L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni.

Free mind (187)

Lisa Biasci
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 Un'inedita edizione del trattato strategico per eccellenza è  stato oggetto di un convegno presso la Sala Capitolare del Senato della Repubblica Italiana.

 

 

In occasione della Giornata Internazionale dei Peacekeepers 2023, giovedì primo giugno l'autore americano Colin I. Thorne ha presentato, tramite il curatore della casa editrice Layout S.r.l. Edoardo Claudio Olivieri, il libro «Sun Tzu, The Technology of War» (nell'edizione italiana «Sun Tzu, La Tecnologia della Guerra»), col supporto di due tavoli di relatori d'eccellenza, ognuno dei quali ha commentato questo testo  contestualizzandolo nel proprio ambito di competenza, passando dalle arti all'economia, dalla giurisprudenza alle scienze, dal giornalismo alla strategia militare, dalla formazione universitaria alla filologia.

L'incontro è stato abilmente moderato del giornalista Andrea  Sermonti ed è iniziato con la proiezione di un breve filmato nel quale Colin Thorne ha illustrato accuratamente il perché di questo titolo innovativo per Sun Tzu, che dal tradizionale L'Arte della Guerra diventa La Tecnologia della Guerra.

«Sun Tzu non rappresenta un'arte» ha esordito Thorne «Sun Tzu utilizza, lungo tutta la sua opera, il termine 兵 伐 bingfa. Il significato di questi caratteri cinesi particolari fornisce un’idea della vera natura del suo lavoro. 兵Bing significa militare, o cose di natura militare. 伐 Fa significa leggi, principi, regole e metodi.»

Infine, continua Thorne: «L’uso di 兵 伐 bingfa da parte di Sun Tzu  indica che egli era dell’opinione che ciò che lui aveva codificato equivalesse ad una tecnologia e, verosimilmente, perfino in una scienza. Di conseguenza, Sun Tzu rappresenta una tecnologia, vale a dire un completo corpo di conoscenza».

Il dibattito è poi proseguito con il primo tavolo dei relatori, a partire da Monica Libinu, giornalista, conduttrice televisiva e critica di danza, con un intervento che ha messo in risalto l'imprescindibile ruolo dell'estetica e dell'arte nella creazione di una civiltà pacifica, a cui ha fatto seguito il docente di Scienze Naturali prof. Enzo Pennetta, che ha posto l'enfasi sulla cronaca bellica Ucraina, caratterizzata da una piena violazione della massima suntzuniana in virtù della quale si «vince senza combattere».

L'economista e autore Antonino Galloni ha quindi carpito l'attenzione della platea affrontando le tematiche belliche da un punto di vista di interessi economici, parafrasando Carl Von Clausewitz e sottolineando che se «la guerra è la continuazione della politica», allora «l'economia è la continuazione della guerra».

Se da un lato l'avvocato Pierluigi Fettolini ha contestualizzato Sun Tzu nel moderno scenario di complotti ed inganni legislativi facendo riferimento alle tecniche della guerra normativa, dall'altro il giornalista e fondatore di «Dialogue on Democracy» dott. Vas Shenoy ha calcato la mano sull'elemento dell'inganno quale comun denominatore delle strategie di controllo politico-militare adottate storicamente dalle superpotenze. La materia è stata poi affrontata con un'ottica decisamente diversa dalla professoressa di Diritto Ecclesiastico Angela Patrizia Tavani, che ha messo in relazione alcune massime di  Sun Tzu con la vita di tutti i giorni, nella quale i fattori laici e religiosi possono convivere e armonizzarsi.

Il secondo tavolo dei relatori ha avuto inizio con il prestigioso intervento del Presidente del Centro Alti Studi per la Difesa Ammiraglio di Squadra Giacinto Ottaviani, avente come oggetto la leadership nel complesso contesto del terzo millennio, esaminando in dettaglio le diverse modalità di leadership adottabili a seconda che il contesto sia semplice, complicato o complesso, per poi effettuare una disamina di una case history condotta da ricercatori di Harvard in una High School di Boston. Tale ricerca analizzava i risultati ottenuti suddividendo un gruppo di studenti (dalle caratteristiche in realtà omogenee) in due classi, dichiarando fittiziamente che nella prima erano stati inseriti i migliori, mentre nella seconda i peggiori; e ottenendo come risultato a fine anno che la prima classe si dimostrasse marcatamente migliore della seconda come semplice conseguenza del fatto che «tutti sapevano che quella classe era migliore, e questi studenti probabilmente venivano trattati con maggior riguardo dai rispettivi professori, ottenendo di conseguenza un incremento del quoziente intellettivo nell’arco di nove mesi; così come Sun Tzu diceva di trattare i propri uomini come se fossero dei figli amati, perché solo così i leader sarebbero stati seguiti fin nelle valli più oscure», e sottolineando quale virtù primaria nella leadership l’applicazione della «Regola Aurea: tratta gli altri come vorresti essere trattato tu».

All'intervento dell'Ammiraglio ha fatto seguito quello del curatore dell'edizione italiana del libro oggetto del convegno E. C. Olivieri, che ha descritto in dettaglio l'immane lavoro svolto da Colin Thorne per rendere di nuovo disponibile ai lettori il puro pensiero originale di Sun Tzu dopo 2.500 anni, parlando poi del suo susseguente contributo nella creazione della edizione italiana, frutto di un progetto sviluppato con l'Ing. Luca Boncore e illustrata da Michele Scaciga.

Il dott. Giampaolo Nicola, Pro Rettore ISFOA, Ambasciatore di Pace presso la Santa Sede e membro  OMSTAT, ha parlato del retaggio di Sun Tzu nell'attuale formazione universitaria, annunciando l'adozione de «Sun Tzu, la Tecnologia della Guerra» quale materiale formativo di riferimento nei corsi di Diritto  nternazionale svolti dall'istituto di istruzione universitaria da lui rappresentato, in associazione con la GCU - Global Center University, e accompagnando la platea in un profondo viaggio religioso che prendeva spunto vuoi dalle encicliche Pacem in Terris di papa Giovanni XXXIII e Popolorum Progressio di Papa Paolo VI, vuoi da tematiche citazioni del servo di Dio Aldo Moro e rammentando l'omelia di Papa Francesco: «in un mondo scoraggiato da violenza e guerra, la pace vince».

Il convegno si è concluso con i contributi del Presidente del Parlamento della Legalità Internazionale dott. Nicolò Mannino, con un intervento emotivo senza precedenti che ha enfatizzato «l'imprescindibile importanza di essere operatori che testimoniano una cultura di pace, edificandola e dichiarando all’umanità i diritti che le garantiscono l’attuazione di una cultura del riscatto, perché ogni pace nasce da una guerra interiore che abbatte la mentalità dell’odio e sfocia in un inno alla vita», citando poi il giudice Rosario Livatino «“quando moriremo, nessuno ci verrà a chiedere quanto siamo stati credenti, ma credibili”».

A Mannino ha fatto seguito per il gran finale l'Avv. Enrico del Core, Cassazionista e Dottore di Ricerca in Diritto Privato e Garanzie Costituzionali, nonché Presidente del Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani, ente di vigilanza e difesa dei Diritti Umani nel campo della salute mentale; il quale, con un sapiente excursus lungo molteplici assiomi di Sun Tzu, ha dimostrato inequivocabilmente come l'auspicio supremo per un legale sia il perseguimento della pace sociale che rappresenta altresì il trionfo della vera giustizia.

Il convegno è stato arricchito dall’inestimabile contributo canoro dei cantautori Giulio Nicolosi (con il brano «Voglio») e Nora Rindi (con il brano «Un Milione di Passi») accompagnati dal chitarrista Enrico Fornatto, e di Alex Magistri dei GHOST con «Hai una vita ancora» e «Il mio nome è la dignità»; essi si sono infine esibiti in un trio canoro sulle note del brano tematico “La guerra di Piero” di De André, permeando letteralmente tutta la Sala Capitolare con le loro sublimi voci. Un sentito ringraziamento va allo staff Sheitara Tafuro e Pascal Lemos.

 

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Notizie filtrate, sfalsate, indirizzate a secondo la posizione politica dei giornali di testata.

La gente legge, cerca informazione, vuole sapere, conoscere, comprendere ma ogni giornale riporta la stessa notizia con differenti opinioni tanto che cresce la confusione generale nel lettore sempre più indeciso a chi credere.

Una guerra d'indottrinamento legale dove la vittima è sempre la gente che naviga in  balia a giochi politici dove a mischiare le carte sono le major editoriali.

Non solo nella carta stampata ma anche in qualsiasi media popolare. Oggi la Rai, domani Mediaset , poi sarà la volta di questo o quell'altro palinsesto. Vediamo quello che vogliono farci vedere e ascoltare, restiamo confusi, sbandati e nelle discussioni fra gente comune vengono fuori opinioni diverse "figlie" di una  disinformazione lacunosa. Programmi inutili, lavaggi del cervello, volgarità e attrattive mediocri dove si parla del niente e il niente viene costruito.

La sessualità svenduta, la cultura ignorata, l'esempio e l'insegnamento educativo ormai al bando da anni. Pochissimi programmi culturali, pochissimi fuori dal coro che proprio per questo vengono velocemente esclusi. Tutto è circuito politico, anche nelle piccole cose. Le associazioni no profit non trovano spazi per divulgare la cultura mentre le associazioni pro favoritismi riescono a emergere nonostante povere di iniziative sociali.

Siamo diventati quel paese che osserva maniacalmente storie di omicidi svendute in programmetti che parlano nello stesso momento di mortadella e di morte facendo a gara a chi infama di più mettendo sù processi fatti di chiacchiere e di pettegolezzi inauditi. Si parla di guerra come se fosse l'argomento di un film e non come una tragedia che sa di sangue, dolore, infamia. Tutti sanno tutto, tutti additano senza conoscere la storia, tutti hanno la risposta e intanto la gente diventa indifferente al dolore, all'ascolto, alla compassione e prende parte a quello o all'altro Stato come se   si trattasse di una partita di calcio.

La coscienza umana va di pari passo a quel potere che sa come manovrare i lobotomizzati di una società che ci piega sempre di più a un volere essenzialmente politico, in un contesto sempre meno umano dove i DIRITTI CIVILI vengono calpestati e ignorati oltre che MAI essere menzionati dai giornali, dalla televisione, dalla radio. Nascono gli odi razziali, l'omofobia, l'inascolto degli ultimi che ultimi non sono.

Un mondo finito se non si prende coscienza di noi, del nostro voler essere verso l'altro senza difesa, senza ascolto, senza parola.

Il potere ogni giorno  uccide e spegne migliaia di menti. Non lasciamoglielo fare!

 Il Gen. CA Lo Sardo

Dal 5 al 7 maggio 2023 si è svolto ad Ostia Lido (RM) il XXV Raduno Nazionale dell'ANC.

Una celebrazione importante, ripresa dopo la pandemia, che si era interrotta nel 2018 con il Raduno di Verona.

      Il Gen.Div. Muggeo

La 3 giorni, organizzata dal Presidente Nazionale Gen.CA Libero Lo Sardo e curata dall'Ispettore Regionale per il Lazio, ospitante, Gen. Div. Pasquale Muggeo, alla presenza del Comandante Generale dell'Arma Gen. CA Teo Luzi ed altre Autorità, ha coinvolto tutte le 1671 Sezioni dislocate nel territorio Nazionale, 31 sezioni all'estero, 159 Nuclei di protezione civile ed i relativi 370 gruppi di Volontari, di cui fa parte non solo il personale proveniente dalle fila dell'Arma dei Carabinieri, ma anche un'aliquota di Soci familiari e Simpatizzanti che contraddistingue lo spirito e le finalità dell'Anc.

Le celebrazioni si sono aperte venerdì 5 con il Carosello equestre del 4° Reggimento a cavallo dei Carabinieri, un'emozionante rievocazione della battaglia di Pastrengo, avvenuta durante la prima guerra di Indipendenza del 1848.

 

Il giorno 6 la giornata ha avuto inizio con l'alzabandiera e la deposizione di una corona ai caduti. A seguire la celebrazione della Santa messa presso la Basilica “Regina Pacis”, officiata dall'Ordinario Militare SE Mons Santo Marcianò, seguita dalla sfilata delle auto storiche dell'Arma dei Carabinieri. E' stato poi inaugurato un nuovo campo della Protezione civile e la sera, epocale prestigioso, si è esibita la Banda dei Carabinieri, diretta dal Maestro Martinelli con la straordinaria partecipazione del cantante e compositore Riccardo Cocciante.

 

La 3 giorni ha avuto termine domenica 7 mattina, dove tutti i Reparti e Sezioni hanno sfilato sotto il sole cocente del lungomare di Ostia e fino alle vie del centro, raccogliendo applausi e gesti di consenso da parte di tutta la popolazione lidense.

La cerimonia, oltre a celebrare la ricorrenza dell'ANC, ha rappresentato un momento di vicinanza alla popolazione, in un territorio ultimamente tanto discusso, ma che ha invece risposto con entusiasmo ed acclamazioni all'indirizzo dei partecipanti all'evento.

 

https://assocarabinieri.it/

 

Partiamo dalla definizione: il Pnrr è il programma con cui il governo intende gestire i fondi del Next generation Eu. Cioè lo strumento di ripresa e rilancio economico introdotto dalla UE per risanare le perdite causate dalla pandemia. 

Una montagna di soldi finanziata al nostro paese (si parla complessivamente di 235.12 miliardi di euro) e che rappresenterà di certo una grande opportunità per raggiungere obiettivi anche sensibili come quelli dei  bambini e ragazzi in svantaggio. 

Una parte consistente di questo denaro andrà alle scuole. Occorrerà evitare gli aiuti a pioggia, gli sprechi  e gli eccessi burocratici di cui noi, come paese, eccelliamo non poco. 

Il Pnrr dovrebbe lavorare su tre aspetti chiave: asili nido e scuole per l’infanzia, edilizia scolastica e riduzione dei divari educativi. Ma non solo. Dovremmo lavorare sulla povertà educativa minorile: troppe le distanze educative tra un bambino italiano del centro nord con quello del mezzogiorno d’Italia. 

Vediamo alcuni dati (Fonte Openpolis e l’osservatorio #conibambini). In Italia su circa 9,8 milioni di minori, 1,4 milioni vivono in ponvertà assoluta-il triplo rispetto allo scorso decennio- e 2,2 milioni sono in povertà relativa. In totale, in un paese relativamente ricco e che fa pochi figli, un terzo dei bambini e ragazzi vive in condizione di fragilità economica e educativa. 

E se un paese come il nostro ha un terzo delle sue generazioni future “ fragili”, il nostro percorso è davvero in salita. Più degli altri. 

Per il futuro dell’Italia, non si può prescindere dal risolvere- anche con i fondi del Pnrr- il problema della povertà educativa dei nostri ragazzi. 

Alcuni obiettivi del Pnrr sono questi: investimenti sull’educazione in  tutte le regioni e soprattutto al sud, dove il 42,7% sono le risorse destinate alle regioni del mezzogiorno. Nuove scuole entro il 2026 con riduzione dei consumi di energia, edifici scolastici da sostituire con acccorgimenti per il risparmio energetico, con ampi divari: 86,5% in provincia di Bergamo e il 16,5% nel crotonese. 

Lotta alla dispersione scolastica, l’Italia è terza in UE per la quota dei giovani che hanno lasciato prima del diploma. E tra gii ultimi per quota di giovani laureati e con titoli di studi terziari. 

Nonostante tutte queste premesse, alcune regioni meridionali come Sicilia, Molise e Basilicata hanno espresso un fabbisogno di interventi al disotto delle attese, con medio bassa partecipazione ai bandi del Piano. 

Ma perché ci siamo fatti trovare impreparati? 

Le difficoltà burocratiche, di coordinamento, di progettazione sono tante ma siamo convinti che ognuno di noi, e soprattutto ogni protagonista politico per il proprio territorio, ogni ente locale, ogni istituzione a livello nazionale abbia il compito di lavorare al massimo per la partecipazione ai bandi. 

L’occasione di riscatto passa da qui. 

 

 

Mettete un pomeriggio a Santa Marta, la casa abituale scelta da Papa Francesco, e l'occasione speciale di incontrarlo.

 

Che siate cristiani o laici, o di altre religioni, non importa, potrete sicuramente affermare che questo papa è già nella storia contemporanea. Lui è contemporaneo, la sua comunicazione è contemporanea. 

Quello che può colpirvi, al di là di un delicato accento italiano con una cadenza argentina che richiama molti dei nostri antenati che sono andati in quella terra, è la gentilezza delle sue parole, del suo sguardo, del suo sorriso. 

Le sue parole in questi dieci anni di pontificato - in fondo - quali sono? 

Partirei da qui, ascolta con il cuore e con la mente. 

Questo papà è un convinto sostenitore che occorre comprendere la complessità di oggi con “il cuore puro”. 

In un periodo storico caratterizzato dalla polarizzazione e della contrapposizione dei fronti e delle idee, le sue parole sono rivoluzionarie. 

In quest'epoca segnata dalla guerra, è il Papa che per primo lancia l'allarme al Disarmo Integrale, contro la guerra e il conflitto globale. 

La sua comunicazione è contemporanea e rivoluzionaria: è la comunicazione non ostile che ha l'audacia di togliere la polvere a parole come PIETA', parole come PONTI e non come PIETRE. 

La comunicazione di pace di Francesco richiama la Carta di Assisi, contro i linguaggi feroci del Web, le parole d'odio degli odiatori seriali ed è diretta a tutti noi operatori di informazione. 

Se un papa come Francesco chiede di disarmare la psicosi bellica, del bianco e del nero, e pone sotto i riflettori del mondo parole come: rispetto, dignità e cuore, dialogo, speranza, fiducia, cos'altro possiamo fare? 

Prendi queste parole e costruisci ponti, ognuno nel suo campo, a casa, con gli amici e con i nostri conoscenti. In Rete, nondimeno. Vale la pena invertire la rotta.

 

 Foto di Patrick Boylan

Stella Moris Assange lancia un grido d'allarme a tutti coloro che fanno il giornalismo con coscienza. E anche a tutti coloro che ne hanno richiesto per tenersi informati. Il Potere sta cercando di bendare e imbavagliare non solo Julian ma anche la stessa informazione libera e il nostro #DirittoDiSapere.

10 marzo 2023

Patrick Boylan

 

La Sala dei Gruppi Parlamentari di Montecitorio è stata stracolma martedì scorso per sentire Stella Moris, partner del co-fondatore del sito WikiLeaks, Julian Assange, spiegare come l'accanita persecuzione giudiziaria di Julian è, in realtà, “un attacco alla libertà di stampa ” .

“E' un segnale”, ha detto Stella, voluto deliberatamente dal Potere “per scoraggiare gli altri giornalisti dal fare come lui”, un segnale che mette a nudo “ciò di cui il Potere è capace”. L'Europa ha pertanto il dovere di “mobilitarsi in difesa di Julian Assange” per salvare “la libertà di stampa e di espressione”.

La 39enne avvocata – e, da sempre, paladina dei diritti umani – ha lanciato questo suo appello nel quadro dell'incontro sul “Caso Assange e il diritto alla verità”, promosso dall'europarlamentare Sabrina Pignedoli con la collaborazione della deputata M5s Stefania Ascari e con la presenza, sul palco, del Presidente dell'Ordine nazionale dei giornalisti, Carlo Bartoli, del giornalista ed ex deputato Alessandro Di Battista e della vicedirettrice del  Fatto Quotidiano , Maddalena Oliva. Nella platea, oltre alla giornalista investigativa Stefania Maurizi, autrice del celebre libro sul caso Assange  Il Potere Segreto, c'era una moltitudine di personalità venute dal mondo del giornalismo, dal mondo della politica e da quello dell'associazionismo, nonché tantissimi cittadini comuni portando distintivi “Free Assange”. “La Battaglia di Julian è la battaglia di tutti quanti noi,” ha esordito l'On. Pignedoli, riassumendo il senso dell'incontro.

Carlo Bartoli ha poi preso la parola annunciando che a Julian Assange verrà consegnata una tessera d'onore da giornalista. “Siamo qui per difendere non solo la causa di un uomo incarcerato ingiustamente ma anche per difendere un principio che è quello della libertà dell'informazione”. Per controbattere la calunnia secondo la quale Assange sarebbe stato un pessimo giornalista perché avrebbe divulgato documenti senza vagliarli accuratamente, Il presidente dell'Ordine dei giornalisti ha elogiato il sito WikiLeaks proprio in quanto, con grande cura, “espunge tutte le informazioni che potrebbero mettere qualcuno in pericolo”.

Alessandro Di Battista è poi intervenuto con un discorso che ha infiammato la platea. Se Assange dovesse morire in prigione, ha detto senza mezze parole, “tra i responsabili ci sarebbero anche i giornalisti che oggi stanno zitti per salvare il proprio conto in banca, le proprie carriere, i propri spazi mediatici, trasformandosi soltanto in biechi sostenitori delle verità comode”. L'ex deputato M5s ha comunque riconosciuto come segno positivo che gli ex compagni di partito, inizialmente pro Assange e poi diventati reticenti, “ora tornano ad occuparsi di Julian: è una bella notizia davvero”.

L'effetto inibitorio sul giornalismo voluto dal Potere con la persecuzione di Julian e che Stella Assange ha denunciato nel suo intervento, è già diventato purtroppo una realtà, ha asserito poi la vicedirettrice del Fatto Quotidiano, Maddalena Oliva. Quanti articoli vengono soppressi oggi, ha aggiunto, e non solo in Italia. Due giornalisti del Fatto Quotidiano sono stati recentemente espulsi dall'Ucraina perché i loro report non erano graditi dal Potere ei colleghi giornalisti non hanno denunciato il fatto; il pluripremiato giornalista statunitense Seymour Hersh, poi, è stato recentemente condannato e zittito dai suoi colleghi di stampa per aver rivelato chi ha distrutto il gasdotto Nord Stream (un atto di guerra) lo scorso 26 settembre. “Ogni volta che cala il silenzio su una vicenda,” ha concluso Oliva, siamo complici tutti quanti, noi giornalisti in primis; bisogna sempre avere il coraggio di “porsi quella domanda in più”.

Comunque qualche speranza ancora rimane per la libertà di stampa e di espressione. Stella Assange ha ricordato come, lo scorso novembre, alcuni tra i maggiori giornali del mondo –  The New York TimesThe GuardianLe MondeEl Pais  e  Der Spiegel  – hanno rotto il loro silenzio complice firmando un appello al Presidente Biden che chiede la Liberazione di Assange.

Lo scorso 27 gennaio, poi, Newsweek magazine, rivista statunitense di attualità che si vanta di rappresentare il consenso nel paese (“siamo né troppo a sinistra né troppo a destra”), ha pubblicato un lungo articolo di Shaun Waterman basato su una  intervista  approfondita con Stella Assange. La grande empatia e compassione evidenti nell'articolo sono una novità negli Stati Uniti, dove, da oltre un decennio, Julian è stato oggetto di una autentica caccia alle streghe – assai più feroce che in Europa -- per screditarlo presso l'opinione pubblica.

Una grande empatia e compassione contrassegnano anche la  recensione , apparsa sul Los Angeles Times lo scorso 2 marzo a firma di Robert Abele, del film  Ithaka , che descrive gli sforzi del padre di Julian, John Shipton, per liberare il figlio. Dopo aver espresso le solite riserve su Julian, forse per non smentire troppo quanto egli aveva scritto in passato, Abele dichiara: “In ogni modo, il fatto che gli Stati Uniti vogliono estradarlo e imprigionarlo a vita, è qualcosa che dovrebbe far rabbrividire i giornalisti di tutto il mondo, che si consideri Assange un giornalista o meno; per il solo fatto di essere un editore, la sua incriminazione è una minaccia per la democrazia.

Comincia a tirare un'aria nuova nell'Establishment statunitense. Era ora. Già da tempo, i gruppi di base negli USA stanno  manifestando ovunque  per la liberazione di Julian, anche davanti alla Casa Bianca.

Riprendendo le parole dell'On. Pignedoli, Stella Assange ha concluso l'incontro sottolineando quanto “questo caso è un caso politico, non legale; la soluzione dunque deve essere politica. Il Regno Unito detiene Julian; gli Stati Uniti vogliono estradarlo; tra i due deve frapporsi l'Europa per dire di NO e per salvarlo. Ognuno di voi può contribuire così alla sua liberazione”

In altre parole: “Gente, fatevi sentire!”

 

per gentile concessione di www.peacelink.it

 

 

E' il 1914, la vigilia di Natale, il primo Natale della Grande Guerra, quando gli uomini riscoprono la loro vera essenza umana. Siamo a Ypres, in Belgio. L'esercito tedesco e quello composto da Inglesi e francesi si stanno fronteggiando ormai da mesi, nascosti in trincee di fango e gelo, senza arrivare a niente. Sono separati da una terra di nessuno che, in alcuni punti, è di soli pochi metri. Gli uomini sono esausti e questa, la vigilia di Natale, è una notte di pura nostalgia. Ad un tratto, in quel grande e triste silenzio che è seguito alle sparatorie della giornata, gli inglesi sentono i tedeschi intonare un canto dolcissimo: "Stille Nacht, heilige Nacht". Non lo conoscono ma lo ascoltano affascinati. Il canto è veramente belle e, quando termina, applaudono.

 

Nel frattempo i tedeschi hanno finito di adornare la sommità delle loro buche con alberelli pieni di tante candeline accese e, quando qualche soldato nemico osa affacciarsi oltre la sua buca, può vedere nel buio, a destra ea sinistra, a perdita d'occhio, le trincee nemiche illuminate da tanti lumicini tremolanti: uno spettacolo che in quel momento arriva dritto al cuore. L'Alto Comando germanico aveva fatto arrivare quelle decorazioni al fronte perché sapeva che il Natale avrebbe influito sull'umore dei soldati. Ormai, però, questi, da una parte all'altra della terra di nessuno hanno iniziato anche a scambiarsi gli auguri. Ad un certo punto, dal fronte tedesco, qualcuno urla: "Inglesi uscite! Voi non sparate, noi non sparate, voi non sparate, noi non sparate" "Venite fuori!" urlano di rimando gli inglesi. Ed ecco che un soldato tedesco effettivamente sbuca fuori e si avvia verso la trincea nemica. Gli inglesi, in un primo momento non sanno cosa pensare, tengono i fucili spianati, pronti a sparare, ma la notte è talmente carica di spiritualità che nessuno ha voglia di premere il grilletto. Gli stessi ufficiali ordinano di non sparare.

Quel soldato nemico, però, si sta avvicinando sempre di più ed allora è un inglese che esce fuori e gli va incontro. Nella trincea gli inglesi sono sempre sui fucili anche perché quei due ora sono vicinissimi ma, inaspettatamente, si stringono la mano e si abbracciano ed è come se suonato dato il segnale di via libera perché ora anche altri, sia tedeschi che inglesi e francesi vengono fuori dalle loro buche e quella terra di nessuno improvvisamente si anima.

Gli uomini si incontrano, si stringono le mani e finalmente si conoscono e scoprono di non essere poi molto diversi gli uni dagli altri. I tedeschi hanno mogli, figli e genitori così come gli inglesi ed i francesi. Si tirano fuori foto dei propri cari e si fanno vedere ai nemici. Parlano lingue diverse eppure si capiscono. Hanno divise dal colore diverso eppure si capiscono. Si scambiano doni: una mostrina della divisa, sigarette, del tè, del caffè ed altre piccole cose. Alcuni si scambiano addirittura gli indirizzi di casa per incontrarsi dopo, quando la guerra sarà finita. Dei falò vengono accesi e, non appena si fa giorno, si celebra una messa a cui automatico tutti e si seppelliscono i morti. Poi qualcuno tira fuori un pallone e si gioca una partita di calcio: La più bella partita di calcio della storia! La guerra si è letteralmente fermata!

Nei giorni successivi la tregua si estende per chilometri e chilometri lungo tutta la terra di nessuno sul fronte occidentale e, se in alcuni punti è durata solo un giorno, in altri invece è durata fino a gennaio ed oltre.

Gli Alti Comandi dei due eserciti cominciano a tremare perché si rischia veramente di andare verso la pace. Infatti, faticheranno non poco per fare continuare la guerra su quel fronte. Ricorreranno a minacce, punizioni, condanne anche a morte e, per la vigilia di Natale dell'anno dopo si prepareranno in anticipo organizzando pesanti bombardamenti di artiglieria proprio per quel giorno.

Nonostante ciò, l'anno dopo i soldati ci riprovano e ci sono effettivamente delle piccole tregue qua e là, con incontri e scambi di doni, ma gli ufficiali sono stati avvisati: soffocare sul nascere ogni tentativo o dure punizioni.

Nel 1916 purtroppo i comandanti dei vari eserciti hanno successo e queste tregue non si sono mai più verificate, i momenti difficili per loro sono finiti e la voglia di pace è stata soffocata duramente. Non tutti gli uomini vogliono la guerra, non tutti gli uomini vogliono il male dei loro consimili. Solo una piccola minoranza la vuole e fa e farà di tutto perché gli uomini si scannino tra di loro.

Il modo più facile è inondarci di dati falsi su cosa effettivamente siamo e istigarci così gli uni contro gli altri.

Scrive il filosofo ed umanitario L. Ron Hubbard: "Dati falsi possono provenire da molte fonti: la scuola, la società, la professione. Molti vogliono farti credere delle cose solo perché questo serve ai loro fini. Ciò che è vero è ciò che è vero per te. Nessuno ha il diritto di costringerti ad accettare dei dati o di ordinarti di credere ad una cosa per forza.

Scrive un soldato inglese alla sorella raccontando di quella notte: " Questi non sono i barbari selvaggi di cui abbiamo tanto letto. Sono uomini con case e famiglie, paure e speranze e, sì, amor di patria. Insomma sono uomini come noi. Come hanno potrei indurci a credere altrimenti?"

A partire da oggi 8 Dicembre 2022, per i prossimi 28 giorni, ovvero sino al 6 Gennaio 2023, in Piazza Venezia a Roma resterà visibile l'albero di Natale con luminarie assistite da pannelli fotovoltaici. Nonostante la scontata sequela di servizi ed articoli laudatori apparsi sui soliti supporti del mainstream allo scopo di far credere alle masse che l'argomento fosse di effettivo interesse, la realtà è che giusto una percentuale irrisoria di residenti effettivi ha avuto modo di gettarvi distrattamente lo sguardo .

Dato che lo strumento retorico utilizzato dal mainstream è stato proprio quello di sottolineare l'utilizzo dei pannelli solari come emblema della lotta all'inquinamento ambientale di stampo tumberghiano, dobbiamo conseguentemente rivolgere delle domandine semplici semplici al sindaco dell'Urbe. Domande rigorosamente anticipate da un'osservazione evidente perfino a chi frequenta le elementari: in questi 28 giorni, l'Emisfero Boreale si troverà a transitare dall'Autunno all'Inverno, attraversando le giornate con meno luce solare in assoluto di tutto l'anno . Un intero arco lunare da Luna piena a Luna piena al cui interno cadrà – come sempre – il solstizio d'Inverno (21 Dicembre).

Ciò anticipato, le domande sono:

          1) In quale Nazione sono stati realizzati i pannelli fotovoltaici e con quali mezzi di trasporto sono stati fatti giungere in loco?

           2) Quanti mezzi come furgoni, gru, bracci idraulici telescopici, camion e via discorrendo sono stati impiegati per il trasporto e la messa in opera del materiale e quanti uomini tra tecnici, montatori, ingegneri, elettricisti ecc. hanno preso parte alle operazioni? E quanti ne serviranno dopo il 6 Gennaio dati in cui il tutto verrà smantellato?

           3) A fronte delle domande precedenti, il Comune di Roma è in grado di pubblicare dati ufficiali riguardanti le cifre effettive sull'impatto ambientale in termini di Co2 emessa nell'atmosfera per tutte le operazioni sino ad ora svolte e quelle da svolgersi?

           4) Esiste un calcolo ufficialmente sottoscritto dai tecnici e dagli ingegneri comunali in funzione dell'effettiva resa elettrica fornibile dalle pannellature fotovoltaiche in relazione al consumo delle luminarie?

           5) Esiste una dichiarazione ufficiale del Comune di Roma attestante quale destino attenda i pannelli fotovoltaici e relative impalcature di sostegno all'indomani del 6 Gennaio? Verranno distrutti? Abbandonati all'interno di qualche magazzino? Regalati un qualche fortunato estratto a sorte? Piazzati al posto della Lupa? Regalati agli africani bisognosi? Rimarranno in loco? Ci dica...

Nessun mainstream può fermare la logica ed il raziocinio. Il sospetto che tutta l'operazione possa essere stata messa in piedi per “pettinare” le onde dei cervelli giovani, menti ancora acerbe ergo incapaci di vedere oltre le apparenze maliziose sulle quali talvolta inciampano gli stessi sprovveduti al potere, ci sta tutto. Ed è esattamente col beneficio del dubbio che, confidando nella sua buonafede, attendiamo le risposte da parte del Comune di Roma.

 

 

 Brisbane, East coast, Australia -  26 ottobre 2022, una bella mattina di sole. 

Mi alzo presto e, fatta colazione, mi accomodo alla postazione di lavoro, un tavolo sotto l'oblò da cui circola un po' di vento. Portatile, wi-fi, taccuino degli appunti, e sono pronti per cominciare. 

Il catamarano che mi ospita – una straordinaria occasione che mi dà la possibilità di vivere quaggiù per qualche mese – è attraccato in una marina appena fuori Brisbane, sul fiume che dà il nome alla città. Dal mio ufficio accanto al divano e alla cucina vedo altre barche intorno a me e un gran via vai di lavoro, diverso dal mio, piuttosto manuale, ma che mi fa sentire a mio agio, parte di una comunità.

Il lavoro in viaggio non è soltanto una necessità per rendere sostenibile a lungo termine la scelta “nomade” che ho intrapreso, ma anche un'opportunità di trasformare il viaggio stesso in uno stare, in un abitare, un'ancora che mi permette di aderire al luogo in cui sono. Può sembrare paradossale ma il lavoro rende il viaggio più autentico, lo libera dal turismo.

In questi sette anni, da quando, compiuti i cinquanta, ho lasciato il posto fisso in una casa editrice di Milano, vita, lavoro e movimento si sono intrecciati in varie forme, ogni volta diverse, adatte al luogo, al budget, agli alloggi, al freddo, al caldo, alla compagnia o alla solitudine. Canarie, Baleari, Sudafrica, Svezia, Armenia, Serbia, Seychelles, Polinesia francese, il computer è sempre venuto con me, punto di riferimento e di sicurezza, con i progetti didattici ei libri scolastici che costituiscono la mia professione di editor, ieri come dipendente , oggi come freelance.

Non è stato facile all'inizio , quando tutti erano negli uffici e io in giro vagabonda con il pc nello zaino a inventare un modo per realizzare il mio sogno. Ci è voluto un po' per prendere le misure e accreditare  una nuova affidabilità a distanza : come mi organizzo, dove mi sistemo, come rendere innocua la lontananza in modo che i colleghi continuino a trovarsi bene con me. Con la pandemia le cose sono cambiate, la percezione del remoto è profondamente mutata e io ho smesso di essere un animale esotico, ma la gestione del tempo e delle energie rimane  una sfida quotidiana alta  in una vita senza fissa dimora.

Non mi convince la definizione di “nomade digitale”, la trovo  vaga  e  riduttiva . Mi piace il nomadismo come stile di vita: non ho bisogno di una casa, amo il cambio di scenario, l'incontro con persone e luoghi sconosciuti. Sono un  “nomade esistenziale” , la tecnologia è un potente strumento al mio servizio, ma certamente non definisce la mia identità. Mi consenti di essere una libera lavoratrice viaggiatrice, questo sì. E faccio di tutto per mantenere queste tre qualità, finché ne ho forza.

 

Va sfatata ogni idea romantica del nomadismo digitale, e in generale di questo tipo di scelte. Per essere vere e praticabili nel tempo richiedono un costante impegno per trovare le risorse necessarie e una certa fatica che il movimento senz'altro comporta, oltre che disciplina per rispettare le scadenze senza distrarsi troppo. Ma soprattutto richiedono una profonda determinazione al cambiamento. È stato lungo il cammino per arrivare qui, e paure e incertezze vanno affrontate ogni volta. È una vita che contiene una buona dose di precarietà e sradicamento, ma che in cambio offre una libertà e una pienezza cui oggi non rinuncerei per niente al mondo.

 

*Freelance con lunga esperienza nell'editoria scolastica. Nel blog “Pensieri Nomadi” scrive dei miei viaggi, di cambiamento di vita, fuori e dentro: https://pensierinomadi.it/. Se vi fa piacere scrivermi rispondendo a This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it..

Articolo pubblicato sul blog del Fatto Quotidiano il 16 novembre 2022

 

di Cristina Rolfini*

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