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Nel cuore di Siena non per caso. Scelta ponderata per sottolineare la centralità toscana del sangiovese, vuoi perché Siena è la sede dell’Associazione EnoClub che ha ideato e organizzato da sempre questo evento.
Vero che il Sangiovese, ogni giorno che passa, perde la sua connotazione di vitigno autoctono per vestire i panni dell’internazionale ma è anche pur vero ricordare le origini e festeggiarlo al meglio.
Così è stato nei giorni 2, 3, 4 e 5 Novembre con il coinvolgimento degli addetti ai lavori (produttori e stampa di settore) ma soprattutto con gli appassionati, wine lovers, che hanno raggiunto Siena e la sua bellissima Piazza del Campo dove nei Magazzini del Sale posti nei sotterranei del Palazzo Comunale, hanno potuto assaggiare più di 300 sangiovese in purezza prodotti da 120 aziende.
Per i più interessati gli appuntamenti (seminari, masterclass) nella Sala Italo Calvino al settimo piano del Palazzo Squarcialupi nell’altra location affascinante di Siena: Piazza Duomo con la Cattedrale riportata ai suoi massimi splendori dopo un restauro durato alcuni anni.
Parlare con i produttori di Sangiovese non solo toscani, conoscere altre realtà italiane che da tempo si dedicano a questo vitigno ricavando ottimi vini (considerando il Sangiovese un vitigno loro “locale”), sono stati momenti di “scoperte” prodigiose.
Difficile designare la zona di origine del Sangiovese. Oggi preferiamo considerarlo un vitigno di qua e di là dall’Appennino Centrale accontentando così anche i viticoltori romagnoli, umbri, marchigiani, laziali, abruzzesi e siciliani.
Una cosa è certa: il Sangiovese è conosciuto nel mondo per essere il vitigno rappresentativo dell’area toscana denominata Chianti. E l’occasione dell’evento di Siena è stata la possibilità di confronto con le realtà italiane e non solo.
Tre (3) le degustazioni guidate, veri e propri Seminari di approfondimento, per capire le evoluzioni e adattabilità del Sangiovese:
- Vecchie annate di Brunello di Montalcino;
- Sangiovese del mondo
- Confronto Borgogna-Sangiovese
Senza dimenticare i 262 campioni assaggiati durante il Lunedì dedicato alla stampa di settore a conclusione di una ricognizione sui Sangiovese italiani nel più vasto progetto di valorizzazione di questo particolare vitigno.
Il contenuto internazionale con il ricercato spirito toscano dell’EnoClub, l’impegno del suo Presidente Davide Bonucci, è risultata la ricetta vincente per l’ottima riuscita di questo ottavo appuntamento senese.
Ebbene sì: la vinocoltura legata al Sangiovese è cultura secolare che rilascia grandi emozioni. Da sempre si suggellano importanti momenti socio-culturali elevati. Ci vorrebbe un’enciclopedia per raccontarla.
Ne faccio buona memoria nel riferire il presente ricordando comunque le radici.
Ne sono certo nell’affermarlo: l’esito di questo evento è stato di eccellente caratura. Chapeau!
A Matera, capitale europea della Cultura, per il 2019 - il 9 c.m., nel corso della manifestazione 'Una Notte per l'Europa', ha avuto luogo un incontro indetto dalla GRAN LOGGIA D'ITALIA DEGLI ANTICHI LIBERI ACCETTATI MURATORI - Obbedienza di Piazza del Gesù - Palazzo Vitelleschi - nel cui contesto ha preso la parola anche il giornalista Paolo Mieli, il cui intervento è stato etichettato quale lectio magistralis, peraltro ripreso dall'emittente televisiva RAI3-Regione Basilicata.
Orbene, è opportuno chiarire, poiché non tutti sanno. Una lectio magistralis - per propria intrinseca natura - è una lezione di significativa rilevanza e alto profilo tecnico, tenuta da un personaggio dotato di notevoli competenze in particolare sul tema trattato; difatti, che lezione sarebbe se i discenti dovessero apprendere dal docente di turno concetti non in linea con le tematiche oggetto dell'intervento stesso, o persino erronei riferimenti storici e temporali?
Dobbiamo anche intenderci sulla figura dello 'storico': è colui che nel suo agire ha per oggetto e fine la storia, intesa come ricerca, descrizione e interpretazione di fatti che hanno una linea comune di sviluppo nel tempo (opera s.;narrazione s.; studî s.; ricerche s.; trattazione s.; notizie s.; cenni s.; letture s. Nella sua attività costui ne tratta, ne scrive anche attraverso saggi o brani di critica storica, utilizzati specialmente nell'insegnamento a sussidio del libro di storia). L'opera dello 'storico' costituisce quindi un sussidio - per qualità dei contenuti, spesso inediti - e si incardina su tutta una serie di attività (che fanno riferimento a un vero e proprio metodo) su ciò che già possa esistere: un metodo costituito da indagini, ricostruzioni, approfondimenti, interpretazioni coerenti di fatti e circostanze, con indubbie implicazioni in diverse altre discipline. Ma per 'fare' materialmente dette indagine e per far si che queste avvengano con serietà, occorre agire in profondità, attingendo ai documenti ma ancor più alle fonti; senza apriorismi, con obiettività, con giusto senso critico, senza dare per scontato delle verità precostituite.
Insomma, è evidente che non possa definirsi 'storico' chi si abbeveri solo a una fonte, o chi possa ripetere - senza averla prima verificata - una notizia, una storia: che così diventa 'storiella' soggetta a critiche.
Fin qui la cronaca spicciola e qualche mio commento 'letterario.grammaticale', sicuramente superfluo.
Ma vi è di più, e non lo ritengo superfluo, poiché ciò che scrivo è sostenuto da documenti - ed è quindi certo - ed è nell'interesse dei moltissimi Fratelli che nell'attuale Massoneria Italiana 'ignorino' o si abbeverino a 'fonti inquinate'. Quanto qui contenuto, invece, sarà forse fonte di preoccupazione per coloro che - attraverso affabulazioni e/o coreografie varie - possano intendere ovvero possano prestarsi a far credere cose non vere - quindi non reali, ossia irreali -; cose errate che qui si intendono ristabilire quali VERITÀ' STORICHE e DOCUMENTATE, non certo artefatte né rimodellate 'pro domo '.
1) La GRAN LOGGIA D'ITALIA DEGLI ANTICHI LIBERI ACCETTATI MURATORI - Obbedienza di Piazza del Gesù - Palazzo Vitelleschi (dal nome delle propria Sede in Roma), è nata negli anni '60 del 1900. Per l'esattezza, in data 4 Maggio 1962, Giovanni Ghinazzi, Riccardo Granata, Anton Gino Domeneghini e altri - al termine di un regolare processo massonico basato su più documenti d'accusa - vennero espulsi con ignominia, a seguito di tradimento, dalla SERENISSIMA GRAN LOGGIA NAZIONALE ITALIANA DEGLI ANTICHI LIBERI ACCETTATI MASSONI- COMUNIONE DI PIAZZA DEL GESÙ - sedente a Piazza del Gesù 47, in Roma. In sede processuale interna, venne anche accertato che mentre era ancora attivo nella COMUNIONE DI PIAZZA DEL GESU', Giovanni Ghinazzi e altri avevano già costituito altra e diversa associazione per proseguire nel proprio disegno qualora il colpo di mano interno non fosse riuscito. Tale altra e diversa associazione scimmiottava spudoratamente, riprendendolo pressoché in toto, il titolo distintivo - il nome, per capirci - della Comunione di cui costoro avevano tentato di impossessarsi con un colpo di mano e indubbie complicità interne. Quindi, la nuova e diversa realtà costituita allora dal Ghinazzi, e che tenne la propria prima Grande Assemblea il 24 Giugno 1962, NON ha mai avuto alcuna attinenza storica, documentale, iniziatica e ritualistica con la regolare e unica COMUNIONE DI PIAZZA DEL GESÙ.
Quindi, il citato contesto NON ha un secolo di vita, NON ha compiuto alcun centenario, né tanto meno è ultra-centenario: 2019 meno 1962, in aritmetica fa solo 57: 57 anniè quindi la corretta età dellaGRAN LOGGIA D'ITALIA DEGLI ANTICHI LIBERI ACCETTATI MURATORI - Obbedienza di Piazza del Gesù - Palazzo Vitelleschi.
Il contesto che ruotava intorno al Ghinazzi NON ha mai avuto - né ha, né mai potrà averne - alcun legame di causa-effetto per cui possa ricondursi - nientemeno! - a Saverio Fera od a Placido Martini o ad altre luminose Figure del passato e della Storia della Massoneria Italiana - in generale - e della Massoneria di Piazza del Gesù - in particolare -; come pure NULLA ha a che vedere con la storica scissione avvenuta nel 1908 e che allora segnò la divisione tra feriani e balloriani.
E ancora: NULLA c'entra con il GRANDE ORIENTE sorto nel 1805.
NULLA c'entra con i fatti storici e massonici intercorsi tra il 1805 e il 1908, e dal 1908 ad oggi..
NULLA ha a che vedere con la GRAN LOGGIA D'ITALIA, già attiva alle dipendenze del Supremo Consiglio e quindi della Massoneria di Rito Scozzese Antico ed Accettato. anche se forse taluno - con disinvolte abbreviazioni - possa indulgere alla tentazione di confondere, ricondursi e quindi accreditarsi solo citandola. Sia ben chiaro: la GRAN LOGGIA D'ITALIA DEGLI ANTICHI LIBERI ACCETTATI MURATORI di Palazzo Vitelleschi è cosa altra, diversa e distinta della GRAN LOGGIA D'ITALIA tout court.
2) Gli ALAM (anche se trattandosi di un plurale, l'esatta abbreviazione è AA.LL.AA.MM.) ossia gli ANTICHI LIBERI ED ACCETTATI MASSONI della SERENISSIMA GRAN LOGGIA NAZIONALE ITALIANA della COMUNIONE DI PIAZZA DEL GESÙ, erano e sono cosa ben diversa dagli ALAM - ANTICHI LIBERI ACCETTATI MURATORI di Palazzo Vitelleschi. Certamente gli AA.LL.AA.MM. NON videro la luce con il Ghinazzi nel 1962: così che costoro non possono certo appropriarsi della nascita/costituzione/adozione d una realtà non loro.
3) L'inserimento della componente femminile nella Massoneria Italiana, che il Sig. Mieli fa risalire a 50/55 anni or sono (quindi, tra il 1964 ed il 1969) per illuminata volontà di Palazzo Vitelleschi, ha invero altri padri nobili e altre date di riferimento: tanto il giornalista che lo storico rimarrebbero sorpresi nell'indagare a fondo! La SERENISSIMA GRAN LOGGIA NAZIONALE ITALIANA della COMUNIONE DI PIAZZA DEL GESÙdalla quale venne espulso il Ghinazzi, aveva già al proprio interno più Logge femminili di adozione: Senza citare altre date, si ricorda che nel 1956 la COMUNIONE DI PIAZZA DEL GESÙ diede energica enfasi e rinnovato vigore alla componente iniziatica femminile. Sempre seduta al proprio fianco con pari dignità.
4) Per il Sig. Mieli la nascita della Massoneria risalirebbe a 1000 anni fa (ossia ca. all'anno 1000, epoca del Basso Medioevo e per estensione momento di grande dinamismo di corporazioni medievali e gilde: corporazioni nate nell'82 d.C. in Inghilterra - costruttori -, e nel 680 d.C. in Francia). . NON è così: se è vero che la c.d. MASSONERIA MODERNA ebbe origine in Inghilterra nel 1717 -1720 (ossia ca. 300 anni or sono) è altrettanto vero che prima dei quella data era attiva una diversa forma di Massoneria - operativa piuttosto che non speculativa, e quindi vera e propria MURATORIA - più scrupolosa e rispettosa delle antiche origini e quindi di per sé ben riconducibile all'originaria Tradizione. Ricondursi in modo limitativo 'solo' all'anno 1000 è inesplicabile, e non calza con la vera Storia della Massoneria. Una mini-cronologia ci riconduce al 950 a.C.(costruzione del Tempio di Salomone); al 714 a.C. (Collegia Fabrorum romani); al 75 d.C. (Vitruvio con i suoi volumi sull'Architettura); al 643 d.C: (Editto di Rotario, Magistri Comacini: precursori italici della Massoneria speculativa), al 1259 d.C. (Bonaventura, Itinerarium in Mentis Deum, ritenuto a ragione una sorta di rituale mistico-operativo, per molti versi precursore)... solo per citarne in minima parte.
5) E' quantomeno strano dover apprendere che c'è chi sostenga essere difficile, se non molto difficile, ricostruire la presenza e la Storia della Massoneria Italiana nelle fasi del fascismo e successive alla caduta del regime stesso. Se non una sorta di buco nero, viene evidenziata una sorta di intensa opacità. Un sommesso suggerimento: forse altre e diverse consultazioni di testi e documenti, anche presso gli Archivi di Stato, potrebbero agevolare quantomeno il diradarsi e quindi l'attenuarsi delle intense foschie.
6)Le indagini della Commissione Parlamentare d'Inchiesta sulla Loggia P2-Propaganda 2, coinvolsero tutte le principali Famiglie massoniche operanti in Italia: gli inquirenti volevano accertare irregolarità, illeciti e trasversalismi, individuando sopratutto Logge o gruppi 'coperti', 'segreti' o 'all'orecchio'. A prescindere dal buon gusto o meno di citare ciò, riferendosi implicitamente al Grande Oriente d'Italia di Palazzo Giustiniani, se si vuole fare un riferimento obiettivo al contesto di allora, occorre precisare che in quel momento tutti ne vennero coinvolti, pur con esiti diversi delle indagini. Anche la GRAN LOGGIA D'ITALIA DEGLI ANTICHI LIBERI ACCETTATI MURATORI - Obbedienza di Piazza del Gesù - Palazzo Vitelleschi di Ghinazzi venne coinvolta, e non in modo leggero: le cronache dell'epoca e gli Atti della Commissione fanno giustizia di ipotesi e chiacchiere. Vero è che il Ghinazzi visse allora momenti molto seri durante i lunghi interrogatori degli inquirenti. Quindi anche la GLDI di Palazzo Vitelleschi non fu indenne dai travagliati momenti di allora. Solo per la cronaca: la Commissione Parlamentare d’Inchiesta, presieduta da Tina Anselmi, giudicò la P2 una vera e propria organizzazione criminale che mirava ad “assumere segretamente il controllo della vita pubblica italiana, svuotandone la democrazia”. Tra gli innumerevoli interventi, anche quello che il Sig. Mieli ebbe ad esprimere al riguardo (4-5-2017) "fu indubbiamente nociva al Paese, ma sarebbe iniquo incolparla di ogni sventura nazionale, caso Moro e brigatismo rosso compresi".
7) Il Ghinazzi (cfr. punti 1 e 2) e altri con lui ai vertici del loro sodalizio, fin da subito tentarono di appropriarsi illecitamente del nome dell'ente dal quale erano stati espulsi. Vuoi utilizzando l'indicazione SERENISSIMA e il toponimo PIAZZA DEL GESÙ, vuoi utilizzando l'indicazione DISCENDENZA DI PIAZZA DEL GESÙ, vuoi utilizzando COMUNIONE DI PIAZZA DEL GESÙ. Nonostante gli innumerevoli tentativi di far recedere il Ghinazzi ed i suoi da tale abuso (all'epoca, il ricorso all'Autorità 'profana' veniva scrupolosamente evitato: la regola aurea era che 'i panni sporchi si lavano in famiglia'), non ci fu niente da fare. Fu così che il Sovrano Piero Piacentini, nell'interesse della Comunione di Piazza del Gesù, il 29 Gennaio 1965 formulò espresso atto di intimazione, diffida e messa in mora nei confronti del Ghinazzi, e - proseguendo imperterrita l'azione del Ghinazzi - richiedendo poi al Tribunale di Roma di pronunciarsi. Il 18 Giugno 1967 il Tribunale di Roma diffidò il Ghinazzi dal proseguire nella sua disinvolta opera, inibendogli tra gli altri l'utilizzo dei termini SERENISSIMA, PIAZZA DEL GESÙ, COMUNIONE DI PIAZZA DEL GESÙ, DISCENDENZA DI PIAZZA DEL GESÙ. (riconoscendoli prerogativa esclusiva della controparte). Quel che venne concesso e quindi autorizzato dal Tribunale lo si può leggere nell'attuale carta intestata del sodalizio fondato dal Ghinazzi. Ancora nel 1974, a margine della fallita unificazione della Comunione di Piazza del Gesù con il GOI di Palazzo Giustiniani, il Ghinazzi tentò invano di inserirsi nuovamente in tale discorso.
8) L'esternazione del Sig. Paolo Mieli rivolta pubblicamente non solo ai presenti ma al sodalizio tutto della GRAN LOGGIA D'ITALIA DEGLI ANTICHI LIBERI ACCETTATI MURATORI - Obbedienza di Piazza del Gesù - Palazzo Vitelleschi "... siete la parte migliore della Storia... questa e' la massoneria buona quella che non ebbe a che fare con la P2 e che ha una lunga tradizione di trasparenza...." appartiene solo al giornalista-scrittore e ai suoi convincimenti, anche se questi possano essere opposti ad una realtà oggettiva. Ma tant'é L'assunto avrebbe potuto essere minimamente giustificabile - a volte i conferenzieri amano 'caricare' la platea con contenuti più forti - se sviluppato solo all'interno della sala ove si teneva la manifestazione. Ma l'esternazione del Sig. Mieli è divenuta sconcertante, stonata e urticante quando tale assunto è uscito all'esterno e quindi diffuso pubblicamente, persino etichettato e quindi fatto proprio e diffuso dalla GLDI di Palazzo Vitelleschi. Che si tratti di Massoneria 'buona' è un'idea tutta personale del Sig. Mieli? Ha lui dati oggettivi - massonici, di cronaca o altro - per basare il suo ragionamento, le sue parole? Quali sono questi dati? La sua è o non è un'idea personale? Nel secondo caso indichi chi possa avergliela suggerita! Tanto Lui che chi possa aver ripreso le di lui parole - facendone citazione più utile alla propaganda che a rinsaldare i cuori - hanno offeso gratuitamente e pesantemente tutti i Massoni Italiani: una disdicevole graduatoria - quella dei 'buoni' e dei 'cattivi' - discriminante e lesiva, oltre che di cattivo gusto.
E' poi difficile ritenere che l'intervento sopra riportato non sia strettamente correlato con l'altro: “Sappiate che l’attenzione che un mondo esterno a voi vi da è un’attenzione in crescita. Non siete soli. Non sentitevi soli perché, senza volervi fare da scudo a priori, se ci saranno delle cose che non andranno, le persone come noi, lo diranno. Tutto quello che avete passato in questi anni non ci è stato indifferente, lo abbiamo notato, ne abbiamo preso nota, lo abbiamo scritto ... e lavoreremo tutti nel mondo dell’informazione perché non accada mai più”. Cosa significano queste parole? Il Sig. Mieli vuol farsi portavoce del mondo dell'informazione, o intende influirvi, mobilitandolo per alleviare le presunte 'pene' dei destinatari delle sue parole? Sarebbe interessante avere una risposta a questi quesiti con un gradito elenco del tipo di 'pene' o 'sofferenze' che si vorrebbe alleviare a questi 'buoni' soggetti, come sarebbe gradito conoscere come il Sig. Mieli pensi di poter influire benevolmente sull'informazione.
Che il Sig. Mieli abbia voluto sdoganare in modo salvifico la GLDI dalle citazioni della stessa in altre situazioni, in altre città, in altre regioni? Una sorta di nèmeṡi storica?
Chissà, solo lui potrebbe chiarire il proprio pensiero: che è sempre il pensiero di uno studioso illustre e affermato ma non necessariamente il pensiero di altri.
In ogni caso, nella serata di Matera la Massoneria Italiana ed i Massoni Italiani sono stati disinvoltamente svillaneggiati per essere trasformati in un qualcosa - che non c'entra niente con la 'vera e autentica' Massoneria.
Non può quindi destare meraviglia se nel generale contesto proprio certi atteggiamenti, certi comportamenti, certi richiami, possano stimolare e aizzare ondivaghe tifoserie sorrette da propositi vendicativi piuttosto che non animate da presupposti costruttivi. Per edificare Templi alla Virtù... recitavano e recitano i nostri testi, e per rafforzare Ideali e Tradizioni.
Ma attualmente il clamore delle tifoserie (e nient'altro di consistente...) supera il sommesso brusio degli Operai; lo sbracciarsi e sbraitare sguaiato dei capipopolo stordisce chi, nell'ordine, possa intendere 'crescere' e 'svilupparsi', confuso dal proliferare di gruppi e gruppuscoli e di nomi e nomignoli di famigliole che sarà difficile svezzare. Se continua così, venendo meno le risorse da cui attingere nel continuo copi-incolla, verranno alle mani per definirsi "discendenza della discendenza di un'obbedienza" o ricondursi a una qualche supposta forma di Tradizione.
Già: altro punto dolente (ma fa anche ridere...): sta sorgendo la 'moda' di chi si intende definire come attivo secondo una certa 'tradizione'. Costoro sarebbero in grado di esibire un attestato di chi a tale 'tradizione' sia direttamente riconducibile? E questo attestato sarebbe 'sine die' od a termine? Cosa seria la Tradizione, e cosa serissima è indicare che la si segua senza spiegare come.
Come vedete, come può ben vedere chi la Massoneria la ami e la pratichi correttamente, vivendola nell'unico modo possibile, mentre chi scrive auspica e inneggia da tempo all'UOMO NUOVO, il vecchio ci opprime e ci toglie l'aria, preferendo spesso incensarsi e autocelebrarsi.
Aria nuova, dunque... spalancate le finestre... non smarritevi e non fatevi menare per il naso da chi vi possa vedere solo come 'teste paganti', utili solo a mantenere baracche e burattini.
Contribuite lavorando intensamente, confrontandovi con lealtà e apertura mentale: non aspettate che qualcuno faccia il compitino per poi leggerlo e plaudire estasiati: siamo colmi di note trite e ritrite su questo o quel pur illustre personaggio; c'è desiderio, forte desiderio, di novità, di cose nuove e diverse.
A Milano il Focus di Idos-Assindatcolf su “Lavoro domestico e programmazione dei flussi di ingresso”
Valgono il 9% del Pil nazionale, ovvero 139 miliardi di euro, versano tasse e contributi generando introiti che ammontano a 25 miliardi di euro, una cifra superiore a quella che lo Stato spende per farsene carico: sono i 2 milioni 455 mila immigrati che nel 2018 erano regolarmente impiegati in Italia. Una forza lavoro indispensabile, soprattutto nel settore della cura e dell’assistenza domiciliare, dove la loro incidenza supera il 70% del totale, ma che di fatto viene penalizzata per una mancanza ormai pluriennale di quote dedicate ad ingressi effettivi di lavoratori stranieri stabili all’interno dei cosiddetti ‘decreti flussi’. E’ questa la fotografica scattata da Assindatcolf, Associazione Nazionale Datori di Lavoro Domestico e da Idos, Centro Studi e Ricerche, autore del Dossier Statistico immigrazione 2019, i cui dati sono stati presentati questa mattina nel corso di un evento organizzato a Milano, presso l’Hotel Michelangelo.
Un’occasione per avviare una riflessione sulla mancata programmazione dei flussi di ingresso e sul lavoro domestico, il settore dei servizi nel quale la presenza di immigrati è in assoluto più alta: su 859.233 colf e badanti regolarmente censiti negli archivi Inps a fine 2018, 613.269 erano immigrati. “Un numero - dichiara Andrea Zini, vice presidente Assindatcolf ed Effe - in costante calo dal 2012 ad oggi, quando i lavoratori stranieri regolarmente impiegati nel comparto erano 823mila. In 7 anni si sono, dunque, persi 210mila posti di lavoro a causa di una politica che non ha saputo riformare il welfare familiare e valorizzare questa forza lavoro, contribuendo al contempo al dilagare del lavoro ‘nero’ o ‘grigio’ che nel settore ha percentuali altissime: si stima, infatti che 6 domestici su 10 siano irregolari, ovvero 1,2 milioni di lavoratori”.
“Dal 2011 in poi - spiega Luca Di Sciullo, presidente Centro Studi e Ricerche Idos - l’Italia ha sostanzialmente bloccato i canali di ingresso legali agli stranieri che intendano venire stabilmente per motivi di lavoro. Tanto che ad oggi, per molti migranti ‘economici’, l’unica possibilità di entrare in Italia è quella di unirsi ai flussi di migranti ‘forzati’ che arrivano come richiedenti asilo, pur non avendo i requisiti per il riconoscimento. Una situazione che da una parte penalizza il mercato del lavoro, lasciando scoperti ambiti a forte domanda di manodopera estera e aumentando il lavoro nero, e che, d’altra parte, complica la già critica gestione dell’immigrazione, sciupando un potenziale beneficio per la società e lo Stato”.
Da qui l’appello congiunto alla politica: “E’ necessario tornare ad una programmazione dei flussi di ingresso, prevedendo quote dedicate a reali nuovi ingressi di lavoratori non stagionali, e modificando anche il sistema di rilevazione del fabbisogno, affinché prenda in considerazione, oltre alle esigenze delle imprese, anche quelle delle famiglie, superando così una delle tante contraddizioni di una gestione miope” concludono Zini e Di Sciullo.
Sempre più intensi gli scambi culturali tra l’Italia e la Russia. Sono stati proclamati a Roma i vincitori del Festival internazionale di cultura «La Roma Russa»: la premiazione è avvenuta nel contesto della cerimonia di proclamazione tenutasi nello storico Palazzo Poli. Ad ottenere il prestigioso premio sono stati esponenti del mondo della cultura di grande levatura, il cui impegno è rivolto alla promozione della cultura russa all'estero. Per partecipare all'evento sono giunti a Roma, dai vari paesi del mondo, tutte quelle persone che nutrono per la cultura russa un sincero interesse, tra cui artisti e personalità pubbliche.
Circa 200 anni fa fu proprio Palazzo Poli il centro d'attrazione in cui la principessa Zinaida Volkonskaja radunava i suoi ospiti per serate di letteratura e musica. Qui si riunivano i brillanti rappresentanti dell'intelligencija russa ed europea: pittori, scrittori, musicisti.
«Sono lieto che l’agenda ufficiale dei nostri rapporti bilaterali si arricchisce con le iniziative private come il Festival “La Roma Russa”. Il suo svolgimento nelle sale del Palazzo Poli, dove all’epoca Zinaida Volkonskaja conduceva i “salotti russi”, sta diventando una bella tradizione”, - ha sottolineato l'Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario della Federazione Russa nella Repubblica Italiana e nella Repubblica di San-Marino Sergey Razov.
«La cultura è da sempre una sfera privilegiata nei rapporti italo-russi. La nostra cooperazione in questo ambito affonda le sue radici in una storia secolare, ricca di numerosi punti di intersezione, e racchiude in sé una grande moltitudine di argomenti comuni per il dialogo. Questa influenza reciproca esprime una affinità spirituale del tutto particolare, unica nel suo genere, una comprensione reciproca capace di unire i nostri popoli.
È un immenso piacere per me rivolgere un saluto al Festival «La Roma Russa» il cui obiettivo è riconoscere i meriti dei personaggi degni della lode più alta nell'ambito della promozione della cultura italiana in Russia e della cultura russa in Italia. Auguro un grande successo al Festival, che rappresenta un ulteriore esempio della straordinaria ricchezza dei rapporti culturali tra i nostri paesi», ha detto il Primo Consigliere dell’Ambasciata d'Italia a Mosca Walter Ferrara.
«La cultura russa rappresenta un ambito che gode di stima riconosciuta dalla cerchia dell'intelligencija e dell'arte mondiale impegnata nella costruzione di un dialogo con la sfera umanistica. Oggi la geografia degli ambasciatori del Festival «La Roma Russa» si sta ampliando. Assieme ai paesi europei, Italia, Francia, Inghilterra, Germania, Belgio, Cechia e altri, il progetto abbraccia gli esponenti del mondo della cultura dall'India, Stati Uniti, Australia», ha sottolineato il presidente del Festival Vladimir Torin.
Il premio «La Roma Russa» viene assegnato ai vincitori la cui attività glorifica la cultura russa all'estero. Il premio, una statuetta, è stato appositamente disegnato dal noto scultore russo, artista del popolo, Аleksandr Rukavišnikov.
Nella categoria «Musica» ha vinto il premio Svetlana Kasyan, solista del teatro di Mosca «Nuova Opera», la prima cantante lirica nella storia del Vaticano insignita del titolo Dama ("La Fenice”) dell'Ordine di San Silvestro.
Il vincitore del premio nella categoria «Letteratura» è lo scrittore e sceneggiatore russo, storico e dottore in scienze storiche, autore di gialli e romanzi storici Leonid Jusefovič. I suoi libri sono tradotti in tedesco, italiano, francese, polacco, spagnolo.
Julian Henry Lowenfeld, poeta, drammaturgo, giurista, compositore e traduttore americano è stato insignito del premio nella categoria «Attività di traduzione». È considerato uno dei migliori traduttori delle opere di A.S. Puškin in lingua inglese. Autore di una delle cinque redazioni di «Evgenij Onegin» pubblicate negli USA.
Il direttore dei Musei Vaticani Barbara Jatta, la prima donna ad ottenere questo incarico nei secoli di storia della Collezione d'arte Pontificia è vincitrice del premio nella categoria «Arti figurative». Nel 2018 ha partecipato alla realizzazione di un progetto senza precedenti: l'allestimento della mostra «I capolavori della Pinacoteca Vaticana» presso la Galleria Tret'jakov, mentre i Musei Vaticani hanno accolto un'esposizione unica proveniente dalla Galleria Tret'jakov «Il Tratto russo. Dal Dionisio a Malevich».
Il vincitore del premio nella categoria «Arte teatrale» è Daniele Cipriani, produttore teatrale, una figura di straordinaria autorevolezza nel mondo del balletto. Daniele Cipriani ha unito in una compagnia i giovani diplomati della scuola romana e di quella teatrale attiva presso La Scala. Numerosi sono i suoi successi, riscossi sia in Italia sia in Europa: i suoi spettacoli esclusivi costituiscono immancabilmente dei veri e propri eventi, come lo è stato lo spettacolo dedicato a Rudolf Nureev.
Sono stati inoltre consegnati i diplomi onorari nella categoria «Arte teatrale» al primo ballerino del Teatro Bolshoj Jacopo Tissi e alla fondatrice dell'unica scuola di balletto russo in India Apeksha Bchattarchia.
Quest'anno il Festival ha istituito un nuovo premio per la categoria «Mecenatismo». A vincerlo è la Fondazione di beneficienza «Arte, scienza e sport» di Alisher Usmanov. La Fondazione svolge la sua attività in nome della tutela e dello sviluppo del retaggio culturale russo, del sostegno del potenziale scientifico e sportivo del paese, della formazione di un ambiente socioculturale inclusivo. Nel 2018 la Fondazione ha sostenuto l'allestimento della mostra presso i Musei Vaticani proveniente dalla Galleria Tret'jakov «La tratta russa. Dal Dionisio a Malevich». In autunno del 2019 ha avuto luogo la prima mondiale del film di Andrej Končalovskij "Il peccato”, realizzato con il sostegno finanziario della Fondazione.
Un premio speciale Festival è stato dedicato al quarantesimo anniversario del film «Stalker» di Andrej Tarkovskij. A ritirare il premio è stato il figlio del geniale regista, presidente della Fondazione Tarkovskij a Direnze, Andrej Tarkovskij.
Nel contesto del Festival è stata consegnata la medaglia commemorativa alla vedova di Aleksej Bukalov, Galina Bukalova. Aleksej Bukalov, un eminente giornalista, diplomatico, studioso di Puškin, che rappresenta una pietra miliare nella promozione della cultura russa.
Il Festival è stato arricchito dai momenti musicali con la partecipazione della pianista Elena Burova, la cantante lirica Svetlana Kasyan, il duetto Gazzana (Natascia Gazzana, violino e Raffaella Gazzana, pianoforte). Il maestro Daniele Cipriani ha regalato al pubblico un performance teatrale.
Il Festival internazionale culturale «La Roma Russa» si è tenuto per la prima volta nel mese di novembre del 2017. Il Festival si prefigge l'obiettivo di unire quelle persone la cui attività artistica e professionale favorisce la promozione della cultura russa all'estero, costruendo ponti culturali tra Russia ed Europa. L'ideatore del Festival è stato Vladimir Torin, segretario per i progetti internazionali dell'Unione degli scrittori russi, giornalista, personalità pubblica.
L‘iniziativa culturale “La Roma Russa” ha trovato il sostegno presso l’Ambasciata della Federazione Russa in Italia, l’Unione libraria russa, l’Unione russa degli scrittori, il Conservatorio statale di Mosca P.I. Čajkovskij, l’Istituto italiano di cultura a Mosca e molteplici associazioni di cultura in Italia e in Europa. Inoltre, nel 2019 il Festival ha ottenuto il patrocinio del Comune di Roma (Assessorato alla crescita culturale-Roma Capitale) e della Regione Lazio. Il progetto è seguito dalla stampa, tra cui Agenzia Askanews, Sputnik Italia, Agenzia Nova, Agenzia TASS, Eurasia News TV, Società statale di televisione e di radiodiffusione russa (VGTRK), LF magazine e portale ufficiale dell’Ambasciata italiana a Mosca “La Tua Italia”.
Frammenti che orbitano qua e là, individuati, carpiti; li commento e condivido con voi.
La Riflessione!
Novembre: ultime grandi manifestazioni enoiche!
Novembre è il mese dell’Olio nuovo, del “ribollir dei vini”, del vino novello (da non confondere con il vino nuovo che ancora è in costruzione) e delle ultime grandi manifestazioni enoiche. Ne cito tre: Sangiovese Purosangue che è già in corso a Siena (una due giorni iniziata il 2), Merano Wine Festival programmato dall’8 al 12 e la Fivi, mostra-mercato dei vignaioli indipendenti in programma dal 23 al 26 presso i padiglioni della Fiera di Piacenza (quest’anno prolungata anche al lunedì per permettere a ristoratori di partecipare). La prima giunta alla sua ottava edizione in corso dove si stanno alternando approfondimenti e degustazioni alla presenza di 120 aziende. La seconda un vero e proprio festival dell’eccellenza vitivinicola italiana e non solo. La terza che da diversi anni, con la formula mostra-mercato, permette ai visitatori di degustare, comprare e caricare storie in bottiglia da consumare durante l’anno.
Frammento n. 1
Cantina di Soave inaugura il nuovo quartier generale.
La cantina di Soave |
Leggendo questa notizia e i suoi numeri viene meno quella parte poetica che accompagna il vino. Mi vien da dire: poveri Charles Baudelaire e Alda Merini, poesia, passione, metafora del territorio. Ma le cantine, in particolare le cooperative, sono anche aziende e devono vendere i loro prodotti e pagare chi ci lavora. Ed allora anche i numeri diventano pura e semplice verità: 90 milioni d’investimento, 11 ettari di superficie, 35.000 metri quadri coperti utilizzabili per conferimento, imbottigliamento, stoccaggio, logistica e uffici. 437 pannelli fotovoltaici, acque piovane recuperate ecc… che nel linguaggio d’oggi significa “progetto green”: Ma i vini? Produzione definita convenzionale. I Bio ancora lontano. Ahiahiahiahi (traduzione dall’alpitourese: sono dolori!).
Frammento n. 2
Life of Wine al Radisson Hotel di Roma
Un evento volutamente trasferito a Roma da Firenze per una centralità maggiore. 210 vecchie annate, ben 70 cantine che hanno dato vita a Life of Wine, Viaggio nell’età del vino. Grazie ad una selezione unica di cantine, simbolo di una enologia rivolta alla qualità, si è percorsa la storia del vino attraverso l’assaggio di rare ed uniche vecchie annate. Respiro anche internazionale con la presenza di aziende provenienti da Slovenia e Svizzera. Ne ho parlato più diffusamente in questo articolo pubblicato da Flipnews nei giorni scorsi: http://www.flipnews.org/component/k2/life-of-wine-ovvero-la-vita-del-vino.html.
Frammento n. 3
Merlot, vino amato e odiato.
Molti dei cosiddetti esperti di vino considerano il Merlot un vino pacione, banale, senza nerbo. Ne ha parlato recentemente anche Daniele Cernilli (Doctor Wine) ricordando che i palati “raffinati” hanno conoscenze e memorie corte. Vini marmellatosi, omologati, ruffiani, poco interessanti. Chi invece li considera, come il sottoscritto, viene etichettato come poco educato e con conoscenza enologica superficiale. Fatta questa premessa ecco le mie considerazioni e riflessioni. Cari amici superesperti come la mettiamo con vini merlot 100% come Montiano, prodotto nel viterbese e considerato una eccellenza nazionale? Come la mettiamo con il merlot 100% Masseto considerato uno dei vini migliori al mondo? Come la mettiamo con il merlot 100% del Pommerol Chateau Petrus icona mondiale? Senza dimenticare gli italici L’Apparita, Redigaffi, La Ricolma, Nambrot ed altri. Francamente mi vien da pensare che ancora siamo lontani dalla conoscenza del Vino.
Osservo, scruto, assaggio e…penso.
Il 2 novembre scorso e' stato consacrato Arcivescovo di Vittoria(RG) ed ausiliare del Primate in Montenegro,Sua Eminenza Mons. Wladimiro. La quasi totalità del popolo montenegrino desidera l' indipendenza dal Patriarcato serbo dal quale ancora dipende. Si sono rivolti alla Chiesa Ortodossa d'Italia, il cui Primate è Sua Beatitudine Basilio I, per essere sotto la protezione della suddetta giurisdizione con lo scopo, dopo la crescita nel tempo, di essere una Chiesa autonoma.
Oggi, qui a Vigna di Valle, vicino Roma, abbiamo assistito alla sua Consacrazione Episcopale, celebrata dal Metropolita della Chiesa ortodossa d’Italia, il Primate Basilio I°, assieme ai suoi Arcivescovi concelebranti. Quale significato ha per lei il suo servizio episcopale in Italia ed in Montenegro?
- Nella vita di ogni Sacerdote, la Consacrazione Episcopale è un onore ed un privilegio straordinario, ma per me è una responsabilità e un sacro obbligo. Indosso questo Omoforion, simbolo del giogo di Cristo e grazie al suo aiuto posso arare il solco sul campo del Signore e seminare il seme della Parola di Dio. Nostro Signore Gesù Cristo ci chiede di imparare da Lui, che questo onere può essere lieve e dolce, se siamo come Lui, miti ed umili. Con questo atto, la Chiesa ortodossa d’Italia sostiene la lotta per l'autonomia della Chiesa ortodossa in Montenegro, che il Metropolita Basilio I° ha affermato e sottolineato la scorsa primavera quando ha visitato il nostro Paese, ed lo ha confermato con questo atto.
2.Lei e un montenegrino, ci racconti del suo futuro servizio in Italia.
-Sul piano simbolico, l’inizio della mia vita pastorale a Roma, ha un significato speciale per me. Ho sempre guardato questa meravigliosa città con ammirazione, è uno dei cinque maggiori centri della spiritualità mondiale, con una storia straordinaria. Tuttavia, l'Italia pur essendo uno stato a maggioranza cattolica , ospita oltre un milione di fedeli ortodossi, di cui si parla e si conosce poco. Essi sono più del doppio che in Montenegro e tra loro c’è un esiguo numero di Montenegrini che vive e lavora in Italia. Un mio amico, d’origine italiana, che ha studiato gli eventi dopo la prima guerra mondiale ed in particolare il sostegno dell'Italia alla famiglia reale Petrović Njegoš e al governo del Montenegro in esilio, mi ha riferito un fatto interessante: solo a Gaeta e nella regione dove era situato l'esercito montenegrino, vivono circa 1.100 discendenti.
3.Ha piani e progetti specifici per l'Italia?
- Se si esclude il nostro servizio evangelico , allora i nostri piani sono certamente quelli di continuare l'integrazione culturale e spirituale delle nostre due nazioni attraverso diversi progetti. Due personalità sono sempre nella mia mente quando parlo delle nostre relazioni nel corso della storia: quelle di Giuseppe Garibaldi e Elena di Savoia, dei quali atti senza tempo è superfluo parlare. In particolare, il mio desiderio è che la cronaca di Pop Dukljanin, una cui copia si trova negli Archivi Vaticani, venga esposta a Podgorica o a Bar. Tutto ciò per rendere, accessibile ai cittadini del Montenegro, almeno per un breve periodo, il più grande lavoro della letteratura medievale slovena, a cui ho dedicato la tesi di laurea.
La sala Sold Out |
Questo evento l’avevo frequentato nella sua prima edizione fiorentina, all’Orto Botanico “Giardino dei Semplici”, ben otto anni fa e l’ho ritrovato molto cresciuto sabato 26 ottobre nei saloni del Radisson Blu Hotel di Roma.
Life of Wine, VIII edizione, viaggio nell’età del vino. “La vita del Vino” passando per vendemmie antiche fino alle attuali. Non solo. Ho scoperto realtà che hanno scelto Roma per presentarsi sul mercato italiano come CIEK, azienda del Canavese e DELEA, i vini del Canton Ticino.
“Grazie ad una selezione unica di cantine, simbolo di un enologia rivolta alla qualità, si è percorso, attraverso gli avvenuti assaggi di rare ed uniche vecchie annate, la storia del vino assaporando il presente con la degustazione delle annate in commercio”. Così Roberta Perna dello Studio Umami artefice di questo evento.
Apertura ad un “respiro internazionale” con la presenza di aziende slovene e svizzere. Quest’ultima particolarmente gettonata poiché i meravigliosi vini svizzeri (e mi assumo la responsabilità di questa affermazione) sono poco pubblicizzati da noi.
E le presenze a questo evento unico? Un vero e proprio Boom!!!.
“Oltre 700 tra operatori, stampa specializzata ed enoppassionati per l'VIII edizione della manifestazione, andata in scena sabato 26 ottobre:70 cantine italiane e non, 250 grandi etichette fra cui 210 vecchie annate protagoniste di un affascinante viaggio nel tempo all'ombra di Bacco”. Roberta è radiosa di fronte alle domande per conoscere i numeri e
Radisson Hotel |
la dimensione della manifestazione. Perché poi sono i numeri che alla fine contano.
“Settanta grandi cantine da tutta Italia – affiancate da ospiti stranieri da Svizzera e Slovenia, novità che ha conferito un respiro internazionale a questa edizione – hanno dato vita ad un viaggio nel tempo scandito da oltre 250 etichette, di cui 210 vecchie annate spesso introvabili sul mercato”.
Il vero successo di questa manifestazione? Il mix di annate recenti, le ultime immesse in commercio, e almeno due vecchie annate di una o più etichette nel rispetto del tema dell’evento: Life of Wine ovvero La vita del Vino. Chapeau!
Questi i miei assaggi :
Vino Svizzero |
- Basilico vini della Basilicata (Barile)
- Cantine del Notaio da Rionero in Vulture (Basilicata)
- Ciek da San Giorgio Canavese (Erbaluce di Caluso) Piemonte
- Delea dal Canton Ticino-Svizzera
- Tenuta Monteti da Capalbio Toscana
Erbaluce di Caluso |
- Tenute Silvio Nardi da Montalcino Toscana
- Ventolaio da Montalcino Toscana
Roma, 26 ottobre 2019 – Al richiamo di #despiertachile e #renunciapinera, oggi, in piazza del Popolo si è riunito un nutrito gruppo rappresentante la comunità cilena insieme ad altre comunità latinoamericane, al mondo dell’associazionismo, ad organizzazioni politiche, a movimenti sociali e alla società civile. Una mobilitazione pacifica e solidale a chi in queste tremende giornate sta vivendo in Cile violenze, soprusi, abusi, violazioni di diriti umani e ingiustizie.
ler gentile concessione dell'agenzia di stampa Pressenza
foto di Dario Lo Scalzo
La Champagne è talmente ben pubblicizzata che in ogni stagione, sia in presenza di pioggia o sole, sia con il freddo gelido della Bise o la calura estiva insopportabile, registra il ”pieno” dei visitatori.
Anche perché, turisticamente parlando, può essere proposta come tour giornaliero dalla vicina Parigi con tanto di visita ad una grande Maison di Epernay o di Reims compreso un calice di “champagnino”.
Poi c’è un’altra Champagne, quella del “sogno fragile” così come descritta da Samuel Cogliati (Possibilia editore) o da Roberto Bellini nel suo patinato Champagne & Champagnes (Bibenda editore).
La cultura della distinzione che emerge dallo scritto di Samuel Cogliati e il viaggio, con tanto di indicazioni stradali, da quello di Roberto Bellini.
In questo mio dodicesimo tour a scoprire il fascino di questo vino mi sono sentito un po’ Samuel e un po’ Roberto. Samuel per cercare di “sfrondare quanto di superfluo porta con sé certa retorica” e Roberto per affrontare un viaggio particolare “negli anfratti di certi luoghi carichi di Storia”.
E un po’ di mio nella ricerca, questa volta, di chardonnay diversi, del perché le grandi Maison “raccolgano” uve dello stesso vitigno, differenti, da conferitori fidati sparsi a nord anziché a sud, ad ovest anziché ad est, magari privilegiando piccole aree come il Petit Morin o il Montgueux.
Il mio dodicesimo tour è iniziato dalla vasta area del Sud: l’Aube. Scegliendo due realtà diverse posizionate una ad est l’altra ad ovest, la prima nel Barsuraubois la seconda nel Barséquanais.
Partire da Troyes e percorrere le RN e le D tra continui saliscendi in un mare di vigne dai colori autunnali ed arrivare nella minuscola e graziosa Urville, Comune fiorito.
Ad attendermi lo staff della Maison Drappier. Visita alla cave ultracentenaria a scoprirne i segreti. Infine gli assaggi. In particolare il suo Blanc de Blancs. Uno chardonnay allevato su terreni calcarei, con pochissimo gesso (insignificante) che ha lasciato emergere nel calice note minerali, rotondità diffusa e olfatto profondo. Uno champagne gradevole, fine e sapido.
Lasciata Urville mi sono concesso la pausa pranzo in una brasserie nella garbata, vezzosa cittadina di Essoyes dove rimembranze storico-scolastiche mi hanno ricordato essere il rifugio degli ultimi anni di Renoir.
Lì vicino, a pochi chilometri c’è un piccolo borgo di nome Noè les Mallets. Ad attendermi Delphine Brulez della piccola Maison Louise Brison. Terreno calcareo con abbondanti residui marini (Kimmeridge) che permettono ai suoi chardonnay millesimati di esplodere in tensione. Champagne slanciato molto leggibile quadrato, salino.
Il giorno dopo, lasciata Troyes, direzione verso nord. Mi aspettava una avventura nuova. Visitare Frederic Bourcier a Couvrot, nelle terre delle nuove esperienze, ad est verso il confine con la Lorena: Vitry-le-Françoise.
Terre di conferitori di grandi acidità, di vigneti strapazzati dalla Bise, il vento gelido dell’Est. Terre dove lo chardonnay è ricercato proprio per le sue accentuate freschezze. Frederic un personaggio incredibile. Agricoltore prima, vignaiolo e conferitore in un secondo tempo, infine imprenditore di se stesso. Capannone tipo industriale con dentro una pressa Bucher di ultima generazione a pressare uve per conto terzi e per la Cooperativa Comunale. Il suo Blanc de Blancs? Naso minerale, vino tagliente, retto. Aromi floreali ma tanta freschezza. Profondità. Uno chardonnay veramente diverso dagli altri. Una interessante scoperta da aggiungere al mio fardello di conoscenze.
Nel pomeriggio ho raggiunto la Maison Dumenil a Sacy, ai piedi della Montagne de Reims, quella che guarda nord, a pochi passi dal 50° parallelo. Gran bella realtà lanciata verso traguardi di eccellenza e il suo chardonnay, se pur tagliente, spigoloso, di montagna fredda, ha primeggiato tra gli assaggi concessimi. Bravò!
È stato il giorno della riva destra della Marne quello successivo. Preceduto da sempre da atto di devozione annuale all’Abate Dom Perignon che riposa (così ci fanno credere) nell’Abbazia di Hautvillers.
Via di buon’ora verso Damery dove mi aspettava Philippe Manfredini, un francese con gusto italiano, Direttore della Maison J. De Telmont.
E quando pronunci il nome di questa Maison ti ritrovi nell’empireo mondo dello champagne. Una visita accurata, una degustazione meticolosa, completa con apertura di bottiglie storiche. Il suo Blanc de Blancs guidato da solidità e potenza. Ricco, rotondo, diverso da tutti quelli assaggiati fin qui. Acidità che non accompagna l’eleganza riscontrata nel Blanc de Noirs con presenza maggioritaria di Pinot Meunier, ma con un percorso tutto in divenire.
Il pomeriggio nel centro del piccolo e importante paesino di Ay a visitare la Maison Lallier. Che spettacolo il suo Chardonnay. Floreale, burroso, fruttato con pennellate di sapidità. Acidità puntata nel finale. Stile armonico con finale delicato ma coerente con il territorio di provenienza: la Montagne lato sud, solare.
Ultimo giorno passato a Chouilly e a Chavot-Courcout.
Chouilly, grand cru nella Côte de Blancs, a scoprire gli chardonnay speciali di Vazart-Coquart. Tipicità unica, singolare. Estroversi, per niente aggressivi, con finali gradevoli. Chardonnay di razza.
Chavot-Courcourt nella Côte-sud d’Epernay, dove troviamo i “ribelli” della Côte de Blancs. Senza presenza di Comuni Premier Cru ne Grand Cru ma dove i loro champagne raggiungono la miglior qualità/prezzo. Una Maison su tutte: Diogène Tissier. Il suo chardonnay è da bere e ribere con delicata sapidità, freschezze ben bilanciate, Uno champagne, come direbbe Samuel Cogliati, “dedicato alla sete”.
“C’è un istante, tra il quindicesimo e il sedicesimo sorso di champagne, in cui ogni uomo è un aristocratico”. (Amèlie Nothomb). Lo sono da molto tempo. Chapeau!
Visite effettuate in questo mese di ottobre 2019
Il 20 ottobre scorso si è svolto all’aula magna dell'università Valdese, a Roma, lo spettacolo dedicato a FRIDA KHALO con "Frida y sus Amores", organizzato dall’associazione internazionale Orchidea Latina aps, della presidente Cecilia Salaices. Ampio successo con il pieno della sala e dalla viva partecipazione del pubblico allo spettacolo di grandi artisti lirici.
“Un pubblico completamente rapito della potentissima voce della soprano messicana residente a Venezia, Liliana Henkel, che ha saputo trasmettere la forza e vitalità dell'iconica Frida Kahlo ad un pubblico che sembrava volesse cantare insieme agli artisti.” ha dichiarato la Presidente, “Non esiste Frida senza Diego Rivera e questo ruolo è stato interpretato dal tenore peruviano Eusebio Consoli che ha fatto sognare il pubblico con la sua voce.
I cantanti lirici, accompagnati dai maestriDuilio Congedi al piano e Marco Cruz alla chitarra ci hanno donato una serata piena di sensazioni bellissime. La voce narrante di Sara Guasti ci ha condotto in un viaggio attraverso la vita di Frida Kahlo, che ci ha permesso di conoscere meglio tutte le sfaccettature di questo prezioso diamante messicano sulle note di "Frida y sus Amores”, le canzoni del suo paese, il Messico”.
La manifestazione si è svolta già tre volte, ma la richiesta di repliche non accenna a diminuire. E’ stato presentato all’Ambasciata del Messico a Roma e sul palco di prestigiosi teatri romani.
Con il suo progetto Cecilia Salaices ha entusiasmato il pubblico nel far conoscere la grande pittrice messicana la cui arte è intrisa di passioni, profondo vissuto e una tormentata vita amorosa. Il concerto ha coinvolto emotivamente gli spettatori nella sofferenza e l’amore fra i due protagonisti: “FRIDA KHALO e DIEGO RIVIERA”, nonché nel calore messicano e i suoi colori.
Chiara Pavone ha letto le poesie di Angela Maria Tiberi e Barbara Maresti con le parole ha toccato l’anima degli spettatori facendo sentire la sofferenza di questa grande artista ed il suo esempio di vita nel reagire al fato perverso.Mua è pettinatura è stato a carico della Fashion Look Academy Roma, guidata da Alfonso Boselli, con la sfilata delle ragazze in fiore,
Cecilia Salaices |
molto gradita al pubblico, che hanno sfilato con la nuova collezione autunno sempre con lo stesso tono “fiori” della prestigiosa Eire Mota Fashion Expert.
Grande successo anche di Milena Petrarca, artista internazionale, con le sue opere sulla vita di FRIDA KHALO negli attimi più significativi con Diego Riviera. Milena Petrarca è figlia d’arte, è nata a Pozzuoli, ma vive tra Latina e New York e proprio in questa ultima città, dopo aver esposto in diverse rassegne, ha ricevuto il prestigioso riconoscimento “Artistic Achivement Award Gallery” in virtù dell’impegno profuso nell’organizzazione di mostre personali e collettive in occasione del Cinquecentenario di Cristoforo Colombo.
La serata è stata presentata dalla signora Susana Clavarino.
Pompei e Santorini, l’eternità in un giorno è il titolo della mostra in corso presso le Scuderie del Quirinale a Roma.
Ad accumunare la città campana e Akrotiri, capitale dell’isola di Thera, oggi Santorini, nelle Cicladi, è la loro fine improvvisa: sepolte da un’eruzione vulcanica. Sepoltura che, allo stesso, tempo ha conservato, cristallizzandolo, un attimo di storia.
Per il resto le due civiltà non potrebbero essere più diverse.
Ad unirle in un’unica esposizione, l’interesse e la curiosità della loro riscoperta, che risveglia l’archeologo nascosto e, più o meno conscio, che è in ognuno.
Sono due civiltà lontane tra loro nel tempo oltre che nello spazio.
Questa lontananza è ben evidenziata dalle opere e dai manufatti presenti in mostra. Ed è specificata, nei pannelli, dalle linee temporali, che riportano e mettono in relazione le due vicende, con le tappe più note della storia ufficiale e diffusa.
Risale al 1613 a.C. l’eruzione che ha sepolto Akrotiri (Thera-Santorini), mentre al 79 d.C. quella di Pompei.
L’interesse e la curiosità sono il filo d’Arianna che collega i due siti, così, in mostra, senza soluzione di continuità, si trovano opere di artisti, che hanno dato espressione a quell’immaginario collettivo, formatosi nei secoli, a partire dalla riscoperta. Emerso dagli scavi insieme agli oggetti e alle svariate testimonianze.
In apertura, se non fosse per le dimensioni, la scultura novecentesca di Arturo Martini, Il bevitore del 1936, potrebbe tranquillamente essere scambiata per uno dei corpi ricoperti dalla lava.
In chiusura, la land art di Richard Long con Vesuvius circle del 1984, richiama l’attenzione del contemporaneo, verso la natura e al bisogno di rispetto nei suoi confronti.
L’immagine della copertina della mostra e del catalogo, edito da Artem in coedizione con l’Erma di Bretschneider, è un particolare del dipinto di Pierre-Henri de Valenciennes, Eruzione del Vesuvio del 24 agosto dell’anno 79 d.C., sotto il regno di Tito, del 1813.
Tra i manufatti più rappresentativi di Pompei i frammenti di affresco dalla Casa del Bracciale d’oro, il servizio da tavola in argento di età augustea, alcuni gioielli.
La pittura ad Akrotiri, oltre che nei frammenti di affresco, come quello dei Giovani pescatori o il fregio miniaturistico con un paesaggio subtropicale, si apprezza nei vasi, come nella brocca sferica monoansata, decorata con piante d’orzo e di veccia.
Una guida alla comprensione e all’immersione viene dall’approfondimento offerto dagli incontri al Teatro Argentina e dai laboratori per scuole e famiglie.
La realtà immersiva più apprezzata, per e da chi scrive, è rappresentata dai dipinti di Turner, come L’eruzione delle Souffrier Mountains nell’isola di Saint Vincent del 1815, e da quello di Filippo Palizzi, Fanciulla negli scavi di Pompei del 1870, dove la giovane donna impersona la curiosità, la meraviglia e la riflessione di fronte agli scavi.
Pompei e Santorini
l’eternità in un giorno
11 ottobre 2019-6 gennaio 2020
Roma, Scuderie del Quirinale
Orari: da domenica a giovedì 10.00-20.00;
venerdì e sabato 10.00-22.30
Ingresso: Intero €.15,00; ridotto €.13,00
Info: 0292897722
Catalogo: Artem-l’Erma di Bretschneider €. 36,00
Chi è, veramente, il clown? E cosa vuole rappresentare la figura del clown nella società?E' semplice: il clown siamo proprio noi, il clown cioè è la persona normale, ordinaria, direi, che è costretta a portare una maschera, ogni singolo giorno - fare buon viso a cattivo gioco, si dice - per poter partecipare alla società, al sistema del lavoro, che spesso non si digerisce.Maschera dietro alla quale si nasconde tutta la propria sofferenza, incessante.
Questo appunto, giusto come introduzione alla mia lettura del film Joker.
Joker è senza dubbio un grande film, forse anche una perla rara, cinematografica, (sulla scorta di un “Fight Club” o di uno “Shining”), destinato ad essere rivisto tante volte dagli spettatori, negli anni a seguire.
Di questo ne sono più che certo. Tantissimi altri film, spesso stracolmi fino all'orlo di clichè e pattern, riadoperati mille volte - oggi il cinema, ricordiamolo, qualche rara volta è cultura, spesso solo un bene di consumo - sono scomparsi senza lasciare traccia alcuna, nello spettatore, nella memoria collettiva.
Nonostante venga indicato come un film violento, non è un film di violenza, non è una pellicola, cioè, dove, nonostante un discreto numero di scene in cui la violenza sia presente (alcune anche certamente forti) , è la violenza il cuore o il tema vero e proprio, trattato.
La violenza, nella società di Joker, infatti è semplicemente il pane quotidiano, il caffè per colazione, come lo è, nella nostra società occidentale moderna, la comunicazione di massa, tanto per dirne una. La violenza qui insomma è qualcosa di intestino, di proprio, e di inscindibile dalla società in cui vive e si manifesta.
Volendo, Joker, lo si potrebbe anche considerare un “prequel” di Batman, ma è in realtà un film che si discosta grandemente dalla serie, non solo perché qui Batman non ha praticamente posto (se non uno appena tangenziale); non solo perché non è un film strettamente di azione, ma sopratutto perché qui è il Joker - o meglio la figura dell'uomo che diventerà passo dopo passo il Joker - ad essere totalmente centrale, tanto appunto da lasciare uno spazio marginalissimo al Batman che verrà.
Qui lo si intravede, Batman, nelle vesti di bambino, figlio del miliardario Wayne, e lo si vede ancora nel drammatico evento che lo porterà, nei film/fumetti successivi, a diventare il supereroe: l'assassinio dei genitori, per mano di criminali di strada, sospinti dal “vento del Joker”.
Ma questo non intacca di un centimetro la totale centralità del Joker e della sua storia di vita, che domina appunto il film.
Credo che questo film sottenda agevolmente una serie di tematiche diventate centrali e sempre più “pulsanti” nella nostra società, ragion per cui merita una attenzione speciale, che va oltre l'uomo raccontato e la sua storia.
Parlo del ruolo dei deboli, all'interno di una società sempre più lontana dai veri bisogni dell'uomo; dalle concentrazioni di ricchezza e di proprietà privata che fanno il bello e il cattivo tempo sugli interessi pubblici; della rabbia, ovunque serpeggiante fra le classi meno abbienti e gli esclusi, ecc.. Una serie di tematiche che ci mettono davanti allo specchio - lo schermo cinematografico - quella che, con un certo margine di approssimazione, potrà diventare la nostra società, se un certo tipo di globalizzazione continuerà ad essere sostenuta e perpetrata dalla maggioranza.
Passando al protagonista, c'è da dire che quella di Joachim Phoenix, molto più che una interpretazione, è una vera e propria identificazione completa col personaggio, tanto è forte e pervasiva la sua parte, che lo ha costretto a dimagrire di ben venticinque chili, ma che lo ha obbligato, ancor di più, ad avere orrende crisi di risate, auto-soppresse e ricorrenti, nelle immagini. Come appunto quelle di un malato neurologico, vero e proprio, che deve giustificarsi, davanti al prossimo, per il comportamento, mostrando un bigliettino da visita plastificato che ne spiega la condizione patologica.
Per concludere, ma ritengo che sarebbe davvero utile ed interessante aprire un dibattito su questo film, cosa può mai dirci, o insegnarci, in fondo, Joker? Forse, che chi si segue, fino in fondo, segue sè stesso, alla fine, per quanti errori possa avere compiuto, per quanto abbia dovuto fare i conti con i propri limiti e la pazzia, sarà comunque destinato a trionfare sulla massa. Oppure, invece, sarà destinato ad una stolida camicia di forza..