L'informazione non è un optional, ma è una delle condizioni essenziali dell'esistenza dell'umanità. La lotta per la sopravvivenza, biologica e sociale, è una lotta per ottenere informazioni. |
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In un mondo dominato dalla speculazione finanziaria la lotta per la sopravvivenza è una lotta di denaro: chi ha capitale cerca di creare altro capitale e chi non ne ha lotta per la stessa sopravvivenza fisica. Tutto è in funzione di questo elisir di lunga vita; chi ha soldi, quindi potere, può condizionare il comportamento degli altri. Lo si può fare in tanti modi, uno dei mezzi più potenti è l’informazione. Siamo prigionieri di un sistema dominato da convenienza mista ad ipocrisia. I nostri politici non sono da meno, salvo rare eccezioni. In tutti questi anni abbiamo assistito a scandali di ogni tipo, inutile soffermarsi tal’ è l’evidenza, soldi e potere sono ambiti più che mai, nulla a che vedere con un servizio alla e per la collettività. Per essere eletti ci vogliono tanti soldi che, in un modo o nell’altro, vanno restituiti con gli interessi. Dal dopo guerra in poi abbiamo perso qualsiasi velleità di riscossa, sopraffatti e condizionati da influenze esterne, palesi e occulte. Il buonismo dei magistrati e le acrobazie dei legulei hanno contribuito al resto. Il danno è enorme.
Anno dopo anno stanno erodendo la nostra cultura, le nostre radici a favore di un mondialismo che ha oramai pressoché azzerato le nostre conquiste sociali, i centri produttivi creati con il sudore dei nostri padri, la nostra identità. Urgentemente Il Paese necessita di un’altra razza di politici, di persone che mettano al servizio della collettività il proprio cuore con l’aiuto della mente e non viceversa, ma purtroppo a questo raro tipo di uomini e donne, quasi in estinzione, non è data possibilità di accesso ai posti chiave a causa della barriera insormontabile di corruzione, di ricatti, e chi più ne ha più ne metta, che si è creata nel tempo e infesta il Paese. Dopo la mazzata di questo virus viviamo in situazioni molto precarie, quasi narcotizzati e terrorizzati da interessi economici che stanno cucinandoci a fuoco lento. Finché non ci saranno politici coraggiosi che sappiano interpretare i bisogni reali del Paese non ci sarà via di scampo, torneremo a vivere, né più né meno, quel periodo che i nostri antichi progenitori vissero dopo il crollo dell’impero romano, ma questo forse lo meritiamo.
Il politico che si attende da troppi lunghi anni deve essere un leader, cioè un uomo armato di coraggio, capace di non essere influenzato personalmente da tentazioni di denaro, un “bonus pater familiae”, un buon padre di famiglia come dicevano gli antichi romani quando non poteva più soccorrere alcuna legge a risolvere il caso concreto, ma questa volta nel senso allargato, famiglia intesa in termini di popolo, di nazione. Carismatico, senza carisma non si può condurre ma si è dominati. Artista, capace di inventare al meglio il futuro della propria gente. Questo la gente chiede e spera di poter applaudire.
Questo raro tipo di uomini potrebbe toglierci dal torpore in cui siamo caduti, o meglio dall’acquiescenza cui ci hanno abituato da anni, soprattutto i media, e risvegliare le nostre migliori qualità, quelle che ci contraddistinguono nel mondo e che sono la nostra parte più nobile: la nostra creatività, la nostra arte, il nostro ingegno, quanto di meglio abbiamo regalato all’umanità.
Quanto all’Unione europea non è più il caso di temporeggiare: o si crea un’unione europea effettiva, nello stesso modo in cui una mamma accudisce i propri figli, per usare una metafora, o è bene fuggire il prima possibile da questo fantasma che i più sentono oramai come un’entità astratta, quasi ostica. Senza affidabilità e fiducia il buon senso suggerisce di riprendere subito in mano quelle redini che i nostri politici vendettero senza l’avallo del popolo. Non credo che questo ultimo passo sarà di facile attuazione, dovremmo vigilare e vigilare ancora perché il canto delle “sirene” esterne non comprometta la delicata operazione, ma ne va della nostra stessa sopravvivenza.
Quanto a noi dobbiamo essere attivi e vitali: centralità dell’uomo e libertà vanno difesi ogni giorno e ad ogni costo, non sono diritti acquisiti e se dovessimo rimanere da soli non c’è motivo di aver paura, anzi, torneremmo senz’altro ad essere quel popolo che nel corso dei millenni è stato da esempio all’umanità: fidarsi è bene, non fidarsi è meglio, come dice la saggezza popolare, e allora potremmo risorgere, come ci è capitato di fare già molte volte. Il genio che è nel nostro dna ci assisterebbe sicuramente, e potremmo riscattare anche la dignità negata. Duemila anni fa un villaggio sulle rive del Tevere conquistò, da solo, il mondo che si conosceva; un re della piccola Macedonia, Alessandro Magno, conquistò mezza Asia, non c’è motivo perché non si possa aspirare agli antichi splendori e si possa tornare dalle stalle alle stelle.
Si è svolta nella mattina di sabato 16 settembre a Roma, la manifestazione organizzata dall’associazione “Danni Collaterali”, per denunciare le “reazioni avverse da vaccino anticovid”. Così si definisce l’associazione senza scopo di lucro: “Lo scopo dell’associazione Danni Collaterali è quello di fornire assistenza medico-legale e sostegno psicologico. Ci rivolgiamo a tutti coloro che sono stati danneggiati dai vaccini o da errate terapie contro il Covid-19. Non è nostra intenzione dare pareri su cure o vaccini: l’associazione mira a tutelare i diritti dei cittadini, tra cui il diritto alla salute, all’informazione e alla libertà di scelta”. Ad aprire l’evento la giornalista Raffaella Regoli, in chiusura l’intervento di Gianluigi Paragone, ex senatore oggi presidente di Italexit.
La protesta romana dei danneggiati da vaccino anticovid
Molti di coloro che sono presenti hanno dovuto abbandonare lo sport, rinunciare a una gravidanza, stravolgere il loro stile di vita; alcune donne sono in menopausa precoce, nei casi più gravi le persone danneggiate hanno subito paralisi e miocarditi invalidanti. Ricordiamo che la miocardite è un’infiammazione cardiaca, spesso silente, che può portare al decesso improvviso. I partecipanti denunciano anche pericarditi, herpes diffusi, aneurismi, tumori sotto controllo tornati all’improvviso a proliferale, paralisi, riattivazione di virus silenti, dolori costanti, Rossella racconta di aver perso un orecchio. Presenti anche una tenacissima Maria Grazia Spalluto, presidente dell’associazione Danni Collaterali e l‘avvocato Andrea Perillo, vice presidente dell’Associazione. In piazza è stato anche accuratamente spiegato come le sostanze iniettate siano profarmaci e non abbiamo le caratteristiche chimiche e farmacologiche per essere definite “vaccini”. “Gli enti regolatori, il Ministero della Salute, l’ISS, l’AIFA, avrebbero dovuto tutelarci, dove sono ora?” è la domanda assillante della locandina.
Purtroppo ci sono anche coloro che non possono stare in piedi ma sono costretti alla sedia a rotelle, come il signor Giuseppe e la signora Rosaria, la quale ha trascorso quasi due mesi in coma, entrambi già intervistati da Quotidianoweb nell’inchiesta Fuori dal silenzio. A terra cartelli neri che espongono le foto di coloro che sono deceduti dopo la vaccinazione anticovid (ma solo fino al 2021). Un cimitero di carta plastificata di morti fantasma, e non è un gioco di parole di cattivo gusto: concittadini morti senza pace, perché dopo aver risposto all’appello dello Stato e delle istituzioni, le stesse hanno ostacolato esami che approfondissero e decretassero la causa del decesso, spiegano i promotori dell’iniziativa.
Tanta la rabbia e la fame di giustizia per un trattamento sanitario imposto con metodi ricattatori, quali la negazione dei servizi fondamentali e soprattutto l’accesso al posto di lavoro, in uno Stato che si definisce alla luce della propria Costituzione, fondato sul Lavoro, in un clima terroristico che censurava ogni metodo di cura e terapia.
Il corteo, non senza fatica, si è poi spostato davanti alla sede dell’AIFA, sbarrata e mascherata dalle impalcature: mascherati anche due partecipanti alla protesta, un Cavaliere con falce e mantello nero e una lapide a rappresentare la strage compiuta. Al grido di “vergogna!” molti hanno pianto e si sono abbracciati.
In piazza i giornalisti dell’agenzia Dire, del canale televisivo Byoblu e noi di Quotidianoweb: nessuna grande testata -non ci stupiamo più, ma abbiamo il dovere di indignarci sempre- ad offrire una cronaca dell’evento all’opinione pubblica.
Una provocazione di chi scrive
La mobilitazione romana indetta da Danni Collaterali, è stata un’occasione importante per la democrazia italiana, incarnando l’opportunità di non cadere nella trappola della divisione imposta con le menzogne, la propaganda bellico-sanitaria in chiave ossessivo-emergenziale. Non possiamo definire pienamente accolto l’appello ad essere tutti presenti, vaccinati e non, danneggiati o meno, “covidioti e complottisti”, no vax e si vax, disfattisti ed entusiasti, anti politici e partitici, per rispondere con la forza dell’unione alla strategia della divisione e del logoramento del tessuto sociale, che spinge al disordine orizzontale invece di convogliare verso la ribellione verticale e popolare.
E’ concessa una provocazione a chi scrive: dove sono finiti tutti coloro che riempivano le piazze durante la campagna vaccinale forzata? Dove sono tutti coloro che intasano le bacheche social per ribadire che, i vaccini avvelenano? Quale stimolo civico e morale muoveva chi travolgeva le piazze? Individualismo e paura della dose ma nessun senso civico e sociale che valga anche una volta scampato il ricatto e salvato il braccio?
Non si tratta qui di assumersi la croce degli altri, e in particolare di chi ha accettato la somministrazione: ognuno è responsabile delle proprie azioni sul piano psichico, etico e spirituale -per chi ci crede- ma tutti siamo legati sul piano sociale, e qui si gioca una questione drammatica ed epocale per cercare di rianimare la democrazia italiana e resuscitare una verità di Stato e della Storia che riguarda tutti. “Illuminati” da tastiera, guerrieri del web, militanti “antisistema”, dove siete finiti? C’è ancora bisogno di voi, c’è sempre bisogno di tutti noi.
per gentile concessione di Quotidianoweb
Con gli accessori giusti, il look può cambiare completamente. Hanno un ruolo tutt'altro che marginale, anzi, aggiungono carattere e stile all'outfit.
Nelle ultime tendenze in fatto di moda l’ OCCHIALE DA SOLE è divenuto l'accessorio più cool per eccellenza, un vero Must have per donne, uomini e bambini.
Se negli anni passati era un oggetto utile per il periodo estivo per ovvi motivi ora è diventato un accessorio di moda da indossare tutto l'anno nelle più svariate ccasioni ed attività, citiamo ad esempio gli occhiali sportivi per coloro che praticano running o ciclismo, per gli appassionati della montagna, occhiali per gli amanti della caccia e addirittura gli attualissimi occhiali gaming per PC.
Circa la tendenza degli occhiali per il 2023, oltre ai modelli classici se ne aggiungono molti altri bizzari ed eccentrici, sia nelle forme e nei colori, sebbene il colore bianco e nero siano i più richiesti.
Circa i costi, se ne possono acquistare sia quelli a prezzi modici nei reparti di oggettistica sia quelli glamour e brandizzati nei negozi ottici.
Eppure, anche se convinti che gli occhiali siano un accessorio moderno e alla portata di tutti, i primi occhiali con lenti per filtrare i raggi UVA sono stati prodotti nelle vetrerie di Murano, a Venezia dove delle copie del Settecento sono sopravvissute. Questi occhiali anche detti “occhiali da gondola”, o “vetri di dama” con vetro verde sono stati utilizzati dalla nobiltà veneziana per preservare la vista dal riverbero costante della luce sull'acqua della laguna.
Infine è importantissimo ricordare che gli occhiali da sole non sono soltanto un accessorio alla moda, ma anche un alleato utile a proteggere i nostri occhi: gli occhiali con lenti da sole limitano e prevengono gli effetti nocivi dei raggi UVA e UVB.
Ciao Riccardo, ti ringrazio per l'opportunità che mi dai ad intervistarti.
Inizi la tua carriera nel 1979 con gli Extra, nel 1983 ti presenti al Festival di Sanremo, hai inciso diversi album oltre che avere collaborato con Aleandro Baldi e Don Backy. Tanti impegni, tante serate e buona musica. Vivi in un bosco, immerso nella natura dove lavori ai tuoi progetti, ti occupi da anni come volontario a impegni con anziani e disabili ai quali porti musica e canzoni. Un bell'esempio per molti.
D- Come vedi l'attuale panorama musicale?
R- Non vedo positivamente il panorama musicale attuale, trovo che vi sia più una ricerca della spettacolo, della visibilità che dell'attenzione alla musica. Lo dimostra anche il fatto che si vendono più chitarre elettriche che quelle acustiche e questo purtroppo dimostra anche la fine del cantautorato che era tipo del nostro mondo musicale italiano. Adesso con i talent che non amo, si va alla ricerca di qualcosa o qualcuno che a distanza di qualche tempo verrà sicuramente dimenticato. Negli anni 70 mai nessuno si sarebbe messo di fronte a una giuria a farsi dire cosa cantare, come cantare, come muoversi ecc... La musica è ben altro. Anche Sanremo ha perduto il suo antico fascino, tutto adesso è solamente spettacolo da vedere. Mi spiace affermare quanto dico ma confermo che il panorama attuale non è un contenitore di buona musica ma di esibizioni senza anima. Amo Battisti, e fare un confronto mi resta così difficile con quello che vedo in giro.
D- L'ambiente della musica come quello di ogni tipo di spettacolo, ha i suoi pro e i suoi contro:
Vuoi parlarcene?
R- Ho iniziato a "frequentare" la musica a 12 anni con la chitarrina che mi regalò mio padre, ho fatto parte di gruppi durante il mio excursus giovanile fino all'incontro con Foffo Bianchi produttore che mi ha dato diverse possibilità portandomi in quella che adesso è la Sony. L'ambiente della musica è un po' quello che si trova in altri mondi artistici fatti di impresari, di sottobosco, di gelosie, parole non mantenute ecc. Personalmente e fortunatamente io non ho fatto questo tipo di incontri. Anzi, ci tengo a ringraziare fra tanti amici, Carlo Conti che mi ha proposto partecipazioni importanti che ho fatto con piacere. Io sono comunque un solitario, non amo la mondanità. Conosco e frequento forse più attori che cantanti. Comunque, tutto sommato devo dire che io non ho conosciuto quelle brutture che si dicono cattiverie o sgambetti.
D- Quale la più grande gioia e quale la peggiore delusione in ambito artistico?
R- La mia più grande gioia è sicuramente quella che avevo atteso e sognato fin da ragazzino, arrivò a 27 anni; un contratto vero, l'attenzione di un produttore di un'importante casa discografica, la realizzazione del mio primo 45 giri, sentire la mia musica nelle radio, avere le prime interviste, le prime esperienze alle quali ci tenevo veramente tanto e soprattutto essere accettato da chi amava la mia musica. Le delusioni? certo che ci sono; perché non parlarne? ogni anno propongo per esempio a Sanremo due canzoni e non vedere mai alcuna attenzione, non avere risposte e riscontri non è certo un piacere. Forse qualcuno avrebbe potuto aiutarmi ma non è stato così Ho sempre pensato che dovremmo piacere al pubblico, all'ascoltatore e non al produttore, al discografico, alle agenzie, non sono loro che decretano il successo di un brano. Ma come ho già detto sopra, il mondo musicale ha preso una strada diversa, c'è un cliché di base, si sceglie ciò che non è melodia, non escono più quelle canzoni che si possono fischiettare finito il Festival. E' chiaro però che non dobbiamo incasellarci solo ed esclusivamente nella kermesse di Sanremo, ci sono tantissimi altri spettacoli, serate, e incontri musicali- Io ho avuto ultimamente per esempio la collaborazione con il grandissimo Don Backy e cantare con lui una canzone scritta da me dal titolo "Araba fenice". Lui carinamente mi ha regalato un suo brano, molto bello intitolato "Vi lascerò". Io credo che la vita di un artista non deve mai proiettarsi solo sul domani ma sul dopodomani. In attesa di accadimenti e voglia di fare. Questo atteggiamento a me non manca.
D- Cosa nei pensi dei talent?
R- So benissimo che con questa mia risposta verrò "massacrato" dai più giovani perché sono molto negativo nei confronti dei talent- Questi, a mio parere, rovinano i ragazzi, li piegano e li rendono privi di personalità. Non tutti arrivano, non tutti sono all'altezza di una certa bravura. A mio parere i talent sono solo un business, una modalità come un'altra per fare soldi e audience; un contenitore mediatico dove vengono inseriti giovani speranzosi con poco o niente talento per altro giudicati da chi a volte non ha neppure la giusta esperienza e tutto per un ascolto molto alto. Personalmente, per mia esperienza, ho avuto un produttore che non ha mai voluto plasmarmi a suo gradimento, ma anzi, ha cercato la gemma artistica dentro di me senza mai condizionarmi o snaturarmi. Ho cullato per anni un sogno che poi ho finalmente avverato ed è quello di entrare nella scuola di cantautorato a Firenze alla ricerca di talenti senza però doverli cambiare o renderli diversi da ciò che sono. Cerco quella "gemma" di cui ti ho detto prima, quel qualcosa che ci riporti alla melodia, all' armoniosità della musica italiana. I talent sono solamente un mercificare alle spalle di quei giovani che spesso vengono illusi...Siamo un popolo di naviganti, pittori, scrittori, musicisti e artisti e tali dovremmo restare senza condizionamenti e manipolazioni alcune.
D- Tornassi indietro rifaresti tutto daccapo o cambieresti qualcosa?
R- Ho pensato spesso a tutto ciò che ho passato nei miei anni fin dagli esordi, tanto da avere scritto un libro che uscirà a Natale; il libro mi è stato richiesto dall'editore dopo avere partecipato ai Migliori anni di Carlo Conti. Scrivendo il libro nel silenzio del mio bosco, mi sono reso conto di ricordate tutto ciò al quale non avevo più pensato e ho riflettuto che se tornassi indietro nel tempo, rifarei ogni singola cosa. Ho tanti progetti e tante cose belle già in cantiere; la collaborazione con il tenore Stefano Fini, molti progetti con Silvia Papucci un video da presentare e tanti sogni da sviluppare. Tutto quello che ho fatto lo rifarei, tutto quello che ho fatto è il Riccardo che sono.
D- Descrivi il valore della musica
R- Bellissima domanda: cosa è la musica? io devo molto alla musica, la musica mi ha aiutato a sopperire dolori e sofferenze, prima fra tutte la morte di mio padre. Ricordo il mio primo chitarrista, Franco, che mi portava in un paesino vicino a Firenze dove suonando per ore dimenticavo il dolore insieme ad altri musicisti che suonavano con me. E' stato molto importante, in quei momenti la musica, quella musica che sapeva darmi calore e riusciva a staccarmi dalla sofferenza e da ogni pensiero negativo. Questo è accaduto anche per altre forme di dolore che non menzionerò, il dolore legato alle persone che ho perduto nel tempo. Chiaramente il valore della musica non è solo analgesico per i momenti dolorosi: il valore della musica io l'ho scoperto a volte andando a cercare qualcosa che neppure sapevo cosa fosse.
La musicoterapia per esempio che svolgo da tanti anni nelle strutture sanitarie per anziani è un qualcosa di così stupendo che non andrebbe raccontata ma vissuta. Ho avuto esperienze meravigliose in mezzo a quelle persone stupende che a causa di malattie neurologiche e legate alla senilità avevano ormai racchiuso nei cassettini della loro memoria il loro vissuto ma che al sentire una melodia, un suono, una canzone riuscivano per qualche attimo a riaprirli vivendo istanti di scintille di memoria subito richiusi con il finire della canzone. Sono cose che non si dimenticano e ti fanno capire quanto sia importante la musica; ognuno può farla sua, ognuno può sentirla in modo differente ma l'impatto con il suono musicale ha grande empatia con l'essere umano. Un'altra esperienza che mi da molto è quella della condivisione della musica con i ragazzi disabili che seguo. Vedi nei loro occhi tanta felicità che è impossibile da descrivere. Va vista! Nicola che è sulla sedia a rotelle balla a suo modo sulle note delle canzoni di Zucchero; Patrizia napoletana, ama quando le canto una canzone della sua terra e muove il solo arto che può muovere; una mano. La musica è un dono, la musica può dove nient'altro arriva. Non sono un santo né un benefattore ma adoro portare la musica là dove si può assopire il dolore e la tristezza. La sanità dovrebbe inserire in più residenze la possibilità di creare questo tipo di spazi che a mio parere hanno una grande importanza a livello emotivo-emozionale.
D-Hai qualcosa che vuoi tirare "fuori dai denti"?
R- Sembrerà impossibile ma non ho mai avuto situazioni così negative da poter prendere posizioni negative verso qualcuno o qualcosa. Io ho sempre pensato che la gelosia e l'invidia ci siano ma come scelta di vita sono distaccato da questa problematica che non mi tocca assolutamente. Non fa parte di me.
D- Hai sogni nel cassetto? novità in arrivo?
R- Sono un Ariete, e ne rispetto il segno perché amo molto lavorare, lo faccio spesso sradicando l'erbacce e i rovi intorno a casa, sistemare la stalla del mio cavallo, pulire dietro casa e tanti altri lavori. Mi piace farlo. Sogni artistici nel cassetto? ne ho diversi e molti ancora da completare bloccati dal periodo covid. Uno di questi è elaborare la seconda parte di "Amici miei" che realizzai nel 1999. Si tratta di un cd audio dove nella seconda fase c'è fra i tanti amici, Sergio Forconi, Giovanni Lepri, Massimo Antichi e tanti altri. Poi dovrò dare il via a un video ormai finito e che dovrà avere poi il suo excursus. In atto anche un progetto che dovrò andare a discutere con la fondazione Turati, si tratta di un video per un canto popolare; una storia molto bella di un amore durante la guerra, una storia emozionale. La canzone fu molto apprezzata da Francesco Guccini. Sto lavorando inoltre a un mio nuovo cd per il quale ho già scritto le musiche. Nella testa anche un progetto forse ambizioso del quale non voglio ancora esternarne i dettagli
D- Come uomo, cosa ti fa più male e cosa invece ti da energia interiore?
R- Ti rispondo subito: mi fa male vedere come l'uomo distrugge l'ambiente, gli alberi, le foreste, il verde che sono gli elementi naturali che ci servono per la vita e mi fa molto male anche notare come l'essere umano fa del male agli animali, non sopporto vedere il massacro delle balene, il dovere ridurre gli animali della foresta africana a numeri esigui. Che mondo lasceremo ai posteri? Mi chiedo che futuro avranno i nostri figli, nipoti (ne ho uno di sei anni), e poi che dire dei mari? ormai recipienti di plastica, sporco da non possedere più l'ossigenazione giusta per la fauna acquatica.
La spinta positiva invece? sperare che ci siano importanti scoperte nel campo medico, trovare una farmacologia che possa lenire i dolori di quei mali complicati e dolorosi. Ho sempre pensato però che forse, se qualcuno avesse fatto meno breccia sul danaro per arricchirsi, tagliare ciò che invece si doveva ampliare, qualcosa in più si sarebbe potuto fare. Spero di sbagliarmi, lo spero proprio...
Hai qualche riga per te, un piccolo spazio libero dove esprimerti liberamente. Cosa vuoi dirci?
Voglio ringraziare Marzia per questa intervista, ciò mi ha dato la possibilità di raccontarmi e raccontare tutto ciò che mi ha circondato fino ad oggi. Mi reputo una persona felice perché ho potuto coltivare la mia passione senza che nessuno mi abbia mai ostacolato; persino i miei genitori mi hanno in qualche modo aiutato e mai scoraggiato.
La felicità la troviamo anche nei piccoli spazi con i quali possiamo condividere con le persone. Qualcuno ha detto che sono un asociale perché ho deciso di vivere in un bosco a contatto con la natura. Amo invece stare con le persone che non m'impongono però di essere diverso da ciò che sono. Un tempo non amavo i social ma mi sono ricreduto perché ho potuto ritrovare attraverso questa modalità tante persone delle quali avevo perduto il contatto. Anche un saluto, uno scambio, uno ciao da un social è sempre bello.
Grazie di cuore Riccardo, grazie di essere sempre molto disponibile...
In riferimento alla tragedia dell'11 settembre 2001 a New York City e a Washington, D.C. (crollo delle Twin Towers e attacco al Pentagono), su un noto portale e comunità di condivisione opinioni ed esperienze professionali, ho postato questo mio testo l'altro giorno, diffondendolo a beneficio di tutti.
"Ho parlato con diversi ingegneri civili, in privato, negli anni, e diversi di essi mi hanno detto che appena visto il crollo, hanno subito pensato a una demolizione controllata. Inchieste giornalistiche scomode così come testimonianze scomode rese da testimoni impegnati nei soccorsi, hanno fornito sufficienti evidenze fisiche per suggerire questa alternativa ricostruzione rispetto alla ridicola versione ufficiale sull'11 settembre fornita dalle Istituzioni USA.
Io stesso discussi la possibilità di un golpe in un capitolo della mia tesi di laurea in Lettere, nell'anno 2006.
Residui di esplosivi militari sofisticati furono rinvenuti fra le macerie e analizzati da laboratori indipendenti Nonostante tutto ciò, ancora oggi la versione ufficiale rimane salda nei libri di storia Uno scandalo, e una offesa per la intelligenza e onestà intellettuale".
Il mio testo era un commento a una discussione già avviata sull'11 settembre a proposito dell'anomalo crollo dei grattacieli di New York, a cura di un altro utente membro della comunità social in oggetto.
Il mio post e' durato un giorno. Rimosso quasi subito dalla Amministrazione del portale per "disinformazione".
Capite bene che se succede nel piccolo a una persona come me, cittadino, figuratevi ad alti livelli nelle redazioni dei giornali se qualcuno osa portare un proprio contributo non in linea con il pensiero di Direttore e del caporedattore.
E aggiungo in chiusura: un tempo - decadi fa - i Direttori dei giornali erano custodi della verità dei fatti e avevano rispetto dei loro lettori (primi giudici), dei cittadini e della pubblica opinione.
Oggi, evidentemente, deontologia professionale e onestà intellettuale sono chimere, rare e in via di estinzione.
Ma un giorno lontano tornerà il sereno e la luce, quando il mondo e la umanità avranno capito attraverso il dolore quale vita vogliono per sé e per i propri figli: se un mondo di verità e di pace, oppure un mondo fatto di sole felicità materiali (non per tutti), ammantato di ipocrita gioia e di una finta serenità, comprata con il ricatto e avvelenando corpi ed anime.
Matilde Brandi- Ballerina, attrice di cinema, televisione, teatro e conduttrice.
Empatica con il pubblico, professionale e mai démodé.
Tanti anni di carriera; all'attivo film, serie tv, spettacoli d'intrattenimento, conduzioni televisive e sempre successi meritati.
Facciamo due chiacchiere con lei ringraziandola della sua piena disponibilità.
Intanto grazie Matilde, grazie per avere accettato la mia intervista che vuole essere un deterrente a farti conoscere oltre la pellicola, la carta stampata, oltre l'indubbia e palese bravura che tu da anni dimostri.
D- Vuoi parlarci dei tuoi esordi?
R-Io sono diplomata ballerina classica, mi scelsero per il programma "torno sabato" come prima ballerina e da lì, non ho più smesso di fare i grandi show del sabato sera
D- tante forme artistiche, tanti riflessi diversi nel mondo dello spettacolo, hai dentro di te qualcosa che porti nel cuore che sia una soddisfazione, un sogno realizzato, una vittoria personale?
R- Si, quando Raffaella Carrà mi consacrò e mi disse che avrei avuto una grande carriera studiando ed utilizzando il mio talento. Ciò mi fece un grande piacere e mi regalò un enorme soddisfazione.
D- Hai certamente ricevuto tanti meritati successi ma c'è qualcosa che ti ha deluso?: che cosa?
R- Delusa da niente, mi piacerebbe però come ho spesso detto fare l’insegnante ad Amici oppure condurre uno show tutto mio
D- La tua professionalità va sicuramente oltre al tuo essere portata allo spettacolo, sicuramente è anche frutto di studio e d'impegni costanti. Vuoi dare un consiglio, grazie alla tua esperienza alle ragazze che vogliono seriamente avvicinarsi al mondo dello spettacolo?
R- Il mio primo consiglio è quello di studiare, studiare, studiare e di non basarsi sui social che certo al giorno d’oggi sono importanti, ma rimane fondamentale studiare e coltivare le proprie passioni e i propri talenti
D- So che hai diversi spettacoli teatrali in cantiere: Vuoi dirci di cosa si tratta? altre novità?
R- Si, sarò in scena in tutta Italia con lo spettacolo “Una come me” di Salvatore Buccafusca regia di Francesco Branchetti scritto da Mauro Graiani; rappresenterò una persona che soffre di schizofrenia; si tratta di una commedia divertente, ironica ma che fa anche molto ragionare e riflettere su questa problematica.
Inoltre, debutteremo nel mese di gennaio a Milano con Hairspray il musical, sognavo tantissimo di di fare questo tipo di esperienza che finalmente è arrivata. Sarò una delle protagoniste; Welma, la crudele Welma...
D- fra il cinema e il teatro, definisci il tuo sentire attraverso queste due forme d'arte.
R- il teatro è lo tare a contatto col pubblico, li senti, li vedi e li abbracci con le parole
Il cinema è più distaccato ma arriva forse a più persone.
D- Non tutto è oro che luccica: ogni mestiere ha i suoi pro e i suoi contro. Vuoi dirci della tua esperienza in tanti anni di carriera?
R- Il mondo dello spettacolo? è tanto sacrificio e tante persone che si spintonano per arrivare prime, una giungla diciamo se vogliamo fare un paragone figurato, ma, se ti sai trovare il tuo spazio in maniera onesta e limpida, ci sono solo pro tutto procede come deve.
D- Cara Matilde: hai a disposizione lo spazio per dire ciò che vuoi e a chi vuoi.
Comincia da qui..
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Voglio dire a tutte le persone che mi seguono e che mi vogliono bene, un grande grazie: andate al teatro andate al cinema, facciamo tutti insieme che lo spettacolo italiano e no, non si fermi mai...
Grazie di cuore, grazie per esserti ancora una volta data al tuo pubblico
Tenuta Adamo - Lucca |
Nel mio peregrinare per vigne e parlando con anziani viticoltori delle Colline Lucchesi mi è capitato spesso di chiacchierare intorno ad un vitigno “strano”, poco conosciuto e dall’origine ancora non ben chiara: il Moscato d’Amburgo.
Qualche riferimento con la città tedesca certamente ce l’ha. Pare che, dall’incrocio del Moscato d’Alessandria con la Schiava grossa, avvenuta nei dintorni di Amburgo sia da cercare la primogenitura. Chiamato anche Muskat Trollinger e/o Schwarzer Muskat (Moscato Nero).
Come il Moscato d’Alessandria sia finito così a Nord, oltre il 50^ parallelo, resta un mistero.
Tutti sappiamo che il Moscato ha origini che risalgono al bacino medio-orientale del Mediterraneo e furono i greci a portarlo in Italia.
Mi vien da pensare: “e se fossero stati i Romani nel periodo di massima espansione dell’Impero ad averlo portato fin nelle terre teutoniche sotto forma di semi e/o tralci?”
Una cosa è certa: dal matrimonio tra il bianco Moscato d’Alessandria, l’antico vino greco “muscum” e la rossa Schiava di origine austro-tedesca ha avuto origine il Moscato d’Amburgo. Magari in serra senza sfidare le basse temperature invernali!
La Storia che viene raccontata con insistenza lo rende originario dell’Inghilterra (dove è chiamato Black of Alessandria), diffusosi poi in Francia e più tardi nel resto d’Europa, in particolare nella zona nord della Grecia (Tessaglia) dove lo troviamo anche “fortificato”, dopo l’appassimento. Lo troviamo anche in California come vitigno pregiato.
Non solo: gli inglesi rivendicano la primogenitura e non fanno alcun riferimento alla città di Amburgo. Solo secoli dopo, in Francia e successivamente in Italia, questo vitigno è stato identificato con il nome originario: Moscato d’Amburgo.
Come sia finito nelle vigne delle Colline Lucchesi è tutt’ora un enigma.
grappolo |
Spesso è stato collegato ai pellegrini che percorrevano la via Francigena ma le date non coincidono. Si è vociferato che qualche produttore l’abbia scambiato per altro vitigno e piantato per caso.
Barbatella di Moscato d'Amburgo |
Una cosa è certa: nei vigneti lucchesi c’è la sua presenza a volte significativa che, tutto sommato, non dispiace. Perché?
Germogliamento: II° decade di aprile, Fioritura: I° decade di giugno, Maturazione: I° decade di settembre.
Dimenticavo: ottimo come uva da tavola. Chapeau!
Buongiorno Francesco, sono molti anni che sentiamo il tuo nome come regista, come attore di teatro, di televisione ecc. Anni nei quali hai sempre messo avanti gli altri, i colleghi, i lavori di squadra e chiunque ti stia accanto.
Questa intervista vuole conoscere meglio te, sapere dei tuoi esordi per esempio. D-Vuoi parlarmene?
R- Io sono cresciuto in una piccola città e sono cresciuto lontano da idee di fare l'attore, facevo sport, andavo a scuola poi a 15 anni ho affrontato come molti ragazzi; una profonda crisi e casualmente mi sono avvicinato ad una compagnia che faceva teatro gestita da uno straordinario personaggio il dottor Fabrizio Rafanelli che piano piano mi ha avvicinato alla passione per il teatro e poi gradualmente sono arrivato al desiderio di farlo come professione; successivamente sono arrivate le scuole da frequentare, lo studio e poi la professione. Sono stato sin da subito molto fortunato a poter lavorare con grandi maestri come Marcel Marceau, Gabriele Ferzetti, Pino Micol, Bruno Ganz, Senta Berger. Sia come attore che come regista ho avuto molta fortuna. All'inizio ho fatto molta televisione; il teatro è diventato preponderante dopo i 30 anni dove ho iniziato ad interpretare e dirigere i miei spettacoli spesso affiancato da grandi star del grande e del piccolo schermo.
D- Quale lavoro di scena o di televisione ha lasciato un segno indelebile? perché?
R- Nel cinema sicuramente "Cronache del terzo millennio" con la regia di Francesco Maselli che andò al festival di Venezia e suscitò molto scalpore ed il motivo è indubbiamente la sua indiscussa grande capacità; un regista che ha saputo tirare fuori da me, davvero il meglio; in teatro senz'altro, le mie regie e gli allestimenti in cui ho lavorato con Barbara De Rossi e quindi Medea, il Bacio, Un grande Grido d'amore ed il motivo è sicuramente ancora una volta la grandezza e la generosità della mia partner, unica per verità, dedizione e soprattutto umiltà. Una donna straordinaria oltre che a un'attrice straordinaria.
D- Hai trovato ostacoli nel tuo mondo lavorativo? se si, quali?
R- Ma sai gli ostacoli ci sono e si affrontano come è normale che sia, la vera difficoltà è quella di non aver avuto la fortuna di trovare, a parte la mia compagna meravigliosa Isabella Giannone, nessun altro compagno di viaggio, questa nel teatro è stata per me e Isabella un'avventura solitaria e quando si viaggia in solitaria gli ostacoli sono più duri da affrontare a volte più paurosi, ci vuole più forza, bisogna diventare tosti per affrontare tanti ostacoli da soli. Sì la solitudine del nostro viaggio è il vero ostacolo che noi abbiamo sempre affrontato insieme nonostante le difficoltà e che tutt'ora affrontiamo.
D- I tuoi successi negli anni sono la riprova della tua tenacia e della tua professionalità, ma a quale costo? quali sacrifici?
R- Ma vedi, i sacrifici sono sempre stati tantissimi a partire dal fare un lavoro dal quale non si stacca mai e che uno porta sempre con sé a casa la sera. I reali sacrifici però che hanno pesato davvero sono stati quelli dei quali non ne valeva davvero la pena mentre i sacrifici realizzati per ciò che ci ha dato soddisfazione li abbiamo fatti senza quasi accorgercene e li rifarei domani senza battere ciglio; è quando non portano ai risultati sperati che è veramente dura, quando gli interlocutori sono delle nullità, quando il livello artistico è inesistente e devi fare miracoli per arrivare a compiere uno spettacolo decoroso e rispettoso del pubblico. I sacrifici per qualcosa che vale non ti pesano, scorrono via in un lampo e non te ne accorgi nemmeno. Il problema reale è che è sempre più raro trovare interlocutori artisti e attori per cui valga davvero la pena darsi fino in fondo.
D- Da fuori, noi semplici spettatori vediamo il teatro, la televisione e il cinema come un mondo fantastico, nella realtà delle cose chi come te ne è al dentro, cosa può raccontarci? E' tutto rose e fiori? Fra compagnie, colleghi, c'è sempre armonia?
R- L'armonia c'è si, ma è un'armonia costruita, falsa, creata da ognuno ad hoc per lavorare insieme; raramente è spontanea, sincera; è un'armonia che nasce dagli interessi di tutti... non è bella tranne che in rarissimi casi in cui si crea la magia e allora è bellissimo, purtroppo sono casi diventati sempre più rari e sono sempre legati a personalità fuori dall'ordinario, a personalità fuori dal comune. Ahimè!
D-Accanto a te hai da molti anni accanto la tua compagna di vita e di lavoro che è Isabella Giannone. Quanto è stata importante la sua presenza? Come vivete insieme l'esperienza lavorativa?
R- Lei è tutto il mio mondo, i miei spettacoli sono quasi tutti ispirati dalla sua personalità, quasi tutte le mie idee nascono dalle mie conversazioni con lei. Stiamo insieme fin da quando eravamo ragazzini e il teatro è sempre stato lì tra noi due; ne abbiamo sempre parlato, il teatro per me è lei: i teatri sono ricordi di lei, gli spettacoli sono ricordi di lei; lei è la mia forza, la mia ispirazione, senza di lei non avrei assolutamente avuto la forza di affrontare tutti i problemi, le difficoltà e i sacrifici che ci sono voluti per arrivare fino a qua.
D- Hai un tuo mentore in particolare?
R- Non amo avere punti di riferimento ma non posso negare di avere i miei maestri in testa quando dirigo uno spettacolo o quando lo interpreto.
D- Tornassi indietro, cosa cambieresti di te stesso? cosa vorresti fare che non hai ancora fatto?
R- Se tornassi indietro farei più o meno quello che ho fatto ma cercherei di farlo meglio, cercherei di essere ancora più generoso, ancora più coraggioso, forse rischierei ancora di più; non mi pento del mio percorso, forse dedicherei un pochino più di attenzione alla televisione come attore che ho sempre messo in secondo piano e ne farei un pochettino di più .
D- Ti senti di ringraziare in particolare qualcuno? se si chi?
R- Beh ringraziare tutte le persone che hanno avuto fiducia in me e colgo l'occasione per farlo qui adesso a partire da Isabella Giannone, mia madre, Barbara De Rossi, Gabriele Ferzetti, Giuseppe Cangialosi, Lorenzo Costa, Salvatore Buccafusca, Francesco Maselli, Raffaella Mutani e Ilaria Patamia, Clara Surro, Alessandro Lorenzini, Riccardo Reim...
E qui credo che l'elenco,salvo mie dimenticanze, sia già finito.
D- Hai spettacoli da portare in scena nel 2024? Quali?
R- In questa stagione porterò in scena il diario di "Adamo ed Eva" e %Le relazioni pericolose" dopo il successo che hanno avuto nella scorsa stagione, accanto a me una meravigliosa Corinne Cléry, Isabella Giannone e altri magnifici attori; poi andranno in scena anche "Cose di ogni giorno" e a fine stagione una vera e propria sorpresa di spettacolo.
D- Ultimamente stai organizzando diversi workshop online sull'attività teatrale? di cosa si tratta?
R- Ho insegnato in tantissime scuole soprattutto regia e recitazione ma ho sempre avvertito la necessità per i ragazzi, per chi inizia, di dare loro la possibilità di conoscere il teatro un po' più in generale anche dal punto di vista organizzativo e produttivo nonché distributivo per cui faccio queste lezioni online molto particolari dove sostanzialmente descrivo come funziona il teatro da un punto di vista tecnico e burocratico; non sono lezioni con un contenuto artistico ma solo di tipo pratico e credo però che siano estremamente importanti per i giovani che si approcciano a questa professione.
D- Definisci TEATRO, definisci Francesco Branchetti, definisci gioie e dolori della tua lunga carriera
R- Ma il teatro per me inizia quando qualcuno inizia a preoccuparsi dei problemi di qualcun altro e allora inizia il teatro quello bello, quello che piace a me; Francesco Branchetti è un uomo che vive come un ragazzo accanto a una donna che vive come una ragazza con un sentimento molto forte di avventura e di romanticismo e che nel 2023 trova ben poche entità con cui dialogare; le belle gioie sono gli spettacoli riusciti che hanno avuto successo, le gioie sono i viaggi con Isabella, gli allestimenti, le prove, anche i sacrifici rappresentano alle volte delle strane forme di gioia, le gioie sono state le amicizie che tuttora resistono con i direttori dei teatri, soprattutto i piccoli teatri della provincia italiana che hanno direttori meravigliosi molto più competenti alle volte dei direttori dei grandi teatri magari dal grande blasone; i dolori ti ripeto si riassumono in uno solo ed è di aver fatto questo viaggio con Isabella senza nessun altro compagno di viaggio al nostro fianco, è stato un percorso in solitaria bellissimo ma comunque in solitaria...
D- Francesco, lasciaci qui qualche riga di te, togliendoti magari quel sassolino nella scarpa che spesso fa male e teniamo comunque, vuoi per timore, per educazione, per evitare noie...
R- Ma sai .. un sassolino nella scarpa fino ad un certo punto... a volte mi amareggia il fatto che tutti in teatro, sappiamo quali sono i migliori attori in circolazione ma molto spesso, arrivano al successo vent'anni più tardi rispetto ad altri attori che tutti in teatro, sanno che sono attori di una mediocrità imbarazzante ...
Credo in realtà di dire una banalità di cui ormai tutti, ma proprio tutti, compreso il pubblico che segue, si siano accorti ampiamente.
Sì, avete letto bene, il 14 e il 15 settembre andrà in scena il mio monologo, interpretato da Marco Zordan, che concorrerà al Comic Off.
È una strana sensazione essere “dall’altra parte”, anche se non sarò certo io sul palco. Dopo aver visto e scritto articoli per quattro anni su tanti spettacoli teatrali, ora tocca al mio, di cui certo non scriverò una recensione, semmai racconterò le sensazioni di questa nuova esperienza.
Marco è un grande artista e mi lusinga che abbia voluto interpretare questo testo in cui si farà portavoce del mio mestiere di operatore ecologico. A scriverlo mi spinse un altro attore che stimo moltissimo, Gianluca Delle Fontane, senza il quale non so se mi sarei cimentato in questa avventura; lo ringrazio sia per avermi spronato che per i suoi consigli e il suo aiuto.
Non credo ci sia una pièce che parli del mestiere del netturbino, soprattutto raccontato in prima persona. Ho voluto inserire aneddoti, curiosità, problematiche, il rapporto con i cittadini… raccontando anche di me e dei miei colleghi; tutto per sorridere con voi e con loro, ma anche per presentare il lato umano, spesso nascosto ma profondo, di chi opera in questo settore del lavoro.
Un settore sempre al centro di polemiche, discusso e criticato, sbeffeggiato a volte a ragione, altre senza conoscere i retroscena che, per questo, in parte ho voluto svelare.
Ringrazio la genialità, la comicità e lo spessore umano di Marco Zordan per aver voluto dare voce al mio pensiero, che, sono sicuro, farà con grande maestria e professionalità.
Geoffrey Roberts |
Nel panorama accademico europeo spicca la figura di Geoffrey Roberts, storico inglese, autore di testi notevoli su Stalin e sulla Seconda guerra mondiale. Il suo sguardo di esperto di storia militare del XX secolo diventa ancora più illuminante considerando la sua conoscenza di due realtà diverse.
Quella del suo Paese, il Regno Unito, uno dei maggiori fornitori di armi all’Ucraina e apertamente ostile alla Russia, e quella dell’Irlanda, Paese di lunga tradizionale di neutralità nel quale è Professore Emerito presso l’Università di Cork. Già alcuni mesi fa Roberts metteva in guardia contro il pericolo di un coinvolgimento diretto della NATO nel conflitto ucraino, che lui definisce una guerra per procura dell’Occidente contro la Russia.
Nell’intervista che ci ha gentilmente concesso, ribadisce il timore che l’espansionismo della NATO e la sua ostilità verso Mosca provochino effetti irreparabili. L’Ucraina, intanto, ha di fatto già perso, ma è ancora in tempo per limitare i danni con dei negoziati.
– La controffensiva ucraina non sta andando esattamente come i media occidentali avevano pronosticato, né tanto meno come desideravano i vertici dei Paesi NATO. Che cosa accadrà sul campo nelle prossime settimane? Secondo Lei il risultato delle operazioni degli ucraini potrebbe cambiare l’atteggiamento di Bruxelles verso Kiev?
– La controffensiva di Kiev ha fallito. Le forze ucraine potrebbero ancora ottenere delle conquiste tattiche, però manca totalmente la prospettiva di uno sfondamento strategico di qualche tipo. I costi umani e materiali dell’offensiva sono stati enormi. In modo lento e inesorabile l’ago della bilancia si sta spostando definitivamente in favore della Russia.
Nonostante l’imponente sostegno occidentale, l’Ucraina sta chiaramente perdendo la guerra. Resta da vedere se questo stato di cose indurrà i vertici euroatlantici a passare alla diplomazia e a cercare una fine negoziata delle ostilità, che possa salvaguardare il futuro dell’Ucraina. Ciò dipenderà dalla forza delle voci realiste e pragmatiche che si trovano nelle élite occidentali. Queste ultime, tuttavia, avendo investito così tanto capitale politico nella sconfitta dei russi, troveranno difficile riuscire a modificare la rotta. Spero comunque che cambino direzione, ma ci vorrà un po’ di tempo e nel frattempo le immani sofferenze degli ucraini continueranno.
– L’Occidente dovrebbe temere un’escalation con la Federazione Russa? Crede che uno scontro localizzato tra i due blocchi sia possibile, ad esempio fra Polonia e Bielorussia? Un conflitto del genere potrebbe ingrandirsi a livello continentale e poi globale?
– Uno degli aspetti più inquietanti di questa guerra è proprio la mancanza da parte del fronte euroamericano della paura di un’escalation. Continua a permanere lo schema di un aumento costante dell’appoggio dell’Occidente all’Ucraina, in questa sua proxy war o guerra per procura. Sono state le azioni degli occidentali ad aver portato a un conflitto così prolungato.
Se la UE e la NATO si fossero frenate e avessero limitato i loro aiuti a Kiev, gli scontri sarebbero terminati già qualche mese fa e all’Ucraina sarebbero stati risparmiati danni immensi, compresa la scomparsa di centinaia di migliaia di vite. Sì, l’Ucraina avrebbe ceduto territori e la sua giurisdizione sarebbe stata ridimensionata, ma sarebbe sopravvissuta come Stato sovrano e indipendente.
E invece proseguendo la guerra, proseguono anche le perdite territoriali: se non finisce presto, per l’Ucraina si delinea la sorte di uno Stato in bancarotta, incapace di funzionare, completamente dipendente da un Occidente che, non appena cesseranno i combattimenti, si rivelerà molto meno generoso di prima.
È improbabile che la guerra subirà un’escalation fino allo scontro totale fra Russia e Occidente. Tuttavia non si può escludere tale ipotesi, partendo ad esempio dal caso della Polonia contro la Bielorussia. Bisogna poi tenere a mente che nel fronte anti-russo vi sono degli estremisti che desiderano l’escalation e che fin dall’inizio del conflitto spingono per provocarla. I neocon euroatlantici e gli ultra-nazionalisti ucraini sono convinti che la Russia sia una “tigre di carta” pronta a sfaldarsi al primo contatto. Ragionano in modo folle, certo, ma sembrano credere davvero alle loro assurdità.
– Dicono che la storia tenda a ripetersi. Oggi in Ucraina la storia si sta ripetendo davvero? Parliamo dei carri armati tedeschi che avanzano verso est o magari di uno scontro epocale fra due imperi, quello angloamericano di mare e quello russo di terra.
– In questo momento i tank tedeschi (e quelli britannici) non stanno avanzando verso est. Il motivo è vengono distrutti dall’artiglieria della Russia, dai suoi missili anti-carro e dalla supremazia aerea. Lo stesso può dirsi per gli altri armamenti NATO forniti all’Ucraina. I soggetti più lucidi dentro le strutture militari occidentali lo hanno notato e devono aver capito che Mosca possiede le capacità per sconfiggere l’Ovest in qualsiasi scontro diretto e convenzionale di grandi dimensioni.
Hanno anche compreso che una guerra del genere avrebbe un’escalation di livello nucleare, perché sarebbe l’unico modo per gli Stati Uniti di difendere l’Europa dall’attacco russo. Per fortuna non c’è nulla che indichi una tale intenzione da parte di Mosca. In tutto il corso del conflitto, Putin ha cercato di contenere la tendenza degli occidentali all’escalation e lo ha fatto evitando reazioni eccessive alle loro provocazioni, come appunto è stato l’invio dei Leopard tedeschi all’Ucraina.
– Da un punto di vista strettamente accademico, crede che questa guerra fosse inevitabile? E lo è anche il suo esito, già determinato da elementi storici e destinato a manifestarsi nell’arco di un certo tempo? Oppure il risultato potrebbe essere ancora alterato dalle scelte concrete fatte dai politici e dai generali?
– La guerra russo-ucraina è stata la guerra più evitabile o meno inevitabile della storia. La NATO poteva impedirla semplicemente limitando la sua espansione verso i confini della Federazione Russa e non pompando di armi l’Ucraina. La guerra poteva essere evitata con l’implementazione degli accordi di Minsk, che avrebbero restituito a Kiev la sovranità sulle regioni ribelli di Donetsk e di Lugansk garantendo al tempo stesso la protezione dei diritti e dell’autonomia degli elementi russofoni e filorussi dell’Ucraina.
Ma questo progetto è fallito per colpa degli ultra-nazionalisti ucraini, che hanno sabotato l’attuazione di Minsk e che l’hanno fatta franca proprio grazie all’Occidente. La guerra non sarebbe scoppiata se si fossero svolti dei negoziati seri a proposito della sicurezza in Europa, che avrebbero fornito a Mosca le rassicurazioni che servivano e che avrebbero rispettato i suoi interessi riguardanti l’Ucraina.
Se diciamo che l’invasione di Putin è stata un atto illegale di aggressione, allora dobbiamo specificare che è stata tutt’altro che ingiustificata. Anche l’Ucraina e l’Ovest sono responsabili per lo scoppio delle ostilità. Inoltre, il conflitto poteva terminare dopo qualche settimana se solo le trattative di Istanbul della primavera 2022 avessero avuto successo.
E invece sono fallite perché col supporto occidentale l’Ucraina ha abbandonato il tavolo, rinunciando a un accordo che avrebbe limitato i danni al suo territorio e alla sua sovranità e avrebbe stabilizzato le sue relazioni con la Russia.
– Pensa che l’Unione Europea alla fine accetterà l’Ucraina come Paese membro? O continuerà a rimandare la sua adesione, come sta facendo la NATO?
– Credo che l’appoggio della UE a una guerra che viene proverbialmente combattuta fino “all’ultimo ucraino” implichi pure il suo obbligo morale di approvare l’adesione di Kiev. Tuttavia, nonostante le belle parole di Bruxelles, ci vorranno anni affinché l’Ucraina diventi effettivamente uno Stato membro, ammesso che lo diventi davvero. Il Paese che costituisce il più grosso ostacolo all’adesione ucraina è ironicamente proprio il suo maggior sostenitore nello sforzo bellico, cioè la Polonia.
Sebbene vi sia la comunanza della retorica nazionalista anti-russa, nel contesto della UE gli interessi di Varsavia collidono economicamente e politicamente con quelli di Kiev. La Polonia è il Paese che ci perderebbe di più con l’ingresso dell’Ucraina nell’Unione: potrebbe essere questa la ragione per cui ciò non avverrà.
Presumo che uno Stato ucraino sconfitto, in rovina e non in grado di funzionare possa diventare un membro della NATO nel prossimo futuro, ma ciò richiederebbe pur sempre l’assenso di Mosca e l’unanimità dei membri dell’Alleanza.
– E che cosa può fare l’Unione Europea per agevolare la fine del conflitto?
– Può abbandonare l’atteggiamento guerrafondaio e impegnarsi nella diplomazia. Può riscoprire la sua identità di progetto che anela alla pace. Può usare la sua esperienza e le sue straordinarie abilità nella negoziazione e nel compromesso per garantire un cessate-il-fuoco e un accordo di pace duraturo.
– Come spiega il fatto che la Finlandia e la Svezia abbiano abbandonato lo loro tradizionale neutralità? C’è la possibilità che Austria e Irlanda facciano lo stesso?
– L’adesione di Finlandia e Svezia all’Alleanza Atlantica non costituisce di per sé un passo così radicale come sembra. Per decenni, questi due Paesi sono stati allineati con la NATO e hanno collaborato strettamente con essa. Il pericolo invece consiste nella possibilità che Washington stabilisca basi militari sul loro territorio: ciò verrebbe visto da Mosca come una minaccia.
Per quanto riguarda l’Austria, la sua relazione con la NATO è sempre stata più distaccata di quella tenuta da Svezia e Finlandia e personalmente non credo tale situazione possa cambiare. La cooperazione pratica dell’Irlanda con la NATO si è sviluppata per molti anni ed è aumentata considerevolmente nel corso di questa guerra; l’opinione pubblica resta però fedele all’idea della neutralità irlandese. Tutto ciò è un peccato perché un saldo blocco neutrale in Europa aiuterebbe a mantenere viva la diplomazia e a giocare un ruolo costruttivo negli sforzi per raggiungere una tregua e un accordo di pace. I Paesi europei neutrali si potrebbero anche alleare con la campagna promossa dal Sud Globale per i negoziati che mettano fine alla guerra.
– Quanto è difficile oggi per un docente universitario esprimere le proprie opinioni senza il timore di essere censurato o disprezzato dai media e dai colleghi? Purtroppo in Italia si sono visti dei casi del genere…
– Non è difficile per me, perché essendo “in pensione” posso dire e fare quello che voglio, persino dei viaggi in Russia per tenere conferenze universitarie. Invece, sui colleghi che si trovano in circostanze meno favorevoli delle mie c’è una pressione enorme per conformarsi alla “linea di partito” occidentale sulla guerra in Ucraina. Ciò spiega la loro reticenza a parlare di questo argomento o anche solo a esporre le proprie conoscenze accademiche in merito: tutti gli sforzi di imparzialità vengono censurati o silenziati. I docenti universitari in Ucraina subiscono minacce e pressioni ben peggiori; anche per quelli russi esprimere visioni critiche sulla guerra è rischioso se non impossibile.
– Il prossimo anno negli Stati Uniti ci saranno le elezioni presidenziali. Crede che qualcosa possa cambiare in meglio?
– Biden potrebbe perdere le elezioni proprio a causa della guerra. Ciò implicherebbe una possibile vittoria di Trump. Il problema di quest’ultimo è che parla molto, ma fa effettivamente poco. Oggi sembra a favore della pace in Ucraina, ma era stata la sua amministrazione ad accelerare il potenziamento militare di Kiev. Putin sarà diffidente verso chiunque diventi il prossimo presidente americano. Il leader russo metterà fine alle ostilità solamente se ci saranno le condizioni per la sicurezza del suo Paese e la garanzia della protezione degli ucraini filorussi. Putin sarebbe capace di combattere fino alla fine, se necessario, per poi imporre una pace punitiva ai suoi avversari.
La finestra per una fine negoziata della guerra si sta chiudendo velocemente. Il prossimo autunno potrebbe essere l’ultima chance della diplomazia per arrivare a un qualche genere di accordo. Se ciò non avverrà, il destino dell’Ucraina sarà deciso sul campo di battaglia, ma quando le armi smetteranno di sparare, lo Stato ucraino in quanto tale potrebbe di fatto non esistere più.
Elisabetta Strickland “Le madri di idee. Le donne scienziate e il premio Nobel” e Neria De Giovanni “Amalasunta , regina barbara”: scienziate e regine protagoniste della sera finale delle “Letture d’estate a Villa Edera”.
Mercoledì 30 agosto alle ore 19,30, si è conclusa la XII Rassegna delle “Letture d’estate a Villa Edera”, presentazione degli autori Nemapress con la direzione artistica di Neria De Giovanni, organizzata dalla Associazione Salpare con la Fidapa sez. di Alghero e La Rete delle Donne in collaborazione con l’Associazione Orion e Ivan Perella.
E’ stata inserita in “Alghero Experience-un anno così” Cartellone ufficiale degli eventi estivi del Comune di Alghero, Assessorato alla Cultura e Turismo e Fondazione Alghero
Protagoniste della serata conclusiva saranno le donne, Scienziate e Regine.
La professoressa Elisabetta Strickland matematica ed accademica italiana, già ordinaria di algebra presso il Dipartimento di matematica dell’Università di Roma Tor Vergata, con “Le Madri di idee” ha presento in questo interessante volume il profilo biografico e professionale delle donne scienziate cui è stato attribuito il Premio Nobel. Come la stessa Strickland ha sottolineato nella introduzione, “il divario di genere è particolarmente marcato nelle scienze: infatti sono tante le donne che hanno dato lustro alla conoscenza umana, vincitrici o meno di Premio Nobel per le discipline scientifiche”. L’Autrice si era già occupata di questa tematica che le sta particolarmente a cuore, essendo co-fondatrice del Gender University Observatory delle tre università romane attivo dal 2009. Nel 2013 è stata insignita dall’amministrazione capitolina del Premio donne eccellenti di Roma.
Neria De Giovanni, autrice di oltre 40 volumi di saggistica, presidente dell’Associazione Internazionale Critici letterari, ha scandagliato dalla profondità della storia, un delitto ancora irrisolto: Amalasunta, la figlia prediletta di Teodorico, regina dei Goti, la quale fu strangolata "in balneo" nell’isola Martana sul lago di Bolsena. Sicari e movente sconosciuti. Per vendicarne la morte, l'imperatore Giustiniano scatenò la guerra gotico-bizantina che portò alla fine dell'impero gotico in Italia. In questo libro la scrittrice ha ricostruito la vicenda storica e umana della regina Amalasunta, alternando capitoli in terza persona con i quali rigorosamente viene ricostruito il periodo storico tra i più difficili e contorti dell'alto Medioevo, a capitoli in prima persona dove immagina sia proprio Amalusunta a motivare le proprie azioni e i propri rapporti sia familiari sia politici. Particolarmente efficace è stata la descrizione dello scontro con Teodora, la moglie di Giustiniano, che incarnò un modo opposto di arrivare al potere rispetto a quello di Amalasunta. Su di lei Neria De Giovanni ha realizzato anche un docufilm messo in onda da RAI3 girato a Ravenna.
Il Flauto traverso di Elisa Ceravola ha accompagnato la serata.
A concludere un buffet con brindisi con l’Autore offerto dalle Cantine di Santa Maria La Palma con i suoi spumanti Akenta rosè e Akenta extra dry.