L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni.


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Kaleidoscope (1370)

Free Lance International Press

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September 09, 2019

Il partenopeo Ferdinando Maddaloni, con il suo “Vedi Napoli e poi (non) muori”, dopo Montreal e Porto, si è aggiudicato il premio come miglior cortometraggio internazionale anche al Brazil International Film Festival.

 

La cerimonia di premiazione si è svolta nell’ Espaço Cultural Higino a Teresopolis/Rio de Janeiro il 24 agosto 2019

“L’impresa più ardua” afferma Maddaloni “è stata cimentarsi con la lingua brasiliana. In caso di premiazione, avevo preparato un discorso di ringraziamento in lingua portoghese. Quando ho sentito il mitico: “the winner is …Ferdinando Maddaloni” ho chiesto alla mia compagna, Yesim Kaya, di salire sul palco con me. Ho pensato che, con lei al mio fianco, sarebbero stati più clementi per la mia pronuncia”

“I festival indipendenti come il Brazil International Film Festival” continua Maddaloni “sono molto importanti per tutti coloro che difficilmente trovano una distribuzione nei circuiti ufficiali. Personalmente, oltre alla speranza di vincere un premio, quello che ricerco in un festival sono molteplici proiezioni pubbliche e tanta pubblicità (con interviste tv, radio e giornali).

In tutto questo l’organizzazione della Filmfestivalsgroup di Josè Claudio Silva è stata impeccabile”.

Il cortometraggio è stato premiato per il messaggio racchiuso all’interno della relazione che si crea nel capoluogo campano tra due pericolosi terroristi giunti con l’obiettivo di un attentato e due napoletani comuni; paure e pregiudizi lasciano il posto all’amore per l’altro, per il cibo e per la terra, rovesciando il famoso detto “Vedi Napoli e poi muori”.

“Prossimamente sarò ospite di un festival internazionale di gastronomia a Gaziantep in Turchia” conclude Maddaloni “poi di nuovo sul palco il 13 ottobre al Premio Italia Diritti Umani 2019, organizzato dalla Flip, con un estratto da Canto notturno di un astronauta errante sulla terra, un inedito dedicato al 50 anniversario dell’allunaggio”.

Frammenti che orbitano qua e là, individuati, carpiti; li commento e condivido con voi.

La Riflessione!  

 

 

 

La polemica di fine estate.

È senza alcun dubbio “Terregiunte”, vino da due vini. Costasera Masi (Amarone) e Raccontami primitivo di Bruno Vespa (proprio lui, l’arcinoto presentatore). Prendete uve Corvina, Rondinella, Molinara (le uve dell’Amarone) e unitele con Primitivo di Manduria, quelle di Bruno Vespa, affidatele ad un enologo di alto livello quale Riccardo Cotarella ed ecco nascere Terregiunte Masi-Vespa alla faccia di Doc, Docg, terroir, microclima, storia, tradizione, al grido di Italiani unitevi. Nord e Sud insieme. Tanto di conferenza-stampa, tutti uniti giurando amore eterno. E poi il doveroso, puntuale e veloce Comunicato-Stampa contro il “vino che affossa il Terroir” da parte del Consorzio tutela vini della Valpolicella. Cotarella prende subito le distanze perché ha capito che l’operazione è una grande e colossale Caxxata rischiando di far la fine del noto Chef che sponsorizzò le patatine fritte, insomma andar contro quelle che sono le sue convinzioni in termini di vino. Gli organi della Puglia al momento tacciono. Vespa, da buon “democristiano”, docet.

 

Frammento n. 1

Se questa è comunicazione

Da sempre

 sono convinto che i produttori italiani di spumanti siano sulla buona strada, in particolare “i trentini”. Certa stampa “nostrana” continua a metterla sul derby di tipo “calcistico” in particolare con lo champagne francese. Ecco parte del “notizione” apparso recentemente: Italia batte Francia nelle “bollicine”. E giù statistiche trionfalistiche per poi dover ammettere, nascosto tra le righe, che la Champagne è la regione vinicola mondiale più premiata. Come la mettiamo?

 

 

 

Frammento n. 2

Cantine Aperte in Vendemmia

Ecco una buona notizia, l’Uva chiama a raccolta. Il Movimento Turismo del Vino ricorda che si possono visitare le cantine durante il periodo vendemmiale. È il momento in cui le aziende si animano e invitano gli appassionati e non solo a visitare sia i vigneti durante la raccolta che le cantine nelle prime fasi di lavorazione. Se decidete di andare verificate le aperture.

 

 

 Frammento n. 3

Il sogno di degustare super etichette al calice.

Vino al calice; quanti errori nei locali. Entri in un locale, dai uno sguardo alla Carta Vini e ti ricordi di essere da solo. Opti per il vino al calice. La scelta si restringe al “vino della casa” e pochi altri. Nel maggiore dei casi arriva sul tavolo il calice senza la bottiglia scelta. Non la faccio lunga. Ordinate una bottiglia e chiedete di portarla via. Molti ristoranti offrono il bag.

 

 

 

Frammento n. 4

Merano Wine Festival 2019

Dal 1° luglio è iniziata la vendita dei biglietti online per l’edizione numero 28 di scena a Merano dal 8 al 12 novembre. Apertura come sempre con Naturae et Purae, a seguire la tre giorni vero cuore dell’evento, la Gourmet-Arena, The Circle, il Fuorisalone per concludere con il martedì dedicato a Catwalk Champagne. Un consiglio a chi fosse intenzionato a partecipare: cogliere al volo le offerte sulle combinazioni ticket. Si esauriscono in breve tempo.

 

 

 

Frammento n. 5

Il vino che parla

Arriva dalla Puglia l’etichetta intelligente. La Cantina Colli della Murgia di Gravina lancia la prima bottiglia che parla. Si tratta di un piccolo software (Chatbot) progettato per simulare una conversazione in modo naturale. Insomma è sufficiente fotografare con uno smartphone il QR code dell’etichetta ed ecco tutte le informazioni su azienda e vino che state acquistando. Questa volta non scritto ma viva voce. L’intelligenza artificiale ad uso e consumo anche del vino.

 

 

 

Osservo, scruto, assaggio e…penso. 

August 17, 2019

Nel dibattito politico italiano, le forze politiche di destra vengono spesso accusate di vincere cavalcando la paura dilagante, etichettata come “paura del diverso” o “xenofobia”; una trappola linguistica, in cui i partiti che si definiscono o sono identificati come “di sinistra” cadono da decenni

 

 

Dopo il crollo dell'Unione sovietica una delle principali preoccupazioni della sinistra italiana era dimostrare di non aver nulla a che fare con il “vecchio regime” e di essere pienamente in grado di “gestire la transizione”, ossia la globalizzazione e l'imposizione del neoliberismo in un ordine mondiale guidato dalla superpotenza statunitense.

Un atteggiamento inutilmente remissivo e suicida, che ha consentito lo sgretolamento progressivo delle conquiste sociali dei decenni precedenti rinunciando a portare avanti in modo serio la questione dell'equità e della giustizia sociale, e ha spianato la strada all'ascesa di Silvio Berlusconi. In altri termini, respingendo in blocco l'eredità comunista, ha anzitutto offerto il fianco alla propaganda dei partiti liberisti consentendo a questi di imporre all'immaginario collettivo, attraverso i mezzi di comunicazione di massa, l'infondata identificazione concettuale tra uguaglianza (quindi anche equità e giustizia sociale) e Stato autoritario; di conseguenza, la sinistra ha perso il suo potere rappresentativo in una società in rapida evoluzione, in cui il “mercato del lavoro” disintegrava progressivamente la solidarietà di classe in una miriade di istanze corporative di matrice individualista.

Inoltre, poiché era tale potere concreto a fondare l'efficacia comunicativa dei suoi discorsi, la sinistra ha perso la capacità di attrarre chi dissentiva o era relegato ai margini del sistema di produzione capitalista, mentre la progressiva diffusione delle nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione gettava le basi di una nuova società di massa, iperconnessa e fluida, nella quale l'imposizione di un pensiero unico passa per il controllo della “rete” e per l'abilità nell'orientarla. Ciò avviene peraltro secondo un meccanismo simile alla tendenza delle grandi imprese multinazionali e degli organismi finanziari più potenti a imporre la propria egemonia sulle piccole realtà economiche e sui piccoli sistemi produttivi, magari di sussistenza. D'altronde, la nuova concezione imposta dalla retorica dominante della “democrazia” come culla del libero mercato ha favorito l'affermazione di un nuovo tipo di figura politica, strettamente legata al mondo dell'economia, adatta a guidare lo “stato-impresa”. Come sosteneva Pier Musso sul mensile francese Le Monde diplomatique, si tratta di un modello inaugurato da Berlusconi e portato avanti oggi da presidenti come quello statunitense Donald Trump o quello francese Emmanuel Macron.

Secondo una tendenza analoga a quella della sinistra italiana degli anni '90 e 2000, da qualche anno si assiste a un'insistenza, da parte di quanto resta delle forze politiche che si riconoscono o vengono classificate come di sinistra, su due temi: il timore per l'ascesa di forze politiche reazionarie e la necessità di opporsi a queste ultime superando i pregiudizi e la “paura del diverso”. Due argomenti, peraltro, non di per sé fuori luogo, ma il cui insistente sbandieramento su tutti i mezzi di comunicazione di massa, dalla tradizionale TV alle reti sociali, induce a fraintendere la radice del deterioramento del tessuto sociale nelle società europee attuali, in particolare in quelle dei paesi con economie più fragili, Italia e Grecia in primis.

In virtù di un tale meccanismo, si afferma paradossalmente la tesi degli avversari politici, quei “reazionari” ai quali si dice di opporsi: la vera paura che induce gli elettori a votare “a destra” (oppure a non votare) è la paura dell'altro e la conseguente chiusura nella paranoia securitaria. Così, se la rinuncia all'utopia dell'uguaglianza e della solidarietà per conquistare l'”elettorato moderato” tra gli anni '90 e gli anni 2000 portò la sinistra ai margini della scena politica italiana, ora la rinuncia a un sano materialismo dialettico che punti il dito sulla vera causa della “paura” rischia di farne sparire i pallidi epigoni. Si tratta di una strategia che con quella adottata negli anni '90 ha in comune, oltre alla vocazione suicida, la perdita di quel senso di responsabilità collettiva che caratterizzava i discorsi degli esponenti del fu Partito comunista italiano (PC). In altri termini, l'unico modo che quanto rimane della sinistra ha di sopravvivere è affermare con convinzione e precisione argomentativa che la cosiddetta “paura dei migranti” di cui si parla tanto sui media e sulle reti sociali, quella strumentalizzata e cavalcata in senso xenofobo dalle destre, non è in realtà che una manifestazione dell'incertezza e delle profonde disfunzioni che caratterizzano le società europee in questa fase storica, prime tra tutte il precariato, lo sfruttamento brutale del lavoro e l'impoverimento.

In particolare, per quel che concerne l'Italia, dove, secondo un'indagine Istat del 2017, oltre cinque milioni di persone vivono in povertà assoluta, ciò che davvero preoccupa non è l'arrivo di rifugiati e migranti economici, ma l'assenza di giustizia sociale.

 

Infatti, la forma di discriminazione che è alla base di tutte le altre è economica e da questa dipendono le altre forme, da quella di genere a quella etnica, da quella culturale a quella religiosa: parole come straniero o extra-comunitario hanno connotazioni diverse a seconda che riguardino un ambasciatore, un turista o un povero alla disperata ricerca di un “porto sicuro” o di un lavoro, magari di un “posto sicuro”. Basti citare un esempio recente: a nessuno è venuto in mente di classificare i due turisti statunitensi accusati dell'omicidio del vicebrigadiere dei carabinieri Mario Cerciello Rega come extra-comunitari, né qualcuno ha invocato decreti sicurezza o espulsioni. Più in generale, un ambasciatore o un ricco uomo d'affari, in qualunque paese del mondo, saranno difficilmente oggetto di discriminazioni, insulti o aggressioni motivate da odio razziale. Si verifica quindi un fenomeno analogo a quello osservato in occasione dei dibattiti sull'imposizione di obblighi religiosi (ad esempio nei paesi islamici), che riguardano per lo più le classi dominati mentre nelle classi dominanti si riduce spesso a finzione propagandistica finalizzata alla conquista e al mantenimento del potere. Persino le discriminazioni di genere sono condizionate in varia misura, a seconda dei contesti, dall'appartenenza o meno alle classi dominanti. Conseguentemente, il fatto che il lavoro sia sempre più raramente fonte di dignità, di autonomia e di indipendenza oltre che di sostentamento materiale (eppure, non era forse questa una delle basi per l'affermazione della borghesia come classe dominante?) ha accentuato il feticismo delle merci di cui scriveva Karl Marx. In altri termini, la borghesia, una volta affermatasi come classe dominante, ha fatto proprio il sistema dei privilegi che fondava l'Ancien Régime, mutando il criterio della discriminazione: dalla nobiltà di sangue alla proprietà dei mezzi di produzione. Oggi, al feticismo delle merci si aggiunge quello della rete, dell'apparire, dell'attrarre seguaci (“followers”) e del potere di influenzare opinioni e tendenze: nell'attuale società di massa iperconnessa, l'uomo produce non solo (forse quasi non più) merci, ma soprattutto dati. Un prodotto che si vende e si acquista, quindi ha un suo specifico valore di scambio, che cresce in misura direttamente proporzionale alla sua pertinenza nel controllo delle collettività e degli individui e all'importanza che tale controllo ha nelle singole società. È il capitalismo della sorveglianza, messo in moto dal profitto generato dall'estrazione di dati che riguardano la quotidianità e spesso l'intimità dei singoli.

In un contesto simile, parole come trasparenza, legalità, sicurezza e integrazione hanno subito una risemantizzazione significativa del pensiero unico che si tende ad affermare in questa fase di transizione. Così la trasparenza, con il pretesto del diritto di informarsi su quanto incide sulle condizioni della collettività, diventa l'etichetta che nasconde lo strumento autoritario del controllo della vita privata degli individui sotto il paravento della garanzia di correttezza. Analogamente legalità viene spesso impiegato come carico di impliciti repressivi, come se il rispetto della legge fosse prerogativa di società guidate da poteri forti. Occorre ricordare, a tal proposito, che la mafia, intesa come criminalità organizzata non è solo un fatto culturale, ma è anche essenzialmente un ingranaggio economico funzionale a un sistema produttivo fondato sul profitto e sulla concentrazione progressiva delle ricchezze nelle mani di un'oligarchia finanziaria. Lo stesso si dica della sicurezza, che, malgrado il suo abuso nella retorica dilagante, è anzitutto sicurezza dei mezzi di sussistenza, sicurezza alimentare. Una sorte analoga è toccata alla parola integrazione, che non significa solo inclusione meccanica all'interno di un corpo sociale, ma è capacità di progredire facendo sentire tutte le componenti della società come autrici e partecipi di tale progresso, in misura equa. La giustizia sociale, pertanto, è l'unico strumento in grado di produrre integrazione, sicurezza, legalità e trasparenza, quest'ultima nel senso del diritto fondamentale di accedere al sapere e all'informazione, ma anche di sviluppare un pensiero critico indipendente. Basi essenziali per la costruzione di una responsabilità collettiva, fondata su un nuovo patto sociale.

Ministero della Sanità, Camera e Senato (Interrogazioni parlamentari), Antitrust, Ordine dei Giornalisti, Ordine Nazionale dei Biologi ed altri, contestano il giornalista ancora insediato presso le varie reti televisive a spiegare con dovizia di particolari ciò che i suoi accusatori non riescono a demolire

 

 

Come un carosello
 

In ordine cronologico   la lunga sequenza degli avvertimenti, delle promesse e degli impegni di por termine drasticamente alle trasmissioni mediatiche di cui lo stesso Panzironi da anni ormai, si è reso protagonista, sembra ora essere ritornata all’ origine. 

Infatti il Dott.   Magi, Presidente dell’ Ordine Nazionale dei Medici che lo scorso anno denunciò Panzironi per abuso della professione medica, secondo quanto riportato dalla stampa, si è lamentato di non essere stato invitato tempestivamente alla rappresentazione Live 120 al Palazzetto dello Sport di Roma il 30 giugno scorso, quantunque là menzionato.  Panzironi invece fa a lui presente di averlo invitato con congruo anticipo, ma che comunque siano andate le cose, egli stesso sarebbe anche disponibile ovunque ad un confronto sulla materia trattata. D’ altra parte,   aggiungiamo noi, la trattazione dei meccanismi biologici e delle ragioni per le quali hanno origine le patologie che lo stesso Panzironi ha appreso soprattutto dalla letteratura medica internazionale, non costituisce affatto abuso della professione medica.

 

Le malattie iatrogene

Secondo l’ Ordine dei Medici, troppe sono state le affermazioni per le quali Panzironi avrebbe utilizzato concetti di medicina la cui trattazione spetta soltanto alla classe medica e non ad un profano come un giornalista che neppure è laureato. Come se la laurea impedisse ai medici di essere gli autori delle cosiddette malattie iatrogene, ossia di quelle malattie causate da farmaci o da errori medici, che ogni anno sono responsabili di circa il 10% di tutte le morti che avvengono in Italia. Quindi, tenuto conto che i decessi nel nostro Paese si attestano mediamente intorno 600.000 ogni anno, questo significa che circa 60.000 persone muoiono a causa di queste malattie.

Non è pertanto di immediata comprensione l’accanimento dell’Ordine dei Medici nei confronti di Panzironi. Questi infatti, beneficia di un numero significativo di testimonianze di persone uscite dal grave stato di malattie croniche in cui si trovavano e che ora si fanno in quattro per ringraziare pubblicamente il giornalista di avere loro indicato una dieta con cui sono risalite verso il loro stato di salute. Non è qui il caso di discutere quali sono le malattie in quanto chi ha seguito il caso Panzironi attraverso la televisione, ha ben chiara l’idea che egli si riferisce ad una vasta gamma di patologie. 

 

Fuoco incrociato

In effetti il giornalista sotto il fuoco incrociato delle istituzioni più importanti in Italia, tratta con dovizia di particolari scientifici attraverso i media, soprattutto in TV, il meccanismo biologico vitale di cui finora neppure l’istruzione universitaria in Italia sviluppa sufficientemente. Panzironi, individua soprattutto nella “dieta mediterranea”, tanto per dare un nome di sintesi al tipo di alimentazione, la causa del maggior numero delle patologie in atto.

Egli sostiene in primo luogo di sostituirla, spiegandone le ragioni. E’ quindi abbastanza consequenziale per non lasciare in sospeso la questione, il suggerimento del giornalista  di quale dieta preferire; dieta che egli stesso indica come la migliore dal punto di vista nutrizionale che può essere composta con ingredienti a piacere e come ciascuno più preferisce. Si tratta come noto, di una dieta ricca soprattutto di proteine ma anche di grassi oltre naturalmente di verdure, con forte limitazione di zucchero che è sempre praticamente presente anche se in modo ridotto, in pressoché tutti gli alimenti. Tutto qui.

Qual è dunque il crimine medico di cui Panzironi si è reso responsabile? Se per la maggior parte delle persone questo crimine non esiste, la stessa cosa non si può dire per il Presidente dell’_Ordine dei Medici che ha invece denunciato il giornalista alla Procura della Repubblica.

 

L’auspicato confronto

Per quanto riguarda il confronto, questo probabilmente non si farà; ma caso mai avesse luogo, è prevedibile che non sarà lo stesso Presidente a presentarsi sotto la luce della ribalta per esporre le proprie teorie al livello scientifico con il quale il giornalista si esprime.

Vi sono soprattutto due ragioni per le quali questo confronto non è condiviso tra le due parti. La prima è di carattere formale, per la quale la classe medica si sottrae dal confrontarsi con un comune “mortale”, così come nel passato facevano i nobili cavalieri, sottraendosi dal competere con i figli della gleba; l’ altra è che Panzironi sembra avere una preparazione scientifica della biologia e dei meccanismi con i quali avvengono gli scambi chimici all’ interno dell’ organismo   che almeno fino adesso, non si immaginano interlocutori validamente capaci di dimostrare il contrario.

 

 

Il bene supremo

Teniamo comunque conto che allo stato delle cose l’ opinione pubblica non è attratta dalla demonizzazione di nessuno, ma è alla ricerca della verità,  nell’ interesse generale della salute di noi tutti.

Qualcuno dovrebbe però spiegarci in modo ufficiale, perché questa disputa sul più alto valore esistenziale e cioè, sulla salute collettiva di quasi 60 milioni di persone, si protrae da anni, rendendo sempre meno credibili gli Enti a cui compete la tutela della salute.

È vero che: “mai dire mai” , ma è più facile veder volare nel cielo qualche animale esotico che il Presidente dell’ Ordine di Medici si presenti in prima persona ad un confronto di contenuto che a fronte della sua stessa denuncia, non sembra abbia l’ intenzione di fare.

Ma non sarà certamente la denuncia presentata contro il giornalista, né tutte le altre, passate e future, a stabilire la verità scientifica sulla quale si basa la salute degli italiani.


August 11, 2019

Di fronte alla politica della massima pressione attuata da Washington nei confronti di Tehran, l'Unione europea non si sbilancia, restando ancorata a un approccio di tamponamento piuttosto che di contestazione in nome della giustizia internazionale; vale tuttavia su scala globale una tendenza simile a quella interna ai singoli paesi: le istituzioni tengono finché sono rappresentative di un determinato stato di cose

 

 

Il paradosso creato dalla condotta adottata dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump nei confronti dell'Iran e in particolare dalla sua decisione, a maggio 2018, di uscire dal cosiddetto “accordo sul nucleare iraniano” (il Piano d'azione congiunto globale – JCPOA), rappresenta la sintesi di un percorso che i paesi del vecchio continente hanno scelto di imboccare a seguito del crollo dell'Unione sovietica. Il paradosso di un agglomerato di stati concepito in piena guerra fredda, con l'obiettivo (uno dei principali) di bloccare un'eventuale espansione a Ovest della sfera di influenza di Mosca. Una Comunità di difesa, poi Comunità economica, poi Unione, che né durante né alla fine della contrapposizione tra Mosca e Washington ha saputo produrre molto altro se non una gabbia economico-finanziaria, incapace peraltro di proteggere gli stati membri dalla crisi del 2008, e ha imposto ai paesi dalle economie più fragili misure che hanno aggravato le diseguaglianze e inasprito l'ingiustizia sociale senza promuovere la crescita. Ma soprattutto, un'Unione che finora non è stata in grado di elaborare una strategia geopolitica autonoma, né un approccio alle relazioni internazionali alternativo all'intraprendenza aggressiva degli USA. Dai Balcani all'Afghanistan, dall'Asia centrale alle attuali tensioni tra India e Pakistan, dalla Libia al Vicino e Medio Oriente, le disastrose conseguenze degli interventi umanitari e delle guerre preventive lascerebbero presupporre che, nell'attuale fase di transizione negli equilibri mondiali di potenza, più voci promuovono il dialogo e la cooperazione, più è possibile allontanare il rischio di conflitti armati e altre dinamiche destabilizzanti. Per recuperare il dialogo tra Tehran e la comunità internazionale, Bruxelles potrebbe fare molto, ma opta per un profilo basso. Anziché intensificare i tentativi di riportare Washington sulla via della distensione e del dialogo con l'Iran, l'Unione europea, attraverso la sua Alta rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza Federica Mogherini, manifesta a settembre 2018 l'intenzione di mettere in piedi un meccanismo per preservare le sue relazioni commerciali con Tehran, aggirando le sanzioni statunitensi. Lo scorso gennaio, arriva quindi INSTEX, società per azioni semplificata fondata da Francia, Germania e Regno Unito.

 

 

A questo fondo comune di credito si è successivamente ispirato il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, che, durante un colloquio con il suo omologo iraniano Hassan Rouhani a febbraio 2019 a Sochi (Russia), ha dichiarato di voler creare un sistema simile, una società di progetto. Nelle intenzioni velleitariamente ottomanizzanti di Erdoğan, si tratterebbe di un meccanismo bilaterale di cooperazione commerciale, concepito come parte di un più ampio progetto di espansione economica e culturale (attraverso l'influenza sulle varie comunità islamiche) in Medio Oriente e in Asia Centrale. In realtà Ankara, che con Tehran e Mosca porta avanti il processo di pace in Siria, ha cambiato politica nei confronti della Repubblica islamica dal 2002, anno dell'ascesa al potere del partito Giustizia e sviluppo, cui appartiene Erdoğan. In un editoriale apparso di recente sul quotidiano turco filogovernativo Daily Sabah, si legge che già nell'agosto 2017 il capo di Stato maggiore iraniano, il generale maggiore Mohammed Bagheri, si è recato in visita ufficiale ad Ankara (la prima di un funzionario del suo rango in Turchia dal 1979) per discutere di una linea comune sulle aspirazioni autonomiste delle minoranze curde della regione, a partire dal rifiuto di riconoscere il risultato del referendum per l'indipendenza del Kurdistan iracheno. Inoltre, sia la Turchia, sia l'Iran sono in contrasto con i vicini paesi arabi, Arabia Saudita in testa, e temono una riconfigurazione sfavorevole degli equilibri regionali a seguito delle cosiddette primavere arabe. Le forme di islam politico sostenute da Ankara e Tehran (nel primo caso l'islam politico sunnita dei Fratelli musulmani, nel secondo l'islam politico sciita elaborato dall'ayatollah Ruhollah Khomeini) sono fortemente osteggiate da quello che talvolta è stato definito l'asse saudita-egiziano-emiratino, che gode del sostegno di Israele e Stati Uniti: uno schieramento, che a partire dall'ascesa di Trump alla Casa bianca ha adottato una linea sempre più apertamente anti-iraniana, suscitando al contempo la diffidenza della Turchia, storico membro dell'Alleanza atlantica. Il presidente USA, infatti, è giunto a inserire i Pasdaran (organizzazione militare comandata direttamente dalla Guida della rivoluzione, che in Iran è anche capo di Stato) nella lista delle formazioni terroristiche. Dal sostegno alla causa palestinese, ai sospetti che l'Arabia Saudita e i suoi alleati stiano tentando di imporre la propria egemonia sulla regione, Ankara e Tehran si sono dunque spesso trovate ad avere punti in comune, anche se più di natura tattica che strategica.

Contestualmente, il cosiddetto asse saudita-egiziano-emiratino mostra qualche incrinatura. Anzitutto, da Riyadh giungono voci critiche riguardo la linea intransigente del principe ereditario Mohammed bin Salman (MBS), al quale Ahmed bin Abdelaziz, fratello del re, ha apertamente dichiarato di opporsi nel caso in cui dovesse unirsi a un'alleanza militare con Gran Bretagna e Stati Uniti in funzione anti-iraniana. In secondo luogo, gli Emirati Arabi Uniti, guidati dal principe ereditario e ministro della Difesa Mohammed bin Zayed (MBZ), hanno dato di recente segnali di parziale allontanamento dall'alleanza d'acciaio con MBS. D'altronde, essendo il principale partner commerciale della Repubblica islamica nella regione, temono le ripercussioni economiche delle tensioni nell'area dello stretto di Hormuz. Eppure erano stati tra i principali fautori della decisione di Trump di uscire dal JCPOA, nonché il più stretto alleato di MBS nella strategia di contrasto a presunte mire espansionistiche di Tehran nella regione. Dopo aver preso parte alla coalizione militare a guida saudita che in Yemen combatte una guerra contro i ribelli sciiti Houthi, gli Emirati hanno annunciato lo scorso maggio di voler ritirare parte delle loro truppe da un conflitto che per MBZ è anche una sorta di “vetrina” per mostrare alla comunità internazionale un ciclopico arsenale militare. Una misura che ha seguito di poco le dichiarazioni del ministro degli Esteri emiratino Abdallah bin Zayed al-Nahyan a commento delle accuse di Trump all'Iran di essere responsabile degli attacchi alle petroliere nei pressi dello stretto di Hormuz. Al-Nahyan aveva infatti espresso cautela nel condividere tali accuse, sottolineando la necessità di prove “chiare, precise e scientifiche” in grado di convincere la comunità internazionale. Inoltre, aveva aggiunto che nessuno ha interesse a provocare un nuovo conflitto, poiché ciò di cui c'è bisogno nella regione è avere più stabilità e sviluppo.

A parte simili dissidi “interni” all'alleanza che fa riferimento all'amministrazione Trump, Washington si trova attualmente in una posizione diversa dallo status di superpotenza del tempo delle guerre umanitarie degli anni '90. Attualmente, infatti, sullo scacchiere mondiale, paesi come Russia e Cina insidiano il primato statunitense in diversi settori, dall'industria aerospaziale alle nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione. Ad esempio, Mosca, che ultimamente ha intensificato le sue relazioni economico-militari con la Turchia, ha invitato Washington e Tehran a evitare strategie pericolose per la stabilità della regione e a dirimere i loro conflitti attraverso “un dialogo civile”, come ha detto il ministro degli esteri russo Serghej Lavrov durante un incontro, a Mosca, con il suo omologo emiratino al-Nahyan (la stessa occasione in cui quest'ultimo ha manifestato diffidenza nei confronti delle accuse rivolte da Washington a Tehran), esortando a respingere politiche fatte di ultimatum, sanzioni e intimidazioni. Dal canto suo, la Cina, che ha espresso a più riprese il suo sostegno al JCPOA, starebbe mettendo in atto sistemi per aggirare le sanzioni USA contro l'Iran, continuando a importare petrolio iraniano. Intanto, l'Unione Europea ha perso un'importante occasione per promuovere una seria mediazione, un ruolo che ora sta tentando di assumere il Giappone del primo ministro Shinzo Abe.

July 30, 2019

Anche se l’opposizione attacca sempre il governo e vi sono divergenze nel governo stesso, dall’intero arco parlamentare non si è levata alcuna voce critica quando il premier Conte ha esposto alla Conferenza degli ambasciatori (26 luglio) le linee guida della politica estera, a riprova del vasto consenso multipartisan.

Conte ha definito anzitutto qual è il cardine della collocazione dell’Italia nel mondo: «Il nostro rapporto con gli Stati Uniti rimane qualitativamente diverso da quello che abbiamo con altre Potenze, perché si fonda su valori, su principi condivisi che sono il fondamento stesso della Repubblica e parte integrante della nostra Costituzione: la sovranità democratica, libertà e uguaglianza dei cittadini, la tutela dei diritti fondamentali della persona».  

Il premier Conte così non solo ribadisce che gli Usa sono nostro «alleato privilegiato», ma enuncia un principio guida: l’Italia assume gli Stati uniti come modello di società democratica.

Una colossale mistificazione storica.

Riguardo alla «libertà e uguaglianza dei cittadini», basti ricordare che i cittadini statunitensi sono ancora oggi censiti ufficialmente in base alla «razza» – bianchi (distinti tra non-ispanici e ispanici), neri, indiani americani, asiatici, nativi hawaiani – e che le condizioni medie di vita dei neri e degli ispanici (latino-americani appartenenti a ogni «razza») sono di gran lunga le peggiori.

Riguardo alla «tutela dei diritti fondamentali della persona», basti ricordare che negli Usa  oltre 43 milioni di cittadini (14 su cento) vivono in povertà e circa 30 milioni sono privi di assicurazione sanitaria, mentre molti altri ne hanno una insufficiente (ad esempio, per pagare una lunga chemioterapia contro un tumore). E sempre riguardo alla «tutela dei diritti della persona» basti ricordare le migliaia di neri inermi assassinati impunemente da poliziotti bianchi.

Riguardo alla «sovranità democratica» basti ricordare la serie di guerre e colpi di stato effettuata dagli Stati uniti,  dal 1945 ad oggi, in oltre 30 paesi asiatici, africani, europei e latino-americani. provocando 20-30 milioni di morti e centinaia di milioni di feriti (vedi lo studio di J. Lucas presentato dal prof. Chossudovsky su Global Research).

Questi sono i «valori condivisi» sui quali l’Italia basa il suo rapporto «qualitativamente diverso» con gli Stati uniti. E, per dimostrare quanto esso sia proficuo, Conte assicura: «Ho sempre trovato nel presidente Trump un interlocutore attento ai legittimi interessi italiani».

Interessi che Washington considera «legittimi» fintanto che l’Italia resta in posizione gregaria nella Nato dominata dagli Stati uniti, li segue di guerra in guerra, aumenta su loro richiesta la propria spesa militare, mette il proprio territorio a disposizione delle forze e basi Usa, comprese quelle nucleari.

Conte cerca di far credere che il suo governo, comunemente definito «sovranista»,  abbia un ampio spazio autonomo di «dialogo con la Russia sulla base dell’approccio Nato a doppio binario» (diplomatico e militare), approccio che in realtà segue il binario unico di un sempre più pericoloso confronto militare.

A tale proposito – riferisce La Stampa (26 luglio) –l’ambasciatore Usa Eisemberg ha parlato col vice-presidente Di Maio (ritenuto da Washington il più «affidabile»), chiedendo un chiarimento sui rapporti con Mosca in particolare del vice-presidente Salvini  (la cui visita a Washington, nonostante i suoi sforzi, ha avuto un «esito deludente»).

Non si sa se il governo Conte supererà l’esame. Si sa comunque che prosegue la tradizione secondo cui in Italia il governo deve sempre avere l’approvazione di Washington, confermando quale sia la nostra «sovranità democratica». 


 
(il manifesto, 30 luglio 2019)

L’inaugurazione de “I nidi di Vinchio e Vaglio Serra” e le degustazioni dei “sei vigne Insynthesis” hanno accompagnato i festeggiamenti del 60esimo compleanno della Cantina sociale astigiana Vinchio-Vaglio Serra.

Vinchio e Vaglio Serra sono due paesini che si fronteggiano in una vallata dell’astigiano.

Posizionati in cima a due colli a dominare un territorio comune. E la Cantina sociale costruita nel fondo-valle a metà strada tra i due Comuni altrimenti contendenti tra loro.

Tutta l’economia della vallata ruota intorno alla Cantina Sociale che è riuscita (e continua in questo suo lavoro) in questa funzione che va al di là dei meri numeri di produzione ricoprendo il ruolo di garante dell’economia valligiana e figura importante della vita sociale delle due comunità.

192 soci, circa 450 ettari coltivati, oltre 30.000 Hl di vino prodotto, con un fatturato che si avvicina a € 9.000.000 e, dato significativo, € 3.300.000 di dividendo distribuito ai soci (2017).

Senza considerare i compensi differenziati €/Q.le per le uve conferite. Insomma una grande realtà cooperativistica che da 60 anni, grazie al conferimento da parte dei viticoltori-soci del totale delle uve prodotte ha visto un conseguente aumento della propria capacità di crescita non solo nei volumi ma anche nella qualità.

Perché se è vero che buona parte della produzione è costituita dalla vendita di vino sfuso e in bag nei nuovi locali adibiti a Punto Vendita Diretta ai consumatori, è anche vero che dagli anni ’80 la Cantina è impegnata nella difficile sfida alla modernità. Nuove filosofie produttive, dove la vigna diventa centrale,i vigneti distinti a seconda della qualità delle loro uve, tutto in funzione delle etichette che orneranno le bottiglie contenenti vini di eccellenza.

Ed ecco allora che il risultato finale è costituito da etichette di Barolo Docg, Barbaresco, Gavi, Asti, Arneis.

E poi la grande passione per la Barbera (assolutamente al femminile) declinata in tutte le possibili interpretazioni: Vigne Vecchie, Superiore, giovani, immediate.

Uno dei motivi per cui mi sono trovato coinvolto nei festeggiamenti del 60esimo compleanno della Cantina è stata proprio la Barbera, quel vino quotidiano che in seguito ha stimolato un gruppo di produttori ad accrescerne la qualità indirizzandola verso una nuova primavera.

E così dal grande lavoro nei campi e nella cantina dove trovano più spazio le botti e le barriques, la Barbera torna a nuova vita ed entra a pieno diritto nelle eccellenze viticole piemontesi.

La Cantina Sociale Vinchio-Vaglio Serra, sapendo che molti vigneti dei soci rispondono a quelle caratteristiche di eccellenza (una sorta di Cru alla francese) ecco prendere forma il progetto Barbera d’Asti Superiore “Vigne Vecchie” (oltre cinquant’anni) che, oltre salvaguardare i vigneti storici, con una scelta di alta remunerazione, riesce a portare in cantina basse rese significative per produzioni eccellenti.

Un certo Carlin Petrini (!) nel 2004 ha definito questa Barbera Superiore Madre di tutte le Barbere.

Altro progetto , con il finire degli anni ’90, la volontà di realizzare una nuova Barbera d’Asti, da uve selezionate provenienti dai vigneti maggiormente vocati. Ormai il percorso intrapreso verso la qualità premiava sforzi ed investimenti. Sfida enologica e culturale, il messaggio indirizzato ai soci.

Dal 2001 l’inizio della produzione Barbera d’Asti Docg Superiore “Sei Vigne Insynthesis”.

Le migliori uve Barbera provenienti da sei vigneti dove i viticoltori hanno avuto al loro fianco i tecnici della Cantina sociale per tutto l’intero processo agronomico. Il risultato?

Una Barbera che esprime amore, impegno, volontà, scienza enologica e passione dei viticoltori associati coinvolti”.

Le celebrazioni del 60esimo compleanno non potevano essere festeggiate meglio se non con una verticale di Barbera d’Asti Docg Superiore “Sei Vigne Insynthesis”. Vendemmie 2009, 2007, 2006, 2004, 2003, 2001.

Ma di questo evento nell’evento ne parlerò dettagliatamente in un prossimo specifico articolo in degustazioni.

Comunque anticipo che la Barbera d’Asti Docg Superiore “Sei Vigne Insynthesis” della Cantina Vinchio-Vaglio Serra è entrata ufficialmente e meritatamente nell’Olimpo dei grandi vini italiani. Chapeau!

Visita del 13 luglio 2019

Viticoltori Associati Vinchio-Vaglio Serra

Strada provinciale 40, Km 3,75

Località Regione San Pancrazio 1

Vinchio (Asti)

Tel: 0141 950903

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www.vinchio.com

Frammenti che orbitano qua e là, individuati, carpiti; li commento e condivido con voi.

La Riflessione!

Il pericolo giallo.

La Cina prima produttrice mondiale di uva. Notizia fresca fresca dell’ultim’ora. Pensavamo che questo risultato che ha dell’incredibile (non per me) arrivasse, caso mai, tra qualche anno. Hanno bruciato i tempi portando l’estensione dei vigneti a 875.000 ettari, secondi solo alla Spagna (969.000) che presto supereranno visto il trend di crescita espansiva territoriale. Qualcuno dei “soloni” addetti ai lavori, oltre continuare a belare “noi siamo i migliori e i cinesi non arriveranno ai nostri risultati di qualità”, hanno aggiunto dopo l’uscita della notizia data durante il 42° Congresso Mondiale Della Vite e del Vino:”si tratta in gran parte di uva da tavola”. Bene; abbiamo trovato la scusante per continuare a “far finta di niente”. Ed allora mi pongo due interrogativi: primo “ma anche noi e gli spagnoli produciamo quantitativi interessanti di uva da tavola”; secondo “ ma i 10 milioni di ettolitri di vino prodotti dai cinesi non rappresentano niente?” E non parliamo della qualità per favore. Meditate e svegliatevi.

 

 

 

Frammento n. 1

60 volte Vinchio e Vaglio Serra

Vinchio e Vaglio Serra sono due paesini dell’astigiano posizionati sui rispettivi colli. Per noi che parliamo di vino i loro nomi uniti ma separati da un trattino rappresentano una realtà vitivinicola primaria se non unica nella zona. Viticoltori Associati Vinchio-Vaglio Serra è una realtà con più di 200 associati (si può dire “tutti” i viticoltori presenti nell’area interessata) di grande rilevanza a livello nazionale. In questi giorni ha festeggiato i suoi 60 anni con una due giorni fitta di appuntamenti: il recupero di sentieri (I Nidi) che uniscono i due paesi e una verticale di Barbera d’Asti Superiore, “Sei Vigne Insyntesis”, che ha raccolto l’unanime apprezzamento dei giornalisti di settore (c’ero anch’io). Una Barbera fortemente identitaria, miglior biglietto da visita per questa realtà consapevole dell’importanza economica, sociale e culturale che riveste per le comunità locali.

 

 

Frammento n. 2

Le Nuove Comete

Sono uscite sul mercato due nuove “comete” del firmamento vitivinicolo di Alois Lageder, Magré in Alto Adige. Ultimi due esperimenti eseguiti in vigneto e in cantina. Perché vino cometa? Le comete prima si illuminano, poi percorrono le proprie orbite fino alla distruzione. Ma ogni volta lasciano delle tracce come ad indicare la direzione da seguire e così ogni bottiglia di Comete è un vino unico e irripetibile. Per chi volesse approfondire l’argomento: www.aloislageder.eu/vini/comete Mi dimenticavo: le due comete. Bla-Bla 2, vitigno autoctono altoatesino Blatterle e Min-XVI, particolare gewurztraminer.

 

 

 

Frammento n. 3

Onda Rosa, dieci rosé in una location incredibile: la spiaggia Vip di Forte dei Marmi.

Giovedì 11 luglio i Bagni di Villa Grey a Forte dei Marmi hanno ospitato una serata dedicata a 10 aziende toscane che producono vini rosé considerati tra la migliore offerta nazionale. Nove delle Colline Lucchesi con l’ormai affermato Villa Sardi e uno proveniente dalla Maremma: Tenuta Belguardo. Per la cronaca questi gli altri presenti: Colle di Bordocheo, Fabbrica di San Martino, Fattoria di Fubbiano, Il Calamaio, Tenuta Lenzini, Tenuta Mareli, Tenuta Maria Teresa, Villa Santo Stefano. Particolarità della serata il poter dialogare con i vignaioli, tutti presenti. Senza dimenticare gli abbinamenti gastronomici curati dallo chef Nicola Gronchi del ristorante Il Parco di Villa Grey. Omettevo di ricordare che tutte le aziende presenti praticano da tempo l’agricoltura biodinamica!

 

 

 

 

Frammento n. 4

Vino al calice. Quanti errori bisogna sopportare

Le regole esistono, accettate da tutti: bisogna rispettarle. Non è una questione economica. A volte ci troviamo al tavolo di un ristorante da soli o in due e una bottiglia di vino sappiamo di non riuscire a berla. Da noi portarla via “è un reato”, additati di spilorceria, al contrario di altri paesi dove lo stesso ristoratore ti offre il “bag” con tanto di iscrizione pubblicitaria del locale. Da noi, nel bel paese dei furbetti (e non ditemi che non è vero), molti recuperano le bottiglie mezze vuote (meglio dire mezze piene) per riciclarle come vino al bicchiere. Già, il vino al bicchiere. Ed allora ricordiamoci che:

  1. La bottiglia va sempre portata al tavolo e lo sbicchieramento davanti al cliente;

  2. Far assaggiare il vino prima di servirlo per evitare contestazioni;

  3. Attenzione agli spumanti. Verificare che non siano della sera precedente altrimenti “tanti saluti alla carbonica”;

  4. Attenzione al rabbocco. Mai nel bicchiere mezzo vuoto. Chiedere un calice pulito;

e non parliamo delle temperature delle bottiglie. I ristoranti “seri” hanno erogatori che garantiscono temperature perfette. Un consiglio? Se siete titubanti, ritenete che il servizio non sia all’altezza e possa non rispondere alle vostre aspettative, fatevi una “buona birra”.

Osservo, scruto, assaggio e…penso. 

La primavera fiorisce sempre, l’estate fiammeggia sempre, l’autunno accarezza sempre nel mondo di colui che non si sazia mai dei liquori della vita, che non si dichiara mai vinto dagli eserciti della disperazione e della morte.

Giovanni Papini

Da domenica 7 luglio fino a lunedì 30 settembre, il Museo Paleontologico “Rinaldo Zardini” di Cortina d’Ampezzo ospiterà una mostra di rara bellezza: MONOCROME – Camminando tra le Dolomiti d’Ampezzo – Immagini dal libro fotografico di Manuel Cicchetti*.

Dice Cicchetti, nell’ introduzione al suo splendido volume, che la sua storia tra le dolomiti ampezzane è iniziata assai precocemente, fin da quando ha cominciato a muovere i primi passi proprio su quei sentieri.

E il suo rapporto d’amore (perché di questo indubbiamente si tratta), mai interrotto e sempre accresciuto, è ben racchiuso ed espresso nelle 25 fotografie in bianco e nero che compongono il libro. Fotografie raccolte nell’arco di ben quattro anni di ricerche esplorative quanto meditative, in cui le acque ribollenti dei ruscelli si alternano a ieratici silenzi lacustri, e nuvole massicce si alternano a filamenti ectoplasmatici inzuppati di cielo, a cirri e cumulonembi dalle luminanze variegate e cangianti. In cui pareti aspre si immergono in orizzonti abissali e boschi solenni vengono risucchiati nell’inesausto altalenìo del gioco delle stagioni. In cui l’inverno accondiscende appena alle prime tentazioni del sole e l’invito amoroso dell’aurora rimbalza sui ghiacci e sul crinale dei poggi respiranti alla vita.

Chi ama la montagna, chi sa cosa si provi colloquiando con il fruscio delle selve e il gorgoglio dei rivi incastonati nelle rocce, non potrà non innamorarsi di questa mostra e della magnifica pubblicazione da cui trae origine. E chi sa poco di montagna credo che difficilmente potrà riuscire a resistere alla fascinosa tentazione di incamminarsi, con passo lento e curioso, su qualche sentiero.

L’opera, con testi in italiano e inglese (180 pagine, formato 30x30, cartonato) gode dei patrocini di Fondazione Dolomiti UNESCO,Comune di Cortina d’Ampezzo, Regole d’Ampezzo e Parco Naturale delle Dolomiti d’Ampezzo, e, cosa importante e bella, parte del ricavato della vendita del volume sarà devoluta ai fini del ripristino e della cura delle foreste abbattute dalla tempesta dell’ottobre dello scorso anno.


 

Il Museo Paleontologico si trova presso il Centro Culturale Alexander Girardi Hall in Via Marangoi, 1 – loc. Pontechiesala – Cortina d’Ampezzo

Orari apertura: 

Luglio 10.30-12.30    15.00 19.00 chiuso lunedì

Agosto aperto tutti i giorni 10.30 -12.30  15.00-19.00

Settembre 15.00 - 19.00 chiuso lunedì

Tel. 0436 875502 - This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it.

*Manuel Cicchetti è un creativo che si è misurato con le più varie attività artistiche, teatrali e musicali. Tra queste, fotografia e regia sono state preponderanti.

La Conca, le montagne, i boschi, i luoghi e le persone della zona di Cortina lo hanno profondamente influenzato nel suo rapporto con la Natura, assolutamente particolare e unica, come uniche sono le Dolomiti.

http://bit.ly/catalogomonocrome

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