L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni. |
Da Champillon (Montagne de Reims) a Merano grazie alla Compagnia dei Caraibi, esclusivista per l’Italia.
Ma da dove è uscito questo Champagne Carbon?
Scaduto nel 2015 l’accordo con Mumm, sul podio i festeggiamenti si facevano con Chandon, perlage non prodotto nella Champagne ma bensì in Cina sotto “l’attenzione” del gruppo Louis Vuitton e precisamente dalla Môet&Chandon.
Scaduto anche quello con la Chandon, la F1, nella nuova versione Liberty Media che gestisce dal 2015 “il Circus automobilistico”, è tornata a celebrarsi con lo champagne, quello vero prodotto nella Champagne.
Ed il marchio scelto è stato CARBON, entrato in scena nel 2011 ad opera di una famiglia che da ben cinque generazioni produce champagne. Sede ufficiale a Reims ma
Champagne |
con l’operatività a Champillon, Montagne de Reims, lato Vallée de la Marne.
Dal 2011 questo prodotto ha bruciato le tappe entrando nel firmamento dei Grandi Champagne.
Il CEO Alexandre Mea ha deciso da subito di legare Carbon al mondo delle quattro ruote sponsorizzando anche team privati come Rebellion nella 24H di Le Mans.
CARBON = Carbonio.
Altro collegamento per il marketing. La scocca di un bolide monoposto della F1 è in fibra di carbonio. Perché non collegare nome e veste all’elemento chimico? Carbon ha riservato per la sua bottiglia un materiale particolare: la stessa fibra usata per le macchine di F.1.
Ogni bottiglia viene avvolta in un foglio di carbonio (ha bisogno di una lavorazione artigianale di una settimana). Ogni bottiglia, dedicata alla premiazione di un Gran Premio, ha l’etichetta di un colore
Rete in carbonio che avvolge la bottiglia |
differente, oro-argento-bronzo, a seconda della posizione occupata dal pilota che dovrà stapparla.
In vendita c’è una versione con elegante astuccio in carbonio che costa ben € 2.100.
Ma il vino merita? O è solo uno champagne convenzionale simile a tanti altri? Fenomeno da baraccone?
La gamma di etichette prodotta da Carbon si compone di quattro tipologie:
- l’Ascension brut (qui sono presenti tutte e tre le uve classiche della champagne),
- l’Ascension millesimato (base Pinot Nero e dosaggio dopo la sboccatura abbastanza contenuto),
- l’Ascension rosé (in prevalenza Chardonnay cui si aggiunge circa un 8% di Pinot Nero vinificato in fermo)
- il Blanc de Blancs Grand Cru 100% chardonnay. Attualmente in commercio c’è la vendemmia 2009, la prima uscita.
La permanenza sui lieviti non dura mai meno di tre anni e, sempre in cantina, è previsto l’utilizzo di legno in prima fermentazione (vin clair) per dare complessità aromatica e gustativa
In futuro sono previsti millesimati con permanenze maggiori sui lieviti. Tempo al tempo.
Al banco di Catwalk Champagne, il martedì frizzante del Merano Wine Festival, ho assaggiato due tipologie: l’Ascension brut (qui sono presenti tutte e tre le uve classiche della champagne e Blanc de Blancs Grand Cru 100% chardonnay. Che dire? Sono grandi champagne!
Riporto la filosofia della Maison. Utile per un approccio senza condizionamenti al fenomeno Carbon.
UN'OSSERVAZIONE TEMPESTIVA
(Rivolto al lettore). “Sei senza dubbio un grande appassionato di Champagne e appassionato di occasioni festive. O forse ti piacciono le feste, con o senza un accompagnamento frizzante. Forse sei un conoscitore dello Champagne, che preferisce l' intensità delle degustazioni organizzate. O un esteta audace ma di mentalità aperta, la cui curiosità è stata stimolata.”
IL SUO MANTRA È UN'EQUAZIONE.
“Una sapiente cospirazione tra esperienza, competenza tecnica e innovazione.”
NUMERO 6, COME IL CARBONIO.
“Un'identità atomica senza mezze misure per creare il colore della sua fusoliera. Un nero profondo, un multiplo non-colore, l'intersezione tra il desiderio inaspettato e profondo. Creare uno Champagne che afferra e poi trattiene l'attenzione richiede rigore assoluto. Un'esperienza di degustazione che cattura il pubblico può emergere solo attraverso la perseveranza e la creatività.”
Urano Cupisti (a sin.) ed Helmut Köcher |
INCANTESIMO
“La ricerca di offrire qualcosa che faccia un incantesimo sui palati più esigenti richiede curiosità, umiltà e desiderio.”
ANDARE SEMPRE PIÙ LONTANO
“Cresciuto con un'infusione di conoscenza, competenza ed esperienza familiare. Carbon ha acquisito l'appetito di imparare sempre di più e andare sempre più lontano.”
PROSPETTIVE E DIMENSIONI.
“Creare un design di bottiglia in perfetta armonia con il prezioso elisir che contiene è una sfida costante. Accettare lo status quo sarebbe contrario alla nostra natura. Perché per Carbon, la degustazione di champagne è un'ascensione.”
VERSO IL TANGIBILE.
“La bottiglia deve invitarti ad esplorare altezze vertiginose, dove la degustazione diventa un'esperienza paradisiaca. Una sinfonia di note distinte e irresistibilmente incantevoli.”
PROLOGO
“Il prologo di Carbon inizia a nel villaggio di Champillon. La culla delle origini dello champagne come punto di partenza ha tutti gli attributi di una classica storia della Champagne: un vino nato nel cuore del terroir che porta il suo nome.”
L'ELISIR DI CARBONIO
Le mie considerazioni concordano con il pensiero della Maison. Non riesco a trovare parole diverse:
“Il suo colore non è tradizionale: un display cromatico. La sua effervescenza è piuttosto inusuale: una performance grafica e artistica. La sua gamma aromatica divide le opinioni: come una galleria d'arte moderna. Il suo gusto non è convenzionale: un'odissea cesellata che sfida il palato. Non c'è nulla di innocuo nel suo carattere: è un momento di verità il cui unico scopo è offrire un'esperienza che ti lascia vacillare di piacere”.
Ed Helmut Köcher, accanto a me al momento della stappatura, ha annuito. Chapeau!
Frammenti che orbitano qua e là, individuati, carpiti; li commento e condivido con voi.
La Riflessione!
Guide e Classifiche
Ci siamo, anzi ci risiamo. Pubblicazione delle Guide enogastronomiche con stelle, forchette, cucchiai, tralci, grappoli e via di seguito. Ristoratori e produttori felici, altri un po’ meno. Detrattori e denigratori pronti ad “urlare” la loro rabbia e lo spettacolo continua. Dati alla mano le guide, soprattutto quelle online, vengono consultate prima di decidere dove andare a mangiare o di un acquisto di una bottiglia di vino. Detrattori e denigratori si mettano l’animo in pace. E poi ci sono le classifiche. Ristoranti e vini. Qui assistiamo all’avanspettacolo delle ipocrisie. Wine Spectator, la più autorevole rivista mondiale, criticata da chi non si ritrova tra i primi 100 e lodata da chi, al contrario, risulta inserito. Addirittura assistiamo al triste spettacolo, tutto italiano, del campanilismo più “sfegatato”, come tra il Nobile di Montepulciano e il Brunello di Montalcino. Mentre i “cugini francesi” se la ridono.
Frammento n. 1
È il Sassicaia 2015 il miglior vino del mondo secondo Wine Spectator.
Sul gradino più alto dei TOP 100 c’è il vino di Bolgheri. Icona non solo della Toscana ma dell’Italia intera. Questi i primi quattro secondo la prestigiosa rivista americana: 1) Sassicaia 2015, 2) Canon-la-Gaffelière 2015 St.Émilion (Bordeaux), 3) Castello di Volpaia Chianti Chianti Classico 2015, 4)Rioja 890 Gran Reserva (Spagna). Mentre nel mondo si acclamano questi quattro stupendi vini, in Italia si assiste alla solita denigrazione motivando che, il vino di Bolgheri è costruito, lontano dalla concezione di vino biologico e che dietro ci sarebbe una “manovra” tutta economica. Voci che si definiscono “ben informate” danno per prossima la cessione della Tenuta di San Guido (Sassicaia) agli americani. E Wine Spectator è americana. Che dire?
Frammento n. 2
Le “stelle” della Guida Michelin
Ancora la più autorevole Guida enogastronomica mondiale. Essere menzionato in quelle pagine significa successo nel tempo. Mauro Uliassi da Senigallia è il nuovo chef italiano “tristellato”. Si aggiunge ai nomi ormai celebri come Norbert Niederkofler (Alto Adige), Heinz Beck (Roma), Massimo Bottura (Modena) ed altri sei. 29 nuovi ristoranti entrano nel firmamento Michelin con una stella.
Frammento n. 3
Tuttowine a Milano dal 6 al 9 maggio 2019
Un titolo così potrebbe passare inosservato. O meglio l’indicazione di una nuova Manifestazione di Vino se dietro non ci fosse l’UIV (Unione Italiana Vini) e Angelo Gaja da sempre contrario al Vinitaly a Verona. Anche se UIV, a parole, vorrebbe spegnere sul nascere possibili pensieri “maligni” di concorrenza con Vinitaly e Veronafiere, noi del “mestiere”, che facciamo cronaca, abbiamo la sensazione (qualcosa di più) che Tuttowine sia concepita come il Vinitaly con la sola differenza di essere un evento dedicato ai solo addetti ai lavori, visitatori professionali e buyer. Ricordiamoci che il vino si deve vendere e gli “ubriachi di Verona” danno fastidio. Come non dargli torto.
Frammento n. 4
Export mondiale. Francia imprendibile.
Inutile sbandierare al Mondo che siamo il paese che produce più vino quando i francesi ne esportano il 41% su base europea e l’Italia solo il 27%. Non siamo capaci di fare gruppo, esportiamo con i vecchi sistemi di rappresentanza, siamo ancora fuori dalle piattaforme digitali che spopolano in paesi come la Cina. A proposito di Cina. Lo sapevate che il 70% della popolazione è all’oscuro dell’esistenza dell’Italia e che buona parte del 30% la conosce solo per il fenomeno “calcio”?
Frammento n. 5
Esploderà la bolla dell’enogastronomia?
“Dagli chef in tv ai corsi per sommelier il mondo che gira intorno all’enogastronomia sta vivendo un grande momento”. Riflessione di un mio caro amico e collega: Fabio Ciarla. Ma Fabio si spinge oltre: “ Quello che ci manca di capire è se parliamo di una bolla, come tale destinata a scoppiare, o di un effettivo incremento della cultura”. Come dire:”chi vivrà vedrà”. Speranzosi che la cultura vinca.
Frammento n. 6
Nasce la nuova Birra Agricola: Iga Boccale di Vino.
Mosto d’uva Sangiovese con malto d’orzo e luppolo. Ci troviamo in Toscana, provincia di Pisa. Azienda agricola Usiglian del Vescovo già nota per il suo Sangiovese. Boccale di Vino vuol essere l’espressione del territorio dove i componenti fanno la loro parte. Beva agile, fresca, mai eccessiva, grazie alle trame giustamente acidule apportate dal mosto. Adatta a rinfrescare il palato e per dissetarsi.
Osservo, scruto, assaggio e…penso.
Sì, perché Merano è sempre Merano
Si è conclusa la 27esima edizione di questa straordinaria manifestazione. Straordinaria perchè?
Perché tutti gli anni è sorprendente, sbalorditiva, fuori dal consueto, con un carattere speciale.
Alcuni produttori, vuoi perchè estremi fautori del vino buono solo se ottenuto con conduzione cosiddetta naturale, vegana, biologica e biodinamica estrema, vuoi perchè non ammessi a partecipare, vuoi perchè l’uva è acerba di volpina memoria, vuoi perchè da sempre contrari a tutto, quest’anno si pongono e pongono agli altri come discussione se il Merano Wine Festival serve a qualcosa.
La mia risposta? Non isolatevi, andate a Merano, liberi da preconcetti e cercate di cogliere il carattere speciale di questo evento fuori dal consueto.
Festival dei vini convenzionali? Industriali? Allora vuol dire che non siete mai stati a Merano.
Il Merano Wine Festival è l’appuntamento che celebra l’eccellenza dei vini, anche artigianali e da diversi anni è il momento dell’eccellenza degli artigiani del gusto nel contesto elegante ed elitario del Kurhaus.
Si parla di business |
È simbolo di cultura, degustazione, libertà di pensiero e condivisione di emozioni.
Simbolo di cultura.
Non è il Festival dei cosiddetti vini inarrivabili, per alcuni costruiti.
Nell’edizione appena conclusa si è parlato diffusamente dei concetti di naturalità e purezza con la presentazione di vini biologici, biodinamici e PIWI (acronimo di Pilzwiderstandfähig vale a dire tutto ciò che concerne le varietá di vite resistenti alle crittogame).
Naturae et Purae che si è conclusa con gli assaggi di vini di ben 136 aziende presenti su tutto il territorio nazionale.
Libertà di pensiero
The Circle, people i lands i experiences. Se tutto è esclusivo, niente è più esclusivo!” Semplicemente Gusto, Approfondimento, Condivisione.
Il fuori Salone del Merano Wine Festival. Un vero e proprio palcoscenico di circa 450 mq, allestito in Piazza della Rena, vicinissimo al Kurhaus, dedicato alle esperienze e alle storie di successo.
Non solo riferite ai produttori ma anche ai territori delle diverse regioni italiane.
Champagne Carbon quello della F1 |
Condivisione di emozioni
Non solo per e con il vino. Novità dell’edizione 2018 è stato lo spazio dedicato ai distillati, ai liquori, agli amari e al vermouth con tasting, cocktail bar e seminari tematici per approfondire la conoscenza dell’universo della mixology.
È nata così Spirits Experience, dove gli appassionati e i curiosi come me hanno potuto incontrare produttori e bartender di altissimo livello.
Protagonisti principali whiskey, rum, liquori italiani e il vermuth.
Quest’ultimo con un’area apposita esterna per celebrare il vino liquoroso a base essenzialmente di assenzio maggiore (vermouth è la traduzione dal tedesco di artemisia-assenzio maggiore), prodotto per la prima volta a Torino nel 1786 dall’azienda Carpano.
Culinaria e Beer Passion
Ogni anno sempre più spazio alla Culinaria e Area Gourmet. Possiamo affermare che oggi il Merano Wine Festival è l’evento anche per gli appassionati del food.
Più di 100 espositori artigiani dell’eccellenza hanno esposto prodotti della terra. Accompagnati in questo percorso da mastro birrai selezionati da tutt’italia.
Infine i ricercati showcooking. In questa edizione Pasta&Pomodoro e Pizza in Territorium Campania.
Traditional Selection
L’anima del Merano Wine Festival. L’inizio e il proseguo.
Circa 900 espositori provenienti principalmente dall’Italia con presenze da Spagna, Germania, Slovenia, Sud America, Romania, Georgia, Croazia e dalla Francia rappresentata da diverse zone vinicole ma soprattutto con la selezione di aziende dell’associazione dei Grands Crus de Bordeaux compresi i Sauternes.
il "ritorno" del Vermouth |
E nella giornata di Lunedì i tradizionali assaggi delle vecchie annate; bottiglie uniche, di pregio, vere proprie chicche.
Catwalk Champagne
L’appuntamento conclusivo, da qualche anno a questa parte, del Merano Wine Festival.
Salmone selvaggio, formaggi, trota affumicata, filetti d’acciughe ed ostriche del Mare di Wadden (Olanda-Germania).
Urano Cupisti insieme a Helmuth Köcher, fondatore e patron del MWF |
Quest’ultime con la loro caratteristica di essere selvatiche, da cogliere con la bassa marea.
Il tutto preparato per accompagnare gli oltre 110 champagne presentati da 35 Maison tra le quali la new entry Carbon.
Vale la pena andare a Merano per il Merano Wine Festival? Serve a qualcosa?
Se siete riusciti a leggere tutto, siete in grado di darvi liberamente una risposta. Per me vale la pena, serve! Chapeau!
Frammenti che orbitano qua e là, individuati, carpiti; li commento e condivido con voi.
La Riflessione!
Merano Wine Festival Ne vogliamo parlare?
Ci siamo, mancano pochi giorni all’evento-eccellenza del vino italiano: Merano Wine Festival, l’unico, inimitabile. 27^ edizione, sempre firmata da Helmuth Köcher, con tante, tante novità che ogni anno arricchiscono questa manifestazione. Non solo wine, anche food; quello di qualità, con la presenza di aziende leader nel settore e chef ad esaltare “in diretta” ricette della tradizione italiana. Si dia il via alla kermesse 2018. Flipnews sarà presente nei cinque giorni per poi comunicare a tutti gli appassionati quanto di meglio sarà esposto.
Frammento n. 1
Naturae & Purae, Bio & Dynamica e Wild Cooking
L’8 novembre al Merano Wine Festival sarà di scena il convegno Naturae & Purae. Al Castel Trauttmansdorff esperti ed interpreti del mondo del vino si confronteranno sui concetti “molto di moda” della naturalità e della “purezza”. Oggi circola nell’ambiente il concetto diffuso dai “naturalisti, vegani convinti” che il vino cosiddetto “convenzionale” (?) sia “ricco di veleni”. Sarà sicuramente un dibattito molto acceso (sono d’accordo che bisogna affrontarlo e parlarne) visto che il tema sarà: Vino veleno o alimento? Alle radici del bere. Il 9 novembre in Piazza della Rena, di lato al Kurhaus, si svolgerà Wild Cooking dove rinomati chef si esibiranno in spettacolari showcooking. Sempre il 9 prenderà il via, al Kurhaus, Bio&Dynamica dove sarà possibile assaggiare i vini biologici e bio-dinamici ritenuti i più eccellenti dello scenario italiano e internazionale. All’interno troveranno spazio i cosiddetti PIWI, sintesi-acronimo di pilzwiderstandfähig - da viti resistenti alle malattie fungine. Insomma due giorni da non perdere per coloro che amano la didattica!
Frammento n. 2
Ritornano i Vini Vulcanici. Seguire l’ultima moda.
Il risveglio dei vulcani. Mai come adesso la moda del bere è rivolta ai vini prodotti nelle caldere dei vulcani, alcuni spenti da millenni, altri tutt’ora “vivi”. Tema, dunque, di grande interesse al quale Helmuth Köcher ha voluto dedicare una parte del suo MWF. Viaggio in Italia alla scoperta di prodotti “vulcanici” di grande qualità. Viaggio in particolare in Campania alla ricerca di “chicche” sconosciute da portare alla ribalta di questo evento. Dalla Campania alla Sicilia, alle falde dell’Etna fino a quasi 1.000 metri di altezza per poi arrivare alle isole Eolie, alle Malvasie, già conosciute. Sarà un viaggio tutto da scoprire, vera “perla” del MWF 2018
Frammento n. 3
The Circle, Spirits Experience, Futuro del Vino: le novità in assoluto.
Accanto agli eventi che contraddistinguono da sempre il Merano Wine Festival, ad arricchirne il programma e che vuole esserne ricordato nell’edizione 2018, sarà lo spazio polivalente di THE CIRCLE, 450 mq in Piazza della Rena che diventerà il palcoscenico “dove raccontare le storie di uomini, di cibo, di vino, di territori”. Un luogo dove incontrare esperti del settore e approfondire temi focalizzati sulla produzione nazionale. Poi ci sarà Spirits Experience e Mixology (l'abilità di mescolare varie bevande e ingredienti per creare cocktail), un viaggio tra degustazioni e seminari a tema dove wiskey, rum, liquori e vermouth saranno i protagonisti. Al teatro Puccini, sabato 10, si svolgerà l’importante e attesa conferenza “Futuro del Vino”: che metterà l’accento sulle prospettive future della viticoltura tra l’influenza dei cambiamenti climatici, i nuovi gusti, le aspettative dei consumatori. A Merano non si beve soltanto.
Frammento n. 4
Non solo vino. Gourmet Area, il lato culinario del MWF
Come sempre la Guourmet Area riuscirà a captare l’attenzione dei visitatori. 120 aziende presenteranno i loro “selezionati” prodotti a formare un percorso gustativo che attraverserà tutta l’Italia “con l’obiettivo di celebrare la qualità dei prodotti italiani”. Dolci, caffè, selezioni di birre, salumi, latticini, prodotti ittici, pane e pasta. Un insieme di prelibatezze da assaggiare ed abbinare ai vini e distillati presenti. Sì perché in questa area saranno presenti 15 tra consorzi di tutela e gruppi rappresentativi dei territori vitivinicoli. Informazioni più precise consultabili su www.winehunter.it
Frammento n. 5
27^ edizione del Merano Wine Festival. I numeri
950 aziende vinicole selezionate tra le migliori in Italia e nel mondo. 120 artigiani del gusto e numerosi personaggi di spicco nel mondo Food&Wine”.Vale la pena ricordare i The Official Selection nell’incantevole location del Kurhaus, la vera essenza della manifestazione e Catwalk Champagne, il martedì di chiusura. Come non chiudere con un calice di champagne?
In collaborazione con il press-office del Merano Wine Festival
Osservo, scruto, assaggio e…penso.
Frammenti che orbitano qua e là, individuati, carpiti; li commento e condivido con voi.
La Riflessione! Anzi Le Riflessioni
Torniamo a parlare delle Allerte Meteo. Quando ci indovinano si esclama “te l’avevo detto”, quando non c’azzeccano “mi dispiace”. Poi ci sono gli allarmismi (leggi Tg 4): pioggia, bombe d’acqua, grandine come vere sassaiole, rifugiatevi negli scantinati a prova di alluvione, evitate i sottotetti perché la massa della grandine li potrebbero sfondare. Infine, passato il tutto, la conta dei danni e le sempre presenti “richieste danni”. Veneto in ginocchio, la produzione di prosecco in forse, viticolture venete travolte dalla grandine. Poi dopo cinque giorni titoli a tutta pagina: Il maltempo non ha fatto danni: la produzione in aumento del 15%.Un 2018 ai massimi storici per la qualità.
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Riccardo Cotarella è uscito con una esclamazione che ha fatto tremare “l’impalcatura delle cognizioni enoiche”: l’annata da ricordare non esiste. Sono un attento seguace di Riccardo Cotarella anche se, alcune volte non condivido le sue posizioni come in questo caso. Dice Lui: ”Spesso l’annata buona o cattiva si distribuisce a macchia di leopardo sul territorio di un Paese”. Per le annate importanti, quelle da ricordare, NO. La sua esclamazione calza molto bene per le annate difficili dove si registrano risultati diversi. In questi casi le capacità dei produttori fanno le differenze.
Frammento n. 1
Comunicazione di servizio:
Sono in vendita on-line i tickets per partecipare al Merano Wine Festival edizione 2018. Merano dal 9 al 13 novembre.
- Natura et Purae confronto sui temi della sostenibilità;
- Bio&Dinamica, 100 aziende provenienti da tutta Italia;
- Gourmet Arena, specialità gastronomiche di qualità;
- The Circle, la novità in Piazza delle Rena;
- Catwalk Champagne, la sfilata delle migliori Maison.
Ed infine la classica rassegna dei tre giorni (sabato, domenica, lunedì) dedicata al meglio della viniviticoltura mondiale. Excellence is an attitude.
Frammento n. 2
I cinesi a scuola di Chianti
Tutto è iniziato proprio così. La scelta dei territori dove produrre vino, studi particolari dei terreni, primi tentativi di vinificazione, interscambio continuo di tecnologie e tecnici, i migliori enologi ad insegnare. Poi, nella seconda fase del piano d’intervento per la produzione di vino, l’invio di delegazioni in occidente e studenti ad approfondire la materia. Oggi chiedono come fare il Chianti e il Consorzio Vino Chianti apre in Cina la “chianti Academy”, per diventare esperti in vino Chianti. Presto troveremo vigne di sangiovese, esperti ben istruiti e “fiaschetti di Chianti con gli occhi a mandorla”.
Frammento n. 3
Da”Terranobile Montepulciano” a “Vignaioli Montepulciano”
Quelli veri di Toscana. Sembrerebbe un solo cambio di nome nella ricerca di dare nuova linfa al vino “nobile” di Montepulciano. Non è così. Dietro ci sono “diverse notti dai lunghi coltelli”, “scontri accesi tra i vignaioli”, 10 produttori “dissidenti e ribelli” che vedono il Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano solo come apparato burocratico e niente più. I 10 ribelli, riunitisi in Associazione hanno coniato il loro “nuovo” nome: Terranobile di Montepulciano. Che non sia mai; il termine “nobile” è del Consorzio e non può essere usato. Trovato immediatamente il “rimedio”: i ribelli da oggi scriveranno in etichetta Vignaioli Montepulciano - #quelliveriditoscana. A complicare la situazione i recenti dissidi con i “cugini abruzzesi” che rivendicano il diritto del proprio vitigno autoctono Montepulciano d’Abruzzo. Non si è capito bene perché in Italia il nome del vitigno sia più importante rispetto al nome del territorio quando la vicenda Tokaji è finita al contrario.
Frammento n. 4
Modificato il disciplinare del Soave Doc.
Dal 2019 il Soave verrà imbottigliato solamente nei Comuni individuati dal Disciplinare della Doc. Contemporaneamente è stata allargata la produzione inserendo anche due Comuni della Provincia di Vicenza: Montebello Vicentino e Gambellara. Tutto finalizzato alla qualità del prodotto. Mi chiedo: anche l’allargamento?
Frammento n. 5
Roma sempre più coinvolta nel mondo del Vino
Torna “Life of Wine”, evento unico nel Mondo del Vino, dedicato alle Vecchie Annate. Dove? Hotel Radisson Blu – Domenica 28 ottobre 2018. Banchi d’assaggio con la presenza di oltre 50 produttori provenienti da tutta Italia, oltre 150 etichette e più di 100 vecchie annate. In calendario anche degustazioni guidate da importanti firme del giornalismo vinicolo. Chapeau!
Frammento n. 6
L’Osteria senza Oste o all’Oste che non c’è
Sopra Valdobbiadene, all’estremità superiore della vallata collinare di Cartizze, tutti quanti siamo graditi ospiti all’Osteria senza Oste conosciuta anche dall’Oste che non c’è. Mangi liberamente e nella quantità che vuoi formaggi e salami, trovi pane a volontà e bevi prosecco. Tutte produzioni di Cesare De Stefani. Al momento del conto si lascia una offerta che ciascuno di noi riterrà adeguata, ti fai lo scontrino fiscale e attenzione perchè “un signore facente funzione di guardiano” gira in incognito. Che sia l’Oste che non c’è?
Osservo, scruto, assaggio e…penso.
Il mito del Sangue di Toro e del Tokaj
Il lago Balaton |
LA STORIA (mista a leggende)
La coltivazione della vite nell’odierna Ungheria risale ai tempi dei Romani che, nell’espansione in quelle terre, portarono il culto della vite e del vino. Si chiamava Pannonia, regione parte integrante
vigne St. Donat |
dell’Impero.
Egri Bikavér (Sangue di Toro), vino rosso tutt’ora prodotto principalmente nel distretto di Eger (nord del paese), che porta con se miti e leggende di storiche battaglie del ‘500 contro gli “invasori” turchi.
Vino particolarmente colorato con abbondanza di antociani fu causa della sconfitta degli ottomani “spaventati” dalle figure dei magiari con le barbe bionde imbevute di egri bikavér scambiato per “sangue di toro” e quindi elisir di “forza e potenza”.
Oggi l’Egri Bivakér è un innocuo vino, per niente potente, che ricopre il ruolo di semplice vino da pasto.
Tutta diversa la storia dell’altro mito magiaro, sempre prodotto nel nord del paese, al confine con Ucraina e Slovacchia: il Tokaji. Il suo mito, la sua leggenda ebbe inizio nel ‘600 sempre durante una delle innumerevoli guerre contro i turchi e deve il suo successo, ancora oggi, dalla presenza della muffa nobile sugli acini e il particolare metodo di vinificazione: i puttonyos.
I puttonyos altro non sono che recipienti contenenti circa 24 Kg di melassa concentrata da aggiungere al vino prodotto con le stesse uve: Furmint (in prevalenza), Hárslevelü e Muscat.
I VITIGNI
vigneti a Somloi |
Furmint, l’uva più famosa dell’Ungheria per essere la base del Tokaji, copre solamente il 4% della superficie vitata;
l’Hárslevelü, portatore di morbidezza e speziatura;
il bianco Ezerjó, il terzo vitigno maggiormente coltivato;
il Kadarka che ha lasciato il primato di coltivazione al ben più noto e famoso Kéfrankos conosciuto anche con il nome austriaco Blaufränkisch.
Quest’ultimo è condiviso con la vicina Austria, quella del Burgenland e del Neusiedler-see, il territorio ovest della Pannonia.
LAGO BALATON
Oggi il Rinascimento vitivinicolo ungherese ruota intorno al Lago Balaton: la nuova frontiera post regime sovietico.
Sui fertili terreni löss, formatisi dai sedimenti eolici originati dal trasporto e dalla deposizione di particelle da parte dei venti provenienti dall’area tutt’intorno al Lago Balaton, si sono ben acclimatati, accanto agli autoctoni, i vitigni internazionali quali Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Merlot, Pinot Noir e i bianchi Sauvignon Blanc, Chardonnay e Muscat.
GLI ASSAGGI
cantina nell'Eger |
Gál Tibor Wineri, zona Eger che ha proposto vini bianchi di gran pregio come il TiTi;
Heiman Family Winery, zona Szekszárd (sud Lago Balaton) che ha proposto vini da vitigni autoctoni come Kadarka, Kékfrankos, Bikavér e Barbár, quest’ultimo un blend tra autoctoni e internazionali;
Miklós Pince, zona tra il Lago e Budapest, che ha “sconvolto” gli assaggiatori con un Sauvignon Blanc “incredibile”;
Somlói Vandor Prince, zona nord Lago, verso ovest con un Sauvignon Blanc scioccante e inquietante;
Szent Donát Birtok, la Winery sul Lago, dove i terreni minerali e vulcanici donano ai vini il carattere del “Lago Balaton”. Cinque assaggi compresi nella scala degli ottimi a significare l’attuale percorso della viticoltura magiara: dai classici Furmint e Kékfrankos agli internazionali, la nuova frontiera ungherese;
insieme al "mitico" Istvan Szepsy |
Tokaji Istvan Szepsy, la più antica cantina di Tokaj. Fantastici Aszu (dolce botrizzato) 6 puttonyos, Essencia (veramente sublime) 8 puttonyos circa 240 g/l di residuo zuccherino, Szamorodni il Tokaj non botrizzato, unico nel suo genere.
TERRENI E BOTRYTIS
Ardesia, basalto, argilla mista a sabbia e terreni fertili di riporto (löss) costituiscono la base di partenza delle produzioni. Il clima continentale con autunni “assolati” dove l’umidità proveniente da ovest, nella escursione giorno-notte, favorisce nell’Eder e Tokaj la formazione della Botrytis Cinerea.
ed infine LE LEGGENDE
E la leggenda degli uomini grossi, potenti, con la barba bionda imbevuta di Egri Bikavér (Sangue di Toro) che sconfissero i turchi, insieme a quella che coinvolse Padre Lazslo Szepsy nel ‘600 per il Tokaji, vengono raccontate di continuo dando ai vini ungheresi l’opportunità di far parte di una saga che continua nel tempo. Chapeau!
unici contatti:
Frammenti che orbitano qua e là, individuati, carpiti; li commento e condivido con voi.
La Riflessione!
Mi ha veramento colpito e aggiungo addolorato l’ultimo Vissani-pensiero: “La trattoria dove si fermano i camionisti? Una finzione. Meglio gli autogrill”. Continuando poi, in parte correggendo il tiro:”Quando sei alla guida, meglio gli autogrill. Qui la qualità è al massimo”. Posso condividere che oggi i tempi di percorso non permettano ai camionisti di uscire dall’autostrada, raggiungere la “trattoria” tipica, per un pasto decente. Ma affermare che la qualità del cibo in autogrill ha raggiunto il massimo e che i camionisti, nei tempi passati, hanno distrutto le famiglie indicando con i loro automezzi in sosta che lì avrebbero mangiato bene mi angoscia e preoccupa. Al
Autogrill Brescia today |
programma di Radio24 estate il "nostro chef radical chic” ha continuato dicendo:” negli autogrill si mangia meglio, la qualità è sempre al massimo, il prodotto te lo danno “fresco anche se congelato”(!!!)e sei sicuro che ti danno un prodotto di qualità”. Ricordo quella volta che, in un’area di servizio, mi trovai a consumare un’insalata e una mozzarella ad un tavolo accanto ad un camionista.”E pensare che qui fuori dal casello c’è una trattoria dalla vocazione tradizionale, che punta su piatti semplici in un clima conviviale. Sapori decisi e piatti abbondanti ben lontani da questi spaghetti stracotti e dal prosciutto ungherese”. Che autogrill sia, parola di Gianfranco Vissani, lui si che se ne intende. Chapeau! (mi è sfuggito qualcosa in questi giorni? Vissani testimonial degli autogrill? Pensar male si fa peccato ma spesso si indovina. Gracco e le patatine San Carlo docet).
Frammento n. 1
Merano Wine Festival |
Comunicazione di servizio:
Sono in vendita on-line i tickets per partecipare al Merano Wine Festival edizione 2018. Merano dal 9 al 13 novembre.
- Natura et Purae confronto sui temi della sostenibilità;
- Bio&Dinamica, 100 aziende provenienti da tutta Italia;
- Gourmet Arena, specialità gastronomiche di qualità;
- The Circle, la novità in Piazza delle Rena;
- Catwalk Champagne, la sfilata delle migliori Maison.
Ed infine la classica rassegna dei tre giorni (sabato, domenica, lunedì) dedicata al meglio della viniviticoltura mondiale. Excellence is an attitude.
Frammento n. 2
Ascoltare le vigne (LifeGate) |
L’azienda che ascolta le vigne.
C’è una azienda dalle parti di Castiglione d’Orcia che ascolta le vigne. Al Podere Forte è fondamentale osservare e ascoltare i vigneti per intervenire in modo mirato. Il progetto è in continua fase di studio. Tutto rappresenta una grande e importante sfida: agricoltura di precisione nel pieno rispetto dell’ambiente. Poi si è scoperto che l’ascoltare le vigne altro non è che la conduzione biodinamica in relazione alla filosofia di Rudolf Steiner. Insomma l’immaginazione spinta da quell’insieme di pratiche basate sulla visione spirituale antroposofica del mondo. Permettetemi di essere scettico.
Frammento n. 3
Moderni radical chic nel mondo del vino: i Natural Chic
Una bellissima riflessione del giornalista Daniele Cernilli (Doctor Wine del 1 settembre) su il dilagare dei vignaioli “moderni” che, di recente, hanno sposato lo “steinerismo” ovvero la biodinamica applicata
Natural Chic (Daniele Cernilli) |
alla vitivinocoltura. Cernilli si domanda come certi vignaioli dell’ultim’ora, ancor prima di essere tali, erano e sono “fieri intellettuali decisamente benestanti e che devono il loro benessere all’esercizio di lucrose professioni precedenti. Sono grandi sostenitori della filosofia biodinamica e di una visione New Age”. Nulla di male, continua Cernilli. Ma sapranno davvero cosa stanno facendo? Pontificare quasi sempre dal pulpito dei divani dei loro esclusivi salotti fa tendenza o meglio è Natural Chic.
Frammento n. 4
Il formaggio più antico del mondo: ha 3.200 anni
Analytical Chemistry ha annunciato la scoperta, in Egitto, di un pezzo di formaggio (latte di pecora, capra e mucca) cagliato ai tempi dei faraoni. È stato rinvenuto in un’anfora da un team italo-egiziano durante gli scavi della tomba di un alto funzionario a Saqqara. L’Università di Catania ne ha identificato la composizione.
formaggio antico Saqqara |
Frammento n. 5
Cibi afrodisiaci: melanzane e cipolle rosse si aggiungono alla lista.
Le melanzane e le cipolle rosse si aggiungono ai già noti cibi afrodisiaci conosciuti come peperoncino, asparagi, cetrioli, rucola, fragole, cioccolato, ostriche, aragoste e champagne. Tutto questo è emerso da uno studio promosso dall’osservatorio sulle tendenze alimentari della nota Azienda produttrice di
cipolle rosse |
sottaceti e sottoli Fratelli Polli. Hanno scomodato anche Ovidio per la rucola e radice di sedano ritenute dal poeta romano nell’Ars Amatoria erbe lussuriose che stimolano i sensi. Mossa pubblicitaria o ricerca scientifica? Basta provare.
Osservo, scruto, assaggio e…penso.
Frammenti che orbitano qua e là, individuati, carpiti; li commento e condivido con voi.
La Riflessione!
In questi giorni Daniele Cernilli ha pubblicato su Doctor Wine alcune sue riflessioni interessanti che “attraversano” il mondo del vino. Il continuo abusare del termine “qualità-prezzo” che un pregio alla fine ha; far ricordare e rivivere la favola della Volpe e l’Uva in riferimento alla versione greca vale a dire con disprezzo: “tanto è acerba”. Mi ha colpito maggiormente la seconda riflessione: ma i vignaioli di oggi fanno solo vino? Assistiamo ogni giorno all’assalto della diligenza. Grandi gruppi di investitori che saccheggiano il territorio italico nell’acquisire marchi famosi ricchi di storie familiari, convertendo le produzioni al richiamo del mercato, a volte snaturando tradizioni maturate nel tempo. Nel nostro immaginario fare vino significa occuparsi del territorio e della sua gestione, unire all’amore per la terra la passione per realizzare sogni. Possiamo impedire questo scempio? Noi ci proviamo con il diffondere la vera cultura del vino non scivolando verso derive spesso ideologiche. (doctorwine.it)
Frammento n. 1
Addio al genio della cucina francese
È morto in questi giorni, a causa di una grave malattia, il grande cuoco stellato Joel Robuchon detto Il Genio. Non solo chef ma grande imprenditore della
Joel Robuchon |
gastronomia transalpina e non solo. Ristoranti aperti in tutto il mondo per diffondere la cucina francese.
Frammento n. 2
Il nuovo e atteso Marchio di qualità: Prodotto di Montagna
“Tutelare i prodotti di montagna vuol dire premiare il lavoro di migliaia di piccole e medie imprese che contribuiscono a tener viva l’economia del nostro paese”. Le parole del Ministro Centinaio possono essere interpretate come “da copione”. Può darsi. Una cosa è certa: il logo verde con una montagna stilizzata da oggi è sinonimo di trasparenza, tracciabilità e possibilità di scelta per i consumatori. Tutti i prodotti contrassegnati da questo logo saranno garantiti per la provenienza, trasformazione, stagionatura e maturazione in ambienti montani.
Frammento n. 3
Nasce una nuova mega-cantina a Bolgheri
I soldi li mette Alejandro Bulgheroni, il magnate del petrolio argentino, tramite la “sua” controllata Azienda vinicola italiana (per modo di dire) Dievole ovviamente S.p.A. Il progetto, approvato da Comune di Castagneto e Regione Toscana, prevede la “rivalorizzazione” di un’area destinata a “cava” già di proprietà di Bulgheroni. Quindi si tratta di “svincolo paesaggistico” fino ad allora salvaguardato. Il progetto della mega-cantina, opera dello Studio Tori, vedrà di fatto il nascere di un polo produttivo tipo Bargino di Antinori. “Approccio progettuale che si integra profondamente con il contesto naturale”. Una cosa è certa: sviluppo su tre livelli con trasferimento degli uffici e i sistemi d’imbottigliamento aziendali. E i politici? “Quando la cantina sarà a regime troveranno lavoro una ventina di addetti più l’indotto”. Speriamo che si aggiungano ai già presenti nelle altre realtà e non assistere a “travasi di mano d’opera”. Tranquilli amici. Comunque vada a finire l’agricoltura sarà rigorosamente biologica con tanto di attestato.
Frammento n. 4
Il nuovo sorbetto alla “Lucuma”
La gelateria fiorentina Stickhouse ha presentato, in anteprima in Italia, il suo nuovo sorbetto alla Lucuma. Ma cosa è la lucuma? Un frutto originario del Sud America chiamato anche “l’oro degli Incas”. Considerato frutto-medicina, la lucuma è inserita nella categoria dei superfood. Leggasi: benessere e salute. Senza latticini è stato accolto trionfalmente dai vegani. Insomma godiamoci in questa calda estate il sorbetto peruviano alla lucuma.
Osservo, scruto, assaggio e…penso.
Valpolicella |
Morbidi declivi, valli segnate dai progni, i corsi d’acqua che ne sono l’origine nei millenni partecipando alla modellazione delle valli stesse, i venti che a volte strapazzano (d’inverno la Bora e il Föhn), a volte accarezzano gli oliveti, i frutteti e i vigneti.
Da Val Polesela, di Federico Barbarossa memoria, allo stemma del Comune di San Pietro in Cariano dove l’immagine di una fanciulla ci ricorda polyzèlos, molto beata e
insieme a Marco Accordini |
quindi alla valle molto beata oppure al termine latino pulcella. Storie e leggende che ci portano alla Valpolicella alla quale qualcuno dedicò questa frase:
“Non lo splendore del paesaggio, non gli eventi della storia, non i monumenti dell’arte, non i canti dei poeti, ha servito a rendere nota la Valpolicella quanto il suo prodotto tipico: il Vino”
Ed è stato il vino che mi ha portato in queste valli, all’origine dell’Amarone, il più famoso.
Ho scelto un itinerario che mi portasse alla conoscenza della sua vera anima. Dal progno di Fumane a quello di Negrar per poi terminare nella parte pianeggiante della Valpantena, alle porte di Verona.
insieme a Marco Speri |
Perché Verona e il suo territorio da sempre sono al centro di una ricca e fiorente economia agricola. In particolare in collina, sulle marogne, termine dialettale ad indicare i terrazzamenti vinicoli.
Valpolicella come sinonimo di viticoltura, come sinonimo dei tre vitigni che la rappresentano dalla notte dei tempi: Corvina, Rondinella e Molinara. Oggi affiancati da altri autoctoni come Corvinone, Oseleta, Negrara e Forselina.
Da queste uve nasce il “Valpolicella”, il vino di tutta l’area Doc, il “Valpolicella Classico”, vino prodotto nella parte collinare occidentale (definita Valpolicella Classica), il “Valpolicella Ripasso” ottenuto nel “ripassare” sulle vinacce di uve appassite, il “Valpolicella Superiore” ottenuto da un affinamento lungo almeno un anno ed infine il “Recioto” e “l’Amarone”.
Del Recioto si ha menzione già dalla fine dell’800. Ottenuto dopo appassimento delle uve su graticci, chiamati arele e posizionati nei fruttai, luoghi costruiti appositamente, ben ventilati, con caratteristiche studiate a perfezione. E proprio dal Recioto, negli anni ’30, ebbe inizio l’avventura dell’Amarone, che si differenzia per il residuo zuccherino inferiore. La nascita ufficiale di questo vino è il 1953, anno del suo primo imbottigliamento e commercializzazione da parte della Cantina Sociale di Negrar.
Il mio viaggio in Valpolicella è iniziato percorrendo i vari sali e scendi collinari dall’uscita Verona-nord dell’Auto-Brennero fino alle vigne dell’Azienda Stefano Accordini nelle vicinanze di Fumane.
Tesi ed essenziali i loro vini che raccontano bene il carattere della famiglia ispirata alla semplicità e al buon senso. Orientamento al biologico coniugando il rispetto di ogni terreno con la fedeltà alle tradizioni e sempre attenti al mercato in evoluzione.
Altra storia vissuta nella cantina di Marco Secondo al secolo Marco Speri a Fumane. Le due ore passate con Marco sono state quanto di più interessanti e a tratti divertenti che potessi immaginare.
insieme a Filippo e Francesco Azienda Giuseppe Quintarelli |
Un susseguire di assaggi dalle botti per capire le evoluzioni dei vini “atti a divenire…” Una visita full-immersion tra la natura dei suoi terreni e lunghi racconti delle sue esperienze nella famiglia degli Speri. Un caposaldo delle eccellenze nel Progno di Fumane.
Uno dei “fuoriclasse”, Giuseppe Quintarelli da Negrar. Vero e proprio faro della Valpolicella. Ad attendermi Lorenzo e Francesco, ultima generazione, figli di Fiorenza, l’erede di Giuseppe. La differenza con gli altri? Rimanere attaccati alla “tradizione”, avere vigneti nella parte più vocata della Valpolicella Classica, aver imposto il loro mercato e difenderlo. Nessuna logica perversa speculativa o seguire umori, capricci del mercato. Produzione limitata, prezzi abbondantemente superiori alla norma.
Proporzionati alle lavorazioni per produrli?
Resta il fatto che ogni sorso nell’assaggio è stato memorabile. Il tutto forse può essere interpretato come “inavvicinabili”, impossibili da visitare e/o acquistare i prodotti. Niente di tutto questo. Cantina visitabile, confronto nei metodi, nessun ostacolo. E se volete portare a casa una bottiglia di Amarone Riserva Giuseppe Quintarelli, mano al portafoglio e basta. Poi alla fin fine per un appassionato “è gettare il cuore oltre l’ostacolo”.
Infine Tenute Falezza, nella piana veronese. Una delle zone dove trovare il miglior rapporto qualità/prezzo. Il bacino vitato di questa azienda è l’inizio della Valpolicella allargata, l’inizio della Valpantena, la Valle degli Dei per gli antichi romani, semplicemente la Valle dei Vini per i suoi abitanti. Non è facile raccontare, senza cadere nel banale, di un contesto di “dedizione al lavoro” e “refrattari ad ogni lusinga”. Ricerca delle differenze che la voce del territorio assume da una vigna all’altra che ritrovi negli assaggi , nelle tensioni gustative e nelle note inconfondibili. Tutto qui. I vini delle Tenute Falezza sono la fedele esigente linearità: pulizia, gradevolezza , eleganza.
Valpolicella, una Storia secolare tramandata dai suoi vini.
Non ci sono vini comuni ma piccole e diffuse gemme enologiche in un territorio dalle dimensioni contenute ma eccellente per la qualità delle produzioni.
Frammenti che orbitano qua e là, individuati, carpiti; li commento e condivido con voi.
La Riflessione!
Colgo l’occasione dell’articolo “I soliti noti” di Daniele Cernilli pubblicato il 16 luglio su Doctor Wine per la mia consueta riflessione. La ricerca del nuovo ci fa dimenticare il patrimonio enoico che possediamo noi italiani. Oggi aprire una bottiglia di Barbaresco di Angelo Gaja “non fa tendenza”. Vuoi mettere un “pignoletto di San Tizio?” È più trendy. Al contrario i nostri cugini francesi esaltano i loro “grandi nomi”. Nel mondo etichette “importanti” come Krug, Bollinger, Romanée-Conti, tanto per citarne alcune famose, sono “considerati vini fondamentali soprattutto per quello che rappresentano in termine di tradizione e prestigio” (Cernilli). Sono certamente quelli che hanno fatto da apripista ad altri che sono arrivati dopo. Noi, in Italia, siamo fissati con la novità, con il diverso a tutti i costi. Ed ognuno di noi, con toni trionfalistici, alza il vessillo del “vino ritrovato”, tendendo a sottovalutare chi è riuscito a valorizzare zone molto famose. Ricordo un vigneron della Provenza che mi disse:” Cosa sarebbe oggi il mondo del rosé provenzale senza Château Romassan del Domaines Ott?”. E dopo le novità che si sciolgono come neve al sole “I soliti Noti spesso sono I soliti Bravi”.
Frammento n. 1
Dizionario dei prodotti Dop e Igp italiani. Treccani.it
Finalmente la scoperta delle origini di molti prodotti a marchio Dop e Igp all’attenzione della Treccani. È online il Dizionario che punta a rendere accessibile a tutti il patrimonio agroalimentare e vinicolo italiano contro la diffusione di informazioni false e conoscenze sbagliate. Il Dizionario è parte integrante del “progetto Gusto” al fine di tutelare e promuovere la cultura del cibo italiano. “Una tutela che sarà sempre più connessa, anche nel panorama internazionale, a una migliore comunicazione dei valori culturali di cui questi prodotti sono portatori” Parola di Massimo Bray, direttore generale Treccani.
Frammento n. 2
I numeri non mentono mai!
Piemonte, perso in un anno mezzo milione di ettolitri di vino. Dati riferiti alla produzione 2017. Fortunatamente per la qualità la parte maggiormente colpita è stata quella della produzione di vini comuni. Ma è anche vero che questa produzione rappresenta per i viticoltori la base di entrate che riescono a supportare la produzione di altre etichette “più nobili e ricercate”. Forse la 2017 ha risentito di un calo dovuto alla situazione metereologica primaverile ostile? Può essere. I piemontesi non demordono. Confidano che per il 2018 i numeri facciano sorridere nuovamente.
Vigne del Barolo |
Frammento n. 3
È nato “The Grand Wine Tour”
La scelta delle parole non è casuale. Viaggio formativo, artistico e culturale. Soggiornare in luoghi meravigliosi con accoglienza di alto livello. La cultura del vino e quello dell’ospitalità si incontrano in un progetto pensato e finalmente realizzato anche in Italia. A dirla in poche parole si tratta di un Marchio di Qualità che definisce e valuta in modo oggettivo i servizi turistici nel mondo del vino. C’è un Decalogo condiviso dalle aziende aderenti, c’è una Carta della Qualità che le aziende interessate devono necessariamente rispettare. Con tanto di verifiche demandate ad un Organo Tecnico. 19 sono le cantine con strutture ricettive a cinque stelle. È nata ufficialmente l’accoglienza enoturistica di qualità. Qualità certificata.
Frammento n. 4
La riscossa del sughero.
Di fronte al dilagare di tappi a vite (per me i migliori), di vetro e altri tipi di chiusure, ecco la riscossa prevista dei tappi di sughero. La Diam rivela con orgoglio di aver venduto ultimamente 2 miliardi di tappi recuperando quanto perduto. Dai numeri però si evince che Francia, Italia e Spagna sono i paesi che non vogliono “mollare” al grido:”Il tappo di sughero è sinonimo di qualità”. Altre nazioni produttrici di vino, quelle emergenti, ritengono che comunque viene meno l’omogeneità, mascherano i profumi del vino e non si riducono affatto quelli che tecnicamente vengono chiamati “fastidi”. E la querelle senza fine continua.
Frammento n. 5
La ristorazione italiana di qualità.
Segnalo quattro ristoranti in altrettante regioni italiane che recentemente fanno parlare di se.
Zia Restaurant |
Zia Restaurant a Roma. Giovane lo chef: Antonio Ziantoni. Curriculum prestigioso con esperienze nei migliori ristoranti stellati italiani e non solo.
Savini Tartufi a Milano. La nota azienda distributrice di tartufi alla ristorazione ha aperto il Savini Tartufi Truffle Restaurant & Cocktail Bar e Tartufotto ed è già tartufomania.
Antica Osteria delle Peppina sull’antica Via Emilia tra Parma e Piacenza. Lo chef Iacopo Malpeli incontra la forte tradizione enogastronomica del territorio. Spazio anche alla cucina “vegetariana”.
AcquaSale sull’Isola di Sant’Antioco, in Sardegna. I piatti della tradizione di mare e la novità assoluta per venire incontro alle esigenze dei turisti: Pizza gourmet vista mare.
Osservo, scruto, assaggio e…penso. (urano cupisti)
Frammenti che orbitano qua e là, individuati, carpiti; li commento e condivido con voi.
La Riflessione!
veduta aerea del Prosecco |
Il comitato dell’Unesco ci ripensa. Dopo lo “strombazzato trionfalistico” comunicato dei giorni scorsi diramato dai responsabili alla comunicazione del Consorzio Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene che recitava così ” Prosecco patrimonio dell’Umanità”, ecco arrivare una nota “nuda e cruda” a spengere tutti i comunicati a zonzo sul web. “Le alte potenzialità del sito candidato, che ha elementi di unicità, devono essere meglio precisate. Invitiamo l’Italia, la Regione Veneto e il Consorzio, coinvolti a presentare il dossier, di riproporlo il prossimo anno con le correzioni richieste per l’iscrizione”. Come dire:” vietato barare con i numeri”. La solita figuraccia all’italiana. Il sottosegretario agli Affari Esteri, Guglielmo Picchi, minimizza dicendo “Oggi si è vinto” solo perché la decisione è stata presa a maggioranza. Il governatore del Veneto, Luca Zaia, difendendo l’indifendibile, ha dichiarato che comunque è stata richiesta solo una integrazione. Come dire il dossier è stato presentato in maniera corretta. Nel frattempo, in Regione, le previsioni meteo segnano “burrasca”.
Frammento n. 1
Nasce il nuovo Consorzio Roma Doc.
24 produttori della Doc Roma, istituita nel 2011, hanno dato vita al Consorzio Roma Doc, eleggendo Tullio Galassini alla Presidenza. “La denominazione della Città Eterna ha finalmente raggiunto un riconoscimento storico”. Questa la prima dichiarazione, come dire, abbiamo stravinto sulla burocrazia. “ Al momento l’87% della filiera risulta iscritto al Consorzio nella speranza che il rimanente 13% capisca presto l’importanza dello stare uniti e proporci al mondo esterno con le nostre innate capacità produttive supportate dalla Storia con la S maiuscola”.Il discorso d’insediamento è stato breve e diretto. “Puntiamo subito all’Erga Omnes”. Locuzione latina che significa “davanti a tutti”. Nel mondo del vino prende questo significato:” Un'opportunità di fare sistema che nasce dal basso e può rispondere efficacemente alle esigenze delle aziende, chiamate a concorrere per garantire tutela e promozione della denominazione e assicurarne la valorizzazione e la protezione in Italia e all’estero”. Il Presidente Tullio Galassini non è uno qualunque. Enologo uscito dalla prestigiosa Scuola Trentina di San Michele all’Adige, sostenitore da subito della Doc Roma intesa come guida della viticoltura regionale, produttore presso la Galassini Viticoltore.
Frammento n. 2
Con la Birra ci si guadagna?
“Chi si avvicina al mondo della Birra pensando di fare soldi, sbaglia di grosso”. Parola di Jef Van den Steen, mastro birrario belga e guru delle birre artigianali. “Siamo di fronte ad un fenomeno su scala mondiale. La gente è stufa di bere Birre industriali sfornate dalle multinazionali del settore. C’è un ritorno diffuso all’arte di fare birra per la famiglia, per gli amici, per gli intenditori. L’Italia è tra le protagoniste di questo nuovo corso ma attenzione, il fenomeno non va collegato al business. Chi pensa di aprire un birrificio perché vuol fare soldi, si sbaglia di grosso. La vita di un Mastro birrario è sacrificio e intorno al magico mondo di malti e orzi non ci sono tanti soldi”. Ma è proprio così?
Frammento n. 3
Enoteca Pinchiorri |
Quattro Ristoranti Italiani tra i primi 91 nel mondo per la migliore cantina.
Eletti da Wine Spectator, la rivista ritenuta più attendibile a livello mondiale. Si tratta del Duomo di Ragusa, il nuovo Cracco di Milano, Pierluigi di Roma e del Caffè Dante Bistrot di Verona. Raggiungono i tristellati Enoteca Pinchiorri di Firenze, la Pergola del Rome Cavalieri di Heinz Beck, la Ciau de Tornavento di Treiso, la Bottega del Vino di Verona e il Poeta Contadino di Alberobello.
Frammento n. 4
Barrique si, barrique no.
Doctor Wine, al secolo Daniele Cernilli che di vino se ne intende, prende le distanze dal tentativo di demonizzazione “di principio” le piccole botti meglio conosciute come barrique (di solito circa 225
Barrique |
litri). Validi strumenti di cantina, “inventate” dai francesi utilizzando legno di rovere proveniente dalle foreste del Massiccio Centrale. Allier ne rappresenta la produzione migliore. “I francesi chiamano elevazione il passaggio in barrique proprio per sottolinearne gli aspetti positivi”. In Italia è in atto da anni un processo di demonizzazione delle barriques per quell’uso troppo eccessivo. Daniele Cernilli continua nella sua disanima su barrique si, barrique no. Interessante il suo pensiero finale che mi trova concorde: ”Demonizzare la barrique è come demonizzare una padella o una casseruola quando facciamo il ragù. Se bruciamo il ragù non è colpa dei contenitori, forse e del fuoco troppo alto o della nostra scarsa attenzione. (Fonte: Doctor Wine del 02/07/18)
Frammento n. 5
Un esempio da seguire.
Al via il nuovo progetto di sensibilizzazione al bere responsabile promosso da Ruffino e dal Comune di Firenze. Ruffino Cares. “L’idea è quella di educare a gustare il vino ancorandolo a sistemi relazionali che ci appartengono quasi geneticamente: la convivialità, la condivisione, le saporite tavolate, il pranzo della domenica, un fiasco da spartire con amici. Ma non isolarsi negli eccessi”. A parlare Francesco Sorelli, responsabile della comunicazione dell’Azienda della Rufina e responsabile del progetto. “Ruffino Cares vuol comunicare la bellezza che, come dicevano gli antichi, può essere buona e sociale. Adesso la sensibilizzazione al consumo responsabile, in futuro comunicazione nelle Scuole”. Un esempio da seguire!
Osservo, scruto, assaggio e…penso.
Sempre più l’avvenimento “IN” d’inizio estate.
Sicuramente lo è per la Versilia. Atteso, partecipato, impossibile mancare. Ma in cosa consiste?
A parlare è Gianluca Domenici, l’eclettico personaggio versiliese e non solo, editore, direttore editoriale della rivista quindicinale Paspartu, musicista (l’inno della squadra Torino è suo) e patron dell’Evento:
“C’era e continua ad esserci la necessità di promuovere la Versilia, nel contesto dell’attività turistica, anche per il cibo ed il vino, meglio dire proposte di enogastronomia. Far conoscere la grande offerta esistente in questo fazzoletto di terra per tutte le tasche.
Perché non istituire premi alla Ristorazione cogliendo l’occasione per distribuire in anteprima la Guida particolareggiata a tutti i ristoranti, agli addetti ai lavori? (ristoratori, giornalisti del settore, invitati).
Siamo arrivati alla decima edizione (la guida) con la prudente politica dei piccoli passi. Da subito ho capito che aveva bisogno di essere affiancata da un Gran Gala, appunto. Nasce così (nove anni fa, 2009) il Gran Gala della Cucina d’Autore”. Una vetrina del Gusto di Alto Livello.
Ed infine i “celeberrimi Premi alla Ristorazione”, gli Oscar ambiti in marmo bianco di Carrara.
EDIZIONE n° 9
La sala |
è andata così:
Miglior Chef 2018 è Nicola Gronchi, nuova generazione dello stellato Bistrot di Forte dei Marmi. Dinamismo, slancio e modernità.
Migliore in Sala 2018 è Libero Musetti, titolare del Ristorante Il Circo di Pietrasanta. Simpatia, la giusta professionalità, la conoscenza dei gusti degli abituè della Versilia.
Premio Carriera 2018 è Bruno Vietina. Discorso a parte per questo ristoratore versiliese già protagonista negli anni ’60, ’70, ’80 alla guida dei locali storici come il Madeo e il Maitò. Successivamente sbarcato negli Stati Uniti con altrettanti ristoranti di conclamato successo. Basti pensare al suo ristorante a Beverly Hills.
Ed infine il Premio più ambito, ovvero il Ristorante dell’Anno 2018:
Filippo Mud di Filippo Di Bartola. Così è stato presentato da Gianluca Domenici:
“ Il riconoscimento al locale pietrasantino è soprattutto motivato da un innovativo e stimolante concetto di ristorante, non più imbrigliato in statiche formule ma aperto a nuovi intriganti elementi, come quello della mixology dei cocktail, della pittura e della scultura, con geniali ‘focus’ sulle materie prime utilizzate nell’ottima cucina. Oltre ad una sala dinamica, giovane e attenta”.
IL PREMIO ECCELLENZA ITALIANA
Non solo Versilia ma individuare anno dopo anno, l’eccellenza conclamata della cucina italiana, quella che mette d’accordo tutte le guide della ristorazione.
Tutti in piedi: una vera e propria standing ovation per Alfonso e Livia Iaccarino del celebre ristorante “Don Alfonso 1890” nella penisola sorrentina, “Premio Versilia Gourmet – Champagne Bergère 2018 Eccellenza Italiana”.
C’erano davvero tutti ad applaudirli: i migliori ristoratori della costa, i giornalisti ed esperti del settore, le autorità e uno stuolo di appassionati ammiratori. Il momento della consegna dei Premi Versilia Gourmet – Champagne Bergère è stato il toccante ed emozionante gran finale di una cena da mille e una notte allestita dai migliori chef “stellati” della Versilia.
Sì perché l’Evento, come nelle passate edizioni, è stato un momento per assaggiare le “creazioni di sei chef stellati”:
l’inizio, l’aperitivo in terrazza del Luxury Hotel Principe di Forte dei Marmi, con il coreografico panorama di una Versilia scintillante d’inizio estate, direttamente dalla cucina e bagnati rigorosamente da champagne Bergère, le micro-creazioni dello chef di casa Valentino Cassanelli (ristorante stellato Lux Lucy dell’Hotel Principe) hanno dato il via al gran Gala, con il sole a tuffarsi nel mare proprio lì davanti.
l'impiattamento |
A seguire, gli oltre 160 ospiti si sono seduti nell’elegante dehors dell’hotel per gustare il ricco menù.
Raffinato e leggero antipasto di Giuseppe Mancino, chef bistellato del Piccolo Principe a Viareggio accompagnato dal Rosato Le Cicale 2017 dell’azienda Sardi Giustiniani.
Alfonso e Livia Iaccarino |
Secondo antipasto, saporito e convincente, dello chef stellato Gioacchino Pontrelli di Lorenzo a Forte dei Marmi. Abbinato a Altair 2017 Fattoria La Torre
Il primo. Il vulcanico e anticonformista Cristiano Tomei (vi ricordate la trasmissione La Prova del Cuoco di alcuni anni fa?), versiliese doc ma adesso protagonista a Lucca con il suo Imbuto, ha proposto una sua personale versione di un minerale e ‘salmastroso’ riso di mare. (non chiamatelo risotto, per favore). Abbinato a Vermignon (vermentino e sauvignon) 2017 Tenuta Lentini.
Secondo piatto dai sapori caleidoscopici quello di chef Nicola Gronchi, emozionato per essere stato protagonista sia della cena che del Premio ricevuto. Ristorante stellato Bistrot di Forte dei Marmi. Abbinato a Sauvignon 2012 Terre del Sillabo
Chiusura dolce grazie alla pastry chef viareggina Silvia Pardini, giovanissima ma già protagonista nelle prestigiose cucine del Le Cirque di New York e di Dubai. Tanto per dire. Abbinato ad una stupenda Malvasia di Bosa Slittari (un appunto: la Malvasia meglio berla da sola in meditazione: fantastica).
Al momento dei saluti, selfie e foto con i “personaggi della serata”, la consegna della Guida ai Ristoranti della Versilia, Versilia Gourmet in vendita nelle edicole e librerie. Chapeau!
Frammenti che orbitano qua e là, individuati, carpiti; li commento e condivido con voi.
Il mondo del Vino scosso per un femminicidio: il primo.
La sommelier Donatella Briosi, del gruppo “Le donne del Vino”, uccisa dall’ex nello studio di un Notaio a Udine. Non entro nelle cause ne
Donatella Briosi femminicidio (foto Donne del Vino) |
dinamiche dell’accaduto. Dico solo che è venuta a mancare una “grande persona” molto stimata e amata. Quella che si definisce “una grande signora” con quel comportamento “nobile” che l’ha sempre contraddistinta in ogni occasione. Alziamo simbolicamente i calici e “urliamo”: CIN!
La Riflessione!
La notizia: “Mondo del food sotto shock. Si è suicidato lo chef Anthony Bourdain”. La notizia è stata resa pubblica dai media, Rai 1 in primis nei titoli. Come notizia “importante”. Sbalordito ho atteso pazientemente il momento del “servizio”. Breve informazione sulla vita di questo grande chef, la sua filosofia, le sue idee, ricette, piatti. Ma il “pezzo forte” del servizio è stata la sua “sregolatezza” (uso di droghe, non per le sue creazioni) e per essere legato sentimentalmente ad Asia Argento, nota attrice “anticonformista a 360°. Che vuoi che importi alla gente se Anthony è stato un “narratore unico”del cibo nel mondo; era il compagno di Asia Argento e con questo passo e chiudo. Chapeau alla Rai.
Frammento n. 1
Riflessione Anthony Bourdain (foto extra-tv) |
Enolithech lascia il Vinitaly dopo ventuno edizioni. Era ora.
Enolitech, tradizionalmente organizzato nel corso del Vinitaly nella tendo struttura contrassegnata con la lettera “F”, dal 2019 sarà una fiera autonoma che, per la prima edizione, si svolgerà dal 30 gennaio al 1 febbraio. Una tre giorni con un nuovo format altamente specializzato che avrà nella internazionalità degli operatori il punto di forza del nuovo progetto fieristico. “Finalmente una piattaforma unica annuale a forte vocazione internazionale per la divulgazione e promozione delle applicazioni fortemente innovative in campo agricolo e industriale prodotte dalle imprese italiane”. Parola di Giovanni Mantovani, amministratore delegato di Vpe. Devo dire che a noi appassionati ci mancherà il “giretto” tra le tecnologie del settore durante il Vinitaly ma per gli operatori sarà sicuramente “l’evento verticale di filiera”.
Frammento n. 2
Ci risiamo: Frodi sul biologico.
15 tonnellate di alimenti finti Bio sequestrati dai Nas dei Carabinieri. Non c’è niente da fare, quando un brend tira la frode è sempre in agguato. Ricordate il parmigiano reggiano, il Sassicaia, il Chianti? (tanto per rimanere in tema senza dimenticare l’abbigliamento). Una recente indagine ha messo in evidenza che il falso biologico alimentare colpisce sei italiani su dieci che nell’ultimo anno hanno messo nel carrello della spesa prodotti bio (fonte Coldiretti). Ricordiamoci che l’Italia detiene il primato di produzione in Europa con un mercato che supera i 2,5 miliardi di euro in valore con una ricaduta sulla occupazione di oltre 72mila occupati. Preoccupante l’invito di Coldiretti:” acquistate i prodotti bio direttamente dai produttori”. Come dire:”Attenzione alla grande distribuzione che con etichette taroccate vi rifila prodotti importati
dall’oriente (non solo Cina, ma anche Laos, Cambogia, Vietnam).
Frammento n. 3
Vino aromatizzato prodotto in Toscana. DI’WINE.
Presentazione ufficiale di DI’WINE, vino aromatizzato prodotto dalla famiglia Giotti. L’evento a Firenze in un celebre locale anni ’50. Ovvio che la ricetta sia “segreta”. Vino fortificato fino a raggiungere i 23° e poi aromatizzato con agrumi freschi (non possono sfuggire ai “nasi” esperti degli assaggiatori) e con quel finale di vaniglia, a detta dei più capaci, del Madagascar. Sarà la volta del “tramonto” dello Spritz?
Frammento n. 4
Non solo Birra. Con pizza (finalmente) anche Vino.
Devo dire che diversi tentativi erano stati fatti in passato. Ma “mescere” birra in caraffa ha preso il sopravvento. E a rimetterci è proprio la birra ridotta a bibita senza anima, meglio l’acqua. Una pizzeria recentemente premiata con “uno spicchio” sulla Guida Pizzerie del Gambero Rosso, la Rock1978 di San Faustino di Bione in provincia di Brescia, guida gli ospiti nell’abbinamento con etichette selezionate e mirate. 300 etichette di vino in carta per accompagnare le varie pizze comprese nell’offerta. Vini della Mosella, Bordeaux, Borgogna, Alsazia, Champagne e naturalmente dalle varie regioni italiane. E se proprio vogliamo restare fedeli alla Birra un NO secco, deciso alla birra in caraffa a favore delle “artigianali” e alle meravigliose belghe d’Abbazia.
Frammento n. 5
La ristorazione italiana nel mondo: nuovo record.
209 miliardi di euro è il volume d’affari generato dalla cucina italiana nel mondo. Questo dato emerge da una ricerca commissionata a Deloitte dalla Scuola Internazionale di Cucina Alma. Seconda alla Cina. Al di là di questi dati pesa il valore del canale Full-Service Restaurant, dove sono compresi i fast-food, i take away e/o ristoranti con servizio più o meno formale al tavolo. Rappresenta il 52% del totale. Francamente non c’è da stare allegri. Significa che anche noi facciamo tanta quantità e poca qualità. (Fonte: Cronache di Gusto)
Osservo, scruto, assaggio e…penso.
“per sua natura il vino è naturale”
Così è stato scritto da un amico sul mio profilo facebok dopo la pubblicazione dell’ennesimo post sui “vini naturali”.
La mia posizione è nota: “I vini naturali non esistono, in natura si trova solo l’uva”.
Non voglio assolutamente nascondermi dietro un dito circa la definizione. Capisco, ma non condivido. Perché?
L’utilizzo della definizione “vino naturale” sta ad indicare un vino prodotto con uve che, dopo la pigiatura divenuto mosto (ad opera dell’uomo, in natura questa non avviene) segue un percorso di “trasformazione” guidata dall’uomo senza che intervenga qualsiasi tipo di aggiunte e manipolazioni. Vino frutto dei soli processi “naturali” però (ed è importante) predisposti e favoriti nei tempi dall’uomo.
Ma è proprio vero tutto questo? Fra i “produttori così chiamati naturali” è veramente bandito qualsiasi intervento aggiuntivo?
E se fa freddo e le fermentazioni non partono aspettiamo la “calda” primavera con i mosti nelle vasche? E gli affinamenti che rendono i vini unici? Con la malolattica che ci facciamo? Il vero vino deve essere aspro, amaro? E con la “solforosa “ come la mettiamo?
Per i produttori “puri” l’aggiunta di metabisolfito di potassio che sprigiona il biossido di sodio ovvero anidride solforosa, detta più semplicemente “solforosa” che produce stabilità e conservazione del vino, è sacrilegio.
Altri che sanno come “vanno le cose” l’aggiungono “quando proprio non se ne può fare a meno”.
A parte queste disquisizioni che fotografano la “vera” situazione della produzione dei “vini naturali” mi preme ritornare alla frase di partenza.
Secondo il mio interlocutore il vino si può definire naturale perché altro non è che la trasformazione dell’uva in mosto e a seguire in vino attraverso processi che la natura stessa “governa”.
Mi viene da pensare: “Bando quindi alla chimica? Intesa come scienza che studia la composizione della materia ed il suo comportamento? Chiusura di conseguenza delle facoltà di Agraria ed Enologia perché non servono più gli studi scientifici a riguardo, solo “vino genuino del contadino” con tutte le “puzzette inebrianti” magari non filtrati, veri “mangia e bevi”.
Capisco e chiedo scusa. Mi sono lasciato trascinare in “spicciola” polemica.
Ritorniamo a “per sua natura il vino è naturale”.
Vediamo le varie fasi dove l’uomo “favorisce il cammino dall’uva al vino. Pigiatura come? Con i piedi, con i torchi o con le presse di ultima generazione? Diraspare o pigiare con raspi? Perché da se gli acini non si staccano. Lavare o no? Usare tini di cemento, botti vecchie, bandire l’inox termocontrollato? Usare il processo a caduta o con le odiatissime pompe? O, come centinaia di anni fa portando con scale i “buioli” (contenitori, secchi ecc…) pieni di mosto? E poi filtrare o non filtrare, imbottigliare con le “sughette” aspirando l’aria con la bocca? Ritornare ad usare l’olio enologico e la stoppa?Comunque la si pensi è l’uomo che decide ed opera: il Vino è opera dell’Uomo.
E lo certificano anche i VAN (Vignaioli Artigiani Naturali). “Con il termine naturale si intende un concetto culturale, filosofico e spirituale che riguarda il rapporto tra uomo e natura. Mezzo fondamentale nella definizione di questo rapporto è, nel vino, la fermentazione spontanea: momento di trasformazione naturale da mosto a vino, dal lavoro in vigna a quello in cantina, in grado di restituire l'unicità dell'annata e del terroir”.
Con il Vignaiolo al centro ovvero l’uomo che prepara il mosto, controlla la fermentazione ed imbottiglia il vino. E alla fine esclama: questo è il mio Vino!.
Perfino Noè, sceso dall’Arca, nella piana di Erevan, fece vino e si ubriacò.
Meglio, molto meglio a mio parere l’atteggiamento di quei produttori che gestiscono le vigne in regime di lotta ragionata nella tutela dell’ambiente per la produzione di ottimi vini nel contesto del territorio e altrettanta attenzione in cantina nell’aiutare le fermentazioni ed arrivare alla messa in bottiglia ottenendo così un prodotto che risponda appieno alle vere tradizioni
Avviso ai contadini: via tutti i sacchi di metabisolfito, la medicina, che avete ben nascosti in cantina. È sacrilegio.
Viva il vino buono!