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Di buone intenzioni è lastricata la via dell’inferno, dice il proverbio. Qualche volta è proprio cosi’. La polemica sugli investimenti per la mobilità sostenibile del governo Draghi sta mettendo i Verdi italiani in una posizione scomoda. 16 miliardi di euro per bus non inquinanti, metropolitane, treni a idrogeno e ciclovie non sarebbero sufficienti a riorganizzare i futuri spostamenti degli italiani. Secondo il portavoce di Europa Verde Angelo Bonelli quelle del Ministero retto da Enrico Giovannini sarebbero, per l’appunto, più o meno, solo buone intenzioni. E i soldi a disposizione addirittura irrisori. La polemica - che per ora non ha toccato altri partiti della maggioranza di governo- si svolge sul quotidiano La Stampa. Sul giornale torinese, Bonelli ha attaccato le scelte del governo e di Giovannini in particolare. L’esponente dei Verdi ha parlato anche di acqua e delle falle nella rete idrica italiana, da sistemare. Interventi non soddisfacenti che vanno ad incidere su temi critici da anni. Giovannini non è rimasto in silenzio ed ha risposto nel dettaglio alle osservazioni del leader Verde. Una lista di cose da fare, utile per capire in che direzione si sta muovendo il governo contro il “benaltrismo tipico della dialettica politica del nostro Paese” scrive il Ministro. 16 miliardi di euro è la cifra che Giovannini espone nella sua replica e che interessa tutto il sistema della mobilità. Cifra che sale a 19 miliardi - da spendere nei prossimi cinque anni- se si mettono insieme Pnrr, Fondo complementare e Legge di Bilancio. Possibile che Bonelli, politico stimato ed esperto, non lo sappia? E’ solo vis polemica in un momento cosiì delicato? Agli stanziamenti di cui sopra vanno aggiunte anche altre risorse ordinarie e gli investimenti dei privati. Qualcuno ha fatto meglio in passato? Per la prima volta - spiega Giovannini- siamo davanti ad “un investimento mai compiuto dal nostro Paese, con una quota molto elevata destinata al Sud”. A questo punto vengono fuori le cifre.
Il Pnrr e il Fondo complementare destinano quasi 9 miliardi per autobus green, ciclovie urbane e turistiche, metropolitane, tramvie, rinnovo treni regionali e intercity, sperimentazione di treni a idrogeno. A questi soldi si sommano 3,7 per le metropolitane nei grandi centri urbani, 1 miliardo per il trasporto rapido di massa, 2 miliardi per la mobilità inseriti nella Legge di Bilancio. “Inoltre-aggiunge il Ministro- per la prima volta da dieci anni a questa parte viene aumentato il fondo per il trasporto pubblico locale”. La futura mobilità connoterà il modo di vivere e spostarsi degli italiani verso gli standard sostenibili delle maggiori città europee. Ma l’Italia deve pensare anche al Sud dove il gap tecnologico ed infrastrutturale (già no green) è alto. Le ferrovie, altro esempio del Ministro, assorbiranno risorse per alcune decine di miliardi fino al 2030, anno cardine per la decarbonizzazione e l’abbattimento della CO2. A fare da scudo c’è anche il "Documento strategico sulla mobilità ferroviaria" con altri 5,5 miliardi per l'elettrificazione di linee regionali e il miglioramento delle stazioni. Non va trascurato, infine, nemmeno l’abbandono entro il 2023 di tutti gli autobus euro 1-2-3. e che lo Stato non finanzierà più l'acquisto di mezzi diesel. I Verdi vorrebbero più investimenti e gli va dato atto di sensibilità e visione ambientali lungimiranti. Ma con il governo Draghi ci siamo trovati tutti solo un poco più avanti dei nastri di partenza. Gli interventi di cui il Paese ha bisogno andavano fatti molti anni fa. Recriminare non serve, anche perché i piani di oggi (sempre migliorabili, ovvio) e che l’Ue ha approvato rispettano le più recenti indicazioni dell’Ue stessa. Entro il 2040 bisognerà costruire 9 grandi corridoi europei di trasporto sostenibile ed entro il 2025 le reti Ten-T (Trans-European Transport Network) dovranno adottare piani per la mobilità a zero emissioni, trasporto pubblico, ciclovie e itinerari pedonali. L’Italia non puo’ restare fuori da queste scelte se non per una malaugurata visione di corto respiro. Avere 16/19 miliardi da spendere nei prossimi cinque anni è l’esame più difficile da superare. Per il governo, ma anche per chi dimostra di non essere contro, a prescindere.