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Ricercatori della University of California hanno scoperto studi nascosti per oltre 50 anni che dimostrano che è lo zucchero il vero responsabile dei problemi cardiaci colesterolo e danni al cuore). I risultati vennero pilotati dalla Sugar Research Foundation per far accusare i grassi ed aumentare il consumo di zucchero.
Decine di scienziati, negli anni 60, furono pagati dall’industria americana dello zucchero per nascondere il collegamento tra consumo di zucchero e problemi cardiaci e postare così l’attenzione sui grassi saturi. A rivelarlo sono una serie di nuovi documenti scoperti recentemente da un ricercatore della University of California di San Francisco e pubblicati sul magazine Jama Internal Medicine.
La verità che emerge è sconvolgente: la lobby dello zucchero avrebbe pilotato per più di cinquant’anni studi sul ruolo dell’alimentazione sui problemi cardiaci. “Sono stati in grado di sviare il dibattito sullo zucchero per decenni”, ha detto al New York Times, Stanton Glantz, professore di medicina e autore del paper uscito su Jama.
Nel 1954 il Presidente della Sugar Research Foundation, Henry Hass, spiegava l’opportunità strategica per l’industria dello zucchero di aumentare la quota di mercato dello zucchero stimolando i cittadini ad avere una dieta a basso contenuto di grassi. Quello che è sconcertante è che i ricercatori sono stati pagati per coprire i danni dello zucchero sulle malattie cardiache ed incolpare i grassi saturi il cui consumo è legato al livello di colesterolo.
In realtà studi recenti dimostrano che i livelli di glicemia nel sangue sono un maggiore indicatore del rischio di malattie cardiache rispetto al livello di colesterolo. Come abbiamo visto in articoli precedenti, il colesterolo è fondamentale per la formazione degli ormoni e viene usato per riparare i danni alle arterie prodotti dall’infiammazione indotta dallo zucchero, farine raffinati e oli di semi.
I documenti trovati dimostrano che nel 1967 diversi ricercatori ricevettero circa 50.000 dollari ed oggi non sono più vivi. Uno dei tre esperti è D.Mark Hegsted, che nella sua lunga carriera diventò capo della divisione che si occupa di nutrizione al Dipartimento dell’Agricoltura statunitense. Il suo gruppo pubblicò le linee guida sull’alimentazione nel 1977.
Ma anche se i documenti fanno riferimento a avvenimenti accaduti quasi 50 anni fa, sono fondamentali perché il dibattito tra zuccheri e grasso è al centro delle speculazioni della comunità scientifica anche oggi. Per decenni i ricercatori hanno spinto gli americani a consumare prodotti con basso contenuto di grassi, ma ricchi di zuccheri, che hanno aumentato il numero di obesi e hanno fatto schizzare alle stelle i problemi di colesterolo e morti per disturbi cardiaci.
Basta poco zucchero ogni giorno per avere tutti questi danni che si accumulano e peggiorano nel tempo. Lo zucchero è un cibo inventato che non è mai esistito nella storia. Il nostro corpo scompone i carboidrati delle verdure e cereali per produrre il glucosio necessario per le sue funzioni. Quando introduciamo lo zucchero togliamo tutta una serie di processi chimici che hanno come risultato un aumento enorme della glicemia, insulina e coinvolge anche le ghiandole surrenali, il microbiota, i processi infiammatori e i danni cerebrali.
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A PROPOSITO DEL DOCUMENTO SULLA SCHIAVITU’, SCRIVE RICCARDO
Caro Franco, E' proprio vero che è stata una vergogna dalla quale è difficile liberarsi. Sono stato in Africa per circa 17 anni e spesso mi sono vergognato del colore della mia pelle, di essere cristiano e di essere "missionario" non per quello che facevo ma per quello che storicamente rappresentavo...
Son passato da Goré, nel Senegal, e ho visto, commosso, il percorso che facevano gli schiavi per imbarcarsi per lasciare per sempre la loro terra...
Il dramma attuale è che la schiavitù continua...continuiamo a depredare l'Africa (e non solo...) di ogni ricchezza, a indebitare e impoverire ogni nazione illudendole che l'Occidente stia aiutandole, a mantenere al potere dittatori corrotti e senza scrupoli, a vendere armi e incentivare guerre e rivoluzioni, a mantenere rapporti commerciali con poteri che non sanno cosa siano i diritti umani e civili, ecc., ecc.
Le grida di tanti milioni di persone gridano giustizia e anche la terra "supplica" Dio di intervenire (immagini che l'Apocalisse usa)... e speriamo che Gesù Cristo ritorni presto per ristabilire pace e giustizia nella terra...visto che noi non ce la facciamo o non lo vogliamo. Un abbraccio.
Non poco scalpore e meraviglia destò, il 15 aprile scorso, la determina del sindaco di Barrafranca (piccolo centro in provincia di Enna) che, in piena pandemia, con atto ufficiale, decise di affidare i propri cittadini al Santissimo Crocifisso. Improvvisamente la pandemia sembrò cancellare due secoli di storia e tornare indietro alla vigilia di quel famoso 27 marzo 1861 in cui Roma veniva acclamata capitale d’Italia al motto di “Libera Chiesa in libero Stato” come ebbe a dire più volte Cavour quel giorno durante il suo discorso in Parlamento. Se accade oggi però che il prof Matteo Cesaroni, docente di matematica e fisica al liceo classico di Jesi (Ancona) viene accusato di “negazionismo” dai propri allievi solo per aver messo in discussione l’emergenza sanitaria del Covid sulla base dell’inattendibilità dei tamponi, ciò non desta scalpore. E questo perché? Perchè il Covid ormai è religione di stato e se semplicemente provi a mettere in discussione, sei un eretico. Come Giordano Bruno. Istituito il Dogma, indetta l’eresia. Pena la scomunica! L’atto è stato denunciato da una certa stampa mainstream come oltraggioso verso il virus. E allora la questione da un punto di vista giuridico sociale è seriamente compromessa! Perché significa che la società in cui viviamo è una società integralista devota al dogma Covid e alla sua infinita liturgia. E così come avviene per le cose più sacre, non se ne può nemmeno parlare. Se non in termini di ossequio totale ed incondizionato. Del resto abbiamo già parlato del patto tra il Ministro della Sanità e Federazione della Stampa. Non siamo di fronte a degli sprovveduti. La nuova religione di Stato non ha risparmiato neanche le tanto declamate “libertà costituzionali”, tanto acclamate e altrettanto negate oggi da uno stato di fatto che non ha esitato a rendere accettabile quello che fino a ieri era semplicemente impensabile. Ma anche su questo argomento vale l’alibi che in tempi di guerra la Costituzione non può essere tutelata.
Verrebbe da chiedersi “cosa si sta tutelando” però! Se a quasi un anno dalla comparsa del virus, dopo nove mesi di guerra combattuta a suon di mascherine, distanziamento sociale e isolamento forzato le cose non accennano a migliorare. Art.16 (libera circolazione), Art.17 (assemblea), Art. 21 (libera espressione). Il Grande Reset del piano World Economic Forum ha avuto inizio nel tacito assenso e col comune consenso. Anche se da quanto ha dichiarato il CDC (Center for Disease Control and Prevention), l’agenzia governativa USA che si occupa di pubblica sanità, si deduce che non esiste isolato quantificato del virus 2019-nCoV. Allo stesso modo l’EDC (European Centre for Disease Prevention and Control). In pratica da queste due dichiarazioni delle principali istituzioni sanitarie deputate allo studio ed al monitoraggio del virus Covid 19, rispettivamente per il Governo USA e per la Commissione Europea, né negli USA né in Europa il virus è mai stato isolato.
Isolato significa separato dal materiale inutile contenuto nel campione analizzato, come cellule del paziente o eventuali batteri. E se non si è in grado di stabilire in che percentuale il virus è presente all’interno del campione, significa che il virus non solo non è stato quantificato ma neanche identificato. Quindi coprifuoco nazionale (quasi a ridestare nell’immaginario collettivo etimi e situazioni medievali), lockdown localizzati, chiusura di bar e ristoranti, privazione parziale di movimento e totale di assemblea, SULLA BASE DI COSA? Della più totale, dichiarata e certificata ignoranza. In un’intervista rilasciata a SKY News il 23 settembre 2020, il Ministro degli Esteri inglese, Dominic Raab afferma che soltanto il 7% dei test riesce ad identificare il virus.
La stessa cosa l’aveva già detta il primo Ministro Boris Johnson alla BBC il 4 settembre 2020. Oggi, dopo che Papa Francesco il 27 marzo, nella deserta piazza di santa Marta, invocando la fine della pandemia, ha celebrato la definitiva “morte di Dio”, non solo la religione ufficiale di Stato si sottomette al virus ma il virus stesso assurge a nuova intoccabile divinità e come ogni cosa divina che si rispetti non se ne può conoscere il volto.
La Foresteria d'estate |
Ha conquistato le “Due Forchette” dalla prestigiosa Guida Michelin 2021, anticamera per arrivare alla Stella.
Questo ristorante posizionato all’interno del Resort di Menfi è considerato, da molti critici gastronomici, una vera e propria “Officina del Gusto”.
<< Le erbe aromatiche che crescono nel “giardino degli aromi” de La Foresteria, hanno un ruolo primario, fanno parte della cultura e della tradizione della famiglia. Segreti di un’arte culinaria che le generazioni custodiscono e tramandano con orgoglio e passione >>. Così Francesca Planeta, responsabile dell’ospitalità Azienda Planeta, che ha aggiunto << Il resort è un luogo in cui si respira allo stesso tempo storia e cultura, mare e collina, nell’atmosfera di un’elegante dimora di campagna >>
La pandemia non ci ferma.
La riflessione di Francesca Planeta: << In questo anno non abbiamo mai smesso di credere nel nostro lavoro e abbiamo trovato entusiasmo anche in giornate grigie di fronte alla totale incertezza di cosa fare. Hanno prevalso idee, creatività, competenza, passione, condivisione>>
La Foresteria |
La famiglia Planeta, è risaputo, che non perde occasione di cercare modi nuovi per continuare ad essere ambasciatori dell’eccellenza siciliana. Non solo nel modo del vino e dell’olio ma anche nell’ospitalità, nella ristorazione, arte e responsabilità sociale continuando ad investire nei singoli progetti.
La Foresteria ne è un esempio. Genuina essenza e raffinatezza dove il terzo elemento, l’accoglienza, trasmette il grande rispetto, unito alla indiscussa passione dei proprietari per il territorio e le sue tradizioni.
La conquista delle “due forchette”, oltre a quanto detto, si deve anche al pregevole lavoro dello chef Angelo Pumilia.
Coniglio alla stimpirata (foto tripadvisor per Planeta) |
Prima di approdare a Melfi , Angelo ha ampliato le proprie conoscenze culinarie in India, Cina, Israele, Texas, Norvegia, Svizzera, Irlanda, Francia e Spagna.
A La Foresteria porta avanti una cucina siciliana contemporanea dalle radici ben salde, giocata tra un racconto attento della tradizione e una spinta ad esplorare e innovare.
Essere di fronte ad uno spazio gastronomico interpretato fra le trame della tradizione familiare Planeta.
Ecco il segreto di questo chef; attingere a questa eredità e alla grande ricchezza del patrimonio enogastronomico siciliano, per proporre una carta e due percorsi di degustazione, con una rigorosa selezione delle migliori materie prime tra i produttori d’eccellenza dell’Isola.
Francesca Planeta Direttore del Resort |
Suggerimenti a pranzo:
I TARTARI IN SICILIA: tartare di manzo modicano , scalogno marinato, matarocco, tuorlo d’uovo, tapenade, dressing alle acciughe;
CRUDO DAL MARE DI SICILIA: carpaccio di pesce con salsa al mandarino e colatura di alici di Sciacca;
Lo chef Angelo Pumilia |
SPAGHETTO AL KAMARINO: salsa tradizionale di pomodorino kamarino, ricotta salata e basilico;
CANNOLO: con la ricotta di pecora del Belice, scorza di arancia candita e pistacchio.
Suggerimenti a cena:
UOVO DEL CAVALIERE: uovo poché con purè di patate all’olio extravergine di oliva Planeta, verdure di stagione, capperi e carciofi;
RAVIOLI DI RICOTTA E MENTA: una ricca sfoglia ripiena di delicata ricotta di pecora di Menfi, menta del giardino, salsa di pomodoro Kamarino;
CONIGLIO ALLA STIMPIRATA: coniglio siciliano in tegame con verdure miste, olive e capperi in agrodolce;
Il giardino degli aromi |
CASSATA SICILIANA: un grande classico della pasticceria isolana a base di ricotta di pecora di Menfi e mandorle di Avola.
Buon appetito!
Urano Cupisti
Le società industriali, alla cui base si osserva una razionalizzazione dei processi produttivi, hanno sempre comportato una qualche forma di controllo delle dinamiche sociali attraverso un inquadramento sempre più complesso e sofisticato delle masse, grazie alle innovazioni frutto del progresso tecnologico e scientifico; di conseguenza, poiché le masse sono insiemi di individui, tale razionalizzazione ha implicato, nell’ultimo secolo e mezzo, almeno due grandi metamorfosi antropologiche sottese ad altrettanti modelli sociali: la società (di massa) dei consumi e la società di massa digitale
Se si cercano i meriti del progresso scientifico e tecnologico in relazione alla qualità della vita degli esseri umani, ci si accorge che, in fondo, la tecnica e la scienza hanno liberato l’uomo dai ritmi della natura, ma per intrappolarlo negli ingranaggi della produzione. Il produttivismo, leva del profitto e della crescita economica, è stato infatti imposto su scala mondiale come dogma a partire dalla seconda rivoluzione industriale, culmine del trionfo della borghesia che aveva spodestato nobiltà e clero; strumentalizzando sapientemente il malcontento popolare nei confronti dell’ancien régime. In altri termini, se con la Rivoluzione francese la borghesia abbatté il vecchio sistema dei privilegi feudali, facendo prevalere l’istanza di libertà intesa come libera iniziativa imprenditoriale dell’individuo, contro la rivendicazione di uguaglianza come libertà dalla miseria, nella seconda metà del XIX secolo, la nuova classe dominante si servì del mito del progresso per giustificare ideologicamente le diseguaglianze e l’ingiustizia sociali, presentandole come conseguenza necessaria del nuovo ordine meritocratico: oppressi e sfruttati sono tali in quanto non meritevoli di successo e di benessere. Con le stesse argomentazioni, le potenze coloniali, che si dipingevano come investite di presunte missioni civilizzatrici e liberatrici, giustificavano lo sfruttamento sistematico delle popolazioni colonizzate e dei loro territori. Similmente, in tempi assai più vicini, le potenze mondiali e regionali hanno giustificato le guerre umanitarie in nome del diritto, quando non del dovere, di esportare democrazia e libertà. In altri termini, la sorte un tempo toccata al barbaro come categoria etnica, tra la fine del XIX secolo e la prima metà del XX sembrava riservata anche al proletario, e in generale alle categorie sociali che maggiormente pagavano il prezzo del progresso. Quest’ultimo, infatti, ha significato sin dal principio il benessere di pochi pagato con la miseria dei molti, costituendo il principale strumento di dominio delle potenze coloniali sulle popolazioni colonizzate e sui loro territori, e delle classi dominanti sulle classi dominate.
Nel contesto della società di massa, che si affermò nei paesi a economia capitalista tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX, il salto di qualità ci fu quando, a partire dagli anni ‘50 del secolo scorso, la televisione rese più sottile e sofisticata, quindi meno esposta a critiche e contestazioni, l’egemonia delle classi dominanti all’interno del sistema di alleanze statunitense. Già il feticismo delle merci insito nel capitalismo, di cui scriveva Karl Marx e che era divenuto un fenomeno di massa alla fine del XIX secolo, rendeva essenziale il potere di orientare i bisogni dei consumatori, affinché questi alimentassero continuamente gli ingranaggi della produzione e della vendita di beni e servizi. Particolare attenzione fu dedicata così ai beni superflui, non necessari ai fini della sopravvivenza materiale, ma fonte di prestigio in quanto significativi indici di uno status sociale elevato, e al tempo libero delle masse. In questi campi, infatti, l’orientamento dei consumatori passava attraverso i cosiddetti bisogni indotti (essendo i bisogni primari molto più difficili da plasmare, in quanto naturali), che da un lato assicuravano un certo controllo indiretto (il che significa più efficace) delle masse, mentre, dall’altro perpetuavano il sistema dell’economia di mercato, garantendo crescita ed espansione continue: come scriveva Victor Lebow negli anni ‘50 del ‘900, abbiamo bisogno che sempre più beni vengano consumati, distrutti e rimpiazzati ad un ritmo sempre maggiore. In piena guerra fredda, era importante poter opporre al sistema sovietico socialista, teoricamente orientato all’uguaglianza, un modello di società liberista, liberale e libertario: favorevole, dunque al mantenimento dei privilegi della borghesia produttiva e (sempre più) finanziaria, ma anche allo spirito di iniziativa del singolo individuo assetato di riscatto sociale e di successo. Il segreto era tutto nella libera iniziativa e nella concorrenza. Peccato, tuttavia, che queste caratteristiche fossero già state fiaccate dalla società di massa, tendente piuttosto all’omologazione forzata sotto la costante minaccia costante e implicita (quindi interiorizzata senza troppe resistenze) dell’emarginazione, ovvero dell’appartenenza alla categoria degli inetti.
Fino agli anni ‘90 del secolo scorso, i media di comunicazione di massa, televisione in primis, hanno diffuso un modello di uomo vincente che sembrava ricalcare, in sostanza, lo spirito imprenditoriale del capitalismo classico. Senonché, il nuovo vincente, quale lo dipingono tanto il sistema di valori della società di massa, quanto l’ideologia dell’edonismo consumista della fase successiva al secondo conflitto mondiale (confluita negli anni ‘80 nell’edonismo reaganiano), si configura più come un impiegato-consumatore che come un libero imprenditore, come osservò Horkheimer. È quella infatti la figura ideale della società di massa: un singolo incompleto (quindi non, propriamente, un individuo), senza una personalità ben definita, capace di assoggettarsi alla rigida disciplina produttiva, in fabbriche caratterizzate da una meccanizzazione sempre più pervasiva, ma anche all’inquadramento del suo tempo libero all’interno delle metropoli industriali, con beni e divertimenti pronti per l’uso, che non implicano creatività né personalizzazione. Un singolo isolato dal tessuto sociale dall’ossessione per la concorrenza, estesa dall’ambito economico a tutte le sfere dell’esistenza umana: dalla corsa all’ultimo ritrovato della moda o della tecnica, fino al bisogno di realizzare il proprio essere ostentando ciò che si possiede o il proprio potere d’acquisto. Un singolo, quindi, bramoso di far parte del consesso dei vincenti, degli uomini di successo, ma per questo sempre più dipendente da un sistema sociale, da cui dipende non solo la sua formazione professionale (non più sostenibile dagli anziani di famiglia, a causa delle continue e rapide trasformazioni legate alle innovazioni tecnico-scientifiche), ma anche la conferma dell’integrità della sua identità. Infatti, se l’identità dell’uomo europeo tra la fine dell’800 e il primo conflitto mondiale si ispirava per lo più alle ideologie del tempo, tra le quali trovavano spazio anche il socialismo e l’anarchismo, la borghesia, di concerto con le aristocrazie illuminate, promosse quelle funzionali all’economia di mercato: il nazionalismo con derive razziste (come base per l’imperialismo coloniale) e la meritocrazia liberista (come base per il dominio economico e politico sulle altre componenti della società).
Alla religione si sostituiva quindi il culto del progresso tecnologico-scientifico, mentre si facevano trionfare, sulle rivendicazioni universaliste di uguaglianza, le spinte nazionaliste e razziste, che ebbero la loro espressione più esplicita e diretta nei regimi nazifascisti del XX secolo. Contestualmente, il conformismo induceva le classi dominate a desiderare di diventare come i loro oppressori, considerando la propria condizione di oppressi come segno di demerito, incapacità o mancanza di volontà. In tale quadro, il sistema di istruzione e di formazione e i mezzi di comunicazione di massa, in particolare la televisione, come osservava P.P. Pasolini, sono al contempo centro di irradiazione e strumenti di diffusione dell’armamentario di valori del potere delle classi dominanti, fino ad essere essi stessi manifestazioni di questo potere. Lo sfruttamento della manodopera operaia, infatti, non era più sufficiente: in tempo di guerra fredda era necessaria l’omologazione totale del singolo, ai fini del suo sfruttamento come consumatore. Un processo che coinvolge tanto la vita professionale quanto la sfera privata, e che conduce, pertanto, a quella che Horkheimer chiama perdita di interiorità. In altri termini, quello che Pasolini chiamava il nuovo fascismo della società dei consumi, ha messo in atto un’omologazione repressiva che ha sottilmente trasformato le coscienze dei singoli, annientando qualsiasi possibile forma di pluralismo culturale e di pensiero. Infatti, mentre la sottomissione attuata per mezzo della minaccia di violenza fisica, di cui sono esempio i totalitarismi novecenteschi e i loro grotteschi epigoni, ha indotto un’adesione eminentemente formale, le strategie di assoggettamento tipiche prima degli Stati liberali, poi delle democrazie neo-liberali, si sono rivelate finora le più efficaci in quanto inducono i singoli a sottomettersi liberamente al pensiero unico dominante, accecati dall’illusione del successo materiale. Così, alle battaglie condotte dai grandi movimenti di contestazione negli anni ‘60 e ‘70 del ‘900, il potere ha risposto rendendo invisibile la propria autorità. Inizialmente ciò è stato reso possibile dalla televisione, che ha imposto modelli solo apparentemente anti-autoritari, ma conformi nella sostanza all’ideologia edonista e consumista che alimentava l’economia di mercato. In seguito, con la diffusione sempre maggiore di Internet negli usi civili, e soprattutto con il passaggio dal Web 1.0 al Web 2.0, questo compito è stato affidato alla Rete. Un nuovo sistema di comunicazione di massa, che si è subito rivelato più attraente della televisione, perché ha prodotto, e ancora produce, l’illusione di poter essere non solo fruitore ma anche autore di contenuti.
In tal modo, ai modelli statici elaborati e diffusi dalla televisione sono subentrati quelli all’apparenza più dinamici e “creati dal basso” della Rete. Anche in questo caso, un’innovazione che inizialmente aveva il duplice volto di mezzo di dibattito, di scambio di idee, di accesso universale alla conoscenza, e di strumento di controllo orwelliano, è stato orientato dal potere (che non ha cessato di esistere, divenendo solo più lontano e inaccessibile, un po’ come la divinità delle religioni monoteistiche rispetto ai molteplici dei delle religioni politeiste) nella direzione dello spionaggio e della repressione. Di conseguenza, mentre la televisione mirava all’adesione delle coscienze, la Rete punta direttamente all’autocoscienza, una dimensione psichica che per lo più tende a sfuggire alla consapevolezza. Ad esempio, il proliferare delle fonti di informazione e le difficoltà sempre maggiori di verificarne l’attendibilità, come la moltiplicazione indefinita dei modelli dettati da chi attraverso le reti sociali orienta mode e tendenze (dall’orientamento politico al costume) non fa che radicare sempre più profondamente nel tessuto sociale la nuova figura simbolo della società di massa digitale: non più l’impiegato, caratteristico della società di massa, ma il rider. Un lavoratore precario, sempre disponibile e disposto alla fluidità degli orari e delle mansioni, sempre pronto a reinventarsi per ruoli che lo impegneranno, forse, al massimo per qualche mese, per poi tuffarsi di nuovo nell’affannosa ricerca di nuovi impieghi. Continuamente soggetto all’obsolescenza programmata, come i dispositivi con cui interagisce nella vita professionale e nella sfera privata. La società di massa digitale, dunque, ha operato una nuova trasformazione antropologica, rendendo il singolo sempre più dipendente dalla società, come dimostra l’importanza crescente acquisita dalle recensioni e dalle classifiche degli utenti, investiti del potere di discernere tra buoni e cattivi lavoratori. Peraltro, per produrre tali recensioni del tutto soggettive ed effimere non bisogna essere né esperti, né qualificati: basta aver fruito di un servizio. La stessa formazione professionale tende ad essere estemporanea e non più responsabilità delle istituzioni, perché è affidata alle imprese, quando non alla capacità di industriarsi dei singoli lavoratori. Inoltre, la rapidità dei cambiamenti sull’onda della velocità del progresso tecnico-scientifico rende superfluo lo stesso concetto di esperienza, personale o collettiva, anzi, l’esperienza rischia di essere un disvalore perché associata alla specializzazione in un determinato tipo di mansione, che pure era stata uno dei cardini del fordismo e del taylorismo.
Ebbene, se la società di massa, figlia della seconda rivoluzione industriale, aveva favorito la progressiva assimilazione dell’uomo alla macchina, la società di massa digitale, figlia della terza rivoluzione industriale, sta spingendo l’essere umano verso livelli sempre maggiori di automatizzazione e spersonalizzazione, trasformando persino la percezione della corporeità. Un esempio di tale metamorfosi è l’introduzione nel linguaggio delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) del concetto di avatar: parola derivata dal sanscrito avatara, che in varie mitologie indù indica le manifestazioni fisiche, concrete, della divinità con lo scopo di ripristinare l’ordine cosmico. Di contro, un avatar nel linguaggio informatico è la proiezione digitale non del proprio sé autentico, ma di come il proprio sé dovrebbe essere percepito dagli altri. Un’identità proiettiva, che dunque non ha nulla di fisico né di concreto, ma che ha la funzione di stabilire un ordine socio-culturale fondato sulla spersonalizzazione e sulla perdita del rapporto autentico non solo con la propria coscienza, ma anche con la propria corporeità. Se gli incubi principali dell’uomo intrappolato nelle metropoli industriali, che costituivano la manifestazione concreta della società di massa, erano l’inettitudine e l’emarginazione, le ossessioni dell’uomo prigioniero della Rete sono legate piuttosto alla scoperta della divergenza tra il proprio sé autentico (o di quanto ne rimane) e l’immagine che egli vorrebbe che gli altri avessero di lui. Oltre le trappole pirandelliane, il dogmatismo fluido della società di massa digitale, sublimando l’identità personale nella realtà virtuale, mira all’annientamento definitivo dell’autocoscienza.
Bernini tornò nelle “grazie “ del papa perché protetto dalla “Pimpaccia”?..... Si tratta di anacronismo storico, quindi leggenda popolare... più che altro una "pasquinata" ...
Bernini non godeva della "protezione" dell'avida Donna Olimpia, (la “Pimpaccia “ come la chiamavano le “pasquinate” )......ma per imbonirsela, l’astuto scultore le regalò il bozzetto in argento della fontana.........
....Correva l'anno Santo 1650 e l'occasione fu ghiotta per la senza scrupoli Donna Olimpia, che non si fece sfuggire occasioni in tutto quel fermento, tra truffe ai pellegrini e raggiri a corte.... non si fece mancare proprio nulla !!....
Con nomina di direttrice dei lavori giubilari, promosse il nuovo assetto architettonico della nuova monumentale "Platea": piazza Navona che, oltre ad officiare la grandezza del suo casato, avrebbe simboleggiato, rappresentandolo nella sua magnificenza, l'intero spirito plateale del Barocco. Il progetto fu affidato per il palazzo come per la chiesa ai Rainaldi, quest'ultima conclusa poi nella facciata da Borromini, impegnato a sua volta alla progettazione della Galleria, poi affrescata da il Berrettini: Pietro da Cortona .
Il Bernini, fuori dai giochi,ma ansioso di riconquistare il suo ruolo di prestigio nella corte pontificia, dalla quale era stato allontanato per i faziosi motivi politici che lo avevano visto vicino al precedente papa, per aggiudicarsi la prestigiosa commissione almeno della costruzione della Fontana , ne fece pervenire un bozzetto in argento alto un metro e mezzo alla terribile confidente di Innocenzo X, che indirizzò solo allora la scelta del potente cognato sullo scaltro ma geniale scultore..... ......fu così che Bernini rientrò in scena ...
OSSERVAZIONE ............
....c'è qualcosa di diverso da ciò che accade al giorno d'oggi?.... Risposta...Si ...non esistono più i geni come Bernini! .............. ......
La divinità scende fino alle cose minime per la comunicazione di se stessa (Giordano Bruno, 1548-1600). Ermete Trismegisto, il primo grande iniziatore in Egitto alla dottrina esoterica. Dai greci considerato tre volte grande: re, legislatore e sacerdote. Scrisse 42 libri. Resterà centro e vetta di iniziazione egiziana. Per Ermete Trismegisto il piccolo è come il grande: nulla è piccolo e nulla è grande agli occhi di Dio. Solo colui che è libero può liberare. Colui che comanda se stesso può comandare gli altri. Non fate soltanto il bene ma siate buoni e il movente non sia nei frutti ma nell’azione.“Se impariamo ad amare gli animali, saremo molto più vicini a Dio” (Madre Teresa). “Vuoi essere simile alla natura degli dei? Sii misericordioso con gli animali e ti avvicinerai ad essi.
La dolce misericordia è il vero sogno della nobiltà”. (Shakespeare). E’ più importante impedire a una bestia di soffrire che restare seduti a contemplare i mali dell’universo pregando in compagnia dei sacerdoti. (Gautama Buddha) “Per vedere faccia a faccia l’universale e onnipresente Spirito della Verità si deve essere in grado di amare il più infimo degli esseri creati come se stessi. E un uomo che aspira a ciò non può permettersi di estraniarsi da nessun campo delle attività umane. E’ per questo che la mia devozione alla Verità mi ha condotto alla politica; e posso dire, senza esitazione, anche se con assoluta umiltà, che coloro che affermano che la religione non ha nulla a che fare con la politica non sanno che cosa significa religione. L’identificazione con ogni essere vivente è impossibile senza auto-purificazione; senza auto-purificazione l’osservanza della legge dell’haimsa rimane un vuoto sogno; Dio non potrà mai essere realizzato da chi non ha un cuore puro. Auto-purificazione deve significare purificazione in tutti i campi della vita. E poiché la purificazione è fortemente contagiosa, la purificazione di un individuo porta necessariamente alla purificazione di coloro che lo circondano” (Gandhi).
DENTRO LO SPAZIO DEL MIO CUORE
Dentro il riquadro del mio piccolo giardino ho incontrato minuti esseri tra l’erba e leggere fragranze di petali novelli.
Dentro lo spazio di un chilometro ho incontrato specchi lacustri, radure e maestosi alberi svettanti. Dentro lo spazio di cento chilometri ho incontrato città geometriche e agglomerati sconnessi sulle sponde ondulate dei declivi.
Dentro lo spazio di mille chilometri ho incontrato deserti, banchise,speroni possenti ed immense voragini oceaniche. Dentro lo spazio di un milione di chilometri ho incontrato pianeti dalle orbite fluttuanti,meteore vorticose e comete incandescenti alla deriva.
Dentro lo spazio di un miliardo di anni luce ho incontrato arcobaleni siderali, tenui nebulose ed universi pulsanti dalla spinta primigenia del Big-Bang.
Ma dentro lo spazio di pochi centimetri del mio cuore lì ho incontrato Dio. (flm)
Beh!, in verità non erano poi così tanto in competizione ... anche perché..... ... SCULTORE magnifico.... elegante e salottiero, cavaliere a suo agio in società, autoreferenzialista fino al narcisismo: Bernini, che rivelava, attraverso virtuosi e tortuosi panneggi passionali e sapienti maliziosità espressive, l'intero spirito plateale controriformista...............
Misantropo ed introverso, aspro ed esasperato ARCHITETTO innovativo Borromini, che genialmente tramandava proprio in virtù delle commesse meno ricche, la necessità di plasmare la materia come cera, muovendo facciate ed interni, in concavità , convessità ed infiniti stucchi infarciti di sentimenti mistici fusi ad esoterismo , .... per arricchirli in mancanza dei policromi marmi a disposizione dell'altro..... .. .. ..ma entrambi fini conoscitori dell'illusione anamorfica declinata nella nuova sintassi che dava al classico quel che di "broken ", (rottura con il passato) che in maniera dispregiativa si chiamerà "barocco"...
La vera competitività la impostarono i tre papi che si succedettero Urbano VIII (Barberini)Innocenzo X (Pamphili) Alessandro VII (Ghigi) ...furono le loro "simpatie" alterne che agevolando e privilegiando prima l'uno poi l'altro poi entrambi, a far nascere la leggenda della discordia fra i due .. . Non avrebbe mai potuto Borromini che amava lavorare da solo, al massimo con un mastro che gli preparava i fondi , gestire l'industria che da eccellente imprenditore, aveva allestito Bernini, vantando l'intero parco
Simona Perazzini (video) |
disponibile dei contemporanei scultori, nessuno escluso...
Lo scontroso asociale Borromini corse in aiuto più volte dell'accattivante Bernini, che si rifiutava in onestà di operare da architetto, ad esempio quando fu costretto da ricattuccio papale alla realizzazione del Baldacchino di San Pietro.... senza i disegni delle colonne tortili e dei calcoli statici del Borromini, (notizia questa che Bernini si guardò bene dal pubblicizzare egocentrico come era , quindi rimasta sconosciuta, fin quando non sono stati rinvenuti gli originali disegni progettuali di mano del cantonese ) ..... poco infatti avrebbe potuto la pur fertile mente del Bernini di fronte all'oscuro dimensionamento statico .... che comunque, nella sua brillante intelligenza, ben presto imparò ed impeccabilmente mise in pratica, nella straordinaria fontana commissionata dallo stesso papa Pamphilj che lo aveva messo al bando, in quanto nemico del precedente Barberini ed ovviamente dei suoi protetti.
Opera con la quale sfidò l'ingegneria facendo sgorgare l'obelisco, rinvenuto dallo stesso papa in quattro pezzi nella villa di Massenzio, da un vuoto in bilico della sottostante scogliera .... ....
Bernini......Borromini non si possono non si DEVONO confrontare ....si devono amare......e poi il terzo incomodo il Berrettini :Pietro da Cortona .....queste le tre B del Barocco romano ....come i tre papi che commissionarono.........
Ricordatelo così... ricordatelo sempre......................................opere grandiose non hanno mai una sola mano..... . .....l'architettura è sempre espressione dei potenti e non è mai innocente !! ..
Avete presente quella finestra "serliana" che decora l'ospedale San Giacomo degli Incurabili in Augusta (queste l'esatta denominazione) sito in via del Corso?
Ve ne racconto la storia in pillole ....
Fondato nel 1339 dal cardinale Pietro Colonna per riscattare lo zio Giacomo Colonna, scomunicato da Bonifacio Vili (schiaffo di Anagni)
- Metà del 1400, (pontificato di Nicolò V) passò alla Confraternita di S. Maria del Popolo che realizzò un primo riassetto.
- Inizio 1500 durante il pontificato di Leone X, la Confraternita assunse il nome di San Giacomo e grazie all’apporto di numerosi finanziamenti fu ampliato ed elevato al rango di Arcispedale, anche per la cura nel nuovo morbo gallico ( sifilide).
- 1579 Antonio Maria Salviati, nominato Cardinale da papa Gregorio XIII, ( alla cui casata era passato in alterne vicende) iniziò l'opera di rifondazione dell'Ospedale, finanziandola personalmente , ricostruendo il fabbricato dalle fondamenta , realizzando fin da allora, una struttura di eccellenza .
Il Cardinale donò infine il bene alla città di Roma con vincolo inflessibile ad un utilizzo ospedaliero,venendo meno il quale sarebbe tornato in asse ereditario.
- 1834 Papa Gregorio XVI (dopo la soppressione napoleonica della Confraternita di Santa Maria del Popolo),stabilì nell'ospedale le Suore Ospedaliere della Misericordia , affidandone successivamente l'amministrazione ai religiosi dell'Ordine ospedaliero di San Giovanni di Dio ("Fatebenefratelli"), dando impulso ad una fase di grande ristrutturazione che fu completata sotto Pio IX nell863.
-1896 su Regio decreto entrò a far parte del “Pio Istituto Santo Spirito ed Ospedali Riuniti”
-1978 passò all’Istituzione del “Servizio Sanitario Nazionale
-2008 l'Ospedale venne chiuso e l’edificio fu alienato dalla Reqione Lazio.
La giunta regionale di Marrazzo deliberò la chiusura dell'Ospedale , dopo un restauro costato 30 milioni di euro,per subito dopo decretarne la vendita come struttura alberghiera, giustificandol l'operazione come risanamento del deficit regionale. .
Lo stato attuale vede il bene in progressivo sempre più grave stato di degrado , dovuto soprattutto ad un evidentemente premeditato scempio esercitato dopo la chiusura dell'edificio che ha visto operare vandalismi di ogni tipo,, dalle finestre lasciate deliberatamente spalancate per consentire l'accumularsi di guano da uccelli, alla asportazione di ogni nuova attrezzatura apposta neN'avvenuto restauro .Tutto ciò a fronte di una leggina che recita che se un immobile dovesse rimanere in disuso pe un anno può cambiare destinazione d'uso.
Ma tale lampante quanto iignobile speculazione, non aveva fatto i conti con l'irremovibile vincolo apposto dal lungimirante ed accorto Cardinale!
Da anni perciò la discendente deN'illuminato filantropo , Oliva Salviati, al centro dell'accesa contesa , vede rivendicare il vincolo posto dall'antenato nell'atto di donazione.
Ne scongiurò la vendita ora sta tentando in tutti i modi di farlo riaprire., ma noi aiutiamola tutti.
il patrimonio che rappresenta ...lo dimostra la storia .... lo dimostra stato attuale di emergenza ed è di tutti noi!!!!....................................
Alte si scorgono in Autunno-Inverno alle nostre latitudini, nel cielo serale, le costellazioni di Perseo, Cassiopea, Cefeo, Andromeda e Pegaso che costituiscono - insieme a quella più discosta della Balena - uno dei miti greci più compiutamente rappresentato sulla volta celeste.
Riguardo in particolare al primo degli asterismi citati, Perseo figlio di Zeus fu l'uccisore dell’unica mortale delle tre temibili Gorgoni, cioè di Medusa capace di pietrificare con la forza dello sguardo i suoi avversari; mostro vinto grazie all’uso di particolari oggetti forniti all’eroe da divinità a lui favorevoli. Per rappresentare in cielo l'orribile testa recisa (serpenti al posto dei capelli, zanne enormi…) o proprio un suo occhio infuocato - la scelta cadde su Beta Persei, stella bianca di discreta brillantezza descritta in passato, però, pure di colore rosso.
In ambito ebraico si vedeva in tale astro la "testa di Satana" oppure Lilith, il biblico demone femminile (Isaia, 34, 14) impegnato a sedurre gli uomini col suo fascino peccaminoso; ancora oggi è conosciuto col nome di Algol – dall’epiteto arabo “Hamil Ra's al-Ghul”, appunto “il portatore della testa del Mostro” - che dimostra la particolare attenzione dimostrata in proposito anche da questa cultura.
Beta Persei - visti i nomi che le sono stati attribuiti - veniva evidentemente considerata in modo non positivo, probabilmente a causa d’una sua caratteristica che soltanto più tardi – però - venne correttamente interpretata dal punto di vista astronomico: si tratta infatti d’una stella variabile, la prima binaria a eclisse a essere scoperta; cioè una ‘doppia’ (facente parte d’un sistema più complesso) i cui componenti - eclissandosi a vicenda - determinano variazioni della luminosità complessiva.
Se Geminiano Montanari riconobbe ufficialmente a Bologna nel 1667 la variabilità dell’astro - inquietante problema che si scontrava con la tradizionale concezione dell’immutabilità del firmamento - solo nel 1783 John Goodricke (dilettante morto nel 1786) riuscì in Inghilterra a determinarne il periodo relativo, calcolato attualmente in 2 giorni, 20 ore, 48 minuti e 56 secondi.
Un suggestivo “occhiolino' astronomico di facile osservazione a occhio nudo, dunque, con la luminosità della stella che passa infatti dalla magnitudine 2.1 alla 3.4, con un piccolo minimo secondario a metà ciclo tra due minimi principali.
Ecco come è cambiata la politica pro vaccini nel nostro Paese dopo che a Washington il 29 settembre 2014 - al “Global Health Security Agenda”- (GHSA) fu scelta l’Italia come cavia per guidare le strategie e le campagne vaccinali nel mondo per i successivi cinque anni. A ricevere il prestigioso incarico alla Casa Bianca da un Summit di 40 Paesi, alla presenza anche del Pres. USA Barak Obama, l’allora Ministro della Salute, Lorenzin, accompagnata dal Presidente dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) Prof. Sergio Pecorelli. GHSA è lo sforzo internazionale destinato a sostenere l’attuazione del regolamento sanitario dell’Oms. La vaccinovigilanza ha un ruolo cruciale nel sistema sanitario: supporta i medici nel capire come correggere il tiro ed è fondamentale per la popolazione per individuare la risposta dell’organismo ai vaccini. Però se da una parte è gestita direttamente dagli organismi governativi che attivano indagini e controlli sui prodotti somministrati e sui pazienti trattati, dall’altra si alimenta “dal basso”, ossia dall’apporto informativo di medici, ospedali e cittadini grazie alla denuncia di quelle che, in gergo tecnico, sono dette “sospette reazioni avverse all’immunizzazione”. Le centrali di raccolta di queste denunce, in Italia, sono le Asl sparse sul territorio.
Chi maneggia le segnalazioni sui vaccini?
Entrare nel mondo dei controlli sui vaccini è come avventurarsi in un sistema di sicurezza medievale – con sentinelle, bastioni , livelli di guardia più alti e il fortino centrale da cui muoversi in caso di problemi (anche solo presunti!) nella barriera di difesa.
Ebbene un rapporto dell’OER, l’Osservatorio Puglia, a seguito di un esperimento di vaccinovigilanza attiva, stravolge il paradigma del protocollo vaccinale in uso rivelando i limiti e le falle nel sistema della vaccinovigilanza. Le conclusioni sono drammatiche – le reazioni avverse “gravi” rilevate dalla vaccinovigilanza attiva sono di 40 su 1000 dosi, ossia il 4% – contro le 0,12 su 1000 dosi della sorveglianza passiva. La vaccinovigilanza attiva è un sistema di monitoraggio più efficace di quella comunemente utilizzata – cioè quella passiva- perché prevede di seguire attivamente il bambino per alcune settimane dopo la vaccinazione per registrarne tutti i cambiamenti nello stato di salute. Non è un sistema adottato comunemente se non nella regione Veneto. Intendendo per “grave”, morte, lunga ospedalizzazione, invalidità permanente, pericolo di vita, anomalie congenite o altri eventi particolarmente importanti in base alla definizione che ne da AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco).
18 dicembre 2017 - Beatrice Lorenzin firma il Protocollo di Intesa con la Federazione Nazionale della Stampa italiana FNSI - Ministero grazie al quale “ci vacciniamo contro le fake news” – riferisce il Ministro- con l’obiettivo di promuovere nei giornalisti conoscenze in ambito sanitario provenienti da fonte istituzionale autorevole e indipendente al fine di fornire un’informazione “corretta e scientificamente validata”. Ci sarebbe da chiedersi cosa sia da ritenere scientificamente validato.
Curioso l’inciso che garantisce la segretezza delle attività oggetto dell’accordo. Praticamente notizie sugli effetti negativi dei vaccini non usciranno più sui giornali. Non tralasciando tutta quella letteratura medica che sconsiglia ai soggetti immunodepressi di venire a contatto con altri che hanno effettuato un vaccino recente (nell’arco di almeno sei mesi dal vaccino), 7 febbraio 2018, sempre sotto il Ministro Lorenzin, a conferma della criticità della pratica vaccinale, viene depositata la relazione parlamentare redatta dalla Commissione Parlamentare d’Inchiesta sui casi di morte per grave malattia che hanno colpito il personale militare italiano e che ha riguardato anche la somministrazione di vaccini. Da questa relazione si apprende che molte malattie autoimmuni sono da considerare effetti indesiderati dei vaccini, che le reazioni avverse non acute sono notevolmente sottostimate e che le case farmaceutiche chiedono delle opportune precauzioni all’impiego dei vaccini. Sono 81 gli elementi per cui è prevista una valutazione di sensibilità o allergia, le reazioni avverse e le controindicazioni sono ben 240 . Il limite massimo di vaccini non deve superare il numero di cinque in un’unica soluzione. Si conferma inoltre una stretta correlazione tra patologie neoplastiche e linfoproliferative e altre patologie autoimmuni in concomitanza alla somministrazione di vaccini. Si fa anche riferimento, sulla base dei dati consegnati il 14 gennaio 2018, al contenuto di questi vaccini, analisi molto gravi che la commissione ha trasmesso all’Istituto Superiore di Sanità affinchè li esaminasse. Approfondimenti che ad oggi ancora non sono stati eseguiti. Quanto al nesso di causa fra vaccino e danno esso viene negato nei rapporti AIFA in maniera emblematica. “Nesso di causa non correlabile” è perlopiù il verdetto finale dei casi esaminati.. Eppure i 4671 casi di morbillo del 2011 (epidemia si potrebbe dire!) non hanno destato alcun timore, tant’è che l’anno seguente viene approvato il Piano nazionale vaccini per il triennio 2012/2014 dove si prevede di superare l’obbligo vaccinale e passare alla raccomandazione. Addirittura si era ipotizzato di passare alla raccomandazione per tutti i vaccini fino ad allora obbligatori (all’epoca solo quattro).
Nel 2017 i casi stimati di morbillo sono 2700, età mediana 27 anni. Eppure viene approvata la legge che prevede l’espulsione dall’asilo dei bambini che non hanno seguito la prassi vaccinale. Come mai i 4671 casi del 2011 non hanno destato alcuna preoccupazione e i 2700 del 2017 impongono l’obbligo vaccinale pena l’esclusione sociale? Perché nel frattempo, come si legge dal sito di AIFA, nel già menzionato 29 settembre 2014, l’Italia è stata insignita del titolo di capofila per le strategie vaccinali. il Presidente di AIFA, Pecorelli, così ha commentato: Un importante riconoscimento scientifico e culturale internazionale per il nostro Paese. Il programma della durata di cinque anni prevede la diffusione del protocollo di vaccinazione in ambito nazionale. Il vaccino per il morbillo che deve assicurare una copertura di almeno il 90% nei bambini dei 15 mesi di età, sarà preso come parametro per valutare l’operato dell’Italia nell’ambito della vaccinazione
Il 13 aprile 2016 sul Sole 24 ore esce un articolo a firma Roberto Turno, Glaxo, leader mondiale nel settore vaccini, scommette 1 miliardo sull’Italia. Ecco cosa ha generato la campagna dell’allora Ministro Lorenzin mirata a diffondere panico sul morbillo, mentendo anche sui dati. A questo punto entra in gioco GAVI (Alleanza Globale per le Vaccinazioni), uno degli esempi più noti di partenariato globale fra pubblico e privato, che ha lo scopo di migliorare l’acceso all’immunizzazione per i Paesi in via di sviluppo, nei confronti del quale, come afferma di recente il ministro Speranza, l’Italia ha preso importanti impegni. La forma giuridica di GAVI è una Fondazione privata di diritto svizzero, non costituita in base a un trattato internazionale, quindi è un soggetto privato. GAVI nasce nel 2000 da un’idea della Fondazione Bill & Melinda Gates che offrì 750 milioni di dollari. GAVI è composto da 28 seggi, alcuni sono permanenti, altri a rotazione. Riunisce governi di Paesi in via di sviluppo e Paesi donatori, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), il Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia (Unicef), la Banca Mondiale, l’Industria dei vaccini, la Fondazione Bill & Melinda Gates e altri filantropi privati. GAVI si sostiene tramite finanziamenti diretti e meccanismi innovativi, in buona sostanza, titoli obbligazionari che consentono liquidità. La fondazione Gates è il più grande finanziatore dell’Oms fino a condizionarne le politiche. Indetto nel 2010 da parte della Fondazione Gates il decennio dei vaccini. GAVI e Fondazione Gates, insieme, i due più grandi sovvenzionatori dell’Oms. Un sistema, quello perseguito dalla politica Gates sulla salute, con interventi in senso verticale, ossia contro alcune malattie (quindi attraverso i vaccini) anzicchè in senso orizzontale tramite il rafforzamento del sistema sanitario. Ancora il 78% delle risorse di GAVI è destinato ai vaccini e solo il 10 al sistema sanitario. Questa la politica che ha confermato a Bill Gates il primato di uomo più ricco del mondo e che sta facendo scontare la pena della mancata democrazia a livello sanitario mondiale. L’Italia sostiene GAVI dal 2006, finanziando i suoi principali strumenti. Nel quadriennio 2016/20 annuncia il sensazionale contributo di 120 milioni di dollari. Parliamo di una novità rispetto al passato e parliamo sempre del Governo Renzi.
Dal 2018 in Italia gli Ordini dei medici e le Federazioni nazionali diventano organi sussidiari dello Stato e viene indetto per il medico l’obbligo di attenersi alla ragion di stato. Un medico che sconsiglia un vaccino commette un illecito disciplinare con il rischio di radiazione. La dichiarata adesione dell’Italia a GAVI congiuntamente alla spietata campagna vaccinale sarebbe sufficiente ad istruire un’interrogazione parlamentare urgente che chiarisca quali sono questi accordi internazionali a cui l’Italia ha aderito. Dopo che la federazione medici impedisce il libero esercizio della professione medica nel riconoscimento del nesso causale tra vaccinazione e danno, il cittadino esposto al rischio rimane non tutelato giuridicamente in nome di interessi privati. Nel frattempo parte la campagna mediatica per la vaccinazione che non esclude neanche i metodi più aggressivi, vedi Burioni! Che il Potere protegga se stesso in qualche modo ci sta e per fare questo ha dovuto sottostimare all’inverosimile la maggior parte delle statistiche sulle reazioni avverse.
Frammenti che orbitano qua e là, individuati, carpiti; li commento e condivido con voi.
La Riflessione!
Vino e cibo durante la pandemia. Incubo lockdown a Natale, mancate vendite di vini e spumanti per non so quanti miliardi, ristoranti che chiudono a raffica, le industrie dolciarie con i magazzini stracarichi di prodotti invenduti e costrette a bloccare le produzioni. In questo contesto si cerca di “programmare la ripresa” quando questo virus lo permetterà. Al momento “rimandiamo” di mese in mese le manifestazioni, gli eventi, pubblichiamo le classifiche dei migliori vini mondiali, dei migliori ristoranti da visitare appena possibile. Poi registriamo notizie divertenti e interessanti, come il “vino novello inglese” e le preparazioni esclusive che fanno viaggiare con il palato come il “fuà” e il caviale albino.
Frammento n. 1
Incubo lockdown a Natale
Comunque vada, qualsiasi decisioni vengano prese nei prossimi giorni, ci dobbiamo rassegnare a festeggiamenti “più intimi”. Ne risentiranno notevolmente i consumi. In particolare per la gastronomia ricercata e “i brindisi augurali”. È la parola “prudenza”, tante volte riecheggiata in questi giorni come consiglio, che influirà negativamente sui consumi. Il settore del vino e degli spumanti sarà il più colpito visto che verranno meno i pranzi e cenoni con più persone, la mancanza degli ordini dei ristoranti ed hotel e i veglioni di fine anno. Senza considerare il mancato turismo invernale interno ed estero. Forse registreremo una tenuta del mercato per i vini di fascia medio-bassa (prezzo) a danno di quella medio-alta che ha sempre trovato un mercato privilegiato durante le festività natalizie e di fine anno.
Frammento n. 2
Le Anteprime slittano tutte!
Arrivano in questi giorni le comunicazioni ufficiali degli “slittamenti” in tarda primavera 2021 delle “Anteprime annuali dei Vini” solitamente programmate dalla fine di gennaio alla fine di febbraio. Anteprima Amarone, Anteprime Toscane (ben 6), Anteprima Sagrantino. C’è chi si consola, come la volpe che, guardando l’uva irraggiungibile, disse: <<tanto sei acerba>>. “Non tutto il male vien per nuocere, i mesi primaverili sono il periodo ideale, non solo per degustare vini più pronti, ma anche per far vivere e visitare gli splendidi territori del vino”. Le nuove date? Si partirà il 14 maggio per terminare il 24 maggio.
Frammento n. 3
Anche gli inglesi adesso producono il “Vino Novello”!
Che gli inglesi producessero vino è risaputo. Fin dai tempi di Roma Imperiale. Sotto il Vallo Adriano le legioni producevano vino. Oggi l’english wine è una realtà che si consolida sempre più in particolare gli sparkling (spumanti) realtà che sta raggiungendo i gradini alti dell’eccellenza. I dati reali 2019 sulla consistenza delle filiera vitivinicola d’oltre manica raccontano che: “gli ettari di vigne sono 3.500 contando ben 770 vignaioli”. Accanto alla produzione di rossi, bianchi, rosé e spumanti non poteva mancare il “Vino Novello”. Per adesso è Simon Day ad averlo prodotto nel suo vigneto a Ledbury, nei pressi del confine con il Galles, da uve Pinot Nero.
Solo una piccola produzione, 2.500 bottiglie, tutta prenotata dalla grande distribuzione Waitrose, che lo ha posto in vendita all’equivalente di circa € 13,00, superiore al prezzo del più famoso Beaujolais Nouveau.
Frammento n. 4
Arrivano le “classifiche” dei vini
Lockdown o non Lokdown le classifiche annuali dei migliori vini a livello mondiale arrivano puntuali ad informare (per chi ci crede), a pilotare gli acquisti (per chi non ci crede). Continuano così i gossip, le invidie, i malumori. Una cosa è certa: sono attese, anzi attesissime e i vari estensori diventano “eroi internazionali”. È il circo vinomediatico che dobbiamo accettare. Al “grido” di tutto fa spettacolo ecco alcune “chicche”: Secondo James Suckling è Chacra Pinot Noir Patagonia Treinta Y Dos 2018 il miglio vino 2020. L’italiano Livio Sassetti Brunello di Montalcino 2016 al terzo posto! Restiamo in attesa della selezione di Robert Parker. Intanto sappiamo che 12 etichette italiane sono nella lista dei 100 migliori vini “discoveries”. Tre siciliani, tre toscani, tre piemontesi, due campani e uno dell’Alto Adige. La saga continua.
Frammento n. 5
Fuà, il foie gras d’autore.
Torchon di fegato d’anatra al naturale (marinato con marsala e una particolare composizione di spezie), Foie Gras con fragoline in mostarda e pepe rosa e Foie Gras con mandarino candito e pepe Timut sono le novità della linea Fiori di Spezie firmata dallo chef Fabio Barbaglini. La complessità aromatica è il filo conduttore dell’intera linea di foie gras e il suo packaging ne rispecchia la cura del dettaglio. Tutto quanto che porta la firma di Fabio Barbaglini fa notizia. Chef tristellato (Guida Michelin), massimi punteggi secondo la Guida dell’Espresso, ambasciatore della cucina italiana nel mondo (naturale concezione del gusto) nel 2017 approda a Firenze dove il progetto Fuà si sta ampliando nella vendita di prodotti di alto livello. Chapeau! (fonte Ufficio Stampa PS Comunicazione).
Frammento n. 6
La novità per il Natale 2020: Caviale Albino.
La location di allevamento: Parco lombardo della Valle del Ticino. Dopo una lunga attesa durata otto anni, la Ars Italica del gruppo Calvisius, ha prodotto il caviale 24K, ottenuto dallo storione “sterleto nella varietà albina”. Storione di piccola taglia, originario dell’Europa dell’Est e della Siberia, si adatta benissimo alle acque dei nostri fiumi settentrionali. Estremamente prezioso con un grano leggero e soave. Sapore leggiadro con sfumature salmastre che svaniscono lentamente sostituite da una dolcezza finale originata da nuances fruttate .Nell’antichità lo storione albino veniva riservato solamente agli Zar. Riporto i contatti per chi volesse ordinarlo.
www.arsitalica.it e This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it. (fote Paolo Pojano Ufficio Stampa&Comunicazione)
Osservo, scruto, assaggio e…penso. (urano cupisti)
Stiamo vivendo uno dei peggiori momenti della nostra storia e ci stiamo rendendo conto quanto l’essere umano sia estremamente fragile di fronte al male sia a livello fisico, psicologico, economico. Il Covid ce lo ha ampiamente dimostrato.
Quando sono arrivate le prime notizie a febbraio di questa pandemia, eravamo tutti estremamente impauriti; non sapevamo cosa fare, come difenderci e quanto sarebbe durato il tutto. I politici e il governo dopo essersi sputati addosso rabbiosi, ogni tipo di decisione, mai completamente accettata da tutti, hanno concluso con alcune norme e restrizioni. Per ogni spostamento era necessaria un’autocertificazione. Tutti con la mascherina, a volte i guanti e con in tasca il disinfettante spesso irreperibile inizialmente nei negozi.
Tantissime le vittime, situazioni portate all’esasperazione; difficoltà a seppellire i morti, medici infettati, infermieri stanchi e provati, volontari in prima linea. File interminabili davanti ai centri commerciali, mascherine aderenti ai volti, fiati corti, paura dello sconosciuto virus.
Alle finestre appuntamenti per cantare unanimi la voglia di farcela, canzoni stonate e lacrime agli occhi. Amici e parenti perduti, genitori morti soffocati in case di cura mai più rivisti. Le giornate di fronte al tg in attesa di notizie migliori mentre invece si parlava solo di numeri e vittime, di dati assurdi, e sofferenza data dall’impotenza di fronte a qualcosa di sconosciuto. Un Presidente che ogni volta riportava dati e scelte da fare, scienziati mai sicuri di niente perché di qualcosa di troppo grande, troppo diverso, troppo sconvolgente stava mietendo vittime mentre noi eravamo e siamo privi di armi per difenderci.
Ma quale è il male maggiore adesso? Cosa è che ci provoca malessere oltre che alle restrizioni, agli allontanamenti da amici e parenti, oltre alla propria libertà e al malcontento economico?
E’ lo scoprirsi deboli di fronte al male, impotenti contro chi non sai come combattere e soli… soli senza realmente qualcuno che possa darci certezze. Non almeno nell’immediatezza. E noi? Siamo migliorati noi? L’essere umano è l’animale meno coerente al mondo; è colui che basa il proprio comportamento a secondo del momento. Se ha paura si sente parte del branco, se si sente forte, diventa dominatore, se accusato addirittura vendicatore. Questa maledetta pandemia è l’unica a essere coerente con se stessa. Uccide chiunque e mina la libertà di tutti. Come ne usciremo da questo virus che ci ha minati fisicamente della libertà e della sicurezza? Soli, poveri, rabbiosi e forse ancora più egoisti se possibile. L’umano difende solo il proprio gregge, degli altri spesso vige il menefreghismo.
Questa maledetta pandemia è l’unica a essere coerente con se stessa. Uccide chiunque e mina la libertà di tutti.
L’egoismo è sempre stata la peste della società e quanto è stato maggiore, tanto peggiore è stata la condizione della società (Giacomo Leopardi)
E’ un dato di fatto che nei vari tg e su numerosi quotidiani pare tutto congelato nella notizia Covid.
Sono scomparse le notizie sulle violenze alle donne che ora più che mai vengono consumate all’interno delle mura domestiche, pare non ci siano altre malattie oltre che l’infezione al Coronavirus; non vengono menzionate le guerre nei luoghi dimenticati dai più, non si fa cenno dei bambini che ogni giorno muoiono per un miliardo di altre infezioni oltre che di fame.
Vi è dolore in tutto il mondo; piaghe continue, orrori, sofferenze. Siamo viaggiatori di un tempo difficile che schiaccia senza pietà e senza guardare in faccia nessuno. Il nostro dolore è forse “pilotato”? Sono le notizie dei giornali e dei media in genere a definire il nostro stato d’animo?
Se da domani alla televisione o nei vari quotidiani si andasse a smorzare le notizie sul Covid, se ne parlassero ogni tanto adducendo solamente i cambiamenti e le novità, vivremmo meglio almeno a livello psicologico? Il terrore psicologico non è modo di fare stampa; la gente ha bisogno di essere informata ma non tediata, ha bisogno di capire ma solo quando si hanno le facoltà di sapere spiegare. L’allarmismo causa confusione, depressione, e crea anche mostri e stupidità come l’esercito dei negazionisti.
Siamo uomini e donne in balìa a una tempesta emozionale e fisica difficile da gestire. Guardiamo dentro di noi e cerchiamo di uscirne forti nonostante le gravi e irrecuperabili perdite di chi ci ha lasciati più soli. Non sarà facile, sarà una salita irta e faticosa, non facciamo che ci manchi il fiato!
musica e vino (foto bibenda.it) |
Faccio parte, orgogliosamente fino ad esserne presuntuoso, di quella corrente di pensiero che partendo dal Verbo “il vino è materia liquida viva”, si arriva alla definizione “ sintesi dei profumi di tutto ciò che ci circonda, perché ha nella sua natura più profonda le tracce della terra, dei fiori, dei frutti, delle spezie, del mare, della montagna, del vento, della luce e di tante altre cose che nobilmente rappresenta” (Luigi Moio da “Il respiro del Vino”, Mondadori editore).
A sua volta la musica, che cos’è? Un linguaggio umano universale.
L’idea che la musica sia un “linguaggio universale” ha radici antiche e attraversa in maniera più o meno esplicita l’intera storia del pensiero occidentale. Dall'alba dei tempi la musica ha fatto parte dell'essere umano. Essa ci serve per emozionarci, stare insieme.
Il vino, che accompagna anch’esso la storia dell’uomo, è presente nella musica. Mozart lo ricorda come celebrazione, momento di gioia, condivisione, adatto a suscitare colpi di scena. Basti ricordare la celebre frase del Don Giovanni, il dramma giocoso composto nel 1787: “Viva le femmine, viva il buon vino, sostegno e gloria d’umanità”. Vino inteso come esaltazione della vita e delle passioni.
Ma il rapporto tra musica e vino va oltre, nella genesi stessa del nettare degli dei.
cantina Renzo Marinai (foto aziendale) |
Le fermentazioni, i momenti della nascita, della crescita, della maturità. È proprio nella maturità del vino che la musica incide sul suo definitivo carattere.
Come la musica interagisce con il vino?
Così come la micro-ossigenazione, la tecnica in cui piccole quantità di ossigeno vengono somministrate al vino in modo lento e continuo attraverso le pareti delle barriques o delle botti innescando al tempo stesso reazioni che portano al miglioramento
Bach sesto concerto brandeburghese |
organolettico, anche alcune melodie ben specifiche con le proprie vibrazioni, riescono ad entrare in contatto con la massa viva, attraverso i pori dei contenitori, aiutandola ad esaltare la sua struttura aromatica conducendola ad uno stato fisico-chimico ottimale prima dell’imbottigliamento e la sua successiva evoluzione.
Vera e propria Fede.
I Templi in Italia dove “si professa” questa religione, riti che coinvolgono l'essere umano nell'esperienza di ciò che viene considerato Verbo, si moltiplicano. Ne riporto tre tra i più conosciuti e visitati.
Cantina Alois Lageder a Magrè sulla Strada del Vino in Alto Adige dove un suono melodioso pervade i locali in cui riposano le barriques. È il Sesto Concerto Brandeburghese di Johann Sebastian Bach che inonda di suoni la cantina stessa, con la proiezione sulle pareti delle immagini ingrandite di alcuni lieviti presenti nel processo di fermentazione.
Cantina La Regola a Riparbella (Pi) dove un suono “trascendentale” contribuisce a rendere l’atmosfera unica. «Questa musica non è causale: emana vibrazioni che contribuiscono al riposo armonico del vino nelle botti». (Flavio Nuti, co-proprietario dell’azienda)
Cantina Renzo Marinai a Panzano nel Chianti (Si) dove “in cantina diffondiamo dolcemente musica di Mozart in sottofondo traendo da essa l’ispirazione che diventa tensione creativa in accordi, in note, in armonia ed è Musica”. (Renzo Marinai).
Doveroso riportare la voce degli scettici, di coloro credenti nell'unica realtà che può veramente essere detta: l’esistenza della materia e tutto ciò che deriva dalla sua continua trasformazione.
“Mi fa sorridere pensare che la musica interagisca con il vino e le vibrazioni possano influire sulle fermentazioni e micro-ossigenazioni”.
“Sono solo trovate pubblicitarie, puro marketing”.
Mozart sinfonia n. 4 |
“Ci piace parlare del vino come emozione, sensazione, evocazione... ma forse qui si esagera un po'”.
“ serve per impressionare maggiormente i turisti americani e giapponesi”.
“Basta con queste buffonate, dobbiamo fare il vino punto e basta”.
Preferisco rimanere un sognatore, ascoltare il “suono” del vino durante la fermentazione alcoolica e la successiva conversione batterica (conosciuta come malolattica), il gorgheggio della carbonica e il ticchettio del metronomo immaginato all’interno delle botti.
E la musica fantastica che esce dalla bottiglia quando dolcemente il nettare di bacco “scivola” nel bevante?
Una cascata di piacere che varia a seconda della densità o del corpo di un vino.
Voce tenorile (pinot nero), baritonale (Syrah) fino ad arrivare a quella di un basso (il cabernet sauvignon). Senza dimenticare il cool jazz (Jazz freddo), quello ritmato dalle spazzole sui tamburi di una batteria, che si percepisce dal perlage di uno champagne. Solo immaginazione?
Il filosofo Schopenauer ebbe a dire:<< “L’Architettura è Musica solida. Noi oggi, per altro verso, riteniamo che il Vino sia Musica Liquida”. Ne ha ragione da vendere il filosofo tedesco!
Due importanti uomini del vino viennesi, Thomas Koeberl e Markus Bachmann, hanno dimostrato che Mozart non fa bene solo all’anima ma anche al vino. A seguito dei loro studi hanno brevettato col nome di “Sonor Wines”, la loro scoperta musical-enologica.
cantina La Regola (foto Giorgio Dracopulos) |
La Sinfonia n. 41, per esempio, porterebbe un beneficio eccezionale durante la fermentazione. La loro certezza: <<Il sapore del vino cambia, diventa più buono e raffinato>>. Ed io ci credo.
cantina Alois Lageder (foto aziendale) |
<<Ecco perché con Mozart e Bach il vino migliora>>. Parole di Peppe Vessicchio il conosciutissimo musicista, direttore d’orchestra, che recentemente ha abbandonato i palcoscenici ritirandosi nei suoi vigneti, nelle sue cantine a far ascoltare la musica alle sue viti prima e ai suoi vini dopo.
<<Alcune frequenze sono in grado di intervenire sui composti del vino. Le onde sonore lo influenzano sia sul piano organolettico sia su quello dei suoi legami chimici. Del resto “tutta la materia è frequenza”. Credo che le note di una polifonia siano come elementi chimici con specifiche valenze e quando i legami sono giustamente rispettati ne viene fuori un composto, una medicina che interagisce con le nostre cellule, con gli atomi da cui siamo costituiti, influenzando le loro funzioni».
Ecco la chimica musicale di Peppe Vessicchio: Il suono, le viti, Bach e Mozart. La mia vita in ascolto dell’armonia naturale.
“Vini solisti e vini orchestrali”
In mio aiuto, ancora una volta, Luigi Moio, professore ordinario di Enologia all’Università degli Studi di Napoli Federico II. Nel suo ultimo libro “Il respiro del Vino”, parla di Orchestra Olfattiva e immagina musicisti che suonano strumenti musicali odorosi (un fiore, un frutto) in modo da produrre “Suoni Odorosi” mentre un solista guida la melodia olfattiva.
Musica e Vino, indimenticabile piacere.
Urano Cupisti
Se, nella fase pre-moderna le campagne elettorali erano condotte quasi esclusivamente dai partiti politici attraverso la stampa di partiti e la partecipazione di volontari, nella fase post-moderna si assiste ad un radicale e continuo mutamento della comunicazione. Si assiste ad una sorta di rivoluzione copernicana dello stile comunicativo. Come nella rivoluzione copernicana il sole viene posto al centro del sistema solare, così nella politica il candidato diventa il fulcro delle attività di propaganda politica. Questo processo è stato avviato ed accelerato dall’uso sempre più insistente dei mass media. I partiti hanno iniziato ad assumere un ruolo marginale in favore del leader che si presenta, in televisione e sui social media, come rappresentante di valori ed ideali piuttosto che di programmi politici. Questi ultimi sembrano assumere un ruolo di secondo piano, ciò che spinge gli elettori a votare un candidato è dettato dalla reazione emotiva suscitata dallo stesso che dal programma.
Per realizzare una comunicazione efficace il candidato si avvale dunque della figura dello spin doctor (consulente politico), che guida ed indirizza le azioni del candidato per attuare una strategia comunicativa.
Un tipo di strategia politica di successo, tanto per il candidato quanto per le imprese e le aziende, è quella definita “storytelling”.
Lo storytelling è un racconto narrativo costruito sulla base di ideali e valori che si vogliono trasmettere agli elettori ed ai consumatori. La strategia risulta essere efficace sia sul piano politico che aziendale. Il partito, come l’azienda, fa capo al leader la cui reputazione e credibilità creano ripercussioni sul soggetto di riferimento.
Il 71% dei consumatori dichiara di aver acquistato beni e servizi dell’azienda che più riflette i valori in cui credono. La credibilità è dunque un concetto strettamente collegato a quello di reputazione che deve essere costantemente gestito al fine di migliorare la propria carriera ed evitare di comprometterla e la politica è diventata anch’essa, attraverso i mezzi di comunicazione, soggetta alle regole di marketing, tanto da poter parlare di “marketing politico”.
La strategia di storytelling risulta essere efficace se proveniente da un’unica voce, se dunque a parlare è il candidato a nome del partito e non l’intera istituzione politica. Si è assistito dunque al processo di personalizzazione della politica che ha portato a proporre il politico come brand.
Il candidato, per massimizzare le possibilità di successo, deve seguire le logiche e le regole di mercato, posizionandosi in maniera strategica nello scenario politico attraverso un processo di analisi dell’elettorato allo scopo di individuare gusti e preferenze degli elettori.
Si assiste così ad una segmentazione dell’elettorato per realizzarne i contenuti politici, confezionati appositamente per essere rivolti ad una determinata fascia di persone. Creare contenuti senza tenere conto delle richieste dell’elettorato risulta essere svantaggioso nella conquista e/o mantenimento del successo.
Le campagne elettorali, un tempo definite in un arco temporale antecedente alle elezioni, hanno anch’esse risentito dell’attività mediatica. Essere presenti quotidianamente sui social comporta essere in uno stato di “campagna elettorale permanente”.
I contenuti devono essere dunque studiati in modo da attrarre un maggior numero di interazioni. I volontari, attivi nelle campagne elettorali pre-moderne, adesso sono attivisti sui social come Facebook e Twitter.
Le condivisioni, i commenti, le “impressions” permettono al post, creato dal candidato, di raggiungere un vasto numero di elettori in pochi secondi. La politica dei click non deve essere sottovalutata, anzi, deve essere sfruttata.
I social media hanno modificato la comunicazione, rendendo immediata la divulgazione di notizie, di momenti di vita quotidiana che permettono di instaurare una relazione emotiva sempre più efficace.
La sua funzionalità deriva dal continuo perfezionamento delle piattaforme e dagli strumenti messi a disposizione dalle pagine Facebook, dagli insights su Instagram, dal numero di visualizzazioni su Twitter.
Tutti i social media permettono una visione sempre più dettagliata di dati, riuscendo ad identificare in maniera sempre più minuziosa il target di utenti.
L’avvento del 5G porterà ad un ulteriore perfezionamento tecnologico tanto da identificare con precisione cosa il consumatore vuole ed addirittura prevedere cosa potrebbe volere in futuro. Alle stesse regole di mercato sarà e potrà essere soggetta la politica.
Seguire strategie di marketing a livello politico significa anche saper sfruttare quello che il mercato offre e quello che prospetta maggior profitto.
I politici dovrebbero saper fare appello agli influencer o a coloro che detengono migliaia e migliaia di follower sui social.
Come le aziende contattano gli influencer per promuovere un prodotto che, nel giro di poche ore diventa sold out, anche i politici potrebbero sfruttare la visibilità di questi per avere una maggiore risonanza mediatica ed un allargamento consenso elettorale.
Negli Stati Uniti alcuni candidati, in occasioni delle presidenziali, hanno fatto loro appello, riscuotendo molto successo ed aumentando in maniera esponenziale il loro seguito.
La politica è tanto più efficace quanto più è al passo con i tempi.