L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni.

Free mind (195)

Lisa Biasci
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“Premio Italia diritti umani 2023” ®

 

Dedicata alla memoria dell’ ex Vice-presidente della Free Lance International Press Antonio Russo.
via Ulisse Aldovrandi 16 c/o Unar - ROMA

ROMA 14 Ottobre 2023
Il Premio Italia Diritti Umani nasce dall’esigenza da parte delle associazioni coinvolte di voler dare un giusto riconoscimento a coloro che, per la loro attività, si sono distinti nel campo dei diritti umani. In un mondo in cui il profitto sembra essere lo scopo ultimo di ogni intento, bisogna sostenere chi lotta veramente, sacrificando spesso gran parte (o del tutto) la propria esistenza per aiutare il prossimo. I Mass Media spesso non prestano la dovuta attenzione al tema dei diritti umani, se non in maniera superficiale. È giunto quindi il momento, non solo di dare un giusto riconoscimento a chi lotta per la difesa dei più deboli, ma anche di parlare su come possano essere tutelati meglio questi diritti che, anche in paesi come l’Italia oltre che all’estero, sono sistematicamente violati, soprattutto nei confronti dei più deboli.

In collaborazione con  -

   

 

 

               Modera e presenta il premio: Neria De Giovanni – Free Lance International Press
Presidente dell’associazione Internazionale Critici Letterari
Saluti del Pres. della Free Lance International Press Virgilio Violo e Antonio Masia Pres. dell’UnAR - Ore 15. 50

Interventi

Massimo Tomaselli –Coord. Resp. coop. “il Futuro Quadrifoglio”
ore 16,00
L’assistenza domiciliare integrata nel trattamento delle dipendenze patologiche
Patrizia Sterpetti – Presidente di Wilpf Italia – ore 16.20
"Diritti umani e militarismo"
           Ornella Mariani Forni –  scrittrice - ore 16,40
 
“Informazione e diritti umani”

Buffet ore 17.00

 

Ore 17,30 - FerdiNando Maddaloni  presenta un estratto da

“SE CHIAMI UN DIRITTO RISPONDE UN DOVERE”

di & con Ferdinando Maddaloni
monologo ispirato alla vicenda giudiziaria relativa al duplice delitto di Ponticelli del 1983

 

                         

 

 

PREMIAZIONE ore 18.00   

Coordinatrice l’attrice Mariella Guarnera, consegnano i premi e leggono le motivazioni gli attori:
Annalena Lombardi, Patrizia Tapparelli, Alessandro Peccolo 

 

PREMIO ITALIA DIRITTI UMANI 2023


Galleria d’arte “Sempione” - Donate opere degli artisti: 
Stefano Pinci, Sergio Saviantoni, Stefano Sesti

per prenotarsi: This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it.                                      

 

 

                       

     1999 - la redazione del mensile Free Lance International Press News

 

                                iscritti della Flip

 

                                                                     Riunione di "famiglia"

 

          Giulia Bertotto

Giovane filosofa con spiccate simpatie  in ambito gnostico-manicheo e in ambito patristico, Giulia Bertotto è autrice di due originali raccolte poetiche, In caso di Apocalisse  del 2019 e Dolce Stil Muoio del 2022, nonché del saggio Westworld la coscienza in serie. Da anni, con  passione e competenza, si dedica alle interviste per la testata online Quotidianoweb, mentre per L’Antidiplomatico cura la rassegna Cultura e Resistenza.

Dal nostro incontro, favorito da comuni interessi relativi al pensiero mistico di Plotino e di Giordano Bruno, e dallo stesso amore per un giornalismo senza padroni e nemico di tutte le menzogne, è nata la seguente conversazione. 

 

  • In uno dei tuoi componimenti all’interno della raccolta Dolce Stil Muoio (Robin 2022), sei riuscita, in pochi versi, a rivelare in modo molto suggestivo  le tue principali simpatie filosofiche: Seneca, Cusano, Epicuro, Bruno.

Cosa ti avvicina al loro pensiero? E perché li consideri particolarmente utili per aiutarci ad affrontare una vita in cui (come tu stessa affermi altrove) “Nessuno ha ancora risposto al Male del Mondo”?

 

Colui che (finora) ha risposto in maniera più efficace al dilemma del male nel mondo è Agostino d’Ippona. La triangolazione tra coscienza umana, necessità del peccato originale e del male (a garanzia della libertà umana) e onnipotenza buona di Dio, nel suo sistema si reggono sul libero arbitrio; un dispositivo geniale.

La figura filosofica in cui mi rispecchio di più è Simone Weil: giornalista, militante, poi anarchica e mistica. Nel suo caso l’anarchia era già ricettacolo ascetico, una forma di distacco dal mondo terreno.

 

Di Seneca consiglio di leggere la Consolatio ad Marciam,breve trattato in cui la filosofia ha un ruolo consolatorio al lutto più duro che c’è: la perdita di un figlio. Non è una consolazione sentimentale ma ontologicamente fondata su una coerente metafisica. Cusano ha espresso un meta-concetto, qualcosa che va oltre la mente cognitiva, qualcosa che anticipa la fisica quantistica e recupera la filosofia orientale: la coincidenza, quindi il superamento, degli opposti. Epicuro non è in realtà tra i miei “preferiti” ma certo non era un edonista del qui e ora come viene descritto. Giordano Bruno è un portento: poche intuizioni come il suo panenteismo (Dio è sia nella natura sia la trascende) mi hanno emozionata nella vita. Ci tengo a ribadire, come ho scritto in un articolo per la Gazzetta Filosofica, che la vulgata atea che fa di questo filosofo una bandiera dei positivisti è forzata e faziosa: è una visione decontestualizzata, facilona, che non tiene conto dell’epoca.

Il Nolano non era un martire del pensiero scientifico contro quello mitico, anche se fu un violento eretico anticlericale. Era un frate, un mago, un cabalista, il suo eroico furore era un impeto verso il divino.

 

Prima assolutizzavo ogni teoria, mi innamoravo di ogni pensatore, quando lo scoprivo dicevo: “Ecco questo ha capito tutto”! Ora sono nella fase in cui hanno tutti ragione. Un mio amico mi ha detto che rischio il relativismo, il cui disorientamento porta alla pazzia come è accaduto in Nietzsche, e un altro, invece, che potrebbe  essere una specie di conciliazione mistica, quasi un guardare le cose con gli occhi del Divino. Secondo me, hanno entrambi ragione (e ti pareva!), ma non diventerò né pazza né una santa.

Ovviamente, in questo “hanno tutti ragione”, ho dei limiti: i sostenitori della neutralizzazione del maschile e del femminile che vogliono farne sovrastrutture culturali, quando invece sono archetipi bio-spirituali, e i sostenitori dell’utero in affitto -il più grave crimine contro l’umanità- non hanno ragione punto e basta.

  • Nei tuoi componimenti intrisi di letture filosofiche, mi sembra emerga una visione del mondo alquanto oscillante: da una parte, un cupo sentimento tragico dell’esistenza; dall’altra una percezione gioiosa del vivere alimentata dalla consapevolezza della meraviglia dell’Essere (“Il miracolo è ora”).

In una tua poesia, poi, arrivi a chiederti (e a chiederci):

Se avessimo davvero sbagliato direzione?

Se Mani, Leopardi e Schopenhauer avessero ragione.

Se l’estinzione fosse la Resurrezione?”

Quindi? Quale dovrebbe essere la “giusta” direzione?

 

C’è un grande filone di filosofi che dà per scontato che vivere sia cosa buona e giusta, lo si deve fare per la verità, il bene, Dio … Ma c’è una corrente nascosta, clandestina quasi, di pensatori che non la vedono così. Il loro pensiero è insopportabile, ma coraggioso e affascinante. Sono i manichei di Persia (Mani fu il loro profeta), i loro eredi gli gnostici ellenistici, poi i catari europei, e poi Leopardi, Schopenhauer, Nietzsche, Cioran, Mainlander, Peter Zapffe. Secondo loro, non dobbiamo indugiare qui sulla terra, ma aspirare ad un’altra dimensione, oppure trasformare la nostra stirpe umana. Possiamo dirlo in termini induisti e buddhisti: dobbiamo estinguere il Samsara.

Non si dovrebbe avere tale imbarazzo e tabù di questo concetto, non è propaganda malthusiana, può essere un nichilismo lucido e metafisicamente argomentato, come per gli gnostici o i catari medievali. Tuttavia, per nessuno di loro il suicidio è un’uscita di sicurezza valida. Se ti piace la serie True detective, li devi conoscere.

 

In una formula: “Dolce stil e Muoio”. Non è una pacificazione, ma un dilemma. Una tensione a cui non cerco più una soluzione, proprio nel senso etimologico di sciogliere la polarizzazione e la dualità. Dolce Stil Muoio non è licenza poetica, ma affezione profonda, biografia energetica, deriva dalla mia infanzia, dal mio attaccamento ambivalente. Scusa, so che non è una seduta di psicoterapia, ma, secondo me, se decidi di parlare di te stessa, poi ti devi dare. Se ti dai, gli altri sentiranno che ti sei consegnata.

 

  • E anche il tuo rapporto con la dimensione del divino appare piuttosto problematico. Cosa intendevi dire dicendo che sia la sofferenza sia la gioia sarebbero manifestazioni della nostra “nostalgia di Dio”?

 

Rispondo con un passo della già citata Simone Weil: “Nulla può avere come sua destinazione altro che la sua origine. L’idea contraria, l’idea del progresso, è veleno”. Il versante di me che sente lo Spirito Uno (non saprei come altro dirlo), che è certo della Vita infinita, sa che veniamo dal luogo al quale dobbiamo tornare. Quello che accade in terra sono solo chiacchiere.

 

  • Nonostante le tue meditazioni metafisiche ed aspirazioni mistiche, tu hai scelto di dedicarti al giornalismo “per stare nel mondo”, e lo fai indubbiamente con grande entusiasmo e militante passione. Ma quanto credi sia davvero ancora possibile continuare a fare giornalismo libero, non inquinato e manipolato da interessi politico-economici, in un momento storico come il nostro?

 

Questa domanda me la faccio quasi ogni giorno e mi terrorizza. Il senso di impotenza è schiacciante. Ci sono élites dominanti che hanno il controllo della finanza e, quindi, dei media e dei social, della politica e della magistratura. Altro che complottismo, è una condizione evidente. Non credo di essere mai stata ingenua, ma la gravità di questo stato di cose l’ ho davvero capito in ritardo.

E’ una lotta impari, per dirla con Marx, sono dei rapporti di forza mostruosamente squilibrati.

 

  • Sul giornale online sul quale scrivi, stai contribuendo a portare avanti una iniziativa decisamente preziosa ed encomiabile, quella, cioè, di cercare di dare voce a coloro che ritengono di aver subito danni rilevanti dalla inoculazione dei sieri “antiCovid” (impropriamente definiti “vaccini”). Perché questa scelta? E che risultati state raggiungendo?

Sì, con Quotidianoweb stiamo portando avanti un’inchiesta della massima importanza per la verità, la democrazia e la giustizia nel nostro paese. Raccogliamo le testimonianze di coloro che hanno subito gravi effetti collaterali dopo la campagna vaccinale antiCovid. Queste persone sono tante, tantissime. La rubrica si chiama “Fuori dal silenzio”.

E’ davvero surreale ascoltare per ore persone disperate, pentite, furiose, invalidate, colpite da patologie neurologiche e autoimmuni, che vengono ignorate dallo Stato, fatte passare per matte dallo stesso sistema medico, e poi trovarmi a preparare la cena o fare un aperitivo con un’amica, come niente fosse. Come se in questo paese non fosse in corso una strage. Questo ci fa tornare alla domanda sul male. A volte, nessuna risposta, neppure quella del dottore della Grazia, mi sembra efficace.

 

  • Voglio chiudere la nostra conversazione facendo riferimento ad una delle tue poesie a me più cara, quella in cui parli della “fracassante” emozione provata nel tuo incontro con un infelice e spaventato passerotto. Hai scritto:

“Tenere nella mano un passerotto

caduto dal nido.

Quel cuoricino che impazza nel mio palmo

il mondo intero

al petto

mi fracassa”.

E’ forse questo, mi chiedo, il significato più bello della vita? Raccogliere e proteggere chi è caduto?

 

Un po’ ti conosco, e ti ho beccato, ahahhaha … questo credo sia il tuo! Io non sono così rivolta all’altro. Non faccio volontariato, ma se un cucciolo cade nel mio giardino significa che, per qualche ragione, quella faccenda tocca a me. Quel passerotto lo salverei ancora e ancora.

 

Per me, ciò che c’è di più entusiasmante è capire, provare a comprendere, tentare di far quello che gli scettici come Pirrone ritengono impossibile; afferrare qualcosa di questo assurdo Mistero che è esistere. Anche se io, a differenza di Pirrone, non sono affatto libera dalle passioni. Sto bene da sola, ma, tutto sommato, adoro anche stare con gli altri. Da bambina ero triste e volevo stare con mamma o sola, soltanto dopo c’è stata la scoperta degli altri.

 

L’umanità è orribile … l’umanità è meravigliosa.

 

 

 

 

Sul tavolo di questa estate calda, caldissima, c’è un altro fattore caldo che merita la nostra attenzione. Gli stupri, le azioni di violenza di gruppo verso una vittima che sia maschio o femmina che hanno riempito la cronaca nera di questi mesi. Accendono un problema vero a cui noi cittadini, genitori in primis, e comunicatori, non possiamo risolvere con il silenzio e la semplice condanna via social. 

L’imbarazzo di certi temi ci obbliga a dover parlare ai nostri ragazzi di educazione emotiva, sessuale e di amore. Sì, dobbiamo parlare ai nostri ragazzi di amore e quindi di relazioni di affetto, di amicizia, di rispetto. Ricominciare da qui. 

E soprattutto, occorre dire che se lasciamo al web il compito di educare i nostri ragazzi alla sessualità è finita. Sul Web, ormai i nostri adolescenti acquisiscono immagini pornografiche gratuite, senza censura e limite alcuno.

L’educazione del giovane maschietto e anche della giovane ragazza è fai da te, attraverso il grande educatore sessuale del secolo in corso, la Rete. Tik tok, YouTube e poi Telegram e WharsApp per diffondere contenuti, propongono di tutto, senza censura per i minori, o di immagini forti che possono confondere, preoccupare, male educare. 

Va anche ricordato ai nostri ragazzi che il nostro corpo non è di proprietà di nessuno se non di noi stessi, che nessuno lo può violare, che nessuno può spingerci a fare cose che non vogliamo, e che qualunque violenza venga perpetuata al nostro corpo con l’uso della forza è un reato e come tale va denunciato alle autorità competenti e va perseguito. 

Concetti chiari, semplici, diretti e incontrovertibili. 

Secondo uno studio del 2016 di Ingrid Storm, ricercatrice dell’Università di Manchester, ogni generazione è semplicemente più liberale della precedente. In più, i valori morali e la moralità differiscono da persona a persona, da epoca a epoca e da paese a paese.

Se si parla di valori morali in declino, magari qualcuno tra di voi non sarà d’accordo, probabilmente. 

Aggiungiamo anche che a contribuire alla percezione distorta della morale comune, ci sono i dati di visualizzazione degli articoli e il fatto  che i lettori preferiscono di gran lunga le brutte notizie.

La copertura mediatica della cronaca nera c’è, la gente la guarda o legge, la pubblicità si vende sulla base delle letture, delle visualizzazioni e da qui l’impressione di un decadimento di morale delle nuove generazioni. 

Se, allora, qualcuno storce il naso su questa riflessione sulla “presunta questione di moralità” delle nuove generazioni di questo millennio, visti i fatti scioccanti che accadono in lungo e in largo per il paese, ciò non toglie che i concetti, come quello dell’educazione emotiva e sessuale per i ragazzi, passano attraverso di noi, le nostre parole ed azioni di adulti.

 

I media sono l’entità più potente sulla terra. Hanno il potere di rendere colpevole l’innocente e di rendere innocente il colpevole, e questo è potere. Perché controllano la mente delle masse. (Malcolm X)

 

La violenza dilaga ogni giorno, è indubbio: le reazioni umane sono sempre meno umane e non esiste alcuna forma di difesa verso chi subisce. Assistiamo a cose inaudite; violenza per strada sotto gli occhi di gente inerme occupata solo a registrare con il telefonino, sguardi curiosi e indagatori ma nessuno che invochi aiuto. Donne violentate e uccise, madri che uccidono i propri figli, lo spaccio sempre più mercatino di strada sotto sguardi di gente comune che si abitua al degrado quasi come sottostare a chi ha deciso di uscire allo scoperto con la propria delinquenza, certi di non pagare alcuna pena. Nessuna riforma che garantisca aiuti per chi ha perso il senno e allo stesso modo nessun aiuto a chi subisce ogni tipo di violenza e di sopraffazione. La stampa di testata ci propone sempre immagini del diverso additando quel degrado ma non sottolinea mai che se tutto questo ci circonda è perché c'è chi fa finta di non vedere o peggio, che vede molto bene ma gode fomentando l'odio verso alcune razze senza spiegare che spesso dietro a certe forme di violenza c'è la droga, la povertà, la malattia mentale, la fame, la stanchezza e la disperazione. Perché invece di additare non si creano soluzioni? perché si mette in prima pagina il mostro sempre di origini differenti dalle nostre? Viene il sospetto che ci sia un disegno ben articolato, esaltare quanto lo straniero sia da isolare, quanto lo straniero sia marcio, quanto lo straniero sia sbagliato, sporco, assassino e depravato. Magari arriveremo vicino alle elezioni e alcuni politici ci prometteranno che l'uomo nero non dovrà mai più entrare perché portatore di degrado e delinquenza. Magari; così i voti saliranno in modo esponenziale. Negli ultimi anni si leggono articoli che servono essenzialmente ad additare quanto l'errore abbia un colore, quanto alcune guerre siano a causa di una certa nazione, quanto la donna sia spesso la causa di una violenza cercata, quanto viene deciso che un vaccino salva  la vita obbligando a farlo, quanto con la scusa di una democrazia si sceglie di imporre i cittadini a tenere i propri pensieri per sé tanto il potere decisionale non da scampo di scelta.

Ormai tutto è allo sbando, con gli anni l'umano si è lasciato trasportare dai condizionamenti di un potere che attraverso una rete di imbrogli ben studiati, di congetture politiche, di processi intellettuali di dubbia pulizia etica e morale ha reso l'uomo dipendente dai media sempre meno informatori e sempre più dottrine da seguire.

 

 

 Un'inedita edizione del trattato strategico per eccellenza è  stato oggetto di un convegno presso la Sala Capitolare del Senato della Repubblica Italiana.

 

 

In occasione della Giornata Internazionale dei Peacekeepers 2023, giovedì primo giugno l'autore americano Colin I. Thorne ha presentato, tramite il curatore della casa editrice Layout S.r.l. Edoardo Claudio Olivieri, il libro «Sun Tzu, The Technology of War» (nell'edizione italiana «Sun Tzu, La Tecnologia della Guerra»), col supporto di due tavoli di relatori d'eccellenza, ognuno dei quali ha commentato questo testo  contestualizzandolo nel proprio ambito di competenza, passando dalle arti all'economia, dalla giurisprudenza alle scienze, dal giornalismo alla strategia militare, dalla formazione universitaria alla filologia.

L'incontro è stato abilmente moderato del giornalista Andrea  Sermonti ed è iniziato con la proiezione di un breve filmato nel quale Colin Thorne ha illustrato accuratamente il perché di questo titolo innovativo per Sun Tzu, che dal tradizionale L'Arte della Guerra diventa La Tecnologia della Guerra.

«Sun Tzu non rappresenta un'arte» ha esordito Thorne «Sun Tzu utilizza, lungo tutta la sua opera, il termine 兵 伐 bingfa. Il significato di questi caratteri cinesi particolari fornisce un’idea della vera natura del suo lavoro. 兵Bing significa militare, o cose di natura militare. 伐 Fa significa leggi, principi, regole e metodi.»

Infine, continua Thorne: «L’uso di 兵 伐 bingfa da parte di Sun Tzu  indica che egli era dell’opinione che ciò che lui aveva codificato equivalesse ad una tecnologia e, verosimilmente, perfino in una scienza. Di conseguenza, Sun Tzu rappresenta una tecnologia, vale a dire un completo corpo di conoscenza».

Il dibattito è poi proseguito con il primo tavolo dei relatori, a partire da Monica Libinu, giornalista, conduttrice televisiva e critica di danza, con un intervento che ha messo in risalto l'imprescindibile ruolo dell'estetica e dell'arte nella creazione di una civiltà pacifica, a cui ha fatto seguito il docente di Scienze Naturali prof. Enzo Pennetta, che ha posto l'enfasi sulla cronaca bellica Ucraina, caratterizzata da una piena violazione della massima suntzuniana in virtù della quale si «vince senza combattere».

L'economista e autore Antonino Galloni ha quindi carpito l'attenzione della platea affrontando le tematiche belliche da un punto di vista di interessi economici, parafrasando Carl Von Clausewitz e sottolineando che se «la guerra è la continuazione della politica», allora «l'economia è la continuazione della guerra».

Se da un lato l'avvocato Pierluigi Fettolini ha contestualizzato Sun Tzu nel moderno scenario di complotti ed inganni legislativi facendo riferimento alle tecniche della guerra normativa, dall'altro il giornalista e fondatore di «Dialogue on Democracy» dott. Vas Shenoy ha calcato la mano sull'elemento dell'inganno quale comun denominatore delle strategie di controllo politico-militare adottate storicamente dalle superpotenze. La materia è stata poi affrontata con un'ottica decisamente diversa dalla professoressa di Diritto Ecclesiastico Angela Patrizia Tavani, che ha messo in relazione alcune massime di  Sun Tzu con la vita di tutti i giorni, nella quale i fattori laici e religiosi possono convivere e armonizzarsi.

Il secondo tavolo dei relatori ha avuto inizio con il prestigioso intervento del Presidente del Centro Alti Studi per la Difesa Ammiraglio di Squadra Giacinto Ottaviani, avente come oggetto la leadership nel complesso contesto del terzo millennio, esaminando in dettaglio le diverse modalità di leadership adottabili a seconda che il contesto sia semplice, complicato o complesso, per poi effettuare una disamina di una case history condotta da ricercatori di Harvard in una High School di Boston. Tale ricerca analizzava i risultati ottenuti suddividendo un gruppo di studenti (dalle caratteristiche in realtà omogenee) in due classi, dichiarando fittiziamente che nella prima erano stati inseriti i migliori, mentre nella seconda i peggiori; e ottenendo come risultato a fine anno che la prima classe si dimostrasse marcatamente migliore della seconda come semplice conseguenza del fatto che «tutti sapevano che quella classe era migliore, e questi studenti probabilmente venivano trattati con maggior riguardo dai rispettivi professori, ottenendo di conseguenza un incremento del quoziente intellettivo nell’arco di nove mesi; così come Sun Tzu diceva di trattare i propri uomini come se fossero dei figli amati, perché solo così i leader sarebbero stati seguiti fin nelle valli più oscure», e sottolineando quale virtù primaria nella leadership l’applicazione della «Regola Aurea: tratta gli altri come vorresti essere trattato tu».

All'intervento dell'Ammiraglio ha fatto seguito quello del curatore dell'edizione italiana del libro oggetto del convegno E. C. Olivieri, che ha descritto in dettaglio l'immane lavoro svolto da Colin Thorne per rendere di nuovo disponibile ai lettori il puro pensiero originale di Sun Tzu dopo 2.500 anni, parlando poi del suo susseguente contributo nella creazione della edizione italiana, frutto di un progetto sviluppato con l'Ing. Luca Boncore e illustrata da Michele Scaciga.

Il dott. Giampaolo Nicola, Pro Rettore ISFOA, Ambasciatore di Pace presso la Santa Sede e membro  OMSTAT, ha parlato del retaggio di Sun Tzu nell'attuale formazione universitaria, annunciando l'adozione de «Sun Tzu, la Tecnologia della Guerra» quale materiale formativo di riferimento nei corsi di Diritto  nternazionale svolti dall'istituto di istruzione universitaria da lui rappresentato, in associazione con la GCU - Global Center University, e accompagnando la platea in un profondo viaggio religioso che prendeva spunto vuoi dalle encicliche Pacem in Terris di papa Giovanni XXXIII e Popolorum Progressio di Papa Paolo VI, vuoi da tematiche citazioni del servo di Dio Aldo Moro e rammentando l'omelia di Papa Francesco: «in un mondo scoraggiato da violenza e guerra, la pace vince».

Il convegno si è concluso con i contributi del Presidente del Parlamento della Legalità Internazionale dott. Nicolò Mannino, con un intervento emotivo senza precedenti che ha enfatizzato «l'imprescindibile importanza di essere operatori che testimoniano una cultura di pace, edificandola e dichiarando all’umanità i diritti che le garantiscono l’attuazione di una cultura del riscatto, perché ogni pace nasce da una guerra interiore che abbatte la mentalità dell’odio e sfocia in un inno alla vita», citando poi il giudice Rosario Livatino «“quando moriremo, nessuno ci verrà a chiedere quanto siamo stati credenti, ma credibili”».

A Mannino ha fatto seguito per il gran finale l'Avv. Enrico del Core, Cassazionista e Dottore di Ricerca in Diritto Privato e Garanzie Costituzionali, nonché Presidente del Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani, ente di vigilanza e difesa dei Diritti Umani nel campo della salute mentale; il quale, con un sapiente excursus lungo molteplici assiomi di Sun Tzu, ha dimostrato inequivocabilmente come l'auspicio supremo per un legale sia il perseguimento della pace sociale che rappresenta altresì il trionfo della vera giustizia.

Il convegno è stato arricchito dall’inestimabile contributo canoro dei cantautori Giulio Nicolosi (con il brano «Voglio») e Nora Rindi (con il brano «Un Milione di Passi») accompagnati dal chitarrista Enrico Fornatto, e di Alex Magistri dei GHOST con «Hai una vita ancora» e «Il mio nome è la dignità»; essi si sono infine esibiti in un trio canoro sulle note del brano tematico “La guerra di Piero” di De André, permeando letteralmente tutta la Sala Capitolare con le loro sublimi voci. Un sentito ringraziamento va allo staff Sheitara Tafuro e Pascal Lemos.

 

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Notizie filtrate, sfalsate, indirizzate a secondo la posizione politica dei giornali di testata.

La gente legge, cerca informazione, vuole sapere, conoscere, comprendere ma ogni giornale riporta la stessa notizia con differenti opinioni tanto che cresce la confusione generale nel lettore sempre più indeciso a chi credere.

Una guerra d'indottrinamento legale dove la vittima è sempre la gente che naviga in  balia a giochi politici dove a mischiare le carte sono le major editoriali.

Non solo nella carta stampata ma anche in qualsiasi media popolare. Oggi la Rai, domani Mediaset , poi sarà la volta di questo o quell'altro palinsesto. Vediamo quello che vogliono farci vedere e ascoltare, restiamo confusi, sbandati e nelle discussioni fra gente comune vengono fuori opinioni diverse "figlie" di una  disinformazione lacunosa. Programmi inutili, lavaggi del cervello, volgarità e attrattive mediocri dove si parla del niente e il niente viene costruito.

La sessualità svenduta, la cultura ignorata, l'esempio e l'insegnamento educativo ormai al bando da anni. Pochissimi programmi culturali, pochissimi fuori dal coro che proprio per questo vengono velocemente esclusi. Tutto è circuito politico, anche nelle piccole cose. Le associazioni no profit non trovano spazi per divulgare la cultura mentre le associazioni pro favoritismi riescono a emergere nonostante povere di iniziative sociali.

Siamo diventati quel paese che osserva maniacalmente storie di omicidi svendute in programmetti che parlano nello stesso momento di mortadella e di morte facendo a gara a chi infama di più mettendo sù processi fatti di chiacchiere e di pettegolezzi inauditi. Si parla di guerra come se fosse l'argomento di un film e non come una tragedia che sa di sangue, dolore, infamia. Tutti sanno tutto, tutti additano senza conoscere la storia, tutti hanno la risposta e intanto la gente diventa indifferente al dolore, all'ascolto, alla compassione e prende parte a quello o all'altro Stato come se   si trattasse di una partita di calcio.

La coscienza umana va di pari passo a quel potere che sa come manovrare i lobotomizzati di una società che ci piega sempre di più a un volere essenzialmente politico, in un contesto sempre meno umano dove i DIRITTI CIVILI vengono calpestati e ignorati oltre che MAI essere menzionati dai giornali, dalla televisione, dalla radio. Nascono gli odi razziali, l'omofobia, l'inascolto degli ultimi che ultimi non sono.

Un mondo finito se non si prende coscienza di noi, del nostro voler essere verso l'altro senza difesa, senza ascolto, senza parola.

Il potere ogni giorno  uccide e spegne migliaia di menti. Non lasciamoglielo fare!

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