
L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni. |
Non se ne può più, BASTA! Questi TALENT altro non rappresentano se non l'ennesimo volgarissimo tentativo di appiattimento culturale di stampo mondialista made in USA... anche se il format in verità è stato inventato dal britannico Simon Cowell, quello di X Factor UK, per intenderci! Un format in cui lo standard è una costante che non muta di una virgola. Sono uno la clonazione dell'altro; di Nazione in nazione il circo mediatico non presenta variazioni. Né sul piano tecnico né su quello operativo. Gli ambienti sono riprodotti in serie in una sorta di raccapricciante catena di montaggio coreografica dove perfino le telecamere sono piazzate esattamente negli stessi punti. Sia che ci si trovi negli studi televisivi inglesi, indiani, italiani sia che ci si trovi in quelli canadesi, brasiliani o norvegesi non fa distinzione: un palco dedicato ai candidati, un bancone che accoglie i cosiddetti giurati e gli spalti da cui masse di decerebrati prezzolati cadono in trance sotto l'influenza degli effetti luminosi e dei direttori di pathos, ovvero soggetti che a telecamere spente, prima dell'inizio delle trasmissioni, insegnano al pubblico a reagire a comando: se è il momento della lacrima, piangete; se è quello dello sgomento, adottate espressioni facciali adeguate e via discorrendo. Tutto è artefatto, di spontaneo non c'è nulla. I tempi sono dettati dagli sponsor, unici veri padroni della scena occulta! Tutto gira attorno al guadagno. Così funziona la televisione vera: mandare in onda un flusso pubblicitario continuo interrotto da segmenti di trasmissioni vomitevoli perché vomitevole è l'utenza che stravaccata su divani acquistati a rate giace inerme in uno stato ipnotico in cui i pensieri si azzerano del tutto e l'unico sussulto neuronale viene ridotto a considerazioni basiche.
Mi viene un groppo in gola a pensare che il prodotto primigenio, quello da cui tutto ha preso forma sia italiano!!! proprio così! Venne inventato di sana pianta dai fratelli Corrado e Riccardo Mantoni sul finire degli anni Sessanta. Il nome che diedero alla trasmissione fu LA CORRIDA (dilettanti allo sbaraglio). Il taglio era sostanzialmente quello della festa paesana e, per far divertire il pubblico, si andavano a stanare proprio i personaggi più caratteristici, buffi, stonati e cialtroni da contrapporre ad uno o due sì dotati di vero talento. Una fucina da cui ebbero modo di essere notati soggetti che col tempo riscossero grande successo sino a diventare famosi sulla base dell'apprezzamento diretto del pubblico coevo.
Quello cui assistiamo oggigiorno è un ibrido che nulla ha a che spartire con le origini paesane spontanee, gioviali e scanzonate di allora. Un ibrido pericolosissimo, che nasce con una maschera al di là della quale si muovono nell'ombra intenti poco chiari, tendenze mondialiste perniciose; una sorta di crogiolo per modelli culturali deviati, intrisi di significati subdoli devastanti le cui vittime sono i nostri giovani dalle menti già inficiate dal “tutto a portata di mano” e dal “tutto pronto” che non li pone nella condizione di inventare soluzioni perché tutto quello che serve – viene loro ossessivamente ripetuto – è on line. Ma on-line... c'è solo ciò che ESSI vogliono far loro trovare! E l'illusione si ripete...
La sera del 13 febbraio del 1945 Dresda era intatta. Via via che l’avanzata dell’Armata rossa metteva in fuga le popolazioni orientali del Reich, la capitale degli Elettori di Sassonia, la “Firenze del Nord”, vide raddoppiare i suoi 630.000 abitanti.
I profughi erano anziani, donne, bambini, malati, feriti, forse centomila prigionieri di guerra, per lo più francesi, che vivevano nelle fattorie, addetti ai lavori agricoli.
La guerra era alla fine, l’illusione di aver evitato la morte dal cielo li compensava dell’imminente invasione sovietica.
Ma a loro pensavano due specialisti: Arthur Harris “il macellaio” per gli inglesi, e Jimmy Doolitle per gli americani; al suo collega Carl A. Spaatz, la Wehrmacht aveva appena decretato la «piuma bianca», che nelle tradizioni militari inglesi significa viltà e disonestà, per il bombardamento di Berlino del 3 febbraio.
Doolitle se la conquistò con Dresda.
Due incursioni notturne preparavano gli inglesi, e una diurna gli americani: nell’insieme, una fornace mai vista, di esseri umani, palazzi, chiese, opere d’arte.
Per nascondere agli equipaggi che obiettivi dell’attacco erano solo civili, profughi e vecchie case di legno, gli raccontarono diverse bugie: Dresda era una città “fortificata”, centro di produzione di armamenti. Alle obiezioni di molti piloti contro la distruzione del centro, risposero che proprio questo ospitava, da alcuni giorni, il quartier generale della Wehrmacht.
In uno squarcio di sincerità del loro briefing, gli equipaggi del Gruppo 100 seppero il vero scopo: «Uccidere il più grande numero di profughi rifugiati nella città, per spargere il terrore dietro il fronte orientale tedesco».
A Dresda i soli obiettivi di qualche interesse militare, i ponti sull’Elba e l’aeroporto, non furono neppure attaccati. Uccidere i civili, uccidere i profughi, uccidere e incenerire esseri umani, ecco lo scopo dell’incursione.
Mai altrettanti esseri umani furono sterminati in un giorno solo. Mai per ragioni altrettanto futili. Mai in modo altrettanto feroce.
Mentre si è negato all’ultimo furiere della Wehrmacht il diritto di scolparsi con l’obbedienza agli ordini, per decenni i Marescialli della Raf si nascosero dietro il ministero, e il ministero dietro il Gabinetto e il Gabinetto dietro incogniti «altissimi responsabili», così salendo fino al primo ministro che, come ne fosse scottato, respingeva i fantasmi di Dresda sul ministero, e il ministero di nuovo sui militari.-
Con l’aiuto americano, la Raf uccise, in quattordici ore, da cento a duecento mila civili innocenti. 135.000, ha calcolato Irving; «ma potrebbero essere anche 275.000», secondo la Croce rossa internazionale di Ginevra.
Risultò impossibile un calcolo esatto per le decine di migliaia di vittime incenerite, e per la massa di profughi e stranieri non registrata.
La bomba atomica di Hiroshima uccise 71.000 persone subito, e molte migliaia più tardi.
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All’esordio, le bombe da quattro e diecimila chili, con la loro immensa onda d’urto, dovevano frantumare i vetri delle finestre e far saltare i fragili tetti a punta dell’età di Dürer e Lutero.
Alle case scoperchiate, 650.000 bombe e spezzoni incendiari e i bidoni di fosforo avrebbero appiccato il fuoco; cascate di scintille, infiltrandosi tra le finestre e i tetti, si sarebbero mutate in torrenti di fiamme.
Con la sua coltre di bombe esplosive, la seconda ondata doveva trasformare l’incendio in rogo, annientare i soccorsi, riempire di gas venefici la città assassinata.
I bombardieri americani avrebbero inferto il colpo di grazia e i caccia bombardieri che li scortavano sarebbero scesi a mitragliare quel che ancora vivesse ai margini del macello.
Era il martedì grasso, e la città festeggiava, alla meglio, il Carnevale. L’Opera, sacra ai trionfi di Strauss, rappresentava il “Rosenkavalier”, nel Gran Circo Sarassani stava cominciando la parata finale, i bambini indossavano maschere e costumini colorati, coi quali addosso scesero a migliaia (da 25.000 a 50.000) nelle fosse comuni, o furono inceneriti nei cumuli all’aperto.
I treni nella stazione, gremiti di gente, erano così lunghi, che si perdevano nella campagna.
Alle 22:13, guidati dai bengala, 244 quadrimotori «Lancaster» si avventarono sulla preda.
Città aperta di fatto, Dresda non era difesa da cannoni o proiettori. La caccia notturna non poté alzarsi, perché nel vicino aeroporto le piste dovevano accogliere, quella notte, gli aerei che lasciavano le basi a oriente, e il comandante dell’aeroporto, interrotte le linee con Berlino, non osò dare, ai piloti dei Messerschmitt Me.110, già pronti nelle cabine, l’ordine che aspettavano, mentre Dresda, a sette miglia, moriva: «Dresda annientata, e noi fermi a guardare. Com’è possibile?», scrisse un pilota nel diario: «Povera Patria».
-Gl’incendi arroventavano l’aria che, alleggerendosi, provocava uragani di vento infuocato a duecento chilometri l’ora e mille gradi, suscitando altri incendi. Le esplosioni, la temperatura, la mancanza di ossigeno spinsero torme di dispersi nelle gelide acque dell’Elba, dei canali, dove trovarono i rivoli di fosforo che colavano dalle strade.
I 529 quadrimotori della seconda ondata giunsero su Dresda all’1:30, guidati dall’immenso braciere che si scorgeva da 150 chilometri.
Autostrade e accessi erano affollati di autocarri: soccorritori e pompieri correvano da Chemnitz, da Lipsia, da Berlino, a farsi sterminare nella fatica senza speranza.
Gli zelanti fecero quel che il macellaio si aspettava da loro, e annientarono colonne di soccorso, ambulanze, pompieri. I corpi fusi nelle strade, appiccicati all’asfalto.
Tutto ciò accadeva in una delle più nobili città costruite dalla civiltà umana.
Par forse materialista rimpiangere la stupenda Dresda, che fino a quel giorno aveva conservato il volto dorato che le aveva dipinto Bernardo Bellotto?
Lo scempio di Dresda opera d’arte è un delitto che il passare del tempo non farà perdonare. Non deve essere perdonato.-
Quando i bombardieri «Lancaster» della seconda ondata si posarono sui loro atterraggi, decollarono 1.350 «Fortezze volanti» e «Liberators»: 450 per dare il colpo finale a Dresda, gli altri per devastare Chemnitz e Magdeburgo.
Le fiamme si vedevano, ora, a 300 chilometri dall’obiettivo.
A mezzogiorno e un quarto, un nuovo uragano di bombe scese a casaccio dentro la nuvola nera che copriva le rovine di Dresda, e alle 12:23 i P.51 «Mustang» della scorta si precipitarono a mitragliare i veicoli che uscivano dalla città.
Fuggirono gli animali dallo zoo e dal circo annichilito, si udivano le scimmie strillare, si videro i cammelli impazziti aggirarsi tra signore morte in abito da sera e cadaverini vestiti da Pierrot.
Dresda bruciò sette giorni e sette notti.
Nella città antica, la ricerca dei cadaveri durò più di un mese.
Le fosse comuni non bastavano e immense pire furono erette al centro di quel ch’era stato il superbo Altmarkt, su travi e rotaie incrociate, dove migliaia di innocenti accatastati bruciarono per settimane al centro della loro città vigliaccamente assassinata.-
Infine venne l’Armata rossa a ereditare la rovina che gli alleati occidentali avevano allestito, e così le decine di migliaia di fedi matrimoniali e i preziosi trovati addosso ai morti, trovarono un padrone.
Trecento impiegati che lavoravano a identificare le vittime furono licenziati, al direttore Voigt ne lasciarono tre, con l’ordine di trasferirsi in un ufficio più piccolo, coi suoi 80.000 documenti e tessere annonarie.
I tentativi di identificare altre vittime dovettero arrestarsi.
In una baracca dell’Abteilung Toten, dove erano ammassate altre montagne di documenti trovati sui cadaveri, l’Armata rossa trovò più conveniente sistemare una sua unità di venti suini vivi, per i suoi comodi alimentari.
Le tessere furono bruciate, dissero, a causa del loro odore ripugnante.
Il 13 febbraio 1946, le campane che restavano a Dresda e nei dintorni si misero a suonare, e come un’ondata il suono si propagò, superò le linee di demarcazione, giunse di città in città, di campagna in campagna, fino al Reno.
La protesta dei vinti si esprimeva con l’ultima voce che a loro restava.
Dopo 50 anni (*79), la città assassinata, tutte le città assassinate con le centinaia di migliaia di innocenti che vi morirono arsi e straziati, aspettano ancora che, oltre le ipocrite cerimonie e l’accensione di candele, il vincitore di allora riconosca che fu un assassinio.
*Valentina Carnielli
La manleva vi è quasi sempre nei contratti fra case farmaceutiche e Stati.
Risponde lo Stato/Regione - con indennizzo - in caso di danni irreversibili, sulla base di un riconosciuto nesso causale dinanzi alla Commissione Medica ospedaliera, oppure vincendo in un ricorso in tribunale se la richiesta di indennizzo viene bocciata inizialmente.
Cosa DIVERSA se invece si dimostrasse che i farmaci vaccini fossero stati guasti o imperfetti sin dall'inizio.
In tal caso - se vi fosse una accertata responsabilità colposa per negligenza o imperizia o imprudenza oppure addirittura dolosa - e perché essi fossero giudicati tali, non e' necessario che essi fossero stati (o siano) contaminati con sostanze estranee o con molti lotti difettosi.
Alla luce infatti di questa pregressa sentenza di Cassazione del 1985:
*
"(...)Cass. pen. n. 8936/1985
Perché un medicinale possa ritenersi imperfetto ai sensi dell'art. 443 c.p. non occorre che sia pericoloso o nocivo, ma è sufficiente che sia privo dei necessari elementi che lo compongono o che non abbia una giusta dosatura dei vari componenti medicamentosi così da risultare inefficace o che presenti una composizione diversa da quella dichiarata sull'astuccio o infine non risulti preparato secondo le rigorose prescrizioni scientifiche.
(Cassazione penale, Sez. I, sentenza n. 8936 del 11 ottobre 1985)
https://www.brocardi.it/codice-penale/libro-secondo/titolo-vi/capo-ii/art443.html
Alla luce della sentenza di Cassazione sopra ricordata (1985), se si riuscisse a dimostrare in Tribunale che il farmaco imposto e somministrato alla popolazione italiana durante la pandemia era ed e' stato inefficace (e lo sappiamo già perché il "contagio" qualunque cosa fosse, non veniva arrestato dalla vaccinazione) e che la normativa era anti Sars-CoV-2 (e infatti nei testi di legge cosi veniva scritto) quando invece il farmaco vaccino era anti-Covid19 (e dunque non concepito per arresto del contagio), allora in tal caso significherebbe che lo
STATO AVREBBE IMPOSTO A MILIONI DI ITALIANI e ITALIANE
- con inganno e violenza privata ed estorsione e di abuso di credulità popolare -
Dei farmaci IMPERFETTI (perché inefficaci).
La qual cosa integrerebbe ipotesi di reato procedibili di ufficio.
Come:
* Delitti colposi contro la salute pubblica (art 452 c.p.)
* Somministrazione di farmaci guasti o imperfetti ( art 443 c.p.)
E altre ipotesi di reato ancora...
La libera manifestazione del pensiero nella sua accezione di diritto di cronaca e libertà di stampa si concretizza nel divulgare informazioni in relazione a fatti che rispondano ad un pubblico interesse.
Così per lungo periodo, in Italia, il diritto di stampa ha goduto di una certa immunità e, solo recentemente, la dottrina ha avviato un vero processo di erosione, già cominciato in altri ordinamenti, come quello nordamericano, nel lontano 1964, in cui per la prima volta veniva riconosciuta l’esistenza di un illecito civile per “false light in the public eye”.
Cosa significa presentare qualcuno sotto una falsa luce?
Ossia presentare qualcuno come se fosse già colpevole di ciò di cui viene accusato in un primo momento.
La regola dalla quale dipende la prevalenza del diritto di cronaca è la verità dei fatti narrati, la quale assume una duplice declinazione in relazione alla pubblicazione della notizia: infatti, da un lato, il giornalista è onerato del compito di fornire fatti obiettivamente veri o quantomeno tali rispetto alla fonte da cui la notizia è tratta; al contempo, però, l’autore dell’articolo deve valutare che “ogni accostamento di notizie vere può considerarsi lecito se esso non produce un ulteriore significato che le trascenda e abbia autonoma attitudine lesiva”.
Voglio parlarvi del caso emblematico e particolarmente significativo di un sacerdote cattolico, divenuto lo scorso anno vescovo, che ha vissuto proprio questa situazione.
Alcuni giornali on line avevano diffuso la notizia di un falso Cardinale, che in cambio di mazzette, prometteva posti di lavoro.
Era accusato di avere fatto parte di un’associazione a delinquere che a Boscoreale prometteva posti di lavoro in cambio di soldi.
Gennaro Vitiello, l’uomo – definito “falso prete” – finito sotto processo e poi assolto dal Tribunale di Torre Annunziata perché il fatto contestato non sussiste.
A Vitiello veniva contestato, in particolare, di essersi presentato come prelato del Vaticano, con la conoscenza diretta di alti rappresentanti delle istituzioni pubbliche, per procacciare clienti.
Da questo procedimento giudiziario, conclusosi il 16 aprile 2021 e nel quale erano coinvolti anche altri imputati, anche loro assolti, Vitiello ne è uscito completamente scagionato.
L’enorme effetto di “cassa di risonanza” delle informazioni pubblicate sul web, spesso a prescindere dalla loro effettiva veridicità, può risultare però alquanto pericoloso ogniqualvolta l’oggetto del messaggio diffuso abbia carattere denigratorio ed infamante nei confronti del suo destinatario.
Le tardive pubblicazioni, effettuate dall’Ansa, che riportavano l’assoluzione non mi sembrano sufficienti a riabilitare, il buon nome di questo povero prelato.
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Tiziana Raciti |
Tiziana Raciti, la bravissima cantante della provincia di Siracusa è lieta di annunciare che su Traxsource è uscita la nuova versione del brano Melody, ovvero "Melody - Dino SuperDee Gemmano remix", scritto da Fabrizio Clementi, interpretato da Tiziana Raciti e arrangiato nuovamente da Dino SuperDee Gemmano. Melody è una una canzone di una tale intensità che aveva bisogno di essere remixata visto l' enorme successo che sta avendo. È una nuova versione in chiave decisamente Dance Edm Commercial, che il famoso Dj producer e speaker ha remixato aggiungendo un qualcosa di veramente importante e singolare, quindi vi invitiamo ad ascoltarla. Se a questo ci si aggiunge la bravura e particolarità della voce di Tiziana Raciti, il capolavoro è fatto. Grande soddisfazione quindi da parte dell' autore siciliano Fabrizio Clementi per la riuscita di questo progetto fortemente voluto, nel quale ha ulteriormente messo in mostra il suo talento artistico. In conclusione, si tratta di un pezzo musicale di grande impatto, che si prospetta un tormentone tutto da cantare e ballare per questo nuovo anno 2024. Il brano uscirà ufficialmente con tanto di videoclip su YouTube e su tutte le piattaforme digitali, il giorno 19 gennaio. Etichetta Soulgem Records, edizioni Magilla Spettacoli, qualità audio HD. Tiziana Raciti ha rilasciato le seguenti dichiarazioni " Sono molto contenta della uscita di questo tormentone, che sicuramente sarà un successo e già sta ottenendo favorevoli consensi da parte della critica".
Partiamo da questa domanda: i nostri figli che studiano e leggono, oggi, lo fanno come facevamo noi “boomer”?
Direi proprio di no, la rivoluzione digitale è stata defragrante nella nostra società: sono cambiati i metodi di insegnamento, i professori, ed anche gli studenti. Metodi e modelli di studio. Tutto d’accapo.
La scuola stessa si è fatta asilo di tale novità. Francesco Provinciali, docente ed educatore, elenca così i cambiamenti cui ha aperto le porte: «Facilitazione dei corsi di studio e di programma, declassamento di storia e geografia, graduale abbandono dell’uso del corsivo e della scrittura manuale, enfasi sui test al posto del testo scritto, lenta espunzione della poesia, della musica e della storia dell’arte, linguaggi corti e sincopati, sigle e acronimi che prendono il posto della scrittura fluente e narrativa, oblio della memoria come metodo di allenamento della mente, scomparsa dei dettati, sostituiti da cartelloni, diagrammi con frecce di richiamo e collegamento a schema aperto».
La rivoluzione digitale ha fatto nascere metodi che incentivano la soggettività dell’interpretazione, favoriscono la sua precarietà e rendono più arduo metabolizzarla: un successo per chi pensa che «uno vale uno», e che le convinzioni non sono altro che opinioni.
I social sono una prova evidente di questa trasformazione del dibattito pubblico in faziosità e incomunicabilità. Poche parole, spesso insulti, poco contenuto intellettuale.
Difronte a questo quadro, i nostri ragazzi quando leggono un testo scritto come si pongono? Questo nuovo divario salta fuori con evidenza. Non è neanche più solo una questione di disuguaglianze sociali che pure contano, soprattutto al Sud, dove la dispersione scolastica ce n’è tanta.
Sono studenti diversi da noi e futuri laureati che avranno caratteristiche diverse da noi perché leggono, studiano diversamente da come facevamo noi. E per “diversamente” intendiamo con l’uso delle tecnologie digitali. In ossequio allo spirito del tempo.
Questi ragazzi che non sanno scrivere e comprendere un testo, nel senso che oggi si deve dare a questi verbi, saranno migliori o peggiori cittadini?
Non è una domanda retorica. Magari il futuro sarà migliore. Ce lo auguriamo.
Ma se invece pensiamo che no, non saranno più liberi e indipendenti, ma anzi più esposti al condizionamento dobbiamo intervenire sulla scuola.
A partire da quella media, giunta forse al capolinea della sua storia iniziata sessant’anni fa. Perché se è vero che due ragazzi su cinque escono dalle medie con competenze da quinta elementare, a che servono quei tre anni?
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Iscrizione annuale 2025 Annual membership 2024 |
Iscrizione annuale socio benemerito 2025 Annual membership for a meritorious member 2024 |
Iscrizione annuale socio sostenitore 2025 Annual membership for supporting member 2024 |
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La premiazione dei musicisti |
Il 16 dicembre 2023, presso il Ristorante “Casale Bel Poggio” di Roma, si è svolto il rituale scambio di auguri Natalizi tra i componenti del Direttivo della Sezione dell’Associazione Nazionale Carabinieri di Roma “Divino Amore” ed i suoi iscritti.
Una realtà particolarmente impegnata sul territorio con particolare attenzione all’assistenza dei fedeli presso l’omonimo Santuario, meta di milioni di Pellegrini.
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Il discorso del Presidente Pierluigi Smaldone |
Il Presidente Luogotenente CC (ris) Pierluigi Smaldone, con un invito rivolto a tutti i presenti a rinnovare il proprio impegno sociale ed assistenziale, in un discorso molto toccante, ha voluto ricordare la figura del Vice Brigadiere M.O.V.M. Salvo D’Acquisto, a cui è intitolata la Sezione, affinché il suo esempio resti sempre vivo nella cultura della gente comune e di coloro che ogni giorno, rischiando la vita al pari del loro Eroe, espletano il proprio servizio tra le file dell’Arma dei Carabinieri.
“Un esempio fulgido, ha ricordato il Presidente, che identifica inequivocabilmente lo spirito di abnegazione che ancora oggi caratterizza ogni militare dell’Arma”, invitando così i presenti ad unirsi in un caloroso abbraccio a tutti i parenti delle vittime del dovere “ai quali soltanto una forte fede in Dio può essere di conforto al loro dolore”, rivolgendosi poi anche ai familiari di vittime di omicidi, femminicidi e violenza in genere.
La serata è stata impreziosita dalla partecipazione straordinaria del Maestro compositore, polistrumentista ed autore Pio Spiriti, noto per essere da oltre 20 anni al fianco di Claudio Baglioni, ma che ha anche collaborato con altri artisti prestigiosi come Morricone, Renato Zero, Facchinetti, Morandi, Ranieri, Venditti e tanti altri, accompagnato dal Maestro Louis Tarantino, che hanno reso ancora più toccante il momento del discorso del Presidente, accompagnandolo in sottofondo, al violino e tastiere, con il celebre brano “Deborah’s Theme”, tratto dal colossal “C’era una volta in America”.
Al termine della serata i Musicisti e tutto il Direttivo, ad iniziare dal Vice Presidente Lgt. Federico, sono stati premiati con un omaggio personalizzato, i presenti con dei piccoli gadgets e le Signore con delle rose rosse.
Buon lavoro “ragazzi”!
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é un attimo |
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rassegnati |
Il 25 novembre ricorre la giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne. Un evento istituito nel 1999 dall'ONU ed che oggi più che mai necessita di essere celebrato.
In molti Paesi, come in Italia, il colore esibito è il rosso che con le scarpe ancora rosse, allineate nelle piazze e in luoghi pubblici, è diventato uno dei simboli della lotta per i diritti delle donne contro la violenza di genere.
La violenza maschile sulle donne ha radici profonde, di solito sono costrette ad una condizione subordinata rispetto all' uomo e il movente non è solo passionale o di possesso, la violenza ha diverse forme più evidenti o più nascoste, parliamo di violenza psicologica, fisica, economica, domestica, sessuale e fatta di atti persecutori...
Non dimentichiamo che in Italia negli anni '70 esisteva il delitto d'onore e il matrimonio riparatore, anche dopo una violenza sessuale; l'abolizione definitiva è stata applicata solo quarant'anni fa circa. In Italia la campagna in Italia viene portata in particolar modo avanti dal centro antiviolenza e dalle associazioni di donne impegnate nell' ambito della violenza contro le donne. In tutta Italia e nel mondo le panchine rosse ricordano il posto occupato da una donna che non c'è più, portata via dalla violenza. La prima panchina fu ideata e posizionata nel 2016. A novembre proporranno in televisione fiction di storie realmente accadute affinché si abbia memoria delle vittime di tanta brutalità e ingiustizia . Da segnalare al cinema il grande successo con incassi da record del film ” C'è ancora domani “ di Paola Cortellesi . In sala la gente applaude e piange, grande soddisfazione per il cinema italiano. Proiezione in bianco e nero, storie di ieri ma anche di oggi .
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Cristiano Fant |
Cristiano Fant, nasce a Belluno nel 1970, dopo una breve esperienza nell’esercito italiano, comincia ad occuparsi della cultura dei popoli nativi nordamericani; per dieci anni riveste la carica di presidente della sezione italiana del Comitato di Difesa Leonard Peltier, divulgando la cultura e le tradizioni dei popoli Nativi e realizzando progetti di tutela giuridica dei prigionieri nativi condannati a morte negli Stati Uniti.
Vorremmo conoscere più cose di lui e sopratutto conoscere di cosa attualmente si occupa.
Ciao Cristiano, intanto grazie per avere accettato questa mia intervista.
Grazie a te per questa splendida opportunità.
D- Sei un divulgatore scientifico; vuoi parlarci del tuo impegno in questo settore?
R- Mi occupo di tutela degli animali da 11 anni. Dopo un primo approccio “animalista” al settore ho compreso l’importanza di avere una giusta e profonda formazione sul tema. Ho cominciato a studiare perché per tutelare davvero gli animali bisogna conoscerli dal punto di vista biologico ed etologico (il comportamento che contraddistingue ogni specie ) e conoscere le norme che li tutelano in ambito nazionale. Il mio impegno oggi si divide tra interventi pubblici tramite convegni nei quali parlo della corretta convivenza con le specie che vivono intorno a noi e progetti con la scuole di ogni livello per dare a bambini e ragazzi gli strumenti che li aiutino ad entrare in un mondo nel quale si deve avere rispetto per tutti gli esseri viventi.
D- Sei un esperto di leggi a tutela degli animali. Quanto si fa a favore legislativo verso le specie animali?
R- In Italia abbiamo buone leggi a tutela degli animali. Quello che manca è una adeguata capacità di tradurle sul campo da parte degli organi preposti. Dalle amministrazioni comunali alle forze dell’ordine, passando per il settore veterinario pubblico e privato, mancano adeguate preparazioni in merito. I sindaci non applicano i regolamenti regionali, le forze dell’ordine intervengono spesso con leggerezza in fase di verifica delle segnalazioni di cattiva detenzione o maltrattamento di un animale e il settore veterinario spesso non applica correttamente la normativa sul benessere. Anche da parte della magistratura, sebbene si sia più volte espressa con sentenze in favore della tutela degli animali, mancano pene esemplari di condanna a danno di chi ha ucciso o procurato dolore agli animali senza che ve ne fosse motivo. Questa leggerezza, da parte di tutti gli organi citati, crea la sensazione che si possa violare la norma sul benessere animale senza subire alcun danno. La dimostrazione è data dal fatto che, nonostante le vigenti leggi, è in deciso aumento il numero di violenze a danno di animali di ogni specie.
D-Hai conseguito una formazione in etologia relazionale e gestione della biodiversità terrestre e marina. Di cosa si tratta? vuoi specificarlo?
R- Ho frequentato dei corsi di formazione approfonditi; la scuola di etologia relazionale per avere gli strumenti adeguati per potermi relazionare con animali di ogni specie. purtroppo a tutt’oggi la figura dell’etologo non è riconosciuta in Italia anche se si tratta di una figura fondamentale. La scuola di etologia relazionale - Cascina Myriam, la scuola che ho frequentato consente una formazione adeguata e completa nel settore. Il corso di gestione della biodiversità terrestre e marina, che ho frequentato tramite EIIS (European Institute of Innovation for Sustainability) permette di dotarsi degli strumenti necessari a risolvere problemi in aree più o meno vaste, problemi che vanno dalla gestione degli animali e delle piante al colmare le lacune che vi possono essere, ad esempio in un parco nazionale, riguardo la gestione del pubblico fruitore dei servizi. Il mio campo formativo non si ferma qui; ho operato in alcuni canili pubblici e privati, frequentato corsi sulla gestione di cani problematici e morsicatori, corsi su varie specie di animali selvatici e sono un’ex guardia zoofila e formatore di aspiranti guardie zoofile. Continuo tutt’oggi a seguire corsi sugli animali perché è doveroso, nel momento in cui si interagisce con un individuo di qualunque specie, sapere come comportarsi.
D- Ti occupi alla divulgazione scolastica: cosa spieghi ai ragazzi e sopratutto quanto interesse suscitano le tue relazioni?
R- Il mio compito è quello di formare futuri uomini e donne che sappiano rispettare il mondo in cui vivono; per fare ciò il primo passo è educarli al rispetto di ogni forma vivente, dalle più grandi e note come orsi e lupi alle più piccole come le formiche e le mosche, facendo comprendere che ogni specie ha un ruolo ben preciso e fondamentale sul pianeta, anche specie che l’uomo ritiene nocive come i cinghiali e le zecche. Le mie lezioni spaziano dalla convivenza con il cane, dal momento in cui decidiamo di adottarlo/comprarlo al momento in cui muore, passando per la movimentazione in passeggiata e l’importanza delle attività sociali per la specie a lezioni nelle quali spiego cos’è e come nasce un bosco, passando per la presentazioni di animali predatori e prede ed i rapporti che vi sono tra le specie. Quando possibile, alterno le lezioni in classe con le uscite sul campo per cercare insieme tracce, tane, segni del passaggio degli animali spiegando come muoversi nella natura creando il minor fastidio possibile. Un altro tipo di lezione verte sulla conoscenza delle norme a tutela degli animali; in questi casi spiego ai bambini e ai ragazzi come muoversi per denunciare un possibile reato a danno degli animali. Le lezioni generano sempre un grande interesse nei giovani; gli animali affascinano, il loro mondo è associato all’avventura. Ma generano anche un interesse più profondo che porta gli studenti a sensibilizzarsi e ad avere maggiore attenzione verso il mondo che li circonda. Non di rado infatti, i genitori mi chiamano per dirmi che il figlio vuole segnalare un animale maltrattato o per dirmi che il bambino li “costringe” a rallentare nelle aree di passaggio degli anfibi. Vedo molto più interesse per la natura nei giovani di oggi di quanto ne avessimo quando ero piccolo io. Nel frattempo abbiamo devastato, forse irrimediabilmente, buona parte del pianeta. Ripongo molta fiducia nei giovani e verso di loro tendo a portare i miei sforzi maggiori a livello educativo.
D- Sappiamo bene, quanto l'uomo sia deleterio per il mondo animale, per l'ecosistema, per il non rispetto della terra e del mare. Vuoi spiegarci tu, che sei al dentro di questo disfacimento universale cosa si potrebbe fare per far si che si ristabilisca un equilibrio?
R- Credo che, nemmeno fermandoci completamente oggi, potremmo ristabilire un equilibrio degno di tale nome. Ma possiamo salvare ciò che rimane. La metà delle specie animali si sono estinte a causa dell’uomo, ancor più sono quelle vegetali. Ma la Terra è un’entità molto resistente e forte e può generare nuove specie o riportarne alcune di quelle estinte, se lasciata lavorare in pace. In tutto questo noi avremmo un compito molto semplice: lasciare che la Natura faccia tutto il lavoro da sola perché è perfettamente in grado di autogestirsi. Purtroppo non è nella natura umana non interferire e per questo non ho molte speranze in merito. In ogni modo dobbiamo perseguire nell'intento di formare nuove generazioni più attente al pianeta e alle sue esigenze, mettendo da parte quelle dell’uomo. Il nostro compito è quello di formare nuovi amministratori, politici, insegnanti che comprendano quanto sia fondamentale vivere con la Terra e non della Terra.
D- Personalmente non mi sbilancio nelle interviste ma la rabbia mi porta a provare sentimenti indicibili verso chi maltratta, uccide, cattura gli animali di qualsiasi specie siano. Hai sentore di leggi severe? a che punto siamo a livello legislativo? Possiamo fare qualcosa tutti insieme?
R- La violenza a danno degli animali è dovuta per lo più al bisogno di alcune persone di dominare, non riuscendoci con i propri simili, si rifanno su specie più deboli e indifese. Le leggi italiane sono discrete ma male applicate. La tendenza è quella di non perseguire chi maltratta gli animali, considerandoli esseri viventi di “serie B”. Nella mia esperienza, che vanta ormai quasi duemila casi seguiti sul territorio italiano, ho potuto notare come molto spesso, l’ente chiamato ad intervenire a seguito di segnalazione non ha le competenze per valutare lo stato detentivo dell’animale e si limita a coinvolgere il veterinario pubblico (che di rado ha le competenze per valutare) piuttosto che chiamare un etologo, uno zoologo, un veterinario comportamentista o una persona ritenuta esperta del soggetto della specie interessata. La conseguenza è, che nella maggior parte dei casi, l’animale rimane nella situazione in cui si trova. Anche in tema di condanne la magistratura agisce con una leggerezza spesso imbarazzante. Un piccolo esempio: nonostante l’uccisione di un animale per crudeltà o senza che la soppressione fosse necessaria sia punita dalla legge con il carcere e non preveda altre pene, in galera non ci finisce mai nessuno ma la tendenza è quella di infliggere come pena, ore di lavori “socialmente utili”. Questo atteggiamento crea l’idea che si possa ammazzare un animale senza dover pagare molto ed è inaccettabile in un paese che intenda definirsi civilizzato. Credo che, per cambiare lo stato delle cose, sia importante che il “mondo animalista” cominci a muoversi con maggiore professionalità. In Italia sono milioni le persone che si occupano a vario titolo di animali ma in pochissimi sono preparati a farlo adeguatamente. Se ogni volontario avesse conoscenze normative ed etologiche potrebbe far sentire la propria voce dando il giusto peso alle proprie parole; se le associazioni non si limitassero a fare tesseramenti ma dessero una corretta formazione agli associati, avrebbero un maggiore peso politico e le cose potrebbero cambiare; perché è una semplice questione politica, secondo me e oggi non abbiamo nessun politico che si occupi davvero, seriamente in modo professionale di tutela degli animali, in Italia.
D- Caro Cristiano, lascio sempre ai miei intervistati uno spazio che definisco "bianco" perché senza domanda; serve a darvi VOCE e a dire tutto ciò che con libertà sentite di dire, di spiegare, di dissentire e di informare. A te la parola.
Uno spazio bianco è quello che ci vorrebbe oggi per la tutela degli animali; uno spazio nuovo, vuoto, da riempire con una cultura adeguata e consapevole da parte di chi opera sul campo, sia in termini di volontariato che in qualità di professionista perché la più grande forza che abbiamo è proprio la cultura.
Personalmente sintetizzo ogni azione che faccio per la tutela degli animali, in una sola parola che vale sia che mi trovi a fare il relatore ai convegni o che mi trovi a fare l’insegnante nelle scuole ma anche quando accompagno qualche comitiva nei boschi; questa parola è consapevolezza perché solo se e quando siamo consapevoli delle nostre azioni e delle conseguenze che possono generare, siamo in grado di comprenderne l’importanza e decidere se compierle o meno, se possono recare problemi ad altri esseri viventi o creare per loro dei vantaggi. Essere consapevoli di ciò che stiamo facendo è il primo passo per comprendere che dobbiamo assolutamente rivedere il nostro modo di vivere e di porci verso il pianeta e tutti i suoi abitanti e per cominciare a lavorare sul serio per il benessere di tutti i viventi, animali e vegetali.
Una persona che non è consapevole di ciò che sta facendo è come un bambino che prende a calci il formicaio che trova nel proprio giardino e non si rende conto che sta distruggendo un mondo intero.
Negli USA quarantadue procuratori americani tirano dritto contro la società di Zuckerberg, META, con una serie di cause legali distribuite tra sette Stati: dalla California al Colorado, passando per Lousiana, Nebraska, South Caroline, Washington e Wisconsin.
Secondo i procuratori, Meta è colpevole di aver creato una “trappola cognitiva” per i giovani utenti: il funzionamento dell’algoritmo, le notifiche, lo scorrimento delle due piattaforme, fanno sì che essi restino sul social troppo tempo. Tempo nocivo alla salute mentale.
Meta inoltre è accusata di aver raccolto dati di utenti con meno di 13 anni senza il consenso dei genitori, violando la legge americana sulla protezione dei minori on line.
Non è la prima volta che negli Usa si affronta il problema di petto, via tribunale. Anche le scuole di Seattle hanno intentato una mega causa contro i giganti della tecnologia, accusandoli come noto, di essere responsabili dei danni alla salute mentale di milioni di ragazzi. Le scuole in quell’occasione hanno portato documenti in tribunale che sottolineavano in un arco temporale tra il 2009 e il 2019, problemi di ansia diffusa nei giovani, con un aumento del 30%.
I dati del dopo pandemia sono sicuramente ancora alti e destinati a non essere ancora riassorbiti e migliorati. (indagine OpenPolis).
L’allarme degli esperti è chiaro. “Sempre più ragazzi, specie dopo la pandemia racconta – preferiscono vivere online piuttosto che fare esperienze nella vita reale, con tutto quello che può derivarne, dal cyberbullismo all’hikikomori. Ma spesso sottovalutiamo il fatto che un uso eccessivo e precoce può avere conseguenze negative sul piano psicologico e sociale”, sono state queste le parole di Giuseppe Lavenia, presidente dell’Associazione nazionale dipendenze tecnologiche (Di.te.).
Siamo noi adulti che dobbiamo insegnare ai nostri ragazzi che il rapporto umano è importante, farli ragionare che la corsa contro i bot, per aumentare follower, like e commenti è nociva alla salute. La loro.
In un mondo poi dove il Web ha abbattuto i confini fisici, permettendo alle notizie di circolare liberamente in rete, si presentano anche degli aspetti negativi per i nostri ragazzi che non verificano le fonti ma prendono per buono ciò che il web propone loro.
La conoscenza senza confine è difatti un’arma a doppio taglio, poiché qualsiasi notizia, favorevole o meno che sia, rimarrà permanentemente nel mondo online. Questo significa che, anche a distanza di anni, si possono recuperare notizie che non hanno giovato all’immagine di una persona. O che sono false, non attendibili, per cui pericolose.
Molte sono le notizie sulla cronaca di questi giorni di fragilità dei nostri ragazzi che sono arrivati al gesto estremo del suicidio, per colpa di quello che viene chiamato il danno alla “ web reputation”.
Questa società che sbandiera l’importanza dell’impatto social di ognuno di noi, se iscritto alle piattaforme, è un oggetto da maneggiare con cura. Pena il benessere mentale e fisico dei nostri ragazzi.