L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni.


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Kaleidoscope (1382)

Free Lance International Press

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October 25, 2015

Dopo un incontro con le autorità turche, la famiglia della giornalista Jacky Sutton accetta la versione ufficiale, in attesa di una perizia indipendente

A prescindere da come si concluderanno le indagini, il caso di Jacky Sutton, ex giornalista della BBC e collaboratrice delle Nazioni Unite, trovata morta nei bagni dell'aeroporto Atatürk di İstanbul, impiccata con i lacci delle sue scarpe, apre diversi interrogativi sul presente e soprattutto sul futuro prossimo della Turchia, a pochi giorni dalle elezioni parlamentari del 1 novembre.

Anzitutto, la donna era diretta a Erbil, capitale del Kurdistan iracheno (KRG, Governo regionale del Kurdistan), dove dirigeva la sezione irachena dell'Institute for War & Peace Reporting, e conduceva inchieste sulla condizione femminile nei territori controllati dai cartelli del jihad del cosiddetto Stato islamico (Isis): quindi, nulla che riguardasse direttamente la Turchia. La sua morte, inoltre, è avvenuta qualche mese dopo quella del suo predecessore nel medesimo istituto, Ammar al-Shahbander (ucciso da un'autobomba a maggio a Baghdad con altre 17 persone). Amici e colleghi, infatti, si sono immediatamente chiesti se la Sutton (in passato arrestata in Eritrea con l'accusa di spionaggio) non fosse stata uccisa a causa del suo impegno per la libertà di espressione in Iraq. Nondimeno, ora che familiari e amici, dopo aver ricevuto informazioni dalle autorità turche, hanno accettato la pista ufficiale in attesa di un'indagine indipendente, restano aperte altre questioni.

A proposito di giornalismo, a giugno il direttore del quotidiano turco in lingua inglese Today's Zaman Bülent Keneş è stato condannato a 21 mesi di carcere con sospensione della pena, per aver insultato sulla rete sociale Twitter il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan. Today's Zaman è controllato dai seguaci del movimento di Fethullah Gülen, predicatore islamico da anni in esilio volontario negli Stati Uniti, ex alleato di Erdoğan e ora suo acerrimo avversario politico. Prima di   Keneş, era stato il direttore del quotidiano turco di ispirazione socialdemocratica Cumhuriyet, Can Dündar a fare le spese della pubblicazione di un video in cui si potevano vedere funzionari dell'intelligence turca consegnare le armi a “ribelli” siriani. Alla vigilia delle elezioni parlamentari del 7 giugno, il giornalista era stato arrestato inizialmente per alto tradimento, ma Erdoğan (e subito dopo la procura) aveva typarlato di spionaggio politico e militare e propaganda per un'organizzazione terroristica, minacciando la testata per cui lavora che “l'avrebbe pagata cara”. I casi di Dündar e Keneş sono solo due esempi del clima di tensione imposto ai media in Turchia, che nella classifica di Reporters sans frontières per il 2015 sulla libertà di stampa occupa il 147esimo posto su 180 paesi.

La questione di fondo è che Ankara impone le sue strette autoritarie a “bersagli” sbagliati: se i maggiori sospetti (anzi le quasi-certezze) sugli autori degli attentati di Ankara, Suruç e Diyarbakır ricadono sui cartelli del jihad, perché mai concentrare gli attacchi militari e i controlli dell'intelligence su organizzazioni che poco hanno a che vedere con la galassia dell'islam politico radicale? In primo luogo il Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK), con cui sarebbe il caso di intavolare un dialogo serio invece di sperare invano di risolvere la questione curda manu militari, annoverando il PKK tra le organizzazioni terroristiche e bombardandone le (presunte) postazioni, seminando quindi stragi tra i civili. Anche perché, gli attentati di Ankara Suruç e Diyarbakır hanno preso di mira manifestazioni ed eventi legati alla questione curda, un motivo in più per affrontarla con atteggiamento costruttivo e non solo repressivo.

Peraltro, il partito “filocurdo” HDP (Partito democratico dei popoli) alle ultime elezioni parlamentari era entrato in parlamento, con il suo significativo potenziale democratizzante: i diritti delle minoranze, la parità di genere, la difesa dei diritti di LGBT. Il fatto che Erdoğan (e il suo partito Giustizia e sviluppo - AKP) non abbia colto l'occasione per formare con l'HDP un governo di coalizione suscita interrogativi sul come intenda gestire le questioni interne, in particolare le relazioni con le opposizioni politiche e le libertà individuali dei cittadini. A parte le possibili considerazioni sulla gestione della politica estera, soprattutto per quanto riguarda il conflitto siriano, in cui il presidente turco continua a pretendere categoricamente (e senza la minima considerazione degli equilibri interni alla società siriana) la caduta del presidente Bashar al-Assad e la guerra contro il Partito di unione democratica (PYD) e delle Unità di protezione popolare (YPG) ad esso legate. Eppure sono state queste ultime a costituire il principale baluardo contro i cartelli del jihad, nonché a proporre una società laica e fondata sull'uguaglianza dei diritti di genere (si pensi ad esempio ai battaglioni formati da sole donne). Se dunque il presidente turco teme che un loro eccessivo rafforzamento possa risvegliare le aspirazioni indipendentiste della minoranza curda che vive in Turchia (che proprio minoranza non è, visto che si parla di 16 milioni di persone, oltre il 18% della popolazione totale), di certo la linea repressiva che ha adottato rischia di far scivolare il suo paese in un circolo vizioso di conflitti e autoritarismo. Il rischio maggiore, alle prossime parlamentari del 1 novembre è appunto questo, e di certo non aiuta l'atteggiamento opportunista e utilitarista della comunità internazionale.

Carlotta Caldonazzo

Il Lazio,quella Regione un po’ dimenticata, che nasconde gioielli enoici di ottima levatura. Un percorso aziendale alla riscoperta delle varietà tradizionali e di quelle innovative provenienti da altre Regioni italiane e di origine d’oltralpe (Francia).

Tutto questo nell’assaggio di vini di una importante Azienda vinicola e nel successivo “approfondimento” storico con la ricerca della “filosofia di produzione”.

Gli ingredienti per parlare e far conoscere una realtà del calibro di Castel de Paolis ci sono tutti:

il Castello di origine medievale che a sua volta sorgeva su rovine di epoca Romana,

il microclima tipico dell’Italia Centrale con la posizione dei vigneti compresi nella fascia di altitudine ottimale (mediamente tra i 250-280 mt s.l.m.),

la ricerca clonale con l’ausilio del Prof. Attilio Scienza,

imageslo studio parcellizzato dei terreni (vulcanici con presenza di tufo e pozzolane unite a pomice e altre varie scorie vulcaniche) e

tanta, tanta voglia di riuscire a produrre vini di buona elevatura.

Il Desiderio di riparlare dei Vini del Lazio ovvero il Ritorno del Lazio.

Non solo gli “allegri vini dei Castelli” o quelli legati alla tradizione storica come “Est!Est!Est!”, ma Bianchi ottenuti da vinificazioni accurate e Rossi riconducibili al “taglio bordolese” per renderli importanti o addirittura lanciare sfide agli autorevoli muffati del Sauternes-Balzac, coltivando i loro vitigni Semillon e Sauvignon Blanc in terra laziale. E nel Muffa Nobile di Castel de Paolis ritrovi l’anima di quella terra posta sulla sinistra della Garonne.

Non tutto riesce per caso. Anche affinare i vini, appena nati, nelle botti all’interno della “Cisterna Romana” sono scelte di grande importanza che provengono da “reminescenze storiche”che hanno accompagnato la Storia del Vino nelle varie epoche. Gli antichi Romani non avevano a disposizione vasche termoregolabili o strumenti della nostra epoca e utilizzare le cisterne di loro invenzione significava mantenere il vino alla temperatura ottimale per il suo invecchiamento. L’Azienda Castel de Paolis, utilizzando quanto trovato negli anfratti delle rovine di epoca romana, ha reso la Cisterna ritrovata e recuperata, adatta all’invecchiamento.

Idee chiare e lavoro rigoroso sono alla base della “filosofia” produttiva che guida la Famiglia Santarelli. I loro vini, lineari nel tradurre le scelte effettuate e nell’evidenziare la peculiarità parcellare, alla fine non risultano mai troppo invadenti come spesso accade quando si vuole produrre “a tutti costi” tagli bordolesi.

La scelta non invasiva, biologica lascia comunque apprezzare la loro dinamica gustativa in un crescendo di personalità.

La personalità territoriale la ritrovi abbondantemente nell’essenzialità tradizionale proveniente dai vitigni locali come la Malvasia Puntinata, il Bombino, il Bellone, il Grechetto, il Pecorino, e a seguire Malvasia di Candia, Trebbiano Toscano e Romanesca per i Bianchi. Cesenatico, Montepulciano, Sangiovese per i Rossi. E la beva non più facile ma importante la riscopri nei Frascati Castel de Paolis, Campo Vecchio, Frascati Cannellino e in buona parte nel home03Rosso Campo Vecchio. Ma sono gli internazionali Donna Adriana, I Quatto Mori, Rosathea e Muffa Nobile a riscattare le potenzialità di questo territorio vulcanico convertendolo ad ospitare vitigni come il Syrah e il Viognier della Valle del Rodano, il Cabernet Sauvignon, Merlot, Petit Verdot, Semillon e Sauvignon Blanc della vasta area di Bordeaux.

Quello che serve in un vino è soprattutto l’equilibrio e lo charme. Bere i vini dell’Azienda Castel de Paolis è percepire la voce sottile proveniente dai calici, i profumi che ti preparano a quanto sanno dare al palato. Percepisci un carattere sospeso nel tempo, tra tradizione, nuova eleganza, leggerezza e finezza.

Urano Cupisti

“Al 59”. Ricordi e radici legati alla Dolce Vita di Fellini

“Andar per locande” è sempre stata la mia passione. Per questo mi identifico spesso con Quinto Ennio (200 a.C.), il poeta degli Scipioni, che spesso amava frequentare gli allora famosi Thermopolium e le Tabernae, scrivendo i suoi Hedyphagetica. Unire la poesia ai piaceri della tavola. Scrivere ed insegnare che deve esistere anche una educazione alimentare. Non mangiare per vivere ma valorizzare ed apprezzare i cibi. Come meglio di un poeta poteva, già allora, impersonificare un moderno gourmand?

Oggi è ancora possibile varcare l’ingresso di un ristorante e respirare da subito l’atmosfera della buona cucina in un ambiente gradevole dove noti che ogni dettaglio ne racconta la Storia. Quei ricordi dettati dalle radici in una visione contemporanea.

Mi è successo di recente a Roma presso il Ristorante “Al 59”, in via Angelo Brunetti nel cuore della capitale poco distante dalla centralissima Piazza del Popolo. I ricordi legati al primo locale dalla Cesarina” in via Piemonte, ritrovo e luogo d’incontro di persone legate allo spettacolo e alla cultura e in particolare di tutti i romagnoli romani come il regista Federico Fellini che lo frequentò fin dal suo arrivo nella capitale. “Per tutta la sua vita Fellini fu trattato come un figlio, ave 

va sempre un tavolo riservato, anche quando Cesarina decise di spostare la sua attività a via Brunetti”. Così raccontano i camerieri, tra una portata e l’altra, con estrema cortesia ed efficienza. Le radici della buona cucina romagnola mai negate anche nella nuova gestione di Alberto Colacchio, Immagineromano ma con origini campane e abruzzesi. Un mix di territorialità che oggi influenzano il suo stile di cucina. Un prodotto di quella ITALIAN GENIUS ACADEMY, la scuola professionale di Alta Cucina Italiana, che annovera tra docenti e collaboratori noti chef del calibro di Carlo Cracco, Massimo Bottura, Angelo Dandini e altri.

Cesarina

Quando rilevò “Al 59” capì da subito che il “marchio del ristorante della Dolce Vita” doveva rimanere come riferimento e ripartì da quei piatti che lo resero famoso in quegli anni. Una nuova cucina romagnola sussurata senza osare oltre: il che, a volte risulta un pregio e così è stato. Un passo dopo l’altro verso quella visione di contemporaneità che altro non è che il cambiamento nella tradizione. Ci si ritrova di fronte ad una cucina di indiscussa finezza giocata sull’ottenimento dell’armonia. Concretezza, semplicità, autenticità senza contare quei pizzichi di fantasia, passione ed amore che rendono specia li tutti i suoi piatti.

Ed ecco sfilare davanti a me piatti d’entrée come tartare di spigola, tre volte ostrica, tartare di vera Fassona, i supplì, le tre consistenze di carciofo e la tradizionale passatina di ceci. Assistere al passaggio dei primi piatti come il romano tagliatelle broccoli ed arzilla, tortellini fatti a mano in brodo alla romagnola, tortelloni di zucca, ricotta e spinaci, le immancabili amatriciana, carbonara e gricia della tradizione romana, un rivisitato primo fantasioso come tagliatelle di coda con cioccolato e la gramigna romagnola.

Ma sono i secondi piatti, fatti con sapiente manualità, a riportarci nei ricordi di una esperienza gastronomica mai fuori dagli schemi, condotta dallo chef 43534Alberto con il suo entusiasmo e voglia, allo stesso tempo, di sperimentare. Bollito misto emiliano-romagnolo con le salse tradizionali e nuove, saltimbocca alla romana rivisitati piacevolmente anche nella sostanza, involtini di spigola (a ricordare il Mare Adriatico) con

Passatina di ceci

rosta di patate allo zenzero (la voglia di sperimentare alla ricerca di nuovi equilibri gustativi), baccalà alla trasteverina (il pesce universale alla maniera della borgata romana) e l’immancabile parmigiana della nonna (forse un riferimento a Cesarina, nonna putativa del giovane Alberto).

“Il primo passo verso il miglioramento è non sentirsi mai arrivati”. Nonostante i riflettori della TV, i premi conquistati nei vari concorsi, gli elogi e le pacche sulle spalle con l’inevitabile “sei il migliore”, lo Chef Alberto Colacchio non ha smesso di studiare e confrontarsi con altre tecniche anche fuori dei confini nazionali. Perché misurarsi con altre tecniche di altre realtà rende bene l’idea del suo impegno.

Si sta bene “Al 59” e non è cosa da poco.

Pensiero finale da riportare nei miei hedyphagetica:

“ Lo chef mi ha regalato piatti di alto livello nella sua semplicità; ma esco dal locale con la netta convinzione che Alberto viaggi ancora con il freno a mano tirato”. Chapeau!

Urano Cupisti

(provato in incognito nell’Ottobre 2015)  

 

 

 

 

Finalmente un progetto internazionale per nuovi volti e nuovi talenti della musica: New Entries Europa Tour, ideato da Norma Imbriano e diretto artisticamente da Maurizio Verbeni. New Entries si occupa di orientare, formare ed addestrare gli artisti ed inserirli in maniera seria e reale nel mondo del lavoro.Bisogna avere un’età compresa tra i 16 e i 60 anni, salvo casi eccezionali che la commissione si riserva di accettare. Le selezioni per l’anno accademico 2015/2016 sono gratuite, seguiranno le prove di ammissione sempre gratuite che consistono in test psicoattitudinali, provino live e colloquio di selezione.

Avranno libero accesso tutti gli artisti che supereranno il colloquio di ammissione, che sarà curato da una commissione formata esclusivamente da noti esponenti dello spettacolo. New Entries oltre alla borsa di studio premia i 20 allievi Europa Tour, iscrivendoli a proprie spese ad un prestigioso concorso internazionale o nazionale. Una grande opportunità per accedere nel mondo della musica e costruire passo passo un percorso artistico di rilievo. New Entries Europa Tour non è una competizione, ma una promozione per gli artisti e la musica italiana in Europa e nel mondo.

L’artista più gettonato dal pubblico sia nella rappresentazione in teatro denominata “lancio del tour”, che avrà luogo subito dopo le audizioni, sia durante lo stesso tour, sarà premiato con la partecipazione alle finali del festival dell’Adriatico “Premio Alex Baroni”. Il vincitore del Festival dell’Adriatico, premio Alex Baroni, avrà diritto alla partecipazione al New Entries Europa Tour U.s.a. Presentatrice dell’evento Rossella Diaco, nota conduttrice Rai che ha sposato da subito il progetto. In giuria il direttore d’orchestra Mario Zannini, la cantautrice Linda d, il gruppo internazionale Milk and Coffee, Enzo Spinozzi patron del Festival dell’Adriatico “Premio Alex Baroni”, la professoressa, regista e attrice Anna Baldoni.

Per le iscrizioni e per saperne di più consultate il sito ufficiale: http://www.newentrieseuropatour.com/

  Qual è il " Senso della Vita "? Credo che tutti, ad un certo punto della loro esistenza si pongano questa domanda. Credo anche che , chi ancora non se l'e' fatta, prima o poi se la farà.

Da ragazzi non si pensa a questo, da adulti si è distratti dal lavoro, dalla carriera e dagli eventi. Ma poi viene il momento in cui ci si ferma un attimo a pensare: " si nasce, si vive e si muore ". Che senso ha ? Perché ...?

Qual'e' lo scopo dell'esistenza se poi tutto finisce ? Molti hanno provato a dare una risposta a tale interrogativo....ed anch'io voglio provarci. Inizierò analizzando due termini ai quali tutti sappiamo dare un significato : " Bene e Male ". Senza dilungarci troppo e semplificando al massimo, possiamo affermare genericamente che il " Bene " e' tutto ciò che riconosciamo eticamente, moralmente ed altruisticamente corretto nei confronti della società, dei singoli individui e del buon vivere comune. Il Male e' l'opposto...!...è l'assenza di Bene. Si può molto discutere su questa generica ed approssimativa definizione. Noi però , per comodità di espressione concettuale , la prendiamo per buona, rinviando ad altra occasione l'analisi più approfondita su questo tema. Comunque è certo che tutti sanno riconoscere il Bene quando lo ricevono; perché ci si sente gratificati, soddisfatti ed in uno stato di piacevolezza che pervade mente e corpo. In questo periodo storico Il Bene e' un po' meno sincero. Alcuni lo accennano, altri lo fingono, altri ancora lo millantano...ma fortunatamente qualcuno lo fa' realmente. Nel Bene riconosciamo tutti quei sentimenti positivi , quali : la carità , la tolleranza, l'altruismo, la comprensione, la misericordia, la giustizia...ecc...ecc . Al contrario , nel Male sono compresi tutti quei sentimenti negativi ed egoistici che animano l'essere umano : rabbia, livore, arroganza, egoismo, invidia, idolatria...ecc...ecc...

Il Creatore, chiunque Egli sia , visto in visione laica o Religiosa ( Dio, Budda, Allah, Vishnu...ecc..ecc...) ha volutamente creato l'uomo con un 50% di Bene ed un 50% di male.

Egli, poi, senza costringere nessuno, con il più grande atto di Democrazia conosciuto, ha dato ad ogni essere vivente il " Libero Arbitrio ", in modo che ognuno potesse decidere autonomamente quale delle due qualità scegliere.

Fin qui, l'approccio Laico va di pari passo con quello Religioso. Da questo punto in poi, essendo di Fede Cristiano-Cattolica esprimerò il mio pensiero in chiave Religiosa ( ...ma neanche tanto ).

Quando si nasce, non si sa' con precisione, ma, ad un certo punto del processo , il piccolo agglomerato di cellule ( il feto ) fino a quel momento inerte , si anima ( mistero della vita ). Potremmo anche dire che lo Spirito ( o l'anima ), al momento della nascita, viene rivestito da un complesso involucro di carne, che , da quel momento costituirà l'essere vivente e nel quale saranno stati infusi dal Creatore " Bene e Male " in pari percentuali.

Il bambino, nel tempo crescerà ed attraverserà tutte le fasi della vita : maturerà , invecchierà...ed in fine morirà . Questa evoluzione fisica risulterà qualitativamente buona o meno buona , sana o meno sana, a seconda dello stile di vita condotto. Anche lo Spirito ( l'anima ) dovrà avere una sua evoluzione. Ma come ? L' avrà in una necessaria " Crescita Spirituale ", e cioè , nello sforzo volontario e continuo , di trasformare, durante tutto il corso della vita, quel 50% di Male...quanto più possibile in Bene. Qualcuno pensa che esercitando tiepidamente e comodamente, soltanto, quel 50% di Bene già insito nella propria natura, possa ritenersi salvo e nel giusto. Questo, a mio avviso, è un errore perché , così facendo, non avrà esercitato volontariamente alcuno sforzo per trasformare , a sufficienza , quel 50% di Male. È sul Male che dobbiamo " lavorare "...spingendoci (non senza travaglio interiore) ad effettuare una " Correzione " della nostra natura. Operando tendenzialmente in tal modo, volontariamente ed autonomamente , saremo creatori di noi stessi ( il Creatore ha voluto che ognuno decidesse in completa autonomia il proprio destino con una personale " Crescita Spirituale “ ). Alla fine dei nostri giorni lasceremo quel fardello ( il corpo )...e con esso l'anima, che, con il nostro modo di vivere, avrà determinato...oppure no , volontariamente, la Correzione (" Crescita Spirituale ") ! In questo individuale sforzo correttivo, la precaria Vita terrena , accompagnata da gioie, dolori e prove di tutte le specie, sarà servita a meritarsi un " Passi " per la vera Vita Eterna. Concludendo , posso affermare con ferma convinzione , che il mio " Senso della Vita " ( esercitando il "Bene " ) ...sta nel continuo sforzo di correggersi dal " Male " !

                                                                                       

È arrivata a Roma al Complesso del Vittoriano, la seconda tornata di opere dal Musée d'Orsay di Parigi. Lo scorso anno si è tenuta la mostra dedicata alla storiadell’istituzione parigina.

Ora è la volta di Impressionisti, tête à tête in corso fino al 7 febbraio 2016. Come si evince dal titolo, è il ritratto l’affascinante tema prescelto. Più di sessanta opere, in gran parte dipinti, ma anche qualche scultura, ci mostrano i volti dei protagonisti, non solo della pittura, ma anche della cultura e della società dell’epoca.

Curatori sono Guy Cogeval, presidente dei Musée d’Orsay et de l’Orangerie, il direttore delle collezioni e conservatore del dipartimento di pittura Xavier Rey e Ophélie Ferlier, conservatore del dipartimento di scultura. Quest’ultima ha rimarcato come la mostra offra occasione, più di quanto lo consenta la sede d’origine, di un confronto-dialogo tra pittura e scultura. Le sculture esposte non sono in gran numero e di dimensioni contenute, tra queste il ritratto di Victor Hugo di Rodin del 1897 e una delle fusioni di Ecce Puer, o Impressione di bambino (Ritratto di Alfred Mond a sei anni) del 1906.

Altro italiano in mostra, Giovanni Boldini, che fa toccare con mano i materiali dell’elegante guardaroba delle signore da lui ritratte che sembrano presenti con tutta la loro verve e lo charme, in questo caso si tratta Madame Charles Max, immortalata nel 1896.

La viscontessa di Poilloüe de Saint Perier di John Singer Sargent ritratta 1883, spicca nel suo abito rosso.

 

Una sola l’autrice presente, Berthe Morisot, con Giovane donna in abito da ballo del 1879 e L’ortensia o le due sorelle del 1894.

Le opere coprono un periodo tra il 1850 e il 1920, illustrano ciò che c’era prima e ciò che viene dopo l’Impressionismo. Attraverso i volti si dà conto anche del contesto storico sociale.

Una sezione è dedicata all’infanzia. Bambino e donna in un interno di Paul Mathey del 1890 ca, colpisce per la costruzione dell’immagine, dalla figura del bambino biondo, l’occhio dello spettatore è portato all’interno della casa, che si approfondisce grazie a piani differenti. Nell’interno pieno d’atmosfera si svela l’attività della donna. Interno di una casa o dell’inconscio?

Non tutti famosi gli autori, una manciata sono i capolavori conosciuti e caratterizzanti il movimento. Tra questi Il balcone di Manet del 1890, L’altalena di Renoir del 1867, la Donna con caffettiera di Cezanne, realizzata tra il 1890 e il 1895.

Un filmato che spiega la nascita e lo sviluppo dell’impressionismo apre la mostra, che prosegue con le foto e le biografie degli artisti.

 

Impressionisti, têteàtête

Roma, Complesso del Vittoriano

15 ottobre 2015- 7 febbraio 2016

Orario: dal lunedì al giovedì 9.30-19.30

           venerdì e sabato 9.30-22.00

           domenica 9.30-20.30

Ingresso: intero €.12,00; ridotto €. 9,00

Info: 06 6780664

www.comunicareorganizzando.it

Catalogo: Skira €. 38,00

October 13, 2015

Ieri è morta la Costituzione italiana, riforma votata dalla sola maggioranza e grazie ai transfughi di Forza Italia capeggiati dal Sen. Dennis Verdini. ma vediamo nel dettaglio cifre, numeri ed esempi.

Ecco quanti sono i politici italiani: dati e stipendi

Deputati, senatori, assessori, consiglieri regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali.
Quanti sono, quanto ci costano:

630 Deputati e 315 Senatori
Che come ben sappiamo, oltre a percepire un lauto stipendio, godono di una lista interminabile di privilegi... non mi dilungo perché la questione è nota..

1.117 Consiglieri regionali
Una parte dei quali, sono assessori (e riscuotono di più). Lo stipendio e il numero dei consiglieri regionali varia da regione a regione: ma da praticante da nessuna parte, comprendendo rimborsi e gettoni, questo è inferiore a un minimo di 10.000 euro mensili: ma spesso guadagnano molto di più. In Piemonte, per esempio la somma tra stipendio e rimborsi, può superare i 18.000euro. Non dimentichiamoci dell' "indennità  di fine mandato": se ne parla poco, ma corrisponde a una cifra considerevole: prendendo in esame il Piemonte, può arrivare a 257.000 euro: praticamente, se lo sommiamo per le 60 mensilità che compongono il mandato, si parla di 4.283 euro al mese. Ovviamente, anche per loro spesso è previsto un bel vitalizio, diritto che viene acquisito mettendo alle spalle anche solamente mezza legislatura.

Per conoscere il dettaglio degli stipendi dei consiglieri regionali nelle 15 regioni andate a elezioni nel 2010 clicca qui (Espresso)
PS: (allo stipendio, composto dalla somma delle voci "stipendio netto" e "rimborsi", va sommato il gettone di presenza delle commissioni: il cui importo, variabile è spesso intorno ai 100 euro. I consiglieri, che spesso fanno parte di più commissioni, si riuniscono in commissione almeno 3 volte a settimana). Per conoscere il dettaglio regione per regione dei consiglieri, suddivisi per partito, clicca qui (Wikipedia)

8.094 Sindaci
Lo stipendio del sindaco varia in base al numero degli abitanti: allo stipendio, ovviamente vanno sommati i rimborsi e le spese di rappresentanza.

GAZZETTA UFFICIALE della Repubblica Italiana (13/05/2000)
Indennità di funzione mensile dei sindaci
Comuni fino:
a 1000 abitanti guadagnano 1.290€
Comuni da 1.001 a 3.000 abitanti 1.450€
Comuni da 3.001 a 5.000 abitanti 2.170€
Comuni da 5.001 a 10.000 abitanti 2.790€
Comuni da 10.001 a 30.000 abitanti 3.100€
Comuni da 30.001 a 50.000 abitanti 3.46€
Comuni da 50.001 a 100.000 abitanti 4.130€
Comuni da 100.001 a 250.000 abitanti 5.010€
Comuni da 250.001 a 500.000 abitanti 5.780€
Comuni oltre 500.001 abitanti 7.800€

Comuni: 120.490 consiglieri e 35.254 assessori

Mentre i consiglieri comunali riescono a racimolare poche centinaia di euro, gli assessori arrivano a percepirne svariate migliaia:

I consiglieri comunali percepiscono un gettone di presenza, il cui importo varia comune per comune. Nei comuni da 1.001 a 10.000 abitanti, 18.08€ a seduta; da 10.001 a 30.000 abitanti, 22.21€; da 30.001 a 250.000 abitanti, 36.15€ per ciascuna presenza in aula. Oltre ad essere percepiti ad ogni riunione del Consiglio Comunale, i gettoni di presenza sono previsti anche per la presenza alle commissioni.

Agli assessori di comuni con popolazione superiore a mille e fino a cinquemila abitanti è corrisposta un'indennità  mensile pari al 15% di quella prevista per i sindaci. Agli assessori di comuni con popolazione superiore a cinquemila unità  e fino a 50.000 è corrisposto un compenso pari al 45%. La tabella dalla quale ho estratto i dati, non indica lo stipendio per gli assessori di comuni superiori ai 50.000 abitanti: ma sicuramente sarà  più elevato, visto ogni indennità aumenta con il numero degli abitanti.

Prendiamo in esempio il Comune di Torino:

COMUNE DI TORINO
- sindaco (Chiamparino) € 9.123,53;
- Vice Sindaco € 6.842,65;
- Assessori comunali € 5.930,31
- Presidente del Consiglio comunale: € 5.930,06;
- Consiglieri comunali: € 3.142,00;

A QUESTE INDENNITA' DI FUNZIONE VANNO AGGIUNTI A TUTTI QUANTI:
- € 120,85 per ogni seduta istituzionale massimo 1 al giorno (massimo 19 "sedute" al mese);
- € 0,510 rimborso chilometrico che viene corrisposto a ciascun dei suddetti eletti per A/R dal luogo di residenza fino alla sede di "lavoro istituzionale”

Natale Ventrella

October 11, 2015

 di Carlotta Caldonazzo

 

Decine di migliaia di persone, dalle organizzazioni sindacali al Partito democratico dei popoli (Hdp, il partito filocurdo), dai movimenti sociali ai comuni cittadini, hanno sfilato l'11 ottobre per le strade delle tre principali città della Turchia, per chiedere giustizia per le vittime dell'attentato suicida che ha fatto strage in un raduno di sindacati e pacifisti ad Ankara. Ma soprattutto per chiedere pace e porre l'amministrazione del presidente Recep Tayyip Erdoğan di fronte alle sue responsabilità. Alcuni, intanto, suggeriscono un coinvolgimento di apparati di governo nella strage di sabato, con lo scopo di proseguire sulla linea dell'accentramento dei poteri e del rifiuto di qualsiasi forma di dialogo politico, con il pretesto della “sicurezza”. Tra gli slogan gridati durante le manifestazioni di domenica c'era appunto katil devlet, “stato assassino”. Uno slogan tristemente noto, che riporta alla mente le immagini del decennio nero algerino. Anche allora, dopo l'ondata di proteste sociali e civili del 1988, il governo in carica scelse la linea della repressione e, per percorrerla fino in fondo, innescò (attraverso i movimenti islamici radicali) la scintilla che provocò la guerra civile. Altro elemento comune, anche in Algeria a trainare le proteste erano spesso i movimenti e partiti di sinistra sensibili ai diritti delle minoranze, in particolare alla causa berbera (autonomia e riconoscimento culturale per la minoranza berbera in Cabilia).

A meno di venti giorni dalle nuove elezioni parlamentari del 1 novembre, indette dopo la perdita della maggioranza assoluta del partito di governo (Akp, Partito Giustizia e Sviluppo) alle elezioni del 5 giugno e il fallimento delle successive trattative per formare una coalizione, lo staff di Erdoğan si trova nuovamente sotto una pioggia di critiche per l'atteggiamento accentratore e dispotico, da molti giudicato irresponsabile. Ancora una volta il casus belli riguarda il processo di pace con il Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk), avviato nel 2013 grazie alla mediazione di Selahattin Demirtaş (co-segretario dell'Hdp) e interrotto unilateralmente da Ankara lo scorso luglio. Vale forse la pena ricordare che la decisione di lanciare una nuova campagna militare era arrivata dopo quella che il governo considerava una rappresaglia del Pkk per l'attentato di Suruç, costato la vita a oltre trenta giovani attivisti, riuniti per discutere della ricostruzione della città curda siriana di Kobane. In comune con la strage di Ankara, oltre all'obiettivo (movimenti vicini alla causa curda) e alla tattica dell'attentato suicida, ci sarebbe (a quanto risulta dalle prime analisi) il tipo di esplosivo utilizzato. Solo che allora, trattandosi di Kobane, le autorità avevano scelto con fulminea sicurezza la pista dei cartelli del jihad del cosiddetto Stato islamico (Daech), mentre questa volta il primo ministro Ahmet Davutoğlu ha incluso tra i sospetti anche il Pkk e due organizzazioni di “estrema sinistra”, ovvero il Partito-fronte rivoluzionario di liberazione del popolo e il Partito comunista marxista leninista. La prima, peraltro, sospettata di legami con il deep state, ovvero gli apparati di stato “occulti”, soprattutto da quando una militante di spicco, arrestata nel 2008 ma rilasciata nel 2012 in attesa di un nuovo processo, è stata uccisa dopo aver dichiarato in un'intervista di essere disposta a rivelare i legami tra il Movimento-fronte ed Ergenekon (gruppo ultranazionalista clandestino, accusato di infiltrare suoi elementi nell'esercito e nei servizi di sicurezza, sul modello di Gladio). Inoltre, c'è un terzo attentato simile per dinamica e obiettivo a quelli di Ankara e Suruç, ovvero quello compiuto il cinque giugno scorso da due attentatori suicidi (in tutti e tre i casi la dinamica è simile) a Diyarbakır, durante un raduno dell'Hdp. Una trentina di morti e un pericoloso aumento di tensione a due giorni dalle elezioni parlamentari.

Così, mentre in Tunisia il “quartetto nazionale per il dialogo” ha vinto il premio Nobel per la pace per aver salvato il paese dalla guerra civile, l'amministrazione Erdoğan viene accusata, oltre che di autoritarismo e censura (in particolare per l'atteggiamento repressivo nei confronti della stampa), anche di attuare una strategia della tensione con lo scopo di imporre un controllo più capillare in vista delle prossime elezioni. In effetti, in gioco per il presidente turco c'è la possibilità di fare della Turchia una repubblica presidenziale, completando l'iter di accentramento dei poteri. Nondimeno, l'Akp questa volta sarà costretto ad accettare i risultati delle elezioni parlamentari, a meno che non voglia trascinare il paese verso una guerra perpetua. Tanto più che l'ultima strage (la più sanguinosa della Turchia moderna) è avvenuta nella capitale amministrativa, malgrado i ripetuti contatti tra Erdoğan e i mukhtar, rappresentanti di quartieri e comunità locali. Incontri che vanno avanti da gennaio e riguardano la creazione di un sistema informativo speciale protestationche permetterà a questi “notabili” di comunicare direttamente con il Ministero degli interni. Per ora il presidente turco ha chiesto loro di informare la polizia locale di eventuali attività sospette e luoghi di ritrovo di militanti del Pkk. Decisione anche questa assai controversa, visti i rischi che si corrono nel tentare di gestire un paese incoraggiando la pratica della delazione, che rischia, al contrario, di distruggere il tessuto sociale e le relazioni che lo costituiscono.

La situazione in Turchia, dunque, desta preoccupazioni. Anzitutto per il timore diffuso che Erdoğan possa tentare di guadagnare consensi mettendo in atto una strategia della tensione che potrebbe avere ripercussioni nefaste non solo sulla situazione interna ma anche sui conflitti in Siria e Iraq. Infatti, malgrado le promesse di Ankara di sostenere la coalizione internazionale contro il cosiddetto Stato islamico (una strategia, peraltro, di per sé discutibile), i bombardieri turchi finora hanno preso di mira quasi solo presunti rifugi del Pkk. Inoltre, a seguito della strage di Ankara, le autorità potrebbero prolungare il coprifuoco imposto in molte città del Sud-est a maggioranza curda, una misura che rischia di mettere in difficoltà chi vorrà recarsi alle urne il prossimo 1 novembre. Di contro, un serio confronto politico unito a una ripresa fruttuosa del processo di pace con il Pkk potrebbe essere il primo passo verso una maggior considerazione dei diritti fondamentali di tutti i cittadini turchi. Basti pensare che tra i deputati dell'Hdp entrati in parlamento alle parlamentari di giugno c'erano, oltre a un cospicuo numero di donne, vari attivisti dei movimenti in difesa di Lgbt. Occorre ricordare inoltre che, con quasi il 30% dei voti ottenuti alle ultime elezioni, Demirtaş, da anni avvocato dell'Associazione turca per i diritti umani e tra i fondatori del presidio di Amnesty international a Diyarbakır, avrebbe potuto offrire un contributo fondamentale al processo di democratizzazione della Turchia (che ovviamente passa anche per la soluzione della questione curda), garantendo rappresentanza politica non solo ai Curdi ma anche a quei movimenti che chiedono giustizia sociale. Significative le parole da lui pronunciate ad Ankara, durante la manifestazione all'indomani dell'attentato. “Il partito di Erdoğan ha le mani sporche di sangue”, ha detto il co-segretario dell'Hdp, “ci vogliono far tacere, ma noi continueremo la nostra lotta pacifica”. Ankara, tuttavia, non sembra intenzionata a cambiare linea, e non solo sul Pkk. Qualche giorno fa, ad esempio, un giornalista del quotidiano Hürriyet è stato aggredito da un gruppo di sostenitori dell'Akp, mentre il direttore del quotidiano Zaman è stato arrestato per un commento critico su Erdoğan sulla rete sociale Twitter. Insomma, finora, sullo sfondo delle richieste di pace, lavoro e democrazia (questo sarebbe stato lo slogan del corteo di Ankara del 10 ottobre) di movimenti e sindacati, l'unica forza ad aver chiesto un cessate il fuoco in vista delle elezioni è stata proprio il Pkk.

October 07, 2015

“Spotlight” , film del regista americano Tom Mc Carthy, presentato in settembre al 72mo Festival del Cinema di Venezia , fuori concorso, racconta la storia vera di una inchiesta svoltasi in merito agli abusi che i preti cattolici hanno praticato su molti minorenni, a Boston, la città con il più alto numero di cattolici negli Stati Uniti,.

Il film si ispira al Watergate cattolico del 2002: una lunga serie di abusi perpetrati da molti preti su decine di minori a Boston. Un abominio che è andato avanti per decenni, sempre accuratamente nascosto, prima che arrivasse un’inchiesta giornalistica del “ The Boston Globe” a scoperchiare lo scandalo. L’indagine fece vincere al quotidiano il premio Pulitzer di pubblico servizio nel 2003.

Furono scritti più di 600 articoli per raccontare le oltre 1000 violenze subìte dai bambini e mai venute fuori fino allora. Il profilo delle vittime era sempre lo stesso: quasi tutti provenivano da famiglie povere, con padri e madri assenti e tanto disagio. Quello che subirono fu un abuso fisico ma anche spirituale. I bambini erano smarriti e non sapevano a chi rivolgersi , le loro famiglie non erano in grado di comprendere e facevano quello che i preti volevano fosse fatto.

Nel film l’inchiesta è condotta da alcuni intrepidi giornalisti del quotidiano “The Boston Globe”, fortemente determinati a scoprire i segretissimi ed occultati carteggi relativi ai numerosi abusi sessuali perpetrati dai preti cattolici nei confronti di molti minorenni.

I giornalisti, protagonisti assoluti del film sono decisi a rivelare quello che per trent’anni era accaduto nell’omertà generale: la pedofilia tra i preti di Boston e soprattutto lo scandalo della copertura della Chiesa. Un giorno scoprono che anche il direttore di redazione , Walter Robinson, (interpretato da Michael Keaton) aveva già avuto tra le mani materiale che avrebbe potuto far scoppiare il caso anni prima, ma trascurò la cosa. Così come le alte sfere hanno taciuto e le vittime hanno preferito non denunciare.

Questo straordinario gruppo di giornalisti investigativi, aggregati sotto il nome di “Spotlight” riesce a raccogliere prove contro settanta preti pedofili e a dimostrare che da parecchio tempo esisteva la pratica diffusa in base alla quale, quando il vescovo di Boston, Bernard Francis Law, veniva a sapere di denunce fatte dalle famiglie dei ragazzini abusati, patteggiava con i familiari un rimborso, spostava di parrocchia il religioso colpevole, per poi rimetterlo, dopo poco tempo, al suo posto. Senza mai prendere provvedimenti drastici contro il prete pedofilo.

In una città in cui regna il falso perbenismo e in cui si nascondono i misfatti di quelli che dovrebbero essere i portatori della religione cattolica l’inchiesta di qualche giornalista è scomoda per qualcuno ed è un’ impresa veramente ardua che incontra sbarramenti sin dall’inizio: dalle perplessità del capo redazione alle reticenze dell’avvocato che ha trattato tutti i casi. Per non parlare dell’incredulità iniziale della popolazione. I giornalisti infatti si scontrano spesso con numerosi e invisibili ostacoli sociali, politici e burocratici, rappresentati da rinomati avvocati che hanno scelto, sotto scambio di denaro, di nascondere e non denunciare e da familiari che chiudono le porte, impauriti e reticenti.

Per non parlare del cinismo di alti esponenti della Chiesa Cattolica, che, come se niente fosse, fingono che non sia mai successo niente, sprezzanti dei diritti umani e della dignità delle persone che hanno subìto le conseguenze negative dei loro misfatti. Paradossale è anche la loro pretesa di voler insegnare il bene alla comunità.

Tutto parte dalla coraggiosa testimonianza di un giovane che si presenta in redazione deciso a raccontare, finalmente dopo tanti anni, le violenze subìte da bambino, da parte dei preti: fatti che lo avevano disastrosamente scioccato e che lui non aveva mai avuto la forza di raccontare a nessuno. I giornalisti, strabiliati, pensano subito ad un grosso scoop ma contemporaneamente desiderano portare un prezioso servizio alla società, mettendola al corrente dell’esistenza di inquietanti verità.

Dopo la pubblicazione di centinaia di fascicoli colmi di testimonianze di orrori e violenze – anche su bimbi di 10 anni - , nel 2004 il cardinale Bernard Francis Law , arcivescovo di Boston dal 1984 al 2002, fu costretto a dimettersi in seguito allo scandalo per avere sempre fatto insabbiare i fatti e per non aver mai denunciato pubblicamente novanta sacerdoti dei quali quasi sessanta furono costretti poi a lasciare l’incarico. Law venne incredibilmente trasferito a Roma, alla Basilica di Santa Maria Maggiore, da Giovanni Paolo II. E tuttora vive lì indisturbato, a 6437 chilometri dai brutti ricordi.

Non sono mai state erogate delle vere e proprie sanzioni penali, come accade invece per tutti i cittadini che commettono un reato.

“Spotlighi” è un film cinematograficamente molto efficace perchè è sorretto da un cast di attori perfettamente aderenti al ruolo e perché afferma un dato di fatto incontrovertibile: la Chiesa Cattolica, grazie ad alcuni suoi esponenti collocati ai più alti livelli della gerarchia, ha creduto di salvare la fede dei molti nascondendo la perversione di pochi. Ha invece ottenuto l’effetto contrario creando il sospetto nell’opinione pubblica.

Thomas Mc Carthy presenta un film di denuncia, che è anche un omaggio al giornalismo di inchiesta perché vuole riconoscere importanza al giornalismo investigativo. Il film è veloce, d’azione, senza inutili esitazioni, ma essenziale, pregnante e ben costruito. E soprattutto racconta scottanti verità.

Jolanda Dolce

 

Scoprire l’identità specifica e originale di una determinata zona vitivinicola tanto lontana, fuori dalla nostra cultura occidentale, dalla logica dei primi della classe. Poi riconosci che si tratta di un’identità storico-culturale dove la vite è presente da sempre o quasi, dove si è tramandata una tradizione produttiva che nello scorso secolo ha assunto un ruolo determinante nell’economia di quella regione.

images 1Un sito vitivinicolo direi “storico” dove oggi il “fermento” post-rivoluzionario lo rende più vivo che mai.

L’intreccio tra Storia, Cultura e Natura pone la Penisola di Crimea al centro dell’attenzione degli appassionati del mondo del Vino che ogni anno si danno appuntamento a Merano per partecipare al Merano Wine Festival.

Helmut Köcher, ideatore, organizzatore fin dalla prima edizione nel lontano 1992, con idee chiare e lavoro rigoroso, che sono alla base della sua filosofia, definisce confini e contenuti dell’avventura del fare vino in Italia e imagesall’estero. Ogni anno aggiunge perle per la conoscenza mondiale.

Ricordo le ultime: Sud Africa, Georgia, Romania. Quest’anno sarà di scena la Crimea. E lo sarà ai massimi livelli rappresentativi: La Cantina Massandra.

Tra mille difficoltà dovute alla attuale situazione geo-politica che vuole la Penisola di Crimea oggetto di rivendicazioni di sovranità tra l’Ucraina e la Russia, portare i Vini a Merano risulta un’impresa incredibile. Non dimentichiamoci che attualmente la Penisola è territorio russo, soggetto a sanzioni europee. Ne deriva la problematicità a far arrivare i prodotti. Helmut Köcher è riuscito anche in questo e potremo deliziarci dei vini fortificati tanto amati dalla corte imperiale e non solo.

Scrivo non solo perché ancora non si è spenta l’eco di quanto successo recentemente nel mese di settembre. L’ex Premier Berlusconi in visita all’amico Putin pare abbia stappato una bottiglia di Jerez de la Frontera imbottigliato nel 1775 e da una foto, che ha fatto il giro del mondo, si vede lo stesso Berlusconi, in visita a Massandra, prendere una bottiglia risultata essere del 1891 con la didascalia in inglese: “possiamo berla?”.

La cantina Massandra si trova vicinissima a Yalta, nel sud della Penisola. Alle spalle i monti di Crimea con la vetta del Eclizee-Burun.

Se la maggior parte della Crimea ha un clima continentale temperato, la costa sud si presenta con un clima sub-tropicale influenzato dalle correnti calde del Mar Nero. La fascia vitivinicola protetta dalla cordigliera dà quindi origine a vini importanti per la loro struttura e innata capacità a divenire eccellenti vini fortificati. Massandra è anche famosa non solo per la produzione di vini ma come cantina imperiale. La visita delle sue cave ti fa capire il Satellite image of Crimeaperché gli Zar decisero di costituire al suo interno un vero e proprio luogo di conservazione di vini provenienti da tutto il mondo allora conosciuto. Oggi la collezione di Massandra conta all’incirca un milione di bottiglie.

Ebbi modo di visitarla nei primi anni ’80 (già soffiavano i primi venti della perestrojka) e ne rimasi colpito a tal punto da ricordarla nei miei appunti come momento indimenticabile. Una seconda visita in età più matura ispirato dallo studio delle origini del Vino e dal profondo rispetto per i singoli terroir, mi portò a riconoscere che in determinate zone, ancora sconosciute o meglio dimenticate, si possano produrre vini davvero eccezionali. Oggi in Crimea, l’evoluzione delle conoscenze unitamente all’utilizzo di vitigni giusti accompagnati dalla competenza di agronomi ed enologi preparati, assistiamo ad un veloce cambiamento produttivo nella speranza che quanto stia accadendo dal punto di vista politico trovi quella giusta dimensione di quieto vivere.

A Merano avremo i vini fortificati come Dessert Moscato Bianco, Port Red Livadia, Sherry Massandra, Tokaj South Coast insieme ai tradizionali Black Doctor, Kagor Partenit, Pinot Gris, Rose Muscat, Settimo Cielo del Principe Golitzyn. Una cosa è certa: durante il Master Classes denominato Mistic Wines – Vertical Tasting Massandra Winery vivremo, ancora una volta, momenti dall’atmosfera originale ai quali Helmut Köcher ci ha abituati ultimamente (ancora vivo il ricordo dell’indimenticabile Master Classes sui vini fortificati del Mauri-Roussillon). Una verticale. Otto annate di Muscat Massandra, dal 2010 fino a scendere al 1937, con moderatori la Sig.ra Yanina Pavlenko, attuale direttrice Generale dell’Azienda , Andrej Pruss del Centro Russo e naturalmente il patron della Manifestazione Helmut Köcher.

MeranoWineFestivalL’invito? Da non perdere assolutamente.

Merano Wine Festival è “una manifestazione che va oltre l’evento spettacolare e non può essere considerata una fiera, ma uno dei luoghi e delle occasioni più esclusivi per tutti gli operatori del settore. Informazione, cultura, mondanità si danno appuntamento per partecipare a un evento multiforme, ricco di occasioni di conoscenza, di incontro, di confronto in cui la parola chiave è sempre una sola: “eccellenza” (tratto dal sito ufficiale).

Semplicemente Chapeau!!!

Urano Cupisti

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