L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni. |
Il tentativo governativo di imporre alla cittadinanza del nostro Paese l’adozione (sempre più estesa) di un lasciapassare lesivo dei diritti fondamentali della persona, discutibilmente denominato “green pass”, sta producendo numerose forme di riflessione e di discussione critica.
Molti, tra l’altro, i documenti in cui, medici, docenti e studenti hanno espresso una ben ragionata quanto ferma condanna di detto provvedimento (https://www.flipnews.org/component/k2/no-green-pass-appello-alle-piu-alte-cariche-dello-stato.html ).
Ci sarebbe ottimo materiale per confezionare una splendida antologia da proporre nelle scuole per affrontare proficuamente tematiche di Educazione civica e di Educazione ai diritti umani.
Un’attenzione tutta particolare, merita, comunque, il coinvolgente discorso della dottoressa Nunzia Alessandra Schilirò, dirigente della Polizia di Stato, nel corso della manifestazione anti-green pass tenutasi a Roma, in piazza S. Giovanni, sabato 25 settembre.
Questi i punti salienti del suo non previsto e applauditissimo intervento.
Il commovente discorso della dottoressa Schilirò si è concluso, poi, con due domande.
La prima a proposito di cosa potrebbero mai fare i nostri governanti qualora il 15 ottobre si trovassero milioni di italiani pronti a dire NO alla tessera verde.
La seconda, in perfetto stile socratico-gandhiano, relativa a cosa gli onesti dovrebbero temere. Dai presenti la risposta migliore:
“Di nulla! Gli onesti non debbono avere paura di NULLA!”
Da questa donna (che in molti candideremmo senza alcuna esitazione alla Presidenza della Repubblica) abbiamo ricevuto una meravigliosa e toccante lezione di saggezza etica e di coerenza giuridica e civile.
Con la speranza che, veramente, siano Amore e Verità a illuminarci la strada.
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Alle 9 del mattino Athos de Luca è già accanto al piccolo palco, quest’anno senza verde intorno, concentrato a ripassare i suoi minuscoli appunti per la scaletta degli interventi. Campeggia alle sue spalle la scritta grande: “Mai Più Hiroshima 1945-2021”. La piazza conta meno presenze degli anni precedenti e anche i relatori sono di meno, così De Luca ha più spazio per l’introduzione. Ringrazia Forze dell’ordine, i militari, il I° Municipio, e prega la manodopera che sta effettuando dei lavori nell’ala destra della piazza di contenere il rumore.
Sottolinea che sono 23 anni che organizza questo evento. Quest’anno è d’obbligo ricordare la madrina che non c’è più: Carla Fracci. Lo fa con minuzia di riferimenti biografici. Aveva 84 anni, è stata considerata tra le 14 ballerine più brave al mondo, Montale la definì “l’eterna fanciulla danzante”, diceva che la danza non è questione di gambe ma di testa. Per questo motivo ogni edizione della commemorazione è anche un evento artistico, perché la bellezza e la cultura salveranno il mondo. Se si continua ogni anno è perché la forza delle cose è nella durata. Il disastro di Hiroshima ha rappresentato il punto critico più profondo nel mondo: l’arma nucleare usata sulla popolazione civile. E’ un’arma che non dovrebbe essere né prodotta né usata. Einstein diceva che se scoppiasse la guerra nucleare torneremmo all’età della pietra. Abbiamo in Europa due generazioni che non hanno conosciuto la guerra, a loro si rivolge per far capire che la Pace non è un dato acquisito ma un bene che va guadagnato e per il quale dobbiamo impegnarci tutti. Senza risolvere le diseguaglianze nel mondo non c’è pace. Da una parte abbiamo benessere e spreco, da un’altra mancanza di cibo. Il Presidente Sandro Pertini diceva: «Svuotiamo gli arsenali e riempiamo i granai».
I “caccia” hanno un costo con il quale si può sfamare il mondo. Dobbiamo batterci per la Pace e la convivenza pacifica, devono farlo anche il nostro governo e gli organi internazionali per garantire questo bene primario. Questo è un monito per tutti, mantenere la pace costa fatica ma è la fatica più importante. La banda dei Carabinieri intona l’inno nazionale giapponese e poi quello italiano. L’attore Fabrizio Barboni, presentato come un amico, trasmette i saluti del I° Municipio e poi legge la poesia di Nazim Hikmet “La bambina di Hiroshima” : «avevo occhi limpidi, li ha resi di vetro». La cantante Heiko Misumi, una presenza abituale della cerimonia, si esibisce intonando le canzoni “Libellule rosse” e “Questa strada”: un flauto vestito di blu, di immensa grazia e compostezza. Poi viene introdotta Paola Iorio, direttrice della scuola di ballo che porta ogni anno in piazza allieve ed allievi. Ricordando Carla Fracci legge una lettera che lei aveva scritto, consapevole di non avere molto tempo avanti a sé. Voleva essere ricordata come una donna forte, che aveva lavorato tanto, tornando ad essere sempre e soltanto Carla. Iorio ha scelto il balletto con il quale Carla Fracci si esibì per la prima volta, seduta con una bambola. Sottolinea che la novità quest’anno è un’allieva giapponese: è lei e solo lei a tenere la colomba della pace alla conclusione del balletto, eseguito da dodici fanciulle-libellule in bianco, sulle note di un’orchestra di violini.
Segue l’intervento di Patrizia Sterpetti della sezione italiana di Women’s International League for Peace and Freedom. Per ricordare con coerenza dobbiamo continuare a contrastare i due mali intrecciati, alla base del disastro di Hiroshima e Nagasaki: la guerra e le armi nucleari. Esattamente da 100 anni, nel suo 3° congresso a Vienna nel 1921, la Wilpf, adottò il Manifesto per il Disarmo totale, ispirato dalla tragedia della Prima Guerra Mondiale. Nel corso degli anni tutti i tipi di armamento sono stati problematizzati, in particolare prima le armi chimiche e biologiche, con un intervento che portò all’adozione del Protocollo contro le armi chimiche a Ginevra nel 1925, poi il nucleare. In occasione della Conferenza di Bejing del 1995 è stato sottolineato da Wilpf il connubio necessario tra Uguaglianza tra uomini e donne, Pace e Sviluppo. Per reagire alle impasses delle revisioni del Trattato di Non Proliferazione nel 1999, è nato il programma di monitoraggio di tutti gli armamenti denominato “Reaching Critical Will” e dopo ciò la partecipazione alla redazione del testo del Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari, adottato a New York nel luglio 2017 con il voto di 122 Paesi membri ed entrato in vigore il 22 gennaio 2021 – senza alcun eco nei media italiani – e ormai ratificato da 55 Paesi. Il Disarmo, che Wilpf Italia ha fatto includere tra le Azioni del IV ° Piano italiano di attuazione della Risoluzione 1325 su Donne, Pace, Sicurezza” monitorato dal Consiglio Interministeriale dei Diritti Umani del Ministero degli Affari Esteri; la soluzione delle controversie in modo negoziato (nello spirito originario delle Nazioni Unite); la parità uomo–donna e bambini; il rapporto stretto con gli animali, le piante e tutto l’ecosistema, divulgato da una pedagogia specifica, come espresso da donne eco pacifiste, ecologiste, antispeciste sin dal 1700, sono le quattro strategie per la vivibilità e la sopravvivenza del pianeta. Abbiamo di fronte la COP 26, la conferenza sugli accordi di Parigi il prossimo novembre a Glasgow, in Scozia.
L’obiettivo di Wilpf e di altre organizzazioni pacifiste sarà quello di includere fra i fenomeni scatenanti l’inquinamento ambientale e l’ecocidio, gli effetti delle attività militari. Contemporaneamente si sta costituendo un coordinamento antinucleare europeo e il 5 settembre una catena umana protesterà contro il trasferimento nella base tedesca di Büchel delle bombe nucleari B-61 12, triste destino che coinvolge anche l’Italia, che in violazione dell’articolo VI del Trattato di Non Proliferazione ha accolto bombe nucleari statunitensi, in ossequio all’atlantismo. Ma i dati rivelano che le popolazioni sono contrarie alle armi nucleari e favorevoli alla ratifica del Trattato di Proibizione. Questo è l’obiettivo di ICAN, International Campain Against Nuclear Weapons di cui in Italia fanno parte diverse organizzazioni come Wilpf, Rete Disarmo, Senza atomica, Medici per la prevenzione della guerra nucleare, Disarmisti esigenti, Peace Link, Pax Christi, IALANA, Pressenza, Majors for Peace e condiviso da molte associazioni e reti, non ultima il Gruppo Pace, Disarmo Giustizia Globale de La società della cura. Questo movimento di opinione deve essere reso edotto su quali sono le banche italiane che finanziano il nucleare. Un ulteriore iniziativa portata avanti da associazioni come “The Wapon Watch” e il “Comitato Danilo Dolci di Trieste” mira alla denuclearizzazione e neutralità dei porti italiani, a partire da Trieste. E’ inoltre in atto la campagna “No Fist Use Global” per la prevenzione della guerra nucleare e l’eliminazione di queste armi. La Wilpf vuole Trattati che portino alla pace contro accordi e alleanze foriere di conflitti e insicurezza umana; l’empowerment delle donne, il cui elettorato è prevalentemente pacifista, per far regredire il trinomio Maschilismo, Militarismo, Ecocidio e chiede l’abolizione totale delle armi nucleari partendo dalla ratifica del Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari.
L’Italia dovrebbe essere tra i Paesi osservatori alla prima riunione degli Stati parte, che si terrà nel gennaio 2022 a Vienna ed essere tra i Paesi che coprono le spese dei Paesi vittime del nucleare. Purtroppo c’è il rischio concreto di una concomitanza con la decima revisione del Trattato di Non Proliferazione, che si svolgerà dal 4 al 28 gennaio 2022 a New York. Insieme a molte associazioni, Wilpf ritiene scellerato l’orientamento a considerare il nucleare civile una soluzione per la riconversione energetica in Italia. L’impegno di tutti per il cambiamento è quanto si deve alle vittime di Hiroshima, Nagasaki e di altre le guerre, esercitazioni, attività con uso di armi nucleari. Penultimo intervento è quello del rappresentante diplomatico giapponese, letto in italiano. Esprime solidarietà alle vittime del passato e a coloro che ancora soffrono. Una nuova minaccia affligge il mondo come il nucleare: il corona virus. Si stanno svolgendo i giochi olimpici in Giappone, di cui assistiamo giornalmente ai risultati. E’ stato un notevole impegno promuovere i giochi olimpici, simbolo di pace nella comunità internazionale.
Il Giappone, unico Paese vittima dell’era atomica, continuerà a dare il suo contributo in questo senso. Arriva il momento dell’omaggio da parte del “Comitato Terra e Pace” ad una organizzazione della società civile. Athos de Luca specifica che non è un premio ma un attestato di stima, assegnato quest’anno all’Ordine dei medici, che tanto si sono spesi durante la pandemia. Invita a parlare Cristina Patrizi, che con un breve ringraziamento ricorda i quattrocento medici morti e l’importanza fondamentale della protezione della Salute e della Pace. De Luca, offrendo l’omaggio, spiega che si tratta di un piccolo fossile, per ricordarci che la vita viene da molto lontano, - per chi crede da Dio, per gli altri dall’evoluzione della specie - e lontano noi dobbiamo poter arrivare. Il trombettiere della banda dei Carabinieri esegue l’assolo e la cerimonia finisce seguita da saluti calorosi. Il 76 ° anniversario di Hiroshima ha unito ancora e dimostrato la determinazione ad agire per abolire le armi nucleari.
Di fronte ad un obbrobrio come il lasciapassare impropriamente definito “green pass”, è sommamente auspicabile che la reazione popolare nonviolenta di fermo ed indignato rifiuto sia quanto mai ampia e pluralista, nettamente e dichiaratamente sganciata dalle opinioni e dalle scelte personali relative ai cosiddetti vaccini anticovid.
E’, infatti, indispensabile fare fronte comune a difesa dei princìpi fondativi della cultura dei Diritti umani, mettendo completamente da parte ciò che divide e stringendoci compatti intorno a ciò che ci unisce in quanto membri della famiglia umana: il valore assoluto e inviolabile della persona e dei suoi inalienabili diritti, al di là di ogni possibile differenza di carattere individuale.
La posta in gioco non è certamente soltanto il poter andare o meno al cinema, allo stadio o al ristorante.
Ad essere messi in discussione in modo grave, con conseguenze che potrebbero rivelarsi oltremodo rovinose, infatti, sono i valori di Libertà, Uguaglianza e Fraternità che stanno alla base della nostra intera moderna civiltà democratica. Non accorgersene, non comprenderlo, sottovalutarlo rappresenterebbe per TUTTI noi e per il nostro comune destino una vera e propria catastrofe dalle dimensioni incalcolabili.
Vent’anni sono trascorsi dalle terribili vicende del G8 di Genova, da quelli che Amnesty International ebbe a definire come “una violazione dei diritti umani di dimensioni mai viste nella recente storia europea”. In molti, fra gli agenti coinvolti in quegli eventi, sono rimasti totalmente impuniti, non soltanto per via della prescrizione, ma anche a causa dell’impossibilità di individuazione dell’identità dei responsabili.
Due funzionari di polizia, tra l’altro, Pietro Troiani e Salvatore Gava, condannati in via definitiva a tre anni e otto mesi più cinque anni di interdizione dai pubblici uffici (Troiani per aver introdotto le due bombe molotov nei locali della scuola Diaz e Gava per averne illecitamente registrato il ritrovamento) hanno anche potuto ricevere, nello scorso ottobre, una sconcertante promozione alla carica di vicequestore. Promozione opportunamente definita dal Direttore generale di Amnesty Italia Gianni Rufini come “un’offesa alle centinaia di persone che vennero arrestate, detenute arbitrariamente e torturate in quella pagina nera della storia italiana”.
Negli anni successivi, non sono certo mancate altre circostanze in cui agenti di polizia hanno fatto ricorso ad un uso sproporzionato della forza, nel corso di manifestazioni o assemblee pubbliche.
Vedi, ad esempio, il caso del tifoso del Brescia, Paolo Scaroni, che, il 24 settembre 2005, ebbe l’esistenza distrutta a causa di una violenta aggressione da parte delle forze di polizia: due mesi di coma e stato di invalidità al 100%.
Nel suo, come in casi analoghi, non è stato possibile ottenere giustizia per l’impossibilità di identificare i suoi aggressori.
La risoluzione del Parlamento europeo del 12 dicembre 2012, sulla situazione dei diritti fondamentali nell’Unione europea ha esplicitamente esortato “gli Stati membri a garantire che il personale di polizia porti un numero identificativo”.
Anche da parte del Relatore speciale delle Nazioni Unite per il diritto alla libertà di assemblea pacifica e di associazione e di quello sulle esecuzioni extragiudiziali è provenuta, in merito alla corretta gestione delle manifestazioni, la raccomandazione secondo cui “ i funzionari delle forze di polizia siano chiaramente e individualmente identificabili, ad esempio esponendo una targhetta col nome o con un numero.” Ora, nella maggior parte degli stati dell’Unione europea (21 su 28), identificare gli agenti di polizia impegnati nel mantenimento dell’ordine pubblico è diventata la regola. La Germania la prevede in nove regioni su sedici, mentre in Ungheria e in Svezia, pur non essendoci un obbligo, gli agenti espongono nome, carta d’identità, grado sull’uniforme e un codice sull’ equipaggiamento speciale.
Al momento, restano ancora fuori soltanto: Austria, Cipro, Lussemburgo, Olanda e Italia. Al fine di raggiungere l’obiettivo anche nel nostro paese, Amnesty International sta rivolgendo una petizione alla Ministra dell’Interno Luciana Lamorgese, in cui, fra l’altro, si dice:
“Crediamo sia ormai urgente la previsione di misure che consentano l’identificazione degli agenti impegnati in operazioni di ordine pubblico. (…) Crediamo fortemente che l’introduzione dei codici identificativi sarebbe non solo uno strumento di garanzia per il cittadino, ma anche e soprattutto di maggiore tutela per tutti gli agenti che svolgono il proprio lavoro in maniera corretta.”
(https://www.amnesty.it/appelli/inserire-subito-i-codici-identificativi/)
Enzo Palladino, infermiere al Torrette di Ancona, convintamente e fermamente contrario ad accettare di subire quella che ritiene essere una ingiusta vessazione, ha scritto al presidente Mattarella e al ministro Speranza illustrando le ragioni per cui non intende sottoporsi alla vaccinazione Sars-Cov 2, resa obbligatoria dal Decreto Legge del 1 ° aprile 2021 per gli operatori sanitari, esprimendo, così, tutta la propria angoscia e le proprie preoccupazioni.
" La circostanza per cui questo decreto è stato dichiarato immediatamente efficace - ha scritto - mi ha spinto ad una profonda riflessione, da un lato come" essere umano "con una propria identità, con le sue origini, i principi ed i valori a cui non voglio e non posso rinunciare e dall'altro come "professionista" o meglio come infermiere che ha dedicato circa 30 anni della propria vita a proteggere la salute delle persone più fragili . "
Palladino ritiene inaccettabile l'obbligatorietà per un farmaco che non è un “vaccino” e che è di natura palesemente e dichiaratamente sperimentale, sottolineando come risulti estremamente inquietante il fatto che, in merito ai suoi eventuali effetti nocivi, sussista una sorta di “scudo penale "In grado di porre al riparo chi lo inocula o lo fa inoculare da accuse" di reati gravi quali lesioni o omicidio colposo ".
Inoltre, va tenuto presente che: " Chi si vaccina può continuare a contrarre il virus e può contagiare gli altri ".
In assenza, quindi, delle elementari quanto doverose garanzie per la propria salute, l'infermiere si dichiara pronto a subire i provvedimenti disciplinari del caso, affermando di preferire di essere privato del lavoro e ridotto in povertà, piuttosto di sentirsi ricattato e di dover accettare di “Vendere” la propria dignità di persona e di professionista.
“ Se nei primi mesi della pandemia - ha concluso - noi operatori sanitari eravamo eroi, addirittura angeli, oggi siamo ritenuti i responsabili della diffusione del coronavirus e il mio lavoro è diventato oggetto di ricatto. Mi sento trattato come un topo di laboratorio . "
In un momento come quello attuale, in cui il buon senso e la ragione sembrano, troppo spesso, ricordi lontani, schiacciati come siamo da paure e dogmatismi pseudoscientifici, atti di disobbedienza civile come questo credo rappresentino un fecondo invito alla riflessione e un monito morale per tutti noi: i diritti umani conquistati nel tempo, non sono e non potranno mai essere un mero dono del passato, ma sempre saranno il frutto vivente di quello che siamo disposti ad essere ea non essere, a fare ea non fare.
l'Associazione Nazionale Teatri Consapevoli esprime il proprio sostegno al lavoratore
Siamo professori d'orchestra, artisti di coro, danzatori, lavoratrici e lavoratori dello spettacolo, della cultura.
Intendiamo esprimere il nostro sostegno al Professore d'orchestra della Fondazione “Arturo Toscanini” di Parma, licenziato a seguito del rifiuto di sottoporsi a continui tamponi anti-Covid.
Riteniamo si tratti di un licenziamento irricevibile, dopo 38 anni di servizio svolto sempre in modo impeccabile. È una decisione definitiva, dicono i vertici della Fondazione che gestisce l'orchestra, tuttavia i sindacati risultano dichiarati: " Preanunciamo da subito che se la vicenda non si conclude, come pensiamo, con il reintegro del lavoratore ed il pagamento degli arretrati, chiederemo a gran voce le dimissioni del Sovrintendente Alberto Triola , responsabile di quanto accaduto. Inoltre denunceremo alla Corte dei Conti i componenti del Consiglio di Amministrazione per il danno economico procurato alla Fondazione ”.
Come lavoratori dello spettacolo, dell'arte e della musica reputiamo gravissimo che una fondazione, tra l'altro così prestigiosa, assuma dei comportamenti che appaiono all'evidenza come in contrasto con valori costituzionali e diritti dei lavoratori e delle lavoratrici, anche, certamente non solo, in considerazione delle idiosincrasie a cui nostro malgrado siamo costretti ad assistere ogni giorno, ormai evidenti a tutte ea tutti: è possibile stare ammassati sui mezzi pubblici, senza nemmeno poter mantenere un minimo di distanza; è possibile stare seduti a tavola al ristorante, giustamente, ma nelle orchestre bisogna spesso suonare un volto coperto,
Addirittura spesso si deve cantare con la mascherina, pur in presenza di un più che adeguato distanziamento, in barba alla fisiologia del respiro e dell'atto cantato, e alla stessa espressione artistica.
Si arriva quindi a determinare, sulla base di protocolli aziendali che interpretano in modo apparentemente arbitrario o comunque peggiorativo norme e decreti già per sé di dubbia costituzionalità, un continuo quanto ingiustificabile tamponamento, soprattutto dei reparti artistici.
Dopo più di un anno dall'inizio di questa crisi sociale e sanitaria, dopo la provata efficacia delle cure domiciliari precoci, appare un nostro parere non più tollerabile mantenere questo clima di terrore e sospensione dei diritti fondamentali.
La libertà di scelta, il consenso libero e informato, sono diritti inviolabili; il rispetto della dignità umana è un valore assoluto, non negoziabile, come insegna l'articolo 32 della nostra Costituzione.
Siamo cittadini consapevoli, non sudditi: la pandemia non può sospendere la democrazia e la politica non può sottostare agli interessi del potere tecnologico e finanziario.
Sentiamo il bisogno di unirci e vigilare attentamente sugli episodi di ricatti lavorativi per contrastarli e ricreare un clima armonioso sul lavoro e nella vita civile, nel pieno rispetto della democrazia e dei valori costituzionali.
Riprendiamoci il diritto a respirare, a cantare, a suonare, a lavorare in condizioni dignitose. Riprendiamoci la vita!
12.05.2021
ANTe.Co . - Associazione Nazionale Teatri Consapevoli
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www.associazionenazionaleteatriconsapevoli.wordpress.com
E 'di enorme importanza il Rapporto 2020-2021 di Amnesty International, presentato all'inizio di aprile, soprattutto per l'approfondita analisi in merito alle tendenze globali registrate nel campo dei diritti umani in seguito all'emergenza pandemica.
Il quadro che ne scaturisce è oltremodo allarmante, in quanto il fenomeno pandemico ha gravemente amplificato le situazioni di disuguaglianza e di oppressione provocata da inique politiche distruttivamente discriminatorie.
“La pandemia - spiega la segretaria generale Agnès Callamard - ha brutalmente mostrato e acuito le disuguaglianze all'interno degli stati e ha evidenziato l'incredibile disprezzo che i nostri leader manifestano per la nostra comune umanità. Decenni di politiche divisive, di misure di austerità errate e di scelte di non investire nelle traballanti strutture pubbliche hanno fatto sì che in tanti finissero per essere facili del virus. "
Il Rapporto evidenzia, infatti, come le disuguaglianze attuali, frutto di decenni di malgoverno, ha prodotto un impatto sproporzionatamente negativo su minoranze etniche, rifugiati, anziani e donne, andando a peggiorare, in particolar modo, la condizione di rifugiati, richiedenti asilo e migranti , rimasti spesso ingabbiati in campi privi di servizi essenziali o lasciati abbandonati in zone di frontiera.
Le risposte adottate nella sede governativa hanno finito per sfruttare il fenomeno Covid 19 per condurre spietati attacchi nei confronti dei diritti umani.
Emblematico il caso dell'Uganda, considerato fino a poco fa lo stato più ospitale dell'intero continente africano, il quale ha sbarrato immediatamente le frontiere, costringendo, in tal modo, ben 10.000 persone a rimanere in una sorta di limbo, al confine con la Repubblica Democratica del Congo.
Il rapporto, poi, sottolinea il grande aumento di casi di violenza di genere e di violenza domestica, favoriti dall'isolamento e dal forte di servizi dedicati alle vittime, venutesi e trovare sempre più indifesi di fronte alla violenza esercitata nei loro confronti.
“Stiamo raccogliendo - ha sottolineato la Callamard - quanto seminato in anni di calcolato diniego dei diritti da parte dei nostri leader. Nel 2020, durante l'eccezionale evento della pandemia, i sistemi sanitari sono stati sottoposti alla prova definitiva e le persone sono state lasciate in una caduta libera economica. Gli eroi del 2020 sono gli operatori sanitari in prima linea per salvare vite umane e persone i quali, sebbene collocati alla fine della scala del reddito, hanno lavorato per nutrire le famiglie e mantenere in funzione i servizi essenziali. E 'crudele ma è così: coloro che hanno dato di più sono stati protetti di meno ”.
Aggiungendo, poi, che “Le risposte dei nostri leader sono state di volta in volta mediocri, mendaci, egoiste, fraudolente. Alcuni hanno cercato di normalizzare le misure eccessive di emergenza adottate per contrastare la pandemia, altri sono andati oltre, intravedendo la possibilità di rafforzare il loro potere. Invece di sostenere e proteggere le persone, hanno semplicemente usato la pandemia come un'arma per attaccare i diritti umani ".
Un modello ricorrentemente impiegato nel corso del 2020 è stato quello della adozione di leggi miranti a criminalizzare qualsiasi forma di critica nei confronti delle strategie governative:
in Ungheria sono state introdotte pene fino a cinque anni di detenzione per “diffusione di informazioni false” sulla pandemia; Arabia Saudita, Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Kuwait e Oman, grazie all'accusa di "diffusione di notizie false", hanno rinvigorito gli attacchi al diritto alla libertà di espressione, avviando duri procedimenti penali contro gli autori di commenti critici pubblicati sui social media .
In alcuni paesi, come le Filippine e la Nigeria, le circostanze sono state sfruttate per legittimare ed estremizzare addirittura l'uso della forza nei confronti delle proteste popolari. In Brasile, fra gennaio e giugno, le forze di polizia hanno ucciso almeno 3181 persone (una media di 17 al giorno).
In altri paesi, come India e Cina, si è fatto anche ricorso alla vicenda pandemica come fattore "distraente" per inasprire ulteriormente (in nome della sicurezza nazionale) attività di repressione politica.
La Callamard, inoltre, registra con grande amarezza come le istituzioni internazionali come il Tribunale penale internazionale ei meccanismi delle Nazioni Unite sui diritti umani, nati per obbligare gli stati a rendere conto delle proprie azioni, siano stati indotti in una sorta di "stallo politico" (e quindi messi fuori uso) dalle abili mosse delle forze governative.
“Siamo a un bivio. - ha concluso la Segretaria internazionale di Amnesty International - Possiamo allentare le catene che degradano la dignità umana. Possiamo ripartire da zero per costruire un mondo basato sull'uguaglianza, sui diritti umani e sull'umanità. Dobbiamo imparare dalla pandemia e unirci in un'azione coraggiosa e creativa affinché ognuno sia in una posizione di uguaglianza. "
Alquanto debole, purtroppo, la posizione assunta in merito alla campagna vaccinale in corso, limitandosi Amnesty (come anche altre importanti organizzazioni come Medici senza frontiere ed Emergency) a richiedere l'adozione e il rispetto dei criteri di equità nella distribuzione dei vari “vaccini” . Sarebbe stato, invece, oltremodo necessario ed auspicabile che venissero sottolineati i numerosi aspetti anomali ed inquietanti della campagna attuale, tali da richiedere doverose cautele e ben precise garanzie:
· Reale natura "sperimentale" dei farmaci che stanno somministrando e relativa oggettiva impossibilità di definire "vaccini" in senso proprio.
· Impossibilità di prevedere con adeguati controlli e garanzie gli effetti di tali "pseudo vaccini", sia per quanto concerne la loro reale efficacia, sia per quanto concerne le eventuali conseguenze nocive (in parte già registratesi).
· Mancanza di una corretta informazione in merito e di confronto dialettico fra diversi punti di vista scientifici.
· Eterodossia delle procedure adottate dagli organi di controllo per rendere possibile l'emissione sul mercato dei suddetti farmaci.
· L'orientamento in atto da parte di vari governi di rendere obbligatorio il cosiddetto “vaccino” (soprattutto per determinate categorie).
· I tentativi in corso di adottare misure discriminatorie fra "vaccinati" e "non vaccinati", con pesanti limitazioni di diritti per questi ultimi.
Il 10 aprile scorso un nutrito numero di famiglie venete (quasi novanta), coordinato dal collega Luca Scantamburlo che si è attivato come cittadino e genitore da alcuni anni in difesa dei diritti inalienabili della persona, fece ricorso al tribunale civile di Venezia perché ci fosse, per i propri figli minori, il ripristino della libertà dalla mascherina al volto in posizione statica al banco scolastico ed in cosiddetta “rima buccale” di 1 metro di distanza, come già previsto dai protocolli e dalle linee guida ministeriali approvate a fine estate 2020. Ma il ricorso delle famiglie, rappresentato dall'avvocato Michele Rodano del foro di Udine, venne rigettato dal medesimo tribunale che affermò “l' esclusiva giurisdizione amministrativa in quanto oggetto del procedimento è una materia di "pubblico servizio", riconoscendo altresì che nella controversia erano posti in essere deidiritti soggettivi,sui quali l'avvocato Rodaro aveva posto l'accento perché la loro difesa fosse il più possibile “erga omnes” . In pratica il tribunale civile di Venezia aveva eccepitoil difetto di giurisdizione.
Fortunatamente un altro fronte in sede giudiziaria amministrativa era stato aperto precedentemente dal medesimo avvocato Rodaro presso il TAR Lazio a nome delle stesse famiglie venete, già ricorrenti in sede civile a Venezia, ed il 14 aprile scorso si è svolta l' udienza presso il medesimo TAR Lazio .
Con Ordinanza del 14.04.2021 il TAR Lazio ha rigettato l'istanza di sospensione cautelare dell'obbligo di indossare la mascherina al banco. L'ordinanza conferma soltanto il diritto all'esonero dall'obbligo di indossare il dispositivo di protezione da parte di chiunque possa documentare con certificazione medica la propria situazione di incompatibilità con l'uso della mascherina. Nel dettaglio il Tar, visto anche il rilievo effettuato dall'avvocato Rodano in risposta a quanto eccepito dall'Avvocatura dello Stato, ha riconosciuto la sostanziale vigenza delle disposizioni contenute nel DPCM del 2 marzo, dato l'espresso richiamo effettuato dal DL 44/2021 .Tuttavia, in concreto, il DL 44/2021 impedisce di disporre la sospensiva del DPCM in questione (proprio in quanto formalmente decaduto), nonostante le disposizioni dallo stesso previste continuino ad applicarsi. Questo blocca eventuali istanze cautelari davanti al TAR, in ogni caso la possibilità di ottenere l'annullamento della disposizione che si assume illegittima nella successiva fase di merito. Ad ogni modo l'ordinanza di fatto non si sofferma sulla problematica sollevata, né sui presupposti cautelari (fumus boni iuris e periculum in mora) .Gli altri procedimenti analoghi hanno subito la stessa sorte.
La sentenza che verrà emessa dal Tar avrà portata nazionale, abbiamo sentito telefonicamente l'avvocato per un commento a caldo sugli sviluppi del procedimento in atto. Per i nostri lettori, di seguito il file dell'intervista.
Audio dell'intervista all'avvocato Michele Rodano
La pena di morte non è soltanto la morte di qualche uomo e neanche quella di tanti uomini. La pena di morte è la morte dell’uomo.
Con la pena di morte si attua la negazione istituzionalizzata della sacralità della vita umana. Si celebra la negazione del valore della dignità della persona, del suo diritto intangibile a non essere abbassata alla dimensione animale, a cosa, a mero fenomeno da eliminare.
La pena di morte è il naufragio della ragione. La ragione, infatti, viene arrogantemente e dogmaticamente ritenuta in grado di comprendere l’uomo, di leggere il suo cuore, di comprendere la genesi del male, di saper individuare per il male la giusta, necessaria, efficace terapia. E’ il trionfo di una ragione che si attribuisce poteri illimitati, che sconfina nel metafisico, che crede illimitatamente in se stessa, nella sua capacità di giudizio, nella sua capacità di darsi criteri di valutazione infallibili, di saperli applicare con altrettanta infallibilità. E’ la tragedia della presunzione metafisica che pretende di far assurgere la ragione dell’uomo al rango della divinità.
E’, altresì, il naufragio del pensiero etico che fa dell’essere umano un soggetto chiamato a dare a se stesso un’identità e un destino. Chi dice sì alla pena di morte nega che l’uomo sia un soggetto in divenire, nega che sia perennemente chiamato a scegliere di sé, dei cammini che vorrà intraprendere. Nega, in definitiva, l’unica cosa che è possibile affermare della natura umana: che sia una realtà dinamica, plastica, modellabile e rimodellabile all’infinito, che sia realtà gravida di insondabili potenzialità, che sia realtà votata (condannata) a ripensarsi e a riprogettarsi, che sia, cioè, realtà aperta, un crescere inarrestabile e imprevedibile.
Chi dice sì alla pena di morte staticizza il cuore dell’uomo che pretende di poter pienamente comprendere.
Chi dice sì alla pena di morte pensa che la ragione dell’uomo sia in grado e in diritto di tracciare un confine netto e irrevocabile fra coloro che possono continuare a vivere e chi no. Fra coloro che meritano la vita e coloro che meritano la morte. Pensa che la ragione dell’uomo sappia scovare le incarnazioni del male nel mondo e le possa e le debba circoscrivere come cancrene infettanti, come metastasi impazzite, isolandole e recidendole affinché l’organismo sociale sia difeso, sia salvato.
Chi dice sì alla pena di morte non comprende che, in questo modo, si colpisce, si infrange il legame basilare della solidarietà umana, si spacca l’umanità, si frantuma il sentimento di una comune appartenenza, il sentimento di essere un’unica cosa.
Si recide, in particolar modo, come afferma Albert Camus, il legame di solidarietà di fronte alla morte. Non ci sentiamo più uguali e fratelli di fronte al comune, universale destino del morire che su noi tutti incombe, ma proiettiamo una parte di umanità nel ruolo di Natura selezionatrice o nel ruolo di Dio giustiziere e vendicatore. La morte, che dovrebbe costituire il fattore maggiormente capace di avvicinarci gli uni agli altri, diventa una mannaia che separa l’umanità in coloro che vivranno ancora e in coloro che più non dovranno vivere ...
Chi dice sì alla pena di morte dimostra di non comprendere gli effetti devastanti della violenza che dichiara di voler combattere.
Non comprende nulla della genesi della violenza, non comprende la complessità del fenomeno, non comprende nulla dell’intreccio fittissimo di elementi che concorrono nella produzione della violenza. Della violenza si fa un’immagine banalizzata, ben delimitata. Di fronte ad un oggetto così sfuggente e così presente, almeno nelle sue potenzialità, nelle viscere dell’universale natura dell’uomo, reagisce con la logica e con la prassi dell’ipersemplificazione del reale: la violenza che voglio combattere, il male che debbo/dobbiamo estirpare sei tu che hai commesso il crimine. Non c’è altro da indagare, non c’è altro da sapere. Posso mettermi al riparo dal dubbio, dal sospetto che la violenza abbia radici più profonde, più sottili, più estese, soprattutto, aggrovigliate assieme alle mille cose del nostro vivere comune da noi chiamato “sano”. Mi rifugio nella certezza che la causa è rintracciata: il vero, l’unico responsabile è scoperto. Lo consegno nelle mani del boia (che, se fossi davvero coerente, dovrei considerare vero “ministro della volontà popolare” o, addirittura, “ministro di Dio”) e sono liberato dal problema. Il capitolo, la questione sono chiusi. Inutile perdere tempo in quisquilie oziosamente concettose: chi ha sbagliato deve pagare, la collettività deve difendersi.
Chi dice sì alla pena di morte sceglie una civiltà che, per salvarci dall’incubo della paura del male e della violenza che l’uomo può esercitare sull’uomo, innalza la violenza (gelida, pianificata, ponderata) di un’intera società nei confronti dei singoli a strumento di salvezza collettiva.
Il peggior ottimismo e il peggior pessimismo si fondono insieme: fede cieca nel potere umano di compiere giustizia, e sfiducia assoluta nel potere umano di porre rimedio all’ingiustizia, di rinnegare l’ingiustizia. Si teme il singolo, gli si nega ogni possibilità di progresso, di metamorfosi interiore, di redenzione dal male. Si enfatizzano fino all’estremo limite il potere conoscitivo e le capacità operative di un insieme composto da tanti singoli, da quegli stessi singoli individui verso cui ci si mostra radicalmente privi di fiducia e di speranza.
Come possono convivere due cose tanto contrastanti?
scarica Ordinanza Tribunale civile di Venezia 06 aprile 2021
10 aprile 2021 - Il ricorso collettivo d'urgenza in sede civile discusso in udienza a marzo 2021 dall'Avv. Michele Rodaro del Foro di Udine - in difesa e rappresentanza delle doglianze di quasi novanta venete - è stato rigettato dal giudice di Venezia (Ordinanza del Giudice Dottor Roberto Simone del Tribunale civile di Venezia, 06 aprile 2021).
Vediamo in sintesi il provvedimento. Le famiglie rivendicavano (e rivendicano tuttora) per i propri figli minori il ripristino della libertà dalla mascherina al volto in posizione statica al banco scolastico ed in cosiddetta “rima buccale” di 1 metro di distanza, come già previsto dai protocolli e dalle linee guida ministeriali approvate a fine estate 2020 (con l'avallo dello stesso CTS) che per i mesi di settembre ed ottobre 2020 posizione statica al banco (possibilità di rimozione della mascherina chirurgica / di comunità, quando seduti e distanziati) e condizione dinamica di assembramento (obbligo di indossare la mascherina e / o averla semper con sé).
Il Giudice non ha riconosciuto che siano “in discussione i diritti fondamentali della persona”.
E citando il comma 5 dell'art. 7 del Cpa - Codice del processo amministrativo, D.lgs. 2 luglio 2010, n. 104 - in materia di giurisdizione esclusiva, ha riconosciuto anche la controversia concernente “Diritti soggettivi” , su cui l'Avv. Rodaro ha posto l'accento per una loro difesa il più possibile erga omnes (sollevata anche la questione di legittimità costituzionale in via subordinata).
"[…] Nelle materie di giurisdizione esclusiva, indicare dalla legge e dall'articolo 133, il giudice amministrativo conosce, pure ai fini risarcitori, anche delle controversie nelle quali si faccia questione di diritti soggettivi."
Rigettando il ricorso collettivo ex art. 700 cpc e condannando i ricorrenti alla rifusione delle spese alle liti in favore del Ministero dell'Istruzione, il Tribunale adito ha dunque stabilito nella fattispecie l' esclusiva giurisdizione amministrativa in quanto oggetto del procedimento è una materia di "pubblico servizio".
Il Tribunale in composizione monocratica ha cioè eccepito il difetto di giurisdizione (accogliendo il rigetto del ricorso chiesto dal Ministero dell'Istruzione), ma dichiarando il solo difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore del giudice amministrativo, e non anche l'assenza di requisiti del fumus bonis juris e del periculum in mora come da richiesta ministeriale della difesa erariale, costituitasi in giudizio.
Fortunatamente - come già previsto e discusso nelle valutazioni ex ante fra me, i genitori a me vicini e l'Avv Michele Rodaro - un altro fronte nella sede giudiziaria amministrativa è stato aperto precedentemente dall'Avv. Michele Rodaro presso il TAR Lazio , ricorso collettivo al quale hanno aderito la quasi totalità delle famiglie venete già ricorrenti in sede civile a Venezia.
L'udienza al TAR Lazio di Roma è fissata per il 14 aprile 2021, la stessa data in cui anche l'Avvocato Nicola Massafra del Foro di Roma discuterà doglianze analoghe in difesa e rappresentanza di numerose famiglie italiane.Con l'Avv Nicola Massafra di Roma e l'Avv Michele Rodaro di Udine abbiamo due ricorsi in sede giurisdizionale amministrativa - indipendenti l'uno dall'altro ma analoghi - per una tutela erga omnes fino ai 18 anni di età, proprio sullo specifico problema delle mascherine imposte anche al banco scolastico, che hanno tradito i protocolli di intesa di fine estate 2020.
Si tratta di un appuntamento giudiziario spartiacque per la legalità ed il rispetto della Costituzione della Repubblica e dei diritti e delle libertà individuali tutelate anche dall'ordinamento giuridico eurocomunitario.
Fra le più recenti Ordinanze del TAR Lazio di Roma segnalo quella del 26 marzo 2021 e frutto del ricorso di altri avvocati (Avv.ti Gesess, Michi e Di Salvo) e le loro parti ricorrenti che rappresentano, la quale ordinanza ha mostrato un fondamentale cambio di passo: al Collegio del TAR Lazio di Roma hanno infatti cambiato tono nei confronti dei vertici dell'Esecutivo, avendo per la prima volta "ordinato" alla Presidenza del Consiglio dei Ministri di riesaminare la chiusura delle scuole entro il 2 aprile 2021 (cosa che l 'Esecutivo ha fatto, seppur limitando in alcune Regioni il ritorno in presenza fino alla sola prima classe della scuola primaria di primo grado, in funzione della situazione epidemiologica).
Il ricorso al TAR Lazio citato era stato promosso ed aiutato anche dal team "PILLOLE DI OTTIMISMO", il quale sta contribuendo a fare conoscere lo studio "Uno studio di coorte trasversale e prospettico del ruolo delle scuole nel SARS-CoV-2 seconda ondata in Italia ” a firma di Sara Gandini, Maurizio Rainisio, Maria Luisa Iannuzzo, Federica Bellerba, Francesco Cecconi e Luca Scorrano, il quale è stato recentemente pubblicato dalla prestigiosa rivista scientifica The Lancet Regional Health - Europe.
Fino a qui ho citato dal comunicato del gruppo “Pillole ed Ottimismo” team multidisciplinare che vedi protagonisti la prof.ssa e dr.ssa Sara Gandini (ricercatrice), il dottor Paolo Spada (medico chirurgo specialista in chirurgia vascolare) ed il dottor Guido Silvestri .
Nelle ultime settimane i mass media hanno raccontato che il Governo stava rivalutando la riapertura delle scuole fino alla prima prima media dopo le festività pasquali, ma non hanno raccontato le reali motivazioni.
Dietro a tutto ciò vi è stata e vi è - sin dal dicembre 2020 - la pressione di numerosi ricorsi in sede giudiziaria amministrativa - di centinaia di genitori, comitati, associati e decine di avvocati di tutta Italia che li rappresentano, contro la deriva autoritaria in atto ed il mancato rispetto di numerosi principi giuridici, quali ad esempio quello di proporzionalità e ragionevolezza (Avv.ti L. Corrias, F. Scifo, Avv.ti Asso.ne Vaccipiano, Avv. Nicola Massafra, Avv. Michele Rodaro, Avv. ti Comicost, Avv.ti Gesess, Michi e Di Salvo, Avv.ti LaScuolacheAccoglie, ecc…).
La prossima udienza al TAR Lazio di Roma del 14 aprile 2021 di due distinti ricorsi collettivi ma analoghi nella sostanza e nelle doglianze - con l' Avvocato Nicola Massafra del Foro di Roma e l'Avvocato Michele Rodaro del Foro di Udine in rappresentanza di e nuovi di genitori di tutta Italia - dovrebbe portare quelle argomentazioni necessarie perché lo stato di diritto torni a far rispettare i diritti fondamentali dell'individuo e le sue libertà, in un'autentica tutela della salute individuale e collettiva e soprattutto della legalità, ove la Costituzione della Repubblica torni a splendere e la dignità umana al centro dell'agire politico ed istituzionale.
Da varie parti del mondo alcuni umanisti lanciano questa campagna di commemorazione e di indignazione per lo spreco di soldi che dovrebbero, oggi più che mai, essere destinati a curare le persone. Il 10 aprile primo appuntamento di un evento che si dovrà ripetere anche a futuro. Pressenza è media partner dell'iniziativa.
La pandemia
I dati ufficiali parlano di quasi 3 milioni di morti e chissà quante di esse sarebbero state evitate con cure adeguate e tempestive e soprattutto con un sistema sanitario pubblico efficace.
Siamo indignati
Mentre contiamo i morti per questa tremenda epidemia gli esperti ci informano che la spesa militare sta aumentando nella maggior parte dei paesi del mondo.
Ogni minuto si spende nel mondo circa 4 milioni di dollari a scopo militare. Ecco le ultime stime del Sipri: nel 2019 la spesa militare mondiale ha quasi raggiunto i 2.000 miliardi di dollari. Quella italiana, aumentata di oltre il 6% rispetto al 2019, ha superato i 26 miliardi di euro su base annua, equivalenti a una media di 72 milioni di euro al giorno. In base all'impegno preso nella Nato, essa dovrà continuare a crescere fino a raggiungere una media di circa 100 milioni di euro al giorno.
Non lasciamo decidere alle industrie militari della vita nostra e di quella dei nostri figli.
Abbiamo bisogno di medici, cure sul territorio e posti in terapia intensiva non di nuove armi
Un solo caccia F-35 (che costa 89 milioni di dollari) basterebbe per ripagare 3.244 letti di terapia intensiva. Il costo per una sola ora di volo di un F-35 equivale al salario annual medio di un infermiere / una infermiera. Quante vite umane si sarebbero potute salvare con una politica diversa…
Un piccolo grande gesto
Sabato 10 Aprile, nel rispetto delle norme anti covid, andremo nella piazza principale della nostra città e disegneremo tanti cuori con un gessetto per terra quanti sono stati i morti di quella città. Bastano poche persone per cominciare, poi altri seguiranno l'esempio. Con amore ricorderemo i nostri cari e esprimeremo il nostro cordoglio alle persone colpite dal lutto. Chiederemo al nostro governo di ridurre drasticamente la spesa militare e investire nella spesa sanitaria i soldi destinati alle armi. Nel futuro c'è salute e pace, non armi e guerra!
#SaluteDirittoUniversale
https://salutedirittouniversale.wordpress.com/
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La violenza contro le donne è una delle più vergognose violazioni dei diritti umani
(Kofi Annan)
La donna non è nata per essere oggetto da manipolare, da distruggere, da piegare.
E 'notizia di ogni giorno un abuso, una violenza, un omicidio. Donne che soccombono a ogni tipo di ingiuria, sia nel campo lavorativo, familiare, nella società.
Ciò che ferisce di più è che spesso gli atteggiamenti di onnipotenza nascono all'interno della case dove il compagno, il marito, il padre e il fratello diventano carnefici e padroni.
La difficoltà di queste donne nel chiedere aiuto spesso deriva in quell'autopunizione e senso di colpevolezza inculcata dal convivente, dal genitore, dal fratello. Il senso di proprietà avviluppa psicologicamente la donna che si trova ad essere così incatenata in una situazione che non riesce a gestire credendo di essere lei stessa e scaturire la collera del compagno che nella propria convinzione la ama, protegge e “mantiene”. Negli ultimi anni anche l'età dei mostri si è abbassata, ragazzi che picchiano le proprie fidanzate facendole sentire brutte, incapaci e inadatte; oggetti di proprietà da gestire come sfogo a una rabbia interiore.Non parliamo di quella violenza fatta di ricatti, mettendo in ridicolo e allo sbando quella compagne che in momenti di intimità sono state immortalate in fotografie,
Ragazze indifese, sole, colpite nel profondo e disilluse, portate alla vergogna per qualcosa che doveva essere pulito, fatto con amore, con sentimento. Ragazze che schiacciate nell'intimo trovano l'unica via d'uscita a quel terrore con il suicidio.
La violenza, il senso di supremazia, il gusto di annientare, il desiderio di poter padroneggiare e avere tutto sotto controllo, porta a deliri ingestibili.
Cosa è che ha portato a questo tipo di squilibrio molti uomini? Perché spesso vengono difesi dalle proprie famiglie di origine? Perché i genitori di questi omuncoli non denunciano mai i propri figli? Dovremmo tornare all'origine di tutto, ai loro primi anni di vita, spesso il seme del male e del fare male si insinua rendendosi conto dell'incompiutezza del proprio essere, dall'insicurezza del sé, dalla necessità di essere assecondati.
Quel seme sbagliato germoglia venefico e l'esigenza di supremazia diventa pressante e necessario perché solo così “si viene creduti”, solo così il mondo “ci ascolta”. Solo così quegli orchi si sentono riscattati.
Il male generi male, quel procurare dolore diviene sostentamento di una mente malata e deviata da fermare, denunciare, allontanare. Non vi è alcun tipo di amore supportato da violenze incontrollate.
Indubbiamente queste persone soffrono di schizofrenie o altre patologie psichiatriche. Non sapere gestire le proprie emozioni rabbiose è comunque una forma di debolezza mentale che non va sottovalutata né scusata da nessuno!
A volte alcuni segni indicativi non vengono presi in considerazione: scatti d'ira, tirannie verso animali, inconsulte rivalse su oggetti, momenti di mutismo o eccesso di esibizionismo, nervosismo ed eccitazioni esagerate ecc…
Alcuni uomini che hanno ucciso le proprie compagne non provano alcun senso di pentimento, nessun rimorso restando freddi e inermi anche quando vengono arrestati; spesso sembrano addirittura sollevati.
Le donne dovrebbero proteggersi l'una con l'altra, parlarsi, confidarsi, cercare spazi e associazioni che possono venire loro in aiuto. Non dovrebbero mai pensare di essere le cause del loro male, mai pensare che quell'uomo così infame e violento possa provare amore verso di loro.
Purtroppo in alcune famiglie vige la protezione verso quel tipo di uomo, gli si riconosce la violenza ma non si ha coraggio e la forza di fermarlo. Si ha paura di lasciarlo perché ci sono i figli, la non libertà economica e la convinzione che possa cambiare. Non cambiano i mostri, non cambieranno mai poiché la loro rabbia li sostiene, li fa sentire grandi, potenti, padroni. Più le loro donne si piegano, più loro acquistano gradi di supremazia. Dovessimo fare un sondaggio e chiedere a ogni donna: -hai mai avuto attenzioni insane da parte di uomini? Hai mai subito anche solo verbalmente offese da amici, colleghi, uomini qualunque per la strada? Sei mai stata infastidita da atteggiamenti, parole e sguardi non propriamente rispettosi?
Tutto questo non vuole dire che tutti gli uomini sono in errore, ci sono esemplari di tutto rispetto ma questo non toglie che le vittime continuino ad essere donne che amano, che hanno paura, che si sentono in torto, che vogliono proteggere i propri figli. L'intero genere umano nasce dalla donna, la donna che con dolore mette al mondo figli, figli meravigliosi, figli giusti, figli desiderati e altri no. Spesso sono questi i più rabbiosi, le rivalse emotive, l'odio incanalato da tempo, la parola taciuta, il sorriso negato e molto altro generano mostri con mani enormi e veleno da sputare.
Cerchiamo di capire e comprendere qualsiasi donna abbiamo di fronte, spesso nel buio dei loro occhi vi è qualcosa da intravedere. Non spegniamo noi quella luce!
Mai come in questo periodo infelicissimo siamo stati tanto bombardati da osannanti apologie della scienza, unica nostra guida e fonte di risposte e soluzioni salvifiche. Eppure, in mezzo ai rutilanti "bla bla" mediatici e, cosa assai più grave, all'interno dei vari provvedimenti governativi, ben poco, a esaminare il tutto con occhi allenati al rigore di vera analisi scientifica e perciò privi di pregiudizi, si riesce ad intravedere di pienamente e coerentemente “scientifico”, ovvero oggettivamente controllato ed esaustivamente verificato.
Vedi, ad esempio, la questione mascherine. Questione che più nessuno osa sollevare per il timore di essere sommerso da valanghe di isteriche accuse di voler sostenere e favorire negazionismi folli, irresponsabili e scellerati.
Tutti, oramai da mesi, siamo obbligati ad indossarle in nome dell'emergenza sanitaria che ha stravolto la nostra intera esistenza. Ma quali certezze è possibile avere in merito alla loro effettiva utilità e, quindi, indispensabilità?
In realtà, nessuna .
Tutto si basa su semplici valutazioni di carattere congetturale, ovvero su opinioni (come tali "opinabili"!) Prive di appropriati riscontri di natura empirico-sperimentale.
Tant'è vero che lo studio più importante condotto in merito, quello condotto fra aprile e giugno dello scorso anno dagli scienziati dell'Università di Copenaghen e pubblicato a novembre su Annals of Internal Medicine (ritenuto fino ad ora il migliore nel suo genere), non è stato in grado di approdare ad alcuna certezza in merito all'effettiva capacità protettiva derivante dall'utilizzo di mascherine.
Il che significa che, di fatto, sotto il profilo del puro e più elementare rigore scientifico (senza neppure dover scomodare Hume, Popper o Feyerabend), non essendo stata riscontrata alcuna differenza significativa in termini di contrazione del virus tra chi indossa e chi non indossa la mascherina, ci troviamo di fronte ad una questione apertissima .
E 'cosa eccessivamente impertinente, mi chiedo, domandarsi come mai potere politico e potere mediatico continuino a non prenderne ragionevolmente ed onestamente atto?
Ma, se sulla reale utilità delle mascherine nulla è possibile sapere in modo certo, molto è invece possibile sapere (anche se ben poco se ne parla) sulle conseguenze disastrose di inquinamento ambientale che la loro diffusione sta provocando.
In merito a un tale fenomeno, già lo scorso aprile il WWF lanciava un monito fortemente drammatico ed eloquente:
“ Se anche solo l'1% delle mascherine venisse smaltito non correttamente e magari disperso in natura questo si tradurrebbe in ben 10 milioni di mascherine al mese disperse nell'ambiente. Considerando che il peso di ogni mascherina è di circa 4 grammi questo comporterebbe la dispersione di oltre 40mila chilogrammi di plastica in natura: uno scenario pericoloso che va disinnescato. "
E a settembre, con la riapertura (purtroppo momentanea) delle scuole, rinnovava gli appelli, mettendo in luce che
“Se anche solo 1 ragazzo per classe (il 5% della popolazione studentesca all'incirca) disperdesse volontariamente o accidentalmente la propria mascherina, ogni giorno verrebbero rilasciate in natura 1,4 tonnellate di plastica”, comportando, entro la fine dell'anno scolastico , la dispersione di "oltre 68 milioni di mascherine per un totale di oltre 270 tonnellate di rifiuti plastici non biodegradabili in natura."
In pratica, come se si gettassero nelle viscere del nostro povero pianeta già tanto malconcio 100mila bottigliette di plastica ogni giorno dell'anno scolastico!
Ma appelli saggi ed avveduti come questi quanto sono stati responsabilmente recepiti?
Purtroppo, in questi mesi, giorno dopo giorno, l'emergenza planetaria per inquinamento da plastica non ha fatto che peggiorare.
Secondo un ben documentato rapporto dell'organizzazione ambientalista OceansAsia ( https://www.greenme.it/wp-content/uploads/2020/12/Marine-Plastic-Pollution-FINAL-1.pdf ),
nel corso del 2020 ben 1,5 miliardi di mascherine hanno finito per riempire i nostri oceani. Ciò ha causato e continuerà a causare, per i prossimi 450 anni, la presenza di migliaia di tonnellate di rifiuti di plastica che renderanno sempre più ardua la sopravvivenza di innumerevoli specie animali e vegetali.
Per arginare quello che si sta rivelando un immane disastro ambientale, numerose associazioni ambientaliste (vedi, in particolar modo Greenpeace) raccomandano di ricorrere il più possibile a mascherine di stoffa lavabili e riutilizzabili e, nel caso risultasse impossibile fare a meno delle mascherine usa e getta , di evitare assolutamente la loro dispersione nell'ambiente, favorendone il corretto smaltimento e provvedendo sempre a tagliare gli elastici, in modo da ridurre i rischi per gli animali, qualora dovessero erroneamente finire nell'ambiente. Altra raccomandazione che meriterebbe di essere prontamente accolta è senza dubbio quella di Donatella Bianchi, presidente del WWF Italia, che esorta tutte le istituzioni a provvedere e predisporre opportuni raccoglitori di mascherine e guanti.
“ Il problema - spiega Georg Leonard, a capo della ong Ocean Conservancy - è che l'intero ecosistema è a rischio, perché quando queste materie plastiche si rompono nell'ambiente le particelle sempre più piccole e queste possono avere un impatto praticamente su tutta la rete alimentare, dagli animali più piccoli a quelli più grandi . "
“ Non considerare questi aspetti della questione - scrive il prof. Marco Mamone Capria in una sua pregevole ricerca - significa mettere a rischio la presente e le future generazioni, e mi auguro che chi si è fatto garante dell'adozione di questa misura protettiva da parte di tutta o quasi la popolazione in nome della guerra covid- 19 "(magari raccomandando le mascherine subito dopo aver scritto che non c'erano prove scientifiche dell'utilità!) Sia chiamato a risponderne nelle sedi opportune." ( http://www.dmi.unipg.it/mamone/sci-dem/nuocontri_3/mamone_covid-dic20.pdf )
Ci spostiamo tutti verso quella direzione temendo qualcosa di drammatico, ma in meno di due secondi si scopre che erano urla di felicità e si aggiungono voci che scandiscono: Julian Assange is free.
Bene, il giudice non ha concesso l'estradizione per le gravi condizioni psico-fisiche in cui Assange è stato ridotto in questi lunghi mesi passati nel famigerato carcere britannico di Belmarch e ha motivato la sentenza con il rischio che Assange correrebbe se finisse in un carcere di massima sicurezza negli Usa.
Rischio di suicidio, dice la sentenza. Quindi no all'estradizione.
Assange è la prova vivente del coraggio della verità, non quella “medicata” delle veline del potere, anche quando si maschera di democrazia, ma quella vera. Quella che racconta i crimini segreti e che quindi il potere non può tollerare.
Al momento Assange ha superato il rischio più grande: quello dell'estradizione nel paese di cui ha denunciato i crimini più abietti e le bugie che hanno addormentato pubblico affinché i crimini denunciati potessero passare come "essere di democrazia". Cioè l'estradizione negli USA.
Ora vedremo il seguito, ma intanto possiamo condividere l'emozione, la soddisfazione e la gioia delle centinaia di persone che, fuori del tribunale, aspettavano - e temevano - la sentenza.
Un cartello diceva: dopo Assange chi sarà il prossimo?
Ora possiamo avere un briciolo di speranza, ma la lotta per la verità non è finita e neanche quella per restituire ad Assange i suoi diritti. Gli Usa intanto fanno sapere che si appelleranno contro la sentenza di non estradizione.
Chiudiamo questa prima parte della mattinata con una frase pronunciata da Assange una decina di anni fa proprio qui a Londra: "Se le bugie servono alle guerre, la verità può essere utile per iniziare la pace".
Per ora da Londra è tutto, ma ricordiamo che non all'estradizione non è ancora la vittoria completa.
per gentile concessione dell'agenzia di stampa Pressenza