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“Al 59”. Ricordi e radici legati alla Dolce Vita di Fellini
“Andar per locande” è sempre stata la mia passione. Per questo mi identifico spesso con Quinto Ennio (200 a.C.), il poeta degli Scipioni, che spesso amava frequentare gli allora famosi Thermopolium e le Tabernae, scrivendo i suoi Hedyphagetica. Unire la poesia ai piaceri della tavola. Scrivere ed insegnare che deve esistere anche una educazione alimentare. Non mangiare per vivere ma valorizzare ed apprezzare i cibi. Come meglio di un poeta poteva, già allora, impersonificare un moderno gourmand?
Oggi è ancora possibile varcare l’ingresso di un ristorante e respirare da subito l’atmosfera della buona cucina in un ambiente gradevole dove noti che ogni dettaglio ne racconta la Storia. Quei ricordi dettati dalle radici in una visione contemporanea.
Mi è successo di recente a Roma presso il Ristorante “Al 59”, in via Angelo Brunetti nel cuore della capitale poco distante dalla centralissima Piazza del Popolo. I ricordi legati al primo locale “dalla Cesarina” in via Piemonte, ritrovo e luogo d’incontro di persone legate allo spettacolo e alla cultura e in particolare di tutti i romagnoli romani come il regista Federico Fellini che lo frequentò fin dal suo arrivo nella capitale. “Per tutta la sua vita Fellini fu trattato come un figlio, ave
va sempre un tavolo riservato, anche quando Cesarina decise di spostare la sua attività a via Brunetti”. Così raccontano i camerieri, tra una portata e l’altra, con estrema cortesia ed efficienza. Le radici della buona cucina romagnola mai negate anche nella nuova gestione di Alberto Colacchio, romano ma con origini campane e abruzzesi. Un mix di territorialità che oggi influenzano il suo stile di cucina. Un prodotto di quella ITALIAN GENIUS ACADEMY, la scuola professionale di Alta Cucina Italiana, che annovera tra docenti e collaboratori noti chef del calibro di Carlo Cracco, Massimo Bottura, Angelo Dandini e altri.
Cesarina |
Quando rilevò “Al 59” capì da subito che il “marchio del ristorante della Dolce Vita” doveva rimanere come riferimento e ripartì da quei piatti che lo resero famoso in quegli anni. Una nuova cucina romagnola sussurata senza osare oltre: il che, a volte risulta un pregio e così è stato. Un passo dopo l’altro verso quella visione di contemporaneità che altro non è che il cambiamento nella tradizione. Ci si ritrova di fronte ad una cucina di indiscussa finezza giocata sull’ottenimento dell’armonia. Concretezza, semplicità, autenticità senza contare quei pizzichi di fantasia, passione ed amore che rendono specia li tutti i suoi piatti.
Ed ecco sfilare davanti a me piatti d’entrée come tartare di spigola, tre volte ostrica, tartare di vera Fassona, i supplì, le tre consistenze di carciofo e la tradizionale passatina di ceci. Assistere al passaggio dei primi piatti come il romano tagliatelle broccoli ed arzilla, tortellini fatti a mano in brodo alla romagnola, tortelloni di zucca, ricotta e spinaci, le immancabili amatriciana, carbonara e gricia della tradizione romana, un rivisitato primo fantasioso come tagliatelle di coda con cioccolato e la gramigna romagnola.
Ma sono i secondi piatti, fatti con sapiente manualità, a riportarci nei ricordi di una esperienza gastronomica mai fuori dagli schemi, condotta dallo chef Alberto con il suo entusiasmo e voglia, allo stesso tempo, di sperimentare. Bollito misto emiliano-romagnolo con le salse tradizionali e nuove, saltimbocca alla romana rivisitati piacevolmente anche nella sostanza, involtini di spigola (a ricordare il Mare Adriatico) con
Passatina di ceci |
rosta di patate allo zenzero (la voglia di sperimentare alla ricerca di nuovi equilibri gustativi), baccalà alla trasteverina (il pesce universale alla maniera della borgata romana) e l’immancabile parmigiana della nonna (forse un riferimento a Cesarina, nonna putativa del giovane Alberto).
“Il primo passo verso il miglioramento è non sentirsi mai arrivati”. Nonostante i riflettori della TV, i premi conquistati nei vari concorsi, gli elogi e le pacche sulle spalle con l’inevitabile “sei il migliore”, lo Chef Alberto Colacchio non ha smesso di studiare e confrontarsi con altre tecniche anche fuori dei confini nazionali. Perché misurarsi con altre tecniche di altre realtà rende bene l’idea del suo impegno.
Si sta bene “Al 59” e non è cosa da poco.
Pensiero finale da riportare nei miei hedyphagetica:
“ Lo chef mi ha regalato piatti di alto livello nella sua semplicità; ma esco dal locale con la netta convinzione che Alberto viaggi ancora con il freno a mano tirato”. Chapeau!
Urano Cupisti
(provato in incognito nell’Ottobre 2015)
Scoprire l’identità specifica e originale di una determinata zona vitivinicola tanto lontana, fuori dalla nostra cultura occidentale, dalla logica dei primi della classe. Poi riconosci che si tratta di un’identità storico-culturale dove la vite è presente da sempre o quasi, dove si è tramandata una tradizione produttiva che nello scorso secolo ha assunto un ruolo determinante nell’economia di quella regione.
Un sito vitivinicolo direi “storico” dove oggi il “fermento” post-rivoluzionario lo rende più vivo che mai.
L’intreccio tra Storia, Cultura e Natura pone la Penisola di Crimea al centro dell’attenzione degli appassionati del mondo del Vino che ogni anno si danno appuntamento a Merano per partecipare al Merano Wine Festival.
Helmut Köcher, ideatore, organizzatore fin dalla prima edizione nel lontano 1992, con idee chiare e lavoro rigoroso, che sono alla base della sua filosofia, definisce confini e contenuti dell’avventura del fare vino in Italia e all’estero. Ogni anno aggiunge perle per la conoscenza mondiale.
Ricordo le ultime: Sud Africa, Georgia, Romania. Quest’anno sarà di scena la Crimea. E lo sarà ai massimi livelli rappresentativi: La Cantina Massandra.
Tra mille difficoltà dovute alla attuale situazione geo-politica che vuole la Penisola di Crimea oggetto di rivendicazioni di sovranità tra l’Ucraina e la Russia, portare i Vini a Merano risulta un’impresa incredibile. Non dimentichiamoci che attualmente la Penisola è territorio russo, soggetto a sanzioni europee. Ne deriva la problematicità a far arrivare i prodotti. Helmut Köcher è riuscito anche in questo e potremo deliziarci dei vini fortificati tanto amati dalla corte imperiale e non solo.
Scrivo non solo perché ancora non si è spenta l’eco di quanto successo recentemente nel mese di settembre. L’ex Premier Berlusconi in visita all’amico Putin pare abbia stappato una bottiglia di Jerez de la Frontera imbottigliato nel 1775 e da una foto, che ha fatto il giro del mondo, si vede lo stesso Berlusconi, in visita a Massandra, prendere una bottiglia risultata essere del 1891 con la didascalia in inglese: “possiamo berla?”.
La cantina Massandra si trova vicinissima a Yalta, nel sud della Penisola. Alle spalle i monti di Crimea con la vetta del Eclizee-Burun.
Se la maggior parte della Crimea ha un clima continentale temperato, la costa sud si presenta con un clima sub-tropicale influenzato dalle correnti calde del Mar Nero. La fascia vitivinicola protetta dalla cordigliera dà quindi origine a vini importanti per la loro struttura e innata capacità a divenire eccellenti vini fortificati. Massandra è anche famosa non solo per la produzione di vini ma come cantina imperiale. La visita delle sue cave ti fa capire il perché gli Zar decisero di costituire al suo interno un vero e proprio luogo di conservazione di vini provenienti da tutto il mondo allora conosciuto. Oggi la collezione di Massandra conta all’incirca un milione di bottiglie.
Ebbi modo di visitarla nei primi anni ’80 (già soffiavano i primi venti della perestrojka) e ne rimasi colpito a tal punto da ricordarla nei miei appunti come momento indimenticabile. Una seconda visita in età più matura ispirato dallo studio delle origini del Vino e dal profondo rispetto per i singoli terroir, mi portò a riconoscere che in determinate zone, ancora sconosciute o meglio dimenticate, si possano produrre vini davvero eccezionali. Oggi in Crimea, l’evoluzione delle conoscenze unitamente all’utilizzo di vitigni giusti accompagnati dalla competenza di agronomi ed enologi preparati, assistiamo ad un veloce cambiamento produttivo nella speranza che quanto stia accadendo dal punto di vista politico trovi quella giusta dimensione di quieto vivere.
A Merano avremo i vini fortificati come Dessert Moscato Bianco, Port Red Livadia, Sherry Massandra, Tokaj South Coast insieme ai tradizionali Black Doctor, Kagor Partenit, Pinot Gris, Rose Muscat, Settimo Cielo del Principe Golitzyn. Una cosa è certa: durante il Master Classes denominato Mistic Wines – Vertical Tasting Massandra Winery vivremo, ancora una volta, momenti dall’atmosfera originale ai quali Helmut Köcher ci ha abituati ultimamente (ancora vivo il ricordo dell’indimenticabile Master Classes sui vini fortificati del Mauri-Roussillon). Una verticale. Otto annate di Muscat Massandra, dal 2010 fino a scendere al 1937, con moderatori la Sig.ra Yanina Pavlenko, attuale direttrice Generale dell’Azienda , Andrej Pruss del Centro Russo e naturalmente il patron della Manifestazione Helmut Köcher.
L’invito? Da non perdere assolutamente.
Merano Wine Festival è “una manifestazione che va oltre l’evento spettacolare e non può essere considerata una fiera, ma uno dei luoghi e delle occasioni più esclusivi per tutti gli operatori del settore. Informazione, cultura, mondanità si danno appuntamento per partecipare a un evento multiforme, ricco di occasioni di conoscenza, di incontro, di confronto in cui la parola chiave è sempre una sola: “eccellenza” (tratto dal sito ufficiale).
Semplicemente Chapeau!!!
Urano Cupisti
Frammenti che orbitano qua e là, individuati, carpiti; li commento e condivido con voi.
il MERANO WINE FESTIVAL si avvicina
(in collaborazione con Gourmet’s International Merano)
NOTES, APPUNTI DAL MIO MOLESKINE.
Le vicende della viticoltura di questi ultimi anni si intrecciano a quelle che sono le Manifestazioni sparse su tutto il territorio nazionale. Quella di Merano, giunta alla sua 24ma edizione, però è diversa da sempre, fin dalla sua prima volta. Coltivare l’abitudine di presentare vini nella loro massima espressione di qualità stimolandone così il prestigio. Un Evento dove centrale è l’affermazione del Vino “come prodotto mediatico e culturale” nell’accezione migliore dei termini. Ed allora prendono significato i valori delle degustazioni, delle ricerche delle eccellenze non solo italiane, della cultura dei territori. Ed alla fine vale la pena fare tanti chilometri per gridare “Io ci Sono”.
Frammento n. 1
Anteprima ad EXPO
Impossibile sfuggire ad Expo, la vetrina più grande e famosa del momento che permette di conoscere le eccellenze della tradizione agroalimentare e gastronomiche di ogni paese.
Merano Wine Festival sarà all’Expo di Milano nei giorni 3, 10, 17 e 24 ottobre con l’Anteprima. Di
eccellenze si parlerà e dove svelare i contenuti della Manifestazione se non nell’unico ristorante stellato riconosciuto da Expo? Identità Expo dalle ore 17 alle 19.
A colloquio con un produttore
Frammento n. 2
Degustazioni Guidate. Da sempre una delle “chicche” del programma
Punti fermi degli appuntamenti del Merano Wine Festival si confermano, anche per la 24ma edizione, le grandi degustazioni guidate che offrono la possibilità di scoprire e conoscere particolarità vitivinicole sia italiane che internazionali. I posti sono limitati. Iniziate le vendite dei ticket.
Frammento n. 3
Merano Wine Award 2015: i migliori vini italiani, secondo WineHunter
Un altro contenitore da affiancare ad una Guida? Non proprio. Si tratta di una piattaforma, ideata da Helmuth Köcher, per parlare delle eccellenze valutate da precise commissioni. Quest’anno sono state scelte 24 etichette che hanno ottenuto il bollino Platino (equivalente ad un punteggio in centesimi da 95 a 99, il massimo), 180 etichette con il bollino Oro ( da 90 a 94), 830 etichette con il bollino Rosso ( da 88 a 89). Una selezione che serve per entrare nel mondo delle eccellenze del MWF.
Frammento n. 4
e poi, come sempre, la presenza dei biologici e biodinamici.
Da sempre l’anteprima, il giorno prima del via ufficiale della tre giorni meranese, è occupata da bio&dinamica una sempre più interessante vetrina delle eccellenze di questo settore. “Fare vini buoni con il minor impatto possibile”. E la partecipazione di note aziende che hanno fatto delle loro scelte la guida produttiva non poteva mancare alla rassegna dell’eccellenza. Venerdì 6 novembre il Kurhaus aprirà le sue sale ai produttori di questi settori e sarà, come nelle ultime edizioni, un interessante inizio del Merano Wine Festival.
7 – 8 – 9 novembre 2015
Osservo, scruto, assaggio e…penso. (Urano Cupisti)
Lo zafferano è una spezia dalle proprietà medicamentose. Non solo.
L’occasione dell’incontro con Zafferano il Re dei Re è stata la mia visita, nei primi giorni di Maggio, a TuttoFood di Milano, l’Esposizione internazionale dedicata agli operatori del settore Agroalimentare. Una vetrina per scoprire le idee nuove del settore e far incontrare le specialità provenienti da ogni angolo del mondo non solo con gli operatori ma anche con i visitatori per una conoscenza a 360°.
I numeri danno un’idea dell’importanza di questo Evento. Tremila espositori posizionati in dieci padiglioni negli spazi messi a disposizione dalla Fiera di Milano- Rho. Rappresentanza di circa 7.000 marchi, su una superficie di 180.000 mq. E a due passi il sito dell’Expo. Stesso tema, il cibo ma ruoli diversi. TuttoFood a rappresentare “l’anima business”, quella in movimento. L’Expo a rappresentare l’anima ludica e niente più.
Girando tra gli stand ho avvertito, percepito l’ambizione da parte degli espositori italiani, di rappresentare una grande vetrina del cibo nazionale. Valorizzare le eccellenze e creare occasioni di incontro in uno dei settori trainanti del Made in Italy. Ambizione ovvero quel desiderio di affermarsi e distinguersi; divenire la vetrina internazionale del Cibo.
Ho incontrato Fabio Eletrico di fronte al suo stand, ben arredato con i prodotti posizionati in modo da non stancare la vista ne confonderla. Tutti hanno da raccontare la loro storia e nessuno è banale. La cura del packaging mi ha catturato. Non ho potuto fare a meno di soffermarmi a leggere, capire. E Fabio pronto con il suo “fare” talentuoso a spiegarne i segreti. Personalità esuberante? Tutto tranne questo. Il suo carattere si traduce efficacemente nei suoi prodotti esaltandone la personalità e complessità.
Elemento portante ed importante è lo zafferano. Conosciuto come spezia dalle proprietà medicamentose, come afrodisiaco naturale dagli attributi “stimolanti” già noti persino nella mitologia greca, ricopre oggi un ruolo importante anche come condimento e colorazione dei cibi. Fabio è andato oltre.
Partendo dall’affermata consapevolezza delle numerose doti nascoste dal fiore di questa pianta come contrastare l’invecchiamento, favorire la digestione, abbassare la pressione, ha dato il via alla produzione di numerosi prodotti “allo zafferano”.
La Grappa di Chianti e zafferano in stimmi, il Liquore del dopo pranzo sempre con zafferano in stimmi, la Sambuca allo zafferano, le numerose creme vegetali (ai peperoni gialli, alla zucca, alla carota, al tartufo) ideali da abbinare e arricchire i sapori dei formaggi , al miele d’acacia fino ad impreziosire il cioccolato bianco ed ottenere un tagliolino dalla straordinaria ed inconfondibile piacevolezza di questa spezia preziosa.
Il tempo passato con Fabio Elettrico è stato quanto di più interessante, e a tratti anche divertente, che mi potesse capitare in quella giornata fieristica milanese. Un full immersion arricchito da racconti che hanno legato tra loro Storia e capacità imprenditoriale anche con i risvolti meno felici, i “necessari” punti deboli che rendono il tutto “reale”. Senza retorica; un racconto narrato con gli occhi curiosi e appassionati, con maestria e consapevolezza. Una squisita ospitalità non limitata alla sola presentazione e degustazione dei prodotti ma far capire, intendere il suo stile: preciso, scrupoloso, sempre alla ricerca di armonia ed equilibrio espressivo e gustativo.
Lo zafferano è una spezia dalle proprietà medicamentose. Lo Zafferano è anche “Il Re dei Re” di Fabio Elettrico. Chapeau!
Urano Cupisti
riflessioni su di una storica visita alla Glashütte Riedel a Kufstein
Di Urano Cupisti
ovvero esaltare le qualità organolettiche specifiche di ciascun vitigno con calici studiati nella forma in una concezione stilistica raffinata ma essenziale. L’intuizione di Claus Riedel, “attizza il fuoco e non salvare le ceneri”. Siamo nel 1961, Claus rappresenta la 9° generazione, viene stampato il primo catalogo di quei calici che segnarono e segnano attualmente la cultura mondiale di “come bere il vino”.
Nel 1973 il lancio di Sommeliers , la vera svolta, il trionfo del concetto “rendere giustizia al vitigno con un calice adeguato”.
“Quando Christoph Riedel nacque nel paesino boemo di Neuschloss, siamo nel 1678, nessuno avrebbe potuto prevedere che in quell’anno sarebbe nata la dinastia dei Riedel, la stirpe della più grande azienda produttrice di cristallo al mondo dedicato al Vino (calici e decanter)”.
Rileggendo gli appunti presi nell’incontro con Maximilian Riedel (11° generazione) avvenuto quest’estate presso la Glashütte di Kufstein, nell’Alto Tirolo austriaco, emergono tre elementi “portanti” che identificano il Marchio e la Presenza Riedel nel mondo: “le radici”, “l’imprenditorialità”, “lo stile”.
Le Radici. Storia scritta e narrata da quel lontano 1678 ad oggi attraverso fughe dalle guerre, costruzioni di fabbriche e testimoni delle loro distruzioni, fughe dai vari regimi fino all’incontro con la Famiglia Swarovski: l’inizio della storia della Glashütte di Kufstein.
L’Imprenditorialità. Determinazione, spirito innovativo, abnegazione, lungimiranza, successo. Fiutare al momento giusto (oggi diremmo investimenti nelle nuove tecnologie) il grande potenziale della soffiatura del vetro a macchina. Acquisire realtà produttive come la Spiegelau e la Nachtmann e precorrere i tempi.
Lo Stile. Quello inconfondibile Riedel. Eleganza e allo stesso tempo sostanzialità, concisione, essenzialità. E nello stile il viaggiare in tutto il mondo a tenere banchi-laboratori di degustazione con sommeliers ed intenditori di fama internazionale per dare origine e vita ai calici e decanter Riedel. Unici.
Unici come “superleggero” l’ultimo nato: inatteso incontro, eccitazione nel toccarlo, emozione nell’usarlo. E mai come in quell’istante le parole di Maximilian sono echeggiate nella loro veridicità:
“Per esprimere al meglio ogni stile di vino un unico calice non basta. Il bouquet, il sapore, l’equilibrio e il finale di un vino sono tutti sensibili alla forma del calice in cui il vino viene servito. Lo stile delle forme dei calici Riedel è mirato ad esaltare il profilo aromatico d’insieme di uno specifico stile di vino, valorizzandone le qualità organolettiche”.
Oggi nella Glashütte di Kufstein c’è una capacità produttiva di 250.000 pezzi all’anno. Rappresenta la tradizione (soffiatura a bocca), l’artigianalità, la storia. La sua visita, a partire dalla idilliaca cittadina di confine Kufstein con la sua fortezza che predomina su una piccola altura “la perla del tirolo” (grazie ad una canzone tedesca dedicata alla città. Ma questa è un’altra storia) ti lascia qualcosa dentro che porti con te nei ricordi. Consapevoli che tutto è reso posiibile (economicamente parlando) dalla notevole rimanente produzione assestata intorno ai 55 milioni di pezzi annui che escono dalle tre glashütte bavaresi di Frauenau, Amberg, Weiden.
Nella sala di rappresentanza, mentre Maximilian Riedel parla, osservo, scruto, penso. Una cattiva notizia mi coinvolge: il tempo a disposizione è terminato. Troppo in fretta?. La buona notizia viene in soccorso: ho acquisito il suo valore nell’impiegarlo. Grazie Maximilian.
Il Sig. Maxmillian Riedel |
Frammenti che orbitano qua e là, individuati, carpiti; li commento e condivido con voi.
Riflessioni
Non tutti gli Italiani lo sanno
La carne bianca contiene poco ferro. Uno dei tanti luoghi comuni secondo cui è il colore della carne a determinare la quantità di ferro e proteine e di conseguenza solo le carni rosse ne hanno in abbondanza. Nella realtà le carni di pollo e tacchino contengono ferro e proteine quanto quelle “rosse”. La differenza è data solo dalla presenza della “mioglobina” che incide dal punto di vista cromatico e non nutrizionale. Il Prof. Giorgio Calabrese, docente universitario ben conosciuto dagli Italiani per le sue continue apparizioni in TV, recentemente ha emesso la sentenza: Non esistono differenze dal punto del contenuto in proteine o in ferro che possono far preferire un tipo di carne ad un’altra. Il ferro c’è in tutte le carni, il colore non centra niente. E allora “POLLO E TACCHINO A VOLONTÀ e mi raccomando “non lavateli” prima di cucinarli; quello che conta è cuocerli bene perché è la cottura che elimina tutti i microorganismi che possono causare problemi alla nostra salute.
Frammento n. 1
Degustare e Acquistare in cantina: l’enoturismo risolve in parte la crisi delle vendite.
Il rapporto diretto con il produttore, capirne il lavoro e la passione che stanno dietro ad ogni bottiglia di vino, sta diventando sempre più importante nelle scelte di acquisto del wine lover. È quanto è emerso da una indagine di “wine2wine”, l’osservatorio di Vinitaly. Sei cantine su dieci si dichiarano soddisfatte di questo canale di vendita. Se poi aggiungiamo che oggi le Aziende Vinicole di tutte le dimensioni offrono anche l’offerta di Agriturismo eccellente il risultato non può che essere più che soddisfacente. La sfida è fidelizzare; mantenere il contatto facendolo diventare un motore di promozione. Internet, con i giusti strumenti, è il “grande alleato”. “Spazio senza confini”, fatto di commenti da stimolare e a cui rispondere. E il cerchio si allarga con i Blog per le ricerche in rete degli enoappassionati. (fonte Vinitaly wine2winw)
Frammento n. 2
Birra tra successi e preoccupazioni.
Nel 2014 la birra ha registrato un +2% rispetto al 2013 in termini di produzione. Questo il successo.
Il contesto fiscale non favorevole la preoccupazione.
Il settore può tornare ad investire solo in presenza di un cambio di rotta tendente a diminuire le accise. La forte spinta data dai micro birrifici artigianali negli anni passati si sta esaurendo sotto i colpi dei sempre più alti livelli di tassazione. Non solo minore occupazione nel settore ma, ciò che più spaventa, è la “normalizzazione” nella qualità. Birre sempre più uguali tra loro, senza anima.
Frammento n. 3
Lo Scalogno di Romagna? Ne aglio ne cipolla.
La Fiera dello Scologno IGP di Romagna si è tenuta nel mese di luglio nel centro di Riolo Terme con tutti i contenuti di una Fiera di settore: la presenza dei produttori, i ristoratori che hanno proposto pietanze a base di Scologno e la Pro Loco a promuovere il “piccolo bulbo”. E a contorno non sono mancati musica, spettacoli e intrattenimenti. Fiera a 360°.
Ne aglio ne cipolla, solo Scalogno. Questo il messaggio della comunicazione. Mai così azzeccato, parola di Chef. Quel bulbo di piccole dimensioni, appartenente (per la cronaca) alla famiglia delle “liliacee”, dal colore violaceo, avvolto da una pellicola esterna con diverso colore che va dal ramato al rossastro, il “solo” protagonista sacrificato nella quattro giorni delle Terre di Faenza, per impreziosire il risotto, i tagliolini, le frittate e nella funzione di aromatizzatore degli arrosti.
Frammento n. 4
Vino a Taste of Italy all’Expo. Il Golosario
Dal momento che dovrò ri-tornarci cercherò qualcosa che mi incuriosirà. L’Eretico del Vino alla ricerca del cambiamento, dell’innovazione del bere bene. Ed allora avanti con il Stupujtime (ovvero di stappare!), il format innovativo inventato dall’Architetto Stefano Boschini. Si tratta di un modello “enoico-itinerante”, un vero e proprio assaggio diffuso, composto da una serie di appuntamenti dedicati alle eccellenze del territorio. Milanoland mi ri-attende per la visita alla “giostra” dei Wine bar. Quale scegliere tra coloro che magari hanno pagato “uno stonfo” per essere presenti e partecipi al “confronto con il problema del nutrimento dell’uomo e della terra, il grande tema portante dell’Expo?”. MILANOLAND mi ri-attende; ri-andrò!
Osservo, scruto, assaggio e…penso. (urano cupisti)
Frammenti che orbitano qua e là, individuati, carpiti; li commento e condivido con voi.
Riflessioni
…e l’EXPO va.
Bicchiere mezzo pieno o vuoto? L’Expo, comunque procede in questa torrida estate con tutte le sue contraddizioni. Tante, veramente tante. Doveva sensibilizzare le coscienze, richiamare le attenzioni sulle risorse del Pianeta ed invece ampia ed estesa incentivazione verso “il bello a tutti i costi”, gli effetti speciali, consacrarlo a “Milanoland” il parco giochi per capire (giocare) la fame nel mondo. E giù numeri, percentuali, affluenze per riempire il Bilancio (stile Grecia) per offrirlo ai media compiacenti. E noi, i “gufi”, a “rosicchiarci il fegato e pronti per essere spennati”. Sarà così?
Frammento n. 1
Numeri, numeri ed ancora numeri
Padiglione Vino. Più di 1360 etichette a rappresentare 750 aziende con i loro vini. Il numero di visitatori stranieri si attesta intorno al 20%. I numeri danno sempre un senso. Ognuno li interpreta per definire l’evento un grande successo, altri limitandosi ad un buon risultato ed infine coloro che aggiungono: “potevano e dovevano essere molti di più.” Altra curiosità: del 20% dei visitatori stranieri, la parte del leone è stata impersonificata dai cinesi. Gli organizzatori istituzionali si dichiarano soddisfatti. Contenti loro…
Frammento n. 2
Il Made in Italy alla conquista dei Mercati Cinesi ed Anglofoni
Lo fanno dal Vinexpo di Bordeaux. Chissà perché.
Novantotto etichette della collettiva organizzata dall’Associazione Italiana Export – AIE si sono presentate al Vinexpò ed hanno messo in campo la produzione di 6 (sei) grandi regioni vinicole italiane con un intenso programma di degustazioni guidate. “Appuntamenti come Vinexpo rappresentano una piazza strategica per lo sviluppo del mercato del vino italiano”. Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Veneto, Toscana, Umbria e Sardegna con 11 aziende hanno occupato un’area espositiva di 200 mq al centro della prestigiosa Hall n.1. Nomi autorevoli come Saracco, Vie di Romans, Fantinel, Tenuta Sant’Antonio, Arnaldo Caprai, San Filippo, Villa Calcinaia, Aia Vecchia, Santadi, AgriPunica, Giocantinu, a rappresentare Docg, Doc e Igt tra i più famosi. Iniziativa per creare occasioni efficaci d’incontro e promozione là dove sia possibile premiare la qualità dei prodotti italiani.
Frammento n. 3
Vinnatur, l’Associazione dei Viticoltori Naturali Italiani, continua il monitoraggio sulla trasparenza.
Angiolino Maule, fondatore, padre spirituale e presidente VinNatur, commenta con orgoglio i risultati 2015 sulle analisi chimiche effettuate sui vini delle 151 aziende agricole associate. Solo 4 produttori sono stati segnalati per i loro vini risultati positivi ai pesticidi. Anche la presenza della solforosa è risultata limitata a 65 campioni. Rendere concreto il rispetto e la lealtà verso la terra, verso gli associati. “Noi siamo agricoltori e più di altri abbiamo un ruolo importante e una responsabilità: operare in vigna e in cantina nel rispetto della natura”. Aggiungo: poco importa se il vino prodotto è “indecifrabile”, l’importante che sia naturale. Mi chiedo:”ma esiste il vino naturale?. (fonte:Laura Sbalchiero)
Frammento n. 4
Tasting Flights: la nuova tendenza al Vinexpo di Bordeaux
Nel mese di Giugno si è svolta la 18esima edizione del Salone del Vino francese Vinexpo, la manifestazione biennale che ha sede a Bordeaux. Grande novità di questa edizione sono stati i Tasting Flights, spazi intercalati tra gli stand dove il pubblico accreditato ha potuto effettuare assaggi dei vini presenti in quella particolare area espositiva. La tecnologia delle macchine Enomatic, quei distributori automatici di vini a temperatura controllata, ha permesso di scegliere e degustare tantissimi campioni. Il servizio bicchieri è stato svolto dalla Riedel, partner esclusivo del Vinexpo 2015.
Frammento n. 5
Cabina di regia della Pasta.
Che cos’è. Una pronta strategia integrata per valorizzare la pasta e la sua promozione all’estero. La pasta, come sappiamo, è un settore rilevante dell’economia alimentare italiana ma, con la sfida globale, rischiamo di cedere il passo ad altri paesi che, supportati da politiche di governo incentivanti, comprimendo la marginalità dei profitti, bruciano le tappe nella produzione e vendita. Cabina di Regia come finalità di promozione, aggregazione per acquisti comuni della materia prima, agevolazione sulle esportazioni. L’attrazione dei fondi comunitari, ulteriori fondi nazionali, iniziative promozionali a supporto dell’esportazione per nuovi stimoli rivolti a progetti funzionali per la valorizzazione della pasta, unico ed insostituibile alimento della tipicità del primo piatto all’italiana. (fonte: Aidepi)
Osservo, scruto, assaggio e…penso. (urano cupisti)
“Mantova e Sabbioneta, terre gustose! Salami, grana, tortelli di zucca, risotto alla pilota, agnoli, luccio in salsa, stracotto con la polenta, sbrisolona ed il lambrusco mantovano. I pilastri di una cucina dalle antiche tradizioni, raffinata”
Già sapevo, dal programma ricevuto, che Sabato 6 giugno sarei stato ospite a Sabbioneta, presso il palazzo Ducale, di una rievocazione storica. A cena invitato da Lui: il Duca Vespasiano Gonzaga.
Naturale quindi nell’ammirare le varie sale sia a Mantova che a Sabbioneta soffermarmi sui particolari riguardanti i fastosi banchetti. Prepararsi ad essere a tavola con il Duca non è poca cosa.
Il mio approccio con la “Piccola Atene” avviene in un assolato tardo pomeriggio. Raggiungo Sabbioneta non con una carrozza trainata da cavalli ma con un modernissimo e confortevole bus “trainato” da un altro tipo di equini, quelli dell’ultimo secolo, gli HP (Horse Power di razza Mercedes).
Cercare l’ombra all’interno della splendida cittadina è la necessità primaria, assoluta ed “infilarsi” nelle fresche sale dei Palazzi, il miglior rimedio approfittando così di capire i fasti e la colta sensibilità dei Gonzaga.
Percorrendole ed ammirandole ritornano alla mente le reminescenze scolastiche giovanili intorno al Rinascimento, ai grandi e potenti casati e quando da queste parti si raggiunse l’alto prestigio grazie ad un Gonzaga. Vespasiano riuscì a trasformare un piccolo borgo contadino in una capitale culturale di eccellenza. Ed oggi, la rinomata “piccola Atene”, continua a vivere con lo spirito del fondatore.
Sintomatico è constatare storicamente che iniziò a costruire il Palazzo Ducale quando ancora non era Duca. Il predestinato. E mentre attraverso le varie sale ammirando i soffitti lignei che rievocano la sua cultura classica, faccio strani incontri che mi riportano indietro nel tempo. Figuranti, che incontro “per caso”, ricordano come poteva essere la vita in quei luoghi nella seconda metà del cinquecento e il tutto diviene preparatorio all’evento serale.
Rimane ancora un po’ di tempo prima dell’appuntamento conviviale e la visita al Teatro all’Antica è dunque d’obbligo.
Un’autentica rivoluzione per quei tempi la costruzione ad opera dell’architetto Vincenzo Scamozzi, vicentino di nascita degno erede di quel tal Messer Andrea di Pietro della Gondola (conosciuto come Andrea Palladio) padri entrambi dello stile “neo-classico”. Messer Scamozzi colui che affermò che “l’Architettura è scienza”, riuscì nell’intento rivoluzionario se pur con visione “antica” a far ricoprire alla sua opera la funzione di teatro stabile nel periodo storico ricordato dove imperversavano i teatri girovaghi. Fu costruito per rispettare i canoni dei teatri antichi: statue che adornano il peristilio, gli affreschi, il pavimento inclinato del palco. Un gioiello come connubio di tradizione e modernità.
Un paggio, inviato dal Gran Cerimoniere di corte, mi ricorda che il momento conviviale è arrivato. Salgo la scalinata del Palazzo e scendo quella che conduce nel giardino interno dove la corte mi attende come ospite. Musici, damigelle e loro, gli alabardieri a significare la “potenza” del Duca. Mi sussurrano che avremo la gradita presenza di un altro personaggio storico cinquecentesco: il Cardinale Federigo Borromeo.
Il Gran Cerimoniere di Corte (oggi lo chiameremmo “presentatore della serata”) inizia “la chiama” degli invitati. Ci sono tutti. La Sabbioneta del tardo cinquecento è tutta presente. Infine arriva Lui, il Duca Vespasiano Gonzaga con tanto di consorte e cardinale (quest’ultimo non lo ricordo, dai quadri dell’epoca, grassoncello con pancia e pizzetto stile fine-ottocento. Via non stiamo attenti a questi dettagli). Che la libagione di benvenuto abbia inizio.
La serata continua tra canti, poesie, danze e…le portate a ripetizione dei cibi cucinati alla “gonzaga”.
Antichi sapori costruiti per rivivere atmosfere e sensazioni del passato attraverso questo banchetto. E poco importa se poi, alla fine, il cibo si è discostato abbastanza da quello che imbandiva le tavole dei Gonzaga. Poco importante se sono mancate le selvaggine, le anatre ruspanti cucinate allo spiedo dai bravi “rosticceri del Duca”. In compenso le brave cuoche e cuochi del duemila hanno comunque raggiunto l’eccellenza unendo la tecnologia alimentare di oggi con la bravura della lavorazione fatta a mano attenendosi rigorosamente alle proporzioni indicate nei 'sacri testi” come 'L'arte di ben cucinare” di Bartolomeo Stefani, edito a Mantova nel 1662 e i racconti tramandati da nonni e bisnonni.
Questa la dovuta chiave di lettura della rievocazione. Non limitarsi a rideterminare i confini storici dell'arte culinaria, bensì partecipare ed essere parte attiva della rivisitazione in chiave moderna dell'uomo del Rinascimento nella sua interezza per il quale non esisteva soluzione di continuità fra cucina, arte, musica e poesia.
I “miei” HP mi attendono fuori dalle mura. Saluto l’Eccellenza e l’Eminenza, ringrazio la Corte con un inchino cinquecentesco e mi commiato. Sono contento, felice per l’esperienza.
Adesso è mezzanotte e mi ci vuole una bella e fresca birrrra! Ritorno al futuro.
Ho partecipato a questo evento grazie all’invito ad intervenire ad un programma “Educational” denominato: “Mantova e Sabbioneta patrimonio mondiale: il banchetto degli Dei” promosso dalla Federazione delle Strade del Vino e dei Sapori della Lombardia unitamente ai Comuni di Mantova e Sabbioneta. Un caro saluto a tutti i colleghi giornalisti che hanno partecipato con me alla tre giorni mantovana.