L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni. |
C’era una volta la gente comune, gente di ogni giorno, dello stesso condominio, città, paese, fabbrica, ufficio. Amici su facebook o su qualsiasi social. Contatti decennali o semplici contatti superficiali. Gente che sapeva salutarsi, condividere, discutere senza imposizione alcuna. Rapporti civili anche là dove il contrasto di idee poteva farli discutere.
Persone unite da scelte sportive, da religioni, da impegni, da collaborazioni e da qualsiasi altra azione di vita comune. Poi arriva il destabilizzante, infame, vigliacco virus che inorridisce in primo tempo chiunque. Quella stessa gente osserva e trema; uniti dalla stessa paura: il contagio.
Morti, contaminati, immagini su tg che fanno paura, immagini senza risposte, solo filmati di bare, di ospedali pieni, di medici e infermieri distrutti. E mentre signor Covid aumenta di letalità e impesta chiunque la gente impaurita cerca risposte dietro a mascherine in un primo tempo introvabili. File lunghe ai supermercati, strade vuote, permessi per circolare visto il divieto di uscire senza validi motivi. Diventa difficile… famiglie che si vedono attraverso social come watsap o su altri canali. Paura di dare la mano, di abbracciarsi, di stare vicino.
Canti alle finestre in una sorta di unione che ci vede prigionieri di qualcosa di complicato da abbattere. Poi… si parla di vaccino, di qualcosa che ci rende dubbiosi visto la tempistica di approfondimenti e di test troppo poco precisi.
Il resto lo sappiamo. No vax, no pass, si vax, si pass e cresce una guerra intestina fra gente comune. La stessa gente che cantava alle finestre unita adesso si vomita addosso ogni sorta di infamia. Due schiere di persone che si dividono fra chi è a favore e chi a sfavore di un vaccino. Tolte le mascherine per le strade, proteste violente, urli e insulti verso chi la pensa differentemente dall’altro. Amici che non si parlano più, divisioni fra colleghi, rapporti scissi da controversie di pensiero, confusione, caos mentre il virus, riprende quota fregandosene altamente di ognuno. Intanto nel mondo non si parla più di razzismo, di violenza alle donne, di pedofilia e imbrogli di potere. Non si mette più in prima pagina la novità, la notizia del giorno, ma solo ed esclusivamente la lotta fra i fautori del vaccino e coloro che invece affondano questo. Notizie che incitano alla rabbia, all’odio, alla scelta diversa. Notizie che fanno più paura di qualsiasi altra cosa poiché sono quei cenni che nascono appositamente a creare scompiglio senza pensare (o forse si) che solo così nascono le rivoluzioni e le diatribe. La gente viene distolta da altre problematiche per le quali non si pone più domande mentre d’intorno si costruisce un mondo che ci ingurgiterà tutti.
Non dobbiamo avere paura del governo, dei regolamenti, delle leggi, ma dovremmo avere paura di noi, del nostro atteggiamento violento, della nostra rabbia, cattiveria, della nostra cecità. Abbuiamo quei telegiornali che incalzano verso una parte o l’altra: sono loro che pilotano le menti della gente, sono loro quella politica che ci vuole deboli e pecore. Chiediamoci perché si parla sempre meno della nostra situazione politica/economica mentre intanto salgono le tasse e le buste paga sono congelate da anni. Chiediamoci come mai non vi è più alcun scandalo riferito a un magistrato, onorevole, senatore. E le donne uccise, violate, maltrattate? E la fame nel mondo che ogni giorno uccide milioni di donne, uomini, bambini. I diritti umani e civili che fine hanno fatto? Chi li rispetta?
Il covid è un gravissimo virus ma è ancor più grave quando la gestione della notizia rende confusa la gente. Ci vogliono lobotomizzati, distratti, impauriti. Notizie fake che hanno confuso ancor più la gente ormai esasperata. Tutto è cambiato; noi stessi siamo stati resettati ormai automi di un sistema che dirige e manipola i nostri giorni e le nostre menti. La gente dimentica il rispetto, l’ascolto, l’aiuto ma ha ben imparato a combattere, a sputare sentenze e soprattutto si è dimenticata che siamo uomini e donne di uno stesso pianeta dove la fragilità, l’impotenza e la vulnerabilità sono molto simili. Il Covid continua imperterrito il suo cammino di strage e di comando mentre noi, invece di essere uniti lo aiutiamo allo sterminio di una civiltà che ormai di civile ha ben poco.
La testimonianza di un compagno di lotte politiche e culturali.
La necessità di riscoprire un intellettuale e un militante purtroppo dimenticato.
Il 4 Gennaio 2012 moriva Carmelo R. Viola. Nato nel 1928 a Milazzo, dove la famiglia si era trasferita momentaneamente per esigenze lavorative del padre, era originario di Acireale, dove aveva vissuto buona parte della sua vita, con un’ampia parentesi rappresentata dal soggiorno in Libia, a Tripoli, come emigrato, dal 1941 al 1949, assieme alla famiglia, e trasferimenti, principalmente a Palermo, legati a problemi lavorativi propri. Purtroppo, dopo la morte, una coltre di silenzio è calata sulla sua figura e sulla sua opera, che, al di là delle diverse collocazioni, si è svolta sempre all’insegna dello spirito libertario, che costituisce, dunque, il trait d’union tra i diversi momenti.
Ebbi con lui un lungo rapporto di corrispondenza e di collaborazione, iniziato, probabilmente, nel 1986, stando ad una mia lettera, risalente a tale anno, che lui mi inviò in fotocopia, come testimonianza cronologica del nostro primo contatto, traendola dal suo nutrito archivio, ch’egli custodiva gelosamente in casa, ben ordinato. Ma io, a quella data, seguivo già da alcuni anni la rubrica di traduzioni italiane di poeti russi e sovietici, che Viola teneva su “La Ragione”, organo dell’Associazione Nazionale del Libero Pensiero “Giordano Bruno”, e le note polemiche, molto pungenti e profonde nelle argomentazioni, che pubblicava su questa rivista, della quale fu per lungo tempo uno dei principali animatori. Carmelo R. Viola aveva imparato i primi rudimenti della lingua russa da un cultore triestino, durante il soggiorno a Tripoli, che aveva stimolato la sua vocazione naturale di poliglotta, visto che, oltre alla lingue locali (in particolare l’arabo), aveva imparato il tedesco e l’inglese (oltre al francese) in quanto impiegato, nonostante la giovane età, presso gli uffici delle amministrazioni straniere che si succedevano nell’occupazione del Paese. La dimensione poliglotta dominerà per tutta la vita il Nostro, che diventerà, fra l’altro, traduttore dal russo di alcune parti della monumentale Storia Universale dell’Accademia delle Scienze dell’Urss, edita da Nicola Teti di Milano e una Storia della Chiesa russa, con brani in veterorusso, che doveva uscire presso lo stesso editore. Tra le numerose lingue da lui approfondite nel corso degli anni ricordiamo, inoltre, lo spagnolo, il portoghese e l’esperanto.
Iniziò così uno scambio di opinioni e di materiale durato per parecchi anni (circa un ventennio) e interrotto qualche anno prima della sua morte perché io mi trovai costretto, per vari motivi, a circoscrivere il mio impegno alla critica letteraria e alla poesia, ridimensionando di molto i miei interventi, anche giornalistici, in materia strettamente politica ed ideologica. Ricordo con piacere ch’egli mi mandava enormi pacchi postali con la fotocopia dei suoi articoli di sociologia, che venivano ospitati da una miriade di riviste, e con i volumi progressivi dei suoi Quaderni del Centro Studi Biologia Sociale, che Viola stampava da sé con grande maestria e grande pazienza, digitandoli con uno dei primi computer in DOS, fotocopiando poi le varie pagine, riunendole in libretti ben fatti, con copertina colorata, sapientemente squadrati con una cesoia e spillati con la cucitrice. Purtroppo, le necessità della vita mi impedirono ad un certo punto di far onore a quei pacchi e all’impegno culturale che vi stava dietro con miei articoli di commento e recensioni.
Carmelo R. Viola è stato un personaggio poliedrico, d’impronta leonardesca, dominato, sin dall’infanzia e dall’adolescenza, da una forte carica conoscitiva, diretta verso tutti i campi dello scibile umano, superando la barriera artificiale tra sapere umanistico e sapere scientifico creata in Italia dal dominio culturale crociano, protrattosi per lungo tempo, con riflessi negativi fino ai nostri giorni. Quest’ansia conoscitiva lo ha portato, ancora giovinetto, ad accostarsi, nella Tripoli “liberata” dagli anglo-americani, agli ambienti antifascisti, a leggere i primi fogli da questi ultimi prodotti e diffusi in forma semiclandestina, come “Italia Libera”, che Viola acquista per strada, a collaborare al “Corriere di Tripoli”, quotidiano intorno al quale si raccoglie la nutrita comunità italiana, a diventare apprezzato polemista sulle colonne di questo giornale, nonché protagonista di un dibattito animato, da lui suscitato e determinato da una sua valutazione, ritenuta ingiusta, agli esami magistrali, preparati da esterno, che diventa occasione per una discussione intorno al carattere nozionistico o meno della formazione scolastica vigente, con l’intervento di autorevoli personalità del mondo culturale tripolino, fra cui Eusebio Eusebione, docente di matematica d’origine ebraica, sostenitore del Viola, in contraddittorio con autorevoli personaggi del sistema scolastico “ufficiale”, che sono costretti a regredire verso posizioni difensive di retroguardia. Il Nostro partecipa, inoltre, alle riunioni, anch’esse semiclandestine (e perciò talvolta interrotte dai “liberatori” anglo-americani con il conseguente arresto degli organizzatori), del “Fronte Unito”, d’ispirazione comunista.
Rientrato in Italia, nel 1949, Carmelo R. Viola assume un ruolo da protagonista nell’ambito della pubblicistica d’ispirazione anarchica, collaborando ad “Umanità Nova”, la prestigiosa rivista fondata da Errico Malatesta, a “L’Agitazione del Sud”, organo degli anarchici siciliani, ch’egli contribuisce pure a stampare e diffondere e di cui diviene per alcuni anni anche direttore responsabile, e a numerosi altri giornali dell’universo anarchico-libertario. Va sottolineata l’esperienza della rivista “Previsioni”, da lui fondata e diretta, dal 1956 al 1960, alla quale collaborano figure “eslegi” di intellettuali libertari, come Enzo Martucci, anarchico individualista, e Bruno Rizzi, studioso socialista che contribuisce alla definizione dei connotati del processo di burocratizzazione che investe l’Urss, in netto anticipo rispetto alle manifestazioni eclatanti del fenomeno che poi, diversi decenni dopo, hanno portato al crollo del regime comunista sovietico. Carmelo R. Viola ha acquisito una notevole verve polemica che gli consente di prevalere nei contraddittori instaurati con alti prelati, che pure vantano profondi studi teologici e che, tuttavia, sono costretti ad indietreggiare davanti alle argomentazioni stringenti del Nostro.
Negli anni Settanta del secolo scorso, Viola partecipa con competenza e passione alle battaglie per il riconoscimento giuridico del divorzio in Italia, pubblicando volumi che ottengono un certo successo, sebbene editi da case editrici alternative, per ciò emarginate dal mercato ufficiale: Referendum contro il divorzio. Premeditato vilipendio all’uomo (Edizioni La Fiaccola, Ragusa, 1973). Gode di una buona fama negli ambienti radicali, ai quali si accosta, tanto che suoi interventi vengono letti in importanti convegni, anche quand’egli è impossibilitato a partecipare personalmente. La forza delle sue argomentazioni suscita l’ira della destra neo-fascista, tanto che il Viola viene attaccato da alcuni fogli reazionari. Questi attacchi vengono vissuti dalla vittima come l’incitamento ad una sonora bastonatura da parte di eventuali militanti invasati. Le minacce di bastonature, da parte dell’estrema destra e di una finta estrema sinistra, in realtà al servizio di progetti reazionari, si ripetono negli anni, anche quando Carmelo R. Viola è entrato nella terza età. Alla questione dell’aborto egli dedica un altro volume di rilievo dal titolo illuminante: Aborto: perché deve decidere la donna (Pellegrini editore, Cosenza, 1977).
Nel 1979, in occasione della consegna a Civitavecchia del Premio internazionale “Centumcellae”, proclama ufficialmente la sua nuova teoria sociologica: la Biologia sociale. Il punto di partenza è rappresentato dal “famismo” di Gino Raya, studioso, anch’egli “eslege”, di Letteratura italiana, docente universitario di questa disciplina, che individua nella fame il “primum movens” dei comportamenti umani. Carmelo R. Viola va ben oltre. Individua quattro costanti dell’agire umano: l’autoconservazione; la rassicuranza affettiva; l’identificazione con gli ideali del “microcosmo” e del “macrocosmo” in cui ciascun individuo vive; una quarta costante, trasversale alle tre precedenti, l’auto-identificanza, ch’egli così definisce nel corposo volume La quarta dimensione bio-sociale ovvero cenni di fisiologia dell’identità (secondo la Biologia sociale) (Edizioni Cronache italiane, Salerno, 1996): “L’auto-identificanza […] è il momento finale di ogni rapporto (di affetto e di memoria) che consente al soggetto di ‘sentirsi io’. Io ‘mi sento me stesso’ osservando le cose che conosco, incontrando persone che mi amano, pensando a ideali per cui sono impegnato”.
La società capitalistica soffoca queste costanti che l’uomo, per seguire la propria natura, deve necessariamente soddisfare, mentre la società socialista, come la concepisce Viola, dà ad esse piena realizzazione. Il vero “umanesimo” è, dunque, per dirla con Concetto Marchesi, un “umanesimo comunista”. Viola ha una sua visione originale del socialismo e del comunismo, che si distingue dal marxismo, di cui rifiuta il materialismo dialettico e la lotta di classe come motore della storia e del progresso. La sua è una concezione che ha basi positivistiche, che si ricollegano, a mio avviso, forse indirettamente, a quelle del suo conterraneo Mario Rapisardi, poeta e docente universitario, che ritiene le leggi biologiche applicabili anche alla società e all’arte, e alla “Dialettica della natura” di Engels, che riconosce anch’essa leggi biologiche costanti (trasformazione della quantità in qualità; compenetrazione degli opposti; negazione della negazione) a fondamento di tutto il reale, ottenendo ampi riconoscimenti nell’ambito della filosofia e della scienza sovietica, attentamente, seppur criticamente, studiate in Italia solo da Ludovico Geymonat e dalla sua scuola. Alle spalle sta il positivismo di Auguste Comte, il quale sostiene che, nella società umana in evoluzione, allo stadio teologico e a quello metafisico segue quello positivo, per l’appunto, nel quale gli uomini non cercano più spiegazioni trascendentali ai vari fenomeni, bensì fondate sul “positum”, sui fatti concreti, da cui si desumono leggi generali. Lungo la scia di Comte, Nino Pino Balotta, scienziato e umanista siciliano d’origini anarchiche approdato ad una forma anch’essa positivista di marxismo, afferma che all’era della teologia segue quella della biologia, già in atto.
Un’interpretazione senz’altro innovativa e suggestiva quella di Carmelo R. Viola, che merita di essere approfondita. Purtroppo, nella società “post-moderna” si ripropone il “teismo” in forme rinnovate, basato, però, sempre sull’immagine di un uomo col capo rivolto verso il cielo alla ricerca di spiegazioni e di soluzioni trascendentali. Si tratta dell’ “angelologia” di cui parla Romano Luperini. Ci auguriamo che il Trattato generale di Biologia sociale, al quale Carmelo R. Viola ha lavorato intensamente per lunghi anni, possa vedere finalmente la luce e su di esso si apra un dibattito fecondo di sviluppi teorici.
Negli anni Ottanta e Novanta il Nostro studia criticamente il processo di degenerazione che investe l’Urss ed è tra i primi a comprendere che Gorbaciov non intende affatto rinnovare il comunismo, bensì abbatterlo. Pubblica al culmine di questa riflessione un volume tutto da rileggere: Perestrojka: ricostruzione o capitolazione? Lettera aperta a Mihail Gorbaciov, Cultura Nova Editrice, Rovigo, 1991. La sua visione antidogmatica gli consente di capire in anticipo i fenomeni storici nei loro sbocchi, che risultano, invece, imprevedibili per la massa degli studiosi, che muovono da pregiudizi ideologici di vario segno.
Carmelo R. Viola è stato anche scrittore di valore. Ha affidato le sue memorie di vita a diversi volumetti, usciti anch’essi nell’ambito dei Quaderni del Centro Studi Biologia sociale. Mi riferisco in particolare a Paradiso perduto (Aprile 2008), dedicato alla fase dell’infanzia e dell’adolescenza trascorsa presso i nonni materni, nella contrada Cosentini di Acireale, a La mia guerra (Agosto 1998), in cui lo scrittore racconta come gli effetti bellici si siano riflessi su di lui e sulla sua formazione, nella fase di vita trascorsa, anche qui, presso i nonni e poi nella casa dello zio Turuzzu e in Libia, dove la famiglia, come abbiamo già detto, è dovuta espatriare, e a Mio padre (Luglio 2007), in cui si sofferma sulla figura del proprio genitore e sulla sua esistenza travagliata. Nonostante la tendenza al realismo, non possiamo considerare queste opere “neorealiste”, sempreché si prenda come canone del “neorealismo” quello secondo cui le opere in esso rientranti tendono alla rappresentazione oggettiva della realtà, mettendo “tra parentesi” l’autore, in una sorta di nuovo “verismo”, caratterizzato, però, rispetto a quello verghiano, da una visione “progressiva”, non reazionaria, del mondo. Infatti, Carmelo R. Viola, in questi scritti, supera la divisione tradizionale tra i “generi”, spaziando dalla biografia (con le inevitabili ricadute autobiografiche) al saggio sociologico, sconfinando nella dimensione diaristica. Dietro tutto si nota la mano del “socio-biologo”, il quale vuole trovare conferma alle proprie teorie scientifiche, rivivendo la storia della propria famiglia, che riproduce le costanti biologiche del vissuto umano, dalla “autoconservazione” alla “rassicuranza affettiva”, alla identificazione con gli ideali del “microcosmo” e del “macrocosmo”, nei quali ogni individuo si trova a vivere e ad operare.
Al di là dell’analisi “bio-sociale”, l’opera di Carmelo R. Viola è godibile anche dal punto di vista letterario. Dalla narrazione emerge tutto un mondo (quello contadino), ormai scomparso, un “Eden perduto”, nel quale si muovono, sciolti nella natura, i nonni materni e il piccolo Carmelo, in una dimensione dominata da bisogni immediati ed elementari, da una “religiosità” spontanea, con evidenti radici pagane; un mondo (quello urbano) di piccoli artigiani (come il padre dello scrittore, ebanista, e lo zio Turuzzu, calzolaio) che dimostrano grande maestria nel lavoro, che si trasfonde in vere e proprie opere d’arte (i manufatti in legno, le scarpe), i quali, tuttavia, debbono industriarsi in mille modi per tirare avanti.
Si tratta di un universo umano strettamente legato alla dimensione della “territorialità”, al territorio in cui ognuno è nato e cresciuto, in linea di continuità con le generazioni precedenti, fino ai primordi della civiltà, e in cui ha riversato tutto se stesso, nettamente contrapposto a quello attuale, nel quale prevale l’ “extraterritorialità”, visto che ogni individuo è costretto a passare buona parte del proprio tempo in stazioni autobus e ferroviarie, metropolitane, aeroporti, in luoghi, cioè, completamente estranei, con i quali ha un rapporto del tutto episodico.
Carmelo R. Viola ha avuto la capacità di rappresentare il suo mondo in maniera semplice, con un linguaggio letterariamente limpido, ma, nel contempo, con profondità d’analisi, affidata al suo metodo critico, fondato sulla Biologia sociale.
Franco Ferrarotti, padre rifondatore della Sociologia nel secondo dopoguerra (dopo che il fascismo, se non l’aveva abolita, l’aveva fortemente ridimensionata), ha studiato gli effetti disumananti che derivano dal passaggio dalla civiltà del libro a quella dell’audiovisivo. La prima costringe il lettore al “corpo a corpo” col testo scritto, alla sua analisi serrata, in termini razionali. Nella seconda milioni di messaggi, trasmessi attraverso il computer, vanno a colpire direttamente la parte emotiva del cervello, per cui il singolo, in uno stato che Ferrarotti ha definito “a-razionale”, in una sorta di “sonnambulismo”, si muove come un individuo eterodiretto, senza alcuna capacità critica, né autocritica.
In quella che possiamo definire la “società digitalizzata iperconnessa”, in cui tutti sanno tutto e non capiscono niente (per ripetere, ancora una volta, le parole di Ferrarotti), è necessario riscoprire il pensiero e l’opera di Carmelo R. Viola, soprattutto (ma non solo) a beneficio delle giovani generazioni.
Antonio Catalfamo
Le forti agitazioni che scuotono oggi la Francia sono testimonianza certa del profondo malessere che pervade l'Europa, ma direi il Mondo, in modo sempre più palese, producendo scuotimenti sempre più energici in un contesto dove la spaccatura tra potere centrale e cittadini è ormai divenuta un abisso che pare superabile. L'unione tra Stati propugnata dai Padri Fondatori – Alcide De Gasperi , Altiero Spinelli , Jean Monnet , Robert Schuman , Joseph Bech , Konrad Adenauer , Paul-Henri Spaak – mostra peraltro i segni di un profondo logoramento, visto lo stato in cui: un coacervo di interessi portati avanti è ricatti, obblighi, troppo spesso con il fine favorire ovvero far predominare tornaconti tali che è difficile segnalare poter come essere il reale 'interesse dei popoli'. Questo ci riporta alle imponenti manifestazioni di popolo che hanno segnato quest'ultima settimana: tutte all'insegna della protesta contro i governi, accusati – tra le altre cose – di pesanti inosservanze delle rispettive Costituzioni, con dichiarato di tutti quei diritti fondamentali che riconducono alla sfera delle LIBERTA', personali e non. A subordinata da quelle altrettanto imbonenti di Dublino, Londra, Atene e Algeri – per citarne alcune -, la manifestazione che mi ha colpito di più è proprio quella di Parigi,
Il grido comune che è risuonato alto e possente nell'aria è quel LIBERTE' che proprio il 14 Luglio del 1789 – 'quel' 14 Luglio, assurto a festa nazionale in Francia e vessillifero di 'rivoluzione per la libertà' in tutto il mondo – si è alzato proprio dalle di Parigi, divenendo un simbolo inequivocabile e strade mistificabile ovvero interpretabile a seconda degli umori del governante di turno. A far data da 'quel' 14 Luglio, i Francesi hanno avuto modo di essere Popolo, che non 'un insieme di genti o di campanili di provincia', in grado di mobilitarsi con sorprendente rapidità, riempiendo vicoli, strade e piazze per protestare senza indugio, specie a salvaguardia dei propri non negoziabili diritti.
Un simbolo storico di grande valenza, quindi, 'quel' 14 Luglio; così com'è ancora forte l'impronta storico-simbolica lasciata da 'quei' dieci giorni (dal 7 al 16 Luglio 1647: ben 142 prima della 'presa' della Bastiglia!) durante i quali circa 500.000 napoletani si ritrovarono unanimi e solidali nell 'obbedienza ed esecuzione (per dirla con il futuro papa Clemente X) degli ordini impartiti da quel Tommaso Aniello d'Amalfi, detto Masaniello, per ribellarsi all'insopportabile pressione fiscale (ma non solo…) imposta dal viceré di Napoli, Rodrigo Ponce de León, che governava Napoli per conto di Filippo IV di Spagna. Proprio quest'anno vi è stata la ricorrenza dei 400 anni dalla nascita di questo eroico napoletano, perito a seguito di una congiura, anche se una coltre d'oblio l'ha contraddistinta:
Per Masaniello e la massiccia rivolta popolare di Napoli del Luglio 1647, sono trascorsi 374 anni, e numerosi restano gli interrogativi: soprattutto sul ruolo di questo personaggio ormai entrato nel mito, le sue pulsioni personali e soprattutto di come sia riuscito a trasmetterli con grande enfasi e significativa capacità al mezzo milione di napoletani che allora parteciparono ai moti rivoluzionari, accettando con rispetto, fierezza e obbedienza l’autorità di comando di quell’umile ma volitivo venditore di pesce. Un uomo che la stessa Chiesa – cui egli all’epoca fu estremamente rispettoso – indicava come moderato, prudente e assennato. Anche allora risuonò alta la parola LIBERTA’, poiché solo attraverso la LIBERTA’ i Popoli riescono ad agire reagendo, a esprimersi, crescere, combattere per la propria stessa sopravvivenza.
Meno interrogativi – in linea di massima – sussistono per le ragioni determinanti la presa della Bastiglia, la Rivoluzione Francese la stessa era dei Lumi e le conseguenze che esse hanno avuto nel mondo contemporaneo e nello sviluppo della sfera dei diritti della persona, stimolate dal classico trinomio LIBERTE’ - EGALITE’ - FRATERNITE’ acquisito ormai in ogni dove: direi che lo status di Democrazia riporta a tali principi.
Ho indicato ‘in linea di massima’ poiché, documenti alla mano, la presa fu in realtà un episodio modesto e di tutt’altra valenza: non fu atto scaturito da una volontà di popolo e non vide una mobilitazione di massa, ma fu in realtà un evento-simbolo intorno al quale venne costruito dalla propaganda contestataria il mito stesso della Rivoluzione Francese. In realtà, fu un’azione che vide uniti alcuni piccoli gruppi di soggetti senza arte né parte a dei disertori, penetrati – ma senza l’uso della forza, né atti particolarmente bellicosi, salvo una scaramuccia contro la guarnigione svizzera, poiché il governatore di Parigi aveva ordinato di aprire la porta di ingresso alla fortezza – per rubare delle munizioni, una piccola parte delle quali, incautamente maneggiate, esplosero. La popolazione parigina, in realtà si tenne ben alla larga da tale avvenimento: niente marcia travolgente, niente scariche di fucileria o scontri all’arma bianca, niente sventolìo di bandiere su barricate improvvisate, niente inneggiamenti alla LIBERTE’ mentre si liberavano i prigionieri politici… anche perché al momento dei fatti non vi era alcun prigioniero da liberare! Quindi, da fatti tanto modesti – sapientemente enfatizzati e abilmente manipolati dai capi della Rivoluzione e acquisiti solennemente dagli organi istituzionali dell’epoca - nacque il mito della cruenta battaglia dei rivoltosi parigini per la conquista della famosa e tetra fortezza! Un’impresa dipinta e tramandata come coraggiosa, che da epopea divenne Storia e quindi mito, perno stesso della Rivoluzione Francese.
Fa impressione oggi sentire riecheggiare, com’è avvenuto emblematicamente a Parigi, il grido LIBERTE’… Ma allora, quello che in molti chiamano oggi ‘progresso’ o ‘transizione’ verso un qualcosa di più che positivo, in realtà equivale a un ritorno al passato? Siamo alla soglia di un Medio Evo prossimo venturo? Francamente, anche se non mancano reiterati, preoccupanti, segnali, la reazione che si sta sviluppando e rafforzando a livello umano, è da considerarsi positivamente: come la reazione di un organismo vivente che, per non soccombere, fa appello a ogni sua forza, ben comprendendo che ciò che avverrà, ciò che si potrà fare, si ripercuoterà per generazioni. Tentiamo quindi di leggere i fatti con occhi positivi, reattivi, perché ciò che avviene ci coinvolge TUTTI, a ogni latitudine. Dobbiamo credere con tutte le nostre forze in una RIGENERAZIONE, nella RIPRESA, in una nuova CRESCITA: ma questa DEVE coinvolgere TUTTE LE GENERAZIONI – anziani, giovani, soggetti maturi e giovanissimi – trovando la giusta ispirazione nella FORZA del proprio spirito, del proprio ‘sé’, così da poter esprimere la propria natura creativa, costruttiva.
Perché? Ma perché lo sviluppo globalizzato, all'insegna del materiale, del potere, del denaro, della sopraffazione, ha accelerato la crescita, sicuramente pilotata, di 'falsi valori' come di 'falsi miti', andando letteralmente a smantellare quei 'valori reali' alla base dello sviluppo - lento, metodico, sedimentato - di genti e popoli. Intorno a noi ci sono tali e tanti problemi da incutere terrore! Ma non è nutrendoci di caramellose e vacue ‘verità’ che potremo risolvere qualcosa: solo andando alla radice potremo estirpare tutta la gramigna che soffoca il ‘vero’ nutrimento, il grano del corpo, della mente e dello spirito.
Classi dirigenti carenti di esperienza e di formazione (quasi sempre 'create' a bella posta, a tavolino, dai loro reali 'padri': occultamente ben presenti alle loro spalle), difficoltà nel lavoro, aziende in crisi che non reggono il cambio rapido degli scenari, il gioco crudele delle delocalizzazioni, la consapevolezza che occorra sanare gli squilibri interni e internazionali, la certezza che non è con le armi che si possano risolvere i contenziosi o tenere in scacco intere nazioni, la necessità di rafforzare il valore ed il concetto stesso di PATRIA nonché l'ente FAMIGLIA, quale unico caposaldo alla tenuta di quel che resta di essenziali valori etici e sociali, e quindi equilibri... Ecco, tutto ciò ha alle spalle la pletora di soggetti che, fors'anche privi di cultura, proprio rifacendosi (ma solo a parole…) ai Lumi e alle diverse (rispetto a prima) energie veicolate dalla Rivoluzione Francese, si riempiono la bocca (e tentano di riempire i nostri cervelli, tentando di forzare la nostra logica, il nostro sentire, attraverso ragionamenti artificiosi e speciosi) con 'nuovi' pseudo-valori incentrati (sempre a parole…) sul classico trinomio LIBERTÀ - UGUAGLIANZA - FRATELLANZA. Valori certamente di enorme portata, ma ormai troppo 'rimodellati' ad uso e consumo di chi è impegnato in operazioni di manipolazione.
Ma se il trascendente viene cancellato da una visione pragmatica e ormai laicista, mi dite voi come può esistere (e mi rifaccio anche alla - solo apparente - antitesi tra FIDES e RATIO) un progresso, un'era all'insegna dei Lumi, senza la presenza di un ingrediente essenziale qual è il ricondursi al Trascendente, al Divino?
Certo, l'uomo ha 'inventato' altri elaborati, altri schemi, tentando di surrogare la zoppìa di spiritualità. Ma ormai i nodi sono giunti, prepotenti e numerosi, al pettine! Una cosa è la 'dea ragione' che intellettualmente possa sostenere i nostri processi intellettivi e di crescita, una cosa è operare in modo agnostico, senza il supporto costante di un modello spirituale e fideistico, priva di un’Entità Superiore, prodiga di insegnamenti. Le nostre strenue fatiche umane, le nostre costanti vicissitudini sono meglio sopportabili con i valori di tutta una vita e con gli insegnamenti che in essi sono insiti: ma l'indignazione (sovente ‘pilotata’ e quindi strumentale) per eccessi, squilibri e ingiustizie, non possono farci sostituire detti valori con surrogati posticci, simil-veri, ma dagli evidentissimi limiti. Ecco perché - fermo restando il fervore creativo scaturito all'epoca dai Lumi, quale ribellione alle ingiustizie e soprattutto ai limiti fino ad allora imposti da nobiltà e clero (il 'terzo stato' era costituita dai contadini, poi in gran parte sostituiti dalla borghesia), oggi non si può più concedere a questo processo intelletual-creativo (caduto, evidentemente, in mani sbagliate…) il potere di surroga ai valori dello spirito, dell'anima, della fede nel trascendente. E questo - sempre secondo la mia ottica, certo - priva ormai la Francia di quel plusvalore derivatole dall'essere (stata) patria del movimento dei Lumi.
Anche perché come può ancora sostenere questi valori una nazione che ha fortissimi interessi coloniali e che è preminente nella fabbricazione e vendita di armi? Un non-senso: reso fascinoso dal ricondursi, sempre e comunque ma solo a parole, ai valori del trinomio originario. Ecco quindi che, a mio avviso, al classico trinomio LIBERTÀ - UGUAGLIANZA - FRATELLANZA possiamo, anzi dobbiamo, aggiungerne un altro: LIBERTA’ – GIUSTIZIA - EQUITA’ ma anche SPERANZA - DIGNITÀ - RISCATTO. Non dimenticando che è proprio la DIGNITÀ il valore dei valori, quello che si riferisce direttamente all'esistenza dell'uomo e che rispecchia il senso del divino e tutti i principi in esso insiti.
Noi che ancora crediamo alla nobiltà di Tradizioni e Valori, continuiamo a porre l' UOMO al centro di tutto: non i robot, non i tralicci, non gli automatismi, non i computer; sostenendolo e arricchendolo con i frutti del progresso piuttosto che non privandolo – con la scusa di 'farlo stare meglio' – delle sue nobili e faticose conquiste.
Chi saprà farsi carico di questi valori, anche quale forte movimento di opinione, guidando genti e popoli assetati di pace e di giustizia sociale, chiuderà per sempre la pagina - già superata - dei Lumi... che, evidentemente, non riescono più ad ' illuminare' neanche un sottoscala; eviteremo così il pericolo di inciampare!
La libertà di espressione è alla base dei diritti umani, è la radice della natura umana e la madre della verità. Sopprimere la libertà di parola significa insultare i diritti umani, soffocare la natura dell'uomo e reprimere la verità.
Liu Xiaobo
E 'ormai consolidato il fatto che tutti siamo bisognosi di notizie e approfondimenti.
Nel XV secolo le notizie cercavano date dai cronachisti o dai monaci. Si parlava di economia e commercio oltre che di fatti inerenti alle battaglie o guerre del momento. Non erano chiaramente scritte a stampa ma come manoscritti si diffondeva la “verità” del momento; questi fogli uscivano ogni quindici giorni e a volte settimanalmente. Nel XVIII secolo abbiamo l'avvento del quotidiano; nasce il bisogno di essere informati giornalmente, a questi si aggiungono le riviste ei periodici culturali. Tutto in nome di voglia di conoscenza e d'informazione.
Tutto però con i secoli subisce una lenta e importante trasformazione.
Scelta della carta da stampa, macchine adatte al taglio dei fogli, lavorazione e impaginazione. Si cerca la perfezione fino al 1886 quando grazie all'installazione nel New York Tribune della macchina “linotype” si accelerò indubbiamente la produzione dei giornali.
Da quel momento in poi il giornalista diventa colui che va a caccia di scoop, notizie da prima pagina, di sensazionalismi e spesso è colui che osa e rischia per informare il cittadino. Non si risparmia, viaggia, indaga, spiega, sottolinea, informa, condivide ma come? In quale misura? Di quale verità si parla? Di una verità di parte? Di sezione? Di impronta politica? Cosa c'è dietro una notizia oltre le parole? Non è cosa segreta sapere che ogni giornalista appartenente a una testata "firmata" e conosciuta deve favorire la propria matrice sia questa di stampo politico, pubblicitario, economico, religioso.Non vi sarà mai un giornalista che scriverà qualcosa che penalizzi o che possa danneggiare quell'idealismo alla base della testata per la quale scrive. Sia questo di destra o di sinistra.
Sappiamo che “Il Giornale” appartiene alla famiglia Berlusconi, l'Avvenire è il giornale della CEI, Il Sole 24 ore appartiene a Confindustria, il gruppo Espresso è tendenzialmente di sinistra. Il Messaggero è della Holding Caltagirone (suo genero è Casini); QN- Il Resto del Carlino, La Nazione, Il Giorno sono simpatizzanti di una politica di destra ecc.
Niente di anormale; volenti o nolenti ognuno ha le proprie idee, sia politiche o religiose, ma cosa accade se il giornalista aderisce in modo totalitario alla congettura di pensiero del giornale d'appartenenza? Ricordiamo che ci sono anche giornalisti del grande schermo e di emittenti radiofoniche. Tutti professionisti capaci di scrivere e di presentare articoli e programmi dove esprimono i prodotti osservati dal proprio punto di vista.
I consumatori, siano questi i lettori dei vari quotidiani o mensili, gli spettatori dei vari tg, gli ascoltatori di radio, saranno fruitori di notizie confuse, elaborate, insidiose dove vi sarà certamente una base di verità ma questa verrà direzionata a sfavorire e a contrastare chi la pensa differentemente dal loro “sottobosco” politico. L'utente inconsapevole affamato di notizie e voglioso di sapere, non si renderà conto di venire in qualche modo indottrinato verso un pensiero univoco da un potere di stampa che, assoggettato dallo schiavitù psico / politica, ha smesso di vestire l'orgoglio giornalistico diventando in qualche modo pedina di un potere che ci vuole lobotomizzati a dovere.Solo il giornalista freelance sceglie, pur con tantissime difficoltà economiche, di movimento, di aiuto, di importanza professionale agli occhi dei più, di appartenere alla grande famiglia di chi ha deciso che la stampa deve restare informazione apolitica in favore di tutti gli uomini poiché solo così si crea l'evoluzione morale e etica dell'essere umano sempre meno autonomo e sempre più schiavo di pensiero. Ricordiamo che la libertà, il rispetto, la verità aprono i dialoghi e i rapporti umani senza catene. Essere liberi è decidere E DI PRETENDERE di sapere la verità.
Le "avvisaglie" c'erano tutte, nonostante le rassicurazioni, o forse le speranze, di qualche "addetto ai lavori" un po 'troppo ottimista. E stamattina si sono manifestate in tutta la loro crudezza. Non è ancora mezzogiorno quando le agenzie di stampa "battono" la notizia del rinvio a giudizio, disposto dal gup Pietro Currò, di Enzo Bianco e della sua giunta con l'accusa di falso ideologico in riferimento al buco di bilancio del Comune di Catania.
Un vero e proprio "tsunami" politico-giudiziario che travolge un'intera classe dirigente. 29 gli imputati, tra politici e revisori dei conti, tutti i nomi di "peso" della politica catanese: Tra questi, oltre a Bianco, anche l'ex comunista italiano Orazio Licandro, e l'ex segretario Cgil e attuale segretario del Pd Angelo Villari : "Bianco e tutta la sua giunta sono appena stati rinviati a giudizio - scrive la giornalista Debora Borgese - per il buco di bilancio al Comune di Catania. Dovranno difendersi da accuse molto gravi e cioè per falso ideologico. Ora, che la giustizia arrivi prima Va certo salvaguardata la presunzione d'innocenza ma questo rinvio a giudizio rappresenta la bocciatura di un ' intera classe politica che ancora cerca spazi rivestendo cariche politiche, la stessa che ha portato la città al baratro. Adesso, dicevamo, rispondere alle accuse e difendersi ma, nel frattempo, dignità politica vorrebbe che chi riveste cariche si dimetta. "
A rincarare la dose ci pensa Nunzio Di Stefano, militante del Pd di Belpasso - sottoposto a "processo" (non penale ma di partito) con l'accusa di "leso villarismo" - che da tempo chiede le dimissioni del segretario Pd Angelo Villari: "Non mi interessa - dice Distefano - aspetto giudiziario, né mi compete. Parliamo quindi di politica, perché insisto nel dire che il Pd in provincia di Catania deve essere lasciato libero da Angelo Villari di farla, la politica. Mentre lui, Bianco Tutti da cittadini e non già qualcuno anche da massimo dirigente provinciale di un Partito nel quale avrei difficoltà a rinnovare la tessera. Faccia quindi un passo indietro, di lato, di sotto o di sopra, ma svincoli una intera comunità politica dal destino personale dell'uomo.
Al quale auguro ogni bene e tutte le fortune ma, come direbbero a Oxford, a due palmi dal culo del Pd, almeno fino a quando sarà un poco anche il mio ". Villari, leader indiscusso dell'area Pd-Cgil, secondo alcune indiscrezioni , potrebbe dimettersi nelle prossime ore, dopo aver partecipato, domani, all'assemblea nazionale che dovrebbe "incoronare" il nuovo segretario Enrico Letta: "Prendo atto - scrive l'ex assessore Villari su Facebook - con il rispetto di sempre, della decisione presa oggi dal giudice dell'udienza preliminare. Sono certo che presto si potrà dimostrare la correttezza dell'operato mio e di tutta la giunta davanti alla magistratura ". oltre a quello della dirigente Spi-Cgil e inseparabile "partner" politica di Villari, Concetta Raia. di due componenti della segreteria Cgil, Giuseppina Rotella e l'ex Cisl (assunta da Villari in Cgil), Rosaria Leonardi: "Sempre fiduciosi Angelo, un abbraccio", commenta Leonardi. Ma gli effetti dello "tsunami" potrebbero non finire qui.
A rischiare la "poltrona" potrebbe essere ora anche il segretario della Cgil Giacomo Rota, massimo sostenitore della giunta Bianco. Anche lui potrebbe trarre le conseguenze, e dimettersi, nei prossimi giorni: "Rota è stato parte del" blocco di potere "che oggi viene mandato a processo, - dice un attivista sindacale -, lo ha sostenuto fino alla fine e oggi non può far Finta di niente. Non ci sono solo le responsabilità giudiziarie, che verranno accertate, ma anche quelle politiche, Rota dovrebbe essere derivato e dimettersi ". Su Facebook, intanto, Enzo Bianco abbozza una prima difesa: "Prendiamo atto - scrive - con il dovuto rispetto, della decisione del giudice dell'udienza preliminare. Avremo modo, presto, di dimostrare l'ASSOLUTA CORRETTEZZA del comportamento mio e della Giunta davanti al Tribunale ".
Intanto si attende per i prossimi giorni il verdetto della corte dei conti regionali sull'accoglimento o meno del ricorso presentato da Bianco e dagli assessori della sua giunta contro la condanna all'interdizione, per dieci anni, dai pubblici uffici. La prima udienza del processo penale è fissata per il 16 settembre 2021.
per gentile concessione de "Le Iene siciliane"
Come può un uomo distruggere un altro uomo? Come può distruggere l'uomo? Come può un essere distruggere se stesso?. Per le elites che governano la politica e l'economia mondiale, ovvero per i padroni del sistema economico che detengono Il capitale e dettano i tempi ed il modus operandi della globalizzazione attuale, i popoli, che loro stessi definiscono massa, sono diventati un problema da gestire, non una risorsa da valorizzare. La tecnologia ha reso inutile buona parte del capitale umano in tutti i settori ed ha sostituito, automatizzandole, innumerevoli fasi dei processi produttivi.
Quel minimo di domanda di mano d'opera che è rimasta, ricerca per lo più forza lavoro a basso costo, sfruttandone lo stato di necessità, in cambio di un tozzo di pane, nel nome di una globalizzazione disumana voluta dalle stesse elites che dominano la finanza e di riflesso l'economia mondiale. Cosa farne allora di queste 'masse' in eccesso? Distruggiamole mentalmente cosicche 'gireranno a vuoto, considereranno dei lavori disumani sottopagati come dei privilegi, puntando Il dito contro chi è riuscito a prendere l'assegno di povertà.Invidieranno chi è riuscito, inchinandosi a qualche padrone, a conquistarsi una posizione da servo che è sempre meglio della schiavitù, si inchineranno davanti al padrone e difenderanno le loro stesse catene, arrendendosi a San Remo e ad ogni sorta di distrazione che possa illuderli di essere liberi quando in realtà sono diventati degli schiavi funzionali che pagano il costo della loro stessa schiavitù. Una guerra tra poveri disgraziati, laureati precari o sfruttati, lavoratori derisi ed umiliati, piccoli imprenditori saccheggiati e criminalizzati, mentre le élites ingrassano e sottopongono al dominio della loro finanza privata intere classi politiche, settori industriali, informazione, istruzione e qualsiasi opportunità di sviluppo economico in espansione.Questa era la situazione pre-virus, chissà quale sarà quella post virus, semmai inizierà un'epoca post virus.
Il 4 gennaio terminano, in Inghilterra, le udienze del processo per l'estradizione di Julian Assange, accusato di aver pubblicato documenti militari USA sulle guerre in Iraq e Afganistan, svelando a tutto il mondo la realtà di come i militari USA operato in quei paesi . Video, registrazioni audio e documenti sono stati ricevuti e pubblicati dalle redazioni giornalistiche di tutto il mondo.
Alle ore 09:00, del 4 gennaio, a Londra il giudice deciderà sulla vita di Julian Assange, estradizione si o no !!! E 'chiaramente un processo politico.
Colpire e punire Julian Assange per aver fatto dell'ottimo giornalismo è un terrificante monito e un precedente pericolosissimo per chiunque faccia informazione, giornalisti e semplici cittadini. In poche parole “scrivi qualcosa che non ci piace e farai la fine di Julian Assange”.
Se Julian verrà estradato, ogni giornalista non sarà più libero, la libertà di stampa, la democrazia, il rispetto del diritto non esisteranno più e saremo tutti costretti ad autocensurarci per non essere colpiti come Julian Assange.
Dalle ore 10:00 ore italiane, dalla pagina FB del Patto Julian Assange
qui il link : https://www.facebook.com/PattoJulianAssange
ricostruiamo quanto è accaduto rivedendo video, interviste, documentari, per capire meglio le motivazioni, come e cosa ha subito Julian Assange nell'attesa di conoscere l'esito della sentenza.
Ospiti della NO-Stop sono gli amici, giornalisti, uomini e donne che si battono per la libertà di Julian, si alterneranno per commentare quanto da Londra. Pressenza sarà presente.
Disamina Simbolica del 27 dicembre 2020
“VACCINO DAY” Chiave di Lettura: COVID-19, 27 DICEMBRE 2020 VAX DAY SIMBOLICO IN TUTTA EUROPA.
Rieccoci qui!. Mi ero promesso di non fare più disamine, l’ultima è stata il 5 agosto scorso, per non creare malintesi e per il rispetto delle vittime che cominciavano ad essere attribuite al “fantomatico Covid-19”, fantomatico perché ancora non si è chiarita la questione scientifica di questo “nuovo” virus. Ma questa volta non posso farne proprio a meno.
In tanti mi hanno chiesto se vi è un nesso “Esoterico” nella scelta della data in cui il vaccino anti-Covid, delle aziende Pfizer-BionTech, viene distribuito in Tutta Europa, tutto nello stesso giorno, e per quale motivo si può ipotizzare come un ennesimo “rituale oscuro”.
Bene, utilizzerò per questa Interpretazione Simbolica, le parole della Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen:
Bruxelles – Non ci sarà un solo ‘Vaccino day’ simbolico per far partire la somministrazione negli Stati membri UE, ma tre: il 27, 28 e 29 dicembre inizierà la vaccinazione contro il Coronavirus in tutta l’Unione europea. Lo annuncia la presidente della Commissione Ursula von der Leyen in un tweet dopo che (il 16 dicembre) in un dibattito di fronte al Parlamento europeo aveva reso noto il suo auspicio che i Ventisette (27) Stati membri Ue potessero iniziare insieme, “tutti lo stesso giorno”, la campagna di vaccinazione contro il Covid-19, “così come abbiamo agito insieme durante tutto l’arco di questa pandemia”.
Anche in Italia è stato pubblicato il bando di gara per il reclutamento di 3mila medici e 12mila infermieri, chiamato Piano-Arcuri, da utilizzare a tempo determinato per la somministrazione dei vaccini: Il Governo italiano ha lavorato negli ultimi giorni per favorire una simbolica data comune di avvio delle vaccinazioni nell'Unione Europea . “Ci vuole ancora molta prudenza e il percorso non sarà breve, ma la strada è quella giusta", lo scrive in un post su Facebook il ministro della Salute Roberto Speranza. Numeri a caso?... Parole a caso?
Come ormai sapete io non ho mai creduto al caso e in tutta questa vicenda è ormai palese che vi sia qualcosa che non “torna” ma, essendo fiduciosi e garantisti, crediamo che se in un futuro non troppo prossimo, dovessero configurarsi delle responsabilità in tutta questa vicenda, di tipo penale e oggettive su “ipotetici reati”, abusi di potere anti-Costituzionali ecc.., diremo che perlomeno qualche dubbio ci era venuto.
Vediamo insieme dunque, cosa ci dice la Cabala sul numero Simbolico 27.
DISAMINA DEL NUMERO 27
Simbolismo
Interpretazione cabalistica
Ventisette (cf. latino viginti septem, greco ἑπτὰ καὶ εἴκοσι) è il numero naturale dopo il 26 (attribuito a Dio) e prima del 28 (attribuito alla Forza).
SIGNIFICATO: "Chi si comporta bene sarà premiato con onore.
Il saggio aspira solo all'armonia della propria coscienza."
ABBINAMENTI: Albero, caramelle, diavolo (26 è il numero di Dio), pace, ascia, casco, feto, studente, attore, confessione, lingua, mezzo di Trasporto.
Il 27 è' il numero della fortuna acquisita, ottenuta in ritardo e realizzata con il lavoro paziente ed assiduo.
E' il numero degli eventi che accadono in ritardo, dei desideri che si avverano quando ormai è troppo tardi, delle proposte di lavoro e di matrimonio quando oramai si è già impegnati, dei numeri del lotto intuiti quando sono già usciti, dei treni perduti, dei sentimenti gettati al vento.
E' anche il numero delle persone che si svegliano nervose, che cominciano un lavoro sfiduciate, delle giornate piovose, ma anche delle cose cominciate con difficoltà e concluse piacevolmente, della tristezza che si trasforma in allegria, delle situazioni cominciate male e che si concludono felicemente.!
Il simbolo di questo numero è la polvere.
E’ il simbolo della luce “divina”. “Ecce crucem Domini” era la frase che accompagnava l’apparizione della croce luminosa.
E’ all'età di 27 anni che Gesù iniziò la sua evangelizzazione, secondo le visioni di Maria Agreda. «Nel secondo mese, il ventisette del mese, tutta la terra si era prosciugata» dalle acque del diluvio (Gen 8,14).
Nel Nuovo Testamento
Il numero 27 è usato 6 volte nella Bibbia (6 è il numero dell’Uomo in Genesi)
27 sono i libri del Nuovo Testamento nella Bibbia cattolica secondo il Concilio di Trento (1546) il 27-esimo, è la Rivelazione di Giovanni (libro dell’Apocalisse) e la sua festa è celebrata il 27 dicembre.
Secondo la Gematria
Il libro dei Atti dei Apostoli nel Nuovo Testamento usa in tutto 27 numeri diversi, che sono quelli dall’1 al 12, 14, 15, 20, 40, 70, 75, 120, 200, 276, 400, 450, 3'000, 4'000, 5'000 e 50'000. Il numero 500 è usato 27 volte nella Bibbia.
Fra i 365 numeri diversi che si trovano nella Bibbia, 27 di loro sono numeri primi, compreso il numero uno [1].
Alcuni Scrittori
Lo scrittore Raymond Abellio parla del numero dello Spirito Santo. Secondo R. Allendy, rappresenta l'evoluzione tendente a unificare la dualità, J. Boehme chiama questo numero "la morte." Secondo Alfred Weysen, ventisette è un simbolo lunare, indica la luce nell’oscurità. Secondo Edgar Cayce, è questa unità di misura che sarebbe stata usata per la costruzione della Grande Piramide.
In Massoneria
27 erano i Maestri che inseguirono i 3 assassini di Hiram.
Per gli indo-Americani
Per gli indiani d’America il “dio Soma” era accompagnato da 27 donne.
Per i Greci
L'alfabeto greco primitivo, con quale era possibile scrivere tutti i numeri dal 1 al 900, aveva 27 lettere col digamma, il koppa ed il sampi.
Per il Popolo Ebraico
Similmente la Rivelazione divina, ispirata al popolo eletto, è stata scritta sui rotoli grazie al 27 segni dell'alfabeto israelitico: 22 lettere più i 5 finali (kaph, mem, nun, phe e tzade) che hanno una forma ed un valore numerico diverso quando sono alla fine di una parola.
Ricorrenze
Anniversario di matrimonio: la Leggenda delle nozze di Ametista (consigliata la lettura).
Altre interpretazioni del 27
Non sono solo i sogni che danno un senso ai numeri però! Può infatti capitare di avere un numero ricorrente, che entra a far parte in vario modo della nostra vita. E’ possibile anche associarsi ad un numero perché in quel giorno siamo venuti al mondo. Se il vostro numero è il 27, potrete nelle righe seguenti trovare tutte le informazioni utili.
Il 27 si associa solitamente ad una persona sana e positiva, baciata di solito da una fortuna che non è però in grado di sfruttare come dovrebbe. Attenzione in amore. Il numero 27 è infatti associato a persone che tendono ad innamorarsi di chi non li ama, e si trovano così a vivere momenti di difficoltà, di solitudine, di sofferenza. Attenzione si da anche ai rapporti di amicizia!.
Il Club 27
Secondo alcuni, esisterebbe un misterioso e oscuro club di Artisti Famosissimi, i quali avrebbero perso la vita a 27 anni, dopo la loro iniziazione! (ipotesi)
Numero 27 nella Smorfia: il pitale; ‘O càntero
La smorfia associa al numero 27 all’orinale. Capiamo da dove nasce questa associazione, quale significato ha, per quale motivo e in quali circostanze può essere utile puntare sul numero 27.
La smorfia napoletana associa al numero 27 il vaso da notte che viene utilizzato durante la notte appunto per le proprie funzioni fisiche qualora si sia impossibilitato a raggiungere i bagni. Molto diffuso un tempo, quando i bagni si trovavano fuori dalle abitazioni, oggi l’uso di questo oggetto è legato soprattutto a situazioni di malattia o in cui comunque un soggetto ha difficoltà a raggiungere in maniera autonoma un bagno. Lo stesso numero rimanda infatti ad azioni quali adattarsi, declamare, offendere, pestare, puntellare, tranciare; a cose quali l’autobus, il cappello di lana, la carne, il certificato, la comunicazione, il convoglio, l’ufficio, il cuscino, davanzale, il torrone, il mezzo di trasporto.
Proprietà matematiche
È un numero composto, dispari. È il cubo di tre. La scomposizione in fattori primi è la seguente: 27 = 33 ( 33 gli anni di Cristo in croce secondo il nuovo Testamento).
Ha quattro divisori, la lista completa è: 1, 3, 9, 27. La somma dei suoi divisori (funzione sigma) è quaranta, l'aliquot (somma dei divisori propri) è tredici.
Il doppio di ventisette è cinquantaquattro e il triplo è ottantuno. Il quadrato è 729, mentre il cubo è 19683.
La somma delle cifre di ventisette è 9 per cui è un numero di Harshad, in quanto è divisibile per tale somma.
È un numero dispari.
È un numero composto, con quattro divisori: 1, 3, 9 e 27. Poiché la somma dei divisori (escluso il numero stesso) è 13 < 27, è un numero difettivo.
È un numero perfetto totiente.
È un numero decagonale.
È un numero di Harshad.
È un numero potente.
È un numero di Smith nel sistema numerico decimale.
È un numero di Friedman in numeri romani, XXVII = IX * ((X/V) + I).
È la somma delle cifre del suo cubo: 273 = 19683; {\displaystyle 1+9+6+8+3=27.}{\displaystyle 1+9+6+8+3=27.}
È il cubo perfetto ossia 33.
1/37 = 0,027027027..., e 1/27 = 0,037037037...
Se un multiplo di tre cifre di 27 viene ciclicamente permutato, per esempio 513 diventa 135 o 351, allora i numeri risultanti sono ancora multipli di 27.
L'unico altro numero che ha questa proprietà nell'ambito delle tre cifre è 37.
È il più piccolo numero intero che è uguale alla somma di tre quadrati in due modi diversi: 27 = 32 + 32 + 32 = 52 + 12 + 12.
È parte delle terne pitagoriche (27, 36, 45), (27, 120, 123), (27, 364, 365).
È un numero palindromo nel sistema numerico binario.
È un numero a cifra ripetuta nel sistema di numerazione posizionale a base 8 (33).
È un numero malvagio. Lunghezza del cubito "mir" in pollici (è in realtà ventisette pollici e mezzo).
Rappresentazione
Il numero 27 nella numerazione in base 16 (sistema esadecimale) viene rappresentato con 1B. Invece nella numerazione binaria (in base 2) viene rappresentato con 00011011 (se si utilizzano otto cifre). Nella notazione scientifica si esprime in questo modo: 2,7 x 10 1 oppure 2,7E+1
Chimica
L’elemento di numero atomico 27 è il cobalto (simbolo Co), un metallo grigio, molto duro, adottato in molte leghe e processi, come colorante.
Proprietà del numero 27 - Numero Cardinale
È un aggettivo numerale cardinale, invariabile (per cui si usa sia al maschile che al femminile). In cifre arabe si scrive 27, in numeri romani diventa XXVII.
Segue il ventisei e precede il ventotto. È composto di due decine e sette unità.
Il corrispondente numerale ordinale è ventisettesimo. A volte l'ordinale viene indicato nella forma mista 27esimo.
Per indicare una persona che ha ventisette anni, anche in maniera approssimativa, si usa la parola composta ventisettenne. A volte si usa anche la grafia mista di cifre e lettere 27enne.
Come sostantivo al maschile indica il numero e il segno che lo rappresenta. Ad esempio: Alla lotteria di Guidonia Montecelio è stato estratto il ventisette.
Può essere usato in espressioni relative al tempo. Ad esempio: Il ventisette maggio vado a Catanzaro per lavoro. Preceduto da un apostrofo, può indicare un anno in cui vengono omesse le prime due cifre, in particolare in relazione al ventesimo secolo. Quindi di solito '27 si riferisce al 1927.
Il Numero 27 – Terzo Decagonale
È parte paterna del triangolo rettangolo pitagorico 27, 36, 45. Questa terna è nove 9 volte il triangolo sacro pitagorico 3, 4, 5.
Pitagora e il Numero Ventisette 27
Secondo Pitagora il 27 è scomponibile i 2 e 7; 2 rappresenta la dualità (bene, male ecc.); 7 il numero della manifestazione Divina (colori dell’arco baleno, note musicali, sacramenti ecc.); La loro somma è 9 che rappresenta la Partenza, Completezza e Compimento; Ventisette è cubo perfetto 27=33, il primo cubo costruito sul 3, il primo numero spirituale. È uguale alla somma dei suoi tre quadrati: 27=32+32+32. Come numero rettangolare può essere espresso solo nella forma 3 x 9. È la somma delle cifre del suo cubo: 273=19683, cioè 1+9+6+8+3=27.
È il terzo numero poligonale decagonale 1, 10, 27, la forma su cui tale sequenza si sviluppa è un poligono a 9 lati, 27 è dato dalla somma di due ennagoni a 9 e 18 punti. Il numero 27 era anche detto Grande Tetractis, perché deriva dalla somma dei 4 numeri che all’interno della Decade nascono da un prodotto: (2 x 2) + (2 x 3) + (2 x 4) + (3 x 3) = 4+6+8+9=27. La Grande Tetractis 27, esprime la totalità dei prodotti della Decade e la moltiplicazione per 4 indica il passaggio alla manifestazione, per cui con esso si esprime “la totalità degli stati dell’essere; ciò ne fa un frequente simbolo iniziatico, diffuso anche nelle tradizioni orientali”. Il pitmene di 27 è 2+7=9, che rappresenta il primo cubo (il cubo è simbolo di Terra) che forma il numero.
Platone
Platone divide L’Anima del Mondo in più parti, secondo criteri di proporzionalità e armonia, le cui misure sono date dalle due quaterne geometriche di 1, 2, 4, 8 e 1, 3, 9, 27 che insieme formano una serie di Sette numeri 1, 2, 3, 4, 8, 9, 27.
Il 7° numero 27, è la somma dei primi 6 numeri dell’Anima del Mondo.
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Stefano Erario |
Conclusione
Le informazioni sono dunque davvero tante, non vi resta che fermarvi un attimo a pensare e capire che il 27 è un numero estremamente Simbolico dal punto di vista Cabalistico (della conoscenza misterica) e che quasi sicuramente, secondo il mio parere, non è stato scelto a caso. Non sappiamo se chi sta governando l’Europa oggi abbia conoscenza e coscienza di tutto questo, ciò sarebbe davvero grave, ma sappiamo chi ha questo tipo di conoscenza nel mondo, e sta tentando in tutti i modi, economici ed esoterici, di impiantare un cambiamento “Forzato e Forzoso”, nei confronti di Tutta l’Umanità solo per i suoi “scopi”, comprensibili per alcuni versi e in pochissimi in alcuni casi, ma non accettabili nei metodi. (non faccio nomi ma chi mi segue lo ha capito da tempo).
Siamo in un momento importantissimo di evoluzione Cosmica, in un passaggio epocale che dal “cono” del settore circolare dei Pesci (circa 2.000 anni, e chiamato “io credo” ) si passa a quello dell’Acquario (ho calcolato un periodo minore di 1.750 anni - considerando una “Vera precessionale” di 12 coni - chiamato “io so” ). Il suo Simbolo di riferimento è l’Acqua in tutti i suoi aspetti (vita, purificazione, memoria ecc.. Un passaggio a cui Tutti siamo sottoposti e che porterà ad una visione della vita molto più Libera da preconcetti ma anche da legami Temporali e Religiosi. Questo è il vero motivo per cui si stanno compiendo questi “atti”, un colpo di coda da chi queste cose le conosce benissimo. La storia ci ha insegnato che il male non ha mai trionfato, tanto meno lo farà questa volta, seppur questo passaggio lo si sta vivendo con palpabile preoccupazione. La verità Vince Sempre, abbiate fede, ognuno la sua.
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< Prendete tutto quello che vi dico al pari di una fiaba, anche se le fiabe, tuttavia, hanno un fondo di verità. Chi ha orecchie per intendere, ha già inteso > “Sapere Aude” ! … Un abbraccio ... She
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Fonti:
- Il significato dei numeri – CAMELOTTwww.camelott.it › Varie › numeri
- proprieta-del-numero-27. http://alexfocus.blogspot.com/2012/07/
- https://it.wikipedia.org/wiki/27_(numero)
- https://www.yumpu.com/it/document/view/44778084/insegnamento-pitagorico-armonia-istituto-cintamani.
- Studi di Simboli e Simbologia/di Stefano E. Erario 2011./ numeri e numerologia.
- https://www.google.com/url?sa=i&url=http%3A%2F%2Fwww.sapienzamisterica.it%2Farithmos
- https://www.google.com/url?sa=i&url=https%3A%2F%2Fsitowebinformativo.com%2Fnumerologia-il-significato-del-numero.
“L’Italia è diventata un enorme laboratorio mediatico per sperimentare un fenomeno ancora sconosciuto, almeno per la frequenza e le dimensioni, nelle altre democrazie. Anche perché nulla di simile, nelle altre democrazie, sarebbe possibile. Una fabbrica di bufale a getto continuo che non ha incontrato ostacoli degni di nota e ha finito con l’assuefare i cittadini, mitridatizzandoli, privandoli giorno per giorno degli anticorpi, trascinandoli sempre più inconsapevolmente verso uno stato di anestesia totale, in una bolla di balle, su un terreno dove la verità e la menzogna non si distinguono più: qui i fatti veri vengono sostituiti sistematicamente, scientificamente con fatti sempre e comunque falsi. E con argomenti che la gente comune non ha gli strumenti per verificare de visu: è costretta a fidarsi, e purtroppo si fida – in mancanza di alternative equivalenti – di chi quei fatti li manipola e li falsifica per mestiere. Di chi è pagato per falsificarli ed, essendo protetto dal potere, non teme alcuna conseguenza né penale né civile per le sue azioni, perché c’è chi pagherà per lui, c’è chi lo tirerà sempre fuori dai guai.”
Questo leggiamo in un capitolo intitolato Premiato Bufalificio Italia nel libro di Marco Travaglio di qualche anno fa, La scomparsa dei fatti (Il Saggiatore, Milano 2006, p.161).
E, in un capitolo immediatamente precedente, a proposito dell’aviaria, ovvero “del fantomatico virus dei polli che ha terrorizzato l’Europa e l’America negli ultimi mesi del 2005”, definita la “più grande bufala del nuovo millennio” (p. 147), prima della presentazione (in base all’esito delle ricerche effettuate da Report) degli sconfinati vantaggi economici ricavati dalle grandi multinazionali farmaceutiche in seguito al panico venutosi a creare grazie all’ allarmistica campagna mediatica e ai relativi provvedimenti governativi, ci imbattiamo in affermazioni lapidarie in merito a quello che una sana e onesta informazione dovrebbe sentirsi chiamata a fare soprattutto in situazioni di questo genere.
“L’antidoto alla pandemia delle balle sarebbe l’informazione, intesa come contropotere indipendente dal pensiero unico, dalle campagne puzzolenti, dall’ansia di sensazionalismo e dagli interessi forti. Ma l’informazione fallisce, o abdica, o si mette pigramente a rimorchio dei cosiddetti “esperti” che, mai come in questo caso, indipendenti non sono. L’allarme, infatti, lo lanciano i cosiddetti scienziati: fanno lo stesso mestiere di quelli che invitano alla prudenza, ma lo scienziato che annuncia la peste fa molta più audience di chi minimizza e va coi piedi di piombo.”
Un vero peccato, davvero, che cose di questo tenore all’epoca ritenute, dalle più brillanti menti progressiste, segno pregevole di rara lucidità di analisi e di indiscutibile indipendenza di pensiero, vengano considerate oggi, nel migliore dei casi, manifestazione tangibile di stolta e pericolosamente irresponsabile dabbenaggine … Ma una informazione come quella attuale, che, anche nei suoi protagonisti ritenuti più liberi e intelligenti, invece che coltivare il dubbio e il sospetto, invece che favorire in tutti i modi il dibattito aperto e il confronto critico fra le varie tesi, possibili interpretazioni e possibili strategie da adottare, svilisce perentoriamente e prepotentemente i pochi che osano porsi fuori dal coro, etichettandoli con grossolano disprezzo come scellerati-negazionisti-terrapiattisti-nomask-novaxisti, rappresenta forse la più inquietante forma di fallimento culturale di questo oscuro periodo. E, senza una informazione in grado di fare veramente da coraggioso cane da guardia nei confronti del potere politico e del potere economico, i tempi che ci attendono difficilmente potranno essere meno oscuri …
Dell’architettura e del suo rapporto atavico, quasi ancestrale col suolo, ha parlato ieri, 10 ottobre 2020, nel corso del Geoevento organizzato in occasione della Settimana del Pianeta Terra, a Mussomeli, il Professore Gianfranco Tuzzolino, ordinario di Progettazione architettonica presso la Facoltà di Architettura di Palermo. Docente e progettista attivamente impegnato, può vantare, nel novero delle sue attività, un portato di circa 200 pubblicazioni inerenti la materia architettonica e i suoi svariati campi d’applicazione.
Indagare la terra e le sue necessità è diventata un’esigenza di primaria importanza per l’uomo vista la portata degli ultimi eventi climatici sempre più disastrosa. Un rinnovato senso della costruzione e del suolo tanto auspicabile per l’inaugurazione di un tempo nuovo. Conoscere per costruire ma anche cercare le appartenenze nel suolo. E proprio lì, nella morfologia del suolo e del luogo, nelle loro criticità, vanno ricercati i limiti dell’artificio e il suo senso esplicito e latente.
Perché, solo conoscendolo, il rischio può essere arginato, grazie alle competenze acquisite, prevedendo, anziché accendere il dibattito al momento dell’accidente. A tal proposito le varie discipline, Geologia e Architettura in primis ma anche Agronomia quale scienza intimamente legata al suolo, è bene che operino in sinergia tenendo ben presenti, però i confini di ognuna. E il senso del limite e del confine è quello che dovrebbe guidare qualsivoglia progetto di costruzione. Nell’ottica di questa rinnovata etica della responsabilità il Muro diventa segno e metafora di un confine che paradossalmente si erge per svelare un orizzonte-altro, quell’infinito necessario che segretamente ci abita. L’artificio, nella sua compenetrazione con la Natura, può restituire all’uomo quell’immortalità negata proprio dalla sua condizione di coscienza. Ma l’artificio prevede la Cura di quel suolo che una volta possedeva il suo magistero. Un approccio umanistico alla Progettazione dei luoghi, una conoscenza che prevede lo sguardo per costruire in maniera coerente. Perché costruire è un bisogno intimamente legato all’uomo e l’architettura attribuisce qualità ai luoghi come il castello che ha ospitato il convegno, mirabile esempio di sintesi tra natura e artificio. Il castello spiega la roccia e garantisce quella continuità che ci ammaestra con carezzevole atteggiamento. E’ il Comporre!
La terra va indagata non già con metodo scientifico ma con l’animo disincantato del poeta, quel poeta che è dentro ogni architetto, capace di cogliere la Bellezza in potenza. Quella poesia che è fine e mezzo dell’architettura, che, da sola permette di svelare l’essenza dell’abitare dell’uomo così come Heidegger ce l’ha magistralmente consegnato.
La testata riparte dal web con un convegno nell’ambito del Festival dello Sviluppo Sostenibile.
La voglia di raccontare “per esserci “ di 40 anni fa ,di giovani entusiasti ma anche critici, è solo più matura. Il tempo ha cambiato le loro vite, modificato gli approcci culturali e politici, ma stranamente li ha fatti ritrovare intorno al progetto che li aveva riuniti. Stranamente, perché nel passaggio dal secolo scorso ad oggi, gli ex redattori del mensile TUTTI si sono visti davanti i problemi e i dilemmi che avevano animato redazioni artigianali sparse per tutta Italia. Chi scrive queste note era parte di quel mirabile progetto fermatosi poi nel 1981.
TUTTI fu un’esperienza giornalistica ricca, fresca, in un’Italia alle prese con il post’68, il terrorismo, la modifica di costumi ed abitudini. Un mensile-cantiere che raccontava il terzomondismo ,l’ambiente, l’Europa la provincia italiana, le professioni. Gli ex ragazzi sono stati risucchiati da carriere, ambizioni, gioie e delusioni. Hanno visto la storia correre senza che gli ambiti di loro interesse mutassero lì dove era necessario. Una nemesi per chi in anni difficili pensava tutto il bene del mondo senza preoccuparsi di doverlo un giorno difenderlo quel mondo. E non solo con articoli, reportage, inchieste, ma con la saggezza dei padri per qualcosa e non solamente contro qualcuno ,che qualche volta pure bisognerebbe farlo.
Claudio Leone,al tempo Direttore di TUTTI li ha tenacemente rintracciati quegli universitari anni ’70, redattori in erba . Li ha trovati uno ad uno e riorganizzato la rete TUTTI2020. Dopo un lavoro di raccordo , di idee da portare avanti, con il varo del sito www.tutti2020.eu. mercoledì 7 ottobre TUTTI2020 partecipa all’Università di Padova al Festival dello Sviluppo Sostenibile (Asvis). Riparte con il convegno"Rendersi doppiamente utili”, qualcosa di più di un dibattito con intellettuali, sindaci, esperti. Una scommessa da giocare (da adulti ormai) che punta ad un trofeo ambizioso. Mercoledì sul tavolo ci saranno lo sviluppo delle nuove tecnologie, l’economia eco-sostenibile , il lavoro per i giovani, la solidarietà. Una strada complessa ,evidentemente non solo narrativa, per condurre l’Italia in una economia verde.
“ Ci proponiamo l’obiettivo tutte e tutti insieme , di costituire una rete delle redattrici e dei redattori di TUTTI che vogliano aprire una riflessione alta sul futuro del nostro Paese, dell’Unione europea da rivedere, da ripensare, da cambiare, da riformare, ma non da sfasciare “ dice l’invito . L’evento sarà on line dalle 16,30 e ci si può iscrivere a : https://zoom.us/j/91040306020.
Ex che parlano di ambiente, sviluppo, disuguaglianze a giovani che talvolta vedono i padri come i veri responsabili delle disgrazie planetarie ? Un po’ si, ma con tanta autocoscienza da parte di chi prova a rimettersi in gioco con più pacatezza. La buona informazione, la narrazione matura e consapevole aiuta , ma quando si ritorna in campo dopo tanti anni non si può dare spazio ad astrazioni e cliché consunti. Potrebbe essere triste. Mercoledì si parlerà di green economy, immigrazione, bonifiche ambientali, riassetto idro-geologico, valorizzazione di beni culturali ,salute. Uno sproporzionato catalogo di cose da mettere a posto ingiallito dal tempo e deteriorato da classi dirigenti incapaci.Una specie di remake dove gli ex di TUTTI cercano di raccontarla a coloro che vivono le stesse contraddizioni dei padri.****.