L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni. |
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Giulia Bertotto |
Giovane filosofa con spiccate simpatie in ambito gnostico-manicheo e in ambito patristico, Giulia Bertotto è autrice di due originali raccolte poetiche, In caso di Apocalisse del 2019 e Dolce Stil Muoio del 2022, nonché del saggio Westworld la coscienza in serie. Da anni, con passione e competenza, si dedica alle interviste per la testata online Quotidianoweb, mentre per L’Antidiplomatico cura la rassegna Cultura e Resistenza.
Dal nostro incontro, favorito da comuni interessi relativi al pensiero mistico di Plotino e di Giordano Bruno, e dallo stesso amore per un giornalismo senza padroni e nemico di tutte le menzogne, è nata la seguente conversazione.
Cosa ti avvicina al loro pensiero? E perché li consideri particolarmente utili per aiutarci ad affrontare una vita in cui (come tu stessa affermi altrove) “Nessuno ha ancora risposto al Male del Mondo”?
Colui che (finora) ha risposto in maniera più efficace al dilemma del male nel mondo è Agostino d’Ippona. La triangolazione tra coscienza umana, necessità del peccato originale e del male (a garanzia della libertà umana) e onnipotenza buona di Dio, nel suo sistema si reggono sul libero arbitrio; un dispositivo geniale.
La figura filosofica in cui mi rispecchio di più è Simone Weil: giornalista, militante, poi anarchica e mistica. Nel suo caso l’anarchia era già ricettacolo ascetico, una forma di distacco dal mondo terreno.
Di Seneca consiglio di leggere la Consolatio ad Marciam,breve trattato in cui la filosofia ha un ruolo consolatorio al lutto più duro che c’è: la perdita di un figlio. Non è una consolazione sentimentale ma ontologicamente fondata su una coerente metafisica. Cusano ha espresso un meta-concetto, qualcosa che va oltre la mente cognitiva, qualcosa che anticipa la fisica quantistica e recupera la filosofia orientale: la coincidenza, quindi il superamento, degli opposti. Epicuro non è in realtà tra i miei “preferiti” ma certo non era un edonista del qui e ora come viene descritto. Giordano Bruno è un portento: poche intuizioni come il suo panenteismo (Dio è sia nella natura sia la trascende) mi hanno emozionata nella vita. Ci tengo a ribadire, come ho scritto in un articolo per la Gazzetta Filosofica, che la vulgata atea che fa di questo filosofo una bandiera dei positivisti è forzata e faziosa: è una visione decontestualizzata, facilona, che non tiene conto dell’epoca.
Il Nolano non era un martire del pensiero scientifico contro quello mitico, anche se fu un violento eretico anticlericale. Era un frate, un mago, un cabalista, il suo eroico furore era un impeto verso il divino.
Prima assolutizzavo ogni teoria, mi innamoravo di ogni pensatore, quando lo scoprivo dicevo: “Ecco questo ha capito tutto”! Ora sono nella fase in cui hanno tutti ragione. Un mio amico mi ha detto che rischio il relativismo, il cui disorientamento porta alla pazzia come è accaduto in Nietzsche, e un altro, invece, che potrebbe essere una specie di conciliazione mistica, quasi un guardare le cose con gli occhi del Divino. Secondo me, hanno entrambi ragione (e ti pareva!), ma non diventerò né pazza né una santa.
Ovviamente, in questo “hanno tutti ragione”, ho dei limiti: i sostenitori della neutralizzazione del maschile e del femminile che vogliono farne sovrastrutture culturali, quando invece sono archetipi bio-spirituali, e i sostenitori dell’utero in affitto -il più grave crimine contro l’umanità- non hanno ragione punto e basta.
In una tua poesia, poi, arrivi a chiederti (e a chiederci):
“Se avessimo davvero sbagliato direzione?
Se Mani, Leopardi e Schopenhauer avessero ragione.
Se l’estinzione fosse la Resurrezione?”
Quindi? Quale dovrebbe essere la “giusta” direzione?
C’è un grande filone di filosofi che dà per scontato che vivere sia cosa buona e giusta, lo si deve fare per la verità, il bene, Dio … Ma c’è una corrente nascosta, clandestina quasi, di pensatori che non la vedono così. Il loro pensiero è insopportabile, ma coraggioso e affascinante. Sono i manichei di Persia (Mani fu il loro profeta), i loro eredi gli gnostici ellenistici, poi i catari europei, e poi Leopardi, Schopenhauer, Nietzsche, Cioran, Mainlander, Peter Zapffe. Secondo loro, non dobbiamo indugiare qui sulla terra, ma aspirare ad un’altra dimensione, oppure trasformare la nostra stirpe umana. Possiamo dirlo in termini induisti e buddhisti: dobbiamo estinguere il Samsara.
Non si dovrebbe avere tale imbarazzo e tabù di questo concetto, non è propaganda malthusiana, può essere un nichilismo lucido e metafisicamente argomentato, come per gli gnostici o i catari medievali. Tuttavia, per nessuno di loro il suicidio è un’uscita di sicurezza valida. Se ti piace la serie True detective, li devi conoscere.
In una formula: “Dolce stil e Muoio”. Non è una pacificazione, ma un dilemma. Una tensione a cui non cerco più una soluzione, proprio nel senso etimologico di sciogliere la polarizzazione e la dualità. Dolce Stil Muoio non è licenza poetica, ma affezione profonda, biografia energetica, deriva dalla mia infanzia, dal mio attaccamento ambivalente. Scusa, so che non è una seduta di psicoterapia, ma, secondo me, se decidi di parlare di te stessa, poi ti devi dare. Se ti dai, gli altri sentiranno che ti sei consegnata.
Rispondo con un passo della già citata Simone Weil: “Nulla può avere come sua destinazione altro che la sua origine. L’idea contraria, l’idea del progresso, è veleno”. Il versante di me che sente lo Spirito Uno (non saprei come altro dirlo), che è certo della Vita infinita, sa che veniamo dal luogo al quale dobbiamo tornare. Quello che accade in terra sono solo chiacchiere.
Questa domanda me la faccio quasi ogni giorno e mi terrorizza. Il senso di impotenza è schiacciante. Ci sono élites dominanti che hanno il controllo della finanza e, quindi, dei media e dei social, della politica e della magistratura. Altro che complottismo, è una condizione evidente. Non credo di essere mai stata ingenua, ma la gravità di questo stato di cose l’ ho davvero capito in ritardo.
E’ una lotta impari, per dirla con Marx, sono dei rapporti di forza mostruosamente squilibrati.
Sì, con Quotidianoweb stiamo portando avanti un’inchiesta della massima importanza per la verità, la democrazia e la giustizia nel nostro paese. Raccogliamo le testimonianze di coloro che hanno subito gravi effetti collaterali dopo la campagna vaccinale antiCovid. Queste persone sono tante, tantissime. La rubrica si chiama “Fuori dal silenzio”.
E’ davvero surreale ascoltare per ore persone disperate, pentite, furiose, invalidate, colpite da patologie neurologiche e autoimmuni, che vengono ignorate dallo Stato, fatte passare per matte dallo stesso sistema medico, e poi trovarmi a preparare la cena o fare un aperitivo con un’amica, come niente fosse. Come se in questo paese non fosse in corso una strage. Questo ci fa tornare alla domanda sul male. A volte, nessuna risposta, neppure quella del dottore della Grazia, mi sembra efficace.
“Tenere nella mano un passerotto
caduto dal nido.
Quel cuoricino che impazza nel mio palmo
il mondo intero
al petto
mi fracassa”.
E’ forse questo, mi chiedo, il significato più bello della vita? Raccogliere e proteggere chi è caduto?
Un po’ ti conosco, e ti ho beccato, ahahhaha … questo credo sia il tuo! Io non sono così rivolta all’altro. Non faccio volontariato, ma se un cucciolo cade nel mio giardino significa che, per qualche ragione, quella faccenda tocca a me. Quel passerotto lo salverei ancora e ancora.
Per me, ciò che c’è di più entusiasmante è capire, provare a comprendere, tentare di far quello che gli scettici come Pirrone ritengono impossibile; afferrare qualcosa di questo assurdo Mistero che è esistere. Anche se io, a differenza di Pirrone, non sono affatto libera dalle passioni. Sto bene da sola, ma, tutto sommato, adoro anche stare con gli altri. Da bambina ero triste e volevo stare con mamma o sola, soltanto dopo c’è stata la scoperta degli altri.
L’umanità è orribile … l’umanità è meravigliosa.
Sul tavolo di questa estate calda, caldissima, c’è un altro fattore caldo che merita la nostra attenzione. Gli stupri, le azioni di violenza di gruppo verso una vittima che sia maschio o femmina che hanno riempito la cronaca nera di questi mesi. Accendono un problema vero a cui noi cittadini, genitori in primis, e comunicatori, non possiamo risolvere con il silenzio e la semplice condanna via social.
L’imbarazzo di certi temi ci obbliga a dover parlare ai nostri ragazzi di educazione emotiva, sessuale e di amore. Sì, dobbiamo parlare ai nostri ragazzi di amore e quindi di relazioni di affetto, di amicizia, di rispetto. Ricominciare da qui.
E soprattutto, occorre dire che se lasciamo al web il compito di educare i nostri ragazzi alla sessualità è finita. Sul Web, ormai i nostri adolescenti acquisiscono immagini pornografiche gratuite, senza censura e limite alcuno.
L’educazione del giovane maschietto e anche della giovane ragazza è fai da te, attraverso il grande educatore sessuale del secolo in corso, la Rete. Tik tok, YouTube e poi Telegram e WharsApp per diffondere contenuti, propongono di tutto, senza censura per i minori, o di immagini forti che possono confondere, preoccupare, male educare.
Va anche ricordato ai nostri ragazzi che il nostro corpo non è di proprietà di nessuno se non di noi stessi, che nessuno lo può violare, che nessuno può spingerci a fare cose che non vogliamo, e che qualunque violenza venga perpetuata al nostro corpo con l’uso della forza è un reato e come tale va denunciato alle autorità competenti e va perseguito.
Concetti chiari, semplici, diretti e incontrovertibili.
Secondo uno studio del 2016 di Ingrid Storm, ricercatrice dell’Università di Manchester, ogni generazione è semplicemente più liberale della precedente. In più, i valori morali e la moralità differiscono da persona a persona, da epoca a epoca e da paese a paese.
Se si parla di valori morali in declino, magari qualcuno tra di voi non sarà d’accordo, probabilmente.
Aggiungiamo anche che a contribuire alla percezione distorta della morale comune, ci sono i dati di visualizzazione degli articoli e il fatto che i lettori preferiscono di gran lunga le brutte notizie.
La copertura mediatica della cronaca nera c’è, la gente la guarda o legge, la pubblicità si vende sulla base delle letture, delle visualizzazioni e da qui l’impressione di un decadimento di morale delle nuove generazioni.
Se, allora, qualcuno storce il naso su questa riflessione sulla “presunta questione di moralità” delle nuove generazioni di questo millennio, visti i fatti scioccanti che accadono in lungo e in largo per il paese, ciò non toglie che i concetti, come quello dell’educazione emotiva e sessuale per i ragazzi, passano attraverso di noi, le nostre parole ed azioni di adulti.
I media sono l’entità più potente sulla terra. Hanno il potere di rendere colpevole l’innocente e di rendere innocente il colpevole, e questo è potere. Perché controllano la mente delle masse. (Malcolm X)
La violenza dilaga ogni giorno, è indubbio: le reazioni umane sono sempre meno umane e non esiste alcuna forma di difesa verso chi subisce. Assistiamo a cose inaudite; violenza per strada sotto gli occhi di gente inerme occupata solo a registrare con il telefonino, sguardi curiosi e indagatori ma nessuno che invochi aiuto. Donne violentate e uccise, madri che uccidono i propri figli, lo spaccio sempre più mercatino di strada sotto sguardi di gente comune che si abitua al degrado quasi come sottostare a chi ha deciso di uscire allo scoperto con la propria delinquenza, certi di non pagare alcuna pena. Nessuna riforma che garantisca aiuti per chi ha perso il senno e allo stesso modo nessun aiuto a chi subisce ogni tipo di violenza e di sopraffazione. La stampa di testata ci propone sempre immagini del diverso additando quel degrado ma non sottolinea mai che se tutto questo ci circonda è perché c'è chi fa finta di non vedere o peggio, che vede molto bene ma gode fomentando l'odio verso alcune razze senza spiegare che spesso dietro a certe forme di violenza c'è la droga, la povertà, la malattia mentale, la fame, la stanchezza e la disperazione. Perché invece di additare non si creano soluzioni? perché si mette in prima pagina il mostro sempre di origini differenti dalle nostre? Viene il sospetto che ci sia un disegno ben articolato, esaltare quanto lo straniero sia da isolare, quanto lo straniero sia marcio, quanto lo straniero sia sbagliato, sporco, assassino e depravato. Magari arriveremo vicino alle elezioni e alcuni politici ci prometteranno che l'uomo nero non dovrà mai più entrare perché portatore di degrado e delinquenza. Magari; così i voti saliranno in modo esponenziale. Negli ultimi anni si leggono articoli che servono essenzialmente ad additare quanto l'errore abbia un colore, quanto alcune guerre siano a causa di una certa nazione, quanto la donna sia spesso la causa di una violenza cercata, quanto viene deciso che un vaccino salva la vita obbligando a farlo, quanto con la scusa di una democrazia si sceglie di imporre i cittadini a tenere i propri pensieri per sé tanto il potere decisionale non da scampo di scelta.
Ormai tutto è allo sbando, con gli anni l'umano si è lasciato trasportare dai condizionamenti di un potere che attraverso una rete di imbrogli ben studiati, di congetture politiche, di processi intellettuali di dubbia pulizia etica e morale ha reso l'uomo dipendente dai media sempre meno informatori e sempre più dottrine da seguire.
Un'inedita edizione del trattato strategico per eccellenza è stato oggetto di un convegno presso la Sala Capitolare del Senato della Repubblica Italiana.
In occasione della Giornata Internazionale dei Peacekeepers 2023, giovedì primo giugno l'autore americano Colin I. Thorne ha presentato, tramite il curatore della casa editrice Layout S.r.l. Edoardo Claudio Olivieri, il libro «Sun Tzu, The Technology of War» (nell'edizione italiana «Sun Tzu, La Tecnologia della Guerra»), col supporto di due tavoli di relatori d'eccellenza, ognuno dei quali ha commentato questo testo contestualizzandolo nel proprio ambito di competenza, passando dalle arti all'economia, dalla giurisprudenza alle scienze, dal giornalismo alla strategia militare, dalla formazione universitaria alla filologia.
L'incontro è stato abilmente moderato del giornalista Andrea Sermonti ed è iniziato con la proiezione di un breve filmato nel quale Colin Thorne ha illustrato accuratamente il perché di questo titolo innovativo per Sun Tzu, che dal tradizionale L'Arte della Guerra diventa La Tecnologia della Guerra.
«Sun Tzu non rappresenta un'arte» ha esordito Thorne «Sun Tzu utilizza, lungo tutta la sua opera, il termine 兵 伐 bingfa. Il significato di questi caratteri cinesi particolari fornisce un’idea della vera natura del suo lavoro. 兵Bing significa militare, o cose di natura militare. 伐 Fa significa leggi, principi, regole e metodi.»
Infine, continua Thorne: «L’uso di 兵 伐 bingfa da parte di Sun Tzu indica che egli era dell’opinione che ciò che lui aveva codificato equivalesse ad una tecnologia e, verosimilmente, perfino in una scienza. Di conseguenza, Sun Tzu rappresenta una tecnologia, vale a dire un completo corpo di conoscenza».
Il dibattito è poi proseguito con il primo tavolo dei relatori, a partire da Monica Libinu, giornalista, conduttrice televisiva e critica di danza, con un intervento che ha messo in risalto l'imprescindibile ruolo dell'estetica e dell'arte nella creazione di una civiltà pacifica, a cui ha fatto seguito il docente di Scienze Naturali prof. Enzo Pennetta, che ha posto l'enfasi sulla cronaca bellica Ucraina, caratterizzata da una piena violazione della massima suntzuniana in virtù della quale si «vince senza combattere».
L'economista e autore Antonino Galloni ha quindi carpito l'attenzione della platea affrontando le tematiche belliche da un punto di vista di interessi economici, parafrasando Carl Von Clausewitz e sottolineando che se «la guerra è la continuazione della politica», allora «l'economia è la continuazione della guerra».
Se da un lato l'avvocato Pierluigi Fettolini ha contestualizzato Sun Tzu nel moderno scenario di complotti ed inganni legislativi facendo riferimento alle tecniche della guerra normativa, dall'altro il giornalista e fondatore di «Dialogue on Democracy» dott. Vas Shenoy ha calcato la mano sull'elemento dell'inganno quale comun denominatore delle strategie di controllo politico-militare adottate storicamente dalle superpotenze. La materia è stata poi affrontata con un'ottica decisamente diversa dalla professoressa di Diritto Ecclesiastico Angela Patrizia Tavani, che ha messo in relazione alcune massime di Sun Tzu con la vita di tutti i giorni, nella quale i fattori laici e religiosi possono convivere e armonizzarsi.
Il secondo tavolo dei relatori ha avuto inizio con il prestigioso intervento del Presidente del Centro Alti Studi per la Difesa Ammiraglio di Squadra Giacinto Ottaviani, avente come oggetto la leadership nel complesso contesto del terzo millennio, esaminando in dettaglio le diverse modalità di leadership adottabili a seconda che il contesto sia semplice, complicato o complesso, per poi effettuare una disamina di una case history condotta da ricercatori di Harvard in una High School di Boston. Tale ricerca analizzava i risultati ottenuti suddividendo un gruppo di studenti (dalle caratteristiche in realtà omogenee) in due classi, dichiarando fittiziamente che nella prima erano stati inseriti i migliori, mentre nella seconda i peggiori; e ottenendo come risultato a fine anno che la prima classe si dimostrasse marcatamente migliore della seconda come semplice conseguenza del fatto che «tutti sapevano che quella classe era migliore, e questi studenti probabilmente venivano trattati con maggior riguardo dai rispettivi professori, ottenendo di conseguenza un incremento del quoziente intellettivo nell’arco di nove mesi; così come Sun Tzu diceva di trattare i propri uomini come se fossero dei figli amati, perché solo così i leader sarebbero stati seguiti fin nelle valli più oscure», e sottolineando quale virtù primaria nella leadership l’applicazione della «Regola Aurea: tratta gli altri come vorresti essere trattato tu».
All'intervento dell'Ammiraglio ha fatto seguito quello del curatore dell'edizione italiana del libro oggetto del convegno E. C. Olivieri, che ha descritto in dettaglio l'immane lavoro svolto da Colin Thorne per rendere di nuovo disponibile ai lettori il puro pensiero originale di Sun Tzu dopo 2.500 anni, parlando poi del suo susseguente contributo nella creazione della edizione italiana, frutto di un progetto sviluppato con l'Ing. Luca Boncore e illustrata da Michele Scaciga.
Il dott. Giampaolo Nicola, Pro Rettore ISFOA, Ambasciatore di Pace presso la Santa Sede e membro OMSTAT, ha parlato del retaggio di Sun Tzu nell'attuale formazione universitaria, annunciando l'adozione de «Sun Tzu, la Tecnologia della Guerra» quale materiale formativo di riferimento nei corsi di Diritto nternazionale svolti dall'istituto di istruzione universitaria da lui rappresentato, in associazione con la GCU - Global Center University, e accompagnando la platea in un profondo viaggio religioso che prendeva spunto vuoi dalle encicliche Pacem in Terris di papa Giovanni XXXIII e Popolorum Progressio di Papa Paolo VI, vuoi da tematiche citazioni del servo di Dio Aldo Moro e rammentando l'omelia di Papa Francesco: «in un mondo scoraggiato da violenza e guerra, la pace vince».
Il convegno si è concluso con i contributi del Presidente del Parlamento della Legalità Internazionale dott. Nicolò Mannino, con un intervento emotivo senza precedenti che ha enfatizzato «l'imprescindibile importanza di essere operatori che testimoniano una cultura di pace, edificandola e dichiarando all’umanità i diritti che le garantiscono l’attuazione di una cultura del riscatto, perché ogni pace nasce da una guerra interiore che abbatte la mentalità dell’odio e sfocia in un inno alla vita», citando poi il giudice Rosario Livatino «“quando moriremo, nessuno ci verrà a chiedere quanto siamo stati credenti, ma credibili”».
A Mannino ha fatto seguito per il gran finale l'Avv. Enrico del Core, Cassazionista e Dottore di Ricerca in Diritto Privato e Garanzie Costituzionali, nonché Presidente del Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani, ente di vigilanza e difesa dei Diritti Umani nel campo della salute mentale; il quale, con un sapiente excursus lungo molteplici assiomi di Sun Tzu, ha dimostrato inequivocabilmente come l'auspicio supremo per un legale sia il perseguimento della pace sociale che rappresenta altresì il trionfo della vera giustizia.
Il convegno è stato arricchito dall’inestimabile contributo canoro dei cantautori Giulio Nicolosi (con il brano «Voglio») e Nora Rindi (con il brano «Un Milione di Passi») accompagnati dal chitarrista Enrico Fornatto, e di Alex Magistri dei GHOST con «Hai una vita ancora» e «Il mio nome è la dignità»; essi si sono infine esibiti in un trio canoro sulle note del brano tematico “La guerra di Piero” di De André, permeando letteralmente tutta la Sala Capitolare con le loro sublimi voci. Un sentito ringraziamento va allo staff Sheitara Tafuro e Pascal Lemos.
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Notizie filtrate, sfalsate, indirizzate a secondo la posizione politica dei giornali di testata.
La gente legge, cerca informazione, vuole sapere, conoscere, comprendere ma ogni giornale riporta la stessa notizia con differenti opinioni tanto che cresce la confusione generale nel lettore sempre più indeciso a chi credere.
Una guerra d'indottrinamento legale dove la vittima è sempre la gente che naviga in balia a giochi politici dove a mischiare le carte sono le major editoriali.
Non solo nella carta stampata ma anche in qualsiasi media popolare. Oggi la Rai, domani Mediaset , poi sarà la volta di questo o quell'altro palinsesto. Vediamo quello che vogliono farci vedere e ascoltare, restiamo confusi, sbandati e nelle discussioni fra gente comune vengono fuori opinioni diverse "figlie" di una disinformazione lacunosa. Programmi inutili, lavaggi del cervello, volgarità e attrattive mediocri dove si parla del niente e il niente viene costruito.
La sessualità svenduta, la cultura ignorata, l'esempio e l'insegnamento educativo ormai al bando da anni. Pochissimi programmi culturali, pochissimi fuori dal coro che proprio per questo vengono velocemente esclusi. Tutto è circuito politico, anche nelle piccole cose. Le associazioni no profit non trovano spazi per divulgare la cultura mentre le associazioni pro favoritismi riescono a emergere nonostante povere di iniziative sociali.
Siamo diventati quel paese che osserva maniacalmente storie di omicidi svendute in programmetti che parlano nello stesso momento di mortadella e di morte facendo a gara a chi infama di più mettendo sù processi fatti di chiacchiere e di pettegolezzi inauditi. Si parla di guerra come se fosse l'argomento di un film e non come una tragedia che sa di sangue, dolore, infamia. Tutti sanno tutto, tutti additano senza conoscere la storia, tutti hanno la risposta e intanto la gente diventa indifferente al dolore, all'ascolto, alla compassione e prende parte a quello o all'altro Stato come se si trattasse di una partita di calcio.
La coscienza umana va di pari passo a quel potere che sa come manovrare i lobotomizzati di una società che ci piega sempre di più a un volere essenzialmente politico, in un contesto sempre meno umano dove i DIRITTI CIVILI vengono calpestati e ignorati oltre che MAI essere menzionati dai giornali, dalla televisione, dalla radio. Nascono gli odi razziali, l'omofobia, l'inascolto degli ultimi che ultimi non sono.
Un mondo finito se non si prende coscienza di noi, del nostro voler essere verso l'altro senza difesa, senza ascolto, senza parola.
Il potere ogni giorno uccide e spegne migliaia di menti. Non lasciamoglielo fare!
Il Gen. CA Lo Sardo |
Dal 5 al 7 maggio 2023 si è svolto ad Ostia Lido (RM) il XXV Raduno Nazionale dell'ANC.
Una celebrazione importante, ripresa dopo la pandemia, che si era interrotta nel 2018 con il Raduno di Verona.
Il Gen.Div. Muggeo |
La 3 giorni, organizzata dal Presidente Nazionale Gen.CA Libero Lo Sardo e curata dall'Ispettore Regionale per il Lazio, ospitante, Gen. Div. Pasquale Muggeo, alla presenza del Comandante Generale dell'Arma Gen. CA Teo Luzi ed altre Autorità, ha coinvolto tutte le 1671 Sezioni dislocate nel territorio Nazionale, 31 sezioni all'estero, 159 Nuclei di protezione civile ed i relativi 370 gruppi di Volontari, di cui fa parte non solo il personale proveniente dalle fila dell'Arma dei Carabinieri, ma anche un'aliquota di Soci familiari e Simpatizzanti che contraddistingue lo spirito e le finalità dell'Anc.
Le celebrazioni si sono aperte venerdì 5 con il Carosello equestre del 4° Reggimento a cavallo dei Carabinieri, un'emozionante rievocazione della battaglia di Pastrengo, avvenuta durante la prima guerra di Indipendenza del 1848.
Il giorno 6 la giornata ha avuto inizio con l'alzabandiera e la deposizione di una corona ai caduti. A seguire la celebrazione della Santa messa presso la Basilica “Regina Pacis”, officiata dall'Ordinario Militare SE Mons Santo Marcianò, seguita dalla sfilata delle auto storiche dell'Arma dei Carabinieri. E' stato poi inaugurato un nuovo campo della Protezione civile e la sera, epocale prestigioso, si è esibita la Banda dei Carabinieri, diretta dal Maestro Martinelli con la straordinaria partecipazione del cantante e compositore Riccardo Cocciante.
La 3 giorni ha avuto termine domenica 7 mattina, dove tutti i Reparti e Sezioni hanno sfilato sotto il sole cocente del lungomare di Ostia e fino alle vie del centro, raccogliendo applausi e gesti di consenso da parte di tutta la popolazione lidense.
La cerimonia, oltre a celebrare la ricorrenza dell'ANC, ha rappresentato un momento di vicinanza alla popolazione, in un territorio ultimamente tanto discusso, ma che ha invece risposto con entusiasmo ed acclamazioni all'indirizzo dei partecipanti all'evento.
Partiamo dalla definizione: il Pnrr è il programma con cui il governo intende gestire i fondi del Next generation Eu. Cioè lo strumento di ripresa e rilancio economico introdotto dalla UE per risanare le perdite causate dalla pandemia.
Una montagna di soldi finanziata al nostro paese (si parla complessivamente di 235.12 miliardi di euro) e che rappresenterà di certo una grande opportunità per raggiungere obiettivi anche sensibili come quelli dei bambini e ragazzi in svantaggio.
Una parte consistente di questo denaro andrà alle scuole. Occorrerà evitare gli aiuti a pioggia, gli sprechi e gli eccessi burocratici di cui noi, come paese, eccelliamo non poco.
Il Pnrr dovrebbe lavorare su tre aspetti chiave: asili nido e scuole per l’infanzia, edilizia scolastica e riduzione dei divari educativi. Ma non solo. Dovremmo lavorare sulla povertà educativa minorile: troppe le distanze educative tra un bambino italiano del centro nord con quello del mezzogiorno d’Italia.
Vediamo alcuni dati (Fonte Openpolis e l’osservatorio #conibambini). In Italia su circa 9,8 milioni di minori, 1,4 milioni vivono in ponvertà assoluta-il triplo rispetto allo scorso decennio- e 2,2 milioni sono in povertà relativa. In totale, in un paese relativamente ricco e che fa pochi figli, un terzo dei bambini e ragazzi vive in condizione di fragilità economica e educativa.
E se un paese come il nostro ha un terzo delle sue generazioni future “ fragili”, il nostro percorso è davvero in salita. Più degli altri.
Per il futuro dell’Italia, non si può prescindere dal risolvere- anche con i fondi del Pnrr- il problema della povertà educativa dei nostri ragazzi.
Alcuni obiettivi del Pnrr sono questi: investimenti sull’educazione in tutte le regioni e soprattutto al sud, dove il 42,7% sono le risorse destinate alle regioni del mezzogiorno. Nuove scuole entro il 2026 con riduzione dei consumi di energia, edifici scolastici da sostituire con acccorgimenti per il risparmio energetico, con ampi divari: 86,5% in provincia di Bergamo e il 16,5% nel crotonese.
Lotta alla dispersione scolastica, l’Italia è terza in UE per la quota dei giovani che hanno lasciato prima del diploma. E tra gii ultimi per quota di giovani laureati e con titoli di studi terziari.
Nonostante tutte queste premesse, alcune regioni meridionali come Sicilia, Molise e Basilicata hanno espresso un fabbisogno di interventi al disotto delle attese, con medio bassa partecipazione ai bandi del Piano.
Ma perché ci siamo fatti trovare impreparati?
Le difficoltà burocratiche, di coordinamento, di progettazione sono tante ma siamo convinti che ognuno di noi, e soprattutto ogni protagonista politico per il proprio territorio, ogni ente locale, ogni istituzione a livello nazionale abbia il compito di lavorare al massimo per la partecipazione ai bandi.
L’occasione di riscatto passa da qui.
Mettete un pomeriggio a Santa Marta, la casa abituale scelta da Papa Francesco, e l'occasione speciale di incontrarlo.
Che siate cristiani o laici, o di altre religioni, non importa, potrete sicuramente affermare che questo papa è già nella storia contemporanea. Lui è contemporaneo, la sua comunicazione è contemporanea.
Quello che può colpirvi, al di là di un delicato accento italiano con una cadenza argentina che richiama molti dei nostri antenati che sono andati in quella terra, è la gentilezza delle sue parole, del suo sguardo, del suo sorriso.
Le sue parole in questi dieci anni di pontificato - in fondo - quali sono?
Partirei da qui, ascolta con il cuore e con la mente.
Questo papà è un convinto sostenitore che occorre comprendere la complessità di oggi con “il cuore puro”.
In un periodo storico caratterizzato dalla polarizzazione e della contrapposizione dei fronti e delle idee, le sue parole sono rivoluzionarie.
In quest'epoca segnata dalla guerra, è il Papa che per primo lancia l'allarme al Disarmo Integrale, contro la guerra e il conflitto globale.
La sua comunicazione è contemporanea e rivoluzionaria: è la comunicazione non ostile che ha l'audacia di togliere la polvere a parole come PIETA', parole come PONTI e non come PIETRE.
La comunicazione di pace di Francesco richiama la Carta di Assisi, contro i linguaggi feroci del Web, le parole d'odio degli odiatori seriali ed è diretta a tutti noi operatori di informazione.
Se un papa come Francesco chiede di disarmare la psicosi bellica, del bianco e del nero, e pone sotto i riflettori del mondo parole come: rispetto, dignità e cuore, dialogo, speranza, fiducia, cos'altro possiamo fare?
Prendi queste parole e costruisci ponti, ognuno nel suo campo, a casa, con gli amici e con i nostri conoscenti. In Rete, nondimeno. Vale la pena invertire la rotta.
Foto di Patrick Boylan |
Stella Moris Assange lancia un grido d'allarme a tutti coloro che fanno il giornalismo con coscienza. E anche a tutti coloro che ne hanno richiesto per tenersi informati. Il Potere sta cercando di bendare e imbavagliare non solo Julian ma anche la stessa informazione libera e il nostro #DirittoDiSapere.
10 marzo 2023
Patrick Boylan
La Sala dei Gruppi Parlamentari di Montecitorio è stata stracolma martedì scorso per sentire Stella Moris, partner del co-fondatore del sito WikiLeaks, Julian Assange, spiegare come l'accanita persecuzione giudiziaria di Julian è, in realtà, “un attacco alla libertà di stampa ” .
“E' un segnale”, ha detto Stella, voluto deliberatamente dal Potere “per scoraggiare gli altri giornalisti dal fare come lui”, un segnale che mette a nudo “ciò di cui il Potere è capace”. L'Europa ha pertanto il dovere di “mobilitarsi in difesa di Julian Assange” per salvare “la libertà di stampa e di espressione”.
La 39enne avvocata – e, da sempre, paladina dei diritti umani – ha lanciato questo suo appello nel quadro dell'incontro sul “Caso Assange e il diritto alla verità”, promosso dall'europarlamentare Sabrina Pignedoli con la collaborazione della deputata M5s Stefania Ascari e con la presenza, sul palco, del Presidente dell'Ordine nazionale dei giornalisti, Carlo Bartoli, del giornalista ed ex deputato Alessandro Di Battista e della vicedirettrice del Fatto Quotidiano , Maddalena Oliva. Nella platea, oltre alla giornalista investigativa Stefania Maurizi, autrice del celebre libro sul caso Assange Il Potere Segreto, c'era una moltitudine di personalità venute dal mondo del giornalismo, dal mondo della politica e da quello dell'associazionismo, nonché tantissimi cittadini comuni portando distintivi “Free Assange”. “La Battaglia di Julian è la battaglia di tutti quanti noi,” ha esordito l'On. Pignedoli, riassumendo il senso dell'incontro.
Carlo Bartoli ha poi preso la parola annunciando che a Julian Assange verrà consegnata una tessera d'onore da giornalista. “Siamo qui per difendere non solo la causa di un uomo incarcerato ingiustamente ma anche per difendere un principio che è quello della libertà dell'informazione”. Per controbattere la calunnia secondo la quale Assange sarebbe stato un pessimo giornalista perché avrebbe divulgato documenti senza vagliarli accuratamente, Il presidente dell'Ordine dei giornalisti ha elogiato il sito WikiLeaks proprio in quanto, con grande cura, “espunge tutte le informazioni che potrebbero mettere qualcuno in pericolo”.
Alessandro Di Battista è poi intervenuto con un discorso che ha infiammato la platea. Se Assange dovesse morire in prigione, ha detto senza mezze parole, “tra i responsabili ci sarebbero anche i giornalisti che oggi stanno zitti per salvare il proprio conto in banca, le proprie carriere, i propri spazi mediatici, trasformandosi soltanto in biechi sostenitori delle verità comode”. L'ex deputato M5s ha comunque riconosciuto come segno positivo che gli ex compagni di partito, inizialmente pro Assange e poi diventati reticenti, “ora tornano ad occuparsi di Julian: è una bella notizia davvero”.
L'effetto inibitorio sul giornalismo voluto dal Potere con la persecuzione di Julian e che Stella Assange ha denunciato nel suo intervento, è già diventato purtroppo una realtà, ha asserito poi la vicedirettrice del Fatto Quotidiano, Maddalena Oliva. Quanti articoli vengono soppressi oggi, ha aggiunto, e non solo in Italia. Due giornalisti del Fatto Quotidiano sono stati recentemente espulsi dall'Ucraina perché i loro report non erano graditi dal Potere ei colleghi giornalisti non hanno denunciato il fatto; il pluripremiato giornalista statunitense Seymour Hersh, poi, è stato recentemente condannato e zittito dai suoi colleghi di stampa per aver rivelato chi ha distrutto il gasdotto Nord Stream (un atto di guerra) lo scorso 26 settembre. “Ogni volta che cala il silenzio su una vicenda,” ha concluso Oliva, siamo complici tutti quanti, noi giornalisti in primis; bisogna sempre avere il coraggio di “porsi quella domanda in più”.
Comunque qualche speranza ancora rimane per la libertà di stampa e di espressione. Stella Assange ha ricordato come, lo scorso novembre, alcuni tra i maggiori giornali del mondo – The New York Times , The Guardian , Le Monde , El Pais e Der Spiegel – hanno rotto il loro silenzio complice firmando un appello al Presidente Biden che chiede la Liberazione di Assange.
Lo scorso 27 gennaio, poi, Newsweek magazine, rivista statunitense di attualità che si vanta di rappresentare il consenso nel paese (“siamo né troppo a sinistra né troppo a destra”), ha pubblicato un lungo articolo di Shaun Waterman basato su una intervista approfondita con Stella Assange. La grande empatia e compassione evidenti nell'articolo sono una novità negli Stati Uniti, dove, da oltre un decennio, Julian è stato oggetto di una autentica caccia alle streghe – assai più feroce che in Europa -- per screditarlo presso l'opinione pubblica.
Una grande empatia e compassione contrassegnano anche la recensione , apparsa sul Los Angeles Times lo scorso 2 marzo a firma di Robert Abele, del film Ithaka , che descrive gli sforzi del padre di Julian, John Shipton, per liberare il figlio. Dopo aver espresso le solite riserve su Julian, forse per non smentire troppo quanto egli aveva scritto in passato, Abele dichiara: “In ogni modo, il fatto che gli Stati Uniti vogliono estradarlo e imprigionarlo a vita, è qualcosa che dovrebbe far rabbrividire i giornalisti di tutto il mondo, che si consideri Assange un giornalista o meno; per il solo fatto di essere un editore, la sua incriminazione è una minaccia per la democrazia.
Comincia a tirare un'aria nuova nell'Establishment statunitense. Era ora. Già da tempo, i gruppi di base negli USA stanno manifestando ovunque per la liberazione di Julian, anche davanti alla Casa Bianca.
Riprendendo le parole dell'On. Pignedoli, Stella Assange ha concluso l'incontro sottolineando quanto “questo caso è un caso politico, non legale; la soluzione dunque deve essere politica. Il Regno Unito detiene Julian; gli Stati Uniti vogliono estradarlo; tra i due deve frapporsi l'Europa per dire di NO e per salvarlo. Ognuno di voi può contribuire così alla sua liberazione”
In altre parole: “Gente, fatevi sentire!”
per gentile concessione di www.peacelink.it
E' il 1914, la vigilia di Natale, il primo Natale della Grande Guerra, quando gli uomini riscoprono la loro vera essenza umana. Siamo a Ypres, in Belgio. L'esercito tedesco e quello composto da Inglesi e francesi si stanno fronteggiando ormai da mesi, nascosti in trincee di fango e gelo, senza arrivare a niente. Sono separati da una terra di nessuno che, in alcuni punti, è di soli pochi metri. Gli uomini sono esausti e questa, la vigilia di Natale, è una notte di pura nostalgia. Ad un tratto, in quel grande e triste silenzio che è seguito alle sparatorie della giornata, gli inglesi sentono i tedeschi intonare un canto dolcissimo: "Stille Nacht, heilige Nacht". Non lo conoscono ma lo ascoltano affascinati. Il canto è veramente belle e, quando termina, applaudono.
Nel frattempo i tedeschi hanno finito di adornare la sommità delle loro buche con alberelli pieni di tante candeline accese e, quando qualche soldato nemico osa affacciarsi oltre la sua buca, può vedere nel buio, a destra ea sinistra, a perdita d'occhio, le trincee nemiche illuminate da tanti lumicini tremolanti: uno spettacolo che in quel momento arriva dritto al cuore. L'Alto Comando germanico aveva fatto arrivare quelle decorazioni al fronte perché sapeva che il Natale avrebbe influito sull'umore dei soldati. Ormai, però, questi, da una parte all'altra della terra di nessuno hanno iniziato anche a scambiarsi gli auguri. Ad un certo punto, dal fronte tedesco, qualcuno urla: "Inglesi uscite! Voi non sparate, noi non sparate, voi non sparate, noi non sparate" "Venite fuori!" urlano di rimando gli inglesi. Ed ecco che un soldato tedesco effettivamente sbuca fuori e si avvia verso la trincea nemica. Gli inglesi, in un primo momento non sanno cosa pensare, tengono i fucili spianati, pronti a sparare, ma la notte è talmente carica di spiritualità che nessuno ha voglia di premere il grilletto. Gli stessi ufficiali ordinano di non sparare.
Quel soldato nemico, però, si sta avvicinando sempre di più ed allora è un inglese che esce fuori e gli va incontro. Nella trincea gli inglesi sono sempre sui fucili anche perché quei due ora sono vicinissimi ma, inaspettatamente, si stringono la mano e si abbracciano ed è come se suonato dato il segnale di via libera perché ora anche altri, sia tedeschi che inglesi e francesi vengono fuori dalle loro buche e quella terra di nessuno improvvisamente si anima.
Gli uomini si incontrano, si stringono le mani e finalmente si conoscono e scoprono di non essere poi molto diversi gli uni dagli altri. I tedeschi hanno mogli, figli e genitori così come gli inglesi ed i francesi. Si tirano fuori foto dei propri cari e si fanno vedere ai nemici. Parlano lingue diverse eppure si capiscono. Hanno divise dal colore diverso eppure si capiscono. Si scambiano doni: una mostrina della divisa, sigarette, del tè, del caffè ed altre piccole cose. Alcuni si scambiano addirittura gli indirizzi di casa per incontrarsi dopo, quando la guerra sarà finita. Dei falò vengono accesi e, non appena si fa giorno, si celebra una messa a cui automatico tutti e si seppelliscono i morti. Poi qualcuno tira fuori un pallone e si gioca una partita di calcio: La più bella partita di calcio della storia! La guerra si è letteralmente fermata!
Nei giorni successivi la tregua si estende per chilometri e chilometri lungo tutta la terra di nessuno sul fronte occidentale e, se in alcuni punti è durata solo un giorno, in altri invece è durata fino a gennaio ed oltre.
Gli Alti Comandi dei due eserciti cominciano a tremare perché si rischia veramente di andare verso la pace. Infatti, faticheranno non poco per fare continuare la guerra su quel fronte. Ricorreranno a minacce, punizioni, condanne anche a morte e, per la vigilia di Natale dell'anno dopo si prepareranno in anticipo organizzando pesanti bombardamenti di artiglieria proprio per quel giorno.
Nonostante ciò, l'anno dopo i soldati ci riprovano e ci sono effettivamente delle piccole tregue qua e là, con incontri e scambi di doni, ma gli ufficiali sono stati avvisati: soffocare sul nascere ogni tentativo o dure punizioni.
Nel 1916 purtroppo i comandanti dei vari eserciti hanno successo e queste tregue non si sono mai più verificate, i momenti difficili per loro sono finiti e la voglia di pace è stata soffocata duramente. Non tutti gli uomini vogliono la guerra, non tutti gli uomini vogliono il male dei loro consimili. Solo una piccola minoranza la vuole e fa e farà di tutto perché gli uomini si scannino tra di loro.
Il modo più facile è inondarci di dati falsi su cosa effettivamente siamo e istigarci così gli uni contro gli altri.
Scrive il filosofo ed umanitario L. Ron Hubbard: "Dati falsi possono provenire da molte fonti: la scuola, la società, la professione. Molti vogliono farti credere delle cose solo perché questo serve ai loro fini. Ciò che è vero è ciò che è vero per te. Nessuno ha il diritto di costringerti ad accettare dei dati o di ordinarti di credere ad una cosa per forza.
Scrive un soldato inglese alla sorella raccontando di quella notte: " Questi non sono i barbari selvaggi di cui abbiamo tanto letto. Sono uomini con case e famiglie, paure e speranze e, sì, amor di patria. Insomma sono uomini come noi. Come hanno potrei indurci a credere altrimenti?"