L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni. |
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Il collega Cosimo Benini, firma prestigiosa della testata Romadailynews e associato alla Free Lance International Press, ha subìto nei giorni scorsi un lutto che grida vendetta al cospetto di Ippocrate. E che mostra quanta incapacità, quanta insufficienza, quanto menefreghismo imperino nella sanità del Lazio (anche se nel resto d’Italia non va per niente meglio). Lascio la parola a Cosimo che ha scritto il seguente appello al responsabile della sanità del Lazio, il presidente Nicola Zingaretti.
Domande che non avranno risposte.
Signor Presidente Zingaretti,
lo scorso 24 giugno, dopo circa sessanta giorni di agonia, mia madre, Anna Luisa De Molfetta, è deceduta apparentemente per le complicanze di una piaga da decubito di quarto grado, nella zona del sacro, così grande e profonda da poterci infilare dentro una mano e farcela sparire fino al polso.
Le racconterò come si è giunti a questo, ma voglio subito dirle che piaghe come queste possono avere una speranza di progresso e miglioramento soltanto con il ricorso a medicazioni avanzate (come la terapia del vuoto o VAC) ed alla chirurgia plastica ricostruttiva.
Nel suo ultimo tratto di vita, mia madre, pur ricoverata al S. Eugenio, ospedale che notoriamente dispone di un reparto di eccellenza specializzato in grandi ustionati (e quindi in ferite difficili), non ha beneficiato di nessuna di queste possibilità.
Posso affermare con certezza che le cure si sono limitate a molto tradizionali “zaffature” ed a disinfezione topica con garze iodoformiche e niente altro. So che c’è stata una consulenza del chirurgo plastico e basta.
Nessun chirurgo ha parlato con me, familiare di riferimento, ed anche le informazioni telefoniche dei medici nel periodo fra il 1° ed il 12 giugno, nel quale mia madre è stata ricoverata nel reparto di Medicina d’Urgenza dello stesso ospedale, sono state molto frammentarie.
Nel momento della crisi finale, non si è parlato di un posto in terapia intensiva. Niente.
Ma il S.Eugenio ha gestito la fase terminale di un problema che è nato molto prima, in un precedente ricovero: il 16 aprile scorso, mia madre – che avrebbe compiuto 80 anni il prossimo 24 settembre – viene ricoverata come “sospetto COVID” all’Umberto I.
Presenta difficoltà respiratorie e febbre ed i segni “acustici” di un versamento pleurico: scatta l’isolamento preventivo, ma nel corso di svariati tamponi ed un esame del secreto bronchiale non verrà mai trovato (neanche al S. Eugenio nel corso del secondo ricovero) alcun segno di contaminazione da Covid 19.
Durante il periodo di isolamento all’Umberto I – che dura dal 26 aprile al 5 maggio – non ho modo né di vederla, né di assisterla: ho solo alcuni contatti telefonici con i medici del reparto di Medicina d’Urgenza che mi informano della avvenuta risoluzione della polmonite, ma anche del fatto che “abbiamo trovato per terra sua madre e non sappiamo come abbia fatto a superare le spondine del letto, ma non si preoccupi: abbiamo fatto una TAC e non ci sono fratture”.
Tuttavia, quando il 5 maggio posso finalmente rivederla nel reparto “aperto” della III clinica medica – nutrizione medica (che non capisco cosa abbia a che fare con gli esiti di una malattia respiratoria) mi vien riferito della presenza di una “fistola” sul sacro da studiare.
Non la tedio oltre: nelle successive tre settimane, la “fistola” diventa una “lesione da decubito di IV grado, sottominata, con tessuto di colliquazione delle dimensioni di 15x18x7 cm con sospetta osteomielite”.
La ferita è colonizzata, data la posizione, da batteri fecali.
Mia madre verrà dimessa il 29/5, e potrà accedere al domicilio, il CAD del distretto, soltanto il primo giugno, perché le dimissioni del 29 maggio vengono rinviate di ora in ora.
Le traduco in termini non clinici la descrizione – che è tratta dal verbale del CAD del distretto 9 della ASL RM 2 che verrà redatto a domicilio in data 1/6/2020 – è una cavità talmente grande e profonda che si intravede la colonna vertebrale e l’infermiera privata chiamata per medicare mia madre nei giorni 29 e 30 maggio deve entrarci dentro con la mano fino al polso. E c’è quasi sicuramente un’infezione dell’osso con un grave rischio di sepsi complessiva (setticemia) e morte.
Mia madre muore, dopo un collasso per anemia, lo scorso 24 giugno alle dieci circa del mattino nel reparto di II medicina del S.Eugenio.
Direi che per la sua Sanità Regionale, si tratta di un fallimento grave che ha provocato la morte di una persona innocente.
Mi domando a quanti altri sventurati concittadini anziani stia toccando questa sorte in una Regione dove non esiste il caos Covid, come si è visto a Bergamo ad esempio, ma ospedali che escludono i parenti dalla loro essenziale funzione di supporto ai degenti e vigilanza sulle condizioni dell’assistenza.
Signor Presidente,
non mi aspetto che lei mi risponda.
Provi a sorprendermi.
Senza alcuna cordialità,
Cosimo Benini
Aggiungo mie considerazioni all’appello che Cosimo Benini rivolge a Zingaretti, massimo responsabile della sanità regionale. Zingaretti non sorprenderà Benini, lui non risponde a nessuno, tanto meno al popolo.
Il Covid – per molti sanitari, medici e infermieri, per tutte le autorità sanitarie italiane – è la scusa che si sono trovati in dono dalla pandemia. La scusa per venire meno al loro dovere.
Nella pandemia, lo riconoscono tutti, ci sono stati molti eroi, medici e infermieri che hanno fatto più del loro dovere, arrivando troppo spesso a morirne per colpa delle autorità sanitarie e politiche che non sono state capaci di provvedere a mettere a disposizione mascherine e medicinali. Ma ci sono stati, e ancora ci sono, medici e infermieri sfaticati, incapaci di fare il lavoro per il quale vengono pagati. E sono sempre al loro posto le autorità sanitarie e politiche responsabili di morti e malasanità.
Le piaghe da decubito sono facilmente curabili se l’assistenza di medici e infermieri interviene sùbito, anzi: prima che le piaghe emergano. Conosco bene il problema. Se si aspetta troppo tempo, se si considera che, tanto, il paziente è vecchio, quanto vuole campare ancora?, diventano letali.
Quanto all’assistenza dei familiari, esclusa dagli imbecilli che considerano loro dovere incarcerare i malati, io ho appena rifiutato di ricoverarmi al più bell’ospedale della capitale, per un piccolo intervento di ritocco della precedente operazione. Motivo: familiari, uno per volta, ammessi per un’ora al giorno.
Nel precedente ricovero, sono stati i miei familiari a salvarmi la vita intervenendo tempestivamente e perentoriamente su medici e infermieri che volevano rinviare all’indomani il mio trasferimento a terapia intensiva (vomitavo sangue, sindrome di Mallory Weiss). Poi hanno ammesso che se avessi dovuto aspettare anche solo una mezz’ora in più sarei morto.
A un mio amico, ricoverato in un ospedale della capitale per un intervento piuttosto delicato, attaccato a flebo e impossibilitato a muoversi dopo l’operazione, l’infermiera di turno si è rifiutata di dare un bicchiere d’acqua perché, ha detto la sciagurata, “non mi compete”. Non le compete dar da bere agli assetati? Ha dimenticato la raccomandazione del padreterno? Un bicchiere d’acqua, mezzo minuto di tempo per farlo! Il mio amico ha potuto finalmente bere un po’ d’acqua soltanto quando è stato frettolosamente dimesso, faticando a reggersi in piedi.
Certo, col covid, che a Roma s’è visto poco rispetto a Bergamo, medici e infermieri avevano – e non hanno più da settimane – un sacco di lavoro in più. Ebbene, che lavorino! E le autorità sanitarie e politiche annullino, e anche in fretta, il divieto idiota di essere assistiti anche dai familiari. Sono più umani, rispettano la legge suprema dell’umanità e il giuramento d’Ippocrate, gli ospedali sconquassati dell’Africa interna, dove il personale sanitario è scarso e i familiari provvedono a assistere, non solo a confortare, i malati.
Ma Roma non è l’Africa interna, per gli ospedali è peggio.
Arrigo d’Armiento
Oltre ad aver esacerbato ingiustizie sociali e attriti internazionali, la « crisi sanitaria » sembra aver impresso un’accelerazione significativa alla transizione digitale, facendo emergere essenzialmente due interrogativi circa il futuro delle collettività organizzate : il rapporto tra l’uomo e la macchina, schermi inclusi, e l’impatto sociale e ambientale dell’evoluzione di questa complessa relazione, soprattutto a partire dalla seconda rivoluzione industriale
I flagelli che, a intervalli più o meno lunghi, colpiscono le collettività organizzate, come l’ingiustizia sociale, la guerra e il dogmatismo totalitario, sono al contempo la conseguenza e il contesto di realizzazione delle scelte dell’uomo. O meglio, delle classi dominanti, che dell’uomo si ergono a unico portavoce legittimo, per imporre come legge universale il proprio interesse particolare. Ad esempio, la società di massa e le sue derive totalitarie del XX secolo, da una parte sono il risultato della dominazione della borghesia produttiva e produttivista, dall’altra sono il contesto in cui essa ha imposto come leggi universali le leggi del mercato, sacrificando il rispetto tanto dell’uomo quanto dell’ambiente. Da questo punto di vista, le spinte democratizzanti e le svolte autoritarie che si intersecano e si succedono all’interno dello stesso contesto sono integrate, in varia misura e con vari metodi, nel sistema sociale all’interno del quale si sviluppano. In tal modo, la struttura di questo sistema viene preservata, anche quando apparentemente si lascia spazio al cambiamento o, come si sente spesso dire, al progresso. Progresso e velocità si possono infatti considerare due nozioni chiave nei sistemi sociali che si sono costituiti dopo la seconda rivoluzione industriale e a partire da essa. Nondimeno, dal punto di vista dell’esistenza umana e degli ecosistemi, non sempre ciò che la scienza e la tecnica propongono come progresso rappresenta davvero un bene per l’uomo e per la natura. Inoltre, poiché la seconda rivoluzione industriale ha prodotto un’interdipendenza finanziaria sempre maggiore a livello mondiale, e sempre più stretta in ragione della crescita, tali mutamenti incidono spesso negativamente sulle relazioni internazionali, come è avvenuto (e come avviene tutt’ora) nel caso del petrolio, materia prima indispensabile per l’economia globale, e di altre materie prime strategiche, incluse le terre rare. Infatti, la presenza nel sottosuolo di un determinato territorio di una materia prima strategica ha comportato finora sfruttamento dissennato, colonizzazione, instabilità e conflitti. Ciò significa la distruzione degli ecosistemi, uomini inclusi.
Alle radici di questa scienza esatta persuasa allo sterminio, non c’è tanto il culto positivista della scienza e della tecnica, quanto, più propriamente, le idee di sfruttamento e dominazione che esso implicava, in base non a una consequenzialità logica, ma a un paralogisma politico. Quest’ultimo consisteva nell’asservimento (tragicamente attuale) del progresso scientifico-tecnologico agli interessi della borghesia dominante, quindi, in ultima istanza, ai dogmi del profitto e dell’espansione indefinita del mercato. In altri termini, quel dogmatismo che la borghesia, in quanto classe oppressa, aveva vigorosamente deplorato nell’ancien régime, su basi razionali e scientifiche, nella seconda metà del XIX secolo divenne uno strumento per inquadrare il progresso nell’ingranaggio del sistema capitalista di produzione, mercificazione e consumo. Similmente, quella stessa classe dirigente inquadrò la società di massa nei meccanismi alienanti della fabbrica e in organizzazioni che assicuravano il controllo radicale delle gerarchie sociali, fino a orientare i consumi dei singoli in base alle esigenze del mercato, come avvenne nel secolo scorso. Dietro l’individualismo sul quale si fonda l’ossessione del successo materiale personale, si cela in realtà la scomparsa dell’individuo in quanto tale e la sua rinascita come anello delle catene produttive e commerciali. Come scriveva José Ortega y Gasset nella Ribellione delle masse (1930),ormai non ci sono più protagonisti: c'è soltanto un coro.Il consumismo dilagante, quindi, altro non è se non uno dei risultati dell’attuazione di una strategia di controllo della società attraverso il controllo e l’orientamento dei consumi. Da questo punto di vista, il salto di qualità operato dalla società di massa digitale, con l’attenzione crescente rivolta dai principali attori del mercato ai big data, può spiegare una tendenza emersa in tutta la sua evidenza durante i mesi di chiusura delle attività produttive considerate non necessarie, come misura di prevenzione della diffusione dei contagi da Covid-19. Perdita di posti di lavoro, precarizzazione delle condizioni economico-sociali e conseguente aumento del disagio e del malcontento sociali : sono questi alcuni dei segnali della difficile gestione di collettività in via di impoverimento e sempre più esposte alle catastrofi naturali.
Tuttavia, dal punto di vista dell’uomo, la globalizzazione, la finanziarizzazione progressiva dei sistemi economici e la tendenza a ricorrere sempre più alla tecnologia e sempre meno alle potenzialità umane, tre aspetti fondamentali della società di massa digitale, sono sfociati in una nuova strategia di controllo da parte delle classi dominanti. Come sottolineava il filosofo Paul Virilio, l’accelerazione dell’informazione permessa dalla diffusione di Internet e delle reti sociali come mezzi di comunicazione di massa, ha generato il passaggio dalla standardizzazione delle opinioni alla sincronizzazione delle emozioni. Una trasformazione che consente un controllo più sottile, quindi più efficace, dei comportamenti individuali, poiché agisce sulla dimensione a-razionale dell’emotività. In tal modo, qualsiasi stato d’animo confezionato e fatto circolare sulla Rete può diventare virale, ossia propagarsi indefinitamente attraverso le sue maglie. In modo analogo al concetto di rete, la nascita e lo sviluppo del web sono stati caratterizzati da una spiccata dialettica iniziale tra due concezioni contrapposte, che corrispondevano a due diverse visioni della società. La prima è quella utopica, della Rete come strumento di comunicazione, di accesso gratuito e universale alla conoscenza e all’informazione, e di impegno civico (non politico, vale la pena di osservare). Idee che animano, ad esempio, l’organizzazione Wikileaks di Julian Assange. La seconda, invece, è quella realista (più realista del re), della Rete come mezzo di controllo capillare del tessuto sociale, in tutti i suoi aspetti, dalla vita professionale a quella privata, fino ad arrivare all’intimità, che negli ultimi decenni è stata sempre più teatralizzata, prima dalla televisione, poi anche dalle reti sociali. La vittoria, almeno finora, di quest’ultima, non è da attribuire alla tecnologia in sé, ma alla sua sottomissione ai principi e alle dinamiche del neoliberalismo. In primis, il predominio della proprietà privata sulla protezione della vita privata, quindi sulla dignità della persona. Un aspetto, questo, che verosimilmente si può considerare insito nel mercantilismo borghese ancor prima della seconda rivoluzione industriale, se è vero che il filosofo Jean-Jacques Rousseau, nel Discorso sull’origine e i fondamenti della diseguaglianza tra gli uomini (pubblicato nel 1755, prima, dunque, dell’affermazione della borghesia come classe dominante), individuava in quest’ultima, generata dalla nascita della proprietà privata in concomitanza con la nascita della società civile, la radice di ogni male della società.
In questo quadro si potrebbe dunque inscrivere la complessa evoluzione del rapporto tra l’uomo, la natura e la macchina negli ultimi due secoli, fino ai dibattiti più recenti sull’intelligenza artificiale e sull’eventualità di uno scontro futuro con l’intelligenza umana, sull’integrazione tra potenzialità umane e tecnologia (si pensi al cyberpunk o al pensiero transumanista), sull’introduzione sempre più massiccia nel lavoro di macchine dal crescente grado di sofisticazione, o ancora sul capitalismo della sorveglianza. Inoltre, la transizione digitale, che è al contempo tecnologica, energetica (dagli idrocarburi alle energie rinnovabili, ma anche alle terre rare) ed esistenziale (porzioni sempre più consistenti di esistenza vengono proiettate e trasferite dalla realtà fisica alla realtà virtuale), pone il problema della sua sostenibilità ecologica. In sintesi, promette di mantenere inalterate le dinamiche economiche e sociali soggiacenti al neoliberalismo globalizzato, ossia lo sfruttamento dell’uomo e dell’ambiente, in misura crescente e con metodi sempre meno controllabili da parte dei più. Il che significa che la digitalizzazione, che ha consentito una brutale accelerazione dei ritmi di vita degli individui (con conseguenze devastanti sul piano psicologico), al punto da sincronizzare le emozioni delle masse, produce la stessa scia di ingiustizia e diseguaglianza delle precedenti rivoluzioni industriali, in quanto è stata elaborata, ed è attualmente in corso di realizzazione, nel medesimo ingranaggio dell’economia di mercato.
Frammenti che orbitano qua e là, individuati, carpiti; li commento e condivido con voi.
La Riflessione!
Io speriamo che me la cavo!
Dal film del 1992 mai titolo così realistico. Sei frammenti a testimoniare la tragidità del momento in cui viviamo tra tentativi di salvare il salvabile, l’ottimismo sui dati dei consumi, l’appello dei Presidenti dei Consorzi “a fare presto”, alla ripartenza del mondo didattico. Sei frammenti che fotografano la situazione attuale all’inizio del nuovo percorso (incerto) post-pandemia (speriamo).
Frammento n. 1
IL Prosecco Doc congela la vendemmia 2020.
Prosecco Doc da non confondere con i due Docg (Conegliano-Valdobbiadene e Asolo). Non un vero “congelamento” con i depositi in freezer. Congelamento inteso come ritardata immissione del prodotto sul mercato. Al momento è prevista nel 2021. Provvedimento approvato dal Consorzio. Sarà vietato mettere in autoclave, cioè spumantizzare, il prodotto vendemmia 2020. Il tutto per dare la possibilità ai produttori di esaurire le scorte precedenti. Tanto per far capire di cosa stiamo parlando ecco qualche numero: Il Sistema Prosecco nel 2019 ha venduto ben 500 milioni di bottiglie per un giro di affari di 2,7 miliardi di Euro.
Frammento n. 2
Il Gallo Nero veste il tricolore.
Ristoratori alla ripartenza. Il Consorzio Chianti Classico (quello del Gallo Nero) ha voluto inviare un messaggio di solidarietà e di augurio ai ristoratori italiani al momento della riapertura. Questo il messaggio: “Viva l’Italia. Viva la nostra voglia di stare uniti, la capacità di saper offrire e condividere, il coraggio dell’impresa, la passione verso le nostre infinite materie prime e l’arte di saperle lavorare. Bentornati Ristoranti di tutta Italia”. Per amplificare questo messaggio di solidarietà il Gallo Nero, simbolo del Chianti Classico, si è immerso nel tricolore. Chapeau!
Frammento n. 3
I consumi del vino aumentato durante il lookdown.
Sembrerebbe un fake ma non lo è. A causa della quarantena passata ai domiciliari, la “frequenza” del consumo di vino sarebbe aumentata in modo marcato. Lo dice e lo pubblica l’Euawe, l’Associazione Europea di Economisti del Vino insieme all’Università di Bordeaux, grazie ad un sondaggio (come non credere ai sondaggi) realizzato in numerosi paesi europei, Italia compresa. La Francia al primo posto nei consumi di vino seguita da Spagna, Italia e Portogallo. Strano questo sondaggio; il risultato finale registrerebbe questa diseguaglianza: Vino per i ricchi e Birra per i poveri. Il costo dei prodotti come “volano d’indirizzo e scelte”. I supermercati hanno battuto di gran lunga la vendita on-line. Un dato significativo da questo sondaggio? L’aumento sarebbe causato “dall’esplosione del fenomeno delle degustazioni digitali guidate attraverso webinar”. A voi crederci.
Frammento n. 4
La richiesta di alcool per disinfettare, in forte aumento.
La Coldiretti:“L’allarme per l’eccessiva disinfezione trova conferma nell’aumento del 166% degli acquisti specifici dove l’alcool denaturato ne è il prodotto primario”. L’Istituto Superiore della Sanità invita all’acquisto come rimedio di tutti i mali. Poi, registrati gli assalti ai supermercati (con aumenti di prezzo ingiustificati), ecco l’invito a “non esagerare nelle disinfezioni”. Al grido “Bisogna consumare italiano” la stessa Coldiretti ha elaborato un piano, su base volontaria (per i vignaioli), per la distillazione di almeno 3 milioni di ettolitri di vini generici (tipo tavernello) da trasformare in alcool disinfettante per usi familiari e contrastare l’invasione di prodotti “cinesi”.
Frammento n. 5
Giovanni Busi |
La Toscana in “vendita”
Un fenomeno che, purtroppo, abbiamo cominciato a registrare dall’inizio del nuovo millennio con punte preoccupanti in concomitanza con le “crisi” di liquidità. Adesso come non mai. Giovanni Busi, Presidente del Consorzio Vino Chianti, ha lanciato l’allarme:”se continua così fra pochi mesi il 40% della Toscana viticola passerà di mano perdendo la sua autenticità”. E giù accuse al Governo reo di averli lasciati soli. Che la Toscana sia nelle mire della malavita organizzata lo si sapeva da tempo. Adesso, tanto per rimanere in tema, il “terreno è ancora più fertile”. Il Tempo è finito. Busi è categorico.
Frammento n. 6
Comité Champagne: Corso online gratuito in italiano.
Il rilancio della didattica post-covid. Champagne Mooc, questo il nome del progetto. Un Corso accessibile 24 ore su 24 e sette giorni su sette. Diversità e degustazione, l’elaborazione dello champagne, il terroir champenois, storia ed economia dello champagne. Dicono al Comité: “Che tu sia un professionista o un semplice appassionato hai tanti motivi per iscriverti a questo nuovo progetto: occasione perampliare le conoscenze e avere una panoramica completa su questo straordinario vino”. Verrà rilasciato un attestato di frequenza. Per saperne di più https://www.champagne.fr/it/comite-champagne/bureau/bureau/italia In alternativa mandare una mail a: This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it.. Tel 02 4351 1671
Osservo, scruto, assaggio e…penso. (urano cupisti)
SULLA RECENTE INTERVISTA DI AHMADINEJAD A UN CANALE TELEVISIVO AMERICANO (il canale statunitense in lingua persiana "US Iran Tv" - 15 giugno 2020)
Ahmadinejad ha affermato che i governi dell'Iran e degli Stati Uniti dovrebbero riconoscersi reciprocamente, che gli Stati Uniti dovrebbero rispettare l'indipendenza dell'Iran e che l'Iran dovrebbe smettere di demonizzare gli Stati Uniti, e che i due governi devono sedersi e parlare in un'atmosfera di giustizia e rispetto.
Sono rimasto profondamente rattristato dalle posizioni di Ahmadinejad. Ahmadinejad non vede che gli Stati Uniti non rispettano nemmeno i diritti della propria gente? Non vede che gli Stati Uniti non rispettano neanche l'accordo che loro stessi hanno preparato e firmato? Ahmadinejad non sa che la politica mondiale non è un luogo per dibattiti sentimentali ed eleganti come il "dialogo delle civiltà" (ideato a suo tempo dall'ex Presidente Khatami, ndt)? Non sa che finché gli Stati Uniti traggono beneficio dalle centinaia di miliardi di dollari della vendita delle armi ai corrotti Sauditi, Emirati e Qatar, e che fintanto che con le loro ottocento basi militari premono il loro ginocchio sul collo del mondo, e con le decine di basi militari nella regione e la loro presenza occupante in Iraq, in Afghanistan e nel Golfo Persico premono il loro ginocchio sul collo della nostra regione, e finché con le sanzioni premono il loro ginocchio sul collo del nostro popolo, non si può avere un dialogo rispettoso e alla pari? Non sa che il dialogo con condizioni inique equivale ad arrendersi?Ahmadinejad! Una volta eri un simbolo di resistenza contro gli Stati Uniti. Da quando ti sei unito a molti riformisti e hai riconsiderato le posizioni anti- imperialiste?No, signor Ahmadinejad! Gli Stati Uniti comprendono solo il linguaggio della forza e della potenza, e non abbiamo altra scelta che diventare più forti aumentando la nostra potenza militare e cercando di cacciare la presenza militare americana fuori dalla regione da un lato, e combattendo la corruzione e la discriminazione dall'altro. La strada è una, signor Ahmadinejad. Resistenza. Resistenza contro gli Stati Uniti e contro la discriminazione, la corruzione e la borghesia interna.
Ali Alizadeh, analista iraniano.
Nell'articolo pubblicato sul sito kremlin.ru e nella rivista americana National Interest, il presidente russo Vladimir Putin spiega al pubblico occidentale qual è la vera lezione del 75° anniversario della Seconda Guerra Mondiale, evocando il revisionismo storico che mina tutt'oggi le relazioni fra i Paesi.
“Putin fa più volte riferimento agli archivi, chiede alle nazioni occidentali vincitrici della Seconda Guerra Mondiale di aprire a tutto campo gli archivi e, sulla base di questi, intavolare un dibattito storico il più oggettivo possible” – sottolinea Tiberio Graziani, Chairman di Vision&Global Trends (Istituto Internazionale per l’ Analisi Globale) di Roma.
Attraverso un racconto, a tratti molto personale, Putin pone l’accento sulla responsabilità comune nei confronti della storia, ma anche del futuro. Possiamo dire che Putin ribadisce attraverso la storia l’identità della Russia? Chiede Tatiana Santi di Sputniknews.com a Graziani.
“Il fatto della continuità storica fra l’Unione Sovietica e la Federazione Russa non si ferma qui, perché Putin spesso nei suoi discorsi sottolinea la continuità con il periodo presovietico. Parliamo della continuità storica della Russia ortodossa, non soltanto della Russia atea sovietica. Questo riferimento al patriottismo è tipico della cultura russa: l’identità russa si basa sulla famiglia e sul sentimento patriottico.
Sicuramente il revisionismo storico pone dei seri problemi. Vediamo una reinterpretazione del passato storico ai fini dello scontro politico attuale. È un passato storico che per quanto riguarda la Russia, erede dell’Unione Sovietica, è comune con i Paesi alleati. Questo voler rimescolare le carte ha una finalità di tipo esclusivamente politico e
rientra nel contesto della demonizzazione della Russia, quale essa sia sovietica o post sovietica in contrapposizione ai cosiddetti valori occidentali, basati sull’individuo e sul libero mercato.
Tiberio Graziani |
Il parallelo fra il passato storico e il futuro induce ad una riflessione per gestire meglio il presente e prospettare un futuro più consapevole. Il fatto che Putin abbia fatto riferimento alle 5 grandi potenze è interessante, tuttavia è evidente che il quadro geopolitico è molto cambiato, soprattutto negli ultimi 10 anni. Fare riferimento esclusivamente alle 5 potenze forse è troppo poco, perché molte di queste potenze appartengono ad un campo ben specifico, quello occidentale guidato dagli Stati Uniti. Per trovare soluzioni post-Covid bisogna introdurre in questo consesso anche altre potenze come l’India e il Brasile.
Volevo in conclusione sottolineare una curiosità: durante il suo lungo articolo Putin fa più volte riferimento agli archivi, chiede alle nazioni occidentali vincitrici della II Guerra mondiale di aprire a tutto campo gli archivi e, sulla base di questi, intavolare un dibattito storico il più oggettivo possibile. La Russia da questo punto di vista ha fatto molto. Mi rendo conto che tutto non si può aprire, dopo 75 anni però occorre essere il più oggettivi possibili.” Conclude Graziani.
L'apparente tolleranza e il principio del "melting pot" (la commistione di individui di origini, religioni e culture diverse con il risultato di costruire un'identità condivisa) in realtà non nascondono altro che una palese discriminazione nei confronti dei membri della comunità afroamericana. L'atteggiamento nei confronti degli americani bianchi e neri in termini di salari, lavoro, istruzione e questioni legali rimane tutt'altro che equivalente. La polizia mostra più chiaramente questa differenza, abusando del proprio potere nei confronti degli afroamericani, tradizionalmente visti come la maggiore minaccia per la sicurezza del paese.
Ci sono abbastanza precedenti per una questa violazione dei diritti umani – né sono valse le forti proteste nel Maryland nella primavera del 2015. Il disegno di legge sulla riforma della polizia, preparato dai democratici e che suggerisce un aumento della responsabilità delle forze dell'ordine per le violazioni commesse, non cambierà comunque l’attuale situazione e il sistema di garanzie sociali adottato negli Stati Uniti, istituito nell'ambito dell'esclusività e dell'individualismo americano peggiora le cose. La divisione tra la posizione stabile delle élite bianche e la società afroamericana perdura, molti rappresentanti rappresentanti di questi ultimi non hanno nemmeno un'assicurazione sanitaria e la possibilità di soddisfare i loro bisogni primari. La pandemia del coronavirus e le devastanti rivolte hanno mostrato chiaramente una cosa: il capitalismo liberale americano è attualmente in profonda crisi. Qual è il destino della società americana? A cosa porteranno le proteste? La discordia nel percepire i valori e il desiderio di sostenere al contempo un proprio fratello ucciso dalla polizia non solo è causa di scontri aperti, ma stanno portando la società alla distruzione. E le ragioni stanno nel nello stesso sistema, alla radice delle sue dinamiche e tradizioni stabilite. L’ opinione è stata espressa da Tiberio Graziani, Presidente della Vision & Global.
“Nihil sub sole novum”. Le proteste interetniche sono una costante delle dinamiche politiche e socio-economiche statunitensi. In un certo senso, la stessa storia degli Usa può essere interpretata come la storia delle relazioni tra gruppi etnici, declinata nel quadro della specifica ideologia nordamericana del Destino manifesto.” Per Graziani che continua:”La peculiarità di tale ideologia, peraltro strettamente connessa ai valori moderni del liberalismo ed alla loro attuale evoluzione, è quella di circoscrivere il proprio orizzonte concettuale nei limiti della interpretazione neotestamentaria della propria storia e di fornire una giustificazione morale dell’ operato ai ceti e gruppi etnici che dominano la società statunitense.
L'idea della costruzione della City upon a Hill, tuttora alla base del progetto egemonico statunitense ci restituisce, oggi, un Paese dilaniato ed insicuro, alla perenne ricerca di un nemico interno (ora il nero, ma anche il poliziotto) o esterno (ora la Cina, ma anche la Russia) e della "felicità". Le violente proteste di questi giorni ricordano ai cittadini statunitensi e all'opinione pubblica mondiale che il "sogno americano" è in realtà un incubo del quale, periodicamente, sono vittime i ceti e i gruppi etnici più emarginati. Da questo incubo, purtroppo, difficilmente i dominati potranno destarsi, poiché le loro proteste sono già largamente strumentalizzate nell'ambito dell'attuale scontro tra i loro dominatori. Il peloso sostegno dato alle proteste dagli esponenti del Partito Democratico ha lo scopo di condizionare la potenziale ribellione delle piazze e di ricondurla nella usuale dialettica della democrazia americana” conclude Graziani.
Dopo il caso Cambridge Analytica del 2018, ora Facebook crea una funzione che dovrebbe consentire agli utenti di vedere quante e quali informazioni private vengano condivise con le app esterne. E’ il tasto "Off-Facebook Activity" annunciato dallo stesso Mark Zuckerberg in un post sul blog aziendale.
I media russi, cinesi ed altri controllati dallo Stato verranno etichettati, mentre ci sarà un’eccezione per i media occidentali. La politica è quella di informare gli utenti che alcuni media ricevono fondi dai rispettivi governi. Aggiungiamo noi comunque che anche in occidente molti media usufruiscono di sovvenzioni governative, e forse sarebbe il caso segnalare anche i media occidentali.
L a “marchiatura” già appare sulle pagine social di Sputnik e RT per la Russia, su Xinhua e People’s Daily media cinesi , su TV Press iraniano, nonché su alcuni mezzi d'informazioni di Corea del Nord, Filippine, Marocco, Tunisia e Thailandia.
“Dobbiamo prima di tutto ricordare che Facebook è una piattaforma di uno dei principali gruppi mondiali che gestiscono l'informazione e la comunicazione digitale. Ha un
Mark Zuckerberg |
enorme potere. Oltre a ciò occorre ricordare che appartiene a una compagnia privata, vincolata solo dalle leggi del mercato e - negli Usa - con molta difficoltà dalle pseudo restrizioni antimonopolio. Questi fattori offrono a Facebook ampi gradi di libertà, inclusa quella di "censurare". L'atteggiamento assunto da Facebook è paradossale: da una parte favorisce e promuove la libertà di informazione - giacché proprio grazie a tale libertà i soci che la posseggono possono fare profitti - per un altro verso, invece, impone arbitrari criteri di tracciabilità (le etichette) che di fatto conculcano la libertà di espressione”, ha detto Graziani, Chairman di Vision&Global Trends. “I pregiudizi contro alcuni Paesi (Russia, Cina, Iran) muovono, oltre che da motivazioni ideologiche, dal fatto che queste infrastrutture digitali ormai sono diventate uno degli elementi costitutivi del potere esercitato dal cosiddetto sistema occidentale a guida statunitense. Per tale motivo costituiscono uno dei più importanti asset di cui il sistema occidentale dispone per mantenere posizioni ormai residuali di egemonia geopolitica”, ha aggiunto Graziani.
Per Fabio Squillante, Direttore Generale di Agenzia Nova che han la sede principale a Roma, “Il social network sta utilizzando la censura come se fosse il suo compito. È successo anche in passato. In Italia, per esempio, hanno oscurato alcuni siti dell’estrema destra, però il tribunale li ha fatti riaprire perché solo la legge può censurare questo o quel soggetto. A mio avviso, è un problema di regolazione dei social network che si pone non solo nei confronti della Russia e di altre nazioni, ma anche nei confronti dei soggetti italiani e persino nei confronti del presidente degli Stati Uniti”.
“Molte piattaforme social si comportano oggi in questa maniera. Pochi giorni fa Twitter ha censurato il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Il Presidente degli Stati Uniti aveva messo in evidenza due tweet, uno dei quali è stato oscurato per la violazione delle regole «sull'incitamento alla violenza». Era un messaggio in cui Donald Trump minacciava di chiamare le forze armate nel caso in cui i saccheggi fossero proseguiti.”
I romani hanno preferito andare al mare a “mostrar le chiappe chiare”
Roma 6 giugno 2020 - Momenti di tensione al Circo Massimo - scene di panico alla manifestazione indetta dagli Ultrà e Forza Nuova a Roma. Si doveva manifestare pacificamente contro l’attuale governo giallo-rosso, ma sin dall’inizio alcuni manifestanti hanno cominciato a lanciare oggetti e bombe carta verso le forze dell’Ordine e giornalisti, alcuni di questi sono stati inseguiti. La situazione dopo pochi minuti dall’inizio è degenerata nonostante l’esiguo numero di manifestanti. Sebbene abbiano giocato in casa i romani hanno preferito disertare, vista la bella giornata per andare forse, al mare, e hanno lasciato campo libero nel maestoso spazio del Circo Massimo ai poveri Ultrà del Nord, svegliatisi all’alba per venire a Roma senza bandiere e con la maglietta bianca per testimoniare lo spirito patriottico. A causa degli incidenti e delle defezioni la manifestazione si è rivelata purtroppo un flop. Imponente lo schieramento delle forze dell’ordine intervenute anche con elicotteri per controllare dall’alto. Molte persone identificate, otto i fermati.
L'antico feudo di Montepò |
LA DIMORA DEL VINO: Castello di Montepò.
“Boschi, alture e un antico maniero: la Maremma, dolce e mossa, che si distende fino all’orizzonte tra campi, uliveti e vigne. Una casa per custodire la cultura della vite”.
Mai così presagire una visita aziendale. Quando arrivi a Pancole, una frazione del Comune di Scansano (quello del Morellino) e scolletti sulla sinistra, ti ritrovi in un anfiteatro tra boschi, alture, oliveti e una marea di vigne con al centro, elevato su di uno sperone di roccia, il Castello di Montepò che domina a 360° l’antico feudo equivalente a 600 ettari. Qui Jacopo Biondi Santi e suo figlio Tancredi sono impegnati a proseguire una storia d’eccellenza del vino italiano nata a Montalcino: la ripartenza da un processo scientifico.
LE SCELTE
Importanti e decisive le scelte di cosa allevare. Visione coraggiosa e moderna nel coltivare Sangiovese Grosso BBS 11, patrimonio esclusivo della famiglia in quel di Montalcino, insieme a varietà internazionali come Merlot e Cabernet Sauvignon con cui realizzano etichette che esprimono una vigorosa individualità determinata a ricostruire il futuro della propria famiglia rendendolo ancor più brillante che in passato. Un intenso lavoro
Jacopo e Tancredi Biondi Santi |
dove convergono esperienza, intuizione e rigore enologico, principi nei quali Jacopo e Tancredi credono come missione.
RIPARTENZA con il BOTTO.
È accaduto Giovedì 28 maggio in coincidenza con la mia ripartenza dopo l’uscita dal confinamento (loockdown) a seguito del COVID-19.
In una sala del Castello, appositamente preparata, alla presenza del Dott. Jacopo Biondi Santi e di suo figlio Tancredi, hanno avuto luogo superbi assaggi di due anteprime (JeT rosé e Sassoalloro 2018) e di una verticale composta da sette annate di Schidione selezionate tra le migliori dal 2016 al 1995.
Queste le mie considerazioni:
JeT 2019. J e T, acronimo di Jacopo e Tancredi, padre e figlio in un progetto di grande ambizione: produrre un rosé con uve sangiovese nelle terre di Scansano. “Dal nostro Sangiovese grosso “BBS11” nasce un rosato intenso e profumato. Raccolto nei vigneti più freschi e meglio esposti, attraverso un’accurata vinificazione in bianco a bassa temperatura, ne nasce un vino di estrema freschezza e sapidità”. Scheda Tecnica: Sangiovese grosso BBS11 100%. Zona di Produzione: Scansano (Grosseto). Composizione del terreno: galestro a larga tessitura. Altitudine: tra i 300 ed i 450 metri s.l.m. Esposizione dei vigneti: ovest, sud-ovest. Vendemmia: primi di settembre.
Le mie considerazioni: Rosa tenue “provenzale”. Sottofondo vegetale dove assistiamo in progressione al passaggio di piccoli frutti rossi. Sorso animato, esuberante, brioso ben amalgamato in una gradevole morbidezza. Equilibrato. Uno dei pochi rosé italiani che meritano particolare attenzione. Eccellente, voto 90/100.
La Cave |
Sassoalloro 2018 “Figlio enologico prediletto del Castello di Montepò, un'etichetta capace di esaltare tutte le qualità organolettiche portate in dote dal Sangiovese Grosso BBS 11, patrimonio esclusivo della famiglia Biondi Santi. Un vino fresco, rotondo e dinamico, il cui nome è ispirato a un masso erratico di origine vulcanica che, nei secoli, ha alimentato” Mai considerazione per un vino così azzeccata. Scheda Tecnica, Uve Sangiovese grosso BBS11 100%. Composizione del terreno: galestro a larga tessitura. Esposizione dei vigneti: ovest, sud-ovest. Altitudine: tra i 300 ed i 450 metri s.l.m. Vendemmia: fine settembre.
Le mie considerazioni: campione in anteprima. Ancora molto lucente. Ha danzato nel bevante lasciando scie di morbidezze ed alcolicità. Ventaglio olfattivo in evoluzione. Al momento scomposto nei secondari e terziari. Il lungo affinamento lo porterà ad un progressivo olfattivo di grande respiro. Sorso vivo con verve sapida che fa capire eleganza che si sprigionerà a breve. Insomma un puledro di razza che scalpita. Ha iniziato a percorrere gli scalini dell’eccellenza. Chapeau!
Terminate le novità abbiamo iniziato la degustazione in verticale di Schidione, il Supertuscan che unisce le preziose tradizioni al piacere del gusto moderno. Di grandissima personalità, lo Schidione - blend di Sangiovese grosso BBS 11, Cabernet Sauvignon e Merlot - deve il suo nome “allo spiedo medievale usato per arrostire la selvaggina, che lo lega alla tradizione dei grandi rossi da meditazione”.
Sette annate per capire al meglio la sua evoluzione. Sette annate a dimostrare che, pur essendo un blend nobile, il Dott. Jacopo non ha mai voluto incidere sulle percentuali a seconda dell’esito della vendemmia: “se lo si produce deve rappresentare il terroir, l’annata come se fosse un monovitigno”.
Ed ecco allora nel 1995 la scelta del 40% sangiovese, 40% cabernet sauvignon e 20% di merlot immutati nel tempo. Così ha voluto il suo Schidione dandone una personalità evitando uniformità e standardizzazione. Del resto il Dott. Jacopo è uomo vissuto “nel Brunello”.
Tavolo degustazione |
Schidione 2016 e Schidione 2015 zona di produzione: Scansano (Grosseto), composizione del terreno: galestro, esposizione dei vigneti: ovest, sud-ovest, altitudine: tra i 300 ed i 500 metri s.l.m. vendemmia: ottobre. Vinificazione: separatamente per singole varietà di uva, con prolungata macerazione (18 gg) e fermentazione malolattica a complemento. Affinamento: in barriques di legni delle foreste di Tronçais per 24 mesi Blending per circa 6 mesi in tini di acciaio.
Le mie considerazioni: inevitabile associare le due annate 2016 e 2015 per capire i possibili sviluppi nel tempo. La 2016 si è presentata pronta alla beva mentre la 2015 ancora ha dalla sua parte quella rusticità che invita ad aspettare. Ritengo che la 2015, quando avrà raggiunto la maturazione ottimale, recupererà il gap che adesso la separa dalla 2016. Adesso il mio voto porta entrambi nella scala delle eccellenze: 94/100 per la 2016 e 93/100 per la 2015.
Schidione 2011
Le mie considerazioni: Ha in se tutte le prerogative stagionali di quell’annata. Un vino nel pieno della sua maturazione, con sviluppo di profumi di gran persistenza e ricchezza. Al palato è risultato avvolgente, con trama tannica nobile e una infrenabile escalation gustativa. Eccellente, 93/100
Schidione 2001
Le mie considerazioni: Nel 2001 ricordo un settembre piovoso in tutta Italia con perturbazioni che si succedevano senza discontinuità. Tanto da posticipare le date delle vendemmie nel mese di ottobre. Questo ha portato nel tempo ad una leggera scoperta di sovramaturazione. Questo campione, se pur sempre inserito nelle eccellenze, ha manifestato quel tocco di dolcezza in più. Si è lasciato apprezzare anche per un supplementare tocco di sauvage. Ha comunicato una immediatezza fruttata stimolando la beva. Eccellente, 90/100
Schidione 1998
Le mie considerazioni: Dalle note sull’andamento stagionale ho ricavato “raccolta in settembre con uve mature e di grande concentrazione, scarsamente acide”. E la freschezza ,nel lungo affinamento in bottiglia, ne ha risentito. Il campione più debole dell’intera “verticale”. Leggermente scomposto, sovramaturazione, dinamica gustativa non coinvolgente. Si ferma a 89/100
Schidione 1997 |
Schidione 1995
Le mie considerazioni: Un “vecchio” che ha ancora molte cose da raccontare. Nell’analisi sensoriale ha giocato la sua partita sul terreno delle innumerevoli sfumature aromatiche con tannini cesellati. Il tutto in una naturalezza espressiva dove la sapidità è risultata particolarmente versatile. Eccellente, 91/100
Schidione 1997, III Millennio, versione Magnum
Le mie considerazioni: Volutamente lasciato per ultimo. Leggo nell’introduzione aziendale:” La vendemmia tra le migliori del XX secolo, la grande struttura dimostrata da questo vino, la promessa longevità ed il passaggio al nuovo millennio, inducono ad onorare questa riserva con una etichetta in oro 23 kts”. Cosa aggiungere se non evidenziare alcune note che rendono lo Schidione 1997 ancor più ciclopico. Leggiamo l’analisi chimica: TAV 13,40%, zuccheri g/l 1,51, estratto g/l 29.70, acidità totale g/l 7.50. Partendo da questi dati l’assaggio, dopo 23 anni, ci ha consegnato un vino che ha saputo esprimere classe e complessità a tutto tondo. Insomma: un vino emozionante, impressionante, commovente fuori dal tempo. Riduttivo dargli un punteggio. Solo aggiungere all’eccellente il mio Chapeau!
Nulla di holliwoodiano al Castello di Montepò. Si lavora per la ricerca della pura espressione del terroir, con un atteggiamento volutamente alieno da enfasi e retorica. Vivere questa nuova esperienza come una missione: La ripartenza da un processo scientifico.
Assaggi effettuati giovedì 28 maggio 2020.
Castello di Montepò
Località Montepò
Scansano (Gr)
Tel: 0577 848238
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“Dimmi cosa mangi e ti dirò chi sei” (Antelme Brillatt-Svarin)
Molti possono essere i disturbi alimentari che generano malattie di vario genere, ma tutti sono legati al cattivo stile di vita e alla poca importanza che l’individuo dà ad una giusta e corretta alimentazione. La gente raramente si interessa dei componenti nutrizionali degli alimenti che usa consumare. Saziarsi non equivale a nutrirsi e se gli alimenti sono poveri di alcuni nutrienti le nostre cellule restano affamate. Le cause di questa errata convinzione vanno ricercate nella poca informazione, nella carenza di senso critico, nella tendenza a delegare ad altri il bene supremo della propria salute, e questo non può che generare pesanti conseguenze sul piano fisico, oltre che mentale, morale e spirituale. Ogni azione è figlia di un pensiero che a sua volta è frutto della coscienza e della sensibilità del cuore di un individuo, che riflette il livello del proprio stato evolutivo. Quindi i disturbi alimentari sono la conseguenza diretta di essere e di vivere della persona immatura, impreparata, superficiale, irresponsabile. Per capire quale sia l’alimento adatto a noi occorre far riferimento alla struttura del nostro organismo che risulta incontrovertibilmente strutturato a nutrirsi come gli animali frugivori e cioè di frutta,verdura, germogli, semi, bacche, radici, cereali integrali, legumi, possibilmente biologici.
Occorre considerare che qualunque alimento privo o scarso di uno o più componenti nutrizionali costringe il nostro organismo ad attingere alle sue riserve generando nel tempo carenze nutrizionali. Allo stesso modo quando facciamo uso di prodotti incompatibili con la nostra natura, come il fumo di sigaretta, caffè, zuccheri industriali, alcol ecc. vengono impegnate le nostre risorse immunitarie per cercare di neutralizzare gli effetti nocivi prodotti. Quando il corpo digiuna è l’anima che ha fame. Se il corpo si ammala è la mente e la coscienza che sono annebbiati. Nell’uccidere gli animati e mangiare i loro cadaveri, l’uomo spegne in se stesso il pensiero positivo e mette a tacere la propria coscienza; questo non può che indebolirlo fisicamente e moralmente e renderlo insensibile verso la sofferenza altrui. Una persona cattiva non baderà se nel suo piatto vi è una creatura che voleva vivere e non essere uccisa, quindi mangerà quello che gli piace piuttosto quello che è giusto e di conseguenza mangerà cose incompatibili con la sua stessa natura e ne pagherà le conseguenze con la malattia, (non tutte le cose che piacciono al nostro palato sono adatte a nutrirci). Mentre una persona buona, sensibile, giusta rifiuterà pasti cruenti e di conseguenza si nutrirà secondo natura umana di esseri miti, pacifici e vegetariani, e di questo ne beneficerà la sua salute fisica, la sua mente, la sua coscienza e la sua anima. Il vero stadio evolutivo di un individuo si determina dal benessere armonico delle sue componenti fondamentali: la salute del corpo, l’equilibrio mentale, la sensibilità del suo cuore e la ricchezza della sua dimensione spirituale.
ELEZIONI POLITICHE POPOLARI 2020
“Elezioni politiche popolari 2020”
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