due città, e ho studi in entrambi i luoghi. Sono nata a Sandefjord, 120 km a sud di Oslo. Il mio rapporto con l’Italia è iniziato molti anni fa. É più di trenta anni che sono appassionata dell'Italia dove sono tornata in varie riprese per brevi periodi di tempo, visitando siti culturali e musei. Alla fine, ho deciso di stabilirmi qui.
- C’è un aspetto dell’Italia che ha influenzato o influenza il suo lavoro?
Ben più di un aspetto dell'Italia ha influenzato il mio lavoro. Sono molto affascinata dal popolo italiano, dalla simpatia ed empatia vicendevole di un individuo con l’altro. Dal superbo patrimonio culturale e dalla conoscenza dell’arte in generale. Dalla bellezza e dalla pittoricità del paesaggio, che si mostra nei colori e nella combinazione del colore nel mio lavoro con un senso di positività. I miei quadri sono edificanti da vedere.
- Come mai ha scelto Arpino?
Ho scelto Arpino per la bellezza accattivante del paesaggio circostante. É magico, come un sogno. Quando vi sono arrivata la prima volta mi sono subito resa conto che si trattava di un luogo dove artisti provenienti da tutta l’Europa erano venuti numerosi già duecento anni fa. Lì ho trovato la mia casa, che è su una collina con una vista magnifica, e subito ne ho intuito il potenziale. Volevo vivere lontano dalle consuete mete turistiche, imparare a conoscere le persone e la cultura. Lì avevo finalmente il mio paradiso.
- L’arte italiana ha influenzato o influenza il suo lavoro?
Alcuni aspetti del manierismo, come la mancanza di una prospettiva lineare e della proporzione, mi hanno influenzato. Quando l'armonia della simmetria è distorta il simbolismo appare spesso in modo chiaro. Sono anche molto affascinata dalla scultura italiana del rinascimento e dal periodo barocco.
- C’è un artista italiano del passato o del presente, in particolare, che è stato o è un riferimento per lei?
Caravaggio, Leonardo da Vinci, Michelangelo, Botticelli, Masaccio, Raffaello e Bernini sono tutti artisti che ammiro. Ho sempre trovato ispirazione da artisti provenienti da epoche passate mai, invece, dai contemporanei.
- Ci sono dei colori o tonalità che predilige e usa più frequentemente di altri? Che significato hanno per lei?
Mi è sempre piaciuto usare il blu cobalto. Nella pittura degli ultimi anni e, maggiormente in Italia, i colori della mia tavolozza sono cambiati. Oggi uso colori più caldi e sfumature di verde e di rosso.
- Che importanza ha il formato nelle sue opere?
Il formato tende a diventare via via più grande.
- Che materiali usa per le sue opere (supporti, colori)?
Uso olio su tela, ma ho realizzato anche opere grafiche.
- La sua opera sembra più astratta che figurativa, come la definirebbe? Nell’ambito dell’informale?
Voglio invitare lo spettatore a riflettere, in questo caso ho bisogno che il mio lavoro sia più specificatamente antropomorfico. L’astratto e l’uso del colore sono emozionali, mentre quando usiamo le figure, noi classifichiamo e usiamo la nostra capacità di inserire le figure in uno schema che è il nostro. I miei dipinti sono creati partendo da una base iniziale intuitiva e spontanea. Poi, quando vedo i contorni, elaboro e uso le mie abilità cognitive. Quindi le mie opere provengono dalla mia anima e dal mio subconscio.
- La sua opera è orientata verso il sociale, che funzione può rivestire l’arte in questo campo? Denuncia? Testimonianza? Influenza nel o per un cambiamento?
Il mio scopo attuale è di indirizzare i problemi e le sfide che la società di oggi ci mette di fronte in una prospettiva globale. Spero di rispecchiare la società in cui viviamo. Se i miei dipinti sono armoniosi, significa che vedo una scena di sogno o un’utopica società ben funzionante. Questo è il mio modo di introdurre i cambiamenti che è necessario fare. Guardo ai gruppi sociali dove manca l’uguaglianza. Alcuni dei miei primi lavori sono intitolati Libertà di Parola, e già il titolo parla da se.
Ciò che sta accadendo all’interno dei Musei Vaticani, può essere definito come la riproposizione in chiave moderna del dialogo interrotto tra l’arte e lo Spirito, un dialogo che si ispira al Giudizio Universale di Michelangelo contenuto nella Cappella Sistina, che apre le porte alla contemporaneità e alle espressioni artistiche che la rappresentano.
Ecco allora dare seguito alla “rinascita” del dialogo attraverso la nuova “Sala Studio Azzurro”, una sorta di laboratorio nel quale la parola della Genesi si fonde con la creatività in un gruppo di artisti: Fabio Cirifino, Paolo Rosa, Leonardo Sangiorgi, Stefano Roveda. Sono loro, grazie alle idee del Cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, che hanno infatti curato il padiglione della Santa Sede alla Biennale di Venezia del 2013, con il progetto cioè di rappresentare la “Creazione”: un' installazione che pone al centro lo spettatore mettendolo in relazione con “ l’atto creativo” il momento del Principio come se – ancora una volta – la mano del Creatore sfiorasse quella del giovane e spaurito Adamo.
Tutto questo, a distanza di tre anni dal Padiglione Veneziano della Santa Sede, rivive nei Musei Vaticani, grazie ad un riadattamento curato da Studio Azzurro in collaborazione con l’Arch. Roberto Politani.
Non solo. A questa installazione si affianca un’altra opera sempre realizzata per la Biennale del 2013: la grande wall painting di Lawrence Carrol “Untitled”, che rappresenta il momento della Ri-Creazione , ossia “la pace e l’armonia ritrovata dopo il diluvio” , inteso come De-Creazione per la presenza del Male nella storia.
Manca nei Musei Vaticani il terzo allestimento veneziano la De-Creazione , l’uomo che si allontana da Dio, che era stata affidata al fotografo ceco Josef Koudelka.
In compenso è stata allestita una terza rappresentazione che riguarda tre opere di Tano Festa, donate dalla collezione Jacorossi e che si ispirano agli affreschi michelangioleschi della Cappella Sistina.
Il cerchio si chiude.
Sono le parole stesse di Antonio Paolucci, Direttore dei Musei Vaticani, che fanno testo:“ Invito tutti quelli che ritengono l’arte contemporanea incomprensibile, indecifrabile, nel migliore dei casi un gioco intellettuale per pochi, nel peggiore una vuota provocazione, a visitare, dentro i Musei Vaticani, l’installazione di Studio Azzurro. Capiranno che l’arte contemporanea, quanto è grande e vera, sa essere perfettamente comprensibile e meravigliosamente eloquente”.
Così anche Micol Forti, curatrice della Collezione d’Arte Contemporanea dei Musei Vaticani, ha messo in evidenza che” l’elemento costitutivo è l’immagine immateriale, la luce, lo stimolo sonoro e sensoriale, e il visitatore quindi è chiamato a sovvertire le regole base della fruizione classica. La richiesta non è più “non toccare” , “tieniti a distanza”, ma diventa al contrario “osa” entrare in relazione, “in contatto” con l’opera e con le emozioni che essa suscita.”
Quello che emerge da questa nuova e straordinaria iniziativa, va ben oltre l’iniziativa stessa: è l’inizio di un nuovo dialogo tra la Chiesa e l’Arte, tra la Chiesa e gli Artisti, tra la Chiesa e il mondo della cultura più in generale. Si intravede una nuova fase, il ritorno alla committenza, che ha portato i primi grandi artisti del Rinascimento a farsi interpreti della Spiritualità nel Cinquecento.
Ecco, oggi, siamo di fronte ad un neo - Rinascimento.
Potrebbe sembrare una strana scelta del così detto destino: la location della Sala che ospita Studio Azzurro così pure come le altre dedicate alla sezione arte Contemporanea dei Musei Vaticani, siano ubicate a ... pochi passi dalla Cappella Sistina.
Al momento del commiato ad una intera giornata carica di emozioni e di storia dell’arte, all’improvviso mi trovo immerso nello splendore dell’opera michelangiolesca più famosa nel mondo.
E’ ormai notte, mi attende l’abbraccio del colonnato del Bernini, mentre la maestosità della Cupola di San Pietro sembra toccare il cielo e ... “lucean le stelle”!
La città di Spoleto, culla di cultura e arte, ha inaugurato la cinquantanovesima edizione del “ Festival dei due mondi” ed anche dello “ Spoleto festival Art”. Svoltosi nei giorni 17 e 22, 23 e 26 di settembre,la suggestiva Spoleto ha ospitato presso il Caffè letterario di Palazzo Mauri,biblioteca comunale di Spoleto,le più importanti personalità della letteratura e dell’arte dando lustro a ciò che la società odierna tende a minimizzare. Un patrimonio inestimabile, quello dell’arte, valorizzato con i volti e le premiazioni di donne e uomini,provenienti da ogni angolo della Penisola. Un elogio particolare va al Prof. Luca Filipponi, Presidente dello Spoleto Festival art che,per rilanciare le attività del 2016,prende in considerazione la citta di Bruxelles, rappresentando quest’ultima la “capitale dell’Europa e delle grandi avanguardie culturali del Ventunesimo secolo”. Tra le eccellenze presenti, un riconoscimento considerevole per il Prof. Giuseppe Catapano (RETTORE DELL’ACCADEMIA UNIVERSITARIA DEGLI STUDI GIURIDICI ), autore insieme all’Avv. Michele Imperio,di “Banche e anomalie”volume II, seguìto dello straordinario successo riscosso dal volume I, al quale il Prof. Francesco Petrino ha consegnato il “Premio alla cultura 2016” accompagnato da una targa premio dello S.N.A.R.P (Sindacato Nazionale Antiusura Riabilitazione Protestati ).
Un’ Opera straordinaria, che vuole essere una mano amica per il contribuente, non una “battaglia crociata” verso le Banche, mettendo in risalto meccanismi e punti oscuri del circuito bancario che potrebbero fungere da tranello per gli inesperti della materia. Presente alla manifestazione anche il prof. Cesare Cilvini , Preside Tesoriere dell’AUGE .Tanti gli artisti di spessore premiati a Spoleto: il soprano Cosetta Gigli,il filosofo e medico romano Valerio Giuffrè per la presentazione del libro “L’antimetafisica”, la baronessa Maria Lucia Soares pittrice e creatrice di lavori su alcantara che l’hanno resa nota al mondo; l’ispettore Gennaro Sannino, l’artista pittrice antropologica Roberta Buttini ed il pittore, nonché scultore ed orafo, Giuliano Ottaviani. Con un personale elogio all’organizzazione/coordinazione degli eventi ed al complesso artistico che ha caratterizzato questa edizione del Festival. Arrivederci al 2017.
Love. L’arte contemporanea incontra l’amore è il titolo della mostra aperta al Chiostro del Bramante fino al 19 febbraio 2017. Se non si ascoltasse il suggerimento del curatore Danilo Eccher, di scegliere cosa o quale aspetto dell’amore viene suggerito ad ognuno dalle opere in esposizione, non varrebbe la pena spendere i 13 euro del biglietto (audioguida inclusa). Stesso discorso per i 42 euro del catalogo edito dalla Skira, con testo bilingue italiano- inglese, che, oltre a presentarsi come oggetto d’arredo e di design, anche se non libro d’arte, tra i saggi, contiene quello di Pierangelo Sequeri, Preside della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale. In qualche modo vorrebbero essere uno stimolo a mettersi soggettivamente in gioco e quindi, in un certo senso impegnarsi, anche le cinque diverse personalità che si possono scegliere e che caratterizzano le audioguide, proposte anche come incentivo a tornare, per farsi guidare da un’altra personalità. In modo in qualche modo impegnato, possono essere vissuti anche gli aspetti più spensierati e giocosi, come i selfies da twittare, o l’area dove si può scrivere sul muro la cosa di cui si crede di aver maggiormente bisogno.
Detto questo, ho scelto David (Bowie) come guida, mentre le opere che mi hanno maggiormente colpita sono state: in apertura Love/ Amor di Robert Indiana, dove le lettere costitutive della parola, realizzate in alluminio policromo, formano una scultura. Le epigrafi, che nel corso dei secoli, hanno comunicato messaggi, trasformandosi, in alcuni casi, in immagine, qui, in forma di scultura, si affermano, o meglio si materializzano, come opere d’arte.
Lo stupore barocco, la meraviglia data da cose strane, impronta l’opera di Marc Quinn, che coniuga spesso lo shock della provocazione con la riflessione su argomenti complessi.
Con Tracey Emin di nuovo il mio pensiero torna alle epigrafi: pensieri e sensazioni immortalati e illuminati al neon.
Proseguendo, è il Cuore rosso #3 di Joana Vasconcelos ad attirarmi. Il cuore fiammeggiante, protagonista kitsch di santini popolari, è trasformato in un gigantesco ciondolo di sapore etnico. Formato da posate di plastica rilucenti, ruota al suono della voce di Amalia Rodriguez, icona del fado portoghese. Religione del cuore e musica uniti insieme in un ballo/battito all’unisono.
Un dialogo provocatorio ed evocatorio è quello che intesse Francesco Vezzoli con la replica della testa dell’Apollo del Belvedere, celebre capolavoro dei Musei Vaticani e pietra miliare della storia dell’arte.
La tecnica tradizionale dell’acquerello è scelta da Francesco Clemente per illustrare figure misteriose, in un continuo scambio tra tradizione e ambiguità.
Infine l’aspetto psichedelico delle zucche di Yayoi Kusama, amplificato dagli specchi, costituisce una sorta di moderna wunderkammer.
Insomma è il caso di concludere che «All you need is love, love is all you need», citando i Beatles con quello che sembra un luogo comune, ma ricordando provocatoriamente e facendo intendere il contrario, come cantava Edoardo Bennato, che sono solo canzonette.
Love. L’arte contemporanea incontra l’amore
Roma, Chiostro del Bramante
29 settembre 2016- 19 febbraio 2017
Orario: tutti i giorni dalle 10.00 alle 20.00
sabato e domenica dalle 10.00 alle 21.00
Ingresso: intero €.13,00; ridotto €.11,00
Info: tel. 069151941; www.chiostrodelbramante.it
Catalogo: Skira €.42,00
Venezia, 22 settembre 2016– Il Presidente della Biennale di Venezia, “ Paolo Baratta “ , accompagnato dalla Curatrice della 57. Esposizione Internazionale d’Arte, Christine Macel , ha incontrato oggi a Ca’ Giustinian i rappresentanti di 57 Paesi. La 57. Esposizione si svolgerà dal 13 maggio al 26 novembre 2017 (vernice 10, 11 e 12 maggio) ai Giardini e all’ Arsenale nonché in vari luoghi di Venezia.
Il tema scelto da Christine Macel per la Biennale Arte 2017 è: “ VIVA ARTE VIVA “ Christine Macel ha presentato i temi della prossima edizione con questa dichiarazione: «L’arte di oggi, di fronte ai conflitti e ai sussulti del mondo, testimonia la parte più preziosa dell’umano in un momento in cui l’umanesimo è seriamente in pericolo. È il luogo per eccellenza della riflessione, dell’espressione individuale e della libertà, così come dei fondamentali interrogativi. È un “sì” alla vita, a cui certamente spesso segue un “ma”. Più che mai, il ruolo, la voce e la responsabilità dell’artista appaiono dunque cruciali nell’ambito dei dibattiti contemporanei.”
“ Viva Arte Viva “ è quindi un’esclamazione, un’espressione della passione per l’arte e per la figura dell’artista. “ Viva Arte Viva “ è una Biennale con gli artisti, degli artisti e per gli artisti, sulle forme che essi propongono, gli interrogativi che pongono, le pratiche che sviluppano, i modi di vivere che scelgono.
La Mostra si sviluppa secondo una linea organica piuttosto che tematica, in una sequenza di padiglioni, di stanze che si susseguono come “stanze” di una poesia e propongono allo spettatore l’esperienza di un viaggio dall’interiorità all’infinito.
Questi padiglioni o “ Trans-padiglioni “ , che riuniscono artisti di ogni generazione e provenienza, si succedono tra loro senza soluzione di continuità, come i capitoli di un libro. Dal “Padiglione degli artisti e dei libri” al “Padiglione del tempo e dell’infinito”, si presentano come una dozzina di universi che propongono un racconto, spesso discorsivo e talvolta paradossale sulla complessità del mondo e la molteplicità di pratiche e
posizioni.
La Mostra vuole perciò essere un’esperienza che disegna un movimento di estroversione, dal sé verso l’altro, verso lo spazio comune e le dimensioni meno definibili, aprendo così alla possibilità di un neoumanesimo.
Ogni settimana, durante i sei mesi della Mostra, un artista terrà una “ Tavola Aperta “ in cui pranzerà con il pubblico, creando così un occasione di dialogo in cui possa raccontare il suo lavoro.
Nelle settimane precedenti l’apertura della Mostra, ogni giorno sarà pubblicato un video online sul sito della Biennale, dando la possibilità di conoscere gli artisti prima dell’Esposizione».
Da parte sua il Presidente Paolo Baratta ha dichiarato: «In gennaio, nell'annunciare la nomina di Christine Macel ebbi a dire che “la Biennale trova in lei una curatrice protesa a valorizzare il grande ruolo che
gli artisti hanno nell’inventare i loro universi e nel riverberare generosa vitalità nel mondo che viviamo."
Ispirata a una visione "umanistica", con l'attenzione concentrata sull'atto creativo dell'artista, la Mostra svilupperà anche, in misura nuova e più intensa, il dialogo tra i visitatori e molti degli artisti le cui opere
saranno esposte, con un programma di incontri appositamente concepito in spazi dedicati».
La “ 57. Esposizione Internazionale d’Arte “ della Biennale di Venezia presenterà, come di consueto, le “ Partecipazioni nazionali “ , con proprie mostre nei Padiglioni ai Giardini e all’Arsenale, oltre che nel centro storico di Venezia.
Anche per questa edizione si prevedono selezionati “ Eventi Collaterali, “ proposti da enti e istituzioni internazionali, che allestiranno le loro mostre e le loro iniziative a Venezia in concomitanza con la 57. Esposizione.
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Rinasceranno al Colosseo le tre città colpite dal terrorismo islamico: è stata presentata ieri presso la Sala Stampa Estera a Roma, la mostra che, dal 7 ottobre all’11 dicembre 2016, sarà allestita nel consueto spazio dedicato alle mostre temporanee, nel secondo anello del Colosseo.
Intitolata Rinascere dalle distruzioni. Ebla, Nimrud e Palmira, presenterà le ricostruzioni in scala 1:1 del Toro androcefalo alato di Nimrud distrutto dall’ISIS nel 2015; dell’Archivio di Stato di Ebla, ritrovamento determinante per la scrittura cuneiforme di documenti a partire dal 2300 a.C. avvenuto tra il 1974 e il 1976, attualmente il sito è in un preoccupante stato di degrado e di metà del soffitto del Tempio di Bel a Palmira, distrutto dall’ISIS sempre nel 2015.
Numerose, variegate e di non facile risposta le questioni aperte in merito all’iniziativa.
Dal punto di vista tecnico, uno studio preparatorio: documentario, storico e archeologico, è stato seguito dalla realizzazione, con moderne tecnologie, quali la stampante 3D. Un materiale leggero come il polistirolo ha fornito la base alla copertura di superficie, realizzata con polveri di marmo per rendere, in modo mimetico, la realtà dell’originale. Tre le aziende italiane, una per ognuna delle opere, assistite da un team di esperti e studiosi.
I problemi realizzativi, legati soprattutto alla sperimentazione di nuovi mezzi, erano forse quelli più semplici a cui dare risposta, diversamente da quelli più teorici e di difficile risoluzione quali l’opportunità della ricostruzione. É lecito ricostruire qualcosa di totalmente distrutto, creando una sorta di falso storico? É giusto che delle opere, patrimonio dell’umanità, vengano distrutte e non si faccia nulla per riempire il vuoto che lasciano? É giusto compensare il vuoto culturale di un popolo, frutto di una violenza unilaterale, con delle copie?
A queste domande cerca di rispondere la mostra in oggetto. Ci si è appellati alle ricostruzioni di intere città a seguito delle distruzioni della Seconda Guerra Mondiale, un esempio per tutte, Dresda. Proprio le esperienze di guerra hanno portato alla redazione di carte e all’istituzione di organismi mondiali, volti alla protezione del patrimonio culturale, come l’Unesco, che patrocina la mostra.
Paolo Matthiae, l’archeologo “scopritore” di Ebla e curatore della mostra, ha ribadito la volontà di non forzare la ricostruzione dall’esterno, con spinte politiche, ma che è dall’interno che deve partire la spinta e il recupero. L’Europa, ha ribadito Francesco Rutelli, Presidente dell’Associazione Incontro di Civiltà, promotrice dell’iniziativa, realizzata con il contributo economico della Fondazione Terzo Pilastro-Italia e Mediterraneo, presieduta da Emmanuele F.M. Emanuele, avendo già subito più volte nei secoli distruzioni dello stesso genere, può fornire l’esempio e l’incoraggiamento alla ricostruzione.
Sky Arte HD sta realizzando il documentario che accompagna la mostra e illustra il processo di realizzazione delle ricostruzioni.
Le opere ricostruite non andranno a sostituire gli originali perduti, ma saranno protagoniste in altri eventi espositivi. La mostra si presenta anche come opera di denuncia e come mezzo per attirare l’attenzione su problemi ed eventi non a sufficienza comunicati, come la morte degli archeologi che stanno cercando di opporsi alla distruzione.
Non è solo l’originalità delle immagini che coinvolge lo spettatore ma anche quello sguardo sull’uomo che le stesse suggeriscono, espressione di una storia “dimenticata”. “Storie di vite usate - la diversità in mostra”, rassegna aperta fino al 25 settembre negli spazi del Museo PierMaria Rossi di Berceto, è da leggere in primo luogo per i suoi significati culturali. Ideata e prodottadall’Associazione Culturale Sentieri dell’Arte, realizzata con il patrocinio della Regione Emilia Romagna, del Comune di Berceto e dell’Associazione Borghi Autentici, in collaborazione con Survival Italia, a sostegno della difesa dei popoli indigeni, e Collezione Radauer di Vienna, la proposta espositiva offre,infatti, materiali storici, una settantina originali, inerenti alle mostre etnologiche del secolo scorso. Al centro gli antichi zoo umani che dalla metà dell’Ottocento fino agli anni ‘40 del Novecento, si diffusero in tutta Europa, venendo a costituire una sorta di rappresentazione del razzismo propagandato dalle teorie scientifiche dell’epoca.
Era stato un commerciante di Amburgo, Carl Hagenbeck che riforniva di animali selvaggi i giardini zoologici di mezza Europa, ad avere l’idea intorno al 1874 di esporre anche alcuni indigeni dell’isola di Samoa presentandoli come individui “puramente naturali”. Si rese presto conto di quanto potesse essere lucroso esporre uomini di etnie differenti da quella europea e inventò di fatto “gli zoo umani”, che divennero presto una delle maggiori attrazioni delle prime Esposizioni Universali.
Al Museo PierMaria Rossi è possibile ripercorrere la vita di intere famiglie alle quali sono state tolte le loro radici. Uomini e donne portati lontano dai paesi d’origine, considerati “diversamente umani”, in alcuni casi spacciati dal mondo scientifico come anelli mancanti tra l’uomo e la scimmia in una logica di darwinismo sociale. Sono immagini e temi delle grandi esposizioni universali, a partire da quella di Torino del 1884.
Manifesto pubblicitario d'epoca del giardino zoologico di Parigi |
Documentate in particolare quelle di Milano (1906), Torino (1911), Parigi (1931), attraverso fonti giornalistiche, letterarie, iconografiche, fotografiche, di costume mentre una grande installazione riproduce la gabbia originale dell’esposizione di Saint Louis (1904). L’esposizione del 1958, la prima post bellica tenuta a Bruxelles, è raccontata nel cortometraggio “Zoo” di Monda Raquel Webb, concesso in esclusiva per la mostra.
Storie avvincenti quelle narrate, coinvolgenti nei testi del catalogo che racconta di “vite rubate” come quella di Sarah, la Venere ottentotta o quella di Ota Benga, Pigmeo africano. Sono solo un esempio di un percorso che si snoda tra una drammatica realtà e le immagini fantastiche delle riproduzioni di poster datati tra il 1870 ed i primi anni Trenta, volti a raffigurare un fenomeno tanto sconvolgente quanto straordinario. “Non riuscivo a credere che una cosa del genere potesse mai essere accaduta” scrive Clemens Radauer che ha prestato gli oggetti della sua collezione perchè “mostre come questa sono molto importanti per la diffusione della
Pigmei - Londra 1884 |
conoscenza sugli zoo umani e la sensibilizzazione del grande pubblico”.
Nonostante siano trascorsi anni dalle storiche grandi esposizioni etnologiche -l’ultima documentata in mostra è quella di Augusta, in Germania, del 2005, ultimo caso europeo - la globalizzazione, nel bene o nel male, mette continuamente a confronto realtà e radici differenti, a volte con scambi culturali di grande respiro che portano ad una nuova consapevolezza collettiva, a volte con risultati di intolleranza perchè il “diverso” incute sempre paura, disagio e pregiudizio. L’obiettivo della mostra è sensibilizzare sulla necessità di considerare “l’Altro” non più come nemico in base alla sua appartenenza etnica, sociale, religiosa e politica nella scoperta di vicende reali che la fotografia, l’oggettistica, i manifesti, i testi possono tramandare.
Dopo il successo ottenuto nella mostra al Museo storico della Lamborghini, a Sant’Agata Bolo-gnese, in occasione delle celebrazioni del 50° Anniversario della Miura, Alfonso Borghi si pre-senta con una nuova mostra, “i quattro quartetti” a cura di Stefania Provinciali, critica d’arte e giornalista, nella splendida cornice del Castello Scaligero di Malcesine. Le opere tutte inedite sono dedicate ai poemetti di T.S. Eliot e ripercorrono con la materia ed il colore, elementi basilari nell’opera dell’artista di Campegine, pensieri e parole del celebre saggista e poeta. Un affa-scinante indagine che unisce parole ed immagini e l’idealità di un pensiero racchiuse nelle quindici tecniche miste che compongono la mostra.
Ancora una volta Alfonso Borghi interpreta con passione e tecnica sapiente l’originalità di un autore sulla tela. Si accosta alla materia con immediatezza, compone un’idea donandole una forma ideale nella assoluta certezza di una pittura informale che affonda le radici nella tradi-zione padana. scrive nella sua introduzione al catalogo Claudio Bertuzzi, Assessore al Turismo di Malcesine.
Il tempo e la campana hanno sepolto il giorno |
Alfonso Borghi, nato nel 1944 nella cittadina di Campegine di Reggio Emilia, si avvicina alla pit-tura a soli 18 anni, ha la possibilità di esporre le sue opere per la prima volta, grazie all’intercessione di un collezionista. Parte per un breve viaggio a Parigi. Da questo soggiorno consegue una ricerca appassionata, che virerà verso l’Espressionismo dopo il suo ritorno in Ita-lia, grazie anche al fortunato incontro con George Pielmann, allievo di Kokoschka. Le sue opere, viaggiano nelle principali città europee e statunitensi. Sono gli anni ’70: Barcellona, Berlino, Madrid, Vienna, Parigi, NewYork, Los Angeles. A partire dagli anni ’80 un susseguirsi di mostre e di eventi importanti costellano l’attività artistica del maestro. Lavora il vetro, la ceramica, ma si dedica anche alla scultura, avvicinandosi ad una pittura di più chiara matrice informale.
Oggi le sue opere trovano spazio in collezioni pubbliche e private e in musei italiani e europei. Tra le mostre più recenti nel 2014 al Museoteatro della Commenda di Prè a Genova, con la mostra Alchimie della realtà e a Palazzo Medici Riccardi a Firenze. Al Centro Espositivo Rocca Paolina, di Perugia presenta l’antologica Sonorità materiche. Nel 2015 e a Milano al Palazzo Giuriconsulti, poi in ottobre sempre a Milano alla Galleria San Carlo, con una personale La pittura sublime alimento dell’anima. Nel 2016 è alla Casa del Mantegna Mantova con la personale L'Olimpo della materia e al Museo Lamborghini a Sant'Agata Bolognese, celebra i 50 anni della Miura con la mostra Velocità e colore.
La mostra “i quattro quartetti” sarà accompagnata da un catalogo in italiano, inglese e tedesco con testi di Stefania Provinciali. Il catalogo sarà presentato sabato1 ottobre a Malcesine.
Il tempo presente e il tempo passato
sono forse presenti nel tempo futuro,
e il futuro è racchiuso nel passato.
(T.S. Eliot “Quattro Quartetti”)
Inaugurazione sabato 3 settembre ore 17,30 Castello Scaligero
Alfonso Borghi “ i quattro quartetti”
Malcesine, Castello Scaligero, Via Castello, 39
Dal 3 settembre 2016 al 30 ottobre 2016
Mostra organizzata da Comune di Malcesine
Orari: tutti i giorni dalle 9,30 alle 18
Per informazioni: This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it.; This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it.; www.alfonsoborghi.com
La mia campagna si trova a 600 metri sul livello del mare, in linea d'aria, sopra le Fonti del Clitunno, a circa metà strada tra Spoleto e Foligno, Umbria dunque.
La luce del sole estivo filtra tra le foglie degli alberi mosse dal vento, il silenzio è interrotto dalle campane del convento che segnano le ore, facendo riaffiorare la coscienza sopita del tempo che passa. La frenesia dell'attività quotidiana è lontana come il rumore del treno che arriva attutito.
Alle sette di mattina, puntuale, passa lo scoiattolo nero dal petto bianco, percorre la solita via aerea, di ramo in ramo, che la mattina lo porta a lavoro e la sera, a ritroso, a casa.
È un agosto insolitamente freddo, che agevola le passeggiate, a Spoleto per esempio.
La sera, la città è comunque tranquilla e poco popolata. Lungo il corso le vetrine dei negozi sono illuminate e invitano i turisti a tornare di giorno per lo shopping. Diverse gelaterie propongono gelati artigianali, mentre, oltre ai ristoranti con i tavolini su strada, anche luoghi meno strutturati, invogliano a provare cibi e bevande, vari, originali, più o meno veloci, alla moda.
La città sonnecchia, le persone passeggiano rilassate. Le luci del seicentesco Palazzo Ancaiani, che ospita il Centro Italiano di Studi sull'Alto Medioevo sono tutte spente. Al suo fianco ci si affaccia sul Teatro Romano.
Salendo ancora, oltrepassato l'Arco di Druso, si entra nella Piazza del Mercato, le norcinerie "storiche" tengono chiuse all'interno le loro prelibatezze. Si prosegue verso il Duomo e la Rocca, con la passeggiata che gira tutto in torno, con vista panoramica e il ponte che collega al Monte Luco.
Di giorno i musei di Spoleto sono una meta interessante, insieme ai monumenti e alle chiese.
A Ferragosto una delle bellissime chiese antiche nei dintorni della città, nella semplicità della messa offre la musica dell’organo. La cura della chiesa che trasuda da tutti i pori e mattoni, commuove, in questo momento di abbandono della fede, della fedeltà, delle tradizioni. Ogni particolare sembra testimoniare la buona, amorosa, amministrazione di un parroco giovane, irradiata dalle lampadine a basso consumo.
A Spoleto la Metamorfosi Art Gallery in Piazza Duomo espone Antonio Canova. Grazia e Bellezza. Inaugurata nei giorni del Festival, si concluderà il 2 ottobre, aperta da martedì a domenica, con chiusura serale alle 23 il fine settimana, mostra disegni, monocromi, gessi, incisioni e 11 lettere che testimoniano il rapporto con l’Umbria.
I paesi vicini, la sera, offrono spettacoli di musica, danza, teatro dialettale e cinema all'aperto, di giorno, sagre dedicate ai piatti e prodotti tipici tradizionali. Sulle strade di paese si incontrano sparuti turisti, viaggiatori col sacco in spalla, appassionati di trekking, pellegrini. Il fine settimana numerosi ciclisti affrontano la salita verso la montagna.