
L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni. |
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Frammenti che orbitano qua e là, individuati, carpiti; li commento e condivido con voi.
La Riflessione!
Anno nuovo, vita nuova. Lo si dice tutti gli anni. Sarà così per il 2021? Se tutto filerà nel modo giusto sarà un anno di transizione che consentirà di programmare il futuro della comunicazione dell'eno-gastronomia. Le aziende stanno mettendo tutta, innovando i sistemi di vendita, meno sfarzi e più concretezza, eliminando le spese superflue e più dedite alle vere richieste del mercato. Le manifestazioni promozionali nazionali ed estere, tutte programmate in periodi diversi, se pur nell'incertezza dell'attuale fase della pandemia, stanno preparando il tutto per essere pronte per le date prefissate.Unico vero dubbio è dato dalla ristorazione che uscirà molto ridimensionata ea fatica inizierà un nuovo futuro cammino per essere ancora protagonista del made in Italy. Buon Anno a tutti. Il modo migliore per festeggiarlo? Con la notizia della distribuzione in italia di uno champagne tutto al femminile. Nel primo frammento il dettaglio della notizia. Chapeau!
Frammento n. 1
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Fa 'Bulleuse |
Isos, lo champagne des Fa'Bulleuses per festeggiare la rinascita.
Sette Maison a rappresentare sette terroir diversi, sette amiche produttrici di champagne, la loro unione di intenti nel gruppo tutto al femminile Fa 'Bulleuses , determinato nel progetto ISOS (tradotto dal greco: Uguale) importato in Italia da Alberto Massucco Champagne. “ Dalla fusione di sette differenti luoghi della Champagne, nasce un solo territorio. Un'unica identità che farà viaggiare dentro ad una sola comunità. Sette vini di sette giovani vigneronnes, travolgenti, brillanti e audaci: una magnifica avventura ”. 36% Pinot Noir, 50% Chardonnay, 14% Pinot Meunier. 57% vendemmia 2017 e 43% vendemmia 2016 per un extra-brut da 2 gr / l.
Frammento n. 2
Berlucchi, 60 ° anniversario.
Quando si parla di Berlucchi si parla della Franciacorta , della sua storia relativa alla attività spumantistica. Con la sua Cuvée Imperiale la maison Berlucchi ha scelto di festeggiare l'evento preferendo un innovativo linguaggio visuale. La nuova campagna di comunicazione, un mix perfetto di tradizioni, innovazioni, lungimiranza, coraggio e passione che si raccontano. Una narrazione coinvolgente basata su: una storia che inizia ogni giorno . L'origine della cantina, la volontà di condividere il piacere del perlage. 2021 la nuova Guido Berlucchi, la nuova visione della Franciacorta post-Covid.
Frammento n. 3
Aggiornamento sulle nuove date di alcune importanti Manifestazioni.
ViniVeri per la prima volta è programmata a giugno (venerdì 18 e sabato 19) nella “fabbrica” di Cerea (Vr). Dopo l'annullamento dell'evento 2020 i vignaioli artigiani del Consorzio lanciano queste due nuove date pur sapendo delle difficoltà del periodo (i vignaioli di ViniVeri in quel mese sono to occupati in vigna)
Spumantitalia Il festival Spumantitalia slitta a giugno nei giorni 11, 12, 13 per permettere di vivere a pieno il ricco calendario. Punti focali saranno i Talk Show e le Master Class sul variegato panorama degli spumanti Made in Italy.
Dati Chianina & Syrah Nuove: Cortona dal 21 al 23 maggio. Date scelte in linea con il riposizionamento di tutte le Manifestazioni. “ Due eccellenze della nostra economia torneranno a sposarsi a Cortona” .
Frammento n. 4
Parliamo di Birra: la Gose.
Questa birra tedesca legata al nome di un fiume: il Gose appunto. Una tormentata storia è collegata a questo marchio. Fallimenti, riaperture a Berlino Est, espatrio in Baviera. Oggi la produzione di questa tipologia è assicurata dalla Bayerischer Bahnhof di Lipsia. La sua ricetta? 50-60% di malto di frumento, aggiunta in bollitura di semi di coriandolo macinati e granelli di sale (quest'ultimi per ricordare l'acqua del fiume Glose), un processo di trasformazione del mosto al quale, accanto a convenzionali ceppi di lieviti saccharomyces cerevisiae, concorrono colonie di batteri lattici. Volete provare una Gose? Il consiglio: Original Gose di Ritterguts o la Original Leipziger Gose di Bayerischer Bahnhof.In Italia la produrre? Cercate la Goslar 1826 del Piccolo Birrificio Clandestino o la Margose di Birranova . Per gli abbinamenti con il cibo per niente provocatorio uno spaghetto alle vongole .
Frammento n. 5
Miglior ristorante italiano: Da Vittorio a Shanghai.
“Da Vittorio” a Shanghai, è risultato il miglior Ristorante dell'anno secondo la guida digitale Top Italian Restaurant (Gambero Rosso). “In questi quattro anni di vita della guida abbiamo stimolato una sana competizione valorizzando un percorso di crescita senza precedenti della ristorazione italiana nel mondo”. Così Paolo Cuccia, presidente del Gambero Rosso. “Quest'anno è emersa tutta la capacità manageriale, tipicamente italiana, di far fronte alle emergenze”. Affacciato sul Bund, uno dei luoghi simbolo della città più grande della Cina, mantiene lo stile, l'eleganza e la cura per il dettaglio che lo hanno reso un punto di riferimento mondiale nella ristorazione e nell'accoglienza.
Osservo, scruto, assaggio e… penso. (urano cupisti)
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Il cavallo eretico - video-intervista ad Antonio Presti |
E niente… ci piace chiudere e aprire un anno così… con la favola dell'Eresia, la bella storia di un visionario e del suo viaggio nella Bellezza. A incarnare ancora una volta lo spirito eretico quale valore della scelta è Cavallo eretico, la sontuosa scultura in lamiera zincata che Antonio Presti ha donato alla valle dell'Alesa. Iconico e imponente, Cavallo eretico, si pone a custode della verità e dall'alto dei suoi 4 mt di altezza ci impone il diritto di scegliere.
Esortazione e monito, dunque, in un periodo storico che è sicuramente il più critico della storia moderna, dalla Seconda guerra in poi! Ma poiché di Favola… oggi… vogliamo parlare… diciamo pure che Cavallo eretico è il Dono, (l'ennesimo di una lunga serie peraltro!) Che un mecenate, eretico per scelta e per dogma di fede, fa all'umanità tutta.E 'il dono dell'amore che, stanco di dormire, nella notte, si volge indietro a guardare il giorno appena trascorso, quasi fosse l'ultimo giorno di dolore, nell'ingenua, forse, ma ostinata e dannata speranza che quel misterioso Salvatore del mondo segretamente custodito e abitato nei meandri più o meno reconditi dell'umana esistenza… si svegli e venga a sdoganare gli animi dal pregiudizio, a districare i nodi che sono divenuti grovigli, ad allentare le maglie di quella fitta rete che è la Soglia della gabbia dorata che dispoticamente tiene il pensiero ostaggio di libertà negate.
E questa è la Favola bella che Presti racconta instancabilmente agli alunni di Librino, realtà ai margini di una Terra a margine. E i ragazzi ascoltano, e… fiduciosi… si adoperano affinché lo stereotipo del vecchio adagio che da più di un secolo anima le coscienze di chi ama pensare che nella Terra del Gattopardo “nulla mai cambierà” si tradisca da sé. In questa terra inquieta che vive le profondità del suo mare azzurro,
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Antonio Presti |
dilaniata e accecata dalle sue intime contraddizioni si consuma il mistero della vita, della morte e della bellezza generatrice.
Sarà colpa della Luna che annega nel nero di un orizzonte indecifrabile, a renderla così inquieta… questa
terra che invoca gli abbracci ei baci negati. Mentre quell'orizzonte nero si fa strada in un pensiero segreto e diventa l'Orizzonte altro, quello possibile, quello da cui ripartire, feriti forse, provati sicuramente, ma prostrati Mai. A tutti… cittadini del mondo auguriamo di correre come gitani, verso quel mare dalle onde salmastre che ci tenta con le sue rughe salate perché custode della nostra memoria e delle nostre Speranze. Grazie ancora Antonio perché ci restituisci fiducia e speranza!
“Credo che i demoni approfittino della notte per traviare gli sprovveduti”. Non sembra certo una frase scritta dal padre della narrativa macabra. In realtà Edgar Allan Poe (Boston 19 gennaio 1809-Baltimora 7 ottobre 1849) aveva paura anche del buio. Figlio di una coppia di attori girovaghi perse la madre da piccolo. Il padre già aveva abbandonato la famiglia e morì poco tempo dopo la moglie. Orfano dall’età di 3 anni fu adottato da una famiglia benestante ma anaffettiva e che certo non lo comprese mai veramente. Crebbe in Virginia nella città di Richmond. Alcolizzato fin da giovanissimo e dedito al gioco d’azzardo si indebitò moltissimo; con i soldi che gli mandava il padre non pagava le rette Universitarie tanto che abbandonò la scuola dove aveva studiato lo spagnolo, l’italiano e il francese, iscrivendosi in seguito all’Accademia militare a West Point. Entrò nel 1830 e già l’anno successivo fu estromesso per comportamenti non idonei e disubbidienza agli ordini. Fu processato alla corte marziale.
Sgradevole, ubriacone, attaccabrighe e giocatore d’azzardo. Di aspetto cagionevole e trasandato da dimostrare più della sua età. Lottò per tutta la sua breve vita contro le proprie dipendenze e debolezze. Fu diseredato dal padre adottivo per il suo comportamento e addirittura minacciato se si fosse ripresentato presso la sua abitazione. Sposò sua cugina Virginia Clemm di soli 13 anni, lui ne aveva 27. Iniziò a scrivere racconti e storie per alcune riviste. Non si riprese mai psicologicamente, la sua vita fu un tormentoso viaggio annegato nell’alcool e nel delirio oltre che all’abitudine del gioco d’azzardo.. E’ nota la vicenda dei cinque giorni nel quale lo scrittore/poeta fece perdere le proprie tracce. Fu ritrovato svenuto e emaciato di fronte a un pub Irlandese. Ricoverato in ospedale, morì in preda all’incoscienza invocando più volte un nome: Reynolds… Reynolds… All’inizio i medici pensarono che fosse morto a causa di un delirium tremens o congestione celebrale da alcool e narcotici. E’ probabile invece che la causa della sua morte stesse racchiusa tutta in quei cinque giorni dove forse lo scrittore fu rapito da alcuni assoldati per motivi politici. Pare fosse stato obbligato a votare più volte lo stesso nome per l’elezione del sindaco contro la propria volontà; probabilmente fu fatto bere fino al coma etilico. Si dice inoltre che fosse malato di sifilide e di diabete ma di tutto questo vi è totale mistero dal momento che le cartelle cliniche non furono mai ritrovate.
Il suo poema preferito fu “Il corvo” nonostante non avesse avuto alcun successo. Ne era così compiaciuto da inviarlo a tutte le riviste dell’epoca ma se ne crucciò poiché il testo era diventato talmente noto che quando arrivò a pubblicarlo, non fu acquistato praticamente da nessuno.
I suoi pensieri erano spesso imbrigliati fra le righe dei suoi racconti dove nella finzione esponeva anche le proprie verità di pensiero.
*Nel racconto Eleonora del 1841 scrisse:
«Mi hanno chiamato pazzo; ma nessuno ancora ha potuto stabilire se la pazzia sia o non sia la più elevata forma d'intelligenza, se la maggior parte di ciò che è glorioso, se tutto ciò che è profondo non derivi da una malattia del pensiero, da umori esaltati della mente a spese dell'intelletto generale.»
Scrisse romanzi, racconti, raccolte grottesche, racconti di terrore ma anche di temi vari, scrisse satira letteraria e critica oltre ai saggi. Iniziò anche una drammaturgia che lasciò incompiuta (Poliziano) e scrisse molte poesie che dimostravano la sua grande sensibilità spesso occultata dietro a opere di spessore diverso. Molti non sono a conoscenza che Poe non amava solo dedicarsi alla letteratura ma era anche appassionato di spazio e cosmologia. Durante la sua breve vita Edgar Allan Poe fu conosciuto più come critico letterario che come scrittore. Soffrì dei suoi stessi errori. Morì a soli 40 anni.
Un aforisma ci offre parte della sua profondità.
"Coloro che sognano di giorno sanno molte cose che sfuggono a chi sogna soltanto di notte".
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Gli struffoli: pasta dolce fritta e condita col miele e frutta candita, |
Nelle case nelle giornate di festa, i ricordi dei profumi dell’infanzia, ci conducono lontano riportandoci alla gioia della nostra gioventú. Chi non torna bambino pensando ai profumi delle spensierate giornate di vacanze natalizie?
Una manager dell’informatica innamorata dell’innovazione scopre il piacere delle fragranze della tradizione. Sin da bambina è attratta dalla scienza, la matematica la fa palpitare, ma nella sua mente si installano profondi i sentori delle feste a cui non fa caso finché non le vengono tolti e solo allora le tornano alla mente i sapori dei piatti della sua infanzia e così decide di cimentarsi. Come sempre la tecnologia la sostiene e recupera le antiche ricette e insieme alle tracce lasciate dalle sagge nonne: su magnifici manoscritti, ecco riprodotti i dolci dell’infanzia e di tutta una vita. Struggente e’ il ricordo di sua madre che, prima da bambina poi sposa e madre, la circonda di amore anche con dolci e manicaretti. Ora i rituali si ripetono. Ma la nostra manager non è l’unica: il ritorno alla tradizione, in questa epoca di grandi cambiamenti, sembra essere un’ancora di salvezza che porta nuova linfa vitale. E’ come affondare le radici per sentirsi più reali. Assistiamo al ritorno all’agricoltura, molti giovani sono ritornati alla terra attraverso l’innovazione e la cura e il rispetto dell’ambiente. Così, riprendere vecchie ricette, ci riporta ai nostri momenti più belli quando tutto sembrava possibile e avevamo tutta la vita davanti.
Ripetere quei rituali che prima non apprezzavamo fino in fondo, i valori antichi dell’accudimento, ci danno il senso del tempo che si ripete rassicurante tra le generazione.
Nelle famiglie sta accadendo qualcosa di nuovo: non esistono più i ruoli definiti ma la vera conciliazione, senza differenza di genere, si realizza. Insieme madri, padri e figli lavorano per riprodurre quei piatti antichi e così, a quattro mani, fare gli struffoli della tradizione partenopea, diventa un momento aggregante in questo passaggio generazionale. Da monopolio delle signore di altri tempi, la cucina anticipa le mutazioni della società. Senza più stereotipi e barriere culturali. Come sempre i cambiamenti all’interno della famiglia sono specchio delle rivoluzioni sociali.
Che soddisfazione riprodurre un capolavoro della tradizione campana, l’insalata di rinforzo, partendo dalla ricerca delle materie prime fino alla realizzazione finale, all’assaggio a cui ci prepariamo ansiosi. Ecco che, incredibilmente, tornano antichi sapori e gli odori che ci portano a quando eravamo bambini. Pura magia.
Ora non resta, per completare l’incanto, che cercare l’abbinamento perfetto tra cibo e vino coinvolgendo tutti, esperti e meno esperti, nella soluzione di questo annoso dilemma.
Dolce col dolce e salato per contrasto: questo è quello ci hanno insegnato nei corsi da Sommelier ma, alla fine, vince il gusto personale, il ricordo e la memoria.
Diventa difficile convincere i più, che i panettoni sono più buoni quando si abbinano con un moscato oppure un panforte con un passito di Pantelleria. In tutti i nostri ricordi delle feste, con il panettone si brinda con lo spumante secco e la tradizione vince.
Per i salati, si potrebbe seguire il principio dell’abbinamento per colore cioè semplicemente bianco-pesce, rosso-carne, anche questo scandalizza i nostalgici del vino da tavola, sicuramente è troppo complicato fare la scheda del cibo e quella del vino per cercare l’abbinamento perfetto e allora lasciamo agli esperti l’ardua sentenza e facciamoci consigliare dai nostri sommelier, orgoglio italiano nel mondo, che esportando la loro enorme competenza , valorizzano al meglio, i nostri meravigliosi vini.
Anche se viviamo una vita frenetica, sempre connessi, Natale è tutto questo: tradizione abbinata all’innovazione ed alla sperimentazione, ovunque ma soprattutto in cucina ci guidano la curiosità di creare qualcosa di nuovo ma anche la memoria di una conoscenza antica che ci fa da Stella Polare indicandoci la direzione.
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L'insalata di rinforzo. Tipica pietanza natalizia napoletana che serve a rinforzare il pasto in caso sia troppo leggero. A base di cavolo bianco ricca di sottaceti capperi alici olive e in alcuni casi addirittura baccalà, ricchissima e molto sapida. |
Ricordare significa creare un ponte tra passato e futuro. Andare avanti avendo la consapevolezza di ciò che siamo stati.
Le tradizioni, come quella del Natale, contribuiscono a rafforzare la consapevolezza di un popolo. Triste chi non ha un passato, ricordi ed esperienze alle quali riferirsi. Ed il Natale , più di ogni altra ricorrenza, civile o religiosa, incarna lo spirito di fratellanza che lega insieme tutta l’Umanità, qualunque sia il credo religioso professato. E’ una festa UNIVERSALE, con tradizioni, usi e costumi differenti ma il cui insegnamento alla tolleranza ed all’amore verso gli altri , è rivolto a tutti gli Uomini.
Questo è ciò che rende la festa del Natale semplicemente, magicamente meravigliosa
Giuseppina De Cicco
Manager dell’Informatica
La promessa messianica del vaccino è stata mantenuta. E già! Qualche volta accade che il Governo mantenga i suoi impegni, soprattutto se alla base vi è un ritorno economico non indifferente (e magari non solo quello!) Così finalmente, il nuovo Salvatore dell’umanità è arrivato. Forse non a caso proprio a ridosso del Natale. Mentre nelle chiese non si svolge celebrazione e i credenti non possono trovare conforto in una voce che plachi le loro ansie, in questo momento, cruciale per la storia dell’umanità, arriva il nuovo Messia. E con lui i nuovi Evangelisti, media e social, divulgatori della buona novella. Ci è voluto quasi un anno per un vaccino… sembra tanto ma in realtà è molto poco. Si sarebbe potuto fare anche prima, a dire il vero, mese più mese meno, poco importa ai fini di un vaccino contro un virus che non si conosce (ricordiamo che il virus non è ancora stato isolato) approntato con una tempistica che del protocollo di sperimentazione se n’è a dir poco fregata. Prova ne sia che il vaccino attualmente è stato testato solo su 45 soggetti umani in 63 giorni, che il tempo del passaggio tra le varie fasi è stato eccessivamente accelerato e che una sperimentazione che dovrebbe durare anni, si è ridotta a pochi mesi. Ma se i miracoli compiuti da Gesù posiamo leggerli nelle Sacre scritture, dei miracoli vaccino anti COVID 19 al momento purtroppo conosciamo solo le reazioni avverse. Effetti collaterali sistemici rilevati anche a somministrazione di dose ridotta sono gli effetti a breve termine. E non sappiamo ancora di quelli a lungo termine. Autorevoli studi medici stimano che la sterilità femminile e gli aumentati casi di autismo del nostro tempo siano gli effetti a lungo termine dei vari vaccini “canonici” somministrati negli anni addietro. Ora, nel caso del vaccino anti COVID 19 ci troviamo di fronte ad un prodotto che utilizza RNA modificato e DNA modificato. Questo significa che il vaccino potrebbe cambiare il nostro genoma, ossia ciò che ci rende umani, il nostro codice, provocando difetti alla nascita e malattie. Tecnica della trasfezione, si chiama ed è praticamente identica a quella utilizzata per gli OGM, una tecnica che produce organismi sostanzialmente non sani.
Oggi, dopo mesi di spietata campagna terroristica mirata a diffondere panico e terrore, via libera dell’Ema, agenzia europea di controllo dei farmaci che ha sede ad Amsterdam, al vaccino Pfizer-Biontech. L’approvazione consentirà l’avvio della campagna vaccinale in tutta Europa a partire dal 27 dicembre. Col suo imprescindibile corredo, tanto di patentino che sarà lo zoccolo duro della politica, l’arma del ricatto messa a disposizione di qualunque ente possa utilizzarla. Primo fra tutti il comparto dei trasporti aerei. Non ci si potrà più spostare se non si è vaccinati. Non si potranno fare concorsi. E la lista potrebbe continuare di molto... Di fatto sarà reso obbligatorio anche se non lo è in teoria. Questo l’escamotage messo a punto dai centri di potere per imporre un trattamento sanitario senza intaccare la tanto abusata nostra Costituzione.
Ma perché si sta pressando con tale aggressività mediatica verso il vaccino anti COVID 19? Perché per quasi un anno pieno, l’informazione sull’argomento è stata polarizzata esclusivamente sulle misure di contenimento del contagio, quasi fosse l’unico mezzo a disposizione per combattere il virus? Perché è stato disposto quasi un embargo a nominare i farmaci anti COVID 19 e una reale censura verso la clorochina? AIFA (Agenzia italiana del farmaco, lo ricordiamo) mette fuori uso la clorochina dopo la dichiarazione di pericolosità annunciata da un’autorevole rivista scientifica. Eppure la clorochina è usata da anni per la malaria, il lupus e non è mai morto nessuno. Anzi non è neanche l’unico farmaco oggetto delle promettenti terapie “sperimentali” contro il COVID 19, ci sono anche il siero iperimmune e sostanze che attivano l’immunità. E non sarà neanche un caso che in Africa dove il COVID 19 pare non avere attecchito, nonostante il va e vieni di milioni di cinesi, la tanto diffamata clorochina sia un antimalarico di uso universale! Delegittimare ogni farmaco che ha dimostrato efficacia nel trattamento perché scomodo a quelle elites di potere che guarda caso coincidono con chi sta “allestendo” un vaccino a tempi di record, è stata la strategia.
Cosa sta accadendo? Siamo di fronte a dei falsi epocali! Riviste scientifiche inquinate dalla logica del profitto. E’ la prima volta che accadono fatti di tale gravità!
Molti si stanno chiedendo perché non è stato ancora trovato un vaccino contro l’HIV, il virus responsabile dell’AIDS che pure si conosce da quarant’anni, mentre si sta “imponendo” un vaccino in maniera autoritaria senza che siano state dimostrate le prove di tossicità, efficacia, stabilità, tutte caratteristiche che si richiedono ad un farmaco per essere sicuro. E poi almeno che sia efficace, per quanto tempo dura? Alla prima mutazione che succede? I recenti fatti made british sono già la risposta. La variante inglese, infatti, a detta del professor Calum Semple, scienziato dell’attuale Comitato scientifico britannico, diventerà il ceppo dominante per via della sua capacità di trasmettersi più rapidamente.
Uno studio interessante ha rilevato che il 95% degli anziani che non ce l’hanno fatta nella battaglia contro il COVID 19 fossero tutti plurivaccinati (influenza, meningite, ….) E’ ovvio che una campagna che per mesi prospetta una malattia con rischi molto superiori al reale provochi terrore. E uno terrorizzato è uno che non ragiona. E non è alquanto strano che in uno scenario dell’imprevedibilità qual è quello COVID 19 ad essere previsti con estrema precisione siano state solamente le date del vaccino e dei picchi? Possibile che le nuove ondate di virulenza siano “provocate” dai virus vaccinali antinfluenzali che stanno facendo da mesi? Cosa contengono i vaccini antinfluenzali? Qualcuno li ha fatti analizzare? E se compromettessero il sistema immunitario impedendoci paradossalmente di combattere il COVID?
Potrà mai il capitalismo garantire quell’istanza di libertà che, insieme ad altri diritti, è il fondamento della nostra Costituzione?
Sarà proprio vero … esplode oggi la favola messianica della Pfizer ma, come spesso avviene, un sistema corrotto alla base viene minato nelle sue fondamenta proprio da se stesso. Amen!
Paolina Leopardi, (Paolina Francesca Saveria Placida Blancina Adelaide)è stata una traduttrice e scrittrice italiana. Nata il 5 ottobre del 1800, era la terzogenita e unica figlia femmina del conte Monaldo Leopardi e di Adelaide Antici (cugini fra oro).
Ricordata spesso solo come la sorella del poeta di Recanati, sottolineando soprattutto il suo aspetto gracile e la non bellissima presenza estetica.
Vestiva sempre di nero, carnagione olivastra e capelli corti e neri, religiosa tanto da dir messa, fu soprannominata “Don Paolo”, visse nella sua “casa prigione” 57 anni fino alla morte della madre dispotica trovando finalmente una sorta di libertà nella seconda stagione della sua vita. Iniziò a viaggiare, andare a teatro a conoscere persone e avere così una vita sociale.
Non dava amicizia nell’immediatezza, ma quando accadeva era devota a questo sentimento.
Timida ed erroneamente giudicata non cordiale. In realtà Paolina aveva sempre avuto pochissimo contatto con le persone da sembrare schiva ma era solo schiava della propria timidezza tanto che quando si trovava in presenza di estranei, non riusciva quasi a proferire parola.
Una donna coltissima che privata di contatti e di possibilità riuscì solo in piccola parte a esprimere il suo grande sapere e la sua enorme cultura. Studiò la lingua francese in modo ottimale, sapeva inoltre tradurre sia il tedesco che l’inglese. Conosceva ed approfondì il latino. Studiosa di musica e di storia oltre che di testi biblici.
In età adulta fu un valido ed indispensabile aiuto per il padre Monaldo nel tradurre articoli di giornali in lingua francese che inoltre recensiva. Fu autrice di diverse traduzioni dal francese e di una biografia di Mozart (fu la prima donna che lo ha fatto in lingua italiana).
Paolina dunque crebbe in un ambiente ferreo con il padre Monaldo e la madre Adelaide, quest’ultima era particolarmente despota costringendo la figlia a regole continue che la privavano anche di semplici libertà quali il ridere o il piangere vivendo una sorta di clausura domestica.
In una lettera scritta il 26 maggio 1830 a Marianna Brighenti scrisse:
Fra gli altri motivi che hanno renduto così triste la mia vita e che hanno disseccato in me le sorgenti dell’allegrezza e della vivacità uno è il vivere a Recanati, soggiorno abominevole ed odiosissimo; un altro poi è l’avere in Mamà una persona ultra-rigorista, un vero eccesso di perfezione cristiana, la quale non potete immaginarvi quanta dose di severità metta in tutti dettagli della vita domestica. Veramente ottima donna ed esemplarissima, si è fatta delle regole di austerità assolutamente impraticabili, e si è imposta dei doveri verso i figli che non riescono punto comodi …
Ebbe un rapporto stretto per molto tempo con il fratello Giacomo che adorava; fu al suo fianco quando egli iniziò a non vedere più molto bene e addirittura scriveva sotto dettatura le poesie che Giacomo le dettava. Ascoltava ogni suo progetto, desiderio, confidenza. Tutto questo fino a quando il poeta risedeva a Recanati. Cambiò in seguito il loro rapporto, nel periodo che il Leopardi si instaurò a Napoli, quando a causa di diverse opinioni politiche e religiose dei due, il legame si freddò. Paolina era religiosa come il padre Monaldo, mentre Giacomo portava avanti le idee ateiste. Non si scrissero quasi più nonostante il poeta chiedesse alla sorella di farsi sentire più spesso. Lui si ammalò ma lei non andò mai a trovarlo.
Solo nel 1867 rese omaggio alla tomba del fratello a Napoli
Gli ultimi anni di Paolina si conclusero viaggiando finalmente libera da tanta segregazione.
Visitò spesso Pisa che era la città amata dal fratello Giacomo. Andò spesso a Firenze.
Morì sola a Pisa nel 1869 probabilmente per una pleurite. Fu in seguito trasportata a Recanati e seppellita al cimitero civile.
Ci lascia un bagaglio di opere, epistolari vari, traduzioni, recensioni e molti inediti.
Una donna forte nonostante le privazioni, le segregazioni, le imposizioni. Con la mente e la voglia di sapere studiò tutto quello che voleva conoscere quasi fosse un lungo viaggio oltre il luogo fermo della sua casa a Recanati.
Paolina non era l’ombra di Giacomo, ma il suo alter ego. L’incomprensione e l’anaffettività della famiglia la limitò molto tagliandole le ali ancor prima di volare.
Frammenti che orbitano qua e là, individuati, carpiti; li commento e condivido con voi.
La Riflessione!
La Pandemia non molla la presa. I tempi della somministrazione dei vaccini si allungano e l’economia, compresa quella del vino, dalla preoccupazione è passata alla tragedia. Ci arrabattiamo come permesso. Sono notizie recenti quelle che vedono “il rimandare” le manifestazioni a date future (si parla nella tarda primavera) se non addirittura al 2022. In questo disastro c’è qualcuno che “tenta” comunque di tener viva l’attenzione sulle proprie produzioni come il Consorzio del Brunello che ha dato il via all’organizzazione di “Benvenuto Brunello OFF”, quattro weekend di degustazioni a Montalcino per presentare la vendemmia 2016 e la Riserva 2015. Altri si limiteranno a conferenze in formato digitale. E la Cina? Si è appena concluso il ProWine China a Shanghai ed è nella fase organizzativa il ProWein Hong Kong. Anche il Vinitaly ha annunciato che effettuerà la manifestazione a Hong Kong mentre per quella italiana prevista a Verona (attualmente slittata a Maggio), pare non ci siano le condizioni “di sicurezza”. Molti si chiedono: perché in Cina è possibile e da noi no? Mistero!
Frammento n. 1
Ultim’ora: è spagnolo il vino migliore al mondo secondo Wine Spectator.
Questa la notizia che gira vorticosamente sui social mondiali riaprendo i soliti e puntuali annuali lagnosi dibattiti. Una cosa è certa: Wine Spectator non sarà la Bibbia del Vino Mondiale ma è sicuramente la rivista più “influente” al Mondo. Riesce a dettare le regole, il marketing, i listini prezzi. Un consiglio? Correte ad acquistare i cimeli prima che i prezzi schizzino alle stelle.
Così è se vi pare. Ci sarà qualcuno, più curioso degli altri, che arriverà a convincere il consigliere della Prefettura, Lamberto Laudisi, a fare l’indagine? (Pirandello docet).
RioJa Castillo Ygay Gran Reserva Especial 2010 della Bodegas Marqués de Murrieta, un blend di tempranillo e mazuelo, su podio. E gli italiani? Terzo il Brunello di Montalcino Le Lucére 2015 cantina San Felice e settimo il barolo 2016 di Massolino.
Frammento n. 2
Maxi sequestro in Sicilia: vino adulterato con acqua e zucchero.
Vini commercializzati con false denominazioni di origine e indicazioni geografiche. Partinico in provincia di Palermo il luogo. 37mila ettolitri di vini commercializzati. Dietro a questo sequestro le indagini hanno potuto accertare anche emissioni e utilizzo di false fatturazioni, truffe, rilievi conducibili ad attività mafiose. Insomma di tutto e di più. Un laboratorio clandestino all’interno di uno stabilimento enologico. Quello che ha dato fastidio non è l’operazione della Guardia di Finanza, ma il politico di turno che ha letto un comunicato “dal sapore antico”: presidiare la legalità per difendere il made in Italy.
Frammento n. 3
Club Excellence cambia: da semplice club a vera e propria Società.
Ricordo quando nel 2012 i “magnifici sette” importatori e distributori italiani di vino trovarono “l’intento di fare squadra”. Oggi che sono ben diciotto hanno sentito il bisogno di crescere, andare avanti, dare maggiore vitalità al progetto iniziale. Ecco nascere Società Excellence con 1400 agenti su tutto il territorio nazionale e distribuire i prodotti di quasi un migliaio di produttori tra i quali molti francesi dai nomi altisonanti. Cambia anche il logo: si rinnova senza perdere il contatto con il passato. E dell’impatto sul mercato italiano della distribuzione dello champagne? Sarà ancor più efficace anche per superare questo difficile momento che stiamo vivendo. Ora tutti gli amanti del “perlage” attendono la conferma della manifestazione annuale Champagne Experience!
Frammento n. 4
Medaglia d’Oro ad un Vermouth!
Massimo riconoscimento da parte del Concours Mondial de Bruxelles al Vermouth di Torino Superiore al Barolo del Professore nella categoria Spirit Selection 2020. Il Concorso premia i migliori spiriti di tutto il mondo. Giusto riconoscimento ad un prodotto italiano che ha fatto storia nei secoli. Questo nello specifico è l’unico realizzato partendo da una base di Barolo del vigneto Cerretta, un Cru della cantina Ettore Germano di Serralunga d’Alba. Eccellenza nell’eccellenza. Il Vermouth di Torino Superiore al Barolo è un vero e proprio ritorno alle origini, ai tempi in cui un ottimo vermouth non poteva che nascere da un ottimo vino. Il vermouth, quel “vino liquoroso” caratterizzato da una miscela, a volte segreta dove, accanto ad un grande vino invecchiato nel tempo, ritrovi erbe e spezie aromatiche tra cui assenzio, rabarbaro, vaniglia, china, chiodi di garofano. Da provare come aperitivo, digestivo, corroborante, tonico. E l’abbinamento con piccoli pasticcini come gli amaretti di Fossano (tanto per rimanere in Piemonte) come lo vedete? (Notizia dell’ufficio stampa Carlo Dutto)
Frammento n. 5
I “poliziani” e gli “ilcinesi” portano in Banca il vino prodotto per avere liquidità.
Due, per il momento, gli accordi stipulati tra il Monte dei Paschi di Siena e i Consorzi di Montepulciano (i Poliziani) e Montalcino (gli Ilcinesi). Lo strumento finanziario oggetto degli accordi? Il Pegno Rotativo. Di cosa si tratta? Uno strumento innovativo per far fronte alla grave crisi di liquidità delle singole imprese vinicole (e non solo) dovuta all’emergenza sanitaria in atto. Detto in maniera spicciola e comprensibile, una banca potrà concedere un prestito per un importo pari all’80% del prezzo medio corrente (emanato dalle Camere di Commercio) con le garanzie, in questo caso specifico, da parte dei Consorzi. I produttori incassano subito il credito mantenendo la disponibilità del prodotto che può essere sostituito con altri aventi le medesime caratteristiche. La proprietà del bene non viene ceduta ma rimane in capo al viticoltore. La svolta? Il riconoscimento, da parte di un Istituto bancario, sul “valore” di un vino importante tanto da essere elemento di pegno.
Frammento n. 6
Festival Nazionale Spumantitalia 2021. Si fara?
Al momento la terza edizione di questo evento è programmata a Desenzano sul Garda per il 21-22-23-24 gennaio 2021. Tutto dipenderà dalla “terza ondata” Covid. Una kermesse che vedrà, accanto alla presenza del sistema spumantistico nazionale anche maison straniere. Giornate di lavoro, dibattiti, confronti con tutti “gli attori” della filiera, ben 20 Master Class. Insomma un festival innovativo. Incrociamo le dita!
Frammento n. 7
Il club del Sake
Brillante ed originale idea: il Sake Company Club. Strutturato come un vero e proprio Club, con tanto di iscrizione, esclusivo. Ogni socio riceverà mensilmente una bottiglia di sake appositamente importata esclusivamente per il club e non verrà messa in distribuzione. Un’assoluta chicca per stile e gusto, accompagnata dalle schede informative e i consigli del “sake sommelier”. La partecipazione al Sake Company Club può avere durata di un mese, sei mesi o annuale e può essere interrotta in qualsiasi momento senza alcuna penale. Chi fosse interessato questo l’indirizzo: This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it. cell: 393 3324312.
Osservo, scruto, assaggio e…penso. (urano cupisti)
- Traduzione dell'articolo apparso sulla testata americana TAP NEWS
http ://tapnewswire .com/2020/12/vall-reallv-need-to-understand-how-mma-vaccines-are-desi gned- and-executed-youre-not-going-to-like-it/
C'è davvero bisogno di capire come vengono progettati e come funzionano i "vaccini" ad mRNA: ma non vi piacerà.
Ma prima, possiamo essere d'accordo sulla definizione di "vaccino?" Supponiamo che stiamo parlando di un vaccino tradizionale totalmente legittimo, che esiste da anni ed è sicuro ed efficace. Fondamentalmente, che cos'è? Possiamo essere d'accordo sul fatto che un vaccino sia una sostanza prodotta da una versione indebolita o morta dell'agente patogeno che viene introdotta nel flusso sanguigno per indurre una risposta immunitaria?
Va bene.
ndi ora cercate di capire quest'altro concetto: i "vaccini" mRNA non sono vaccini. No. Ciò con cui abbiamo a che fare è la bio-tecnologia e la bioingegneria. In breve, è una modificazione genetica. (Immaginatevi l'esuberanza dei finanziati da Big Pharma/Luciferian Gates, per non parlare dello stesso Gates, nel loro giocare ad essere Dio)
ndi, come funziona? Quando le cellule si dividono, i filamenti di DNA vengono replicati e l'RNA messaggero (mRNA) gioca un ruolo fondamentale nei processi noti come trascrizione e traduzione. Se ne parla. Questa cosa che Moderna / Pfizer / Gates hanno inventato, è un filamento sintetico di mRNA, che penetra nella membrana di cellule umane sane e dirotta il normale processo di replicazione. La cellula umana precedentemente sana verrà ora trasformata, per produrre un frammento del virus vero e proprio, la cosiddetta "proteina spike". Questa molecola sarà riconosciuta come un agente patogeno, provocando la risposta immunitaria.
La cellula umana precedentemente sana, verrà ora trasformata per produrre un frammento del virus vero e proprio. Si: hai letto bene. Quanto segue è ripreso dal primo paragrafo della voce wiki su questa tecnologia:
Un vaccino a RNA o vaccino a mRNA (RNA messaggero) è un nuovo tipo di vaccino che trasferisce molecole di RNA sintetico in cellule umane. Una volta all'interno delle cellule, l'RNA funziona come mRNA, riprogrammando le cellule per creare la proteina estranea, che normalmente sarebbe prodotta dal patogeno (ad esempio un virus) ... Queste molecole proteiche stimolano ndi una risposta immunitaria adattativa che insegna al corpo a distruggere qualsiasi agente patogeno ... La molecola di mRNA è rivestita con un veicolo per la somministrazione di farmaci, solitamente nanoparticelle lipidiche PEGilate, [2] per proteggere i fragili filamenti di mRNA e favorire il loro assorbimento nelle cellule umane. [3] [4]
... si sa poco sugli effetti collaterali a medio e lungo termine [8]
Se vai su wiki e fai clic su Visualizza cronologia nella parte superiore della pagina, scorri verso il basso e fai clic su Più vecchio, ove si vede che questo articolo è stato creato per la prima volta il 17 febbraio 2020. Noterai anche che, fino a gennaio 2020, questa tecnologia non era nemmeno ancora considerata sperimentale. Era considerata teoria. Wow!
Così tante domande. La folla biologica vegana anti-OGM boicotterà questa biotecnologia, che trasforma efficacemente ogni essere umano che la prende in un OGM ambulante? Sicuramente odio quando la logica si intromette nelle decisioni sanitarie. Cosa succede se la corsa alla velocità per
ripulire la biotecnologia, si traduce in una parziale interruzione del sequenziamento dell'mRNA?
Continuo anche a pensare a tutti i decenni infruttuosi di tentativi di sviluppare un vaccino contro il coronavirus, con innumerevoli topi, gatti e bambini che sono morti nelle prove. Non lo sapevi? Sì, il problema è che questi "vaccini" hanno la tendenza a migliorare l'assorbimento del patogeno. Questo effetto è chiamato potenziamento dipendente da anticorpi (ADE) e ho pubblicato una lunga spiegazione annotata di questo problema . In conclusione, questo è il motivo per cui non c'è mai stato alcun tipo di vaccino contro il coronavirus. Ma in qualche modo ne hanno trovato uno in dieci mesi!?
E la gravidanza, l'allattamento e la fertilità a lungo termine delle mamme geneticamente modificate? Ohhh ... non vogliono che si vada a curiosare proprio in queste cose. Vuoi sapere in che modo la biotecnologia mRNA potrebbe interferire su un bambino in via di sviluppo, un bambino che si allatta o con le possibilità della mamma di rimanere incinta di nuovo? Peccato, non si può!, dal momento che hanno evitato di proposito di sperimentare qualsiasi cosa di tutto ciò, persino sui topi. Non c'è bisogno di far sparire le prove, se non sono state prodotte prove. Poi, quando Pfizer ha ottenuto l'approvazione dal Regno Unito, ha pubblicato DIECI PAGINE di spiegazioni, avvertimenti, dichiarazioni di non responsabilità, ecc.
Si può ascoltare Bill Gates in un video in cui afferma che vuole ridurre la popolazione mondiale del 90%, ma posso essere proprio io il pazzo che suggerisce che un vaccino che agisce tramite la genetica sintetica può comportare rischi per la fertilità?
Per favore, iniziate a spiegare questi concetti ad amici e parenti.
p.s.
i link mancanti in questo articolo tradotto sono reperibili e cliccabili nell'articolo originario.
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accostamenti tibetani |
Chi mi conosce e mi segue sa che da anni studio l’evoluzione della vitivinicoltura in Cina. Più volte ho parlato dei passi da gigante in questo settore, se pur “criticato” da molti.
“Non arriveranno MAI ai nostri livelli, non hanno la retrocultura millenaria, non hanno territori adatti all’allevamento dei vitigni, sono sprovveduti in tutto”. Senza riportare le frasi offensive.
Oggi registriamo che la Cina è il quinto produttore mondiale di vino. Da diversi anni ha permesso agli occidentali europei di eseguire “saggi” dei terreni a Nord (Mongolia interna) ad Est (verso la Manciuria),nel Centro (Ningxia) ad Ovest ( verso il Tibet) per identificare i micro climi ideali per l’ allevamento dei vitigni internazionali come Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Syrah, Pinot Nero, Petit Verdot, Merlot, Sauvignon Blanc, Chardonnay, senza dimenticare gli studi sul Sangiovese, Colorino, Canaiolo per la produzione del Chianti, autenticamente cinese 基安蒂.
In seguito hanno iniziato la produzione di vino con l’aiuto di agronomi, enologi, chef de cave francesi, italiani, spagnoli mandando, in contemporanea, i loro giovani a studiare scienze agrarie ed enologia nelle università di Bordeaux, Montpellier, Lione e far pratica anche presso le nostre aziende più blasonate.
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Chianti in cinese |
Hanno stretto legami economici e joint venture, ovvero accordi fra aziende per realizzare determinati progetti in tempi limitati, sotto l’attenta vigilanza del governo cinese. L’accordo più significativo?
Dare da bere vino al 10% della popolazione. Ma vi rendete conto, in numeri, quanto rappresenti il 10% dei cinesi?
È di oggi la notizia del “vino che fa volare sopra le nuvole": un vino prodotto con la supervisione del Gruppo francese LVMH ai confini con il Tibet e la sua bottiglia misteriosa ed esclusiva commercializzata nella rete distributiva dello stesso colosso francese LVMH (Louis Vuitton Moët Hennessy, tanto per capirci).
A parlarne è Francesca Landolina su Cronache di Gusto.it del 4 dicembre.
A dire il vero ero già a conoscenza di questo investimento in quella parte remota della Cina e dopo la notizia di per sé emblematica, definita allora come allegorica, ne avevo perso traccia e sostanza.
Francesca Landolina la riprende e ne parla a seguito di una degustazione che, da quanto riportato qui sotto, l’ha letteralmente sconvolta. E i pregiudizi si frantumano.
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Vigne a 2.600 metri di altezza |
“La Cina potrebbe diventare uno dei Paesi più importanti per la produzione di vino nel mondo? Potrebbe sfidare anche la Francia e i suoi Bordeaux?” si chiede Francesca.
“Ci sono ancora tanti interrogativi aperti, ma una cosa è certa: mentre i big già affermati nel mondo del vino sono impegnati alla conquista del mercato cinese, Ao Yun, il vino del Tibet, parte all’assalto dell’Occidente. E lo fa con un grande vantaggio: è il nato tra i prestigiosi vini dell’impero LVMH, il big del lusso di Bernard Arnault. LVMH ha puntato sull’esclusività”.
Ao Yun, un blend di Cabernet Sauvignon 74%, Cabernet Franc 20%, Syrah 4% e Petit Verdot 2%, cresce nella vallata tibetana del fiume Dza-Chu (meglio conosciuto con il nome thailandese Mekong, il fiume che percorre ben sei nazioni: Cina, Thailandia, Laos, Cambogia e Vietnam) ad una altezza compresa tra i 2.200 e i 2.600 metri.
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Vino Ao-Yun |
Meglio precisare il suo vero aerale, la provincia nord dello Yunnan, al confine con il Tibet.
Il territorio di quattro villaggi che presto saliranno alla cronaca mondiale come villaggi Grand Cru del vino Ao Yun: Adong, Shuori, Sinong e Xidang. E guardate che non è affatto una battuta visto che la bottiglia è in vendita intorno ai € 300,00.
Francesca Landolina sciorina numeri per far capire che non è uno scherzo: 314 parcelle distribuite su 28 ettari di terreno con l’impiego di centoventi famiglie contadine di quella provincia per una produzione da definirsi di “nicchia”: solo 21mila bottiglie.
“Aggiuungo che il risultato è stato sorprendente. Un vino raro e di ottimo livello gustativo, complesso e multi-sfaccettato”.
Analisi sensoriale eseguita da Francesca Landolina:
“Il vino ha un colore scuro e profondo. Al naso rivela freschezza, aromi di fumo, legno di cedro, frutta gialla ed esotica che si mescola ai frutti rossi, ribes nero e mirtilli. Evidenti note balsamiche e cenni di muschio bianco. Al palato è persistente ed elegante, con tannini estremamente morbidi e densi, seguiti dal lungo finale minerale sapido. Di certo un grande rosso che fa “volare sopra le nuvole”, come indica il significato del suo nome, e che fa viaggiare con la fantasia tutti coloro che in un vino cercano territori, storie, persone e avventure”.
L’enologo Maxence Dulou, da parte sua, aggiunge:
“La fermentazione malolattica si è svolta per 3 mesi in botti (32%) e vasi di argilla (68%), che aiutano a compensare la mancanza di ossigeno in altura. È seguito un affinamento per 14 mesi in botti di rovere nuove (32%) e di secondo passaggio (68%), regalando ancor più finezza al vino”.
Amici eno-scettici prendete appunti:
“A partire dal 2016, nello Yunnan, hanno cominciato ad adottare un nuovo sistema di classificazione del territorio basato sull’osservazione del suolo e la misurazione delle piante: il risultato è stata un’ulteriore frammentazione delle 314 parcelle in 900 sottoparcelle che mostravano caratteristiche simili; si è così cominciata a gestire ciascuna di queste sotto-unità in maniera indipendente”.
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Vigneti nello Yunnan |
Ora tocca a noi imparare.
Maxence Dulou continua: “Questo nuovo sistema è riuscito a migliorare ancora di più la qualità dei grappoli. L’altitudine della Tenuta di Ao Yun, con la cantina ad Adong a 2.600 metri, è tra le più alte del mondo. A questa quota la quantità di ossigeno è inferiore del 25% e ciò influisce sulla percezione del gusto. Dopo tre annate, per la prima volta da quando è stato lanciato Ao Yun, l’assemblaggio finale della vendemmia 2016 è stato deciso a livello del mare, a Hong Kong, dove il grado di umidità dell’aria è più costante. Stiamo studiando le condizioni in cui avviene la degustazione per avere un’idea più precisa su come verrà percepito il gusto del vino in condizioni di altitudine e umidità dell’aria regolari”.
Nel chiudere l’articolo Francesca si chiede:
“solo avventura portata avanti dalla determinazione, passione e impegno di un gruppo di visionari o un attento risultato ottenuto secondo scelte scientifiche ben precise?”
e continua : “Il 100% delle operazioni sui vigneti è svolto a mano, secondi i principi della produzione biologica e della centenaria tradizione locale. Agli inizi del 2008, Estates & Wines, la divisione vini del mondo di Moët Hennessy, ha chiesto al Dottor Tony Jordan, enologo e scienziato australiano, di individuare in Cina un territorio che presentasse le condizioni ideali per la produzione di un grande vino rosso. Dopo quattro anni di ricerche è giunto nel nord dello Yunnan, dove ha trovato un microclima ideale nel villaggio di Adong. Nel 2012, affascinato dalla meraviglia di ciò che si nascondeva in questa remota parte del mondo, Maxence Dulou, enologo di Bordeaux, si è unito all'avventura di Ao Yun. Le spesse nuvole vaganti, caratteristiche della zona, sono un'eco del nome di Ao Yun, che significa proprio “volare sopra le nuvole”. Ed il vino riflette questo ideale”.
Giudicate voi.
Francesca Landolina per Cronache di Gusto.it 4 dicembre 2020
La ondulata morfologia del territorio romano, avvenuta nell’ultimo milione di anni, è stata determinata dall’attività della tettonica, proveniente dall’apparato vulcanico dei monti Sabatini a nord-ovest e dei Colli Albani a sud -est.
Tuttavia sono state le diverse oscillazioni del livello del mare, scandite nelle diverse epoche glaciali, insieme alla presenza dei corsi d’acqua che la percorrevano, che esercitando l’alternanza sedimentaria ed erosiva ne hanno disegnato il suo dolce collinare andamento, che non supera quasi mai i 50 mt lm., conformato essenzialmente da tufo ed argilla.
Andamento comodo, fertilità delle terre, presenza di acqua anche navigabile, vicinanza al mare, clima mite, va da se, che da sempre hanno reso comoda l’antropizzazione.
Va da se che Roma si fondò proprio qui!...
Si ma come e dove esattamente?
E come erano formate queste alture ? Ma perché il numero sette?
…tra leggenda e storia …
I primi insediamenti nella fase 900 a.C. - 770a.C erano diffusi su villaggi a spazi aperti adibiti a pascolo e all’agricoltura, sulle pendici perlopiù del Palatino e del Campidoglio, ma anche nella piana del Velabro
Tuttavia la difesa primitiva era affidata alla conformazione orografica del territorio, quindi il leggendario solco di Romolo della “Roma quadrata “ per la forma vagamente trapezoidale del Palatino, attestata proprio sulla sommità del colle , ci riporta ad un tracciato di confine verosimile, una sorta di recinto sacro il “pomerium”, nel centro del quale secondo Festo e Properzio vi era scavata una fossa sacrificale il “mundus” , dove venivano interrati simboli religiosi che avrebbero dovuto assicurare alla futura città benessere, prosperità, pace e giustizia.
La fondazione di una città infatti sia latina sia etrusca, seguiva un complesso insieme di solenni cerimonie e suggestivi riti .
Innanzitutto un sacerdote, “l'àugure” provvedeva a conoscere gli “auspici,” ovvero la divinazione tratta dal volo e dal canto degli uccelli.
Una volta espresso il vaticinio favorevole, si procedeva a scavare una fossa circolare nel punto ove le due strade principali “cardo e decumano” si incontravano formando un angolo retto :il “mundus”. Il fondatore vi gettava una zolla della terra di provenienza , seguito dalla stessa azione dai patres familia
Finalmente si tracciava il solco di confine, al quale si aggiungeva un secondo solco parallelo.
La fascia di terra compresa fra i due solchi era il “pomerium”.
In questo spazio territoriale, considerato sacro, sacerdoti isolavano ogni sorta di avversità e sciagura potesse abbattersi sulla città e sulla sua popolazione ed era alienato da ogni tipo di attività, compresa quella del semplice passaggio.
Era quindi per tale ragione, ovvero per evitare di infrangere i divieti rispettandone la divinità, che nei tempi successivi, proprio su questi solchi, venivano erette le mura di recinzione. Spesso all'esterno del muro veniva anche scavato un fossato, tale da rendere quanto meno difficoltoso l'avvicinamento nemico, sui lati non difesi naturalmente.
Nascevano così le “urbes”, chiamate così perché consacrate dagli dei.
A differenza delle città fortificate prive di un confine sacro che erano invece le “oppidi”.
Verosimilmente quindi la tradizione ci riporta ad una origine della “Roma Quadrata” di Romolo, secondo le usanze riportate dall’archeologia storica. Sorta dunque nell’VIII° sec. a.C., Roma era cinta da mura e fossato con tre porte, dove il primitivo muro si suppone sia stato costruito a cavallo fra le alture del Germalo e del Palatino, alla base del quale sorgeva il Lupercale, ovvero la grotta, dove la leggenda ci narra, Faustolo aveva trovato i gemelli Romolo e Remo.
Alla fondazione della “Roma Quadrata” seguiva il Septimontium, che come ci riporta Varrone , era così denominato dal numero dei monti che lo costituivano , legato all’estensione degli insediamenti delle circostanti popolazioni.
Cominciava così la tradizione che identificherà nel numero sette i colli di Roma.
Nella lista più arcaica delle alture compaiono solo le selle che costituiranno in seguito il Palatino e l’Esquilino oltre al singolo Celio.
- il mons Palatium
- il mons Germalus o Cermalus - Germalo
- la Velia,
- il mons Fagutal
- il mons Oppius
- il mons Cispius
- il mons Caelius o Querquetulanus
- la Subura che non era un mons ma la pianura di collegamento
Bisognerà arrivare a Plutarco e Cicerone per le acquisizioni delle rimanenti alture .
E troviamo la lista a tutti conosciuta.
- l'Aventino
- il Campidoglio
- il Celio
- l'Esquilino
- il Palatino
- Quirinale
- il Viminale
Nel periodo imperiale la città continuava ad espandersi, quindi ai 7 colli si aggiunsero il Vaticano mons Vaticanus ed il Gianicolo mons Ianiculum
Non erano più 7!.... ed allora come mantenere il numero magico per eccellenza?
Semplice ai tempi di Costantino i sette colli erano nuovamente cambiati ….
- il Palatino, ,
- il Germalo,
- la Velia
- l'Esquilino
- il Vaticano
- il Gianicolo
- la Suburra
Ed allora quanti erano veramente questi colli ?...
Illustriamoli e contiamoli una volta per tutte……chissà se ne veniamo a capo!
Il Colle Palatino comprendeva le tre alture :
del Palatino propriamente detto , del Germalo , della Velia.
Il Colle Aventino comprendeva le due alture:
dell'Aventino Maggiore e dell' Aventino Minore o collina San Saba.
Il Colle Esquilino comprendeva le tre alture :
del colle Oppio, del Cispio , del Fagutale, della zona delle Carinae, della Velia scomparsa che collegava il colle Esquilino al Palatino.
Il Colle Quirinale comprendeva le quattro alture:
del Colle Quirinale propriamente detto , del colle Latiaris, del colle Mucialis e colle Salutaris.
Colle Campidoglio con le tre alture :
del colle Capitolino , della sella Asylum, della Arx Capitolina, della Rupe Tarpea,
Colle Viminale : con l'altura del colle Viminale
Colle Celio: con l'altura del colle Celio
Vi era un ulteriore sella, che collegava il colle Campidoglio al colle Quirinale.
Veniva completamente sbancata per l'edificazione del complesso del Foro di Traiano.
La stessa Colonna di Traiano, mostrerebbe l’altezza originaria dell’altura rasa al suolo….
Allora questi colli sono 18 forse 19…..ma anche di più ….
come la mettiamo infatti con il Gianicolo e il Vaticano ? ….
Beh! … ma sono al di là del Tevere….
D’accordo, ed il Pincio? Ma è fuori dal sacro pomerio …si, però comunque entro le mura
Per non parlare per quei monti di terreno di riporto e da discarica: Monte Citorio e Monte Testaccio…. Ok …. questi non sono naturali…. tuttavia ci sono….
E allora quanti sono questi colli?
I colli di Roma non erano e non sono mai stati soltanto sette…..
Di certo il numero sancito dalla tradizione è basato più sul suo valore sacro che sulla realtà.
Il "sette", era un numero magico per Roma, una sorta di perfezione che emergeva dal caos, una costante del 7 nella tradizione, nella storia e nella cultura della Città Eterna, perché:
7 erano i Re di Roma,
7 i Magistrati incaricati nella distribuzione delle Terre,
7 le Coorti dei Vigiles,
7 i septemviri epulones
7 i Colossi (Apollo sul Campidoglio, Giove in Campo Marzio, Apollo nella biblioteca di Augusto, altri due Giove in Campidoglio, Nerone nel Colosseo e Domiziano nel Foro Romano.)
7 le Cose fatali dalle quali dipendevano le sorti di Roma ( l’Ago di Cibele, la Quadriga dei Vejenti, le Ceneri di Oreste, lo Scettro di Priamo, il Velo d’Ilione, il Palladio e gli Ancili)
7 le lucerne dell'Arco di Tito,
7 le meraviglie di Roma narrate da Polemio Silvio nel "Laterculus".
I COLLI NON POTEVANO CHE ESSERE SETTE…..
E 7 SIANO!... Noi li amiamo così!....
con un famoso passo di Tito Livio: (ab urbe condita , V, 54)
“Non senza motivo gli dèi e gli uomini scelsero questo luogo per fondare la Città: colli oltremodo salubri, un fiume comodo attraverso il quale trasportare i prodotti dell’interno e ricevere i rifornimenti marittimi; un luogo vicino al mare quanto basta per sfruttarne le opportunità ma non esposto ai pericoli delle flotte straniere per l’eccessiva vicinanza al centro dell’Italia, adattissimo per l’incremento della città; la stessa grandezza di quest’ultima ne è la prova“.
…..vi do appuntamento ai prossimi racconti , dove vi porterò su ciascun colle per scoprirne, storia, misteri, segreti e leggende …………………..
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Ricercatori della University of California hanno scoperto studi nascosti per oltre 50 anni che dimostrano che è lo zucchero il vero responsabile dei problemi cardiaci colesterolo e danni al cuore). I risultati vennero pilotati dalla Sugar Research Foundation per far accusare i grassi ed aumentare il consumo di zucchero.
Decine di scienziati, negli anni 60, furono pagati dall’industria americana dello zucchero per nascondere il collegamento tra consumo di zucchero e problemi cardiaci e postare così l’attenzione sui grassi saturi. A rivelarlo sono una serie di nuovi documenti scoperti recentemente da un ricercatore della University of California di San Francisco e pubblicati sul magazine Jama Internal Medicine.
La verità che emerge è sconvolgente: la lobby dello zucchero avrebbe pilotato per più di cinquant’anni studi sul ruolo dell’alimentazione sui problemi cardiaci. “Sono stati in grado di sviare il dibattito sullo zucchero per decenni”, ha detto al New York Times, Stanton Glantz, professore di medicina e autore del paper uscito su Jama.
Nel 1954 il Presidente della Sugar Research Foundation, Henry Hass, spiegava l’opportunità strategica per l’industria dello zucchero di aumentare la quota di mercato dello zucchero stimolando i cittadini ad avere una dieta a basso contenuto di grassi. Quello che è sconcertante è che i ricercatori sono stati pagati per coprire i danni dello zucchero sulle malattie cardiache ed incolpare i grassi saturi il cui consumo è legato al livello di colesterolo.
In realtà studi recenti dimostrano che i livelli di glicemia nel sangue sono un maggiore indicatore del rischio di malattie cardiache rispetto al livello di colesterolo. Come abbiamo visto in articoli precedenti, il colesterolo è fondamentale per la formazione degli ormoni e viene usato per riparare i danni alle arterie prodotti dall’infiammazione indotta dallo zucchero, farine raffinati e oli di semi.
I documenti trovati dimostrano che nel 1967 diversi ricercatori ricevettero circa 50.000 dollari ed oggi non sono più vivi. Uno dei tre esperti è D.Mark Hegsted, che nella sua lunga carriera diventò capo della divisione che si occupa di nutrizione al Dipartimento dell’Agricoltura statunitense. Il suo gruppo pubblicò le linee guida sull’alimentazione nel 1977.
Ma anche se i documenti fanno riferimento a avvenimenti accaduti quasi 50 anni fa, sono fondamentali perché il dibattito tra zuccheri e grasso è al centro delle speculazioni della comunità scientifica anche oggi. Per decenni i ricercatori hanno spinto gli americani a consumare prodotti con basso contenuto di grassi, ma ricchi di zuccheri, che hanno aumentato il numero di obesi e hanno fatto schizzare alle stelle i problemi di colesterolo e morti per disturbi cardiaci.
Basta poco zucchero ogni giorno per avere tutti questi danni che si accumulano e peggiorano nel tempo. Lo zucchero è un cibo inventato che non è mai esistito nella storia. Il nostro corpo scompone i carboidrati delle verdure e cereali per produrre il glucosio necessario per le sue funzioni. Quando introduciamo lo zucchero togliamo tutta una serie di processi chimici che hanno come risultato un aumento enorme della glicemia, insulina e coinvolge anche le ghiandole surrenali, il microbiota, i processi infiammatori e i danni cerebrali.
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A PROPOSITO DEL DOCUMENTO SULLA SCHIAVITU’, SCRIVE RICCARDO
Caro Franco, E' proprio vero che è stata una vergogna dalla quale è difficile liberarsi. Sono stato in Africa per circa 17 anni e spesso mi sono vergognato del colore della mia pelle, di essere cristiano e di essere "missionario" non per quello che facevo ma per quello che storicamente rappresentavo...
Son passato da Goré, nel Senegal, e ho visto, commosso, il percorso che facevano gli schiavi per imbarcarsi per lasciare per sempre la loro terra...
Il dramma attuale è che la schiavitù continua...continuiamo a depredare l'Africa (e non solo...) di ogni ricchezza, a indebitare e impoverire ogni nazione illudendole che l'Occidente stia aiutandole, a mantenere al potere dittatori corrotti e senza scrupoli, a vendere armi e incentivare guerre e rivoluzioni, a mantenere rapporti commerciali con poteri che non sanno cosa siano i diritti umani e civili, ecc., ecc.
Le grida di tanti milioni di persone gridano giustizia e anche la terra "supplica" Dio di intervenire (immagini che l'Apocalisse usa)... e speriamo che Gesù Cristo ritorni presto per ristabilire pace e giustizia nella terra...visto che noi non ce la facciamo o non lo vogliamo. Un abbraccio.
Non poco scalpore e meraviglia destò, il 15 aprile scorso, la determina del sindaco di Barrafranca (piccolo centro in provincia di Enna) che, in piena pandemia, con atto ufficiale, decise di affidare i propri cittadini al Santissimo Crocifisso. Improvvisamente la pandemia sembrò cancellare due secoli di storia e tornare indietro alla vigilia di quel famoso 27 marzo 1861 in cui Roma veniva acclamata capitale d’Italia al motto di “Libera Chiesa in libero Stato” come ebbe a dire più volte Cavour quel giorno durante il suo discorso in Parlamento. Se accade oggi però che il prof Matteo Cesaroni, docente di matematica e fisica al liceo classico di Jesi (Ancona) viene accusato di “negazionismo” dai propri allievi solo per aver messo in discussione l’emergenza sanitaria del Covid sulla base dell’inattendibilità dei tamponi, ciò non desta scalpore. E questo perché? Perchè il Covid ormai è religione di stato e se semplicemente provi a mettere in discussione, sei un eretico. Come Giordano Bruno. Istituito il Dogma, indetta l’eresia. Pena la scomunica! L’atto è stato denunciato da una certa stampa mainstream come oltraggioso verso il virus. E allora la questione da un punto di vista giuridico sociale è seriamente compromessa! Perché significa che la società in cui viviamo è una società integralista devota al dogma Covid e alla sua infinita liturgia. E così come avviene per le cose più sacre, non se ne può nemmeno parlare. Se non in termini di ossequio totale ed incondizionato. Del resto abbiamo già parlato del patto tra il Ministro della Sanità e Federazione della Stampa. Non siamo di fronte a degli sprovveduti. La nuova religione di Stato non ha risparmiato neanche le tanto declamate “libertà costituzionali”, tanto acclamate e altrettanto negate oggi da uno stato di fatto che non ha esitato a rendere accettabile quello che fino a ieri era semplicemente impensabile. Ma anche su questo argomento vale l’alibi che in tempi di guerra la Costituzione non può essere tutelata.
Verrebbe da chiedersi “cosa si sta tutelando” però! Se a quasi un anno dalla comparsa del virus, dopo nove mesi di guerra combattuta a suon di mascherine, distanziamento sociale e isolamento forzato le cose non accennano a migliorare. Art.16 (libera circolazione), Art.17 (assemblea), Art. 21 (libera espressione). Il Grande Reset del piano World Economic Forum ha avuto inizio nel tacito assenso e col comune consenso. Anche se da quanto ha dichiarato il CDC (Center for Disease Control and Prevention), l’agenzia governativa USA che si occupa di pubblica sanità, si deduce che non esiste isolato quantificato del virus 2019-nCoV. Allo stesso modo l’EDC (European Centre for Disease Prevention and Control). In pratica da queste due dichiarazioni delle principali istituzioni sanitarie deputate allo studio ed al monitoraggio del virus Covid 19, rispettivamente per il Governo USA e per la Commissione Europea, né negli USA né in Europa il virus è mai stato isolato.
Isolato significa separato dal materiale inutile contenuto nel campione analizzato, come cellule del paziente o eventuali batteri. E se non si è in grado di stabilire in che percentuale il virus è presente all’interno del campione, significa che il virus non solo non è stato quantificato ma neanche identificato. Quindi coprifuoco nazionale (quasi a ridestare nell’immaginario collettivo etimi e situazioni medievali), lockdown localizzati, chiusura di bar e ristoranti, privazione parziale di movimento e totale di assemblea, SULLA BASE DI COSA? Della più totale, dichiarata e certificata ignoranza. In un’intervista rilasciata a SKY News il 23 settembre 2020, il Ministro degli Esteri inglese, Dominic Raab afferma che soltanto il 7% dei test riesce ad identificare il virus.
La stessa cosa l’aveva già detta il primo Ministro Boris Johnson alla BBC il 4 settembre 2020. Oggi, dopo che Papa Francesco il 27 marzo, nella deserta piazza di santa Marta, invocando la fine della pandemia, ha celebrato la definitiva “morte di Dio”, non solo la religione ufficiale di Stato si sottomette al virus ma il virus stesso assurge a nuova intoccabile divinità e come ogni cosa divina che si rispetti non se ne può conoscere il volto.
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La Foresteria d'estate |
Ha conquistato le “Due Forchette” dalla prestigiosa Guida Michelin 2021, anticamera per arrivare alla Stella.
Questo ristorante posizionato all’interno del Resort di Menfi è considerato, da molti critici gastronomici, una vera e propria “Officina del Gusto”.
<< Le erbe aromatiche che crescono nel “giardino degli aromi” de La Foresteria, hanno un ruolo primario, fanno parte della cultura e della tradizione della famiglia. Segreti di un’arte culinaria che le generazioni custodiscono e tramandano con orgoglio e passione >>. Così Francesca Planeta, responsabile dell’ospitalità Azienda Planeta, che ha aggiunto << Il resort è un luogo in cui si respira allo stesso tempo storia e cultura, mare e collina, nell’atmosfera di un’elegante dimora di campagna >>
La pandemia non ci ferma.
La riflessione di Francesca Planeta: << In questo anno non abbiamo mai smesso di credere nel nostro lavoro e abbiamo trovato entusiasmo anche in giornate grigie di fronte alla totale incertezza di cosa fare. Hanno prevalso idee, creatività, competenza, passione, condivisione>>
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La Foresteria |
La famiglia Planeta, è risaputo, che non perde occasione di cercare modi nuovi per continuare ad essere ambasciatori dell’eccellenza siciliana. Non solo nel modo del vino e dell’olio ma anche nell’ospitalità, nella ristorazione, arte e responsabilità sociale continuando ad investire nei singoli progetti.
La Foresteria ne è un esempio. Genuina essenza e raffinatezza dove il terzo elemento, l’accoglienza, trasmette il grande rispetto, unito alla indiscussa passione dei proprietari per il territorio e le sue tradizioni.
La conquista delle “due forchette”, oltre a quanto detto, si deve anche al pregevole lavoro dello chef Angelo Pumilia.
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Coniglio alla stimpirata (foto tripadvisor per Planeta) |
Prima di approdare a Melfi , Angelo ha ampliato le proprie conoscenze culinarie in India, Cina, Israele, Texas, Norvegia, Svizzera, Irlanda, Francia e Spagna.
A La Foresteria porta avanti una cucina siciliana contemporanea dalle radici ben salde, giocata tra un racconto attento della tradizione e una spinta ad esplorare e innovare.
Essere di fronte ad uno spazio gastronomico interpretato fra le trame della tradizione familiare Planeta.
Ecco il segreto di questo chef; attingere a questa eredità e alla grande ricchezza del patrimonio enogastronomico siciliano, per proporre una carta e due percorsi di degustazione, con una rigorosa selezione delle migliori materie prime tra i produttori d’eccellenza dell’Isola.
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Francesca Planeta Direttore del Resort |
Suggerimenti a pranzo:
I TARTARI IN SICILIA: tartare di manzo modicano , scalogno marinato, matarocco, tuorlo d’uovo, tapenade, dressing alle acciughe;
CRUDO DAL MARE DI SICILIA: carpaccio di pesce con salsa al mandarino e colatura di alici di Sciacca;
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Lo chef Angelo Pumilia |
SPAGHETTO AL KAMARINO: salsa tradizionale di pomodorino kamarino, ricotta salata e basilico;
CANNOLO: con la ricotta di pecora del Belice, scorza di arancia candita e pistacchio.
Suggerimenti a cena:
UOVO DEL CAVALIERE: uovo poché con purè di patate all’olio extravergine di oliva Planeta, verdure di stagione, capperi e carciofi;
RAVIOLI DI RICOTTA E MENTA: una ricca sfoglia ripiena di delicata ricotta di pecora di Menfi, menta del giardino, salsa di pomodoro Kamarino;
CONIGLIO ALLA STIMPIRATA: coniglio siciliano in tegame con verdure miste, olive e capperi in agrodolce;
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Il giardino degli aromi |
CASSATA SICILIANA: un grande classico della pasticceria isolana a base di ricotta di pecora di Menfi e mandorle di Avola.
Buon appetito!
Urano Cupisti
Le società industriali, alla cui base si osserva una razionalizzazione dei processi produttivi, hanno sempre comportato una qualche forma di controllo delle dinamiche sociali attraverso un inquadramento sempre più complesso e sofisticato delle masse, grazie alle innovazioni frutto del progresso tecnologico e scientifico; di conseguenza, poiché le masse sono insiemi di individui, tale razionalizzazione ha implicato, nell’ultimo secolo e mezzo, almeno due grandi metamorfosi antropologiche sottese ad altrettanti modelli sociali: la società (di massa) dei consumi e la società di massa digitale
Se si cercano i meriti del progresso scientifico e tecnologico in relazione alla qualità della vita degli esseri umani, ci si accorge che, in fondo, la tecnica e la scienza hanno liberato l’uomo dai ritmi della natura, ma per intrappolarlo negli ingranaggi della produzione. Il produttivismo, leva del profitto e della crescita economica, è stato infatti imposto su scala mondiale come dogma a partire dalla seconda rivoluzione industriale, culmine del trionfo della borghesia che aveva spodestato nobiltà e clero; strumentalizzando sapientemente il malcontento popolare nei confronti dell’ancien régime. In altri termini, se con la Rivoluzione francese la borghesia abbatté il vecchio sistema dei privilegi feudali, facendo prevalere l’istanza di libertà intesa come libera iniziativa imprenditoriale dell’individuo, contro la rivendicazione di uguaglianza come libertà dalla miseria, nella seconda metà del XIX secolo, la nuova classe dominante si servì del mito del progresso per giustificare ideologicamente le diseguaglianze e l’ingiustizia sociali, presentandole come conseguenza necessaria del nuovo ordine meritocratico: oppressi e sfruttati sono tali in quanto non meritevoli di successo e di benessere. Con le stesse argomentazioni, le potenze coloniali, che si dipingevano come investite di presunte missioni civilizzatrici e liberatrici, giustificavano lo sfruttamento sistematico delle popolazioni colonizzate e dei loro territori. Similmente, in tempi assai più vicini, le potenze mondiali e regionali hanno giustificato le guerre umanitarie in nome del diritto, quando non del dovere, di esportare democrazia e libertà. In altri termini, la sorte un tempo toccata al barbaro come categoria etnica, tra la fine del XIX secolo e la prima metà del XX sembrava riservata anche al proletario, e in generale alle categorie sociali che maggiormente pagavano il prezzo del progresso. Quest’ultimo, infatti, ha significato sin dal principio il benessere di pochi pagato con la miseria dei molti, costituendo il principale strumento di dominio delle potenze coloniali sulle popolazioni colonizzate e sui loro territori, e delle classi dominanti sulle classi dominate.
Nel contesto della società di massa, che si affermò nei paesi a economia capitalista tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX, il salto di qualità ci fu quando, a partire dagli anni ‘50 del secolo scorso, la televisione rese più sottile e sofisticata, quindi meno esposta a critiche e contestazioni, l’egemonia delle classi dominanti all’interno del sistema di alleanze statunitense. Già il feticismo delle merci insito nel capitalismo, di cui scriveva Karl Marx e che era divenuto un fenomeno di massa alla fine del XIX secolo, rendeva essenziale il potere di orientare i bisogni dei consumatori, affinché questi alimentassero continuamente gli ingranaggi della produzione e della vendita di beni e servizi. Particolare attenzione fu dedicata così ai beni superflui, non necessari ai fini della sopravvivenza materiale, ma fonte di prestigio in quanto significativi indici di uno status sociale elevato, e al tempo libero delle masse. In questi campi, infatti, l’orientamento dei consumatori passava attraverso i cosiddetti bisogni indotti (essendo i bisogni primari molto più difficili da plasmare, in quanto naturali), che da un lato assicuravano un certo controllo indiretto (il che significa più efficace) delle masse, mentre, dall’altro perpetuavano il sistema dell’economia di mercato, garantendo crescita ed espansione continue: come scriveva Victor Lebow negli anni ‘50 del ‘900, abbiamo bisogno che sempre più beni vengano consumati, distrutti e rimpiazzati ad un ritmo sempre maggiore. In piena guerra fredda, era importante poter opporre al sistema sovietico socialista, teoricamente orientato all’uguaglianza, un modello di società liberista, liberale e libertario: favorevole, dunque al mantenimento dei privilegi della borghesia produttiva e (sempre più) finanziaria, ma anche allo spirito di iniziativa del singolo individuo assetato di riscatto sociale e di successo. Il segreto era tutto nella libera iniziativa e nella concorrenza. Peccato, tuttavia, che queste caratteristiche fossero già state fiaccate dalla società di massa, tendente piuttosto all’omologazione forzata sotto la costante minaccia costante e implicita (quindi interiorizzata senza troppe resistenze) dell’emarginazione, ovvero dell’appartenenza alla categoria degli inetti.
Fino agli anni ‘90 del secolo scorso, i media di comunicazione di massa, televisione in primis, hanno diffuso un modello di uomo vincente che sembrava ricalcare, in sostanza, lo spirito imprenditoriale del capitalismo classico. Senonché, il nuovo vincente, quale lo dipingono tanto il sistema di valori della società di massa, quanto l’ideologia dell’edonismo consumista della fase successiva al secondo conflitto mondiale (confluita negli anni ‘80 nell’edonismo reaganiano), si configura più come un impiegato-consumatore che come un libero imprenditore, come osservò Horkheimer. È quella infatti la figura ideale della società di massa: un singolo incompleto (quindi non, propriamente, un individuo), senza una personalità ben definita, capace di assoggettarsi alla rigida disciplina produttiva, in fabbriche caratterizzate da una meccanizzazione sempre più pervasiva, ma anche all’inquadramento del suo tempo libero all’interno delle metropoli industriali, con beni e divertimenti pronti per l’uso, che non implicano creatività né personalizzazione. Un singolo isolato dal tessuto sociale dall’ossessione per la concorrenza, estesa dall’ambito economico a tutte le sfere dell’esistenza umana: dalla corsa all’ultimo ritrovato della moda o della tecnica, fino al bisogno di realizzare il proprio essere ostentando ciò che si possiede o il proprio potere d’acquisto. Un singolo, quindi, bramoso di far parte del consesso dei vincenti, degli uomini di successo, ma per questo sempre più dipendente da un sistema sociale, da cui dipende non solo la sua formazione professionale (non più sostenibile dagli anziani di famiglia, a causa delle continue e rapide trasformazioni legate alle innovazioni tecnico-scientifiche), ma anche la conferma dell’integrità della sua identità. Infatti, se l’identità dell’uomo europeo tra la fine dell’800 e il primo conflitto mondiale si ispirava per lo più alle ideologie del tempo, tra le quali trovavano spazio anche il socialismo e l’anarchismo, la borghesia, di concerto con le aristocrazie illuminate, promosse quelle funzionali all’economia di mercato: il nazionalismo con derive razziste (come base per l’imperialismo coloniale) e la meritocrazia liberista (come base per il dominio economico e politico sulle altre componenti della società).
Alla religione si sostituiva quindi il culto del progresso tecnologico-scientifico, mentre si facevano trionfare, sulle rivendicazioni universaliste di uguaglianza, le spinte nazionaliste e razziste, che ebbero la loro espressione più esplicita e diretta nei regimi nazifascisti del XX secolo. Contestualmente, il conformismo induceva le classi dominate a desiderare di diventare come i loro oppressori, considerando la propria condizione di oppressi come segno di demerito, incapacità o mancanza di volontà. In tale quadro, il sistema di istruzione e di formazione e i mezzi di comunicazione di massa, in particolare la televisione, come osservava P.P. Pasolini, sono al contempo centro di irradiazione e strumenti di diffusione dell’armamentario di valori del potere delle classi dominanti, fino ad essere essi stessi manifestazioni di questo potere. Lo sfruttamento della manodopera operaia, infatti, non era più sufficiente: in tempo di guerra fredda era necessaria l’omologazione totale del singolo, ai fini del suo sfruttamento come consumatore. Un processo che coinvolge tanto la vita professionale quanto la sfera privata, e che conduce, pertanto, a quella che Horkheimer chiama perdita di interiorità. In altri termini, quello che Pasolini chiamava il nuovo fascismo della società dei consumi, ha messo in atto un’omologazione repressiva che ha sottilmente trasformato le coscienze dei singoli, annientando qualsiasi possibile forma di pluralismo culturale e di pensiero. Infatti, mentre la sottomissione attuata per mezzo della minaccia di violenza fisica, di cui sono esempio i totalitarismi novecenteschi e i loro grotteschi epigoni, ha indotto un’adesione eminentemente formale, le strategie di assoggettamento tipiche prima degli Stati liberali, poi delle democrazie neo-liberali, si sono rivelate finora le più efficaci in quanto inducono i singoli a sottomettersi liberamente al pensiero unico dominante, accecati dall’illusione del successo materiale. Così, alle battaglie condotte dai grandi movimenti di contestazione negli anni ‘60 e ‘70 del ‘900, il potere ha risposto rendendo invisibile la propria autorità. Inizialmente ciò è stato reso possibile dalla televisione, che ha imposto modelli solo apparentemente anti-autoritari, ma conformi nella sostanza all’ideologia edonista e consumista che alimentava l’economia di mercato. In seguito, con la diffusione sempre maggiore di Internet negli usi civili, e soprattutto con il passaggio dal Web 1.0 al Web 2.0, questo compito è stato affidato alla Rete. Un nuovo sistema di comunicazione di massa, che si è subito rivelato più attraente della televisione, perché ha prodotto, e ancora produce, l’illusione di poter essere non solo fruitore ma anche autore di contenuti.
In tal modo, ai modelli statici elaborati e diffusi dalla televisione sono subentrati quelli all’apparenza più dinamici e “creati dal basso” della Rete. Anche in questo caso, un’innovazione che inizialmente aveva il duplice volto di mezzo di dibattito, di scambio di idee, di accesso universale alla conoscenza, e di strumento di controllo orwelliano, è stato orientato dal potere (che non ha cessato di esistere, divenendo solo più lontano e inaccessibile, un po’ come la divinità delle religioni monoteistiche rispetto ai molteplici dei delle religioni politeiste) nella direzione dello spionaggio e della repressione. Di conseguenza, mentre la televisione mirava all’adesione delle coscienze, la Rete punta direttamente all’autocoscienza, una dimensione psichica che per lo più tende a sfuggire alla consapevolezza. Ad esempio, il proliferare delle fonti di informazione e le difficoltà sempre maggiori di verificarne l’attendibilità, come la moltiplicazione indefinita dei modelli dettati da chi attraverso le reti sociali orienta mode e tendenze (dall’orientamento politico al costume) non fa che radicare sempre più profondamente nel tessuto sociale la nuova figura simbolo della società di massa digitale: non più l’impiegato, caratteristico della società di massa, ma il rider. Un lavoratore precario, sempre disponibile e disposto alla fluidità degli orari e delle mansioni, sempre pronto a reinventarsi per ruoli che lo impegneranno, forse, al massimo per qualche mese, per poi tuffarsi di nuovo nell’affannosa ricerca di nuovi impieghi. Continuamente soggetto all’obsolescenza programmata, come i dispositivi con cui interagisce nella vita professionale e nella sfera privata. La società di massa digitale, dunque, ha operato una nuova trasformazione antropologica, rendendo il singolo sempre più dipendente dalla società, come dimostra l’importanza crescente acquisita dalle recensioni e dalle classifiche degli utenti, investiti del potere di discernere tra buoni e cattivi lavoratori. Peraltro, per produrre tali recensioni del tutto soggettive ed effimere non bisogna essere né esperti, né qualificati: basta aver fruito di un servizio. La stessa formazione professionale tende ad essere estemporanea e non più responsabilità delle istituzioni, perché è affidata alle imprese, quando non alla capacità di industriarsi dei singoli lavoratori. Inoltre, la rapidità dei cambiamenti sull’onda della velocità del progresso tecnico-scientifico rende superfluo lo stesso concetto di esperienza, personale o collettiva, anzi, l’esperienza rischia di essere un disvalore perché associata alla specializzazione in un determinato tipo di mansione, che pure era stata uno dei cardini del fordismo e del taylorismo.
Ebbene, se la società di massa, figlia della seconda rivoluzione industriale, aveva favorito la progressiva assimilazione dell’uomo alla macchina, la società di massa digitale, figlia della terza rivoluzione industriale, sta spingendo l’essere umano verso livelli sempre maggiori di automatizzazione e spersonalizzazione, trasformando persino la percezione della corporeità. Un esempio di tale metamorfosi è l’introduzione nel linguaggio delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) del concetto di avatar: parola derivata dal sanscrito avatara, che in varie mitologie indù indica le manifestazioni fisiche, concrete, della divinità con lo scopo di ripristinare l’ordine cosmico. Di contro, un avatar nel linguaggio informatico è la proiezione digitale non del proprio sé autentico, ma di come il proprio sé dovrebbe essere percepito dagli altri. Un’identità proiettiva, che dunque non ha nulla di fisico né di concreto, ma che ha la funzione di stabilire un ordine socio-culturale fondato sulla spersonalizzazione e sulla perdita del rapporto autentico non solo con la propria coscienza, ma anche con la propria corporeità. Se gli incubi principali dell’uomo intrappolato nelle metropoli industriali, che costituivano la manifestazione concreta della società di massa, erano l’inettitudine e l’emarginazione, le ossessioni dell’uomo prigioniero della Rete sono legate piuttosto alla scoperta della divergenza tra il proprio sé autentico (o di quanto ne rimane) e l’immagine che egli vorrebbe che gli altri avessero di lui. Oltre le trappole pirandelliane, il dogmatismo fluido della società di massa digitale, sublimando l’identità personale nella realtà virtuale, mira all’annientamento definitivo dell’autocoscienza.