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Nel quadro delle tensioni tra Iran e Stati Uniti, e dei dissidi interni alla Republica islamica, l'Albania espelle due diplomatici iraniani; una decisione che non manca di precedenti, per un paese che, per volontà di Washington, ospita da sei anni una cittadella di militanti islamico-marxisti, oppositori del regime di Tehran in passato inclusi nella lista delle organizzazioni terroristiche.
Dopo oltre un anno dall'espulsione dell'ambasciatore iraniano a Tirana e di un altro funzionario di Tehran, lo scorso 15 gennaio il governo albanese ha chiesto ad altri due diplomatici di Tehran di abbandonare il suo territorio, per attività incompatibili con il loro status. Un'espressione spesso usata nelle accuse di spionaggio. Una settimana prima, in un'intervista di poco successiva all'attacco iraniano contro due basi statunitensi in Iraq, la guida suprema della Rivoluzione, l'ayatollah Ali Khamenei, commentando le manifestazioni in corso in diverse città iraniane, aveva indirettamente definito l'Albania nemico dell'Iran: esiste un piccolo paese in Europa, ma molto malvagio. Lì gli elementi criminali collaborano con gli americani e i traditori dell'Iran e pianificano attacchi contro il nostro paese. Qualche ora dopo, il presidente della Repubblica albanese Ilir Meta aveva risposto che l'Albania è un paese democratico, che ha sofferto a causa di una terribile dittatura, e per questo ama i diritti umani come un valore sacro. I missili lanciati dal regime iraniano contro due basi statunitensi, aveva aggiunto, sono un atto provocatorio con pericolose conseguenze per la regione e per la sua stabilità. Meta aveva inoltre precisato che il suo paese continua a schierarsi fermamente, con il suo impegno, al fianco degli Stati Uniti e della Nato nella lotta contro il terrorismo internazionale e contro qualsiasi azione in grado di compromettere la stabilità e la pace globali. Quanto all'attacco iraniano contro due basi statunitensi in Iraq, secondo Meta si era trattato di un'azione provocatoria, con pericolose conseguenze per la regione e per la sua stabilità. Dal canto suo, il Primo ministro albanese Edi Rama, aveva difeso la posizione del suo governo sul dossier iraniano: abbiamo compiuto un'azione degna di onore, coerente con la tradizione albanese e basata su un preciso accordo con gli Stati uniti, accogliendo un gruppo di persone in pericolo di vita. Abbiamo vissuto sotto una dittatura, ha continuato, e sappiano molto bene come si comporti un regime e come possa controllare ogni cosa per liquidare qualsiasi oppositore nel mondo.
Il gruppo di persone in questione, oggetto del contendere tra Tirana e Tehran, è l'Organizzazione dei Mojahedin del popolo (MEK), che nel 2013 l'amministrazione USA del presidente Barack Obama fece trasferire da Camp Liberty (dove erano stati ospitati dopo quasi tre decenni passati a Camp Ashraf) in Iraq all'Albania, a seguito di un accordo con quest'ultima. Inizialmente, il MEK aveva rifiutato l'offerta di asilo albanese, salvo accettare tre anni dopo, sotto le pressioni di Washington giustificate da ragioni di sicurezza. Motivo del trasferimento era stata la volontà dell'allora primo ministro iracheno Nouri al-Maliki di espellere, possibilmente di concerto con l'Organizzazione delle nazioni unite (ONU), i membri del gruppo. Da allora, circa tremila persone si sono stabilite prima in una località nei pressi della capitale albanese Tirana, poi vicino Durazzo, altra importante città e polo portuale del paese, costituendo una sorta di cittadella, denominata Ashraf 3, in quanto terzo luogo di “esilio”. Una vicenda intricata, tanto quanto è controversa la storia di questo gruppo, maggioritario nel Consiglio nazionale della resistenza iraniana (CNRI) e per questo spesso identificato con quest'ultimo. Il CNRI, organizzazione politica iraniana con sede a Parigi, è guidato da Massoud e Maryam Rajavi (entrambi leader anche del MEK): il primo, dopo anni di militanza politica contro il regime dello shah Reza Pahlavi, dal quale fu arrestato e condannato a morte, pena successivamente commutata in prigione a vita. Liberato dopo la rivoluzione iraniana del 1979, Massoud Rajavi prese immediatamente posizione contro il nuovo regime, assumendo la guida del MEK. Nel 1981, quindi, fondò il CNRI assieme all'ex presidente iraniano (costretto alle dimissioni dall'yatollah Ruhollah Khomeini) Bani Sadr, con il quale si era appena rifugiato a Parigi. L'obiettivo primario era rovesciare la Repubblica islamica, per fondare uno Stato democratico. Nondimeno, cinque anni dopo, nel quadro di un accordo tra Francia e Iran, l'allora primo ministro francese Jacques Chirac espulse dall'Esagono il CNRI, che fu allora accolto dall'Iraq di Saddam Hussein, stabilendo una base vicino al confine con l'Iran.
Sin dal 1983, infatti, a tre anni dall'inizio del sanguinoso conflitto tra Iran e Iraq (1980-88) il MEK aveva iniziato a cooperare con il presidente iracheno, per iniziativa dello stesso Rajavi, che siglò con l'allora vice-primo ministro iracheno Tariq Aziz un piano di pace, fondato su un accordo di reciproco riconoscimento dei confini stabiliti nell'accordo di Algeri, nel 1975. Una mossa che provocò una frattura irrimediabile all'interno del CNRI, fino alla fuoriuscita di un cospicuo gruppo di moderati, tra i quali Bani Sadr. Pur proclamandosi fiero avversario di Khomeini in nome della democrazia e della libertà di espressione, Rajavi (e il CNRI, che ha finito per coincidere sempre più con il MEK) non esitò infatti ad allearsi con Saddam Hussein, all'epoca generoso finanziatore del MEK assieme all'Arabia Saudita. L'Iran di Khomeini tentò con due operazioni militari di costringere il CNRI/MEK a lasciare le sue postazioni vicine al confine, ma con l'operazione Quaranta stelle lanciata da Saddam Hussein uccisero la quasi totalità di una divisione della Guardia rivoluzionaria iraniana. Sull'onda della cooperazione con il rais iracheno, circa 7.000 elementi del MEK, armati da Baghdad, fondarono l'Esercito di liberazione nazionale dell'Iran (NLA), disarmato solo dopo l'invasione statunitense in Iraq. La copertura aerea dell'aviazione militare irachena permise al NLA di compiere incursioni in territorio iraniano, fino alla distruzione della città di Islamabad-e Gharb, nonostante fossero trascorsi sei giorni da quando Khomeini aveva accettato il cessate il fuoco dell'ONU. La campagna, denominata Operazione Mersad, fu seguita da un'ondata di condanne a morte di membri del MEK in Iran, che coinvolse anche diversi militanti di partiti e organizzazioni della sinistra. Concluso il conflitto tra Iran e Iraq, il MEK portò avanti la sua strategia di lotta armata contro il regime iraniano, uccidendo figure di rilievo delle sfere politica e militare. Nel 1992, inoltre, lanciò un attacco coordinato contro dieci ambasciate iraniane, ivi inclusa la Missione iraniana alle Nazioni unite a New York, catturando e ferendo numerosi funzionari.
Anti-capitalista, anti-imperialista e anti-americano, il MEK collaborò inoltre alle operazioni militari lanciate dalla Guardia repubblicana irachena per reprimere le contestazioni sciite, curde e turkmene contro il regime baathista di Saddam Hussein. È questa la ragione principale per cui tra il 1997 e il 2005 Stati Uniti, Regno Unito, Unione Europea e Canada inclusero il MEK nella lista delle organizzazioni terroristiche, mentre nel 2008 la Commissione ONU contro la tortura dichiarò che il gruppo era coinvolto in attività terroristiche. La posizione di Washington, tuttavia, cambiò radicalmente dal 2003, ossia da quando l'amministrazione del presidente George W. Bush lanciò il bombardamento e l'invasione dell'Iraq con lo scopo di rovesciare il regime di Saddam Hussein. Inizialmente bersaglio dei bombardamenti USA, il MEK decise infatti di stringere una nuova alleanza e da allora Massoud Rajavi risulta scomparso. Il primo paese a espungere questa formazione dalla lista delle organizzazioni terroristiche è stato il Regno Unito, nel 2008, seguito da Unione Europea, Stati Uniti e Canada. In territorio statunitense, infatti, il MEK disponeva di una forte base, costituita soprattutto da elementi della diaspora iraniana, che negli anni ha contribuito a legittimare la linea e le azioni del movimento, dichiarato sotto protezione dall'allora segretario di Stato alla Difesa Donald Rumsfeld. Ciononostante, il drastico aumento di peso politico dei partiti e delle organizzazioni sciite in Iraq, uno degli esiti dell'invasione statunitense dell'Iraq, ha reso l
a posizione del MEK sempre più fragile. Intanto, assieme al CNRI, quest'ultimo decise di mutare definitivamente la sua strategia dalla lotta armata all'opposizione mediatica. È ben nota la conferenza stampa a Washington del 14 agosto 2002, quando il rappresentante del MEK Alireza Jafarzadeh affermò l'esistenza di impianti nucleari in Iran, a Natanz e ad Arak, elementi successivamente ripresi dall'Agenzia internazionale per l'energia atomica (AIEA).
Beneficiando di un sostegno sempre maggiore da parte di Stati Uniti ed europa, il MEK si è progressivamente trasformato da una sorta di setta armata a un movimento, almeno sulla carta, interessato all'affermazione della democrazia, dei diritti umani, della parità di genere e della laicità. Ogni anno, il CNRI/MEK organizza a Parigi la conferenza Iran libero, alla quale partecipano numerosi rappresentati politici statunitensi ed europei, attivi e in pensione. Nel 2018, il Consigliere alla Sicurezza nazionale americana John Bolton ha persino auspicato di vedere il MEK al potere in Iran entro il 2019, mentre l'ex sindaco di New York Rudy Juliani ha suggerito che dietro le proteste allora (come ora) in corso in Iran c'era l'azione di coordinazione portata avanti da molte delle nostre persone (con riferimento ai membri del MEK) in Albania. Il coinvolgime
nto di Tirana nel conflitto tra Iran e Stati Uniti, rischia tuttavia di complicare una situazione politica già di per sé delicata. Alle tensioni tra l'attuale governo a guida socialista e il Partito democratico all'opposizione, si aggiungono i tentativi di ingerenza da parte di due superpotenze mondiali, come la Russia e gli Stati Uniti, e della Turchia, potenza regionale particolarmente aggressiva e sempre meno disposta a servire da fedele gendarme dell'Organizzazione del trattato dell'Atlantico del Nord (NATO). Nondimeno, la strategia di potenza degli Stati Uniti appare stabilmente basata, dalla fine della guerra fredda, sul soft power e sull'esportazione del modello democratico neoliberale attraverso fondazioni come quella di Rumsfeld in Asia centrale, oppure mediante il sostegno finanziario e politico a movimenti come il serbo Otpor! (Resistenza!), i cui leader sono anche guide e fondatori del Centro per le azioni e le strategie non-violente applicate (CANVAS). Nato nel 2004, quest'ultimo organizza in vari paesi, tra cui Georgia, Bielorussia, Ucraina, Iran, Venezuela ed Egitto, corsi di formazione per elaborare e mette
re in atto il rovesciamento dei regimi in carica. Tra i suoi principali finanziatori (tutti privati) si trova la Open Society Foundation, creata nel 1979 da George Soros. A parte le considerazioni sulla legittimità di sostenere (il che spesso significa indurre) dall'esterno cambiamenti politici interni a uno Stato sovrano, tale approccio si è rivelato più volte fallimentare, come nel caso dei martoriati Balcani. Stabilire proprio lì un'organizzazione come il MEK appare dunque l'ennesimo azzardo escogitato per difendere la supremazia statunitense, sempre più insidiata da altri attori. A parte la Cina, Russia e Turchia si sono recentemente mostrate disposte a un'alleanza tattica, pur di estendere e rafforzare zone di influenza significative sul piano geopolitico, come la Siria e la Libia. Sarà dunque il duo Mosca-Ankara a imporre la propria profondità strategica anche sul dossier iraniano? D'altra parte, Russia e Turchia sono parte integrante della storia politica persiana.
NATOME: così il presidente Trump, che si vanta del proprio talento nel creare acronimi, ha già battezzato lo spiegamento della Nato in Medio Oriente, da lui richiesto per telefono al segretario generale dell’Alleanza Stoltenberg.
Questi ha immediatamente acconsentito che la Nato debba avere «un accresciuto ruolo in Medio Oriente, in particolare nelle missioni di addestramento». Ha quindi partecipato alla riunione dei ministri degli esteri della Ue, sottolineando che l’Unione europea deve restare a fianco degli Stati uniti e della Nato poiché, «anche se abbiamo fatto enormi progressi, Daesh può ritornare».
Gli Stati uniti cercano in tal modo di coinvolgere gli alleati europei nella caotica situazione provocata dall’assassinio, autorizzato dallo stesso Trump, del generale iraniano Soleimani appena sbarcato all’aeroporto di Baghdad.
Dopo che il parlamento iracheno ha deliberato l’espulsione degli oltre 5.000 soldati Usa, presenti nel paese insieme a migliaia di contractor del Pentagono, il primo ministro Abdul-Mahdi ha chiesto al Dipartimento di Stato di inviare una delegazione per stabilire la procedura del ritiro. Gli Usa – ha risposto il Dipartimento – invieranno una delegazione «non per discutere il ritiro di truppe, ma l’adeguato dispositivo di forze in Medio Oriente», aggiungendo che a Washington si sta concordando «il rafforzamento del ruolo della Nato in Iraq in linea con il desiderio del Presidente che gli Alleati condividano l’onere in tutti gli sforzi per la nostra difesa collettiva».
Il piano è chiaro: sostituire, totalmente o in parte, le truppe Usa in Iraq con quelle degli alleati europei, che verrebbero a trovarsi nelle situazioni più rischiose, come dimostra il fatto che la stessa Nato, dopo l’assassinio di Soleimani, ha sospeso le missioni di addestramento in Iraq.
Oltre che sul fronte meridionale, la Nato viene mobilitata su quello orientale. Per «difendere l’Europa dalla minaccia russa», si sta preparando l’esercitazione Defender Europe 20, che vedrà in aprile e maggio il più grande spiegamento di forze Usa in Europa degli ultimi 25 anni.
Arriveranno dagli Stati uniti 20.000 soldati, tra cui alcune migliaia della Guardia Nazionale provenienti da 12 Stati Usa, che si uniranno a 9.000 già presenti in Europa portando il totale a circa 30.000. Essi saranno affiancati da 7.000 soldati di 13 paesi europei della Nato, tra cui l’Italia, e 2 partner, Georgia e Finlandia.
Oltre agli armamenti che arriveranno da oltreatlantico, le truppe Usa impiegheranno 13.000 carri armati, cannoni semoventi, blindati e altri mezzi militari provenienti da «depositi preposizionati» Usa in Europa. Convogli militari con mezzi corazzati percorreranno 4.000 km attraverso 12 arterie, operando insieme ad aerei, elicotteri, droni e unità navali.
Paracadutisti Usa della 173a Brigata e italiani delle Brigata Folgore si lanceranno insieme in Lettonia.
L’esercitazione Defender Europe 20 assume ulteriore rilievo, nella strategia Usa/Nato, in seguito all’acuirsi della crisi mediorientale. Il Pentagono, che l’anno scorso ha inviato altri 14.000 soldati in Medio Oriente, sta dirottando nella stessa regione alcune forze che si stavano preparando all’esercitazione di guerra in Europa: 4.000 paracadutisti della 82a Divisione aviotrasportata (comprese alcune centinaia da Vicenza) e 4.500 marinai e marines della nave da assalto anfibio USS Bataan. Altre forze, prima o dopo l’esercitazione in Europa, potrebbero essere inviate in Medio Oriente.
La pianificazione della Defender Europe 20, precisa il Pentagono, resta però immutata. In altre parole, 30.000 soldati Usa si eserciteranno a difendere l’Europa da una aggressione russa, scenario che mai potrebbe verificarsi anche perché nello scontro si userebbero non carri armati ma missili nucleari.
Scenario comunque utile per seminare tensione e alimentare l’idea del nemico.
(il manifesto, 14 gennaio 2020)
Frammenti che orbitano qua e là, individuati, carpiti; li commento e condivido con voi.
La Riflessione!
Anno Nuovo…Vita Vecchia
I buoni propositi di fine anno sono “rimandati” forse al 2021. Aziende vinicole che “delocalizzano”, vendono a chi passa per caso dalla cantina, i mercati orientali ben lontani dal vino italiano, i dazi americani che sapevamo, prima o poi, sarebbero diventati realtà quotidiana (registriamo piangistei ad ogni latitudine), partirà (si dice, si mormora) la Cabina di Regia del Vino (altro super carrozzone ministeriale?). Non ci resta che consolarci con il “Gardami” l’annunciato nuovo “tormentone” colktail che soppianterà lo Spritz usato e abusato in centinaia e migliaia di modi. Chapeau!
Frammento n. 1
Farnese Vini abbandona!!!
Una Società di investimento americana, la Platinum Equity, nuova proprietaria. Un’altra eccellenza vinicola nazionale, definita negli ultimi tempi “winery boutique”, getta la spugna. La formula è quella di sempre: vendita e presidente esecutivo quello precedente per rendere indolore il passaggio. La Farnese Vini produce vini di alta qualità destinata principalmente all’estero.
Frammento n. 2
Cabina di regia sul Vino.
Sarà un nuovo carrozzone? La notizia dalla bocca della Ministra alle politiche agricole, alimentari e forestali Teresa Bellanova <<Entro il mese di gennaio l’insediamento presso il Ministero Mipaaf della Cabina di regia sul vino>>. Mi sa tanto del solito annuncio dai vari palchi davanti a platee politiche consenzienti. Gli addetti ai lavori chiedono a gran voce di rivedere gli adempimenti burocratici che insistono poi sul prezzo del prodotto, non cabine di regia politiche che non portano ad alcun risultato. Nuove generazioni, donne, filiere, investimenti, innovazione, internazionalizzazione, export, promozione del made in Italy. Parole che riempono la bocca, riscuotono applausi politici, ma rimangono “sogni”. Un altro spot nell’Italia degli spot dove il politichese impera.
Frammento n. 3
GARDAMI, il nuovo tormentone estivo
Garda spumante Doc e Amaro, Aperitivo Rosato Ramazzotti: nasce il cocktail Gardami (Garda e Milano), patto per l’italian style. Sarà il cocktail che narrerà la dialettica
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Gardami |
territoriale e lo stile italiano del buon vivere. Così nelle intenzioni dei promotori. Sostituirà l’Aperol Spritz, usato e abusato in centinaia di migliaia di modi. Per niente felice di questo avvicendamento. Anzi, di sicuro, saremo tartassati pesantemente da budget pubblicitari ultramilionari per indurci ad essere “fighi”, “alla moda”. Com’è lontano il tempo quando l’aperitivo era rappresentato da un calice di Vermouth o da un bicchierino di Marsala secco e per darsi un contegno chic uno Sherry Palomino fino. Almeno sapevamo cosa bevevamo.
Frammento n. 4
Cavit compra La Vis
Nasce ufficialmente un colosso dei vini tutto Trentino. Rientrano “nell’affare” anche Cesarini Sforza spumanti, Casa Girelli (imbottigliamento e commercializzazione) e Cembra Cantina di Montagna. L’operazione alquanto complessa ha permesso il salvataggio della Cantina La Vis “carica” di debiti “non performing”.
I trentini ci sanno fare e capiscono cosa significhi curare il territorio evitando “intrusioni” esterne ad alterare equilibri ed identità.
Osservo, scruto, assaggio e…penso.
Presentato domenica 5 gennaio, a Mussomeli, in provincia di Caltanisetta, presso i locali del Manamanà, il progetto culturale “La Pescheria delle Idee” su iniziativa dei componenti del Collettivo “SempliCittà”, giovani intraprendenti dell’entroterra siciliano che, già da qualche anno, lavorano alla ricerca di un’alternativa possibile alle preoccupanti dinamiche demografiche che stanno svuotando le aree interne del sud del nostro paese.
Il titolo è già la dichiarazione “ante litteram” di quello che vuole essere il cammino pensante di una comunità che, nel suo territorio, conosce se stessa e ivi si riconosce. Un “incubatore di progetti”, come lo definisce uno dei suoi più accesi sostenitori, l’arch. Michele Schifano, il quale tende a sottolineare, con tale locuzione, che non si tratta di un programma preconfezionato, basato su concetti costituiti aprioristicamente ma di un progetto di innovazione sociale volto a produrre nuovi modelli di interazione e nuove possibilità. La produzione di contenuti culturali per aumentare lo spettro delle competenze e la possibilità della scelta per permettere a ciascuno di seguire liberamente il flusso dei propri interessi. Da un’attenta diagnosi del tempo, pratica alla quale la cronaca sembra averci irrimediabilmente votato, il controesodo si impone oggi quasi come necessità storica.“CONTROCORRENTE” appunto… volendo continuare con la metafora della pescheria! E mentre un dialogo vivace prende sempre più forma e sostanza fra i tavoli dei presenti, in una ventosa e fredda sera di inizio gennaio, nel simposio di giovani fiduciosi, emergono le mille, inevitabili e, quasi scontate, problematiche legate alla logistica e alla viabilità. Quell’indolenza tipicamente siciliana volta quasi pirandellianamente a “scoprire il nulla”. E invece, è proprio da queste problematiche più o meno latenti, da queste contraddizioni istruttive che deve muovere in Senso della Ripartita.
Mettere assieme tutte queste note stonate e riaccordarle per dare musica alle meravigliose melodie del concerto della vita. Una vita nella propria terra, “Tra la mia perduta gente”. E si avverte anche la necessità impellente di lottare contro pregiudizi e preconcetti, contro la diffidenza di chi, cittadino scoraggiato, ritiene impossibile che un’associazione culturale possa offrire, senza alcuna richiesta di compenso, la possibilità di assistere ad uno spettacolo teatrale piuttosto che ad un concerto. Un problema storico delle piccole comunità: la diffidenza atavica verso ogni forma di partecipazione culturale, spesso caricata di tutta una serie di implicazioni sociali. Questa l’osservazione di Carmelo Vitellaro, creatore, insieme ai componenti del Circo Pace e Bene, del magazzino culturale e ideatore del Festival sociale “Mi Fa Sol”. Ed ancora Elio di Salvo che racconta l’impegno nell’organizzare le tre edizioni di Battichiè, un tuffo nella Sicilia degli anni 40. E poi la fortissima testimonianza di Vito Geraci, visionario cultore della sua terra, con i suoi rimandi e i suoi profumi, che sente quasi come un imperativo morale quello di tradurre in un prodotto quella luce che rifulge nella sua lampada gialla. Quelle lampade che sono state pensate, disegnate e ritagliate perché potessero raccogliere le Idee, quella sera per un domani. In ogni lampada impigliata in quella rete, metafora della vita di ogni isolano, ogni giovane ha potuto vedere ed esprimere un Futuro Altro. Un futuro fatto di fiducia, Bellezza, comunità. Un futuro che è storia. Perché a questi giovani, così tanto chiacchierati e condannati, al di là di ogni logica e buon senso, bisogna restituire quanto gli è stato sottratto in termini di pensiero: la significanza sociale. Se vogliamo che ricomincino a vivere di giorno e non di notte. Necessità forse di sopperire al vuoto amministrativo che, se non si argina anzitempo, rischia di diventare una voragine. In quella voragine troverebbe la fine quell’ingente patrimonio di Bellezza, cultura, storia, vita, vissuti che ci è stato consegnato ma del quale non ci siamo presi cura. Quanta Bellezza sprecata! E tutti quei giovani che si autocondannano ad un nuovo volontario esilio, quell’esilio che fece scrivere a Pavese di un “Dio che non c’è” fuori dal legame sacro con la propria terra. E proprio questa terra, grazie all’attività degli organizzatori, è stata meta del viaggio attento di Agostino Riitano, autore del libro “Artigiani dell’immaginario” che, con Sicilia Immagina, ha percorso il suo tour di presentazione del libro in vari paesi dell’isola. “Primo pesce pescato”, sarebbe a dire Riitano. Molto vario il carnet delle attività da svolgere, con molta probabilità a Mussomeli, che prevede eventi sulla cultura d’impresa (imprenditoria femminile, turismo, opportunità e risorse, i lavori del futuro, ecc.).Il calendario di presentazione del progetto, dopo la Sicilia, si sposta a Roma l’8 febbraio. Seguiranno Bologna, Milano, Torino.
La difesa alla salute sta predisponendo tra la gente le condizioni di una nova aggregazione politica per ottenere dallo Stato un cambiamento sostanziale dei metodi di cura costosi quanto inefficaci
La verità a portata di mano
Sono pochi i precedenti del genere a cui stiamo assistendo, come quello paradossale del giornalista Adriano Panzironi che senza intraprendere alcuna iniziativa personale, si trova al centro di centinaia di migliaia di persone che si dichiarano straordinariamente migliorate o addirittura guarite da malattie croniche o invalidanti, seguendo lo stile di vita da questi indicato. Sono persone che sulla scia dell’entusiasmo vorrebbero estendere alle Istituzioni sanitarie nazionali il criterio di alimentazione adottato, come prevenzione e cura delle malattie di cui erano affette.
Si tratta in sostanza, della qualità del cibo consigliato dal giornalista e della fiducia da riacquisire sulle proprie risorse fisiche trascurate a causa dello scoraggiamento per il ridotto stato di salute, malgrado le assidue cure con farmaci della medicina ufficiale, prescritti ritualmente dei medici curanti.
Nell’ imminenza del cambiamento spontaneo
Da quanto si è potuto constatare, la spontaneità di aggregazione di questa gente si distingue in virtù dei risultati ottenuti, da quella politica dei partiti dei quali si condivide l’impostazione ideologica o addirittura la appartenenza per tradizione familiare.
La formazione del consenso intorno al giornalista, stante le manifestazioni di ammirazione e di affetto, attualmente è in progressivo aumento, quantunque si avverta in diverse circostanze l’ostilità delle lobby contro interessate o del preconcetto di molti professionisti del settore medico e non solo, per “l’ingiusto” successo ottenuto.
Se ciò che afferma Panzironi a fronte del vivo interesse di ogni persona al mantenimento della propria salute si confermerà valido, la svolta della medicina ufficiale non potrà che essere decisiva.
Questo varrà in primo luogo per coloro che si presentano al governo della nazione in virtù della loro capacità e competenza in materia medica e che devono essere in grado di migliorare e non peggiorare ,lo stato di salute di circa 60 milioni di cittadini a fronte della gestione complessiva attuale di spesa per la sanità di circa 160 miliardi di euro ogni anno.
La presenza mediatica di Panzironi, come appare nelle tantissime trasmissioni televisive, quando spiega i meccanismi biologici che regolano il mantenimento e il ripristino dello stato di salute, crea in molti spettatori in virtù delle spiegazioni congruenti con i risultati ottenuti, una straordinaria aggregazione di consenso.
In effetti si è trattato per questi, di iniziare a mangiare qualcosa di diverso ma di gusto ugualmente piacevole, ritenendo che valesse la pena tentare. Da ciò appare evidente che solo in caso di successo potevano derivare le testimonianze favorevoli e la mancanza pressoché totale di quelle contrarie.
Questo soprattutto avviene, come nel caso in questione, quando la ricerca del benessere insita in tutto il genere umano, trova la maniera di liberarsi dalle malattie che rappresentano il maggiore impedimento alla felicità. Infatti senza la salute tutto diviene difficile e talvolta anche maledettamente inutile.
La resa dei conti
In attesa del processo penale promosso nei confronti del giornalista dal Presidente dell’ Albo dei Medici, che avrà inizio il 3 marzo prossimo, l’interesse mostrato da una sensibile parte dell’ opinione pubblica e che finora è rimasto nell’ ambito del nostro Paese, durante il procedimento diverrà invece mondiale, in quanto la salute è un bene naturale che riguarda l’intera umanità.
Panzironi è stato il primo a dedicarsi sulle basi scientifiche di ricercatori di tutto il mondo, alla divulgazione in Italia dei meccanismi biologici che riguardano lo stato di salute o di malattia.
Sciogliendo le riserve mentali contrarie al consumo di grassi e di proteine, Panzironi ha infatti, analizzato la strettissima relazione con il tipo di ’alimentazione quotidiana che soprattutto in Italia, corrisponde alla tipica dieta ricca di zuccheri anche sotto forma di carboidrati, chiamata “mediterranea”.
Ritenere che lo stato di salute sia la direttissima espressione di ciò che mangiamo, è stato un po’ come il famoso uovo di Colombo, ossia una cosa ovvia ed evidente ma così evidente, da non prendere neppure in considerazione.
Ma proprio questo genere di cose risulta difficile da individuare. Merita a proposito rimarcare che sono proprio le cose davanti agli occhi quelle più difficili da trovare, malgrado la nostra ricerca.
Il bene supremo
Una considerazione sull’argomento che merita l’ attenzione di tutti è che la salute esprime il bene più alto che la natura ha concesso all’ umanità e che deve essere mantenuta nel corso della vita per poterci dedicare a tutto il resto, ossia, a tutto ciò che vogliamo.
L’indicazione del giornalista di preferire un differente tipo di dieta ugualmente piacevole al palato, a quella della tipica sovrabbondanza di zuccheri e carboidrati, non è neppure una cura, ma un indirizzo di vita. Si tratta di quel cambio di alimentazione che ha comportato il pluri-testimoniato progressivo rientro nello stato di salute dei beneficiati e che può rappresentare un notevole vantaggio delle persone interessate nonché un sensibile risparmio in economia.
Ma se Panzironi si sbagliasse? Certamente meriterebbe il giusto castigo. È questo non è solo un’ipotesi ma la realtà che dovrebbe essere accertata nel processo penale intentato contro di lui.
Se invece risultassero giuste e provate le accuse del giornalista rivolte alla classe medica, il quale insiste sulla dieta preventiva e curativa da lui stesso proposta? Allora, per la maggioranza della persone, non è la domanda, ma è la risposta che “sorge spontanea”.
C’è chi ha scritto che l’ultimo film di Woody Allen, Un giorno di pioggia a New York sarebbe “un film stupefacente” che “si srotola con la cadenza adorabile di un gatto che fa le fusa”, (Simona Santoni, https://www.panorama.it/cinema/giorno-pioggia-new-york-woody-allen-recensione/), oppure che, in esso, saremo chiamati a sperimentare l’ incommensurabile gioia di trovare “una sceneggiatura destinata a fare scuola”, con un “cast di giovani, seducenti nuove icone”, nonché, sopra ogni altra cosa, “un cineasta ultraottantenne che ha trovato la formula per un nuovo incanto”, ritornando alle origini “senza ripetere sé stesso” (Marta Zoe Poretti, https://www.lascimmiapensa.com/2019/11/23/un-giorno-di-pioggia-a-new-york-recensione-woody-allen/).
Ecco, in simili circostanze, vorrei poter intingere la penna (o la tastiera) nel curaro e cimentarmi in stroncature di una ferocia schopenhaueriana … Perché fa una tristezza immensa - e anche tanta rabbia - essere costretti a constatare come un regista del calibro di Allen non riesca ancora a capire che il suo voler continuare a produrre film a raffica, senza ispirazione e senza idee, semplicemente appellandosi alla bellezza dei luoghi, alla capacità degli attori e all’eleganza formale, possa sì svolgere una qualche funzione lenitiva nei confronti delle proprie ansie esistenziali, ma non sia certo operazione artisticamente degna, e neppure eticamente onesta nei confronti di quanti lo hanno amato e ancora, nonostante tutto, continuano ad amarlo.
Insomma, di quest’ultimo film, cosa dire?
A voler essere magnanimi (e col vecchio adorato Woody, come non esserlo?), si potrebbe parlare di estrema fragilità del soggetto, di una sceneggiatura inzeppata di una lunga serie di banali luoghi comuni, di personaggi goffi e poco credibili: il tutto sfociante in un film di mesta scialbezza e di mal sopportabile noiosità …
Un film, soprattutto, desolatamente senza una battuta folgorante, senza un sorriso, senza una forte vera emozione …
Frammenti che orbitano qua e là, individuati, carpiti; li commento e condivido con voi.
La Riflessione!
Archi e Frecce nel Chianti
Così un mio titolo dopo la “notizia”. Mentre nel resto del mondo vinicolo assistiamo ad “unire le forze” per affrontare i mercati dei prossimi anni, noi in Italia torniamo
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Battaglia di Campaldino |
al Medioevo, alle battaglie con gli archi e le frecce cercando di “creare confusione” e seguire il vecchio adagio (locuzione latina) “divide et impera”. Già registriamo confusione tra Consorzio Vino Chianti e Consorzio Vino Chianti Classico, ulteriormente aumentata dalle continue “nascite” di movimenti legati ai singoli Comuni rivendicando le “differenze” territoriali evidenziando le disomogeneità. Il contendere questa volta è la scelta del Consorzio Vino Chianti di modificare il proprio disciplinare introducendo, anche loro, la Gran Selezione.
“Qualità e semplificazione le parole d’ordine della revisione” così il Presidente Aldo Busi. Risponde Giovanni Manetti Presidente del Gallo nero:” increduli nel credere a questa modifica volta ad una strategia di gestione non costruttiva e priva di idee innovative”. Avanti miei prodi si torna alla sfida lancia in testa fra il Cavaliere Bianco e quello Nero di cinquecentesca memoria. È tornato il tempo degli Archi e Frecce. Mi domando:”ma è mai sopito?”.
Carte bollate e sentenze a non finire in Valpolicella
Se nel Chianti c’è “maretta” anche in Valpolicella non scherzano. Altra storia quella che gira intorno all’Amarone. Consorzio tutela vini Valpolicella da una parte e Le Famiglie Storiche dell’Amarone dall’altra. Siamo già al secondo grado di giudizio, sentenza d’appello, che da ragione al Consorzio confermando la sentenza di primo grado. Il contendere? Alcune “famiglie storiche” avevano costituito una Associazione “Famiglie dell’Amarone d’Arte” con tanto di Manifesto costitutivo e un proprio marchio. Ed ora? La guerra continua tra l’incredulità dei non addetti ai lavori, consumatori inclusi particolarmente quelli stranieri. Appuntamento alla prossima Anteprima Amarone a Verona il 1-2 febbraio 2020.
Frammento n. 1
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Chateau Barton |
Finalmente i punteggi di Wine Spectator tornano nella normalità.
Alla fine il primo posto della classifica dei “Top 100” secondo Wine Spectator viene assegnato alla Francia vista l’avanzata “pericolosa” (ndr) degli americani di Napa Valley (California). Non solo. Il punteggio assegnato a Château Léoville Barton, St-Julien 2016 Bordeaux, è “ritornato” ad essere credibile: 97/100. Il vino perfetto non esiste e non è mai esistito. È materia vivente e quindi imperfetta. Dare ad un vino 100/100 significa rendere poco credibili i giudizi.
Frammento n. 2
L’uva “affinata” in mare.
Fino ad oggi abbiamo registrato progetti, veri e propri tentativi, di affinare bottiglie di vino in mare, in particolare spumanti. Per gli spumanti raggiungendo profondità pari all’azzeramento della pressione (sei atmosfere) contenuta nelle bottiglie. Ma immergere le uve prima della fermentazione, mai. Ci sta provando Antonio Arrighi nel mare che bagna la sua Isola d’Elba. Il progetto è seguito dal Prof. Attilio Scienza. Lo scopo? Ritornare ai metodi usati dai Greci e Romani. Il vitigno usato: l’ansonica. Qualche “solone” sempre pronto a distribuire lodi lo ha già definito “vino fantastico dal carattere unico”. Sul carattere unico concordo, sul “fantastico” aspettiamo. Credo che Antonio Arrighi, conoscendolo, concordi.
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Nasse con uva |
Frammento n. 3
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La Rossa francese |
La Guida Michelin compra tutto e monopolizza il mercato mondiale.
La colpa è anche nostra. La Michelin fa sul serio. Anche Robert Parker alla fine ha ceduto. L’intera sua società passa al 100% nelle mani della “rossa francese”. Il prezzo della cessione ovviamente è “top secret”. “La piena integrazione cibo-vino garantirà le sinergie a lungo termine”. Ciò vuol dire che è nata la Bibbia e chi oserà dire il contrario sarà scomunicato!!! Non facciamoci ingannare dalle parole del solito CEO di turno; influenzeranno il mercato da veri leader incontrastati. Bel colpo!
Osservo, scruto, assaggio e…penso.
A Roma - presso l'ISTITUTO NAZARETH, al 140 di Via Cola di Rienzo - Il 6 Dicembre 2019 ha avuto luogo l'OPEN DAY nel corso del quale è stato presentato il LICEO ECONOMICO.
In una Sala colma e attenta, gli interventi di Illustri Ospiti ha fatto seguito al benvenuto della Presidenza dell'Istituto Nazareth, teso anche a ricordare e sottolineare le tradizioni dell'Istituto nel panorama scolastico della Capitale.
Ha preso la parola per primo il Prof. Avv. Giuseppe Catapano (Rettore dell’AUGE-Accademia Universitaria degli Studi Giuridici Europei, Commercialista-Tributarista, Rettore Emerito dell’Università degli Studi Popolari – Milano, Docente ordinario per le Discipline Giuridiche presso UniMilano) che ha ricordato il ruolo innovativo dell'AUGE nel campo della formazione giuridica, sottolineando come l'iniziativa di dare sostanza al LICEO ECONOMICOinterpreti in modo coerente gli indirizzi della Società e l'influenza dei settori giuridico ed economico nella vita quotidiana. A seguire, l'intervento di S.E. il Prof. Avv. Salvatore Sfrecola (Patrocinante in Cassazione, già Presidente di Sezione della Corte dei conti, Docente di Diritto Amministrativo Europeo, Presidente dell’Associazione Italiana Giuristi di Amministrazione) che facendo anche riferimento alla propria lunga esperienza - specie quale Alto Magistrato della Corte dei conti - ha evidenziato per i giovani tanto la necessità di fare affidamento su solide basi culturali di tipo classico - insostituibili - che di poter contare su un bagaglio di esperienze formative di ampio spettro, al fine di acquisire maggiore e migliore consapevolezza delle loro possibilità di fronte alle sfide del presente e quindi del futuro. Ha poi preso la parola la Dott.ssa Fiorella Ialongo (Docente presso l’Università di Roma Tre-Master di Linguaggi del Turismo e Comunicazione Interculturale, Pubblicista, esperta di Economia Creativa ed Ecosistemi dell’Innovazione) che, proprio riferendosi alla propria esperienza universitaria e richiamando l'attenzione sulle sfide dell'attuale mercato globale, ha evidenziato all'attenzione dei giovani l'ineludibile importanza del lavorare in team: le sfide attuali si devono affrontare con gruppi preparati e coesi, dove ciascuno abbia un ruolo pre-definito e si assuma le coerenti responsabilità correlate proprio ai compiti a lui affidati. Il Dott. Virgilio Violo (Pubblicista, Presidente della FLIP-Free Lance International Press, già membro Consulta Giuridica per la Tutela dei Diritti Umani, già Capo Uff. legale dell’Ente Nazionale Risi, già collaboratore di ANSA) si è poi soffermato sul ruolo dell'informazione e quindi della comunicazione: due arterie molto trafficate, in verità, e non sempre in linea con le esigenze di trasparenza e obiettività che i Cittadini si aspettano - e pretendono - da chi operi in tali delicati settori. E' poi intervenuto il Prof. Cesare Cilvini (Docente presso l'Università Federico II°, Accademico dell'AUGE) che, ricordando pragmaticamente che non si lavora solo per il piacere di far ciò, ha inteso stimolare i giovani ad aprirsi fin da subito a prospettive di crescita, guardando oltre l'orizzonte prossimo della loro vita, confidando su una formazione eccellente. Prima delle conclusioni ha preso la parola il Dott. Riccardo Carnevale (responsabile organizzazione eventi educativi di ‘Starting Finance’, innovativa start-up di settore) che con toni carichi di energia e quindi coinvolgenti, si è soffermato sulla mission della start-up e sulle esperienze di cui già può farsi vanto. La comprensione dei meccanismi della finanza, quale elemento portante della nostra quotidianità, insieme al diritto, è di estrema importanza: fermo restando l'importanza di valide, concrete e pratiche basi culturali, utilissime a rapportarsi correttamente con ogni interlocutore.
Al termine dell'incontro il Dott. Lorenzo Ciliberti ha ringraziato tutti gli intervenuti all'interessante e per certi versi unica iniziativa del LICEO ECONOMICO, che mette al centro – così come nobile tradizione dell’ISTITUTO NAZARETH – gli Studenti e le loro Famiglie. La dinamica socio-economica contemporanea; sempre più intensa, rapida e persino poco prevedibile impongono che i giovani studenti maturati dalle scuole – in generale - possano superare fin da subito le difficoltà che affrontare il mondo 'reale' comporta. Comunicazione, Giornalismo, Marketing, Espansione e Integrazione dei Mercati e dei Territori, non disdegnando di entrare nel mondo delle grandi possibilità innovative offerte dal mondo delle start-up. In sintesi: gli studenti acquisiranno tutta una serie di vere e proprie pre-professionalità nel campo dell’Innovazione Tecnologica, della Comunicazione, delle Pubbliche Relazioni e del Marketing, tali da agevolarli ad approcci più rapidi con settori qualificati del mondo del lavoro.
Arrivederci all'11 di Gennaio 2020 con un incontro programmatico e quindi più tecnico: la parola d'ordine è fare squadra, lavorando in team! .
Il 28 ottobre è stato riaperto al pubblico un settore del Museo Missionario Etnologico dei Musei Vaticani, fondato dopo la grande mostra tenutasi nel 1925.
Gli spazi all’interno dell’edificio costruito dagli architetti Passarelli negli anni Sessanta del secolo scorso, sono stati completamente ristrutturati.
Pareti di vetro lasciano vagare lo sguardo in senso orizzontale, permettendo di vedere in contemporanea più sezioni differenti. In senso verticale, la vista si apre sulle scaffalature dei depositi, permettendo, almeno in parte, la visione dei manufatti che non sono rientrati nel percorso espositivo.
Altrettanto particolare è il lavoro svolto dalle restauratrici del Laboratorio polimaterico, che, già dal nome, esprime le diverse competenze necessarie per trattare manufatti composti da materiali eterogenei, sia organici che inorganici.
I lavori continuano e, a breve, l’intera ala sarà riaperta al pubblico.
Il rinnovamento del museo si è esteso anche al nome, Anima Mundi, a sottolineare il fatto che la nuova disposizione rispecchia una nuova concezione e una nuova sensibilità verso questa particolare tipologia di collezioni. Nonché la responsabilità morale del creato come casa di tutti. In tale ottica è stata discussa, decisa ed effettuata la restituzione della testa tsantsa, trofeo rituale della popolazione degli Shuar, tribù indigena del sud ovest della Foresta Amazzonica, tra Ecuador e Perù.
In contemporanea e in accordo con il Sinodo per l’Amazzonia, nel settore riaperto dedicato all’Australia e all’Oceania, è stata allestita la mostra Mater Amazonia. The deep breath of the world, in corso fino all’11 gennaio 2020.
Il percorso multimediale immersivo vuole guidare lo spettatore alla conoscenza dell’Amazzonia. Viene perciò accolto in tre ambienti caratteristici della vita quotidiana, cioè la foresta, il fiume e la maloca, la casa comunitaria.
Oltre ai manufatti di appartenenza dei Musei Vaticani, sono presenti in mostra oggetti provenienti dal Museo Etnografico e di Scienze Naturali “Missioni Consolata” di Torino, dal Museo Missionario Indios-Frati Cappuccini in Amazzonia (Muma) di Assisi, dal Museo Etnologico Missionario del Colle Don Bosco (Mem) nell’Astigiano, dal Museo d’Arte Cinese ed Etnografico di Parma dei Saveriani.
La mostra racconta il rapporto tra l’uomo e l’ambiente, ma anche, con la presenza dei missionari, il rapporto tra culture diverse.
La realizzazione tecnica è stata curata dalla Mediacor di Torino, responsabile anche della foto, che raffigura alcuni degli oggetti contenuti nella vetrina dell'inculturazione.
Il copricapo di piume di tucano è appartenuto al missionario salesiano don Luigi Bolla, che ha trascorso la sua vita tra gli Shuar e gli Achuar, in Ecuador e Perù dal 1971 al 2013, dal Museo Etnologico Missionario di Colle don Bosco.
L’Intaglio con la Madonna Assunta in legno di cedrella lucidato, reca le firme di Julio Pires e Nazico, artisti Tikuna, gruppo etnico dell’Alto Solimões, nella parte occidentale dello Stato brasiliano di Amazonas. Il pastorale fu donato nel 1986 a Mons. Marzi, missionario dei Frati Minori Cappuccini umbri, per il 75° anniversario della Prelazia e il 25° del suo Episcopato. I due manufatti provengono dal Museo Missionario Indios Frati Cappuccini dell’Umbria in Amazzonia. L'amaca di cotone che si vede sullo sfondo, era del missionario salesiano don Luigi Cocco, che ha trascorso gli anni dal 1951 al 1974 sulla Sierra Parima in Venezuela, attualmente è conservata nel Museo Etnologico Missionario di Colle don Bosco.
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Intervista video a John Shipton, |
22 NOV 2019 — L’intervista video a John Shipton, padre di Julian Assange – fatta da Berenice Galli (CNGNN), montata e pubblicata da Pandora TV diretta da Giulietto Chiesa – costituisce un documento di grande importanza per la difesa della democrazia, sempre più sotto attacco da parte di un sistema politico-mediatico che usa repressione e mistificazione per mettere a tacere la verità. Per meglio comprendere l’intervista, riassumiamo qui di seguito le vicende che hanno portato alla drammatica situazione in cui si trova oggi Julian Assange. Invitiamo a diffondere al massimo questa informazione, contribuendo in tal modo alla campagna internazionale per la liberazione di Julian Assange.
Julian Assange nasce nel 1971 a Townsville in Australia, da una artista, Christine Assange, e un architetto, John Shipton. A sedici anni, sa già scrivere programmi informatici. Verso la fine degli anni Ottanta diviene membro di un gruppo di hacker noto come International Subversives.
Nel 1991 subisce un'irruzione nella sua casa di Melbourne da parte della polizia federale australiana, con l'accusa di essersi infiltrato nel sistema informatico del Pentagono. Nel 1992 gli vengono rivolti ventiquattro capi di accusa per reati di “pirateria informatica”. Assange è condannato, ma in seguito è rilasciato per buona condotta, dopo aver pagato una grossa multa.
A partire dal 2006 è tra i promotori del sito web WikiLeaks, di cui diviene caporedattore. WikiLeaks nel corso degli anni pubblica documenti da fonti anonime e informazioni segrete su politici corrotti, assassinii politici, repressioni e guerre. Il materiale pubblicato tra il 2006 e il 2009 attira sporadicamente l'attenzione dei media, ma è il caso Chelsea Manning che porta WikiLeaks, nel 2010. al centro dell'interesse internazionale.
Chelsea Manning, attivista statunitense, è accusata di aver fornito a WikiLeaks migliaia di documenti riservati di cui era venuta a conoscenza lavorando quale analista di intelligence dell’Esercito USA durante la guerra in Iraq. Viene per questo condannata a 37 anni di detenzione in un carcere di massima sicurezza. Rilasciata dopo 7 anni di carcere duro, sarà nuovamente incarcerata nel 2019 per essersi rifiutata di testimoniare contro Assange.
Nel 2010 WikiLeaks rende di pubblico dominio oltre 250.000 documenti statunitensi, molti dei quali etichettati come "confidenziali" o "segreti". Tra questi diversi video sulle stragi di civili compiute dagli USA in Iraq e Afghanistan. WikiLeaks viene messa sotto inchiesta in Australia e Julian Assange rischia di nuovo l’arresto.
Nello stesso anno, mentre Assange è in Gran Bretagna, il tribunale svedese di Stoccolma emette nei suoi confronti un mandato di arresto in contumacia, con l'accusa di aver avuto rapporti sessuali non protetti, seppur consenzienti, con due donne. Assange, presentatosi spontaneamente negli uffici di Scotland Yard, viene arrestato in forza di un mandato di cattura europeo. Assange viene rilasciato su cauzione, ma la Svezia ne chiede l’estradizione dalla Gran Bretagna, col chiaro intento di estradarlo negli Stati Uniti dove lo attende un processo per spionaggio che prevede l’ergastolo o la pena di morte.
Nel 2012 la Corte Suprema britannica decreta la sua estradizione in Svezia. Assange si rifugia, a Londra, nell’Ambasciata dell’Ecuador che gli garantisce il diritto di asilo. Qui resta confinato per sette anni, nonostante che anche una Commissione delle Nazioni Unite denunci il fatto che A ssange è detenuto arbitrariamente e illegalmente in Gran Bretagna
Nel frattempo WikiLeaks prosegue la sua attività. Nel 2016 pubblica oltre 30.000 email e documenti inviati e ricevuti tra il 2010 e il 2014 da Hillary Clinton, Segretaria di Stato dell’Amministrazione Obama. Tra questi una email del 2 aprile 2011, la quale rivela il vero scopo della guerra USA/NATO alla Libia perseguito in particolare da USA e Francia: impedire che Gheddafi usasse le riserve auree della Libia per creare una moneta pan-africana alternativa al dollaro e al franco CFA, la moneta imposta dalla Francia a 14 ex colonie.
La crescente pressione internazionale, esercitata sull’Ecuador soprattutto da Stati Uniti, Gran Bretagna e Svezia, raggiunge il suo scopo. Privato dall’Ecuador del diritto di asilo, Julian Assange viene arrestato nell’aprile 2019 dalla polizia britannica, con l’imputazione di essersi sottratto al mandato emesso dalla Corte Suprema nel 2012.
Il Responsabile ONU contro la tortura, Nils Melzer, dopo avergli fatto visita nel carcere britannico di massima sicurezza, dichiara: "Julian Assange è detenuto in un carcere di massima sicurezza, in condizioni di sorveglianza e isolamento estreme e non giustificate, mostra tutti i sintomi tipici di un'esposizione prolungata alla tortura psicologica. È necessario che il governo britannico lo liberi immediatamente per proteggere la sua salute e la sua dignità. È inoltre da escludere la sua estradizione negli USA".
La vita di Julian Assange, di fatto rapito e detenuto in condizioni inumane (gli viene proibito perfino di vedere i figli), è sempre più in pericolo, sia per i lunghi anni di sofferenze che hanno deteriorato la sua salute, sia per la pericolosa situazione in cui si troverebbe se fosse estradato negli USA. Qui sarebbe in mano a coloro che hanno tutto l’interesse a non farlo arrivare a un processo che, soprattutto se permettesse all’imputato di difendersi, sarebbe estremamente imbarazzante per l’establishment politico-militare.
Parafrasando l’espressione di Enrico IV in una libera interpretazione come “ci si può sacrificare pur di raggiungere un obiettivo alto” ne esce il valore del perché “andare a Merano per il Merano Wine Festival”.
Aggiungo convintamente che, se per un musulmano la visita alla Mecca almeno una volta nella vita è d’obbligo, per un wine lover andare al Merano Wine Festival almeno una volta è doveroso. Vuoi per vivere tre-cinque giorni in un contesto da fiaba (aggiungo fiaba enoica), vuoi per aprire le proprie visioni sul mondo del vino, vuoi per assaggiare prodotti sconosciuti o al limite “sentiti ricordare” da altri.
E anche nella 28^ edizione 2019 il Merano Wine Festival non ha tradito le aspettative.
Partiamo dai numeri:
- 11.500 presenze registrate;
- 950 case vinicole selezionate;
- 300 giornalisti del settore accreditati;
- aumento del numero di operatori e specialisti del settore;
- indotto calcolato per oltre 10 milioni di euro
- aumento registrato di produttori internazionali
- apprezzata e folta rappresentanza della “Young generation”.
Quest’ultima vera linfa vitale per programmare le edizioni future.
Tutto questo non per caso.
Si lavora all’edizione di questa eccellente kermesse tutto l’anno e alla fine le selezioni e degustazioni dei campioni da parte del gruppo di degustatori “The Official Selection” formano l’offerta in buona parte diversa ogni anno. Una specie di promozioni e retrocessioni senza se senza ma ben evidenziata e sottolineata nel Regolamento di partecipazione.
Ma “il bello” del Merano Wine Festival non è limitato solo all’esposizione delle eccellenze vinicole che trovano spazio nelle sale del complesso liberty del Kurhaus. Da alcune edizioni il WineHunter Helmuth Köcher, ideatore e patron dell’evento, ha di fatto dato vita ad un “Fuori Salone” parte integrante del Merano Wine Festival.
La Gourmet Area, spazio dedicato alla gastronomia, le Masterclass ospitate all’Hotel delle Terme, The Circle uno spazio dal linguaggio innovativo vera e propria novità che ha trovato la propria sede in una tensiostruttura posizionata nella vicina Piazza della Rena, il Merano Wine CityLife novità 2019, l’ormai consolidato appuntamento dell’ultimo giorno (il martedì del perlage) Catwalk Champagne ed infine l’ampio spazio dedicato alla cultura con un programma di talk e convegni a tema riempiendo così di contenuti la Manifestazione.
Ho ricordato il Merano Wine CityLife che ha coinvolto sul tappeto rosso di viale Libertà (di fronte al Kurhaus), in perfetto stile con l’idea del “fuorisalone”, migliaia di persone, in prevalenza young generation, che hanno dato vita (notturna) a Merano e che per il futuro l’organizzazione pensa “di implementare con sempre nuove e coinvolgenti attività”.
E dell’indotto ne vogliamo parlare?
Ogni anno riservare una camera per il Merano Wine Festival in centro è sempre più difficile. Bisogna farlo per tempo. Basti pensare che molte persone confermano per l’anno successivo. In queste ultime edizioni sono le frazioni come Lagundo, Lana, Naturno, ben collegate con Merano, a sopperire il fabbisogno delle sempre più numerose richieste di alloggio. Bus, treno, parking esterni e vicino al Kurhaus, una rete efficiente di taxi anche notturni permettono di raggiungere hotel, ristoranti, stube in alta montagna, per vivere al meglio questo straordinario evento.
Brindiamo ancora una volta al successo di questa edizione riaffermando con l’alzata dei calici, il prestigio di un appuntamento di eccellenza, unico nel panorama vinicolo italiano e non solo.
Merano Wine Festival: vaut bien una messe (Val bene una Messa). Chapeau!
Nel cuore di Siena non per caso. Scelta ponderata per sottolineare la centralità toscana del sangiovese, vuoi perché Siena è la sede dell’Associazione EnoClub che ha ideato e organizzato da sempre questo evento.
Vero che il Sangiovese, ogni giorno che passa, perde la sua connotazione di vitigno autoctono per vestire i panni dell’internazionale ma è anche pur vero ricordare le origini e festeggiarlo al meglio.
Così è stato nei giorni 2, 3, 4 e 5 Novembre con il coinvolgimento degli addetti ai lavori (produttori e stampa di settore) ma soprattutto con gli appassionati, wine lovers, che hanno raggiunto Siena e la sua bellissima Piazza del Campo dove nei Magazzini del Sale posti nei sotterranei del Palazzo Comunale, hanno potuto assaggiare più di 300 sangiovese in purezza prodotti da 120 aziende.
Per i più interessati gli appuntamenti (seminari, masterclass) nella Sala Italo Calvino al settimo piano del Palazzo Squarcialupi nell’altra location affascinante di Siena: Piazza Duomo con la Cattedrale riportata ai suoi massimi splendori dopo un restauro durato alcuni anni.
Parlare con i produttori di Sangiovese non solo toscani, conoscere altre realtà italiane che da tempo si dedicano a questo vitigno ricavando ottimi vini (considerando il Sangiovese un vitigno loro “locale”), sono stati momenti di “scoperte” prodigiose.
Difficile designare la zona di origine del Sangiovese. Oggi preferiamo considerarlo un vitigno di qua e di là dall’Appennino Centrale accontentando così anche i viticoltori romagnoli, umbri, marchigiani, laziali, abruzzesi e siciliani.
Una cosa è certa: il Sangiovese è conosciuto nel mondo per essere il vitigno rappresentativo dell’area toscana denominata Chianti. E l’occasione dell’evento di Siena è stata la possibilità di confronto con le realtà italiane e non solo.
Tre (3) le degustazioni guidate, veri e propri Seminari di approfondimento, per capire le evoluzioni e adattabilità del Sangiovese:
- Vecchie annate di Brunello di Montalcino;
- Sangiovese del mondo
- Confronto Borgogna-Sangiovese
Senza dimenticare i 262 campioni assaggiati durante il Lunedì dedicato alla stampa di settore a conclusione di una ricognizione sui Sangiovese italiani nel più vasto progetto di valorizzazione di questo particolare vitigno.
Il contenuto internazionale con il ricercato spirito toscano dell’EnoClub, l’impegno del suo Presidente Davide Bonucci, è risultata la ricetta vincente per l’ottima riuscita di questo ottavo appuntamento senese.
Ebbene sì: la vinocoltura legata al Sangiovese è cultura secolare che rilascia grandi emozioni. Da sempre si suggellano importanti momenti socio-culturali elevati. Ci vorrebbe un’enciclopedia per raccontarla.
Ne faccio buona memoria nel riferire il presente ricordando comunque le radici.
Ne sono certo nell’affermarlo: l’esito di questo evento è stato di eccellente caratura. Chapeau!
A Matera, capitale europea della Cultura, per il 2019 - il 9 c.m., nel corso della manifestazione 'Una Notte per l'Europa', ha avuto luogo un incontro indetto dalla GRAN LOGGIA D'ITALIA DEGLI ANTICHI LIBERI ACCETTATI MURATORI - Obbedienza di Piazza del Gesù - Palazzo Vitelleschi - nel cui contesto ha preso la parola anche il giornalista Paolo Mieli, il cui intervento è stato etichettato quale lectio magistralis, peraltro ripreso dall'emittente televisiva RAI3-Regione Basilicata.
Orbene, è opportuno chiarire, poiché non tutti sanno. Una lectio magistralis - per propria intrinseca natura - è una lezione di significativa rilevanza e alto profilo tecnico, tenuta da un personaggio dotato di notevoli competenze in particolare sul tema trattato; difatti, che lezione sarebbe se i discenti dovessero apprendere dal docente di turno concetti non in linea con le tematiche oggetto dell'intervento stesso, o persino erronei riferimenti storici e temporali?
Dobbiamo anche intenderci sulla figura dello 'storico': è colui che nel suo agire ha per oggetto e fine la storia, intesa come ricerca, descrizione e interpretazione di fatti che hanno una linea comune di sviluppo nel tempo (opera s.;narrazione s.; studî s.; ricerche s.; trattazione s.; notizie s.; cenni s.; letture s. Nella sua attività costui ne tratta, ne scrive anche attraverso saggi o brani di critica storica, utilizzati specialmente nell'insegnamento a sussidio del libro di storia). L'opera dello 'storico' costituisce quindi un sussidio - per qualità dei contenuti, spesso inediti - e si incardina su tutta una serie di attività (che fanno riferimento a un vero e proprio metodo) su ciò che già possa esistere: un metodo costituito da indagini, ricostruzioni, approfondimenti, interpretazioni coerenti di fatti e circostanze, con indubbie implicazioni in diverse altre discipline. Ma per 'fare' materialmente dette indagine e per far si che queste avvengano con serietà, occorre agire in profondità, attingendo ai documenti ma ancor più alle fonti; senza apriorismi, con obiettività, con giusto senso critico, senza dare per scontato delle verità precostituite.
Insomma, è evidente che non possa definirsi 'storico' chi si abbeveri solo a una fonte, o chi possa ripetere - senza averla prima verificata - una notizia, una storia: che così diventa 'storiella' soggetta a critiche.
Fin qui la cronaca spicciola e qualche mio commento 'letterario.grammaticale', sicuramente superfluo.
Ma vi è di più, e non lo ritengo superfluo, poiché ciò che scrivo è sostenuto da documenti - ed è quindi certo - ed è nell'interesse dei moltissimi Fratelli che nell'attuale Massoneria Italiana 'ignorino' o si abbeverino a 'fonti inquinate'. Quanto qui contenuto, invece, sarà forse fonte di preoccupazione per coloro che - attraverso affabulazioni e/o coreografie varie - possano intendere ovvero possano prestarsi a far credere cose non vere - quindi non reali, ossia irreali -; cose errate che qui si intendono ristabilire quali VERITÀ' STORICHE e DOCUMENTATE, non certo artefatte né rimodellate 'pro domo '.
1) La GRAN LOGGIA D'ITALIA DEGLI ANTICHI LIBERI ACCETTATI MURATORI - Obbedienza di Piazza del Gesù - Palazzo Vitelleschi (dal nome delle propria Sede in Roma), è nata negli anni '60 del 1900. Per l'esattezza, in data 4 Maggio 1962, Giovanni Ghinazzi, Riccardo Granata, Anton Gino Domeneghini e altri - al termine di un regolare processo massonico basato su più documenti d'accusa - vennero espulsi con ignominia, a seguito di tradimento, dalla SERENISSIMA GRAN LOGGIA NAZIONALE ITALIANA DEGLI ANTICHI LIBERI ACCETTATI MASSONI- COMUNIONE DI PIAZZA DEL GESÙ - sedente a Piazza del Gesù 47, in Roma. In sede processuale interna, venne anche accertato che mentre era ancora attivo nella COMUNIONE DI PIAZZA DEL GESU', Giovanni Ghinazzi e altri avevano già costituito altra e diversa associazione per proseguire nel proprio disegno qualora il colpo di mano interno non fosse riuscito. Tale altra e diversa associazione scimmiottava spudoratamente, riprendendolo pressoché in toto, il titolo distintivo - il nome, per capirci - della Comunione di cui costoro avevano tentato di impossessarsi con un colpo di mano e indubbie complicità interne. Quindi, la nuova e diversa realtà costituita allora dal Ghinazzi, e che tenne la propria prima Grande Assemblea il 24 Giugno 1962, NON ha mai avuto alcuna attinenza storica, documentale, iniziatica e ritualistica con la regolare e unica COMUNIONE DI PIAZZA DEL GESÙ.
Quindi, il citato contesto NON ha un secolo di vita, NON ha compiuto alcun centenario, né tanto meno è ultra-centenario: 2019 meno 1962, in aritmetica fa solo 57: 57 anniè quindi la corretta età dellaGRAN LOGGIA D'ITALIA DEGLI ANTICHI LIBERI ACCETTATI MURATORI - Obbedienza di Piazza del Gesù - Palazzo Vitelleschi.
Il contesto che ruotava intorno al Ghinazzi NON ha mai avuto - né ha, né mai potrà averne - alcun legame di causa-effetto per cui possa ricondursi - nientemeno! - a Saverio Fera od a Placido Martini o ad altre luminose Figure del passato e della Storia della Massoneria Italiana - in generale - e della Massoneria di Piazza del Gesù - in particolare -; come pure NULLA ha a che vedere con la storica scissione avvenuta nel 1908 e che allora segnò la divisione tra feriani e balloriani.
E ancora: NULLA c'entra con il GRANDE ORIENTE sorto nel 1805.
NULLA c'entra con i fatti storici e massonici intercorsi tra il 1805 e il 1908, e dal 1908 ad oggi..
NULLA ha a che vedere con la GRAN LOGGIA D'ITALIA, già attiva alle dipendenze del Supremo Consiglio e quindi della Massoneria di Rito Scozzese Antico ed Accettato. anche se forse taluno - con disinvolte abbreviazioni - possa indulgere alla tentazione di confondere, ricondursi e quindi accreditarsi solo citandola. Sia ben chiaro: la GRAN LOGGIA D'ITALIA DEGLI ANTICHI LIBERI ACCETTATI MURATORI di Palazzo Vitelleschi è cosa altra, diversa e distinta della GRAN LOGGIA D'ITALIA tout court.
2) Gli ALAM (anche se trattandosi di un plurale, l'esatta abbreviazione è AA.LL.AA.MM.) ossia gli ANTICHI LIBERI ED ACCETTATI MASSONI della SERENISSIMA GRAN LOGGIA NAZIONALE ITALIANA della COMUNIONE DI PIAZZA DEL GESÙ, erano e sono cosa ben diversa dagli ALAM - ANTICHI LIBERI ACCETTATI MURATORI di Palazzo Vitelleschi. Certamente gli AA.LL.AA.MM. NON videro la luce con il Ghinazzi nel 1962: così che costoro non possono certo appropriarsi della nascita/costituzione/adozione d una realtà non loro.
3) L'inserimento della componente femminile nella Massoneria Italiana, che il Sig. Mieli fa risalire a 50/55 anni or sono (quindi, tra il 1964 ed il 1969) per illuminata volontà di Palazzo Vitelleschi, ha invero altri padri nobili e altre date di riferimento: tanto il giornalista che lo storico rimarrebbero sorpresi nell'indagare a fondo! La SERENISSIMA GRAN LOGGIA NAZIONALE ITALIANA della COMUNIONE DI PIAZZA DEL GESÙdalla quale venne espulso il Ghinazzi, aveva già al proprio interno più Logge femminili di adozione: Senza citare altre date, si ricorda che nel 1956 la COMUNIONE DI PIAZZA DEL GESÙ diede energica enfasi e rinnovato vigore alla componente iniziatica femminile. Sempre seduta al proprio fianco con pari dignità.
4) Per il Sig. Mieli la nascita della Massoneria risalirebbe a 1000 anni fa (ossia ca. all'anno 1000, epoca del Basso Medioevo e per estensione momento di grande dinamismo di corporazioni medievali e gilde: corporazioni nate nell'82 d.C. in Inghilterra - costruttori -, e nel 680 d.C. in Francia). . NON è così: se è vero che la c.d. MASSONERIA MODERNA ebbe origine in Inghilterra nel 1717 -1720 (ossia ca. 300 anni or sono) è altrettanto vero che prima dei quella data era attiva una diversa forma di Massoneria - operativa piuttosto che non speculativa, e quindi vera e propria MURATORIA - più scrupolosa e rispettosa delle antiche origini e quindi di per sé ben riconducibile all'originaria Tradizione. Ricondursi in modo limitativo 'solo' all'anno 1000 è inesplicabile, e non calza con la vera Storia della Massoneria. Una mini-cronologia ci riconduce al 950 a.C.(costruzione del Tempio di Salomone); al 714 a.C. (Collegia Fabrorum romani); al 75 d.C. (Vitruvio con i suoi volumi sull'Architettura); al 643 d.C: (Editto di Rotario, Magistri Comacini: precursori italici della Massoneria speculativa), al 1259 d.C. (Bonaventura, Itinerarium in Mentis Deum, ritenuto a ragione una sorta di rituale mistico-operativo, per molti versi precursore)... solo per citarne in minima parte.
5) E' quantomeno strano dover apprendere che c'è chi sostenga essere difficile, se non molto difficile, ricostruire la presenza e la Storia della Massoneria Italiana nelle fasi del fascismo e successive alla caduta del regime stesso. Se non una sorta di buco nero, viene evidenziata una sorta di intensa opacità. Un sommesso suggerimento: forse altre e diverse consultazioni di testi e documenti, anche presso gli Archivi di Stato, potrebbero agevolare quantomeno il diradarsi e quindi l'attenuarsi delle intense foschie.
6)Le indagini della Commissione Parlamentare d'Inchiesta sulla Loggia P2-Propaganda 2, coinvolsero tutte le principali Famiglie massoniche operanti in Italia: gli inquirenti volevano accertare irregolarità, illeciti e trasversalismi, individuando sopratutto Logge o gruppi 'coperti', 'segreti' o 'all'orecchio'. A prescindere dal buon gusto o meno di citare ciò, riferendosi implicitamente al Grande Oriente d'Italia di Palazzo Giustiniani, se si vuole fare un riferimento obiettivo al contesto di allora, occorre precisare che in quel momento tutti ne vennero coinvolti, pur con esiti diversi delle indagini. Anche la GRAN LOGGIA D'ITALIA DEGLI ANTICHI LIBERI ACCETTATI MURATORI - Obbedienza di Piazza del Gesù - Palazzo Vitelleschi di Ghinazzi venne coinvolta, e non in modo leggero: le cronache dell'epoca e gli Atti della Commissione fanno giustizia di ipotesi e chiacchiere. Vero è che il Ghinazzi visse allora momenti molto seri durante i lunghi interrogatori degli inquirenti. Quindi anche la GLDI di Palazzo Vitelleschi non fu indenne dai travagliati momenti di allora. Solo per la cronaca: la Commissione Parlamentare d’Inchiesta, presieduta da Tina Anselmi, giudicò la P2 una vera e propria organizzazione criminale che mirava ad “assumere segretamente il controllo della vita pubblica italiana, svuotandone la democrazia”. Tra gli innumerevoli interventi, anche quello che il Sig. Mieli ebbe ad esprimere al riguardo (4-5-2017) "fu indubbiamente nociva al Paese, ma sarebbe iniquo incolparla di ogni sventura nazionale, caso Moro e brigatismo rosso compresi".
7) Il Ghinazzi (cfr. punti 1 e 2) e altri con lui ai vertici del loro sodalizio, fin da subito tentarono di appropriarsi illecitamente del nome dell'ente dal quale erano stati espulsi. Vuoi utilizzando l'indicazione SERENISSIMA e il toponimo PIAZZA DEL GESÙ, vuoi utilizzando l'indicazione DISCENDENZA DI PIAZZA DEL GESÙ, vuoi utilizzando COMUNIONE DI PIAZZA DEL GESÙ. Nonostante gli innumerevoli tentativi di far recedere il Ghinazzi ed i suoi da tale abuso (all'epoca, il ricorso all'Autorità 'profana' veniva scrupolosamente evitato: la regola aurea era che 'i panni sporchi si lavano in famiglia'), non ci fu niente da fare. Fu così che il Sovrano Piero Piacentini, nell'interesse della Comunione di Piazza del Gesù, il 29 Gennaio 1965 formulò espresso atto di intimazione, diffida e messa in mora nei confronti del Ghinazzi, e - proseguendo imperterrita l'azione del Ghinazzi - richiedendo poi al Tribunale di Roma di pronunciarsi. Il 18 Giugno 1967 il Tribunale di Roma diffidò il Ghinazzi dal proseguire nella sua disinvolta opera, inibendogli tra gli altri l'utilizzo dei termini SERENISSIMA, PIAZZA DEL GESÙ, COMUNIONE DI PIAZZA DEL GESÙ, DISCENDENZA DI PIAZZA DEL GESÙ. (riconoscendoli prerogativa esclusiva della controparte). Quel che venne concesso e quindi autorizzato dal Tribunale lo si può leggere nell'attuale carta intestata del sodalizio fondato dal Ghinazzi. Ancora nel 1974, a margine della fallita unificazione della Comunione di Piazza del Gesù con il GOI di Palazzo Giustiniani, il Ghinazzi tentò invano di inserirsi nuovamente in tale discorso.
8) L'esternazione del Sig. Paolo Mieli rivolta pubblicamente non solo ai presenti ma al sodalizio tutto della GRAN LOGGIA D'ITALIA DEGLI ANTICHI LIBERI ACCETTATI MURATORI - Obbedienza di Piazza del Gesù - Palazzo Vitelleschi "... siete la parte migliore della Storia... questa e' la massoneria buona quella che non ebbe a che fare con la P2 e che ha una lunga tradizione di trasparenza...." appartiene solo al giornalista-scrittore e ai suoi convincimenti, anche se questi possano essere opposti ad una realtà oggettiva. Ma tant'é L'assunto avrebbe potuto essere minimamente giustificabile - a volte i conferenzieri amano 'caricare' la platea con contenuti più forti - se sviluppato solo all'interno della sala ove si teneva la manifestazione. Ma l'esternazione del Sig. Mieli è divenuta sconcertante, stonata e urticante quando tale assunto è uscito all'esterno e quindi diffuso pubblicamente, persino etichettato e quindi fatto proprio e diffuso dalla GLDI di Palazzo Vitelleschi. Che si tratti di Massoneria 'buona' è un'idea tutta personale del Sig. Mieli? Ha lui dati oggettivi - massonici, di cronaca o altro - per basare il suo ragionamento, le sue parole? Quali sono questi dati? La sua è o non è un'idea personale? Nel secondo caso indichi chi possa avergliela suggerita! Tanto Lui che chi possa aver ripreso le di lui parole - facendone citazione più utile alla propaganda che a rinsaldare i cuori - hanno offeso gratuitamente e pesantemente tutti i Massoni Italiani: una disdicevole graduatoria - quella dei 'buoni' e dei 'cattivi' - discriminante e lesiva, oltre che di cattivo gusto.
E' poi difficile ritenere che l'intervento sopra riportato non sia strettamente correlato con l'altro: “Sappiate che l’attenzione che un mondo esterno a voi vi da è un’attenzione in crescita. Non siete soli. Non sentitevi soli perché, senza volervi fare da scudo a priori, se ci saranno delle cose che non andranno, le persone come noi, lo diranno. Tutto quello che avete passato in questi anni non ci è stato indifferente, lo abbiamo notato, ne abbiamo preso nota, lo abbiamo scritto ... e lavoreremo tutti nel mondo dell’informazione perché non accada mai più”. Cosa significano queste parole? Il Sig. Mieli vuol farsi portavoce del mondo dell'informazione, o intende influirvi, mobilitandolo per alleviare le presunte 'pene' dei destinatari delle sue parole? Sarebbe interessante avere una risposta a questi quesiti con un gradito elenco del tipo di 'pene' o 'sofferenze' che si vorrebbe alleviare a questi 'buoni' soggetti, come sarebbe gradito conoscere come il Sig. Mieli pensi di poter influire benevolmente sull'informazione.
Che il Sig. Mieli abbia voluto sdoganare in modo salvifico la GLDI dalle citazioni della stessa in altre situazioni, in altre città, in altre regioni? Una sorta di nèmeṡi storica?
Chissà, solo lui potrebbe chiarire il proprio pensiero: che è sempre il pensiero di uno studioso illustre e affermato ma non necessariamente il pensiero di altri.
In ogni caso, nella serata di Matera la Massoneria Italiana ed i Massoni Italiani sono stati disinvoltamente svillaneggiati per essere trasformati in un qualcosa - che non c'entra niente con la 'vera e autentica' Massoneria.
Non può quindi destare meraviglia se nel generale contesto proprio certi atteggiamenti, certi comportamenti, certi richiami, possano stimolare e aizzare ondivaghe tifoserie sorrette da propositi vendicativi piuttosto che non animate da presupposti costruttivi. Per edificare Templi alla Virtù... recitavano e recitano i nostri testi, e per rafforzare Ideali e Tradizioni.
Ma attualmente il clamore delle tifoserie (e nient'altro di consistente...) supera il sommesso brusio degli Operai; lo sbracciarsi e sbraitare sguaiato dei capipopolo stordisce chi, nell'ordine, possa intendere 'crescere' e 'svilupparsi', confuso dal proliferare di gruppi e gruppuscoli e di nomi e nomignoli di famigliole che sarà difficile svezzare. Se continua così, venendo meno le risorse da cui attingere nel continuo copi-incolla, verranno alle mani per definirsi "discendenza della discendenza di un'obbedienza" o ricondursi a una qualche supposta forma di Tradizione.
Già: altro punto dolente (ma fa anche ridere...): sta sorgendo la 'moda' di chi si intende definire come attivo secondo una certa 'tradizione'. Costoro sarebbero in grado di esibire un attestato di chi a tale 'tradizione' sia direttamente riconducibile? E questo attestato sarebbe 'sine die' od a termine? Cosa seria la Tradizione, e cosa serissima è indicare che la si segua senza spiegare come.
Come vedete, come può ben vedere chi la Massoneria la ami e la pratichi correttamente, vivendola nell'unico modo possibile, mentre chi scrive auspica e inneggia da tempo all'UOMO NUOVO, il vecchio ci opprime e ci toglie l'aria, preferendo spesso incensarsi e autocelebrarsi.
Aria nuova, dunque... spalancate le finestre... non smarritevi e non fatevi menare per il naso da chi vi possa vedere solo come 'teste paganti', utili solo a mantenere baracche e burattini.
Contribuite lavorando intensamente, confrontandovi con lealtà e apertura mentale: non aspettate che qualcuno faccia il compitino per poi leggerlo e plaudire estasiati: siamo colmi di note trite e ritrite su questo o quel pur illustre personaggio; c'è desiderio, forte desiderio, di novità, di cose nuove e diverse.
A Milano il Focus di Idos-Assindatcolf su “Lavoro domestico e programmazione dei flussi di ingresso”
Valgono il 9% del Pil nazionale, ovvero 139 miliardi di euro, versano tasse e contributi generando introiti che ammontano a 25 miliardi di euro, una cifra superiore a quella che lo Stato spende per farsene carico: sono i 2 milioni 455 mila immigrati che nel 2018 erano regolarmente impiegati in Italia. Una forza lavoro indispensabile, soprattutto nel settore della cura e dell’assistenza domiciliare, dove la loro incidenza supera il 70% del totale, ma che di fatto viene penalizzata per una mancanza ormai pluriennale di quote dedicate ad ingressi effettivi di lavoratori stranieri stabili all’interno dei cosiddetti ‘decreti flussi’. E’ questa la fotografica scattata da Assindatcolf, Associazione Nazionale Datori di Lavoro Domestico e da Idos, Centro Studi e Ricerche, autore del Dossier Statistico immigrazione 2019, i cui dati sono stati presentati questa mattina nel corso di un evento organizzato a Milano, presso l’Hotel Michelangelo.
Un’occasione per avviare una riflessione sulla mancata programmazione dei flussi di ingresso e sul lavoro domestico, il settore dei servizi nel quale la presenza di immigrati è in assoluto più alta: su 859.233 colf e badanti regolarmente censiti negli archivi Inps a fine 2018, 613.269 erano immigrati. “Un numero - dichiara Andrea Zini, vice presidente Assindatcolf ed Effe - in costante calo dal 2012 ad oggi, quando i lavoratori stranieri regolarmente impiegati nel comparto erano 823mila. In 7 anni si sono, dunque, persi 210mila posti di lavoro a causa di una politica che non ha saputo riformare il welfare familiare e valorizzare questa forza lavoro, contribuendo al contempo al dilagare del lavoro ‘nero’ o ‘grigio’ che nel settore ha percentuali altissime: si stima, infatti che 6 domestici su 10 siano irregolari, ovvero 1,2 milioni di lavoratori”.
“Dal 2011 in poi - spiega Luca Di Sciullo, presidente Centro Studi e Ricerche Idos - l’Italia ha sostanzialmente bloccato i canali di ingresso legali agli stranieri che intendano venire stabilmente per motivi di lavoro. Tanto che ad oggi, per molti migranti ‘economici’, l’unica possibilità di entrare in Italia è quella di unirsi ai flussi di migranti ‘forzati’ che arrivano come richiedenti asilo, pur non avendo i requisiti per il riconoscimento. Una situazione che da una parte penalizza il mercato del lavoro, lasciando scoperti ambiti a forte domanda di manodopera estera e aumentando il lavoro nero, e che, d’altra parte, complica la già critica gestione dell’immigrazione, sciupando un potenziale beneficio per la società e lo Stato”.
Da qui l’appello congiunto alla politica: “E’ necessario tornare ad una programmazione dei flussi di ingresso, prevedendo quote dedicate a reali nuovi ingressi di lavoratori non stagionali, e modificando anche il sistema di rilevazione del fabbisogno, affinché prenda in considerazione, oltre alle esigenze delle imprese, anche quelle delle famiglie, superando così una delle tante contraddizioni di una gestione miope” concludono Zini e Di Sciullo.